F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2016/2017 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 065/CFA del 23 Novembre 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 075/CFA del 02 Dicembre 2016 e su www.figc.it 4. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALEAVVERSO L’IMPROCEDIBILITÀ DEL DEFERIMENTO A CARICO DEI SIGG.RI: – CARPEGGIANI BRUNO, EX AGENTE DI CALCIATORI; – MESBAH DJAMEL EDDINE, EX TESSERATO PER US LECCE, AC MILAN, PARMA FC, AS LIVORNO E UC SAMPDORIA; – ENOW SOLOMON, EX TESSERATO PER PARMA FC; – GIALLOMBARDO ANDREA, EX TESSERATO ASCOLI CALCIO; – SCARFAGNA TIZIANO, EX TESSERATO PER SS LAZIO E PARMA FC; SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 1350/1071 PF14-15 AM/SP/MA DEL 28.7.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 19/TFN del 4.10.2016)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2016/2017 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 065/CFA del 23 Novembre 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 075/CFA del 02 Dicembre 2016 e su www.figc.it 4. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALEAVVERSO L’IMPROCEDIBILITÀ DEL DEFERIMENTO A CARICO DEI SIGG.RI: - CARPEGGIANI BRUNO, EX AGENTE DI CALCIATORI; - MESBAH DJAMEL EDDINE, EX TESSERATO PER US LECCE, AC MILAN, PARMA FC, AS LIVORNO E UC SAMPDORIA; - ENOW SOLOMON, EX TESSERATO PER PARMA FC; - GIALLOMBARDO ANDREA, EX TESSERATO ASCOLI CALCIO; - SCARFAGNA TIZIANO, EX TESSERATO PER SS LAZIO E PARMA FC; SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 1350/1071 PF14-15 AM/SP/MA DEL 28.7.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 19/TFN del 4.10.2016) Il deferimento della Procura federale Con provvedimento prot. 1350/1071pf14-15/AM/SP/ma in data 28 luglio 2016, il Procuratore federale ha deferito al Tribunale federale nazionale - sezione disciplinare: 1. Sig. Nocerino Antonio, all'epoca dei fatti calciatore tesserato, in successione, per la US Città di Palermo Spa, la AC Milan Spa e la Torino FC Spa; 2. Sig. Leonardi Pietro, all'epoca dei fatti amministratore delegato dotato di poteri di rappresentanza della Parma FC Spa; 3. Sig. Carpeggiani Bruno, all'epoca dei fatti agente di calciatori iscritto nel registro della F.I.G.C.; 4. Sig. Strasser Rodney, all'epoca dei fatti calciatore tesserato, in successione, per la AC Milan Spa, la Genoa Cricket & Football Club Spa, la US Lecce Spa, la Parma FC Spa, la Reggina Calcio Spa e la AS Livorno Calcio Srl; 5. Sig. Cipollini Renato, all'epoca dei fatti amministratore delegato dotato di poteri di rappresentanza della US Lecce Spa; 6. Sig. MesbahDjamelEddine, all'epoca dei fatti calciatore tesserato, in successione, per la US Lecce Spa, la AC Milan Spa, la Parma FC Spa, la AS Livorno Calcio Srl e la UC Sampdoria Spa; 7. Sig. Caravello Danilo, all'epoca dei fatti agente di calciatori iscritto nel registro della F.I.G.C.; 8. Sig. Pigliacelli Mirko, all'epoca dei fatti calciatore tesserato, in successione, per la Parma FC Spa, la US Sassuolo Calcio Srl e la Delfino Pescara 1936 Srl; 9. Sig. Rispoli Vincenzo, all'epoca dei fatti agente di calciatori iscritto nel registro della F.I.G.C.; 10. Sig. Enow Solomon, all'epoca dei fatti calciatore tesserato per la Parma FC Spa; 11. Sig. Giallombardo Andrea, all'epoca dei fatti calciatore tesserato per la Ascoli Calcio 1898 Spa; 12. Sig. Bia Giovanni, all'epoca dei fatti agente di calciatori iscritto nel registro della F.I.G.C.; 2 13. Sig. Scarfagna Tiziano, all'epoca dei fatti calciatore tesserato, in successione, per la S.S. Lazio Spa e la Parma FC Spa; 14. Sig. Narcisi Valeriano, all'epoca dei fatti agente di calciatori iscritto nel registro della F.I.G.C.; 15. la Società US Lecce Spa; per rispondere: 1. - Sig. Nocerino Antonio, all'epoca dei fatti calciatore tesserato, in successione, per la US Città di Palermo Spa, la AC Milan Spa e la Torino FC Spa: - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Alessandro Moggi, senza conferire allo stesso formale mandato, mentre lo stesso assisteva anche la AC Milan Spa, in forza di formale mandato conferito, nell'ambito della stipulazione del contratto tra i citati calciatore e Società del 31.8.2011, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Alessandro Moggi, senza conferire allo stesso formale mandato, mentre l'Avv. Marco Sommella, che era collaboratore del Sig. Moggi "nella gestione professionale dei calciatori" secondo quanto riferito dallo stesso Sig. Nocerino, prestava la propria attività ai sensi del primo comma dell'art. 5 del medesimo Regolamento Agenti di Calciatori in favore della Torino FC Spa in virtù di formale incarico conferito, nell’ambito della stipulazione del contratto tra tali calciatore e Società del 4.7.2014, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Alessandro Moggi, senza conferire allo stesso formale mandato, mentre lo stesso assisteva anche la Parma FC Spa, in forza di formale mandato conferito, nell'ambito della stipulazione del contratto tra i citati calciatore e Società del 15.1.2015, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; 2. - Sig. Leonardi Pietro, all'epoca dei fatti amministratore delegato dotato di poteri di rappresentanza della Parma FC Spa: - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Alessandro Moggi senza conferire allo stesso formale mandato, nell'ambito del tesseramento e della stipulazione del contratto del 17.7.2010 tra la Società dallo stesso rappresentata ed il calciatore Sig. Gabriel Alejandro Paletta; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Martin Ariel Guastadisegno, in assenza di formale mandato conferito, mentre lo stesso assisteva di anche il Sig. Gabriel Alejandro Paletta, in forza di formale mandato conferito, nell'ambito della stipulazione del contratto tra il citato calciatore e la Parma FC Spa del 23.8.2012, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Bruno Carpeggiani, in forza di formale mandato conferito, mentre lo stesso assisteva di fatto di anche il Sig. Marco Marchionni nell'ambito della stipulazione del contratto tra il citato calciatore e la Parma FC Spa del 14.9.2012, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; 3 - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Bruno Carpeggiani, in forza di formale mandato conferito, mentre lo stesso assisteva di fatto di anche il Sig. Marco Marchionni nell'ambito della stipulazione del contratto tra il citato calciatore e la Parma FC Spa del 14.3.2013, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Bruno Carpeggiani, in forza di formale mandato conferito, mentre lo stesso assisteva di fatto di anche il Sig. Marco Marchionni nell'ambito della stipulazione del contratto tra il citato calciatore e la Parma FC Spa del 12.5.2014, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Andrea D'Amico, in forza di formale mandato conferito, mentre lo stesso assisteva di fatto anche il Sig. Rodney Strasser, in assenza di formale mandato conferito, nell'ambito della stipulazione del contratto tra il citato calciatore e la Parma FC Spa del 25.1.2013, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Alessandro Lucci, in forza di formale mandato conferito, mentre lo stesso ed il Sig. Alessandro Lelli, che del Sig. Lucci era "collaboratore" secondo quanto riferito dal Sig. DjamelEddineMesbah, prestavano la propria attività di agente in favore di tale calciatore, il primo in assenza di formale mandato conferito ed il secondo in forza di formale mandato conferito, nell’ambito della stipulazione del contratto tra la Parma FC Spa e l'appena citato atleta del 24.1.2013, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Danilo Caravello, in forza di formale mandato conferito, mentre lo stesso assisteva di anche il Sig. Mirko Pigliacelli, in assenza di formale mandato conferito, nell'ambito della stipulazione del contratto tra il citato calciatore e la Parma FC Spa del 12.7.2012, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), dell'art. 22, comma 4, del Regolamento agenti in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, nonché dell’art. 93, comma 1, delle NOIF, per non essersi assicurato che il nominativo del Sig. Luca Pasqualin, agente di calciatori al quale la Società dallo stesso rappresentata aveva conferito mandato, fosse chiaramente indicato nel contratto stipulato con il calciatore Sig. Sebastian Giovinco in data 5.8.2010; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Giovanni Bia, in assenza di formale mandato conferito, mentre lo stesso prestava la propria attività di agente in favore del Sig. Tiziano Scarfagna, nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la Parma FC Spa dell'8.8.2013, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), dell'art. 22, comma 4, del Regolamento agenti in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, nonché dell’art. 93, comma 1, delle NOIF, per non 4 essersi assicurato che il nominativo del Sig. Valeriano Narcisi, agente di calciatori al quale la Società dallo stesso rappresentata aveva conferito mandato, fosse chiaramente indicato nel contratto stipulato con il calciatore Sig. Vincenzo Richella in data 26.8.2013; 3. - Sig. Carpeggiani Bruno, all'epoca dei fatti agente di calciatori iscritto nel registro della F.I.G.C.: - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, commi 1 ed 8, 19, comma 3, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver operato quale agente di calciatori in situazione di conflitto di interessi, avendo curato senza formale mandato gli interessi del Sig. Marco Marchionni nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la Parma FC Spa del 14.9.2012, nonostante la prestazione della propria opera nell'ambito del medesimo accordo anche in favore dell'appena citata Società, dalla quale aveva ricevuto mandato con validità dal 12.9.2012 al 30.9.2012; - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, commi 1 ed 8, 19, comma 3, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver operato quale agente di calciatori in situazione di conflitto di interessi, avendo curato senza formale mandato gli interessi del Sig. Marco Marchionni nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la Parma FC Spa del 14.3.2013, nonostante la prestazione della propria opera nell'ambito del medesimo accordo anche in favore dell'appena citata Società, dalla quale aveva ricevuto mandato con validità dall'8.3.2013 al 30.3.2013; - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, commi 1 ed 8, 19, comma 3, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver operato quale agente di calciatori in situazione di conflitto di interessi, avendo curato senza formale mandato gli interessi del Sig. Marco Marchionni nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la Parma FC Spa del 12.5.2014, nonostante la prestazione della propria opera nell'ambito del medesimo accordo anche in favore dell'appena citata Società, dalla quale aveva ricevuto mandato con validità dal 9.5.2014 al 15.6.2014; - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, commi 1 ed 8, 19, comma 3, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver operato quale agente di calciatori in situazione di conflitto di interessi, avendo curato senza formale mandato gli interessi del Sig. Marco Marchionni nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la UC Sampdoria Spa del 27.8.2014, nonostante la prestazione della propria opera nell'ambito del medesimo accordo anche in favore dell'appena citata Società, dalla quale aveva ricevuto mandato con validità dal 25.8.2014 al 2.9.2014; 4. - Sig. Strasser Rodney, all'epoca dei fatti calciatore tesserato, in successione, per la AC Milan Spa, la Genoa Cricket & Football Club Spa, la US Lecce Spa, la Parma FC Spa, la Reggina Calcio Spa e la AS Livorno Calcio Srl: - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Andrea D'Amico senza conferire allo stesso formale mandato, nell'ambito della stipulazione del contratto del 19.7.2010 con la Società AC Milan Spa; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1,CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Andrea D'Amico, senza conferire allo stesso formale mandato, mentre il Sig. Luca Pasqualin prestava la propria attività di agente in favore della AC Milan Spa, in virtù di formale mandato conferito, nell’ambito della stipulazione del contratto con tale Società del 19.7.2011, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; il Sig. Andrea D'Amico ed il Sig. Luca Pasqualin, infatti, sono entrambi soci della P.D.P. Srl, Società avente ad oggetto l'attività di agenti di calciatori alla quale entrambi 5 conferiscono i proventi derivanti dalla loro attività; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente CGS (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Andrea D'Amico senza conferire allo stesso formale mandato, nell'ambito della stipulazione del contratto del 19.7.2010 con la Società Genoa Cricket & Football Club Spa; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Andrea D'Amico, senza conferire allo stesso formale mandato, mentre il Sig. Luca Pasqualin prestava la propria attività di agente in favore della US Lecce Spa, in virtù di formale mandato conferito, nell’ambito della stipulazione del contratto con tale Società del 19.7.2011, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; il Sig. Andrea D'Amico ed il Sig. Luca Pasqualin, infatti, sono entrambi soci della P.D.P. Srl, Società avente ad oggetto l'attività di agenti di calciatori alla quale entrambi conferiscono i proventi derivanti dalla loro attività; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, comma 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Andrea D'Amico, in assenza di formale mandato conferito, mentre lo stesso assisteva anche la Parma FC Spa, in forza di formale mandato conferito, nell'ambito della stipulazione del contratto tra i citati calciatore e Società del 25.1.2013, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, comma 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Andrea D'Amico, in assenza di formale mandato conferito, mentre lo stesso assisteva anche la Genoa Cricket & Football Spa, in forza di formale mandato conferito, nell'ambito della stipulazione del contratto tra i citati calciatore e Società del 26.7.2013, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Andrea D'Amico senza conferire allo stesso formale mandato, nell'ambito della stipulazione del contratto del 21.8.2013 con la Società Reggina Calcio Spa; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dall'art. 3, comma 3.1, del regolamento per i servizi di procuratore sportivo in vigore dall’1.4.