CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 16 maggio 2008 – Paolo Lombardo contro Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 16 maggio 2008 – Paolo Lombardo contro Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO ARBITRALE Prof. avv. Ferruccio Auletta Presidente Avv. Enrico Ingrillì Arbitro Cons. Silvestro Maria Russo Arbitro nominato in data 11 marzo 2008 ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (“Regolamento”), riunito in conferenza personale in data 16 maggio 2008, in Roma, sede della Camera ha deliberato il seguente L O D O nel procedimento di arbitrato promosso da: Paolo Lombardo, elettivamente domiciliato in Napoli, centro direzionale, is. A/7, presso lo studio dell’avv. Eduardo Chiacchio che, unitamente agli avv.ti prof. Andrea Guarino, Michele Cozzone e Monica Fiorillo, lo rappresenta e assiste attrice contro Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentane pro tempore, dr Giancarlo Abete, elettivamente domiciliata in Roma, via Po, 9, presso lo studio dell’avv. Mario Gallavotti che, unitamente all’avv. Luigi Medugno, la rappresenta e assiste convenuta Fatto e svolgimento del procedimento La Commissione disciplinare nazionale, con delibera pubblicata nel C.u. n. 5/CDN del 6 agosto 2007 aveva mandati assolti tutti i soggetti deferiti, tra i quali la persona di Paolo Lombardo, per l’ipotesi di illecito sportivo nella gara Ragusa vs Siracusa, disputata il 31 marzo 2007 nell’ambito del campionato di calcio di serie D – girone I; a carico di P. Lombardo, invero, in qualità di allenatore della U.S.D. Siracusa s.r.l., era stato formulato l’addebito di aver concorso con altri tesserati della medesima Società nonché della U.S. Ragusa s.r.l. ad alterare il regolare svolgimento della gara, predeterminando un risultato di parità. Avverso la decisione assolutoria il Procuratore della F.I.G.C. promuoveva l’impugnazione presso la Corte di giustizia federale. Quest’ultima, con decisione del 27 settembre 2007 (il cui dispositivo veniva pubblicato nel C.u. n. 21/CGF del 28 settembre 2007), dichiarava inammissibile l’impugnazione nei confronti della U.S. Ragusa s.r.l. e dei relativi tesserati per mancata integrazione del contraddittorio verso gli stessi da parte del medesimo Procuratore federale, viceversa pronunciando nel merito nei confronti della U.S.D. Siracusa s.r.l. e di P. Lombardo, nonché di Sebastiano Aprile e Antonio Ciccarone (questi ultimi, rispettivamente, allenatore c.d. in seconda e direttore sportivo). In particolare, accogliendo il ricorso del Procuratore federale e riformando la decisione impugnata, la Corte dichiarava la responsabilità dei predetti ai sensi degli artt. 7, commi 1 e 4, e 4, comma 2, C.G.S., applicando a P. Lombardo e S. Aprile la sanzione della squalifica per anni 3 (tre), a A. Ciccarone la sanzione della inibizione per anni 3 (tre), e, infine, alla Società -ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. g), C.G.S.- la sanzione della penalizzazione nella classifica della stagione sportiva 2007/2008 di punti sei (6) in classifica. Dato atto dell’avvenuto esperimento infruttuoso del procedimento conciliativo, P. Lombardo ha promosso istanza di arbitrato in data 21 febbraio 2008, chiedendo «l’accertamento e a declaratoria dell’illegittimità e dell’infondatezza della decisione della Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C.» e «per l’ effetto, la declaratoria di integrale annullamento dell’ impugnato provvedimento della Corte di Giustizia Federale», oltre alla «vittoria di spese». La parte istante ha fondato le richieste sopra i seguenti motivi: 1) «inammissibilità ed improcedibilità del ricorso del procuratore federale alla Corte di Giustizia Federale […] anche nei confronti […] degli altri tesserati della U.S.D. Siracusa s.r.l., oltre che della Società medesima»; 2) «impossibilità ed inaccettabilità di una differente ed opposta valutazione probatoria delle medesime circostanze di fatto, che, per alcuni dei deferiti, determinino un giudicato di