COMITATO REGIONALE CAMPANIA– STAGIONE SPORTIVA 2005/2006 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc-campania.it e sul Comunicato Ufficiale n. 101 del 18 Maggio 2006 Delibera della Commissione Disciplinare RECLAMO NUOVA SAN ROCCO FRATTESE – GARA N. SAN ROCCO FRATTESE / SUMMA RIONALE TRIESTE DEL 19.02.06 – 2^ CAT.

COMITATO REGIONALE CAMPANIA– STAGIONE SPORTIVA 2005/2006 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc-campania.it e sul Comunicato Ufficiale n. 101 del 18 Maggio 2006 Delibera della Commissione Disciplinare RECLAMO NUOVA SAN ROCCO FRATTESE – GARA N. SAN ROCCO FRATTESE / SUMMA RIONALE TRIESTE DEL 19.02.06 – 2^ CAT. La Commissione Disciplinare, visti gli atti ufficiali, letto il reclamo, rileva, in via preliminare, che la società reclamante, nonostante ritualmente convocata per ben tre volte, non si è presentata presso questa C.D., né ha giustificato le reiterate assenze. Di conseguenza, deve procedersi alla decisione sulla base esclusiva, per quanto attiene alle motivazioni della reclamante, del testo integrale del reclamo medesimo. La società Nuova San Rocco Frattese ha impugnato la decisione del Giudice Sportivo di esclusione dal Campionato di competenza, con assegnazione, da parte del Consiglio Federale, ad uno dei Campionati di categoria inferiore, oltre all’ammenda di euro duemila. Per quel che concerne i fatti, di cui alla gara in esame, questa C.D. non può esimersi dal sottolinearne la straordinaria, eccezionale gravità, di gran lunga eccedente i limiti della compatibilità con l’ambito sportivo e con i principi della civile convivenza. Nella circostanza, invero, i testi dei rapporti del direttore di gara e dell’Osservatore dell’arbitro (dunque, non uno soltanto, ma due atti ufficiali, entrambi configuranti fonte privilegiata di prova), descrivono una sequenza di fatti ed episodi di davvero indicibile gravità. Va premesso che l’Osservatore dell’arbitro, preso atto della gravità degli episodi verificatisi nella circostanza, aveva doverosamente, nel rispetto della vigente normativa, prodotto la sua relazione al Giudice Sportivo del C.R. Campania. Ebbene, l’arbitro segnala, tra l’altro ed oltre a quanto sarà specificato nel seguente testo di questa delibera, di essere stato colpito con un violento pugno al volto; di essere stato rinchiuso nello spogliatoio, laddove quattro persone, tra le quali una che si era offerta di accompagnarlo, lo “tempestavano di calci e pugni”; che l’Osservatore dell’arbitro era stato, in sua presenza, “colpito con un pugno ed un calcio ed era stato costretto a scappare, inseguito sia dalle persone” che avevano aggredito l’arbitro, “sia da alcuni (6 o 7) calciatori della Nuova San Rocco Frattese”; che l’Osservatore dell’arbitro, rientrato nello spogliatoio, “era stato vittima anch’egli di un’aggressione, infatti era stato colpito in varie parti del corpo, dove presentava numerose escoriazioni”. A sua volta, l’Osservatore dell’arbitro conferma il proditorio comportamento di chi, dopo essersi offerto di tutelare l’arbitro, lo aveva rinchiuso nello spogliatoio, dal quale provenivano le “urla di aiuto da parte dell’arbitro”; sottolinea che, entrati nella stanza, aveva visto “l’energumeno che continuava a colpire ripetutamente e violentemente l’arbitro”; che questa stessa persona aveva percosso “violentemente con schiaffi, pugni e calci… insieme a sei o sette giocatori della Nuova San Rocco” l’Osservatore medesimo; che, fuggito per un attimo all’aggressione, egli era stato rincorso, percosso ancora, sbattuto contro una porta di ferro, rincorso di nuovo e colpito con calci. Quanto al reclamo, va osservato che esso si appalesa fondato, in primo luogo, su una presunta contraddittorietà del referto arbitrale con quello dell’Osservatore dell’arbitro. Invero, la reclamante sottolinea che, mentre l’Osservatore dell’arbitro cita la presenza di “un sostenitore della Nuova San Rocco”, indebitamente entrato all’interno del terreno di gioco, l’arbitro ha refertato un’invasione di campo, a fine gara, da parte di “circa quindici persone”. Sul punto, appare del tutto evidente che l’Osservatore (che, peraltro, potrebbe non aver visto la cennata presenza di altre persone, indebitamente entrate all’interno del terreno di gioco) ha ritenuto di circoscrivere la sua descrizione dei fatti agli episodi di maggiore gravità, nella coerente considerazione che la refertazione di tutti gli aspetti della vicenda competesse al direttore di gara. Assolutamente inconferente, inoltre, si presenta il tentativo della reclamante di respingere la propria responsabilità, sulla base – invero singolare – di due assunti: 1. Che il primo aggressore dell’arbitro, non rientrante nel novero delle persone fisiche indicate nella distinta di gara della società reclamante, fosse non individuabile come “un tifoso di una delle due squadre”, o “qualche facinoroso… improvvidamente introdottosi nel campo al fine di danneggiare la società ospitante, o per puro spirito di vandalismo”; 2. Che “nessuno degli aggressori è stato identificato… nei rapporti si parla