• Stagione sportiva: 2007/2008
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2007/2008 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it
e sul Comunicato ufficiale n. 168/CGF del 29 aprile 2008 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 263/CGF del 08 luglio 2008
1) RECLAMO DEL SIGNOR BERTON GIANBRUNO PRESIDENTE DELL’A.C. MESTRE AVVERSO LE SANZIONI:
– INIBIZIONE PER ANNI 1 AL RECLAMANTE; – PENALIZZAZIONE DI PUNTI 5 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA ALLA SOCIETÀ; INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1. C.G.S. IN RIFERIMENTO ALL’ART. 94 TER, COMMA 13 DELLE N.O.I.F. E ART. 2, COMMA 3 C.G.S. (OGGI ART. 4, COMMA 1 C.G.S.)
(Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 43/CDN del 28.3.2008)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2007/2008 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it
e sul Comunicato ufficiale n. 168/CGF del 29 aprile 2008 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 263/CGF del 08 luglio 2008
1) RECLAMO DEL SIGNOR BERTON GIANBRUNO PRESIDENTE DELL’A.C. MESTRE AVVERSO LE SANZIONI:
- INIBIZIONE PER ANNI 1 AL RECLAMANTE; - PENALIZZAZIONE DI PUNTI 5 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA ALLA SOCIETÀ; INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1. C.G.S. IN RIFERIMENTO ALL’ART. 94 TER, COMMA 13 DELLE N.O.I.F. E ART. 2, COMMA 3 C.G.S. (OGGI ART. 4, COMMA 1 C.G.S.)
(Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 43/CDN del 28.3.2008)
Il Procuratore Federale presso la F.I.G.C. deferiva alla Commissione Disciplinare Nazionale il signor Gianbruno Berton, presidente della società calcistica A.C. Mestre, nonché la medesima società, all’uopo formulando i seguenti addebiti: quanto al primo, violazione dei doveri di lealtà e correttezza di cui all’art. 1 C.G.S. con riferimento alla mancata osservanza di quanto disposto dell’art. 94 ter comma 13 N.O.I.F. (circa l’obbligo di tempestivo pagamento agli allenatori delle società della Lega Nazionale Dilettanti di somme accertate con lodo emesso dal competente Collegio Arbitrale); nei confronti dell’A.C. Mestre a titolo di responsabilità diretta ex art. 4, comma 1 del nuovo C.G.S. per la condotta antiregolamentare tenuta dal proprio presidente. Segnatamente, veniva dedotto in contestazione il mancato adempimento di due lodi arbitrali che accertavano l’obbligo dell’A.C. Martellago (cui poi subentrava l’A.C. Mestre) di corrispondere al signor Claudio Lucano, già allenatore di prima squadra della detta società, due anni di retribuzione per le Stagioni Sportive 2003/2004 e 2004/2005. Il medesimo atto di deferimento veniva spedito anche nei confronti di Giovanni Guardini, presidente del Comitato Regionale Veneto della Lega Nazionale Dilettanti, la cui posizione veniva però definita separatamente mediante patteggiamento. Il procedimento di primo grado proseguiva, invece, nei confronti degli altri deferiti ed, all’esito, la Commissione Disciplinare Nazionale, con decisione resa pubblica con Com. Uff. n. 43 del 28.3.2008, applicava, in ragione degli addebiti ad essi rispettivamente ascritti, al signor Gianbruno Berton la sanzione dell’inibizione di un anno ed alla A.C. Mestre la penalizzazione di cinque punti in classifica. Avverso la suddetta decisione ha interposto ricorso il signor Gianbruno Berton, in proprio e quale legale rappresentante dell’A.C. Mestre, chiedendo: - in via preliminare, di dichiararsi la prescrizione dei diritti vantati dal Lucano e, dunque, per l’effetto, il non luogo a procedere perché il fatto non ha più rilevanza disciplinare; - in via principale, previa riforma integrale della decisione di primo grado, il proscioglimento in toto dagli addebiti contestati, con conseguente annullamento