proscioglimento e, per gli altri, invece, costituiscano il fondamento di una pronuncia di colpevolezza» ovvero «[in]utilizzabilità degli elementi probatori provenienti dai soggetti estromessi dal procedimento»; 3) «inaccettabilità ed incongruenza delle motivazioni addotte»; 4) e ciò «con precipuo riguardo per la posizione» della parte istante; 5) «nullità e/od inutilizzabilità nel procedimento, o quanto meno scarsissima rilevanza probatoria, dei referti dell’arbitro e dei suoi assistenti»; 6) obliterazione viceversa indebita «della relazione del 23 maggio 2007» dell’ Ufficio Indagini; 7) disapplicazione del criterio di giudizio c.d. «oltre ogni ragionevole dubbio». Alla istanza veniva fatta seguire la produzione di documenti, ivi incluso quello in DVD contenente la ripresa audiovisiva della gara svoltasi in data 31 marzo 2007. La F.I.G.C. assumeva, di contro, che la parte istante avesse «difetto di interesse» in relazione alla censura di ordine pregiudiziale, mentre in ordine al resto delle censure facesse difetto la fondatezza dei rispettivi argomenti, sicchè le conclusioni infine prese erano nel senso della «declaratoria di inammissibilità e, comunque, [d]el rigetto della domanda avversaria». Entrambe le parti partecipavano alla discussione davanti al Collegio, tenuta in data 4 aprile 2008, e facevano pervenire gli scritti conclusivi ivi autorizzati. All’unanimità dei voti espressi nella loro conferenza personale, gli arbitri, riuniti in Roma, sede della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, in data 16 maggio 2008, previa sottoscrizione del dispositivo ai sensi dell’art. 19 comma 4 del “Regolamento”, hanno deliberato il seguente lodo. Motivi della decisione 1. La parte istante avanza, «in via preliminare e pregiudiziale», la pretesa che questo Collegio, in guisa propria di Giudice supremo, dichiari, mutatis mutandis, che il processo endofederale non poteva essere «proseguito» (art. 382, 3° comma, c.p.c.); e ciò fa assumendo, per il vero implicitamente, che si sarebbe realizzato nel grado svoltosi presso la Corte di Giustizia Federale un caso di inammissibilità (quello per la mancata integrazione del contraddittorio verso la U.S Ragusa s.r.l. e i relativi tesserati imputabile al Procuratore federale) che, data la «strettissima correlazione», avrebbe determinato la virtuale improcedibilità del giudizio (oltre che verso quelle parti per le quali è stata effettivamente dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione) anche nei confronti delle parti viceversa adeguatamente evocate dall’appellante. La pretesa non ha fondamento. Premesso che l’istituto al quale può intendersi riferita l’argomentazione della parte istante è quello dell’art. 331 c.p.c., per cui nelle distinte ipotesi di «causa inscindibile» ovvero di «cause tra loro dipendenti» l’impugnazione comunque proposta nei confronti soltanto di alcune delle parti impedisce la decadenza se -nel termine appositamente dato dal giudice- comunque sopravviene «l’integrazione del contraddittorio», deve essere escluso che l’ inammissibilità dell’impugnazione tout court rappresenti l’esito dovuto del processo che qui occupa. Infatti, nel caso sub iudice non ricorre né un rapporto unico plurisoggettivo né una pluralità di rapporti legati da vincoli di pregiudizialità-dipendenza, poiché né l’uno né l’altro è il caso del concorso di più persone nella commissione di un illecito: non in diritto civile, laddove la fattispecie della solidarietà nelle obbligazioni è ricondotta fuori delle ipotesi di cui all’art. 331 c.p.c. e annoverata regolarmente tra le c.d. «cause scindibili» ai sensi dell’art. 332 c.p.c.; non in diritto penale, dove, in misura parimenti indiscussa, non è di certo esposta a rimedio -siccome fisiologica- la situazione di «presunta inconciliabilità della sentenza di condanna rispetto alla sentenza di assoluzione pronunciata, in un separato giudizio, nei confronti dei concorrenti nel medesimo reato» (Cass. pen., V, 25 ottobre 201, n. 8135 , in Dir. e giust., 202, 