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Federico Pastorello senza conferire allo stesso formale mandato depositato presso la Commissione procuratori Sportivi della F.I.G.C., nell'ambito della stipulazione del contratto del 2.7.2015 con la Società Livorno Calcio Srl; 5. - Sig. Cipollini Renato, all'epoca dei fatti amministratore delegato dotato di poteri di rappresentanza della US Lecce Spa: - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Luca Pasqualin, in forza di formale mandato conferito, mentre il Sig. Andrea D'Amico prestava la propria attività di agente infavore del Sig. Rodney Strasser, in assenza di formale mandato conferito, nell’ambito della stipulazione del contratto tra la US Lecce Spa e l'appena citato calciatore del 19.7.2011, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; il Sig. Andrea D'Amico ed il Sig. Luca Pasqualin, infatti, sono entrambi soci della P.D.P. Srl, Società avente ad oggetto l'attività di agenti di calciatori alla quale entrambi conferiscono i proventi derivanti dalla loro attività; 6 6. - Sig. MesbahDjamelEddine, all'epoca dei fatti calciatore tesserato, in successione, per la US Lecce Spa, la AC Milan Spa, la Parma FC Spa, la AS Livorno Calcio Srl e la UC Sampdoria Spa: - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale degli agenti Sig. Alessandro Lucci e Sig. Alessandro Lelli, il primo in assenza di formale mandato conferito ed il secondo in forza di formale mandato conferito, mentre lo stesso ed il Sig. Alessandro Lucci, di cui il Sig. Lelli era per giunta "collaboratore" secondo quanto riferito dal Sig. DjamelEddineMesbah, prestava la propria attività di agente in favore della AC Milan Spa, nell’ambito della stipulazione del contratto tra gli appena citati Società ed atleta del 18.1.2012, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), dell'art. 22, comma 4, del Regolamento agenti in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, nonché dell’art. 93, comma 1, delle NOIF, per non essersi assicurato che il nominativo del Sig. Alessandro Lelli, agente di calciatori al quale aveva conferito mandato, fosse chiaramente indicato nel contratto stipulato con il calciatore la AC Milan Spa in data 18.1.2012; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale degli agenti Sig. Alessandro Lucci e Sig. Alessandro Lelli, il primo in assenza di formale mandato conferito ed il secondo in forza di formale mandato conferito, mentre lo stesso ed il Sig. Alessandro Lucci, di cui il Sig. Lelli era per giunta "collaboratore" secondo quanto riferito dal Sig. DjamelEddineMesbah, prestava la propria attività di agente in favore della Parma FC Spa, nell’ambito della stipulazione del contratto tra gli appena citati Società ed atleta del 24.1.2013, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), dell'art. 22, comma 4, del Regolamento agenti in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, nonché dell’art. 93, comma 1, delle NOIF, per non essersi assicurato che il nominativo del Sig. Alessandro Lelli, agente di calciatori al quale aveva conferito mandato, fosse chiaramente indicato nel contratto stipulato con il calciatore la Parma FC Spa in data 24.1.2013; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Alessandro Lucci senza conferire allo stesso formale mandato, nell'ambito del tesseramento e della stipulazione del contratto del 29.1.2014 con la Società AS Livorno Calcio Spa; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Alessandro Lucci, in assenza di formale mandato conferito, mentre lo stesso prestava la propria attività di agente in favore della UC Sampdoria Spa, nell’ambito della stipulazione del contratto con tale Società dell'1.8.2014, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; 7. - Sig. Caravello Danilo, all'epoca dei fatti agente di calciatori iscritto nel registro della F.I.G.C.: - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, commi 1 ed 8, 19, comma 3, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver operato quale agente di calciatori in situazione di conflitto di interessi, avendo curato senza formale mandato gli interessi del Sig. Mirko Pigliacelli nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la Parma FC Spa del 12.7.2011, nonostante la prestazione della propria opera nell'ambito del medesimo accordo anche in favore dell'appena citata Società, dalla quale aveva ricevuto mandato con validità dall'1.7.2012 al 31.8.2012; 7 - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), dell'art. 19, comma 2, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, nonché dell'art. 93, comma 1, delle NOIF, per non essersi assicurato che il proprio nominativo fosse indicato nel contratto stipulato in data 17.1.2014 tra la Parma FC Spa ed il Sig. Pigliacelli Mirko, calciatore dal quale aveva ricevuto mandato; - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, commi 1 ed 8, 19, comma 3, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver operato quale agente di calciatori in situazione di conflitto di interessi, avendo curato senza formale mandato gli interessi del Sig. Mirko Pigliacelli nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la US Sassuolo Calcio Srl del 10.8.2012, nonostante la prestazione della propria opera nell'ambito del medesimo accordo anche in favore dell'appena citata Società, dalla quale aveva ricevuto mandato con validità dal 2.8.2012 al 31.8.2012; - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, comma 1, e 19, comma 3, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver prestato la propria opera quale agente di calciatori in favore del Sig. Pigliacelli Mirko in assenza di formale mandato conferito, nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la Società Delfino Pescara 1936 Srl dell'1.7.2013; - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, comma 1, e 19, comma 3, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver prestato la propria opera quale agente di calciatori in favore del Sig. Andrea Giallombardo in assenza di formale mandato conferito, nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la Società Parma FC Spa del 30.7.2013; 8. - Sig. Pigliacelli Mirko, all'epoca dei fatti calciatore tesserato, in successione, per la Parma FC Spa, la US Sassuolo Calcio Srl e la Delfino Pescara 1936 Srl: - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Danilo Caravello, in assenza di formale mandato conferito, mentre lo stesso prestava la propria attività di agente in favore della Parma FC Spa, nell’ambito della stipulazione del contratto con tale Società del 12.7.2012, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), dell'art. 22, comma 4, del Regolamento agenti in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, nonché dell’art. 93, comma 1, delle NOIF, per non essersi assicurato che il nominativo del Sig. Danilo Caravello, agente di calciatori al quale aveva conferito mandato, fosse chiaramente indicato nel contratto stipulato con il la Parma FC Spa in data 17.1.2014; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Danilo Caravello, in assenza di formale mandato conferito, mentre lo stesso prestava la propria attività di agente in favore della US Sassuolo Calcio Srl, nell’ambito della stipulazione del contratto con tale Società del 10.8.2012, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Danilo Caravello senza conferire allo stesso formale mandato, nell'ambito del tesseramento e della stipulazione del contratto dell'1.7.2013 con la Società Delfino Pescara 1936 Srl; 9. - Sig. Rispoli Vincenzo, all'epoca dei fatti agente di calciatori iscritto nel registro della 8 F.I.G.C.: - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, comma 1, e 19, comma 3, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver prestato la propria opera quale agente di calciatori in favore del Sig. Enow Solomon in assenza di formale mandato conferito, nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la Società Parma FC Spa del 30.8.2012; 10. - Sig. Enow Solomon, all'epoca dei fatti calciatore tesserato per la Parma FC Spa: - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Vincenzo Rispoli senza conferire allo stesso formale mandato, nell'ambito del tesseramento e della stipulazione del contratto del 30.8.2012 con la Società Parma FC Spa; 11. - Sig. Giallombardo Andrea, all'epoca dei fatti calciatore tesserato per la Ascoli Calcio 1898 Spa: - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Danilo Caravello senza conferire allo stesso formale mandato, nell'ambito del tesseramento e della stipulazione del contratto del 30.7.2013 con la Società Parma Calcio Spa; 12. - Sig. Bia Giovanni, all'epoca dei fatti agente di calciatori iscritto nel registro della F.I.G.C.: - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, commi 1 ed 8, 19, comma 3, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver operato quale agente di calciatori in situazione di conflitto di interessi, avendo curato senza formale mandato gli interessi del Sig. Tiziano Scarfagna nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la Parma FC Spa dell'8.8.2013, nonostante la prestazione della propria opera nell'ambito del medesimo accordo anche in favore dell'appena citata Società, dalla quale aveva ricevuto mandato con validità dal 5.8.2013 al 31.8.2013; - violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), degli artt. 16, comma 1, e 19, comma 3, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per aver prestato la propria opera quale agente di calciatori in favore del Sig. Tiziano Scarfagna in assenza di formale mandato conferito, nell’ambito della stipulazione del contratto tra tale calciatore e la Società Gavorrano Srl del 14.8.2013; 13. - Sig. Scarfagna Tiziano, all'epoca dei fatti calciatore tesserato, in successione, per la S.S. Lazio Spa e la Parma FC Spa: - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dagli artt. 16, commi 1 ed 8, e 20, commi 2 e 9, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Giovanni Bia, in assenza di formale mandato conferito, mentre lo stesso prestava la propria attività di agente in favore della Parma FC Spa, nell’ambito della stipulazione del contratto con tale Società dell'8.8.2013, con ciò determinando una situazione di conflitto di interessi; - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), in relazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del regolamento Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, per essersi avvalso dell'opera professionale dell'agente Sig. Giovanni Bia senza conferire allo stesso formale mandato, nell'ambito della stipulazione del contratto del 14.8.2013 con la Società Gavorrano Srl; 14. - Sig. Narcisi Valeriano, all'epoca dei fatti agente di calciatori iscritto nel registro della F.I.G.C.: - violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva (art. 1, comma 1, CGS vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione), dell'art. 19, comma 2, del regolamento 9 Agenti di calciatori in vigore dall’8.4.2010 al 31.3.2015, nonché dell'art. 93, comma 1, delle NOIF, per non essersi assicurato che il proprio nominativo fosse indicato nel contratto stipulato in data 26.8.2013 tra il calciatore Sig. Vincenzo Richella e la Parma FC Spa, Società dalla quale aveva ricevuto mandato; 15. - Società US Lecce Spa. Il giudizio di primo grado e la decisione del TFN I deferiti si sono costituiti e difesi nel procedimento di primo grado: così il TFN ne sintetizza le eccezioni, deduzioni e conclusioni. «Il Sig. Mirko Pigliacelli, ha fatto pervenire una memoria difensiva nella quale evidenzia: - la violazione dell’art. 32 ter 4 c. in quanto il deferimento sarebbe stato notificato dalla Procura Federale oltre il termine previsto per esercitare l’azione disciplinare; - la impossibilità di applicare ad un calciatore una norma e una sanzione di un regolamento destinato ed indirizzato agli agenti dei calciatori; - l’applicabilità al caso di specie del c.d. “favor rei” attesa la attuale disciplina del regolamento agenti dei calciatori; - che il Sig. Caravello ed il Sig. Pigliacelli si conoscono da lungo tempo e la eventuale prestazione dell’agente nei confronti del calciatore sarebbe stata resa “a titolo amicale”; - la nullità del mandato che il Sassuolo Calcio conferì all’agente Caravello in quanto “non vidimato dalla segreteria, pertanto non depositato”; - la inapplicabilità dell’art. 1 c. 1 bis del CGS in quanto la condotta del Pigliacelli non contrasterebbe con l’ordinamento sportivo. Conclude chiedendo in via preliminare di dichiarare improcedibile, e pertanto estinto, il deferimento in quanto in contrasto con il termine previsto dall’art. 32 ter, 4 c. CGS; in via ulteriormente preliminare dichiarare inapplicabile il regolamento agenti in capo ad un calciatore; nel merito ed in via principale dichiarare il proscioglimento; in via subordinata l’applicazione della sanzione del minimo edittale. Il Sig. Danilo Caravello, ha fatto pervenire una memoria difensiva nella quale evidenzia: - la violazione dell’art. 32 ter 4 c. in quanto il deferimento sarebbe stato notificato dalla Procura Federale oltre il termine previsto per esercitare l’azione disciplinare; - l’applicabilità al caso di specie del c.d. “favor rei” attesa la attuale disciplina del regolamento agenti dei calciatori; - che il Sig. Caravello ed il Sig. Pigliacelli si conoscono da lungo tempo e la eventuale prestazione dell’agente nei confronti del calciatore sarebbe stata resa “a titolo amicale”. Nessun mandato avrebbe legato i due soggetti ed il Caravello non ha ricevuto alcuna somma da parte del giocatore; - in relazione al tesseramento del calciatore Giallombardo con il Parma FC Spa del 30/7/13, la assenza del mandato agente-calciatore e di alcuna prova di eventuale pagamento dalla Società al Sig. Caravello. Le dichiarazioni del Sig. Giallombardo confermano quanto enunciato dalla difesa dell’agente; - la inapplicabilità dell’art. 1 c. 1 bis del CGS in quanto la condotta del Caravello non contrasterebbe con l’ordinamento sportivo. Conclude chiedendo in via preliminare di dichiarare improcedibile, e pertanto estinto, il deferimento in quanto in contrasto con il termine previsto dall’art. 32 ter, 4 c. CGS; nel merito ed in via principale dichiarare il proscioglimento; in via subordinata l’applicazione della sanzione del minimo edittale. Il Sig. Andrea Giallombardo, ha fatto pervenire una memoria difensiva nella quale evidenzia: - la violazione dell’art. 32 ter 4 c. in quanto il deferimento sarebbe stato notificato dalla Procura Federale oltre il termine previsto per esercitare l’azione disciplinare; - la impossibilità di applicare ad un calciatore una norma e una sanzione di un regolamento destinato ed indirizzato agli agenti dei calciatori; - che il Sig. Caravello ed il Sig. Giallombardo si conoscono da lungo tempo ma che, comunque, il tesseramento tra il Giallombardo ed il Parma FC Spa non è stato “curato” dal Caravello atteso che Giallombardo non ha conferito alcuna somma all’agente; 10 - la inapplicabilità dell’art. 1 c. 1 bis del CGS in quanto la condotta del Giallombardo non contrasterebbe con l’ordinamento sportivo. Conclude chiedendo in via preliminare di dichiarare improcedibile, e pertanto estinto, il deferimento in quanto in contrasto con il termine previsto dall’art. 32 ter, 4 c. CGS; in via ulteriormente preliminare dichiarare inapplicabile il regolamento agenti in capo ad un calciatore; nel merito ed in via principale dichiarare il proscioglimento; in via subordinata l’applicazione della sanzione del minimo edittale. Il Sig. Antonio Nocerino, ha fatto pervenire una memoria difensiva al fine di comunicare l’intervenuto accordo con la Procura Federale per la applicazione di sanzione concordata e ridotta da sottoporre all’attenzione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare nella udienza del 28 settembre 2016. Conclude chiedendo di dichiarare l’efficacia del suddetto accordo. Il Sig. Pietro Leonardi, ha fatto pervenire una memoria difensiva con la quale contesta in toto gli addebiti formulati dalla Procura Federale ma allo scopo di evitare l’alea del giudizio dichiara di avere in corso trattative con la Procura Federale volte ad un accordo per la applicazione di sanzione concordata e ridotta da sottoporre all’attenzione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare nella udienza del 28 settembre 2016. Conclude: “con ogni più ampia salvezza dei diritti di difesa” nel caso di mancato raggiungimento dell’accordo con la Procura Federale. La Società US Lecce Spa, ha fatto pervenire una memoria difensiva con la quale evidenzia: - in via preliminare la intervenuta