delle sanzioni comminate dal Giudice di prime cure; - in via subordinata, la riduzione delle sanzioni de quibus nella misura ritenuta più equa e, comunque, quanto all’A.C. Mestre, non superiore ad un punto di penalizzazione in classifica. Le medesime conclusioni sono state rassegnate dai ricorrenti all’esito dell’udienza di discussione. La Corte, letto l’atto di gravame, sentito il difensore dei ricorrenti ed esaminati gli atti ufficiali, ritiene che il ricorso sia parzialmente fondato e che, pertanto, vada accolto nei limiti di seguito indicati. Preliminarmente, ai fini di una compiuta delibazione della res iudicanda, s’impone un’analitica ricostruzione, in fatto, della complessa vicenda sottoposta all’attenzione del Collegio, vicenda che prende abbrivio da un esposto presentato dal signor Lucano Claudio, già allenatore dell’A.C. Martellago (cui poi è subentrata l’A.C. Mestre) e che, per effetto delle acquisizioni probatorie compendiate agli atti del procedimento, può essere così sintetizzata. In data 25.6.2005, acquisivano il predicato della definitività due decisioni arbitrali (n. 99/45 e n. 99/45 bis), a seguito delle quali l’A.C. Martellago veniva condannata al pagamento, in favore del proprio allenatore Lucano Claudio, della somma di € 11.320,00 per la Stagione Sportiva 2003/2004 e della somma di € 10.920,00 per la Stagione Sportiva 2004/2005. Il successivo 30.6.2005, il presidente del Comitato Regionale Veneto presso la Lega Nazionale Dilettanti (Giovanni Guardini), con nota indirizzata all’A.C. Martellago, in cui si evidenziava giustappunto che le deliberazioni in argomento erano inappellabili ed esecutive, sollecitava il pagamento delle suddette poste debitorie. Nello stesso periodo veniva perfezionato un progetto di fusione tra l’A.C. Mestre e l’A.C. Martellago che portava alla costituzione della nuova società A.C. Mestre. La domanda di fusione, avanzata fin dal 25.6.2005, veniva ratificata dalla F.I.G.C. in data 13.7.2005. Il successivo 14.7.2005, la nuova società A.C. Mestre, in persona del suo vicepresidente, signor Mauro Marella, forniva riscontro alla nota di sollecito del Comitato Regionale Veneto presso la Lega Nazionale Dilettanti, chiedendo, unitamente ad una dilazione di pagamento, una proroga di tempo necessaria al recupero di tutti i documenti relativi al rapporto tra l’A.C. Martellago e l’allenatore Lucano Claudio.. Venivano, poi, prodotte in tale torno temporale, che va dal 14.7.2005 al 3.8.2005 (non è certo da chi, ma comunque da soggetti pur sempre riconducibili alla dirigenza della nuova società Mestre), due quietanze liberatorie, datate 5 maggio e 15 novembre 2004, solo apparentemente rilasciate e sottoscritte dal sig. Lucano Claudio a completa tacitazione delle sue rivendicazioni per le stagioni calcistiche in contestazione. Sulla scorta di tali (presunte) “sopravvenienze” il Presidente del Comitato Regionale Veneto presso la Lega Nazionale Dilettanti rilasciava il prescritto nulla osta per l’iscrizione al campionato del Mestre ed, in data 3.8.2005, informava il Collegio Arbitrale che le pendenze de quibus dovevano oramai ritenersi estinte. Nel sopra descritto contesto storico, il signor Gianbruno Berton assumeva, in data 16.9.2005, l’incarico di Presidente del Mestre. Successivamente (nel luglio 2007), il signor Lucano Claudio presenterà un esposto e, nel corso degli accertamenti di riscontro condotti dall’Ufficio Indagini, renderà dichiarazioni di formale disconoscimento delle sottoscrizioni apposte in calce alle dette quietanze, ribadendo di non aver giammai riscosso le retribuzioni concordate con l’A.C. Martellago per le Stagioni Sportive 2003/2004 e 2004/2005. Così ricostruita la vicenda in esame, la Corte di Giustizia Federale ritiene sussistere la