19, 78). Dunque, il fatto che l’illecito risulti integrato necessariamente dal concorso di più soggetti non importa che questi debbano tutti risultare parte necessaria del medesimo processo, potendosi viceversa procedere all’accertamento del fatto in relazione alla responsabilità di ciascuno in modo separato e senza che ciascuno possa mai risentire pregiudizio dall’accertamento condotto inter alios (rimanendo libero il giudice di procedere ad accertare, seppure in via meramente incidentale, il fatto riferibile a terzi). Peraltro, in concreto nemmeno rileva l’ipotesi che sia il diverso titolo della responsabilità che affetta la Società a richiedere (o meno) un accertamento condotto in maniera necessariamente unitaria con quello relativo alle persone fisiche dal cui comportamento illecito la sanzione applicata alla Società può oggettivamente dipendere; infatti, nella fattispecie si è data comunque trattazione e decisione unitaria per i tesserati della U.S.D. Siracusa s.r.l. e per quest’ultima, pur rimanendo distinti i titoli delle incolpazioni rispettivamente ascritte ai primi e alla seconda. Pertanto, trattandosi, a proposito delle impugnazioni promosse dal Procuratore federale nei confronti di tutte le parti originarie del processo di primo grado, di «cause scindibili», non è soggetta a giudizio virtualmente rescindente la decisione della Corte di Giustizia Federale per il fatto che abbia arrestato il giudizio per alcune di esse in limine e per altre, invece, abbia sostituito, nel merito, la sua decisione a quella della Commissione Disciplinare Nazionale. La parte istante non ha interesse, infine, a dolersi della correttezza della decisione nei confronti di altre parti del processo endofederale, pur potendosi esporre a seri dubbi la correttezza dell’operato della Corte di Giustizia Federale nella parte in cui ha proceduto senz’altro alla dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione del Procuratore federale nei confronti della U.S. Ragusa e dei relativi tesserati. 2. Venendo così agli argomenti che la difesa della parte istante spende «nel merito», ciascuno di essi è assolutamente privo di pregio e, perciò, incapace di determinare l’accoglimento della «istanza di arbitrato». 2.1. Innanzitutto, non è, come invece ritiene la difesa interessata, «illegittima» (unica categoria alla quale intende attenersi il Collegio siccome il sindacato di «inaccettabilità» o «disdicevole[zza]» della decisione federale non compete a questa sede di arbitrato) la pronuncia «secondo cui i medesimi fatti contestati dalla Procura federale nell’atto di deferimento, per alcuni tesserati, siano sfociati in un giudicato sostanziale di proscioglimento, mentre, per gli altri, siano assurti a prova indiscutibile ed insuperabile». Infatti, si tratta dell’esito naturalmente consequenziale alla ritenuta appartenenza della complessiva fattispecie al novero delle c.d. «cause scindibili», in cui il giudizio di primo grado può essere conclusivo e definitivo per alcune ovvero interlocutorio e non definitivo per altre, con l’ulteriore possibilità del contrasto in senso lato dei rispettivi giudicati. Si tratta, tuttavia, di contrasto non integrante patologia alcuna, come dimostra ogni ordinamento processuale: quello civile, onde il vizio di revocazione di una decisione per «contrarietà ad altra» è rilevante soltanto quando entrambe vertano «fra le parti» (medesimezza di parti che nel caso di specie manca); quello penale, onde si ammette il rimedio della revisione anche se il precedente irrevocabile è fra altre parti (art. 630, comma 1, lett. a), giammai però quando la contraddittorietà sia puramente «logica» e riguardi «le valutazioni effettuate nelle due decisioni» (esattamente come avviene nel caso di specie), sicchè «la Corte ha escluso che la richiesta di revisione potesse fondarsi sulla presunta inconciliabilità della sentenza di condanna rispetto alla sentenza di assoluzione pronunciata, in un separato giudizio, nei confronti dei concorrenti nel medesimo