F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2000/2001 Comunicato ufficiale n. 10/CF del 4 maggio 2001 – pubbl. su www.figc.it DECISIONE
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2000/2001
Comunicato ufficiale n. 10/CF del 4 maggio 2001 – pubbl. su www.figc.it
DECISIONE
sui ricorsi:
a) di Melinao Josè Marcelo Salas, Dejan Stankovic, Hernan Jorge Crespo, Daniele Ola, tesserati per
la S.S. Lazio S.p.A.;
b) di Valentim Do Carmo Alberto Neto tesserato per l'Udinese Calcio, S.p.A.;
c) di Mohammed Gargo e Julio Brian Gutierrez Gonzales, tesserati per l'Udinese Calcio S.p.A:
d) di Alvaro Alexander Recoba Rivero, Dario Simic, Ivan Ramiro Cordoba e del F.C.
Internazionale Milan S.p.A., per la quale sono tesserati;
e) di Jedaias Capucho Neves, Mohamed Kallon, Stijpan Tomas e Goran Tomic, tesserati per il
Vicenza Calcio S.p.A.;
f) dèll'A.C. Milan S.p.A. e di Nelson De Jesus Silva, detto Dida,'Sergio Dos Santos, detto Serginho,
Zvonimir Boban, Josè Vito Roque Junior e Kakha Kaladze, per il medesimo A.C. Milan S.p.A.
tesserati;
g) della U.C: Sampdoria e di Ze Francis, Mekongo Ondoa Jean Chrisostome, Job Ivock Thomas
Hervè, Jovicic Zoran, Sakic Nenad, Zivkovic Bratislav, per la medesima U.C. Sampdoria tesserati.
FATTO
Con ricorso alla. Corte Federale del 4 aprile 2001, proposto ex art. 32, comma 5, dello Statuto della
F.I.G.C., la Società Milan A.C. s.p.a., in persona del Vicepresidente Vicario Adriano Galliani, ed i
signori Nelson De Jesus Silva detto Dida, Sergio Dos Santos detto Serginho, Zvonimir Boban, Josè
Vito Roque Junior, Kakha Kaladze,. tutti tesserati per la predetta società, rappresentati e difesi
dall'Avv. Leandro Cantamessa, chiedevano che fosse dichiarata ed accertata l'illegittimità dall'art.
40; comma 7, delle N.O.I.F., e che, conseguentemente, la disposizione venisse annullata ai sensi
dall'art. 32, comma 6, dello Statuto Federale.
Deducevano, in particolare, gli interessati, che tale disposizione aveva natura discriminatoria
nella: parte in cui limitava il diritto dei lavoratori extracomunitari; legalmente soggiornanti in Italia,
di ottenere il tesseramento quali calciatori professionisti presso società sportive professionistiche
che disputano campionati italiani in condizioni di parità rispetto ai calciatori italiani e limitava il
loro impiego in gara; che là previsione regolamentare costituiva parte di apparente quanto
illegittima, perché discriminatoria, giustificazione di provvedimenti di diniego di tesseramento oltre
la soglia massima prevista dalla. norma, ovvero di limitazioni numeriche all'impiego in gara,
relativamente 'a calciatori extracomunitari legalmente soggiornanti in Italia; che la disposizione
sopra richiamata si poneva in violazione dello Statuto della F.I.G.C, e.. dei diritti personali é
associativi fondamentali dei ricorrenti, nonché in violazione del principio del neminem laedere; che
la stessa disposizione;. pertanto, andava dichiarata illegittima ed annullata ai sensi dall'art. 32;
comma 6;.dello Statuto Federale.
Con distinti ricorsi, indirizzati al Commissario Straordinario della F.I.G.C. i signori Melinao
Josè Marcelo Salas; Dejan Stankovich, Hernan Jorge Crespo, Daniel. 01a; tesserati della Società
Sportiva Lazio, e per la parte di competenza, il Dott: Sergio. Cragnotti quale Presidente della S.S.
Lazio, difesi dagli Avv. Franco Coppi ed Ugo Longo, (ricorso. pervenuto il 6 aprile 2001), Gargo
Mohammed, Guitierrez Gonzales; .Julio Brian Valentin Do Carmo Alberto Nieto; tesserati per
la.Società Udinese Calcio S.p.A., e per la parte di competenza il Dott..Franco Soldati; quale
Presidente della Società Udinese Calcio S.p.A., difesi. dagli Avv. Franco Coppi e' Giulia
Bongiorno, Jedaias Capucho Neves, .Mahamméd Kàllon, Stijepan Tomas; Goran Tomic, tesserati
per la Società Vicenza Calcio; difesi dagli avvocati Franco Coppi e Francesca (si tratta di n. 3
ricorsi pervenuti il 9 aprile 2001) chiedevano che, previa trasmissione delle istanze, la Corte
Féderale provvedesse all'annullamento della disposizione di cui all'att. 40, comma 7, delle NOIF.
