F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 92-93/CSA del 04 Marzo 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 109/CSA del 12 Aprile 2016 e su www.figc.it 4. RICORSO ROYAL TEAM LAMEZIA AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA A TUTTO IL 30.6.2016 INFLITTA ALLA CALCIATRICE POTA TIZIANA ROSA MARIA, SEGUITO GARA VITTORIA CALCETTO/ROYAL TEAM LAMEZIA CALCIO A 5 DEL 28.2.2016 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a Cinque – Com. Uff. n. 543 del 2.03.2016)

F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 92-93/CSA del 04 Marzo 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 109/CSA del 12 Aprile 2016 e su www.figc.it 4. RICORSO ROYAL TEAM LAMEZIA AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA A TUTTO IL 30.6.2016 INFLITTA ALLA CALCIATRICE POTA TIZIANA ROSA MARIA, SEGUITO GARA VITTORIA CALCETTO/ROYAL TEAM LAMEZIA CALCIO A 5 DEL 28.2.2016 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a Cinque – Com. Uff. n. 543 del 2.03.2016) La società Royal Team Lamezia Calcio a Cinque, di Lamezia Terme (CZ), ha proposto ricorso avverso la squalifica indicata in epigrafe, irrogata dal Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a Cinque, all’esito della gara del Campionato Nazionale Femminile, Girone C, del 28.2.2016, perché la calciatrice Tiziana Rosa Maria Pota “Espulsa per comportamento irriguardoso nei confronti dell’arbitro, alla notifica del provvedimento ingiuriava e minacciava il direttore di gara, tentando 16 di aggredirlo nonostante fosse trattenuta dalle proprie compagne di squadra. Divincolatasi, si avventava sul direttore di gara spintonandolo senza arrecargli conseguenze fisiche. Nell’abbandonare il terreno di gioco colpiva con una manata al volto una calciatrice avversaria”. La società reclamante censura la decisione che precede ritenendo che, erroneamente, il giudice sportivo abbia inflitto una sanzione “a tempo determinato” anziché una squalifica “a giornata”, così come previsto dall’art. 19 comma 4 C.G.S., nonché travisato i fatti nell’indicare che la manata portata al volto di un’avversaria sarebbe avvenuta nel tentativo di liberarsi dal tentativo di costrizione che operavano le sue colleghe e non all’atto di allontanarsi dal terreno di gioco. Opina, poi, che la calciatrice non avrebbe “spinto” l’arbitro ma, avvicinandolo, lo avrebbe urtato con il petto per ben due volte e che il gesto recato nei confronti dell’avversaria non avrebbe avuto alcunché di volontario, ma sarebbe stato solo il risultato casuale del tentativo di divincolarsi dal forzoso abbraccio delle sue compagne. Ritenendo, come altro motivo, che la sanzione inflitta sia eccessiva, conclude chiedendo la riforma della decisione, chiedendo che sia comminata una sanzione “a giornata” e in misura ridotta rispetto a quanto inflitto dal giudice di prime cure. Istruito il ricorso, la discussione è stata fissata per la seduta odierna alla quale non hanno partecipato né la calciatrice né rappresentanti del sodalizio reclamante. La Corte esaminati gli atti del ricorso e valutate appieno le motivazioni addotte, ritiene che il gravame non possa essere accolto, confermandosi la sanzione inflitta dal giudice sportivo. La società si duole, in via preliminare, dell’erroneità della decisione in quanto, ai sensi dell’art. 19, comma 4, C.G.S., il Giudice Sportivo avrebbe dovuto comminare una sanzione quantificandola in “giornate di gara” e non a tempo determinato poiché, a suo avviso, tale criterio sarebbe applicabile solo in caso di comportamenti violenti nei confronti del direttore di gara. Una puntuale lettura della decisione, in una con quanto riportato dal direttore di gara nel suo referto e con una corretta analisi esegetica della norma, consente di condividere il criterio adottato dal giudice di prime cure. Egli ha, infatti, giustamente apprezzato come, dapprima, la giocatrice Pota si sia rivolta in un modo sicuramente irriguardoso all’arbitro, contestando una sua decisione tecnica facendo uso di espressioni, tutte fedelmente riportate in referto, che