solo e soltanto di persone non identificate o di sconosciuti”. In ordine ai due assunti, va innanzitutto, sotto il profilo normativo, richiamato il dettato dell’art. 9, comma 1, C.G.S., che configura, da sempre, un autentico caposaldo del diritto calcistico in specie: “Le società sono responsabili, a titolo di responsabilità oggettiva, dell’operato e del comportamento… dei propri sostenitori…”. Orbene, per giurisprudenza consolidata e coerentemente rispettata nei decenni, non è neppure concepibile il dubbio sul collegamento alla società reclamante, sia pure in ragione del principio di responsabilità oggettiva, dei gravissimi episodi verificatisi dopo la conclusione della gara in esame. Quanto alla mancata identificazione degli aggressori, non v’è chi non veda come appaia davvero sconcertante che possa ipotizzarsi che il direttore di gara (o magari, in via sostitutiva, posto anche che ne avesse la facoltà, l’Osservatore dell’arbitro) nella circostanza dovesse procedere all’identificazione dei suoi aggressori, o anche semplicemente che sussistessero le condizioni per poter procedere all’identificazione medesima. Quanto al presunto “atteggiamento collaborativo” dei dirigenti della reclamante, anche a voler prescindere dal gravissimo comportamento omissivo da essi tenuto (dimostrato dalle aggressioni subite dal direttore di gara e dall’Osservatore dell’arbitro, senza che nessun dirigente della società avvertisse il dovere civico di un qualsivoglia intervento a difesa dei due aggrediti, nonché certificato dalla puntualizzazione arbitrale, in ordine al “totale disinteressamento della dirigenza locale”), sarà significativo stralciare uno dei brani più impressionanti (non l’unico, purtroppo) del rapporto arbitrale: “… si facevano vivi due dirigenti della squadra locale… ai quali facevo, più volte, richiesta di chiamare la forza pubblica. Essi, neanche preoccupandosi delle mie condizioni e del fatto che avevo un occhio ed il naso tumefatti e graffi su varie parti del corpo, si fingevano quasi meravigliati di questo mio insistere e mi raccomandavano solo di stare calmo, ripetendomi che niente era successo… e che la colpa dell’assenza dei Carabinieri fosse esclusivamente una mia mancanza”. La densa, melmosa gravità della vicenda trova, invero, un’appropriata sintesi nella descrizione innanzi riportata. Essa denuncia un atteggiamento privo, in primis, di una sia pur minima sensibilità umana, nei confronti di un giovane che presentava evidenti segni di violenza appena sofferta (tumefazioni; escoriazioni, o “graffi”). La stessa reclamante, peraltro, puntualizza: “Anche a voler considerare che l’aggressione sia stata perpetrata da un tifoso della Nuova San Rocco Frattese, la responsabilità… oggettiva… non può certamente portare addirittura all’esclusione dal campionato di appartenenza e retrocessione ad un campionato minore". La tesi della reclamante non può essere minimamente condivisa, neppure sotto lo specifico aspetto, appena enunciato: invero, la gravità degli episodi non consente opzione diversa, rispetto a quella congruamente determinata dal Giudice Sportivo. Quanto alla presunta “disparità di trattamento con casi simili”, la reclamante si limita a citare una vicenda, il cui episodio nodale (ed unico) si individuava in un’aggressione al direttore di gara, ad opera di un calciatore, sanzionato con un’adeguata squalifica. Orbene, non v’è chi non veda l’assoluta differenza tra le due vicende, sia sotto il profilo normativo e giuridico-sportivo, sia quanto alla gravità: invero, l’infrazione commessa dal singolo tesserato non poteva che essere punita con la corrispondente squalifica, mentre gli atti di violenza, esercitati dai sostenitori di una società, non possono essere sanzionati in modo diverso, rispetto a quello determinato sulla base del principio della responsabilità oggettiva; sotto l’aspetto, poi, della gravità dei fatti, non sussiste alcuna possibilità, neppur minima, di comparazione tra gli episodi di sconcertante, incivile, reiterata violenza, verificatisi al termine della gara in esame, ed il caso, in modo del tutto improprio indicato come “simile” dalla reclamante. Nella valutazione della vicenda, non può sottacersi la violenza psicologica, alla quale s’è fatto riferimento in precedenza. Non può non concludersi che i fatti in esame superano ed esorbitano, di gran lunga, il limite estremo di tollerabilità e di compatibilità, non solo con il regolare svolgimento dell’attività sportiva, ma anche, come già accennato, con la civile convivenza. Devono, pertanto, riconfermarsi le impugnate e segnalate sanzioni, come determinate dal Giudice Sportivo del C.R. Campania (ovvero, esclusione dal Campionato di competenza, con assegnazione, da parte del Consiglio Federale, ad uno dei Campionati di categoria inferiore, oltre all’ammenda di euro duemila). P.Q.M. DELIBERA di respingere il reclamo della società Nuova San Rocco Frattese; dispone l’addebito della tassa reclamo, non versata, sul conto della società medesima.
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