reato contestato al ricorrente» (Cass. pen., IV, n. 8135/01, cit.). Peraltro, il denunciato contrasto deve essere ulteriormente analizzato per respingere le censure della parte istante, seppure non sempre intelligibili; in particolare, la difesa della parte istante sembra non considerare che la formazione della regiudicata federale è avvenuta in maniera simultanea ma non uguale stante il carattere non sostitutivo della decisione della Corte di Giustizia Federale (poiché di contenuto soltanto rituale) nei confronti delle parti per le quali è stata dichiarata la inammissibilità dell’impugnazione, e il carattere -invece- pienamente sostitutivo del giudizio emesso per l’ affermazione di responsabilità dei soggetti dalla stessa e per la prima volta sanzionati. Ciò implica che non ha pregio quell’argomento che la difesa interessata illustra dicendo che gli elementi probatori impiegati per l’ affermazione di responsabilità «non possono essere viceversa utilizzati per attribuire a quello stesso fatto una qualificazione giuridica differente da quella sottesa al giudicato» altrimenti conferendosi ai «soggetti estranei […] una valenza obiettivamente accusatoria». Difatti, stante l’alterità dei giudici autori dei distinti giudizi -rispettivamente assolutorio e non-, la circostanza che l’elemento probatorio del secondo giudizio provenga eventualmente da un soggetto (già parte del processo, ma) non più esposto alle conseguenze ipotizzabili per la parte ulteriormente sub iudice offre garanzia di piena utilizzabilità, come è prova dirimente nell’art. 197, comma 1, lett. a), dove si dà licenza di testimone propriamente detto (cfr. art. 210, comma 1, c..p.p.) ai «coimputati del medesimo reato o [al]le persone imputate in un procedimento connesso» le volte che «nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento». 2.2. La decisione della Corte di Giustizia Federale, inoltre, è priva della denunciata «incongruenza delle motivazioni addotte», sia in generale che in particolare avendo «precipuo riguardo» alla posizione di P. Lombardo. 2.2.1. In generale: sarebbe necessario per la configurazione dell’ illecito, secondo la difesa interessata a mutuare le espressioni talvolta adoperate dalla Commissione Disciplinare Nazionale, «individuare fatti e comportamenti riferibili sia ai calciatori del Ragusa che del Siracusa, […] società della quale, non a caso, alcun giocatore è stato deferito per i fatti in contestazione»; e, si aggiunge, che «avendo il Siracusa vinto l’incontro […] viene meno qualunque possibilità di individuare un elemento probatorio a sostegno dell’intervenuto accordo» (finalizzato, nell’ipotesi accusatoria, al risultato di parità). Si tratta di considerazioni che innanzitutto muovono da una supposizione gravemente errata: che per aversi illecito sportivo devesi avere prova del concerto illecito tra tutti i calciatori senza il contributo dei quali il risultato sarebbe una variabile costantemente indipendente dall’accordo fraudolento, di per sé incapace di pervenire all’obiettivo dei contraenti; inoltre, si tratta di considerazioni che risultano prive di connessione con la motivazione della Corte di Giustizia Federale, la quale ha puntualmente e ragionevolmente escluso che rimanesse interdetto l’accertamento di responsabilità aliunde, vale a dire pur senza l’individuazione dei calciatori eventualmente partecipi dell’accordo diretto ad alterare lo svolgimento della gara, trattandosi di illecito di pericolo in cui la mera esposizione del bene protetto al rischio di offesa genera responsabilità per l’autore della condotta, che, anche quando priva di incidenza immediata e diretta sul risultato (come per definizione è la condotta tenuta da soggetti diversi dai calciatori, tutti i calciatori), può risultare in concreto punibile in quanto idonea comunque ad alterare lo svolgimento stesso della gara sportiva prim’ ancora che il suo risultato finale (un post-fatto, questo del risultato, evidentemente privo di ogni rilevanza per quanto interessa qui). La