avrebbero giustificato la sanzione di cui all’art. 19, comma 4, lettera a) C.G.S.. Subito dopo, però, alla notifica del provvedimento disciplinare, il comportamento della stessa è immediatamente virato verso una condotta di inaudita, incomprensibile e proterva violenza, verbale e fisica, nei confronti dello stesso direttore di gara. Per questo la punizione irrogata, nella complessiva e più grave condotta (non semplicemente irriguardosa) della calciatrice, non poteva che essere quella prevista dalla stessa norma alla lettera d) che prevede, come sanzione minima, la squalifica per 8 giornate o per un tempo determinato secondo il prudenziale e discrezionale apprezzamento del giudicante che, nella fattispecie, ha ritenuto congrua la squalifica sino a tutto il 30.6.2016. Chiarito questo sul piano puramente ermeneutico, deve dirsi che il Collegio non ravvisa, nella condotta della sopracitata Pota, alcun elemento che possa giustificare una riduzione della sanzione inflitta. La lettura del referto, che come è noto è atto munito di fede privilegiata, chiarisce in modo inequivoco che la calciatrice Pota non solo ha incomprensibilmente aggredito verbalmente l’arbitro per una decisione tecnica, ma ha rafforzato tale sua aggressione verbale convertendola in un prolungato tentativo di aggressione fisica, parzialmente riuscito e non produttivo di ulteriori conseguenze fisiche (che avrebbero verosimilmente giustificato altra e ben più grave sanzione) solo per l’azione delle sue compagne che, frapponendosi e ponendo in essere una decisissima azione di contrasto fisico, hanno impedito alla stessa di portare a completo compimento il suo tentativo di aggressione. Tentativo che, difformemente da quanto assunto in ricorso, ha avuto una conseguenza fisica, seppur limitata all’indolenzimento della parte colpita; in questo, nessuna attenuante può riservarsi alla “corporatura robusta della giocatrice e la specifica conformazione del petto”, come assunto in ricorso, perché quello che si vuole tutelare, con la normativa applicata, è la normale e civile interlocuzione e non introdurre un criterio di proporzionalità o lievità del grado di sopraffazione. 17 La volontà di un animus particolarmente violento è testimoniata, da ultimo, anche dalla circostanza che, apparentemente ricondotta a ragione la Pota, allontanandosi, aveva però continuato a minacciare e ingiuriare la direzione di gara in modo particolarmente offensivo. Men che meno si può accettare l’asserita “giustificazione” da ricondursi ad una dedotta erroneità di una decisione arbitrale. La reclamante si duole, poi, che il giudice di prime cure, abbia sbagliato indicando che la stessa calciatrice avrebbe portato una manata al volto di un’avversaria all’atto di lasciare il campo di gioco mentre invece ciò sarebbe avvenuto, in tesi, mentre tentata di divincolarsi dalla stretta delle sue compagne. Ora, a parte il fatto che dalla dinamica descritta in referto risulta che la Pota veniva accompagnata forzosamente dalle sue compagne ai bordi del campo, in questo dimenandosi scompostamente e sbracciandosi per divincolarsi – la qual cosa rende, in ipotesi, sovrapponibile il tentativo di divincolarsi con la volontà di colpire l’avversaria – deve dirsi, a tutto voler concedere, che l’eventuale difformità in nulla inficia il giudizio di grave e complessivo disvalore della condotta irrazionalmente e irragionevolmente violenta tenuto dalla calciatrice Pota. In conclusione, questa Corte non condivide i motivi di reclamo dedotti dalla società Royal Team Lamezia, di Lamezia Terme, per cui, disattesa ogni azione, ragione o eccezione, respinge il reclamo proposto dalla società stessa avverso la sanzione inflitta alla calciatrice Tiziana Rosa Maria Pota e, per l’effetto, conferma integralmente la sanzione inflitta dal Giudice di prime cure. Per questi motivi la C.S.A. respinge il ricorso come sopra proposto dalla società Royal Team Lamezia di Lamezia Terme (Catanzaro). Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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