prescrizione dell’illecito contestato essendo i fatti alla base del deferimento circoscritti nell’ambito temporale della stagione sportiva 2011-2012 e prevedendo l’art. 18, 4 c. del CGS che “i diritti di natura economica si prescrivono al termine della stagione sportiva successiva a quella in cui sono maturati. In egual termine si prescrivono, in deroga a quanto previsto dai commi 1 e 2 le infrazioni disciplinari comunque connesse ad irregolari pattuizioni economiche”; - che la fattispecie contestata è stata oggetto di una “sostanziale abolitiocriminis e, pertanto, la deferita debba essere prosciolta”; - che, a tutto voler concedere, “non sono rinvenibili elementi atti a comprovare la concreta sussistenza di un conflitto di interessi” in quanto lo scarno materiale probatorio non prova, oltre ogni ragionevole dubbio, la violazione degli addebiti contestati; Conclude chiedendo il proscioglimento da ogni addebito; in subordine di comminare la sanzione dell’ammonizione. Il Sig. Renato Cipollini, ha fatto pervenire una memoria difensiva con la quale evidenzia: - in via preliminare la intervenuta prescrizione dell’illecito contestato essendo i fatti alla base del deferimento circoscritti nell’ambito temporale della stagione sportiva 2011-2012 e prevedendo l’art. 18, 4 c. del CGS che “i diritti di natura economica si prescrivono al termine della stagione sportiva successiva a quella in cui sono maturati. In egual termine si prescrivono, in deroga a quanto previsto dai commi 1 e 2 le infrazioni disciplinari comunque connesse ad irregolari pattuizioni economiche”; - che la fattispecie contestata è stata oggetto di una “sostanziale abolitiocriminis e, pertanto, il deferito debba essere prosciolto”; - che, a tutto voler concedere, “non sono rinvenibili elementi atti a comprovare la concreta sussistenza di un conflitto di interessi” in quanto lo scarno materiale probatorio non prova, oltre ogni ragionevole dubbio, la violazione degli addebiti contestati; Conclude chiedendo il proscioglimento da ogni addebito; in subordine di comminare la sanzione dell’inibizione. Il Sig. Giovanni Bia, ha fatto pervenire una memoria difensiva con la quale evidenzia: - di aver ricevuto nel 2010 da parte del Sig. Scarfagna un mandato federale con “scadenza biennale” e di aver chiamato il Sig. Preiti “due mesi prima della fine del campionato 2012-2013” per segnalargli un “ragazzo interessante” ovvero il Sig. Tiziano Scarfagna, da tesserare a “parametro zero”; - di aver ricevuto all’inizio di agosto 2013 dal Parma Spa il mandato per il tesseramento di Scarfagna; - di non aver svolto nell’interesse di Scarfagna alcuna attività, né di aver resto nei confronti del giocatore alcun tipo di consulenza; - di contestare le dichiarazioni rese da Francesco Fatiga e riportate nel sito internet 11 “Lazionews.eu”; - di aver curato esclusivamente gli interessi del Parma. Conclude chiedendo il rigetto da tutti gli addebiti contestati ed il conseguente proscioglimento. Il Sig. Bruno Carpeggiani, ha fatto pervenire una memoria difensiva nella quale evidenzia: - in via del tutto pregiudiziale l’incompetenza funzionale del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare in quanto ogni decisione in relazione alla posizione del Sig. Bruno Carpeggiani sarebbe di competenza della Commissione Procuratori Sportivi FGC; - sempre in via pregiudiziale, la inammissibilità/nullità/inesistenza dei fatti contestati, giacché non più previsti dalla vigente normativa federale; - la nullità e/o invalidità del deferimento per la violazione dei fondamentali diritti di difesa ex art. 111 della Costituzione, nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del CGS ONI. Negli atti del deferimento mancherebbero i documenti relativi alla audizione del Dott. Bruno Carpeggiani. - la insussistenza del conflitto di interessi attese le dichiarazioni rese dal Sig. Corrado Di Taranto e Pietro Leonardi; - la insussistenza di conflitto di interesse a danno del Dott. Carpeggiani attesa l’assenza di pagamento dei compensi da parte della fallita Parma FC Spa. Conclude chiedendo in via pregiudiziale “di accertare la propria incompetenza funzionale in favore della commissione Procuratori Sportivi della FIGC”; in via ulteriormente pregiudiziale di rigettare il deferimento poiché fondato su disposizioni abrogate; sempre in via pregiudiziale, di dichiarare la nullità del presente deferimento per violazione dei principi del processo sportivo; nel merito dichiarare il proscioglimento; in subordine di determinare la sanzione nei minimi previsti dalla normativa e dai precedenti». Prima dell’apertura del dibattimento sono state presentate le istanze di applicazione di sanzione ex art. 23 CGS, concordate con la Procura federale, per i seguenti deferiti: Nocerino Antonio, Leonardi Pietro, Strasser Rodney, Cipollini Renato, Caravello Danilo, Pigliacelli Mirko, Rispoli Vincenzo, Bia Giovanni, Narcisi Valerino e la Società US Lecce Spa. Il TFN, accertata la ricorrenza dei presupposti normativi, ha, quindi, disposto l’applicazione delle seguenti sanzioni: - per il Sig. Nocerino Antonio, sanzione della ammenda di € 6.000,00 (Euro seimila/00); - per il Sig. Pietro Leonardi, sanzione della inibizione per giorni 60 (sessanta); - per il Sig. Strasser Rodney, sanzione della ammenda di € 12.000,00 (Euro dodicimila/00); - per il Sig. Renato Cipollini, sanzione della inibizione per giorni 20 (venti); - per il Sig. Danilo Caravello, sanzione della inibizione di giorni 50 (cinquanta); - per il Sig. Mirko Pigliacelli, sanzione della ammenda di € 7.000,00 (Euro settemila/00); - per il Sig. Vincenzo Rispoli, sanzione della inibizione per giorni 20 (venti); - per il Sig. Giovanni Bia, sanzione della inibizione per giorni 30 (trenta); - per il Sig. Narcisi Valeriano, sanzione della inibizione per giorni 20 (venti); - per la Società US Lecce Spa, sanzione della ammenda di € 4.200,00 (Euro quattromiladuecento/00). Il procedimento, quindi, proseguiva per le altre parti deferite. Alla seduta del 28 settembre 2016, il rappresentante della Procura federale ha concluso chiedendo applicarsi le seguenti sanzioni: - Sig. Carpeggiani Bruno della sanzione della inibizione di mesi 2 (due); - Sig. MesbahDjamelEddine della sanzione della ammenda di € 14.000,00 (Euro quattordicimila/00); - Sig. Enow Solomon della sanzione della ammenda di € 9.000,00 (Euro novemila/00); - Sig. Giallombardo Andrea della sanzione della ammenda di € 9.000,00 (Euro novemila/00); - Sig. Scarfagna Tiziano della sanzione della ammenda di € 10.000,00 (Euro diecimila/00); L’Avv. Luca Miranda, per il deferito Carpeggiani, si è riportato agli argomenti difensivi esposti nella memoria ritualmente depositata chiedendo l’accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate. L’avv. Annalisa Roseti, per il Sig. Mesbah, in via preliminare si è associata alla contestazione della intervenuta prescrizione del procedimento in quanto avviato oltre il termine previsto dall’art. 32 ter, comma 4 CGS; nel merito ha dichiarato che il suo assistito è stato vittima di un accordo tra i Signori Lucci e Lelli; ha evidenziato che la norma sul conflitto di interessi prevista dal Regolamento Agenti FIGC, può sanzionare solo gli agenti dei calciatori e non questi ultimi. Ha 12 concluso in via preliminare per la prescrizione del deferimento, nel merito per il proscioglimento e in via subordinata per l’irrogazione di una sanzione minima. Gli Avvocati Del Re e Casarola, per il deferito Giallombardo, si sono riportati agli argomenti difensivi esposti nella memoria ritualmente depositata chiedendo l’accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate. Nessuno è comparso per i signori Solomon e Scarfagna. All’esito del dibattimento il Tribunale federale nazionale ha dichiarato improcedibile il deferimento, così motivando la propria decisione. «L’art. 32 ter, comma 4 CGS prevede che “qualora il Procuratore Federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro 30 giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio comunicato all’incolpato o all’organo di giustizia competente, al Presidente Federale (…)”. Dalla documentazione in atti risulta che le comunicazioni di conclusione dell’indagine sono state notificate ai deferiti Solomon, Giallombardo, Scarfagna, Carpeggiani, Mesbah in un periodo di tempo compreso tra il 4 e il 9 maggio 2016 e che il deferimento è stato notificato nelle date comprese tra il 28 e il 29 luglio 2016 e pertanto successivamente al termine previsto dal citato art. 32 ter, comma 4 CGS. Atteso che l’art. 38, comma 6 GSS espressamente dichiara che “tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori”, si deve ritenere che la Procura Federale avrebbe dovuto esercitare l’azione disciplinare entro il termine previsto dal suddetto art. 32 ter comma 4 CGS. Tale indirizzo giurisprudenziale è stato peraltro confermato dal Collegio di Garanzia del CONI (Decisione n. 27 – 2016 – Prima Sezione), secondo cui “Nessun dubbio, può esservi, allora, circa la perentorietà di termini come innanzi stabiliti, anche considerando come gli stessi risultino essere in perfetta armonia con i principi generali della Giustizia Sportiva che prevedono, espressamente, la massima restrizione dei tempi per la risoluzione delle controversie sportive, dovendosi la giurisdizione armonizzare all’incalzare di qualificazioni, tornei, campionati, ecc...”. Alla luce di quanto sopra esposto, il deferimento deve ritenersi improcedibile». Il TFN ha, pertanto, appunto, dichiarato improcedibile il deferimento nei confronti di Carpeggiani Bruno, MesbahDjamelEddine, Enow Solomon, Giallombardo Andrea, Scarfagna Tiziano. Il ricorso del Procuratore Federale Avverso la predetta decisione, pubblicata sul C.U. n. 19/TFN del 4 ottobre 2016, ha proposto ricorsoil Procuratore federale, limitatamente alle posizioni dei sigg.riCarpeggiani Bruno, MesbahDjamelEddine, Enow Solomon, Giallombardo Andrea e Scarfagna Tiziano, in relazione ai quali il deferimento è stato, come detto, dichiarato improcedibile. Con un primo motivo d’appello la Procura federale censura l’assunto sul quale poggia la decisione impugnata e, cioè, che il termine previsto dall’art. 32 ter, comma 4, del codice di giustizia sportiva, indicato da tale norma in trenta giorni dalla scadenza del termine a difesa assegnato con la comunicazione di chiusura delle indagini, sia da considerarsi perentorio. Si evidenzia, in tal ottica, nel ricorso, come il termine previsto dall’art. 32 ter CGS non possa qualificarsi in alcun modo come perentorio. Del resto, sottolinea, «sul punto lo stesso Tribunale Federale Nazionale si era già espresso in precedenza con decisione CU 2/TFN dell’1.7.2016, con la quale, a seguito dell’eccezione di improcedibilità formulata dal deferito ex art. 32 ter CGS, ha espressamente statuito che il termine indicato da tale norma deve intendersi ordinatorio e non perentorio. La correttezza di tale precedente pronuncia del Tribunale sull’argomento trova conferma nel principio pacifico di diritto generale, secondo cui nessun termine può essere considerato perentorio in assenza di specificazione da parte della legge di tale sua specifica natura». Richiama, sotto tale profilo, la pubblica accusa federale, «il disposto di cui all’art. 152, comma 2, c.p.c., applicabile al procedimento sportivo in virtù di quanto previsto dall’art. 2 del Codice di Giustizia Sportiva del C.O.N.I., che prevede espressamente: “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”. 13 Ciò posto e considerato che l’art. 32 ter, comma 4, del Codice di Giustizia Sportiva non contiene riferimento di sorta, nemmeno indiretto, alla perentorietà del termine appena citato, è evidente che la conclusione cui è pervenuto il Tribunale Federale nella decisione oggi impugnata è erronea». Tanto è vero quanto sopra, sottolinea, l’organo ricorrente, che il Giudice di prime cure è costretto, per fondare la propria decisione sulla perentorietà del termine, a fare riferimento alla ulteriore norma di cui all’art. 38, comma 6, CGS. Richiamo, questo, reputato, tuttavia, infondato, per le ragioni che seguono. «L’art. 38 del CGS, infatti, è rubricato “Termini dei procedimenti e modalità di comunicazione degli atti” ed è inserito nel Titolo IV del Codice di Giustizia Sportiva, che disciplina le “Norme generali del procedimento”. Le norme contenute nel titolo appena citato, infatti, regolano in maniera specifica tutti i procedimenti da celebrarsi innanzi ai diversi organi di Giustizia Sportiva e contengono tutti i termini per il compimento degli atti correlati allo svolgimento degli stessi. La norma de qua, pertanto, pacificamente fa riferimento in via esclusiva ai termini previsti per la celebrazione dei procedimenti dinanzi ai vari organi di Giustizia Sportiva e con ogni evidenza non sono suscettibili di applicazione estensiva, proprio in ragione della tassatività della previsione di perentorietà dei termini. L’art. 32 ter dello stesso C.G.S., e cioè la norma che prevede il termine ingiustamente considerato perentorio dal Tribunale Federale Nazionale, invece, è collocato nel precedente Titolo III, rubricato “Organi della Giustizia Sportiva”, nel quale sono contenute tutte le norme che delineano le competenze ed il funzionamento dei singoli Organi di Giustizia Sportiva, tra le quali anche quella in esame che regola l’attività della Procura Federale. Il collegamento della previsione normativa di cui all’art. 38, comma 6, del C.G.S. al disposto del predente art. 32 ter dello stesso codice, pertanto, costituisce operazione ermeneutica assolutamente impedita dal sistema delineato dal legislatore federale, che correttamente ha collocato la norma che prevede la perentorietà dei termini nell’ambito del titolo che regola tutti gli adempimenti correlati allo svolgimento dei procedimenti innanzi ai singoli organi di giustizia sportiva. A tanto, poi, deve aggiungersi la considerazione sul piano sistematico che il termine tra la notificazione della Comunicazione di Conclusione delle Indagini e la proposizione del deferimento non si pone all’interno del procedimento disciplinare, bensì in una fase precedente e propedeutica alla eventuale celebrazione dello stesso. In proposito, infatti, proprio lo stesso disposto di cui all’art. 32 ter del Codice di Giustizia Sportiva prevede espressamente che “qualora il Procuratore Federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro 30 giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio”. La norma, pertanto, è chiarissima nel qualificare il contenuto della comunicazione di conclusione delle indagini quale mera “intenzione” di procedere disciplinarmente e nell’individuare il deferimento quale “esercizio dell’azione disciplinare”. Il termine intercorrente tra un’intenzione di esercitare l’azione e l’esercizio della stessa, pertanto, con ogni evidenza non può in alcun modo qualificarsi come ricadente nell’ambito del procedimento disciplinare, con la conseguenza che qualsiasi norma dettata per la regolamentazione e la qualificazione della natura dei termini del procedimento non può in alcun modo trovare applicazione con riguardo allo stesso. D’altronde, ad ulteriore sostegno di quanto appena esposto, deve considerarsi che a seguito della comunicazione di conclusione delle indagini il Procuratore Federale può anche, qualora ovviamente ne ricorrano i presupposti, procedere con la formulazione dell’intendimento di archiviazione da sottoporre all’esame della Procura Generale dello Sport del C.O.N.I. Anche per tale ipotesi, poi, l’art. 32 quinquies del Codice di Giustizia Sportiva prevede un termine per la formulazione dell’intendimento di archiviazione, determinato