Corte di Giustizia Federale, giustamente muovendo dalla contraria (e logicamente implicita) premessa per cui anche la sola notorietà per i calciatori delle intese eventualmente raggiunte inter alios abbia idoneità a modificare lo svolgimento naturale della gara sportiva, ha elencato la serie numerosa degli indizi convergenti verso l’affermazione della responsabilità per illecito traendoli principalmente «dal rapporto dell’arbitro» (tentativo di aggressione posto in essere dal giocatore del Ragusa, A. Gulino, verso il giocatore avversario G. Romano) e dal «supplemento di rapporto» dell’ Assistente, a loro volta riscontrati da elementi ulteriori ed esterni (specialmente riferiti alle fasi successive il termine della gara, notizie di stampa incluse). Dalle fonti suddette, la Corte ha ragionevolmente tratto il convincimento che fosse intervenuto «un pregresso accordo […] finalizzato ad alterare il regolare svolgimento della gara»: convincimento che il Collegio arbitrale ritiene di condividere anche all’esito dell’accesso alla documentazione audiovisiva della gara che, sebbene non risulti tra le fonti probatorie utilizzate nella sede di giustizia endofederale, è stata regolarmente acquisita al presente procedimento, infine dando conforto alla tesi di un andamento assolutamente anomalo dell’incontro. Invero, non può rimanere irrilevante, nel complessivo contesto indiziario che la pronuncia di condanna descrive (e in cui si muovono esplicite accuse di inadempimento all’accordo, con sequela di rilevazione degli insulti tipicamente rivolti al contravventore di patti non altrimenti coercibili che con la perdita della reputazione presso l’altro contraente: trattasi della serie variegata degli epiteti che si traggono dai lemmi di tradimento, infamia e simili) come sia dato rilevare all’ osservatore del filmato della gara, quali anche gli Arbitri che qui sottoscrivono, un atteggiamento non effettivamente agonistico dei calciatori a dispetto della importanza della stessa gara per le sorti sportive dei contendenti (la possibilità di partecipare ai c.d. play-off per la promozione alla serie superiore: v. dichiarazioni di V. Pegorin al collaboratore dell’ Ufficio indagini), atteggiamento peraltro sottolineato nei commenti «in diretta» dei telecronisti e del quale costituisce seguito apparentemente in-naturale il segmento finale, viceversa fatto di comportamenti rissosi e incomprensibilmente diversi da quelli tenuti in precedenza: comportamenti spiegabili, invece, alla luce della crisi di cooperazione che l’accidentale segnatura di una rete a pochi minuti dal termine della gara aveva generato tra coloro che si erano reciprocamente ritenuti fin lì non veramente antagonisti. In questo quadro, vengono a collocarsi anche altri episodi -la cui sottolineatura da parte della difesa della F.I.G.C. non è mancata- che ictu oculi appaiono non secondare un criterio di regolarità degli avvenimenti, come quando, immediatamente dopo aver accusato la segnatura dell’ avversario, uno dei giocatori del Ragusa (distinto dalla maglia n. 5), senza esitazioni, rivolge gesti ed espressioni concitate all’indirizzo della «panchina», quasi a chiedere conto reiterato di quanto, evidentemente in modo inaspettato, era appena accaduto. E non può rimanere privo di concludenza l’argomento che il giocatore così individuato nella ripresa audiovisiva sia il medesimo -A. Ruggiero- del quale nel rapporto di gara redatto dall’assistente Patrick Pepe (doc. n. 12 di parte attrice) si dice che l’allenatore c.d. in seconda del Ragusa, Roberto Noto, abbia rivolto l’incitazione ad attaccare assumendo che, dato il goal siglato dagli avversari, questi erano ormai tenuti a favorire il goal del pareggio («tanto si devono scansare»), senza che entrambi gli elementi possano risultare privati di significato per l’accidente, enfatizzato dalla difesa di parte attrice, che il calciatore de quo non risulti tra i deferiti (il che prova, se proprio vuol dirsi così, l’ipotesi che egli non sia partecipe dell’accordo, materia di cui però non si controverte, bensì mero soggetto informato, donde già si ricava l’idoneità dell’accordo, seppure in ipotesi concluso inter alios, ad alterare il corso naturale della partita). 