CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 23 aprile 2008 – Antonio Ciccarone contro Federazione Italiana Giuoco Calcio
CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it
Lodo Arbitrale del 23 aprile 2008 – Antonio Ciccarone contro Federazione Italiana Giuoco Calcio
IL COLLEGIO ARBITRALE
Prof. avv. Ferruccio Auletta Presidente
Avv. Marcello de Luca Tamajo Arbitro
Cons. Silvestro Maria Russo Arbitro
nominato in data 11 marzo 2008 ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (“Regolamento”), riunito in conferenza personale in data 23 aprile 2008, in Roma, via XX settembre n. 26
ha deliberato il seguente
L O D O
nel procedimento di arbitrato promosso da:
Antonio Ciccarone, elettivamente domiciliato in Napoli, centro direzionale, is. A/7, presso lo studio dell’avv. Eduardo Chiacchio che, unitamente agli avv.ti prof. Andrea Guarino, Michele Cozzone e Monica Fiorillo, lo rappresenta e assiste
attrice
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentane pro tempore, dr Giancarlo Abete, elettivamente domiciliata in Roma, via Po, 9, presso lo studio dell’avv. Mario Gallavotti che, unitamente all’avv. Luigi Medugno, la rappresenta e assiste
Convenuta Fatto e svolgimento del procedimento
La Commissione disciplinare nazionale, con delibera pubblicata nel C.u. n. 5/CDN del 6 agosto 2007 aveva mandati assolti tutti i soggetti deferiti, tra i quali Antonio Ciccarone, per l’ipotesi di illecito sportivo nella gara Ragusa vs Siracusa, disputata il 31 marzo 2007 nell’ambito del campionato di calcio di serie D – girone I; a carico di Antonio Ciccarone, invero, in qualità di collaboratore ovvero direttore sportivo della U.S.D. Siracusa s.r.l., era stato formulato l’addebito di aver concorso con altri tesserati della medesima Società nonché della U.S. Ragusa s.r.l. ad alterare il regolare svolgimento della gara, predeterminando un risultato di parità.
Avverso la decisione assolutoria il Procuratore della F.I.G.C. promuoveva l’impugnazione presso la Corte di giustizia federale.
Quest’ultima, con decisione del 27 settembre 2007 (il cui dispositivo veniva pubblicato nel C.u. n. 21/CGF del 28 settembre 2007), dichiarava inammissibile l’impugnazione nei confronti della U.S. Ragusa s.r.l. e dei relativi tesserati per mancata integrazione del contraddittorio verso gli stessi da parte del medesimo Procuratore federale, viceversa pronunciando nel merito nei confronti della U.S.D. Siracusa s.r.l. e di A. Ciccarone, nonché di Paolo Lombardo e Sebastiano Aprile (questi ultimi, rispettivamente, allenatore e allenatore c.d. in seconda della U.S.D. Siracusa s.r.l.).
In particolare, accogliendo il ricorso del Procuratore federale e riformando la decisione impugnata, la Corte dichiarava la responsabilità dei predetti ai sensi degli artt. 7, commi 1 e 4, e 4, comma 2, C.G.S., applicando a P. Lombardo e S. Aprile la sanzione della squalifica per anni 3 (tre), a A. Ciccarone la sanzione della inibizione per anni 3 (tre), e, infine, alla Società -ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. g), C.G.S.- la sanzione della penalizzazione nella classifica della stagione sportiva 2007/2008 di punti sei (6) in classifica.
Dato atto dell’avvenuto esperimento infruttuoso del procedimento conciliativo, A. Ciccarone ha promosso istanza di arbitrato in data 20 febbraio 2008, chiedendo «l’accertamento e la declaratoria dell’illegittimità e dell’ infondatezza della decisione della Corte di Giustizia Federale della F.I.G.C.» e «per l’ effetto, la declaratoria di integrale annullamento dell’ impugnato provvedimento della Corte di Giustizia Federale», oltre alla «vittoria di spese».
