CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 8 del 15/02/2016 – Mogliano Rugby SSD/Federazione Italiana Rugby

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 8 del 15/02/2016 – Mogliano Rugby SSD/Federazione Italiana Rugby IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE composto da Mario Sanino – Presidente Vito Branca Guido Cecinelli Vincenzo Ioffredi - Componenti Angelo Maietta - Relatore ha pronunciato la seguente DECISIONE Nel procedimento iscritto al R.G. ricorsi n. 96/2015, presentato, in data 17 novembre 2015, dalla società Mogliano Rugby SSD a.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. prof. Stefano Recchioni, contro la Federazione Italiana Rugby (F.I.R.), non costituitasi in giudizio, avverso la decisione della Corte Sportiva d’Appello FIR n. 1 del 3 novembre 2015, depositata il giorno successivo, con la quale, in rigetto del ricorso in appello e a conferma della decisione del Giudice Sportivo, è stata comminata, a carico della società ricorrente, la sconfitta a tavolino in favore della società Rugby San Donà SSD a.r.l. con il risultato di 20-0, oltre alla penalizzazione di 4 punti in classifica e all’ammenda pari ad € 100,00, per avere la stessa società ricorrente schierato in campo il proprio tesserato, sig. Engjel Makelara, nei confronti del quale pendeva l’asserita, residuale squalifica di tre giornate; viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell’udienza del 9 febbraio 2016, l’avv. Lanfranco Massimi, giusta delega all’uopo ricevuta dall’avv. prof. Stefano Recchioni; udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, avv. prof. Angelo Maietta; Ritenuto in fatto Con ricorso depositato innanzi all’intestato Collegio, la società Mogliano Rugby SSD a.r.l. impugnava la sentenza della Corte Sportiva di Appello della Federazione Italiana Rugby (d’ora in poi, per comodità espositiva in acronimo FIR) del 4 novembre 2015, onde sentire annullare in toto la predetta sentenza in via principale e subordinatamente onde annullarla con rinvio ex art. 62 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI. La sentenza aveva confermato la perdita della gara comminata dal Giudice Sportivo, nonché la penalizzazione di 4 punti in classifica e una multa di cento euro. La ricorrente affidava il gravame a due motivi e segnatamente: quanto al primo, per insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in combinazione con la violazione e falsa applicazione dei principi in tema di esecuzione della pena ex art. 91 Regolamento di Giustizia FIR; quanto al secondo, per omessa e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in combinazione con la violazione e/o falsa applicazione dei principi in tema di circostanze attenuanti. Le doglianze della ricorrente riguardano la interpretazione del periodo di squalifica di un proprio tesserato, Makelara che, ad onta della sanzione comminata, aveva preso comunque parte alla gara del 10 ottobre 2015 sebbene fosse ancora squalificato; in particolare, la società ricorrente ritiene che il periodo di squalifica (quattro settimane dall’uno giugno al ventotto giugno 2015) fosse già stato scontato dal proprio tesserato in quanto il medesimo era stato a disposizione per poter essere impiegato nel corso della Junior World Championship 2015; era stato convocato per due raduni PAI (preparazione attività internazionale); avrebbe, infine, potuto partecipare come permit player a gare ufficiali del campionato transazionale PRO12 e, quindi, le settimane di squalifica alla data del 10 ottobre erano abbondantemente trascorse poiché le dette attività si erano svolte nel periodo tra giugno e settembre 2015. In ogni caso, chiedeva la ricorrente indulgenza per aver agito in buona fede secondo una interpretazione estensiva dell’art. 91 Reg. Giust. FIR, secondo il quale “la sanzione si esegue col divieto alla partecipazione del tesserato al numero delle gare ufficiali, federali o internazionali a cui lo stesso può partecipare” (cfr., secondo capoverso, del ricorso introduttivo) e, in seconda istanza, chiedeva che fosse ad essa riconosciuta l’applicazione delle attenuanti previste dal Regolamento di Giustizia FIR all’art. 10, ritenendo la sanzione comminata sproporzionata rispetto ai fatti. La FIR non si è costituita né ha fatto pervenire scritti difensivi. All’udienza del 9 febbraio 2016, presente il solo avvocato di parte ricorrente, quest’ultimo ha insistito nella propria domanda rimarcando unicamente il contrasto e/o il difetto di coordinamento della normativa interna con quella internazionale. Considerato in diritto Su queste premesse in fatto, il Collegio, osserva in diritto. In via preliminare deve essere dichiarata la contumacia della Federazione Italiana Rugby. Il ricorso merita una trattazione separata in relazione ai due motivi per quanto si dirà infra. Il primo motivo di ricorso è infondato. Invero, al di là della lunga dissertazione svolta dalla ricorrente in merito alla circostanza che il proprio tesserato avesse scontato la squalifica per il solo fatto di essere stato a disposizione per le competizioni richiamate in narrativa, ancorando questa sua convinzione al dettato dell’articolo 91 del Regolamento di Giustizia FIR in cui effettivamente la locuzione “…gare ufficiali, federali o internazionali, a cui lo stesso può partecipare…” lascerebbe propendere per tale soluzione, in quanto il “può” non comporta la effettiva partecipazione alle gare, ma anche solo la mera probabilità di essere impiegato e, quindi, il solo “essere a disposizione” militerebbe in tale direzione, si scontra, però, in maniera inequivocabile con il prosieguo dell’articolo 91 medesimo, che afferma: “…con il soggetto affiliato di appartenenza…”. Apertis verbis, la norma regolamentare, nel dettare e nel dare priorità alla probabilità dell’impiego rispetto all’utilizzo effettivo dell’atleta, delimita un