2.2.2. In particolare: la posizione dell’allenatore P. Lombardo viene descritta nella decisione della Corte di Giustizia Federale come di colui che, allenando la squadra ospite del Siracusa, viene raggiunto da una sostanziale richiesta di chiarimento in ordine all’accidente della segnatura dal collega c.d. in seconda della squadra ospitante del Ragusa alla quale -e ciò rimane incontestato anche in questo giudizio (cfr. pgg. 12 ss. della «istanza di arbitrato»; doc. n. 9 di parte attrice) - replica dicendo: «è stato un tiro da trenta metri! Che ci posso fare». Si tratta di fatto incontroverso e decisivo per l’affermazione di responsabilità poiché denota in maniera evidente (nel peculiare contesto, che viceversa è completamento obliterato dal tentativo di esegesi alternativa in cui si produce la difesa di P. Lombardo) la posizione del debitore inadempiente che a fronte della pretesa del creditore della prestazione invoca la circostanza della «causa a lui non imputabile». E’ parimenti evidente che fonte della suddetta obbligazione era costituita proprio dal negozio integrante illecito sportivo, l’adesione al quale da parte di un soggetto dotato del potere di direzione tecnica della squadra connota il comportamento dell’idoneità necessaria e sufficiente a determinare l’ alterazione dello svolgimento della gara (e, anche se non direttamente, del suo risultato, che pure rappresenta l’intenzione finalistica degli autori dell’ illecito) che è il bene protetto dalla comminazione sanzionatoria infine applicata a P. Lombardo. 2.3. Come detto, le fonti privilegiate dalla Corte di Giustizia Federale per pervenire all’affermazione di responsabilità sono tratte dai documenti redatti dagli ufficiali di gara. Sennonché, la difesa interessata ne deduce «nullità e/ od inutilizzabilità, o quanto meno scarsissima rilevanza probatoria». Ora, premesso che l’affermazione di responsabilità potrebbe permanere all’esito dei pure dedotti vizi dal momento che sia le altre fonti accedute in sede federale che quelle a cui hanno invece fatto accesso gli Arbitri appaiono, in via di principio, ulteriormente capaci di sostenere il carico della giustificazione della decisione di condanna, vi è che le censure proposte al riguardo mancano di fondamento. In particolare, non sovviene alcuna norma -in ipotesi violata- che sia di presidio alla redazione e alla trasmissione dei c.d. «referti» tanto da impedire l’acquisizione, inter alia, del documento (n. 12 di parte attrice) in cui il redattore, l’assistente P. Pepe, informa per iscritto delle circostanze direttamente apprese de visu et de auditu durante e dopo la gara. Le molte suggestioni inerenti alle modalità di redazione e di inoltro, intese a promuovere un giudizio in qualunque modo negativo sopra «i tre rapporti» degli ufficiali di gara, siccome apparirebbe che «non siano stati il frutto di autonome e separate valutazioni post-partita», non possono trovare credito con riferimento a documenti che integrano non dichiarazioni di volontà o di giudizio ma soltanto di scienza, onde è improprio ricercare criteri idonei a preservare la genuina formazione di determinazioni valutative e non la mera fissazione del ricordo e dell’esperienza dei fatti, che per numero, rilevanza indiziaria, convergenza e gravità non lasciano alcun ragionevole dubbio sulla colpevolezza di P. Lombardo. Peraltro, proprio l’apporto informativo dell’assistente P. Pepe dev’essere valutato considerando che la relativa redazione, come opportunamente rilevato nella decisione e documentato dalla produzione della difesa della F.I.G.C., era stata sollecitata in termini di «massima chiarezza espositiva» dal c.d. Organo tecnico presente nell’occasione per la valutazione dell’operato degli ufficiali di gara. Dunque, non è implausibile che proprio la ricerca di accuratezza e dettaglio illustrativo nella relazione da redigere abbia indotto preventivi riscontri, da parte dell’assistente incaricato, aventi comunque a oggetto il personale ricordo dell’accaduto, consentendo una migliore descrizione degli eventi e senza che la veridicità della rappresentazione possa in alcuna misura risultare vulnerata. A escluderlo, del resto, è l’assenza di ogni interesse a una narrazione parziale, difetto di interessi comune a ciascuno degli ufficiali di gara, con conseguente infondatezza degli assunti della difesa di parte attrice. 