La parte istante ha fondato le richieste sopra i seguenti motivi: 1) «inammissibilità ed improcedibilità del ricorso del procuratore federale alla Corte di Giustizia Federale […] anche nei confronti […] degli altri tesserati della U.S.D. Siracusa s.r.l., oltre che della Società medesima»; 2) «impossibilità ed inaccettabilità di una differente ed opposta valutazione probatoria delle medesime circostanze di fatto, che, per alcuni dei deferiti, determinino un giudicato di proscioglimento e, per gli altri, invece, costituiscano il fondamento di una pronuncia di colpevolezza» ovvero «[in]utilizzabilità degli elementi probatori provenienti dai soggetti estromessi dal procedimento»; 3) «inaccettabilità ed incongruenza delle motivazioni addotte»; 4) e ciò «con precipuo riguardo per la posizione» della parte istante; 5) obliterazione indebita «della relazione del 23 maggio 2007» dell’ Ufficio Indagini; 6) disapplicazione del criterio di giudizio c.d. «oltre ogni ragionevole dubbio».
Alla istanza veniva fatta seguire la produzione di documenti, ivi incluso quello in DVD contenente la ripresa audiovisiva della gara svoltasi in data 31 marzo 2007, nonché la richiesta di audizioni testimoniali.
La F.I.G.C. assumeva, di contro, che la parte istante avesse «difetto di interesse» in relazione alla censura di ordine pregiudiziale, mentre in ordine al resto delle censure facesse difetto la fondatezza dei rispettivi argomenti, sicchè le conclusioni infine prese erano nel senso della «declaratoria di inammissibilità e, comunque, [d]el rigetto della domanda avversaria».
Entrambe le parti partecipavano alla discussione davanti al Collegio, tenuta in data 28 marzo 2008 senza che gli Arbitri ritenessero rilevanti le richieste deposizioni; le stesse parti facevano, quindi, pervenire gli scritti conclusivi autorizzati.
All’unanimità dei voti espressi nella loro conferenza personale, gli arbitri, riuniti in Roma, via XX settembre n. 26, in data 23 aprile 2008, previa sottoscrizione del dispositivo ai sensi dell’art. 19 comma 4 del “Regolamento”, hanno deliberato il seguente lodo.
Motivi della decisione 1. La parte istante avanza, «in via preliminare e pregiudiziale», la pretesa che questo Collegio, in guisa propria di Giudice supremo, dichiari, mutatis mutandis, che il processo endofederale non poteva essere «proseguito» (art. 382, 3° comma, c.p.c.); e ciò fa assumendo, per il vero implicitamente, che si sarebbe realizzato nel grado svoltosi presso la Corte di Giustizia Federale un caso di inammissibilità (quello per la mancata integrazione del contraddittorio verso la U.S Ragusa s.r.l. e i relativi tesserati imputabile al Procuratore federale) che, data la «strettissima correlazione», avrebbe determinato la virtuale improcedibilità del giudizio (oltre che verso quelle parti per le quali è stata effettivamente dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione) anche nei confronti delle parti viceversa adeguatamente evocate dall’appellante.
La pretesa non ha fondamento.
Premesso che l’istituto al quale può intendersi riferita l’argomentazione della parte istante è quello dell’art. 331 c.p.c., per cui nelle distinte ipotesi di «causa inscindibile» ovvero di «cause tra loro dipendenti» l’impugnazione comunque proposta nei confronti soltanto di alcune delle parti impedisce la decadenza se -nel termine appositamente dato dal giudice- comunque sopravviene «l’integrazione del contraddittorio», deve essere escluso che l’ inammissibilità dell’impugnazione tout court rappresenti l’esito dovuto del processo che qui occupa.
Infatti, nel caso sub iudice non ricorre né un rapporto unico plurisoggettivo né una pluralità di rapporti legati da vincoli di pregiudizialità-dipendenza, poiché né l’uno né l’altro è il caso del concorso di più persone nella commissione di un illecito: non in diritto civile, laddove la fattispecie della solidarietà nelle obbligazioni è ricondotta fuori delle ipotesi di cui all’art. 331 c.p.c. e annoverata regolarmente tra le c.d. «cause scindibili» ai sensi dell’art. 332 c.p.c.; non in diritto penale, dove, in misura parimenti indiscussa, non è di certo esposta a rimedio -siccome fisiologica- la situazione di «presunta inconciliabilità della sentenza di condanna rispetto alla sentenza di assoluzione pronunciata, in un separato giudizio, nei confronti dei concorrenti nel medesimo reato» (Cass. pen., V, 25 ottobre 201, n. 8135 , in Dir. e giust., 202, 19, 78).