responsabilità dei soggetti deferiti per gli addebiti loro ascritti. Preliminarmente, priva di pregio si rivela l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa dei ricorrenti in riferimento all’art. 25 C.G.S., nella parte in cui dispone che “i diritti di natura economica si prescrivono al termine della stagione sportiva successiva a quella in cui sono maturati”. Sul punto, è sufficiente obiettare che oggetto del presente giudizio non è l’attuale esigibilità delle rivendicazioni retributive azionate dal signor Lucano, bensì la diversa fattispecie di un illecito amministrativo omissivo rispetto al quale il rapporto creditorio rileva solo come mero antefatto. E’, invero, di tutta evidenza che l’autonoma rilevanza (tanto più sotto il profilo della prescrizione) di tale rapporto creditorio è destinata ad esaurirsi con la definizione del procedimento di accertamento della dedotta inadempienza e, quindi, con la pronuncia della decisione finale: ad essa si correla, invero, la genesi di un nuovo obbligo (destinato a sovrapporsi a quello proprio dell’originario rapporto) al quale viene accordata autonoma dignità e rilevanza giuridica, presidiata – nella specie – da una specifica sanzione disciplinare soggetta ad un proprio termine di prescrizione. Sotto tale profilo, ed anche ai fini di una compiuta perimetrazione dell’ambito cognitivo del presente procedimento contenzioso, giova richiamare il chiaro contenuto precettivo della disposizione di cui all’art. 94 comma 13 N.O.I.F., secondo cui “il pagamento agli allenatori delle società della Lega Nazionale Dilettanti di somme, accertate con lodo emesso dal competente Collegio Arbitrale, deve essere effettuato entro trenta giorni dalla comunicazione della decisione”. Orbene, disattese le questioni di rito, rispetto al merito, rilievo dirimente assume la circostanza che, all’epoca dell’insediamento del Presidente Berton, i debiti della società A.C. Mestre, per come accertati dai lodi arbitrali (n. 99/45 e n. 99/45 bis), dovevano ritenersi ancora pendenti. E ciò per l’evidente inettitudine strutturale delle quietanze (apparentemente) rilasciate dal Lucano ad accreditare un effetto solutorio opponibile, idoneo cioè a vanificare la portata precettiva delle statuizioni compendiate nelle richiamate decisioni arbitrali. Ed invero, tali quietanze, ancorchè antecedenti alla data di celebrazione dei giudizi arbitrali, non sono state giammai prodotte nei suddetti giudizi, sì da rimanere estranee al fuoco della decisione finale, che, pertanto, si fondava, all’opposto, sulla perduranza dell’inadempimento dell’A.C. Martellago. In ragione di ciò, la fondatezza delle ragioni creditorie del Lucano (affermazione con la quale le quietanze in argomento erano in evidente contrasto) non poteva essere più messa in discussione. Ogni diversa ricostruzione doveva, infatti, ritenersi assorbita nel giudicato. Quanto appena evidenziato è già, di per sé, sufficiente a convalidare il giudizio di responsabilità mosso dal Giudice di prime cure: la produzione delle due quietanze non poteva valere, in alcun modo, ad estinguere, con la pretesa automaticità, gli obblighi di pagamento gravanti sulla società e rilevanti, ai fini disciplinari, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 94 comma 13 N.O.I.F. Peraltro, anche sotto un profilo prettamente probatorio, non può dubitarsi dell’inidoneità delle più volte menzionate quietanze a certificare i pagamenti in esse attestati. Com’è noto, la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso [cfr. art. 2702 c.c.], della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta. E ciò (vale a dire il disconoscimento) è quanto appunto avvenuto nel caso di specie per effetto dell’esposto e delle dichiarazioni rese dal