CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 70 del 23/12/2015 – Francesco Bernardelli/Federazione Ciclistica Italiana

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 70 del 23/12/2015 – Francesco Bernardelli/Federazione Ciclistica Italiana IL COLLEGIO DI GARANZIA SECONDA SEZIONE composta da Attilio Zimatore - Presidente Patrizia Ferrari- Relatore Maurizio Benincasa Laura Marzano Oreste Michele Fasano- Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio iscritto al R.G. n. 86/2015, presentato, in data 27 ottobre 2015, da Bernardelli Francesco (CF BRNFNC46T26C6337R), nato a Chignolo Po (PV) il 26.12.1946, residente a Cornegliano Laudense (LO), Vicolo Giardino 6, rappresentato domiciliato e difeso dall’avv.to Abogado Andrea Dossena del foro di Milano, con studio a Rozzano, Via D'Azeglio 29, CONTRO Federazione Ciclistica Italiana (F.C.I.) — FCI (P.Iva 01377441009), in persona del Presidente del Consiglio Federale, sig. Renato di Rocco, con sede in Roma — Stadio Olimpico Curva Nord, el.te dom.ta in Roma alla P.zza Apollodoro 26, presso lo studio dell' Avv. Nuri Venturelli (VNTNRU47P25H501C), che la rappresenta e difende, AVVERSO il comunicato (RG 11/15) n. 7 del 18 settembre 2015 pubblicato, il 28/9/2015, emesso dalla Corte d'Appello Federale della Federazione Ciclistica Italiana; visti gli scritti difensivi e la documentazione prodotta dalle Parti costituite; uditi, nell'udienza del 2 dicembre 2015, l’avv. Abogado Andrea Dossena, per la parte ricorrente, l'avv. Nuri Venturelli, per la parte intimata, il Vice - Procuratore Nazionale dello Sport, avv. prof. Pierluigi Matera, delegato dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia sportiva; udito, nella successiva Camera di Consiglio dello stesso giorno, il relatore Cons. Patrizia Ferrari; Ritenuto in fatto Risulta dagli atti di giudizio che il sig. Francesco Bernardelli, Presidente del Comitato Regionale Lombardia della FCI, veniva deferito dalla Procura Federale della Federazione Ciclistica Italiana avanti al Tribunale Federale per violazione dei doveri di cui all'art. 1, commi 1, 2 e 3, del Regolamento di Giustizia Sportiva della FCI, nonché per violazione dei doveri di cui all'art. 4, commi 5 e 11, dello Statuto Federale della FCI, per avere, in concorso con altri, tentato di sostituire la decisione n. 2/2014 già assunta dalla Commissione Disciplinare Regionale Lombardia con altro differente provvedimento. Per gli anzidetti addebiti l'odierno ricorrente veniva condannato dal Tribunale Federale alla sanzione dell'inibizione di mesi 4 — comunicato n. 4 del 24 luglio 2015. Avverso detta sanzione il sig. Bernardelli proponeva reclamo sul quale si pronunciava all'udienza del 18.9.2015 la Corte di Appello Federale che, in riforma della sentenza del Tribunale Federale, comminava la sanzione aggravata dell'inibizione per anni uno oltre al pagamento di euro 1.000 di ammenda - Comunicato n. 7 del 18 settembre 2015. Sulla base di tali presupposti, l'odierno ricorrente evocava avanti a questo Collegio di Garanzia per lo Sport la Federazione Ciclistica Italiana. In sintesi, con il primo motivo di ricorso parte ricorrente afferma la inadeguatezza dell'art. 4, comma 6, del Regolamento di Giustizia Sportiva della Federazione Ciclistica Italiana, ove applicato al procedimento di irrogazione di sanzioni disciplinari, nella parte in cui stabilisce che "per quanto non disciplinato dal Regolamento stesso, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile". Al riguardo, ritenendo applicabili al processo sportivo disciplinare i principi e le norme regolatrici del processo penale, più adatti a colmare le lacune normative del Regolamento citato, formula al Collegio espresso quesito circa l'applicabilità dei "principi e norme del diritto processuale penale al fine di rendere effettivi i principi del giusto processo in materia di giustizia sportiva". Con il secondo motivo il ricorrente censura la pronuncia della Corte Federale di Appello della FCI nella misura in cui avrebbe contraddetto, in violazione dell'art. 45, comma 7, del Regolamento citato, il principio processuale penale del divieto di reformatio in pejus della sentenza del Tribunale Federale. Rileva, in proposito che la sentenza di I grado avrebbe dovuto, in caso di rigetto dell'appello proposto dal solo sanzionato, confermare la pronuncia gravata e non aumentarne la sanzione. Il comportamento contrario dei Giudici della Corte Federale, pertanto, avrebbe violato il principio della devoluzione parziale del giudizio di appello e del divieto della reformatio in pejus, vieppiù rappresentandosi la motivazione meramente apparente e senza giustificazione