Dunque, il fatto che l’illecito risulti integrato necessariamente dal concorso di più soggetti non importa che questi debbano tutti risultare parte necessaria del medesimo processo, potendosi viceversa procedere all’accertamento del fatto in relazione alla responsabilità di ciascuno in modo separato e senza che ciascuno possa mai risentire pregiudizio dall’accertamento condotto inter alios (rimanendo libero il giudice di procedere ad accertare in via meramente incidentale il fatto riferibile a terzi).
Peraltro, in concreto nemmeno rileva l’ipotesi che sia il diverso titolo della responsabilità che affetta la Società a richiedere (o meno) un accertamento condotto in maniera necessariamente unitaria con quello relativo alle persone fisiche dal cui comportamento illecito la sanzione applicata alla Società può oggettivamente dipendere; infatti, nella fattispecie si è data comunque trattazione e decisione unitaria per i tesserati della U.S.D. Siracusa s.r.l. e per quest’ultima, pur rimanendo distinti i titoli delle incolpazioni rispettivamente ascritte ai primi e alla seconda.
Pertanto, trattandosi, a proposito delle impugnazioni promosse dal Procuratore federale nei confronti di tutte le parti originarie del processo di primo grado, di «cause scindibili», non è soggetta a giudizio virtualmente rescindente la decisione della Corte di Giustizia Federale per il fatto che abbia arrestato il giudizio per alcune di esse in limine e per altre, invece, abbia sostituito, nel merito, la sua decisione a quella della Commissione Disciplinare Nazionale.
La parte istante non ha interesse, infine, a dolersi della correttezza della decisione nei confronti di altre parti del processo endofederale, pur potendosi esporre a seri dubbi la correttezza dell’operato della Corte di Giustizia Federale nella parte in cui ha proceduto senz’altro alla dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione del Procuratore federale nei confronti della U.S. Ragusa e dei relativi tesserati.
2. Venendo però agli argomenti che la difesa della parte istante spende «nel merito», alcuni appaiono di per sé soli capaci di determinare l’accoglimento della «istanza di arbitrato».
2.1. Innanzitutto, non è, come invece ritiene la difesa interessata, «illegittima» (unica categoria alla quale intende attenersi il Collegio siccome il sindacato di «inaccettabilità» o «disdicevole[zza]» della decisione federale non compete a questa sede di arbitrato) la pronuncia «secondo cui i medesimi fatti contestati dalla Procura federale nell’atto di deferimento, per alcuni tesserati, siano sfociati in un giudicato sostanziale di proscioglimento, mentre, per gli altri, siano assurti a prova indiscutibile ed insuperabile». Infatti, si tratta dell’esito naturalmente consequenziale alla ritenuta appartenenza della complessiva fattispecie al novero delle c.d. «cause scindibili», in cui il giudizio di primo grado può essere conclusivo e definitivo per alcune e interlocutorio e non definitivo per altre, con l’ulteriore possibilità del contrasto in senso lato dei rispettivi giudicati. Si tratta, tuttavia, di contrasto non integrante patologia alcuna, come dimostra ogni ordinamento processuale: quello civile, onde il vizio di revocazione di una decisione per «contrarietà ad altra» è rilevante soltanto quando entrambe vertano «fra le parti» (medesimezza di parti che nel caso di specie manca); quello penale, onde si ammette il rimedio della revisione anche se il precedente irrevocabile è fra altre parti (art. 630, comma 1, lett. a), giammai però quando la contraddittorietà sia puramente «logica» e riguardi «le valutazioni effettuate nelle due decisioni» (esattamente come avviene nel caso di specie), sicchè «la Corte ha escluso che la richiesta di revisione potesse fondarsi sulla presunta inconciliabilità della sentenza di condanna rispetto alla sentenza di assoluzione pronunciata, in un separato giudizio, nei confronti dei concorrenti nel medesimo reato contestato al ricorrente» (Cass. pen., IV, n. 8135/01, cit.).