perimetro molto circostanziato in cui queste circostanze, effettive o solo probabili che siano, debbano essere considerate e, cioè, che il tesserato lo faccia con il proprio club, con la propria squadra. Nella lunga dissertazione fatta dalla ricorrente, non si sa se per distrazione od altro, l’articolo 91 Reg. Giust. FIR, pur essendo più volte citato, resta sempre monco di una locuzione fondamentale che Questo Collegio ha immediatamente colto. E la circostanza non solo è dirimente, ma assorbe qualsiasi altra questione ancillare che, alla luce di quanto esposto, resta esiliata a rango di mera cornice espositiva. Va, pertanto, dichiarato infondato e, consequenzialmente, rigettato il primo motivo di ricorso. Il secondo motivo di gravame delimita la propria doglianza sul fatto che la Corte Sportiva d’Appello della FIR non abbia correttamente motivato, anzi abbia insufficientemente motivato la mancata considerazione delle circostanze attenuanti, pur invocate dalla ricorrente, per le quali la sanzione avrebbe potuto essere più mite. Orbene, senza voler indagare il merito del diniego della invocata applicazione delle attenuanti, essendo tale operazione preclusa a Questo Collegio, atteso il proprio perimetro di competenza delimitato alle sole questioni di legittimità in punto di diritto, deve essere censurata la sentenza gravata per le seguenti osservazioni. Va, preliminarmente, ricordato come il Codice di Giustizia del CONI, all’articolo 2, commi 2, 4 e 5, afferma alcuni principi generali cui debbono uniformarsi i Giudici sportivi e le caratteristiche che deve avere una decisione. In particolare, deve essere garantito il giusto processo e la motivazione delle decisioni deve essere chiara e sintetica. Corollario di tali principi è che, anche nel caso di rigetto di una domanda o di una eccezione, la parte soccombente deve essere messa in condizione di comprendere su quali basi e secondo quale opinio juris sia stata disattesa la propria domanda e/o eccezione. Nella vicenda che ci occupa, in relazione alla denunciata carenza di motivazione in merito ad un fatto controverso e decisivo per la causa, ossia l’applicazione delle circostanze attenuanti utili alla diminuzione della sanzione inflitta, tali principi non sembrano essere stati correttamente applicati dalla Corte Sportiva d’Appello. Infatti, nella sentenza gravata, alla pagina tre, ultimo capoverso, si legge testualmente: “riguardo alle circostanze attenuanti invocate dalla società reclamante, si rappresenta che, in ogni caso, questa Corte non le ritiene tali da giustificare una diminuzione della sanzione, viepiù in considerazione delle circostanze di fatto in cui si è determinata l’infrazione che ha determinato il provvedimento oggetto del presente reclamo. Pertanto, alla luce dei motivi tutti sopra espressi, questa Corte, in ragione del potere riconosciutogli dall’art. 14 del Regolamento di Giustizia nella irrogazione della sanzione, ritiene la sanzione comminata dal Giudice Sportivo Nazionale adeguata alla fattispecie”. La motivazione è assolutamente carente. Invero, non si comprende quali siano le circostanze di fatto in cui si è determinata l’infrazione, tali da indurre la Corte a non considerare le attenuanti né si può invocare una motivazione c.d. per relationem, atteso che neppure nel provvedimento del Giudice Sportivo Nazionale v’è precisazione di circostanze particolari a cui eventualmente riferirsi, né la Corte Sportiva richiama atti o documenti acquisiti al processo tali da poter giustificare una sentenza per relationem (cfr. Cass. Civ., sez. I, 17.2.11, n. 3920). Analogamente la Corte invoca a sostegno del proprio potere discrezionale di irrogazione della sanzione l’articolo 14 (invece dell’art. 13) del Regolamento di Giustizia FIR che, per contro, disciplina l’istituto della recidiva, con ciò manifestando anche una distrazione non riconducibile all’errore materiale trattandosi di individuazione di norma di sistema. In buona sostanza, non si ritiene poter applicare, leggendo la motivazione della Corte Sportiva di Appello, il canone in claris non fit interpretatio proprio per la inesistenza argomentativa necessaria ai fini della corretta applicazione dei principi del Codice di Giustizia del CONI che impongono la chiarezza della motivazione ancorchè la stessa possa essere scritta in maniera succinta. Non va dimenticato che la motivazione deve consentire di individuare con chiarezza e senza defatiganti ricerche di testuali, corrispondenti espressioni, l'avvenuto, concreto, essenziale e puntuale vaglio autonomo dei punti specifici devoluti dall'impugnazione ed il percorso argomentativo che l'ha accompagnata (cfr. Cass. Pen., sez. VI, 07/03/2013, n. 17912) al fine di poter attuare i principi del giusto processo. Alla luce, pertanto, di quanto innanzi, il secondo motivo di gravame deve essere accolto perché fondato. La contumacia della Federazione Italiana Rugby costituisce giustificato motivo per la compensazione delle spese di giudizio nonostante il parziale accoglimento del ricorso. PQM Il Collegio di Garanzia Prima Sezione Accoglie in parte il ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 96/2015, annulla con rinvio la decisione impugnata e, per l’effetto, trasmette gli atti alla Corte Sportiva d’Appello per la rinnovazione del secondo grado di giudizio, applicando il principio di diritto, di cui in motivazione. Assegna il termine di trenta giorni per la riassunzione del processo dinanzi alla Corte Sportiva d’Appello decorrenti dalla data di pubblicazione della presente decisione. Nulla per le spese per quanto detto in parte motiva. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 9 febbraio 2016. Il Presidente F.to Mario Sanino Il Relatore F.to Angelo Maietta Depositato in Roma in data 15 febbraio 2016. Il Segretario F.to Alvio La Face
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