giuridica. Con l'ultimo motivo il ricorrente censura entrambe le decisioni dei Giudici sportivi. Rileva al riguardo che la giustificazione dell'aggravamento della sanzione comminata è stata di ordine morale; afferma che in punto di prova non era, infatti, emerso nulla di differente o più grave da giustificare un inasprimento della stessa. Evidenzia che a suo dire i fatti contestati sarebbero stati giudicati come illeciti consumati, mentre avrebbero dovuto essere giudicati come illeciti tentati, con applicazione dell'art. 52 del Regolamento di Giustizia Sportiva della FCI, che prevede in tali ipotesi una diminuzione di pena a seconda della fattispecie descritta al primo o secondo comma. Conclude formulando le seguenti conclusioni: "In via principale, annullare il comunicato n. 4 del 24 luglio 2015, il Tribunale Federale F.C.I. — l sezione — per i vizi denunciati al punto 3 e 2, annullare il comunicato n. 7 del 18 settembre 2015 emesso dalla Corte di Appello Federale della F.C.I. per i vizi denunciati al punto 3. In subordine, annullare il comunicato n. 7 del 18 settembre 2015 emesso dalla Corte di Appello Federale della F.C.I. nei confronti del deferito sulla base dei vizi rappresentati al punto 2 in diritto del presente atto, decidere senza rinvio il procedimento e confermando la decisione del Tribunale Federale del 14 agosto 2015". Con articolata memoria si è costituta in giudizio la Federazione Ciclistica Italiana chiedendo l'integrale rigetto dell'avverso ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e, nel merito, infondato in fatto e diritto. Con successive memorie entrambe le parti hanno precisato le 4 rispettive posizioni confermando le conclusioni già rassegnate nei precedenti atti. Con memoria depositata in data 2/12/2015 la Procura Generale dello Sport presso il CONI interveniva nel giudizio concludendo per il rigetto del gravame ritenuto infondato. Il Collegio ha trattenuto il ricorso per la decisone. Considerato in diritto Con il primo motivo di ricorso, come riferito in parte fattuale, il ricorrente individua nei principi del diritto processuale penale la fonte cui far riferimento per colmare quel vuoto di tutela che, a suo avviso, si avrebbe con l'applicazione dell'art. 4, comma 6, del Regolamento di Giustizia Sportiva della Federazione Ciclistica Italiana. Per tali motivi, il ricorrente formula un quesito al Collegio chiedendo espressamente se "possano essere utilizzati i principi e le norme di diritto processuale penale al fine di rendere effettivi i principi del giusto processo in materia di giustizia sportiva”. Al riguardo, premesso che l'art. 4, comma 6, del Regolamento di Giustizia Sportiva della FCI, costituisce principio applicativo delle disposizioni dettate dal Codice della Giustizia Sportiva, deliberato dalla Giunta Nazionale del Coni con delibera n. 1532 del 10.2.2015 ed approvato con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 3.4.2015, ricorda il Collegio che le funzioni consultive del Collegio di Garanzia dello Sport, ai sensi degli artt. 54, comma 4, e 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, possono essere attivate solo su istanza del CONI o, suo tramite, dalle Federazioni. Il ricorrente, dunque, non rientra tra i soggetti legittimati a sollevare una questione interpretativa delle disposizioni federali e di quelle del Codice della Giustizia Sportiva. Alla luce di quanto sopra esposto il primo motivo è pertanto inammissibile. Con il secondo motivo parte ricorrente sostiene la violazione del principio processuale penale del divieto di reformatio in peius della sentenza di primo grado appellata dal solo condannato. Ricorda il Collegio che detto divieto costituisce principio penalistico avente carattere eccezionale; non risulta tra i principi ispiratori della Giustizia Sportiva dettati dal Coni, né trova espresso ingresso nel Codice della giustizia sportiva. Ciò premesso, nel caso all'esame, la asserita violazione del divieto di reformatio in pejus sarebbe stata commessa, ad avviso del ricorrente, dalla Corte Federale di Appello FCI laddove, in assenza di appello del Procuratore Federale e di rinnovazione dell'istruttoria, è stata comminata una sanzione più grave (inibizione per un anno) rispetto a quella irrogata dal Tribunale Federale (inibizione per mesi 4). Ciò avrebbe determinato la conseguente violazione del principio di devoluzione parziale dell'appello, nella misura in cui la Corte di Appello Federale della FCI avrebbe indagato questioni non oggetto di impugnazione, con violazione del divieto di decidere ultrapetita. Il ricorrente afferma che la Corte di Appello Federale della FCI, avendo escluso