Peraltro, il denunciato contrasto deve essere ulteriormente analizzato per respingere le censure della parte istante, seppure non sempre intelligibili; in particolare, la difesa della parte istante sembra non considerare che la formazione della regiudicata federale è avvenuta in maniera simultanea ma non uguale stante il carattere non sostitutivo della decisione della Corte di Giustizia Federale (poiché di contenuto soltanto rituale) nei confronti delle parti per le quali è stata dichiarata la inammissibilità dell’impugnazione, e il carattere -invece- pienamente sostitutivo del giudizio emesso per l’ affermazione di responsabilità dei soggetti dalla stessa e per la prima volta sanzionati.
Ciò implica che non ha pregio quell’argomento che la difesa interessata illustra dicendo che gli elementi probatori impiegati per l’ affermazione di responsabilità «non possono essere viceversa utilizzati per attribuire a quello stesso fatto una qualificazione giuridica differente da quella sottesa al giudicato» altrimenti conferendo ai «soggetti estranei […] una valenza obiettivamente accusatoria».
Difatti, stante l’alterità dei giudici autori dei distinti giudizi -rispettivamente assolutorio e non-, la circostanza che l’elemento probatorio del secondo giudizio provenga eventualmente da un soggetto (già parte del processo, ma) non più esposto alle conseguenze ipotizzabili per la parte ulteriormente sub iudice offre garanzia di piena utilizzabilità, come è prova dirimente nell’art. 197, comma 1, lett. a), dove si dà licenza di testimone propriamente detto (cfr. art. 210, comma 1, c..p.p.) ai «coimputati del medesimo reato o [al]le persone imputate in un procedimento connesso» le volte che «nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento».
2.2. Cionondimeno la decisione della Corte di Giustizia Federale denuncia «incongruenza delle motivazioni addotte», non in generale quanto piuttosto avendo «precipuo riguardo» alla posizione di A. Ciccarone.
2.2.1. In generale: sarebbe necessario per la configurazione dell’ illecito, secondo la difesa interessata a mutuare le espressioni talvolta adoperate dalla Commissione Disciplinare Nazionale, «individuare fatti e comportamenti riferibili sia ai calciatori del Ragusa che del Siracusa, […] società della quale, non a caso, alcun giocatore è stato deferito per i fatti in contestazione»; e, si aggiunge, che «avendo il Siracusa vinto l’incontro […] viene meno qualunque possibilità di individuare un elemento probatorio a sostegno dell’intervenuto accordo» (finalizzato, nell’ipotesi accusatoria, al risultato di parità).
Si tratta di considerazioni che innanzitutto muovono da una supposizione gravemente errata: che per aversi illecito sportivo devesi avere prova del concerto illecito tra tutti i calciatori senza il contributo dei quali il risultato sarebbe una variabile costantemente indipendente dall’accordo fraudolento, di per sé incapace di pervenire all’obiettivo dei contraenti; inoltre, si tratta di considerazioni che risultano prive di connessione con la motivazione della Corte di Giustizia Federale, la quale ha puntualmente e ragionevolmente escluso che rimanesse interdetto l’accertamento di responsabilità aliunde, vale a dire pur senza l’individuazione dei calciatori eventualmente partecipi dell’ accordo diretto ad alterare lo svolgimento della gara, trattandosi di illecito di pericolo in cui la mera esposizione del bene protetto al rischio di offesa genera responsabilità per l’autore della condotta, che, anche quando priva di incidenza immediata e diretta sul risultato (come per definizione è la condotta tenuta da soggetti diversi dai calciatori, tutti i calciatori), può risultare in concreto punibile in quanto idonea comunque ad alterare lo svolgimento stesso della gara sportiva prim’ ancora che il suo risultato finale (un post-fatto, questo del risultato, evidentemente privo di ogni rilevanza per quanto interessa qui).