Lucano, con la conseguenza evidente di ribaltare sulla società deducente l’onere di dimostrare l’autenticità del documento e della sua sottoscrizione. Tale prova non è stata fornita. Né sul punto può ritenersi – contrariamente a quanto dedotto - che la società ricorrente sia stata in qualche modo concretamente impedita nell’esercizio delle sue facoltà difensive. D’altro canto non appariva, comunque, predicabile – anche ove formalmente richiesta – alcuna attività di verificazione perché la suddetta indagine avrebbe dovuto essere svolta, non già sul documento originale (giammai prodotto), bensì solo su mere fotocopie degli atti di quietanza, già di per se stesse connotate da un’efficacia probatoria condizionata [cfr. art. 2719 c.c.] e, comunque, non suscettive di accertamenti peritali dall’esito affidabile. Di contro, tutti gli elementi di prova evincibili dall’intero procedimento depongono per l’inverosimiglianza di tali documenti. Ed, invero anche a voler prescindere dal dato empirico della diretta percezione di una diversità della firma apposta in calce alle quietanze rispetto alle altre sottoscrizioni riferibili al Lucano, viene in rilievo, così come efficacemente evidenziato dal Giudice di prime cure, l’assenza di un qualsivoglia riscontro contabile idoneo a supportare le deduzioni difensive della società ricorrente. Sul punto, nel corso delle stesse indagini la stessa A.C. Mestre evidenziava, nella propria nota del 19.10.2007, di non essere “in possesso di alcun riscontro contabile dell’allora A.C. Martellago ed in ogni caso antecedente la data del 16.9.2005”: in altri termini, l’unica traccia della vicenda in esame era data dalle sole quietanze esibite, esse stesse prive di qualsivoglia registrazione contabile. E tale “impossibilità” di fornire una giustificazione contabile dei presunti pagamenti ha cadenzato il comportamento della società ricorrente anche nel corso dell’intero giudizio. Né, peraltro, è stato offerto un contributo ricostruttivo di tipo diverso idoneo a chiarire, comunque, indipendentemente cioè dal mancato rispetto degli obblighi di registrazione contabile, i luoghi, i tempi e le forme (per assegni, con accredito, in contanti…) in cui sarebbero avvenuti i suddetti pagamenti. E tali omissioni appaiono davvero ingiustificate se si considera, da un lato, l’entità (non trascurabile) delle somme in questione e, dall’altro, la dimensione economica dell’A.C. Martellago, i cui flussi finanziari (verosimilmente modesti) dovrebbero essere di per se stessi facilmente ricostruibili. Vengono poi in rilievo le argomentazioni logiche (già utilizzate dal giudice di prime cure) che
traggono alimento da una disamina del comportamento del Lucano, le cui iniziative recuperatorie – nell’ipotesi della autenticità delle quietanze - risulterebbero davvero incomprensibili in quanto suscettive di facile e clamorosa smentita, sì da evocare una fattispecie tipica di lite temeraria. Peraltro, tale argomentazione non appare scalfita nella sua valenza indiziaria dalle deduzioni difensive dei ricorrenti volte ad evidenziare profili di incoerenza nel comportamento (successivamente) tenuto dal Lucano, il quale – sebbene già gravato da una forte esposizione debitoria - avrebbe solo con notevole ritardo compulsato l’Ufficio Indagini della F.I.G.C. onde recuperare il suo credito. Ed, invero, il segnalato ritardo riguarda, al più, la sola denuncia dell’illecito disciplinare ma non tocca le iniziative recuperatorie in quanto tali, già tempestivamente intraprese dal Lucano nell’immediatezza dei fatti e positivamente coltivate fino al favorevole riscontro delle decisioni arbitrali. La corretta ricostruzione cronologica degli avvenimenti rende, anche rispetto a tale specifico punto, verosimile il racconto