in dieci giorni, che evidentemente non può essere considerato perentorio per propria stessa natura; non si vede proprio, infatti, quale conseguenza sul piano sostanziale o procedimentale possa derivare dal mancato rispetto di un termine volto a sancire l’intenzione di non procedere disciplinarmente a carico di un soggetto. Tanto conferma ulteriormente che i termini previsti nel titolo del Codice di Giustizia Sportiva 14 relativo agli Organi di Giustizia Sportiva non hanno nemmeno potenzialmente e sul piano sistematico alcuna possibilità di essere qualificati come perentori per la loro stessa essenza regolatrice di una fase meramente propredeutica all’eventuale instaurazione e celebrazione di un procedimento disciplinare». Secondo la prospettazione difensiva della ricorrente Procura, dunque, tali considerazioni dimostrerebbero «l’errore interpretativo, sia letterale sia sistematico, in cui è incorso il giudice di prime cure». Ulteriore conferma sistematica della natura non perentoria del termine di cui trattasi, si trarrebbe anche dall’art. 44 del Codice di Giustizia Sportiva del C.O.N.I., che, «con norma pressochè identica a quella di cui al quarto comma dell’art. 32 ter del Codice di Giustizia Sportiva, prevede espressamente che: “Qualora il Procuratore federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando, nei casi previsti dallo Statuto o dalle norme federali, l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio …”. Anche in questo caso nessuna previsione di perentorietà del termine e, soprattutto, nessuna norma che preveda nel codice di giustizia sportiva del C.O.N.I. una qualificazione indiscriminata di perentorietà di tutti i termini nello stesso contemplati. Aggiungasi che, anche la citazione operata dal Giudice di primo grado ad una pronuncia del Collegio di Garanzia del CONI (Decisione n. 27 – 2016 – Prima Sezione), è oggettivamente in conferente, atteso che in detta decisione il Collegio si è espresso sulla perentorietà del termine per la decisione del procedimento disciplinare; fattispecie che, per quanto si è già ampiamente esposto, anche per il Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. è sottoposta ad un termine perentorio, ma che nulla ha a che vedere con la diversa regolamentazione delle fasi di proposizione dell’azione disciplinare e, pertanto, del deferimento». Con un secondo motivo di gravame il ricorrente Procuratore federale censura la decisione del TFN in punto individuazione del momento dal quale inizia a decorrere il termine di trenta giorni per la proposizione del deferimento. «Nella pronuncia gravata», si argomenta in ricorso, «è dato leggere che tale termine decorrerebbe per ciascun deferito dal momento di comunicazione allo stesso della Comunicazione di Conclusioni delle Indagini (…) Non è così. La proposizione del deferimento, in realtà, è assolutamente tempestiva, in quanto l’ultima notifica della comunicazione di conclusione delle indagini è avvenuta in data 30.5.2016 al sig. Rispoli, così come emerge dai documenti depositati in atti. Anche in questo caso, tuttavia, il Giudice di prime cure ha attribuito alla norma una portata che il dato letterale della stessa pacificamente non possiede. Il dettato normativo posto a base della decisione gravata, infatti, prevede espressamente che il termine per la proposizione del deferimento decorra “dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria”. Nessuna indicazione, pertanto, che possa far ritenere la decorrenza del termine correlata alla posizione di ogni singolo deferito. Non solo. Se si accedesse a tale ragionamento, si perverrebbe alla conseguenza – aberrante – che nel caso di deferimento con pluralità di soggetti, quale quello in esame, per ciascun deferito decorrerebbe un termine diverso in correlazione al momento nel quale lo stesso ha ricevuto la comunicazione di conclusione delle indagini». Ancor prima che sul piano logico, poi, tale conclusione, sempre a dire della Procura federale, contrasterebbe anche con il dato sistematico cui è informato il codice di giustizia sportiva. In assenza di un criterio sicuro per individuare la decorrenza del termine, per principio generale del processo sportivo dovrebbe farsi riferimento ai principi ed alle norme generali del processo civile, secondo cui, appunto, in tutte le ipotesi di adempimento susseguente alla notificazione di un atto, il relativo termine decorre dall’ultima delle notifiche effettuate e giammai per ogni singolo soggetto dal momento di ricezione dell’atto da parte dello stesso. «Chiarissime sul punto, in particolare, sono tutte le norme relative all’iscrizione a ruolo dei giudizi e degli appelli, che 15 prevedono tutte indistintamente la decorrenza del termine dall’ultima notificazione (cfr. artt. 165, comma 2, 347 e 369, comma 1, c.p.c.)». Ritiene, poi, il Procuratore federale, «che l’interpretazione della norma adottata dal Giudice di primo grado, oltre ad essere del tutto irragionevole sul piano sistematico, avrebbe delle conseguenze pregiudizievoli sull’efficacia dell’azione disciplinare e sull’economicità del giudizio da parte degli organi di giustizia sportiva. Il procedimento disciplinare, infatti, è unico (gli atti di indagine, la CCI) e, come tale, anche nei casi di più incolpati, l’atto di deferimento è unico ed i termini processuali previsti dall’art. 32 ter C.G.S. (30 giorni) non possono che decorrere dalla scadenza dell’ultimo termine a difesa e non già, come sostenuto dal Tribunale, con scansioni temporali differenti per ciascun avvisato. L’eventuale trattazione delle varie posizioni dei soggetti deferiti nell’ambito di un procedimento, pertanto, non può che essere unitaria, perchè l’istruttoria è unica e dunque si determina una connessione soggettiva e oggettiva dei fatti che coinvolgono i singoli soggetti sottoposti al procedimento. Fino alla scadenza dell’ultimo termine a difesa, poi, la Procura potrebbe acquisire documenti, memorie o elementi rappresentati nelle eventuali audizioni post CCI che potrebbero incidere, a favore o a sfavore, sulla posizione di tutti gli avvisati, ai fini dell’esercizio dell’azione disciplinare. La Procura, pertanto, potrebbe addirittura valutare di archiviare alcune posizioni, alla luce delle difese di altri soggetti coinvolti nel procedimento e destinatari di comunicazione di conclusione delle indagini. Il ritenere la decorrenza del termine correlata alla precedente ricezione della comunicazione di conclusione indagini per ciascuna singola posizione, infatti, comporterebbe la necessità, in caso di procedimenti complessi quale quello in esame, di procedere con cadenza diversa al deferimento di singoli soggetti, con la conseguenza che l’organo giudicante, da un lato, e lo stesso deferito, dall’altro, vedrebbero irrimediabilmente pregiudicata la possibilità di avere la piena cognizione su tutti i fatti e posizioni riguardanti una medesima fattispecie; tanto con la concreta possibilità di insorgenza di contrasti di giudicati. Tutto ciò senza contare, poi, che la promozione di autonomi procedimenti disciplinari con riguardo a posizioni riguardanti la medesima fattispecie complessiva comporterebbe un grave vulnus al principio di economia processuale e, non da ultimo, un proliferare di procedimenti diversi che rallenterebbero il corso della giustizia sportiva, con buona pace del principio di efficienza e celerità dell’azine disciplinare, cui tutto il sistema giustiziale sportivo è rivolto». Da ultimo, il Procuratore federale sottolinea come una ritenuta eventuale diversa decorrenza del termine per ogni singolo soggetto potrebbe comportare «il rischio concreto di premiare azioni strumentali da parte dei deferiti; ritardare la ricezione della comunicazione di conclusione delle indagini, infatti, potrebbe costituire per ogni singolo incolpato un espediente per vedere la propria posizione separata dal confronto e dal dibattimento contestuale con gli altri incolpati, con possibilità di definizione di linee difensive strumentali all’esito del giudizio sulle condotte di altri soggetti coinvolti nella medesima fattispecie». Sotto tale profilo, pertanto, il Procuratore federale ritiene che la lettura della norma fornita dal TFN «oltre che avulsa dal dato letterale della stessa ed estranea ai principi generali, è anche evidentemente irragionevole e potenzialmente lesiva degli interessi perseguiti dal sistema della giustizia sportiva federale». Per quanto attiene al merito delle incolpazioni di cui all’atto di deferimento, «anche in ossequio al principio devolutivo dell’appello», la Procura federale richiama integralmente quanto motivato nello stesso predetto atto di deferimento, «atteso il mancato esame del merito da parte del Giudicante di primo grado». Conclude, infine, il Procuratore federale, chiedendo che l’adìta CFA, in riforma in parte qua della decisione del TFN, di cui al C.U. n. 19/TFN del 4.10.2016, in relazione alle violazioni contestate nell’atto di deferimento del 28.7.2016, sopra dettagliatamente specificate: «1. voglia affermare la responsabilità del sig. Carpeggiani Bruno per le violazioni allo stesso ascritte e, per l’effetto, comminare allo stesso la sanzione di mesi 2 di inibizione a svolgere attività a svolgere attività in seno alla F.I.G.C. ex art. 19, lettera h, C.G.S., così come richiesta da questa Procura in primo grado per i capi di incolpazione contestati con l'atto di deferimento, o, in subordine, quella ritenuta di giustizia da Codesta Onorevole Corte; 2. voglia affermare la responsabilità del sig. MesbahDjamelEddine per le violazioni allo stesso 16 ascritte e, per l’effetto, comminare allo stesso la sanzione di € 14.000,00 di ammenda, così come richiesta da questa Procura in primo grado per i capi di incolpazione contestati con l'atto di deferimento, o, in subordine, quella ritenuta di giustizia da Codesta Onorevole Corte; 3. voglia affermare la responsabilità del sig. Enow Solomon per le violazioni allo stesso ascritte e, per l’effetto, comminare allo stesso la sanzione di € 9.000,00 di ammenda, così come richiesta da questa Procura in primo grado per i capi di incolpazione contestati con l'atto di deferimento, o, in subordine, quella ritenuta di giustizia da Codesta Onorevole Corte; 4. voglia affermare la responsabilità del sig. Giallombardo Andrea per le violazioni allo stesso ascritte e, per l’effetto, comminare allo stesso la sanzione di € 9.000,00 di ammenda, così come richiesta da questa Procura in primo grado per i capi di incolpazione contestati con l'atto di deferimento, o, in subordine, quella ritenuta di giustizia da Codesta Onorevole Corte; 5. voglia affermare la responsabilità del sig. Scarfagna Tiziano per le violazioni allo stesso ascritte e, per l’effetto, comminare allo stesso la sanzione di € 10.000,00 di ammenda, così come richiesta da questa Procura in primo grado per i capi di incolpazione contestati con l'atto di deferimento, o, in subordine, quella ritenuta di giustizia da Codesta Onorevole Corte; e per l’effetto, Voglia comminare le sanzioni richieste dinanzi al Giudice di primo grado, ovvero le sanzioni ritenute di giustizia da codesta Onorevole Corte. In subordine, Voglia annullare la decisione in parte qua e rimettere il procedimento al Tribunale Federale Nazionale che ha emesso la decisione, per l’esame nel merito del deferimento proposto nei confronti dei sigg.riCarpeggiani Bruno, MesbahDjamelEddine, Enow Solomon, Giallombardo Andrea e Scarfagna Tiziano». Le controdeduzioni Il sig. DjamelEddineMesbah, per il tramite del proprio difensore di fiducia, avv. Annalisa Roseti, ha presentato memoria a difesa, impugnando e contestando, «in toto ed in singulis quanto dedotto ed eccepito da controparte, ribadendo la correttezza e la fondatezza delle motivazioni rese dal Giudice di prime cure» e chiedendo il rigetto dell’appello, «con conseguente dichiarazione di improcedibilità del procedimento ed integrale conferma della decisione assunta dal TFN in data 4 ottobre 2016». Il sig. Andrea Giallombardo, come difeso ed assistito dall’avv. Guido Del Re, ha presentato memoria difensiva, soffermandosi sulla natura perentoria del termine di 30 giorni di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS e sulla mancata applicazione dell’art. 44 CGS del Coni. L’appellato ritiene, anzitutto, inconferente il richiamo della Procura federale all’art. 152, comma 2, c.p.c., atteso che gli organi di giustizia sportiva hanno «la possibilità residuale di conformare la propria attività a quanto disposto dalle norme ed ai principi del processo civile, solo ed esclusivamente dopo aver ricercato una “soluzione” all’interno dell’ordinamento sportivo, anche e soprattutto in virtù dell’autonomia dello stesso». Sicchè nell’art. 38, comma 6, CGS si afferma chiaramente che tutti i termini del presente codice sono perentori e a detta norma farebbe eco quella di cui all’art. 44 CGS Coni: «Il potere di sanzionare i fatti disciplinarmente rilevanti si estingue quando il Procuratore Federale non lo eserciti entro i termini previsti dal presente Codice». Sarebbe, dunque, il medesimo ordinamento sportivo «ad indicare la natura dei termini, senza lasciare spazio ad interpretazioni che risulterebbero superflue, illogiche e prive di riscontro». Richiama, l’appellato Giallombardo, a supporto del proprio assunto difensivo, alcune decisioni del Tribunale federale nazionale della Federazione italiana tennis che ha, appunto, «avuto modo di intervenire sull’estinzione del procedimento per violazione del termine di cui sopra». Procede, poi, il predetto appellato, all’analisi “residuale” di «quanto previsto dall’ordinamento statale». Sotto siffatto profilo, evidenzia, in primo luogo, come l’art. 307 c.p.c. preveda l’inattività delle parti quale causa di estinzione del procedimento, «ponendo inoltre, quale causa sostanziale differenza tra un termine perentorio ed un termine ordinatorio, gli effetti del loro mancato rispetto. Sicchè il termine si intenderà ordinatorio, qualora la sua inosservanza non comporti decadenza ma “una situazione svantaggiosa”, circostanza non ravvisabile in capo alla Procura federale in caso di mancato rispetto del termine di cui all’art. 32 ter c. 4 CGS Figc». 