La Corte di Giustizia Federale, giustamente muovendo dalla contraria (e logicamente implicita) premessa per cui anche la sola notorietà per i calciatori delle intese eventualmente raggiunte inter alios abbia idoneità a modificare lo svolgimento naturale della gara sportiva, ha elencato la serie numerosa degli indizi convergenti verso l’affermazione della responsabilità per illecito traendoli principalmente «dal rapporto dell’arbitro» (tentativo di aggressione posto in essere dal giocatore del Ragusa, A. Gulino, verso il giocatore avversario G. Romano) e dal «supplemento di rapporto» dell’Assistente, a loro volta riscontrati da elementi ulteriori ed esterni (specialmente riferiti alle fasi successive il termine della gara, notizie di stampa incluse).
Dalle fonti suddette, la Corte ha ragionevolmente tratto il convincimento che fosse intervenuto «un pregresso accordo […] finalizzato ad alterare il regolare svolgimento della gara»: convincimento che il Collegio arbitrale ritiene di condividere anche all’esito dell’accesso alla documentazione audiovisiva della gara che, sebbene non risulti tra le fonti probatorie utilizzate nella sede di giustizia endofederale, è stata regolarmente acquisita al presente procedimento, infine dando conforto alla tesi di un andamento assolutamente anomalo dell’incontro.
Invero, non può rimanere irrilevante, nel complessivo contesto indiziario che la pronuncia di condanna descrive (e in cui si muovono esplicite accuse di inadempimento all’accordo, con sequela di rilevazione degli insulti tipicamente rivolti al contravventore di patti non altrimenti coercibili che con la perdita della reputazione presso l’altro contraente: trattasi della serie variegata degli epiteti che si traggono dai lemmi di tradimento, infamia e simili) come sia dato rilevare all’ osservatore del filmato della gara, quali anche gli Arbitri che qui sottoscrivono, un atteggiamento non effettivamente agonistico dei calciatori a dispetto della importanza della stessa gara per le sorti sportive dei contendenti (la possibilità di partecipare ai c.d. play-off per la promozione alla serie superiore: v. dichiarazioni di V. Pegorin al collaboratore dell’ Ufficio indagini), atteggiamento peraltro sottolineato nei commenti «in diretta» dei telecronisti e del quale costituisce seguito apparentemente in-naturale il segmento finale, viceversa fatto di comportamenti rissosi e incomprensibilmente diversi da quelli tenuti in precedenza: comportamenti spiegabili, invece, alla luce della crisi di cooperazione che l’accidentale segnatura di una rete a pochi minuti dal termine della gara aveva generato tra coloro che si erano reciprocamente ritenuti fin lì non veramente antagonisti.
In questo quadro, vengono a collocarsi anche altri episodi -la cui sottolineatura da parte della difesa della F.I.G.C. non è mancata- che ictu oculi appaiono non secondare un criterio di regolarità degli avvenimenti, come quando, immediatamente dopo aver accusato la segnatura dell’ avversario, uno dei giocatori del Ragusa (distinto dalla maglia n. 5), senza esitazioni, rivolge gesti ed espressioni concitate all’indirizzo della «panchina», quasi a chiedere conto reiterato di quanto, evidentemente in modo inaspettato, era appena accaduto.
2.2.2. In particolare: la posizione del direttore sportivo A. Ciccarone viene descritta nella decisione della Corte di Giustizia Federale come di colui che il Presidente della U.S. Ragusa denuncia, al termine della partita, avrebbe «prima della gara e durante il gioco non […] fatto altro che convincere i nostri giocatori [i.e. del Ragusa] alla non belligeranza perché il pareggio avrebbe fatto comodo ad entrambe le squadre».
Aggiune la Corte di Giustizia Federale che «attesa la assoluta attendibilità della fonte, peraltro non smentita dall’interessato nei modi previsti dalla legge sulla stampa, si tratta inoppugnabilmente di un vero e proprio atto di accusa nei confronti del direttore sportivo del Siracusa», atto di accusa che, secondo la motivazione in esame, «non può non valorizzarsi in chiave probatoria» mediante il rilievo della circostanza che A. Cicarone aveva «seguito la partita dalla tribuna» e «solo dopo la realizzazione della rete [era] entrato nel recinto di gioco rimanendovi per un minuto». Assume la Corte che sarebbe «fatto questo senza plausibile ragione, se non quello di dover intervenire per il verificarsi di un evento non previsto dall’accordo fraudolento».