del Lucano, il quale ha riferito di aver denunciato in sede disciplinare solo nel 2007 il protratto inadempimento (già però formalmente accertato in sede arbitrale) in ragione dei rapporti di amicizia che lo legavano ai dirigenti della sua ex società, cui evidentemente voleva (in ogni caso) evitare l’irrogazione di sanzioni disciplinari. All’inverso, mette conto evidenziare che le quietanze di pagamento – pur apparentemente risolutive di ogni pendente rapporto tra la A.S. Martellago ed il Lucano – non sono mai state esibite nella sede propria (id est nei giudizi arbitrali) e tale (incomprensibile) atteggiamento di indifferenza non può essere spiegato solo con (presunti) vizi di notifica della domanda di arbitrato, atteso che non risulta che sia giammai stata assunta qualsivoglia iniziativa per rimuovere tali statuizioni pregiudizievoli, preferendo (e ciò indipendentemente dalla concreta predicabilità di un’azione di nullità o di revocazione delle decisioni arbitrali) eluderle attraverso la (tardiva) esibizione delle più volte menzionate quietanze di pagamento. In definitiva, tutte le circostanze indiziarie sopra rappresentate, ciascuna di esse già assistita da una propria valenza dimostrativa, riflettono un’indubbia concludenza probatoria ove congiuntamente esaminate nel valore coagulante della prova generica, lasciando serenamente concludere per l’inverosimiglianza delle quietanze in argomento. Né, peraltro, è possibile ritenere, contrariamente a quanto dedotto, che, rispetto alla nuova A.C. Mestre, tale circostanza abbia una valenza neutra per il solo fatto che tali documenti si riferiscono alla pregressa gestione della A.C. Martellago e non è stato identificato l’autore materiale della falsificazione. Non può, invero, essere trascurato l’indubbio rilievo sintomatico riveniente dall’interesse specifico ed esclusivo (in applicazione del principio del "cui prodest") che ha retto la produzione dei documenti in questione. Ed, invero, proprio sotto la gestione della nuova A.C. Mestre tali quietanze furono rinvenute e consegnate; e ciò proprio al fine di estinguere ogni pendenza debitoria della nuova A.C. Mestre (subentrata alla A.C. Martellago) si’ da legittimarne l’iscrizione al campionato. Di contro, a tali quietanze giammai aveva fatto ricorso la A.C. Martellago, pur convenuta dinanzi al Collegio Arbitrale proprio per il mancato pagamento delle retribuzioni rivendicate dal Lucano. D’altronde, il dovere di puntuale diligenza esigibile dalla direzione della nuova società A.C. Mestre (subentrata alla Martellago) non poteva di certo arrestarsi con l’esibizione delle suddette quietanze, rinvenute e depositate, come già detto, in un contesto tuttora rimasto avvolto dal mistero e la cui stessa origine è da ritenersi oscura, in quanto rimaste avulse sia da precisi riferimenti spazio – temporali sia da qualsivoglia giustificazione contabile. Giova ribadire che di ciò la stessa società era pienamente consapevole: l’A.C. Mestre ha infatti evidenziato, nella propria nota del 19.10.2007, di non essere “in possesso di alcun riscontro contabile dell’allora A.C. Martellago ed in ogni caso antecedente la data del 16.9.2005”: E proprio in considerazione di quanto appena detto era facilmente rilevabile l’inverosimiglianza dei suddetti documenti. Né può assumere rilievo esimente la circostanza che il Berton abbia assunto l’incarico di Presidente dell’A.C. Mestre solo il 16.9.2005, dopo peraltro aver ricevuto rassicurazioni sull’inesistenza di pendenze debitorie della società. In relazione agli aspetti finora passati in rassegna emerge chiaramente la responsabilità del prevenuto: sotto la sua gestione l’A.C. Mestre ha continuato a non onorare i debiti rinvenienti dai lodi arbitrali soprarichiamati, provvedendo solo in data 9.3.2008, in concomitanza con l’atto di deferimento, ad effettuare i pagamenti cui era tenuta. Si è preferito prestare ossequiosa fede a due atti di quietanza senza esercitare opportuni controlli sulla loro affidabilità, controlli tanto più doverosi se si considera che si trattava di documenti (apparentemente) perfezionati già molto tempo prima delle decisioni arbitrali (e dunque da esse