17 In tale prospettiva, viene richiamata la sentenza della Cassazione, sezioni unite, 23 settembre 2014, n. 19980, secondo cui la perentorietà può anche desumersi «dalla considerazione dello scopo» e «l’espressa qualificazione può anche risultare dal carattere del termine e, in particolare, dagli effetti che l’inutile decorso di esso produce secondo l’espressa sanzione normativa». Ritiene, poi, l’appellato Giallombardo, che «l’impostazione logica ed interpretativa, che la Procura federale descrive come aberrante» sarebbe stata indicata anche dal Collegio di Garanzia dello Sport del Coni nella decisione n. 17 del 2016, secondo cui, «la lettura delle norme esposte potrebbe sacrificare eccessivamente il diritto di difesa delle parti, le quali si potrebbero vedere contestati illeciti sportivi anche a lunga distanza di tempo, perdendo quindi la possibilità di esplicare una persuasiva difesa. È evidente, infatti, che, se l’inizio dell’azione disciplinare fosse rimesso alla mera discrezionalità della Procura, i tesserati si vedrebbero contestare degli illeciti rispetto ai quali potrebbero aver perso ogni elemento di prova contraria, proprio a causa del lungo lasso di tempo intercorso dalla commissione della pretesa infrazione alla sua contestazione. Come correttamente rilevato dal Tribunale Federale, occorre poi garantire la celerità e il buon andamento della giustizia sportiva, anche in funzione della regolarità dei campionati. Non vi è dubbio, infatti, che rimettendo alla discrezionalità della Procura il termine per l’avvio e la conclusione delle indagini, si arriverebbe alla irragionevole conclusione che una società ovvero un tesserato si potrebbe vedere applicata una sanzione anche a lunga distanza di tempo, anche in campionati successivi rispetto a quello in cui l’eventuale violazione è stata commessa, incidendo in tal modo anche sulla regolarità ed il buon andamento dei campionati». Quanto, poi, alla individuazione del momento di decorrenza del termine il sig. Giallombardo, come difeso, ritiene che non vi sia alcuna norma che ponga «la necessità o la potestas di un unico deferimento o dell’univocità del procedimento». «Dall’interpretazione letterale delle norme del procedimento sportivo», prosegue, «emerge che i termini decorrono dal singolo atto relativo al singolo deferito e non dal “cumulo” degli atti destinati ai tesserati. Il tesserato, che ha l’obbligo di conoscere le norme, sa che dovrà tener conto dei termini così come previsti dal Codice di Giustizia Sportiva e non ha cognizione dell’invio da parte della Procura Federale di ogni singolo atto di deferimento all’interno di un procedimento così complesso e ricco di deferiti». Di conseguenza, apparirebbe pacifico «che, il dies da cui decorre il termine di cui all’art. 32 ter c. 4 CGS Figc, può essere individuato solo ed esclusivamente nella comunicazione al singolo deferito e, quindi, per quel che concerne il sig. Giallombardo, in data 03.06.2016». Ritiene, infine, il predetto appellato che, considerato che ai sensi dell’art. 307, comma 4, c.p.c. l’estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, il TFN, «ben prima di dichiarare l’estinzione del procedimento, avrebbe dovuto dichiarare d’ufficio l’inammissibilità del patteggiamento e, quindi, nel caso di specie, dovrebbero considerarsi inammissibili i patteggiamenti avvenuti dopo l’esercizio (fuori termini) dell’azione disciplinare da parte della Procura Federale». Così conclude: In via principale e di merito rigettare l’impugnazione così come proposta dal Procuratore federale, con ogni statuizione conseguente; In ulteriore via principale e di merito confermare la sentenza del TFN e dichiarare, quindi, l’estinzione del procedimento. Anche il sig. Bruno Carpeggiani, come rappresentato e difeso, ha presentato controdeduzioni. L’assunto della ricorrente Procura federale, in ordine alla asserita violazione e falsa applicazione degli artt. 32 ter, comma 4, e 38, comma 6, CGS sarebbe «palesemente erroneo e smentito, con incensurabile motivazione, dalla decisione di prime cure». Ritiene, a tal proposito, il predetto resistente, che «il principio tassativo della perentorietà di tutti i termini stabiliti» dal codice di giustizia sportiva, «santificato dall’art. 38, comma 6, CGS», sia norma «di generale applicabilità a tutti i termini previsti dal CGS e, soprattutto, norma che presidia il regolare funzionamento dellla giustizia sportiva stessa». Richiama, a tal riguardo, il sig. Carpeggiani, una decisione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva, la n. 16 del 2012, secondo cui, «la scansione procedimentale e il regime dei termini, delle decadenze e delle preclusioni della giustizia sportiva non costituisce un inutile formalismo giuridico, bensì rappresenta un tassello necessario e imprescindibile per la funzionalità stessa 18 dell’ordinamento sportivo». Con riferimento alla data di decorrenza del termine per la proposizione del deferimento il resistente Carpeggiani etichetta come “palesemente erronea” la ricostruzione formulata dalla Procura che vorrebbe sostenere che, «allorquando si tratti di deferimenti multiparti, il termine indicato dall’art. 32 ter, co. 4, CGS debba ritenersi inapplicabile singolarmente, ma solo collettivamente considerando, quindi, le notifiche ricevute da tutti i soggetti coinvolti». Si evidenzia, a tal riguardo, nelle controdeduzioni, come la responsabilità disciplinare sia del tutto personale e come lo stesso codice di giustizia sportiva «non operi alcuna distinzione, in merito, tra procedimenti multiparti e procedimenti a carico di un solo incolpato». Del resto, si prosegue, la norma che «si occupa dei termini relativi alla comunicazione di conclusioni e delle indagini e alla comunicazione di deferimento si esprime inequivocabilmente riferendosi al singolare, i.e. all’incolpato, con ciò non prestandosi a interpretazioni di sorta, come quelle prospettate dalla Procura». Orbene, evidenzia il resistente, sotto tale profilo, la comunicazione di conclusione delle indagini è stata notificata il 4.5.2016, i trenta giorni per la produzione di memorie difensive o richiesta di audizione sono scaduti il data 4.6.2016 e il deferimento è stato notificato il successivo 28.7.2016, «dunque, ben oltre il termine dei 30 giorni successivi al 4.6.2016». Ne discenderebbe, dunque, «quale naturale corollario come la decisione abbia correttamente fatto applicazione del testo normativo». In ogni caso, il deferito Carpeggiani, «nella denegata e non creduta ipotesi di superamento della fase rescindente del presente procedimento, in via rescissoria» rassegna ulteriori profili di «obiezione del deferimento» e, segnatamente: incompetenza funzionale del TFN a favore della Commissione Procuratori Sportivi della Figc; inammissibilità / nullità / inesistenza dei fatti contestati, giacchè non più previsti dalla vigente normativa endoassociativa quali ipotesi di infrazione regolamentare / disciplinare; nullità e/o invalidità del deferimento per violazione dei diritti di difesa ex art. 111 Costituzione, nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 2 CGS Coni, atteso che «il postulato accusatorio a carico dell’esponente si fonda su un univoco riscontro probatorio» e considerata la «immotivata mancata audizione del dott. Bruno Carpeggiani». Deduce, poi, il suddetto resistente, anche nel merito, in ordine all’accertamento giurisdizionale della autenticità del credito vantato nei confronti del fallito Parma F.C. s.p.a., in relazione ai mandati in contestazione, nonché alla insussistenza di qualsivoglia conflitto di interessi. Bruno Carpeggiani conclude, quindi, chiedendo: «1) confermare la decisione assunta dal Tribunale Federale Nazionale – sezione disciplinare – con C.U. n. 19/TFN del 04/10/2016; Nella denegata e non creduta ipotesi di superamento della fase rescindente: In via rescissoria, 2) In via pregiudiziale, in rito, accertare l’incompetenza funzionale del TFN in favore della Commissione Procuratori Sportivi della Figc; 3) Nella denegata ipotesi, in via ulteriormente pregiudiziale, dichiarare la nullità/inefficacia/illegittimità e, comunque, rigettare il presente deferimento poiché fondato su disposizioni endoassociative abrogate; 4) Sempre nella denegata ipotesi e in via pregiudiziale, dichiarare la nullità del presente deferimento per la violazione dei principi del processo sportivo; 5) Nel merito, comunque, proscioglierlo, per uno o più dei motivi indicati in atti, dagli addebiti contestati rigettando il deferimento; 6) In estremo subordine, salvo gravame, voglia determinare la sanzione nei minimi previsti dalla normativa e dai precedenti giurisprudenziali e nella qualità e specie della censura o deplorazione, ovvero nella misura ritenuta di giustizia». La decisione della CFA All’udienza fissata, per il giorno 23 novembre 2016, innanzi questa Corte federale di appello, riunita a sezioni unite, sono comparsi il Procuratore federale, dott. Pecoraro, unitamente al dott. Tornatore e alla dott.ssa De Michele. Per gli appellati sono comparsi, l’avv. Cozzone per il sig. DjamelEddineMesbah, l’avv. Del Re per il sig. Giallombardo, l’avv. Miranda per il sig. 19 Carpeggiani. I rappresentanti della pubblica accusa federale hanno illustrato le ragioni dell’appello, evidenziando, tra l’altro, che se si ritenesse perentorio il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS in virtù della previsione di cui all’art. 38 CGS verrebbe a ribaltarsi il principio di carattere generale dell’ordinamento giuridico, come dettato dall’art. 152 c.p.c. Inoltre, secondo l’assunto di parte appellante, quando il legislatore federale ha voluto prevedere la perentorietà di un termine, lo ha circondato di esplicite conseguenze sanzionatorie. Richiamata, infine, la sentenza n. 19989/2014 della Corte di Cassazione, (secondo cui la perentorietà di un termine può essere desunta anche da altri indici, tra cui le conseguenze sanzionatorie, mentre, a dire della ricorrente Procura, nella fattispecie difetterebbe tanto la qualificazione formale, quanto l’espressa previsione di una conseguenza sanzionatoria), ribadita la tesi secondo cui, anche laddove considerato perentorio, il termine di cui trattasi non sarebbe infruttuosamente trascorso, dovendosi, nel caso di specie, considerare come dies a quo quello dell’ultima notifica, il dott. Tornatore ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni di cui al ricorso e, segnatamente, in via preliminare, per la declaratoria della decisione del TFN nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del deferimento. L’avv. Cozzone, per l’appellato MesbahDjamel ha puntualmente replicato ai motivi di ricorso, chiedendo respingersi lo stesso. L’assunto difensivo muove dalla considerazione che, essendo già chiaro – il codice di giustizia sportiva – nel dichiarare (all’art. 38) perentori tutti i termini, non occorre fare riferimento alcuno ad altri sistemi di giustizia e, segnatamente, al codice di procedura civile. Laddove, del resto, prosegue la suddetta difesa, si ritenesse che la predetta norma si riferisce solo al giudizio di cognizione e non anche al procedimento della Procura federale, si recherebbe grave vulnus al principio della parità delle parti, perché significherebbe che sono perentori solo i termini per la parte privata e non anche quelli per l’organo federale inquirente. Peraltro, evidenzia, ancora, l’atto di deferimento è già atto del procedimento di cognizione. Ritiene, poi, incoferente, l’avv. Cozzone, la deduzione della Procura secondo cui occorre considerare che l’art. 38 è precedente l’introduzione dell’art. 32 ter: anche se così fosse, non avrebbe comunque fondamento l’interpretazione che ne ricava la Procura, così come, del pari, infondata la tesi secondo cui il termine di cui trattasi, ove qualificato come perentorio, non sarebbe in sintonia con il codice di giustizia sportiva. Anzi, è proprio il contrario, secondo il predetto patrocinio: è stato introdotto un termine perentorio proprio per garantire certi tempi al procedimento. Quanto alla questione del dies a quo la difesa del sig. MesbahDjamel richiama la giustizia sportiva endofederale che ha sempre affermato che le singole posizioni dei deferiti non sono inscindibili e che, quindi, ben possono costituire oggetto di distinti procedimenti disciplinari. L’avv. Miranda, per l’appellato Carpeggiani, ha, anzitutto, rilevato come il codice del processo amministrativo specifichi che il termine decorre dall’ultima notifica, mentre il codice procedura civile invocato dalla Procura federale, no. Evidenziato, poi, che i codici di giustizia sportiva della Figc e del Coni non disciplinano l’istituto del litisconsorzio necessario, essendo, dunque, necessario fare riferimento al codice procedura civile, ritiene che la fattispecie oggetto di questo giudizio non rientri tra le ipotesi di litisconsorzio necessario. L’avv. Del Re, da ultimo, per l’appellato Giallombardo, ha ribadito come esista l’art. 44 CGS Coni (45, secondo la Procura Federale) e come, quindi, non sia necessario rifersi ad altri contesti normativi o differenti sistemi di giustizia (civile / amministrativa). Con riferimento al dies a quo, richiamata la decisione n. 58 del 2016 del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni, secondo cui i termini decorrono dalla prima notifica, ha evidenziato come occorra, comunque, privilegiare il principio di parità delle parti, concludendo, infine, per il rigetto del ricorso proposto dalla Procura federale. Dichiarato chiuso il dibattimento, questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti 20 MOTIVI La Corte, letto l’atto di appello e le controdeduzioni, esaminati gli atti ufficiali, ritiene che il ricorso del Procuratore federale meriti accoglimento nei termini e per le ragioni di seguito precisate. Giusta quanto anticipato in narrativa, viene fatta oggetto di gravame la decisione del TFN pubblicata mediante comunicato ufficiale n. 19/TFN s/s 2016-17 che ha dichiarato improcedibile il deferimento nei confronti dei sigg.riCarpeggiani Bruno, MesbahDjamelEddine, Enow Solomon, Giallombardo Andrea, Scarfagna Tiziano. Questa, in sintesi, la motivazione del Tribunale: l’art. 32 ter, comma 4, CGS prevede che “qualora il Procuratore Federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro 30 giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio comunicato all’incolpato (…)”. Ciò premesso, evidenzia il TFN, le comunicazioni di conclusione delle indagini sono state notificate ai deferiti Solomon, Giallombardo, Scarfagna, Carpeggiani, Mesbah in un periodo di tempo compreso tra il 4 e il 9 maggio 2016, mentre il deferimento è stato notificato nelle date comprese tra il 28 e il 29 luglio 2016: pertanto, conclude il Tribunale, successivamente al termine previsto dal citato art. 32 ter, comma 4, CGS, pur tenendo conto dell’indicato termine a difesa di giorni trenta. Atteso che l’art. 38, comma 6, CGS «espressamente dichiara che “tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori”, si deve ritenere che la Procura Federale avrebbe dovuto esercitare l’azione disciplinare entro il termine previsto dal suddetto art. 32 ter comma 4 CGS». Con un primo motivo di gravame la Procura federale ritiene erronea la decisione del Tribunale di prime cure laddove qualifica come perentorio il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS. Il motivo è fondato. Ritiene questa Corte che il termine di cui trattasi non possa qualificarsi perentorio. Difetta, anzitutto, una specifica ed espressa disposizione normativa in tal senso. Una lettura sistematica delle norme federali in materia disciplinare, condotta alla luce delle previsioni del codice di rito civile, induce a ritenere che ai termini previsti per l’apertura e la conclusione del procedimento disciplinare può essere attribuita natura perentoria solo se e in quanto così siano espressamente qualificati dal legislatore federale o sia previsto uno specifico effetto sanzionatorio. Occorre muovere dalla lettera della norma di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS, già ricordata e che per facilità di lettura qui si riporta: «quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore Federale, entro venti giorni dalla conclusione delle indagini, informa l’interessato della intenzione di procedere al deferimento e gli elementi che la giustificano, assegnandogli un termine per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria». Prosegue, quindi, la norma: «qualora il Procuratore Federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro 30 giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio (…)». Ora, non si può, anzitutto, che prendere atto del fatto, come già sopra osservato, che la norma non contiene una esplicita previsione di perentorietà del termine entro cui, scaduto quello assegnato per l’audizione o per la presentazione della memoria difensiva, il Procuratore federale “deve” esercitare l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio (la norma, peraltro, non senso significato, prevede, appunto, che il Procuratore “esercita” e non già “deve” esercitare l’azione disciplinare). È compito dell’interprete, dunque, qualificare il termine di cui trattasi. E qui viene, appunto, in rilievo la disposizione di cui all’art. 38, comma 6, CGS (“Tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori”) invocata dai deferiti odierni appellati e richiamata dal Tribunale di prime cure a fondamento della propria decisione. Detta norma, si applicherebbe, questo, in sintesi, l’assunto difensivo, anche al termine previsto dall’art. 32 ter, comma 4, CGS.. L’assunto non può essere condiviso. Rimessa al legislatore federale ogni eventuale valutazione in ordine alla opportunità di un espresso e più chiaro coordinamento con la norma di cui all’art. 38, comma 6, CGS, ragioni di natura sistematica, in primo luogo, inducono, allo stato, ad escludere che la perentorietà del termine 21 di cui trattasi possa desumersi dalla generale, quanto generica, indicazione contenuta nello stesso predetto art. 38 CGS. Non fosse altro che, diversamente opinando, non troverebbero spiegazione tutte quelle disposizioni disseminate nell’arco dell’intero codice di giustizia sportiva, che qualificano, appunto, come perentorio, un dato termine o sanzionano espressamente il mancato compimento di una data attività entro il termine assegnato. A partire da quella di cui all’art. 34 bis(rubricato “Termini di estinzione del giudizio disciplinare e termini di durata degli altri giudizi”): “1. Il termine per la pronuncia della decisione di primo grado è di novanta giorni dalla data di esercizio dell’azione disciplinare. 