una rinnovazione probatoria (tra l'altro non richiesta da alcuno) e ritenuto inammissibile un'integrazione difensiva depositata dal Bernardelli che estendeva il thema decidendum, avrebbe dovuto limitare il proprio esame ai motivi di appello formulati nel reclamo e così ritenere infondati gli stessi con conferma della sentenza gravata. Dalla lettura della richiamata decisione in realtà si evince che la sentenza della Corte Federale di Appello della FCI ha ripercorso l'iter processuale, confutando con motivazione corretta ed esauriente l'unica questione sottoposta dal ricorrente in ordine ad una presunta estinzione del giudizio disciplinare per prescrizione dei termini ex art. 46, comma 4, del Regolamento di Giustizia Sportiva della FCI. La sentenza, inoltre, ha ampiamente motivato in ordine alla declaratoria di inammissibilità delle integrazioni difensive e relativa documentazione allegata depositata dal Bernardelli, in quanto avente ad oggetto nuovi e diversi motivi di reclamo. Dunque, nessuna violazione del principio di devoluzione è stata commessa nella redazione della sentenza d'appello. Secondo il ricorrente la giustificazione dell'aggravamento della sanzione comminata al Bernardelli avrebbe solo connotati morali. In realtà la Corte ha ritenuto di inasprire la sanzione con l'adeguata motivazione che si richiama : "la sanzione dell'inibizione di 4 mesi inflitta al deferito, infatti, non risulta assolutamente congrua ed adeguata rispetto all'effettiva gravità della condotta per cui è intervenuto il riconoscimento di responsabilità, condotta particolarmente censurabile poiché posta in essere da un soggetto apicale della dirigenza federale (nella sua qualità di Presidente del Comitato Regionale Lombardia) e finalizzata ad attentare al principio di autonomia, indipendenza e imparzialità degli organi di giustizia federali". Va detto al riguardo che l'inasprimento di sanzione adottato dalla Corte Federale di Appello della FCI appare effettuato nel rispetto delle norme regolamentari (art. 37, comma 6, del Codice della Giustizia Sportiva ed art. 45, comma 7, del Regolamento di Giustizia Sportiva della FCI); l'accertamento di responsabilità effettuato dal Tribunale Federale non è stato oggetto di reclamo e dunque i fatti contestati, nella loro dimensione oggettiva, sono da ritenersi definitivamente accertati. Detti fatti, nella loro oggettività, sono stati valutati in un'ottica di maggiore gravità alla luce di considerazioni esplicitate nella decisione. Alla luce delle considerazioni svolte l'esaminato motivo di ricorso non appare meritevole di accoglimento. Con l'ultimo motivo di ricorso il sig. Berardinelli afferma la nullità di entrambe le decisioni per omessa motivazione nella misura in cui, a fronte di una contestazione per un tentativo non consumato di illecito disciplinare, non sarebbe stata applicata la diminuzione di pena relativa al tentativo, di cui all'art. 52 del Regolamento di Giustizia Sportiva della FCI. Ricorda il Collegio che tra i principi ispiratori del processo sportivo, a differenza di quello penale, vi è quello della indeterminatezza dell'illecito sportivo. Dalla lettura degli atti di giudizio si evince che i fatti contestati al sig. Bernardelli (violazione degli artt. 1, commi 1, 2 e 3 del Regolamento di Giustizia Sportiva della FCl e 4, commi 5 ed 11, dello Statuto Federale della FCI), sulla base dell'art. 49 del Regolamento di Giustizia FCI, sono puniti con la inibizione; ai sensi dell'allegato A al predetto Regolamento, l'inibizione può arrivare nel massimo a 3 anni. Ciò premesso, il provvedimento di inibizione ad un anno inflitto dalla Corte Federale di Appello si appalesa, dunque, legittimo e congruo in quanto ricompreso nella fascia di oscillazione della pena prevista nel predetto all'allegato A, con applicazione della diminuzione di pena prevista dall'art. 52 del Regolamento di Giustizia Sportiva della FCI. Alla luce delle considerazioni svolte, il Collegio dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso. Respinge per il resto. Le spese a carico del ricorrente vengono liquidate nella misura indicata nel dispositivo. PQM IL COLLEGIO DI GARANZIA SECONDA SEZIONE Dichiara il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato nei termini di cui in motivazione. Condanna il ricorrente alle spese in favore della Federazione costituita, che si liquidano in € 1.000,00. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 2 dicembre 2015. Il Presidente F.to Attilio Zimatore Il Relatore F.to Patrizia Ferrari Depositato in Roma in data 23 dicembre 2015. Il Segretario F.to Alvio La Face
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