superati) ed emersi in circostanze tuttora non chiarite, oltre che del tutto privi di qualsivoglia riscontro contabile. Ed appare alquanto anomalo che il Berton, pur potendo riscontrare direttamente e con immediatezza le omissioni ed irregolarità che avevano caratterizzato la gestione della vicenda in argomento, abbia più volte chiesto al Comitato Regionale Veneto rassicurazioni circa l’assenza di pendenze economiche a carico dell’A.C. Mestre. Tanto più che il Berton era verosimilmente già venuto a conoscenza della vicenda contenziosa intercorsa tra l’A.C. Martellago ed il signor Lucano. E ciò in ragione dei diversi ruoli, sempre di rilievo, ricoperti nell’A.C. Mestre fin dalla sua costituzione: consigliere, cassiere, domiciliatario delle comunicazioni indirizzate all’A.C. Mestre nella domanda di fusione, direttore generale e poi presidente. Tale circostanza, peraltro, viene ammessa dagli stessi ricorrenti, secondo i quali il Berton “ne sarà plausibilmente venuto a conoscenza perché il Comitato Regionale Veneto presso la Lega Nazione Dilettanti insisteva per il pagamento del Martellago sin dal 30.6.2005…”(cfr. fol 10 rigo 8 e ss. Del ricorso). In definitiva, il quadro probatorio sopra tratteggiato consente di ascrivere il mancato adempimento degli obblighi posti dai lodi arbitrali alla censurabile negligenza con cui il Berton e la società Martellago hanno curato gli adempimenti imposti dalle vincolanti decisioni arbitrali. Ciò nondimeno, la misura di responsabilità soggettiva (a titolo di colpa) accertata a carico dei soggetti deferiti inducono, in ossequio al principio di proporzionalità, a rivedere l’entità delle sanzioni irrogate. Ciò anche per il particolare contesto storico in cui sono maturati i fatti in contestazione, segnati da un progetto di fusione tra due società che, giocoforza, ha indebolito (senza evidentemente eliderlo) il rapporto di conoscenza e di piena signoria della nuova dirigenza su fatti societari che traevano, comunque, alimento e si collegavano a vicende verificatesi prima del perfezionarsi di tali mutamenti. Sotto tale ultimo profilo, il ricorso va, dunque, parzialmente accolto e, per l’effetto, vanno riformate le sanzioni comminate dal giudice di prime cure nella misura di seguito indicata: la sanzione dell’inibizione comminata al signor Gianbruno Berton va ridotta alla durata di sei mesi e quella inflitta alla società Mestre a 2 punti di penalizzazione, da scontarsi nella corrente Stagione Sportiva. Per questi motivi la C.G.F. in parziale accoglimento del reclamo come sopra proposto dal signor Berton Gianbruno, riduce le sanzioni: - dell’inibizione al signor Berton Gianbruno a 6 mesi; - la penalizzazione a punti 2 in classifica da scontarsi nella corrente Stagione Sportiva alla società A.C. Mestre. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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1) RECLAMO DEL SIGNOR BERTON GIANBRUNO PRESIDENTE DELL’A.C. MESTRE AVVERSO LE SANZIONI:
– INIBIZIONE PER ANNI 1 AL RECLAMANTE; – PENALIZZAZIONE DI PUNTI 5 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA ALLA SOCIETÀ; INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1. C.G.S. IN RIFERIMENTO ALL’ART. 94 TER, COMMA 13 DELLE N.O.I.F. E ART. 2, COMMA 3 C.G.S. (OGGI ART. 4, COMMA 1 C.G.S.)
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