2. Il termine per la pronuncia della decisione di secondo grado è di sessanta giorni dalla data di proposizione del reclamo. 3. Se la decisione di merito è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso all’Organo giudicante di 2° grado o al Collegio di garanzia dello sport, il termine per la pronuncia nell’eventuale giudizio di rinvio è di sessanta giorni e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento al giudicante che deve pronunciarsi nel giudizio di rinvio. 4. Se i termini non sono osservati per ciascuno dei gradi di merito, il procedimento disciplinare è dichiarato estinto, anche d’ufficio, se l'incolpato non si oppone”. Così, invece, l’art. 23, comma 2, CGS, in materia di applicazione di sanzioni su richiesta delle parti: “… L’efficacia dell’accordo comporta, ad ogni effetto, la definizione del procedimento e di tutti i relativi gradi nei confronti del richiedente, salvo che non sia data completa esecuzione, nel termine perentorio di 30 giorni successivi alla pubblicazione della decisione, alle sanzioni pecuniarie contenute nel medesimo accordo”. Nello stesso senso, l’art. 32 sexies CGS (intestato “Applicazione di sanzioni su richiesta e senza incolpazione”): “… Decorso tale termine, in assenza di osservazioni, l’accordo acquista efficacia e comporta, in relazione ai fatti relativamente ai quali è stato convenuto, l’improponibilità assoluta della corrispondente azione disciplinare, salvo che non sia data completa esecuzione, nel termine perentorio di 30 giorni successivi alla pubblicazione dell’accordo, alle sanzioni pecuniarie in esso contenute”. Se ne ricava che quando il legislatore federale ha voluto considerare perentorio un dato termine lo ha fatto (in modo specifico) espressamente, o attraverso una formale qualificazione, o per il tramite della previsione di una speciale conseguenza sanzionatoria per il caso di mancato adempimento o compimento dell’attività processuale indicata nel termine assegnato. Del resto, se l’art. 38, comma 6, CGS valesse effettivamente a qualificare come perentori tutti i termini del codice, le suddette menzionate espresse qualificazioni non troverebbero agevole spiegazione e rischierebbero di tradursi in una mera, inutiliter data, duplicazione della prima richiamata disposizione, già di per sé, secondo la prospettazione difensiva degli appellati, esaustiva e sufficiente. Occorre, dunque, rinunciare ad ogni ipotesi di ricostruzione unitaria dei termini rinvenibili nei codici di giustizia sportiva Figc e Coni, avendo il legislatore sportivo previsto termini di diversa natura, ai quali ha ricollegato (o non), di volta in volta, conseguenze diverse in ordine all’inosservanza degli stessi. E, per quanto qui segnatamente interessa, in mancanza di una sanzione specifica e diretta da ricollegare al termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS allo stesso deve essere negata natura perentoria. Sempre sul piano sistematico occorre, poi, considerare che la norma di cui all’art. 32 ter è inserita nel titolo III (“Organi della giustizia sportiva”), mentre quella di cui all’art. 38 è inserita nel titolo IV (“Norme generali del procedimento). Una siffatta collocazione sembra confortare il convincimento di questo Collegio secondo cui il riferimento, rinvenibile nella disposizione di cui all’art. 38, comma 6, CGS, alla perentorietà è effettuato ai termini indicati nello stesso art. 38 (primo tra tutti quello per la proposizione dei reclami e connessi adempimenti). Non a caso, del resto, la predetta norma è rubricata, appunto, “Termini dei procedimenti e modalità di comunicazione degli atti”. Al più il riferimento alla perentorietà di cui trattasi, anche alla luce della predetta collocazione sistematica, può ritenersi effettuato ai termini indicati per lo svolgimento della fase processuale, ma non anche a quella procedimentale o propedeutica all’instaurazione della fase contenziosa vera e propria. Del resto, è proprio in questa fase che i principi del giusto processo e parità delle parti 22 trovano la loro massima espressione ed attuazione. Pertanto, appare logico ritenere che il legislatore abbia generalmente inteso attribuire natura perentoria (solo) ai termini attraverso cui si snoda il processo e in ordine ai quali il mancato espletamento di una data attività processuale nel termine imposto è suscettibile di ledere ex se i diritti e le garanzie difensive dell’altra parte. Anche sotto siffatto profilo, dunque, la lettura della natura non perentoria del termine di cui trattasi, qui affermata, appare coerente con il sistema e non contrasta con la pronuncia n. 27/2016 del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni, invocata dagli appellati e richiamata dallo stesso Tribunale federale nazionale, considerato che l’organo di vertice della giustizia sportiva si è espresso, appunto, proprio sulla perentorietà del termine per la decisione del procedimento disciplinare, termine che, non solo è riferito al processo e non già al procedimento istruttorio, ma è anche stabilito espressamente a pena di estinzione, come già, del resto, anche affermato da alcune recentissime decisioni di questa Corte. In tale contesto complessivo di riferimento sistematico è, poi, possibile osservare che il pubblico ministero federale, i cui atti dotati di efficacia endoprocessuale esauriscono i loro effetti nella fase delle indagini preliminari, agisce come organo di investigazione caratterizzato da ampia libertà ed autonomia, seppur, ovviamente, nell’ambito del reticolato normativo dettato per tale fase. Con riguardo, in particolare, ai tempi ed ai termini dell’attività istruttoria il legislatore della riforma del codice di giustizia sportiva ha indicato delle previsioni di massima volte a regolamentare, per quanto possibile e con efficacia essenzialmente ordinatoria, il susseguirsi delle attività tipiche della fase procedimentale, ferme fatte, ovviamente, le disposizioni dettate ai fini prescrizionali. Traspare, in modo chiaro, dalle suddette indicazioni normative, l’esigenza di una definizione della fase istruttoia preprocessuale in tempi ragionevolmente brevi, esigenza, questa, più volte, del resto, affermata dalla giurisprudenza sportiva e messa in evidenza dalla dottrina in materia. Non, dunque, una illimitata discrezionalità nella determinazione della durata delle indagini nella fase che precede il deferimento, ma una cadenza temporale ordinamentale affidata al prudente apprezzamento del Procuratore federale da “adeguare” al singolo procedimento istruttorio, in relazione alla complessità della fattispecie ed alle eventuali difficoltà delle acquisizioni probatorie e compatibilmente anche con le esigenze organizzative del suo Ufficio, non facilmente valutabili all’esterno. Non ci si può, qui, esimere dall’evidenziare, seppur rapidamente ed in via incidentale, come il predetto termine di trenta giorni per l’esercizio dell’azione disciplinare dalla scadenza del termine a difesa assegnato dalla Procura si rivelerebbe, laddove ritenuto posto in modo perentorio, probabilmente inadeguato, specie laddove si tenga conto che nello stesso predetto termine la Procura federale dovrebbe esaminare le deduzioni dell’indagato, valutarne le argomentazioni difensive o sentire lo stesso in audizione (se richiesto), rivalutare il materiale probatorio acquisito alla luce delle prospettazioni e delle indicazioni formulate dall’indagato medesimo. Per ciò che concerne, in particolare, l’audizione richiesta dall’interessato è possibile osservare come la stessa sia evidentemente volta a soddisfare esigenze istruttorie dell'indagato medesimo e non già a garantire un necessario contraddittorio preliminare o consentire all’inquirente di acquisire (eventuali) ulteriori elementi a suo carico, per cui deve ritenersi che, laddove richiesta dal destinatario dell’invito a difendersi, l’audizione diventi un onere per la Procura federale.A tal proposito è bene rimarcare come la Procura federale, anche in sede di acquisizione ante causam di materiale istruttorio, agisce pur sempre nell’esercizio di una funzione obiettiva e neutrale, avvalendosi di un regime probatorio che sposta al momento del processo le esigenze del contraddittorio pieno; regime, questo, non solo correlato a quella che è la natura stessa delle sue funzioni, ma anche non sovrapponibile agli schemi civilistici fondati sul principio dell’onere della prova piena da parte dell’attore, né a quelli penalistici volti ad anticipare alla fase del procedimento le garanzie tipiche della fase contenziosa piena. In altri termini, sotto questo angolo visuale, la perentorietà del termine di cui trattasi sembra in contrasto, non solo con il principio della obbligatorietà dell’azione disciplinare desumibile dallo stesso art. 32 ter CGS (azione, cioè, da esercitarsi obbligatoriamente in presenza di un minimo di fumus di fondatezza della fattispecie illecita accertata e di sufficienza di elementi probatori atti a sostenere l’accusa in giudizio), ma anche con lo stesso interesse dell’indagato, le cui garanzie difensive sarebbero frustrate laddove non si riconoscesse alla Procura federale la (concreta) possibilità di esaminare gli elementi e documenti a discarico dallo stesso offerti nella memoria 23 difensiva o in sede di audizione, specie in procedimenti complessi, quali quelli, come il caso di specie, che coinvolgono un numero consistente di indagati, le cui posizioni si intrecciano e nelle quali, dunque, le deduzioni di uno possono anche influire sulla posizione di altro coindagato. La lettura della natura non perentoria del termine di cui trattasi, dunque, non incide in alcun modo sulle garanzie difensive dell’indagato. Anzi. La previsione di una fase pre-processuale è volta, da un lato, a proteggere la funzione del pubblico ministero federale, nel senso di sollevarlo dal disagio di un deferimento in difetto di sufficienti elementi idonei a sostenere la responsabilità dell’incolpato, dall’altro, a garantire l’indagato di non essere portato a giudizio in ipotesi in cui non vi siano sufficienti elementi probatori da cui desumere la responsabilità dello stesso. Il Procuratore federale deve, dunque, muoversi con equilibrio tra le opposte esigenze connesse, l’una, all’obbligo di richiedere l’accertamento della responsabilità dell’indagato (considerata l'obbligatorietà e la irretrattabilità dell'azione di cui trattasi e vista l'indisponibilità del bene tutelato, quella della pubblica accusa federale deve considerarsi, con riferimento all’ordinamento sportivo nel cui ambito ci troviamo, quale azione iurispublici al pari dell'azione penale), l’altra, all’esigenza di non gravare inutilmente la posizione dell’indagato, portando fino al processo notizie di illecito che, all’esito dell’attività istruttoria, si rivelino prive di fondamento o, quantomeno, incapaci di reggere al confronto contenzioso. In tale direzione, non vi è dubbio che, pur essendo inconfutabile l'interesse dell’ordinamento federale al corretto esercizio della funzione inquirente e, quindi, della repressione delle condotte illecite, lo stesso non può, tuttavia, soverchiare l'interesse del tesserato a non sopportare l'onere di un processo manifestamente inutile. Da qui il necessario contemperamento delle due esigenze che vede il suo momento di maggior rilievo proprio nello spatiumdeliberandi esistente tra le difese presentate dall’indagato dopo l’avviso di conclusione delle indagini ed il concreto esercizio dell’azione disciplinare. Alla Procura federale, infatti, organo neutrale e indipendente, che agisce nell’interesse dell’ordinamento e a fini di giustizia, è demandata la ricerca delle prove tanto a carico, quanto a discarico.Del resto, nello svolgimento della sua autonoma e discrezionale attività di indagine, funzionalizzata alla verifica della non manifesta infondatezza dell'evento illecito di cui è venuto a conoscenza, il Procuratore federale è tenuto, al pari del Pubblico ministero penale, a svolgere accertamenti anche su fatti e circostanze a favore del presunto responsabile. E l’importanza della decisione di archiviazione o di esercizio dell’azione disciplinare (deferimento e archiviazione rappresentano, in alternativa, l’effetto ineludibile del carattere necessario dell’azione intestata alla Procura) che assumerà il Procuratore federale riveste ancora maggiore rilievo sol che si consideri come, nell’ordinamento sportivo, non è prevista una verifica sulle determinazioni, appunto, in ordine allo svolgimento dell'azione, da parte di un diverso organo di natura giurisdizionale, come accade, invece, nell’ambito dell’esercizio dell’azione penale. È, dunque, senza dubbio interesse, per quanto detto, tanto dell’ordinamento, quanto dell’indagato, consentire che, in contesti procedimentali complessi e con più parti, quale quello oggetto del presente giudizio, la Procura federale possa disporre di un congruo spazio temporale al fine di verificare, alla luce, lo si ribadisce, delle argomentazioni difensive e della documentazione offerta dall’indagato, se sussistano effettivamente o meno quegli elementi probatori idonei a sostenere l’accusa in giudizio che lo stesso legislatore federale ha posto quale presupposto per l’esercizio dell’azione disciplinare. Si osservi, più in generale, come il procedimento della Procura federale non rivesta di certo natura di procedimento amministrativo e, del pari, come non rivesta di certo natura giurisdizionale vera e propria. Pertanto, al procedimento istruttorio di cui trattasi, se non sono applicabili i principi fondamentali che oggi regolano l'esercizio della funzione amministrativa tipicamente intesa (a titolo esemplificativo, accesso e contraddittorio, se non nei limiti delle specifiche disposizioni federali), non sono neppure applicabili principi e regole tipiche della fase processuale in senso stretto intesa. Si tratta, come detto, di una sequenza di attività successive legate da un ordine logico e funzionali al raggiungimento di un obiettivo (accertare la sussistenza o meno dei presupposti per l’esercizio dell’azione disciplinare di responsabilità). Fase, questa