Ora, rimane incontrovertibile che: a) della condotta «prima della gara» di A. Ciccarone nulla è noto, oltre quanto denunciato dal Presidente Giuseppe Antoci (v. La Sicilia in data 1° aprile 2007, doc. offerto in comunicazione dalla difesa di F.I.G.C.); b) della condotta di A. Ciccarone «durante il gioco» è noto soltanto che sia rimasto fuori del campo di gioco, quale spettatore; e che, a prescindere dalle ragioni che lo hanno indotto a tentare l’ingresso in campo, quivi, prima che gliene fosse impedita la permanenza dall’ufficiale di gara, è rimasto per non più di un minuto, tempo in relazione al quale -peraltro- è ignoto quali gesti o espressioni gli siano effettivamente ascrivibili.
Pertanto, poiché in termini generali di valutazione della prova le dichiarazioni rese da persone incolpata del medesimo illecito, in generale, «sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità» (art. 192, comma 3, c.p.p., esplicitamente applicabile anche alle «persone imputate o giudicate in un procedimento connesso» ai sensi dell’art. 197-bis, comma 6), non è possibile pervenire a un giudizio di responsabilità di A. Ciccarone poiché gli unici elementi che si aggiungono alla chiamata in correità, nella dinamica dell’argomentazione seguita dalla Corte di Giustizia Federale, non sono fatti esterni alla dichiarazione accusatoria ma costruzioni di ordine logico, cioè elaborate per via presuntiva dal giudice, come nella fattispecie è avvenuto ipotizzandone il riscontro nell’assenza di altre ragioni (che non quelle connesse all’illecito) per accedere al campo di gioco da parte di A. Ciccarone (che pure altre ragioni deduce), e nell’acquiescenza imputabile (in prospettata connessione essa stessa con l’ illecito) per non avere A. Ciccarone smentito secondo la «legge sulla stampa» le accuse propolate con questo mezzo da G. Antoci (benchè l’incolpato abbia dichiarato che l’indomani il Presidente della U.S. Ragusa gli avesse porto «scuse pubbliche in trasmissioni sportive di due emittenti televisive», donde aveva ritenuto di non più «adire le vie legali», il che -si aggiunga- rimane pur sempre una facoltà e non un onere: doc. n. 9 di parte attrice).
Dunque, è l’assenza totale di riscontri esterni alle dichiarazioni accusatorie di G. Antoci (che, se possono servire a riscontrare altri fatti indiziari, non bastano a giustificare l’affermazione di responsabilità esclusivamente ricavabili da essa) a giustificare la decisione assolutoria di questi Arbitri.
2.3. Altri profili di censura della decisione della Corte di Giustizia Federale rimangono assorbiti.
3. La novità di alcune delle questioni trattate e la complessiva singolarità della vicenda giustificano la integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Collegio, definitivamente pronunciando nella controversia e disattesa ogni altra richiesta o eccezione, così provvede:
• in accoglimento delle domande proposte con «istanza di arbitrato» pervenuta in data 20 febbraio 2008, prot. n. 318, riforma la decisione della Corte di Giustizia Federale, presa in data 27 settembre 2007, di cui al C.U. n. 21/CGF, annullandola nella parte in cui «dichiara la responsabilità […] ed infligge a[l] signor Ciccarone Antonio l’inibizione per anni 3»;
• dichiara interamente compensate tra le parti le spese del procedimento e per assistenza difensiva;
• dichiara le parti costituite tenute in egual misura, con vincolo di solidarietà, al pagamento dei diritti degli arbitri, come separatamente liquidati, nonché dei diritti della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport;
• manda alla Segreteria di comunicare alle parti il presente provvedimento;
• omissis.
Così deliberato all’unanimità dei voti in conferenza personale degli arbitri riuniti in Roma, via XX settembre n. 26, in data 23 aprile 2008, e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Ferruccio Auletta
F.to Marcello de Luca Tamajo
F.to Silvestro Maria Russo