2.4. La stessa difesa denuncia l’ obliterazione, che considera indebita, «della relazione del 23 maggio 2007» dell’ Ufficio Indagini, che -senza peraltro che i fenomeni costituenti l’origine dell’inferenza che porta anche il Collegio arbitrale a ritenere la responsabilità di P. Lombardo fossero già lì in alcun modo revocati in dubbio- aveva ritenuto carente il grado altrimenti necessario di gravità e concordanza degli indizi raccolti, offrendo ipotesi alternative a quella della consumazione dell’illecito. Sul punto, il Collegio ritiene che il documento in questione, offerto in comunicazione sub n. 13 non nella sua interezza ma limitatamente alle «conclusioni» da cui la difesa interessata mutua il suo fondamentale argomento (con un’omissione, quindi, che va almeno da pg. 2 a pg. 16, il che ne annichilisce il tasso di apprezzabilità), non offra alcun elemento specifico o di diretta apprensione avente riguardo alla posizione di P. Lombardo, ma si ponga, al più, quale elemento genericamente attendibile nella ricerca di standard logici ai quali parametrare il giudizio nel suo complesso; funzione che sembra assolvere specialmente laddove rimane apparentemente incurante di qualsivoglia riferimento a soggetti diversi da quelli agenti in veste di «allenatore, vice allenatore [e] calciatori» della U.S.D. Siracusa s.r.l. con significativa omissione (che il Collegio condivide, per quanto possa qui occorrere), pertanto, del «livello dirigenziale» al quale invece la decisione estende, attraverso la sanzione inflitta anche al direttore sportivo Antonio Ciccarone, il giudizio di responsabilità. 2.5. E’ evidente, per tutto quanto detto, che il giudizio di responsabilità è stato condotto già in sede federale, e qui nuovamente, senza alcuna violazione neppure della regola di giudizio detta dell’ «oltre ogni ragionevole dubbio». L’assenza di profili giusta i quali questo Collegio potrebbe essere indotto ad agire in modo virtualmente rescindente sopra la decisione di ultima istanza della F.I.G.C. esclude che la stessa misura della sanzione possa, in assenza di specifici motivi di censura (diversi dall’allegazione di decisioni palesemente inconferenti per ragioni oggettive e soggettive), essere oggetto autonomo e limitato della determinazione alla quale questo Collegio è chiamato. 3. La novità di alcune delle questioni trattate e la complessiva singolarità della vicenda giustificano la integrale compensazione delle spese del giudizio. P.Q.M. Il Collegio, definitivamente pronunciando nella controversia e disattesa ogni altra richiesta o eccezione, così provvede: • rigetta le domande proposte da Paolo Lombardo con «istanza di arbitrato» pervenuta in data 20 febbraio 2008, prot. n. 317; • dichiara interamente compensate tra le parti le spese del procedimento e per assistenza difensiva; • dichiara le parti costituite tenute in egual misura, con vincolo di solidarietà, al pagamento dei diritti degli arbitri, come separatamente liquidati, nonché dei diritti della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport; • manda alla Segreteria di comunicare alle parti il presente provvedimento; • omissis. Così deliberato all’unanimità dei voti in conferenza personale degli arbitri riuniti presso la sede dell’arbitrato in data 16 maggio 2008, e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Ferruccio Auletta F.to Enrico Ingrillì F.to Silvestro Maria Russo
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