procedimentale-istruttoria collegata a quella (eventuale) successiva strutturata secondo le regole proprie di ogni processo, a cominciare da quella dell’assoluta parità delle parti e pienezza del contraddittorio. Un 24 avvicinamento, dunque, per gradi al giudizio, attraverso fasi caretterizzate da esigenze diverse e discipinate da differenti regole. Sotto diverso profilo, sia consentito anche osservare come l’affermazione della perentorietà del termine di cui si discute condurrebbe ad un esito abnorme (proscioglimento dell’indagato) in una fase che, come detto, non è neppure ancora quella cognitiva. L’indagato, in altri termini, ne trarrebbe un effetto sostanziale che andrebbe sicuramente al di là delle ragionevoli previsioni del sistema procedimentale nel cui ambito il termine di cui trattiamo è incardinato.La declaratoria di improcedibilità, nella fattispecie, vestirebbe natura ed effetti di “proscioglimento”, a fronte, invece, della inosservanza di un termine di natura esclusivamente (pre-)processuale. In tale direzione, in fattispecie, ovviamente, solo in parte assimilabile a quella che qui ci occupa, la giurisprudenza di legittimità ha affermato, in tema di verifiche tributarie, che «il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, né la nullità di tali atti può ricavarsi dalla ratio delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell'Amministrazione» (Cassazione, sez. trib., 5 ottobre 2012, n. 17002). Analogamente, come detto, apparirebbe, francamente, eccessiva la sanzione della improcedibilità dell’azione disciplinare volta all’accertamento (ed alla eventuale conseguente condanna) dell’indagato per il solo superamento (di qualche giorno) di un termine, a fronte del disagio arrecato all’indagato medesimo dall’assoggettamento, per qualche giorno in più di quanto indicato nella previsione normativa, alla mera incertezza dell’esercizio o meno dell’azione disciplinare nei suoi confronti. Richiamati i profili finalistici dell'azione di responsabilità disciplinare, comunque conformati, nei tratti essenziali, agli istituti civilistici, intesi a tutelare l'esigenza che l’adesione alla Federazione sia utilizzata per il raggiungimento di fini propri e non già per finalità illecite, unitamente con l'esigenza di sanzionare le condotte devianti dai fondamentali principi posti dall’ordinamento federale, occorre, ancora una volta, osservare come non sia prevista alcuna decadenza del potere del Procuratore federale di emettere l'atto di deferimento in giudizio per il mancato rispetto del termine di cui trattasi. Anzi, l'imposizione di un obbligo di alternativamente emettere l'atto di citazione o disporre l'archiviazione, ha fatto affermare a consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti, a proposito del procedimento erariale per certi versi assimilabile, sotto gli aspetti qui in rilievo, a quello disciplinare-sportivo, «che detto potere (rectius, obbligo) permane pur dopo la scadenza del termine, non potendosi logicamente e sistematicamente ammettere che l'attività istruttoria del Procuratore regionale non abbia alcun esito né positivo né negativo» (Corte dei Conti, sezioni riunite, 9 marzo 2005, n. 1), per poi concludere che «gli effetti della mancata osservanza del termine ordinatorio vanno individuati di volta in volta in relazione alla natura dell'atto rispetto al quale il termine è stabilito, ovvero al mancato rispetto del termine fissato dal giudice nel provvedimento di proroga ovvero mediante il collegamento a termini fissati per altri atti connessi», con la inequivoca precisazione che, in ogni caso, «la pronuncia del giudice dovrà essere di natura meramente processuale, con esclusione di effetti diretti sul diritto sostanziale». Del resto, non è casuale che l'ordinamento federale tenga ben distinti i termini di prescrizione e di decadenza dai termini procedimentali, come quello di trenta giorni per emettere l'atto di deferimento a giudizio, in quanto (solo) i primi, a differenza degli altri, operano sul piano del diritto sostanziale. Posta dunque la natura procedimentale del termine di trenta giorni di cui trattasi deve escludersi che lo stesso abbia natura perentoria con effetti decadenziali. Di conseguenza, al suo mancato rispetto non può ricollegarsi l'effetto della improcedibilità della “intempestiva” citazione a giudizio. La ratio di tale conclusione è anche desumbile dalla semplice, quanto inequivoca, considerazione che, diversamente ragionando, l'azione della Procura federale sarebbe limitata e compressa da un ulteriore e ben più penalizzante limite (di natura decadenziale) rispetto a quello ben più lungo legato alla prescrizione, limite incompatibile con le prima ricordate finalità ordinamentali del giudizio di responsabilità disciplinare. A tale conclusione non è di ostacolo il principio costituzionale di ragionevole durata del processo, atteso che il diritto di accesso ai tribunali, previsto dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, con disposizione cui il giudice 25 italiano deve dare applicazione a norma dell'art. 117 Cost., implica l'esigenza di evitare che un'interpretazione troppo formalistica delle regole di procedura dettate dalla disciplina nazionale impedisca l'esame nel merito dell’eventuale incolpazione (cfr. Cassazione, sez. VI, 8 maggio 2012, n. 7020). In definitiva, questa Corte ritiene che il termine di cui trattasi possa essere qualificato come acceleratorio. La necessità di definizione della fase preprocessuale riflette, infatti, non vi è dubbio, l’esigenza di tutela del soggetto sottoposto alle indagini volte all’accertamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’esercizio dell’azione di responsabilità a vedere risolta una situazione di incertezza che incide sulla sua vita associativa e, sovente, anche di relazione, con un provvedimento di archiviazione oppure con il deferimento, provvedimento, questo, a partire dal quale le sue garanzie difensive trovano la massima espansione, in applicazione dei principi del giusto processo e di quello, in particolare, dell’accertamento della responsabilità nel contesto di un contraddittorio pieno, proprio della fase di cognizione. Nel contempo, tuttavia, è chiara l’insistenza di altra esigenza, quella della repressione delle condotte che si pongano in contrasto con la nomativa federale, così come altrettanto chiaro l’interesse alla giustizia, in generale, ma anche nello specifico, essendo, come detto, interesse, appunto, non solo dell’ordinamento, ma anche del singolo indagato consentire una adeguata valutazione del complessivo materiale istruttorio al fine della adozione del provvedimento di archiviazione o di esercizio dell’azione disciplinare, onde evitare tanto un inutile dispendio di attività processuale, quanto un inutile onere ulteriore di difesa in capo all’indagato, nelle ipotesi in cui, all’esito delle rappresentazioni difensive dello stesso (o degli altri coindagati), possano ritenersi sussistenti gli elementi per escludere la responsabilità dell’indagato medesimo, o, comunque, insussistenti sufficienti elementi per sostenerne l’accusa in giudizio. La sede è impropria per richiamare una seppur sintetica ricostruzione dottrinaria del termine processuale, ma non appare inutile, ai fini propri del presente giudizio, ricordare che nel nostro panorama giuridico il “termine” indica il periodo di tempo entro cui, secondo la disposizione di legge o il provvedimento del giudice, un determinato atto debba o possa essere compiuto, così divenendo, il termine medesimo, un requisito dell’atto o un fatto giuridico, strutturalmente autonomo e caratterizzato da una propria efficacia (di tipo estintivo o meno a seconda della classificazione perentoria o ordinatoria allo stesso assegnata). La locuzione “perentorio” conduce poi, attraverso un breve esame etimologico, alla perenzione, ossia a quel tipico effetto di cancellazione di quanto già realizzato. Insomma, il termine perentorio può essere inteso come quella condizione che, in caso di inosservanza dello stesso, conduce, come effetto ipso iure, alla decadenza del correlato diritto. Ecco perché dottrina e giuisprudenza definiscono come perentorio quel termine stabilito, appunto, a pena di decadenza. La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare come i termini del procedimento disciplinare siano «da qualificarsi — di regola — ordinatori e non perentori, ad eccezione di quelli previsti per l'inizio e la conclusione del procedimento stesso nonché di quello massimo di 90 giorni che può intercorrere tra un atto e l'altro del procedimento. Più in generale, i termini del procedimento disciplinare devono intendersi ordinatori in tutti i casi in cui la fonte regolatrice del rapporto non commini — in caso dell'inosservanza degli stessi — effetti decadenziali, in relazione al principio sancito dall'art. 152 c.p.c.» (così, ad esempio, TAR Lazio, sez. I, 14 febbraio 2012, n. 1491). «Il carattere ordinatorio o perentorio dei termini stabiliti in materia di procedimento disciplinare a carico di pubblici dipendenti discende dagli effetti che la fonte regolatrice del rapporto ricollega alla loro osservanza, tenuto conto che, in base al principio sancito dall'art. 152 c.p.c., i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori tranne che la legge stessa li dichiari perentori; per quanto riguarda le norme degli artt. 16 e 17, d.lg. 30 ottobre 1992 n. 449, esse hanno chiara natura ordinatoria non essendo prevista alcuna decadenza nell'ipotesi di loro inosservanza» (Consiglio di Stato, sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2189). Ne consegue che il mancato rispetto di un termine non perentorio non può determinare effetti invalidanti dei provvedimenti adottati (nel caso di specie, deferimento), fermo restando, peraltro, che «l’azione di responsabilità amministrativa può essere riproposta, salva la prescrizione quinquennale, per i medesimi fatti e nei confronti dei medesimi soggetti, anche dopo una pronuncia 26 di inammissibilità dell'azione per il superamento del termine di proposizione dell'atto di citazione» (Corte dei Conti, sez. giurisd. Lazio, 6 marzo 2012, n. 270). Analogamente, in materia tributaria si è osservato che «ogni decadenza non può che essere testuale, dovendo essere espressamente sancita dalla legge, ai sensi dell'art. 152 c.p.c., comma 2, sicchè, in mancanza di un'esplicita previsione, il termine normativamente stabilito per il compimento di un atto, ha efficacia meramente ordinatoria ed esortativa, ovverosia costituisce un invito a non indugiare, e l'atto può essere compiuto dall'interessato o dalla stessa Amministrazione fino a quando ciò non gli venga precluso dalla sopravvenuta prescrizione del relativo diritto» (cfr. Cassazione, sez. tributaria, 8 maggio 2013, n. 10761; Cassazione, n. 12259 del 2010; Cassazione, sez. unite, n. 21498 del 2004). In breve, mentre il termine perentorio è strettamente correlato alla decadenza, per quello ordinatorio il decorso del termine non spiega una incidenza sull’atto a quo, ma solo un effetto relativo su quello ad quem. La differenza tra termini perentori e ordinatori, allora, non risiede tanto nell’effetto della loro inosservanza, connaturata in entrambi i casi, ma nella modalità di realizzazione di tale effetto: ipso iure, in un caso; previa valutazione discrezionale del giudice, nell’altro. In applicazione pratica di tali principi di autorevole elaborazione giurisprudenziale, dai quali questa Corte non intende discostarsi, deve concludersi che il termine in questione ha, come detto, natura sollecitatoria e non già perentoria. Si tratta, cioè, di un termine volto ad assicurare la speditezza dei corrispondenti itineraprocedimentali, ossia un certo ritmo allo svolgimento del procedimento, in funzione di un equo contemperamento delle molteplici esigenze prima richiamate e di una celere definizione dei procedimenti istruttori, volti ad assicurare al giudizio, rapidamente, per quanto possibile, tesserati ritenuti responsabili di violazioni disciplinarmente rilevanti e, nel contempo, a scongiurare un inutile aggravio di attività processuale e di onere di difesa per l’indagato che, all’esito di una adeguata ponderazione del complessivo materiale istruttorio acquisito, risulti non imputabile della violazione in relazione alla quale è stato iscritto nell’apposito registro. Pertanto, all’eventuale infruttuoso decorso del termine di cui trattasi l’ordinamento sportivo non assegna una specifica sanzione di decadenza o una data efficacia preclusiva, non avendo previsto la produzione di un determinato effetto giuridico con ricaduta sulla (inammissibilità della) instaurazione del giudizio. Certo è, per contro, che la Procura federale è tenuta alla osservanza di detto termine, pur previsto dal sistema: disattendere il termine acceleratorio di cui trattasi (come nel caso di specie) per pochi giorni o in occasione di procedimenti complessi con molteplici indagati le cui condotte violative risultano tra loro intrecciate, è eccezione che l’ordinamento è in grado di assorbire e tollerare, alla luce delle specifiche variegate esigenze di cui si è detto; un sistematico mancato rispetto dello stesso predetto termine denoterebbe, invece, una insufficienza (per “definizione”, per così dire) del termine di cui trattasi oppure una disfunzione dell’organizzazione dell’attività investigativa, con la connessa esigenza di un eventualmente apposito esame e valutazione nelle opportune sedi istituzionali. Sotto ulteriore profilo, diversamente ritenendo e considerando, quindi, perentori tutti i termini che regolano lo svolgimento della fase procedimentale, che precede, cioè, l’eventuale giudizio innanzi al giudice sportivo, si dovrebbe ritenere perentorio, a titolo meramente esemplificativo, anche quello di cui all’art. 32 quinquies, comma 4, CGS, che così recita: “Il Procuratore federale, concluse le indagini, se ritiene di non provvedere al deferimento, comunica entro dieci giorni il proprio intendimento di procedere all’archiviazione alla Procura generale dello sport. Ferme le attribuzioni di questa, dispone quindi l’archiviazione con determinazione succintamente motivata.”. Orbene, se il Procuratore federale non comunicasse il suo intendimento di archiviare entro cinque giorni ed il termine, per effetto del richiamo all’art. 38, comma 6, CGS, dovesse reputarsi perentorio, l’eventuale archiviazione successivamente disposta dovrebbe reputarsi inammissibile o la Procura decaduta da tale possibilità. Con la conseguenza che il Procuratore dovrebbe procedere necessariamente al deferimento, avendo consumato la possibilità di optare per l’archiviazione? Evidente, il paradosso, che smentice anche l’assunto secondo cui la perentorietà dei termini è posta a garanzia dell’indagato o dell’incolpato. 27 Ed allora, riepilogando, l’art. 32 ter, comma 4, CGS, non qualifica espressamente come perentorio il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare (trenta giorni dalla scadenza dei termini a difesa assegnati dalla Procura federale con l’avviso di conclusione delle indagini). Occorre, pertanto, desumerne la natura in via necessariamente interpretativa. Orbene, in tale prospettiva occorre ricercare il dato, il riferimento positivo, nell’ambito, anzitutto, del codice di giustizia sportiva. In tale direzione, tuttavia, deve escludersi, per quanto detto, la possibilità di considerare perentorio detto termine in virtù del mero richiamo all’art. 38, comma 6, CGS. Soccorre, allora, una interpretazione di tipo logico-sistematica che, come detto, sembra portare ad escludere la natura perentoria del termine di cui trattasi. In breve, in difetto di qualificazione, da parte dell’ordinamento federale, della natura del termine de quo occorre riferirsi, per espresso disposto della norma di cui all’art. 1, comma 2, CGS, alle disposizioni del codice di giustizia sportiva del Coni. Così, infatti, recita la predetta norma: “Per tutto quanto non previsto dal presente Codice, si applicano le disposizioni del Codice della giustizia sportiva emanato dal CONI”. Nel predetto codice Coni non vi è alcuna norma che qualifichi come perentorio il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare entro i trenta giorni dalla scadenza dei termini a difesa di cui si è detto. Né, per inciso, risulta esservi una norma replica dell’art. 38, comma 6, CGS. Non rimane, pertanto, che rifarsi alla disposizione di cui all’art. 2, comma 6, CGS Coni che prevede espressamente che “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”. Per l’effetto del combinato disposto delle norme di cui agli artt. 1, comma 2, CGS Figc e 2, comma 6, CGS Coni la disposizione di riferimento è, dunque, quella dettata dall’art. 152 c.p.c. (rubricato “Termini legali e termini giudiziari”), che così recita al comma 2: “I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”. Detta disposizione reca un principio generale del nostro ordinamento giuridico (cfr. anche Consiglio di Stato, sez. VI, 30 dicembre 2014, n. 6430; Consiglio di Stato, sez. V, 7 luglio 2014, n. 3431), con la conseguenza che, non essendo dichiarato espressamente perentorio, tale non può essere considerato il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS. È, infatti, principio generale dell’ordinamento giuridico quello secondo cui è perentorio il termine stabilito a pena di decadenza, inammissibilità, improcedibilità e tale è dichiarato dalla legge (o dal Giudice nei casi consentiti dalla legge medesima).Riprendendo un arresto giurisprudenziale, che questo Collegio condivide, «gli artt. 152 e 156 c.p.c., traducono principi generali applicabili a tutti i procedimenti salvo che per essi non sia diversamente disposto o che la norma generale non possa trovare applicazione per incompatibilità» (Cassazione, sez. V, 27 giugno 2011, n. 14020). È vero che l’espressa qualificazione normativa può anche mancare, potendosi, la perentorietà di un termine, desumersi dallo scopo e dalla funzione che esso è chiamato a svolgere o dagli effetti riconnessi dalla legge al suo infruttuoso decorso (cfr. Corte Costituzionale, 1 aprile 2003, n. 107; Cassazione, 5 marzo 2004, n. 4530). In particolare, di recente la Suprema Corte, nella sentenza, resa a sezioni unite, 23 settembre 2014, n. 19980 (richiamata sia dall’accusa, che dalla difesa) ha affermato che la perentorietà può anche desumersi «dalla considerazione dello scopo» e «l’espressa qualificazione può anche risultare dal carattere del termine e, in particolare, dagli effetti che l’inutile decorso di esso produce secondo l’espressa sanzione normativa». Orbene, a tal riguardo, il termine posto dall’art. 32 ter, comma 4, CGS, non è, come detto, espressamente qualificato come perentorio e detta sua asserita natura non è desumibile da altri indici, quali l’espressa previsione di una data conseguenza sanzionatoria. Nel caso di specie, insomma, come anche correttamente evidenziato dalla Procura federale in sede di discussione, difetta tanto la formale qualificazione, quanto il riferimento ad un espresso effetto sanzionatorio: c’è la norma-precetto, manca la norma-sanzione. Tutte le suesposte considerazioni conducono questa Corte ad escludere che il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS, in rilievo nel presente giudizio, abbia natura perentoria. Con la conseguenza, dunque, che l’inosservanza dello stesso, nei termini e nei limiti sopra precisati, non comporta l’improcedibilità del deferimento emesso oltre lo stesso. Con il secondo mezzo di doglianza la Procura federale censura, comunque, la decisione di prime cure nella parte in cui ritiene che il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare decorra, 28 per ciascun deferito, dal momento di comunicazione allo stesso dell’avviso di conclusione delle indagini. Anche questo motivo è fondato. La disposizione normativa in materia fa riferimento alla “scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria”, disciplinando, con ogni evidenza, l’ipotesi di procedimento disciplinare aperto nei confronti di un solo indagato. Difetta, invece, una esplicita disciplina per l’ipotesi del procedimento con pluralità di indagati. Pertanto, occorre desumere in via interpretativa la disciplina applicabile alla fattispecie, che, ai sensi del combinato disposto delle norme, già sopra richiamate, di cui all’art. 1, comma 2, CGS Figc e 2, comma 6, CGS Coni deve essere rintracciata nel codice di rito civile. Orbene, detto impianto codicistico (e, segnatamente, per quanto qui rileva, le norme di cui agli artt. 165, comma 2, 347 e 369, comma 1, c.p.c.) prevede, appunto, che il termine decorra dall’ultima delle notifiche effettuate. In particolare, recita l’art. 165, comma 2, c.p.c., “se la citazione è notificata a più persone, l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione”. Detta norma, nel disporre che “l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione”, «non soltanto precisa che, in tal caso, si verifica una protrazione delle formalità, di cui la costituzione dell'attore si compone; ma è altrettanto significativo del fatto che il differimento di questa modalità implica anche il logico differimento del termine stesso di costituzione a decorrere dall'ultima notificazione» (Cassazione, 18 gennaio 2001, n. 718). Tesi, questa, inaugurata da Cassazione 6 novembre 1958, n. 3601, secondo cui l'art. 165, comma 2, c.p.c. nell'affermare che “se la citazione è notificata a più persone l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione”, intendeva differire non solo tale formalità, ma anche i termini per la costituzione dell'attore e, senza dubbio, più convincente, anche per le ragioni di seguito meglio precisate. Non è, anzitutto, consentito all’interprete ritenere che l’art. 165, comma 1, c.p.c. permetta di affermare che, nel caso di più notificazioni, il dies a quo deve essere individuato nella prima notificazione. Anzi, il comma 2 della medesima disposizione, con gli incisi “se la notificazione è notificata a più persone” e “dall’ultima notificazione” sembra imporre, più che suggerire, all’interprete di cristallizare il dies a quo dall’ultima delle notifiche, e non già dalla prima. Si aggiunga che, in sede processuale di valutazione degli atti, occorre privilegiare la sostanza sulla forma e, dunque, ritenere valido l’atto nei casi in cui abbia raggiunto il suo scopo e sia funzionale alle esigenze allo stesso sottese. Tale ricostruzione ermeneutica appare anche in linea con evidenti ragioni di logica-giuridica e di economia processuale. Diversamente opinando, del resto, se anche nel processo pluriparte il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare dovesse farsi decorrere dal primo avviso di comunicazione di conclusione delle indagini, ne conseguirebbe un effetto, per certi versi, paradossale, che imporrebbe alla Procura federale di emettere tanti deferimenti per quanti sono gli indagati da mandare a processo. Conclusione, questa, che, nel contempo, risulterebbe sia irragionevole, sia contraria tanto all’interesse di ciascun incolpato, quanto all’interesse superiore della giustizia ed al principio di economia del giudizio. È, infatti, di certo, interesse dell’ordinamento federale esaminare in un unico giudizio, ai fini dell’accertamento della responsabilità disciplinare personale di ciascuno, il complessivo materiale probatorio acquisito dagli inquirenti e che inevitabilmente, sebbene in parte, intreccia o può intrecciare le posizioni di tutti i soggetti deferiti o di alcuni di essi. Nel caso di istruttoria unica si realizza una connessione soggettiva e oggettiva delle vicende, dei fatti, delle condotte e delle circostanze che coinvolgono i singoli soggetti sottoposti al procedimento: unico (o, comunque, comune a più deferiti), dunque, il materiale istruttorio, unitario e congiunto è opportuno che sia l’esame dello stesso e delle singole posizioni disciplinari dedotte in giudizio. Ciò non significa, come già più volte affermato dalla giurisprudenza endofedereale, che singole posizioni, per ragioni eccezionali o, comunque, particolari, possano (o debbano) essere stralciate. Ma, nello stesso tempo, non nutre alcun dubbio, questo Collegio, che è anche interesse degli incolpati poter esaminare, in modo integrale, le emergenze probatorie complessivamente acquisite dalla Procura e di quelle offerte a discarico da ciascun incolpato, unitamente alle argomentazioni difensive degli stessi, al fine di potersi difendere da tutti gli elementi che potenzialmente possono 29 incidere sfavorevolmente in ordine all’accertamento della responsabilità dello stesso e, contemporaneamente, desumere dal predetto materiale eventuali utili elementi a discarico. Senza dire, ancora, che, fino alla scadenza dell’ultimo termine a difesa assegnato agli indagati, l’organo inquirente potrebbe acquisire documenti, elementi e argomentazioni difensive di un indagato che potrebbero rivelarsi utili anche per la posizione di altro o altri coindagati, tanto da poter anche giungere, in ipotesi, all’archiviazione dell’azione nei confronti dello stesso o di alcuni degli indagati. Né possono, a supporto della tesi contraria, essere richiamate generiche esigenze di celerità dei procedimenti e di rapida celebrazione dei processi, essendo evidente che, laddove si ritenesse che il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare decorra dalla notifica dell’anzidetta comunicazione a ciascun indagato, ne deriverebbe una moltiplicazione dei giudizi, con un inutile e diseconomico dispendio di attività giudiziaria e con connesso inevitabile rallentamento della celebrazione dei processi e dell’accertamento delle responsabilità di ciascuno. In altri termini, l’instaurazione di diversi autonomi processi, con riferimento a fattispecie complesse, specie se con molteplici tesserati coinvolti, produrrebbe una proliferazione di procedimenti, che rallenterebbero, anziché accelerare, il corso della giustizia sportiva, con evidente vulnus al principio di economia processuale e potenziale lesione del principio di efficienza dell’azione disciplinare e celerità dei procedimenti, cui tutto l’ordinamento sportivo è informato. E, ancora, non si può neppure affermare che, così argomentando, si lascerebbe l’indagato alla mercè di una valutazione meramente discrezionale dell’organo inquirente, atteso che, in ogni caso, a garantire tempi certi per la definizione del procedimento disciplinare, vi è, appunto, il termine per la decisione di primo grado che deve, comunque, intervenire, a pena di estinzione, come noto, entro novanta giorni dal deferimento a giudizio. Del resto, occorre anche considerare che quello della notificazione è un procedimento e, come tale, deve essere considerato unitario, una sequela di atti tra loro correlati. Se, dunque, il procedimento di notificazione è unitario, non sembra possibile immaginare una formazione progressiva della fattispecie rappresentata dalla finalità dello stesso, costituito dalla rituale instaurazione del giudizio. Anche l'interpretazione finalistica della norma, dunque, tenuto conto delle peculiarità della fattispecie e delle specifiche (sopra in sintesi ricordate) molteplici esigenze del procedimento disciplinare sportivo depone nel senso di ancorare all’ultima notificazione la decorrenza del termine per la concreta emissione dell’atto di deferimento. Una siffatta interpretazione non lede né il principio della durata ragionevole del processo, nè il diritto di difesa delle parti. D’altronde, la soluzione qui accolta è comunque idonea ad assicurare i principi inderogabili del contraddittorio, ex art. 101 c.p.c. ed art. 24 Cost. Anzi, a ben vedere, realizza un equo contemperamento delle molteplici esigenze che insistono sulla fattispecie, oltre che degli interessi della parte pubblica (accusa federale) e di quelle private. La decorrenza del termine dall’ultima notifica appare anche più funzionale, per quanto già osservato, al complessivo esercizio del diritto di difesa di ognuno dei deferiti, oltre che alle esigenze di economia processuale. Da ultimo, ritiene questa Corte, inconferente il richiamo della difesa alla decisione n. 58 del 2016 del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni, secondo cui i termini per il valido esercizio dell’azione disciplinare decorrerebbero dalla prima notifica. Invero, la fattispecie oggetto del giudizio che ha trovato, poi, esito nella predetta decisione è del tutto differente da quella che costituisce oggetto del presente giudizio disciplinare. Il Collegio di Garanzia ha, infatti, affermato il principio secondo cui, nel caso di reiterazione di un deferimento, in origine viziato, il termine di estinzione (novanta giorni) del giudizio di primo grado decorre non già dal deferimento validamente effettuato, ma dal primo seppur invalidamente emesso o per qualche ragione non efficace. Ciò premesso e ritenuto, constatato che dalla documentazione in atti appare dimostrato (circostanza, peraltro, pacifica) che l’ultima notifica della comunicazione di conclusione delle indagini è stata effettuata al sig. Rispoli in data 30 maggio 2016, l’atto di deferimento nei confronti dei sigg.riCarpeggiani Bruno, MesbahDjamelEddine, Enow Solomon, Giallombardo Andrea, Scarfagna Tiziano risulta tempestivamente proposto. *** In conclusione, il Tribunale, all’esito di una ricostruzione interpretativa acutamente rappresentata, ma, tuttavia, non condivisibile, ha erroneamente dichiarato la improcedibilità del 30 deferimento. Il termine di cui trattasi, stabilito dall’art. 32 ter, comma 4, CGS non può, infatti, essere qualificato come perentorio e, ad ogni buon conto, anche laddove lo stesso predetto termine potesse essere considerato perentorio, l’azione disciplinare sarebbe stata, nel caso di specie, tempestivamente ed utilmente esercitata, mediante deferimento emesso nel termine indicato dalla norma che deve ritenersi decorrere dall’ultima notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini, trattandosi di fattispecie complessa e con più parti. Per l’effetto, visto l’art. 37, comma 4, CGS, che dispone che la Corte federale di appello, «se ritiene insussistente la inammissibilità o la improcedibilità dichiarata dall’organo di prima istanza o rileva la violazione delle norme sul contraddittorio annulla la decisione impugnata e rinvia all’Organo che ha emesso la decisione, per l’esame del merito», questa Corte, annulla la decisione appellata dalla Procura federale nella parte in cui il TFN ha erroneamente dichiarato la improcedibilità del deferimento nei confronti dei sigg.riCarpeggiani Bruno, MesbahDjamelEddine, Enow Solomon, Giallombardo Andrea, Scarfagna Tiziano e rinvia all’Organo che ha emesso la decisione, per l’esame del merito. Per questi motivi la C.F.A., accoglie il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale e in parziale riforma della decisione impugnata, vista la disposizione di cui all’art. 37, comma 4, ultimo periodo, C.G.S., annulla la predetta decisione nella parte in cui dichiara improcedibile il deferimento nei confronti dei sigg.riCarpeggiani Bruno, MesbahDiamelEddine, Enon Solomon, Giallombardo Andrea e Scarfagna Tiziano, rinviando al Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - per il relativo esame di merito.
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