Osservavano, al riguardo, i calciatori interessati, dopo aver premesso di essere tutti tesserati
come extracomunitari, che la disposizione ricordata introduceva illegittime discriminazioni tra
calciatori comunitari e calciatori
extracomunitari, con grave lesione del proprio diritto ad accedere ad un lavoro liberamente scelto o
comunque liberamente accettato in condizione di parità con altri; che la norma si. poneva in
contrasto con disposizioni dello Statuto della F.I.G.C., con norme dell'ordinamento giuridico
italiano e con norme pattizie internazionali da questo recepite; che tale assunto aveva già trovato
riconoscimento in alcune decisioni dell'A.G.O.; che, la Corte . Federale, investita della tutela dei
diritti fondamentali e funzionali di tutti i tesserati, avrebbe, di conseguenza, dovuto pronunciare
l'annullamento della illegittima disposizione di cui all'att. 40, comma 7, delle N.O.I.F. Nel
sottoscrivere i ricorsi, le società deducevano di essere lese anch'esse dalla disposizione impugnata.
Sempre con ricorso alla Corte Federale, ex art. 32,. comma 5, dello statuto della F.I.G.C., il
F.C. Internazionale Milano s.p.a., ed i signori Alvaro Alexander Recoba Rivero,Dario Simic e Ivan
Ramiro Cordoba, difesi dall'Avv. Giuseppe Prisco, deducendone l'illegittimità, chiedevano
l'annullamento del cennato art. 40, comma 7, delle N.O.I.F..
Con altro ricorso alla Corte Federale ex art. 32, comma 5, dello Statuto F.I.G.C., la U.L.
Sampdoria ed i signori Ze Francis, Mekongo Ondoa Jean Chrisostome, Job Ivock Thomas Hervè,
Jvicic Zoran, Sakic Nenad, Zivkovic Bratislav, per la medesima società tesserati, rappresentati e
difesi dagli avvocati Giuseppe Sciacchitano e Leandro Cantamesse hanno chiesto che sia accertata e
dichiarata l'illegittimità del cennato art. 40, comma 7, delle N.O.I.F., e che di tale norma sia
disposto l'annullamento da parte della Corte Federale. A sostegno del gravame i ricorrenti hanno
prospettato gli identici argomenti posti a sostegno del ricorso proposto dal Milan s.p.a. e dai.
calciatori extra comunitari tesserati, presso tale club.
Con nota del 10 aprile 2001 il Commissario Straordinario della F.I.G.C. ha trasmesso alla
Corte Federale i ricorsi al medesimo indirizzati, sottoponendo alla medesima il conflitto normativo
con essi denunciato ed invitando la Corte a pronunciarsi sui gravami predetti e su quelli
direttamente ricevuti.
Con ordinanza del 23 aprile 2001 la Corte Federale ha disposto la riunione dei procedimenti
instaurati con i ricorsi e fissato per il 3 maggio 2001 l'audizione dei ricorrenti, della Federazione
Italiana Giuoco Calcio, dell'Associazione Calciatori, o dei loro difensori.
Il tre maggio 2001 sono stati sentiti gli Avvocati delle parti ricorrenti, e 1'Avv. De Cristofaro
per l'Associazione Italiana Calciatori.
DIRITTO
1.Deve, innanzi tutto, essere precisato che tutti i ricorsi sopra richiamati, ivi compresi quelli
indirizzati al Commissario Straordinario e da questi trasmessi alla Corte Federale, sono stati
proposti ai sensi dall'art. 32, comma 5, dello
Statuto della F.I.G.C., e cioè " a tutela dei diritti fondamentali personali o associativi che non
trovino altri strumenti di garanzia nell'ordinamento federale", e, a tal fine, viene invocato il potere
della medesima Corte di annullare le norme adottate in violazione dello Statuto di cui all'att. 32
, comma 6, o comunque di norme di legge come, infatti, risulta evidente, alla stregua della
disposizione di cui all'att. 32, comma 8, del medesimo statuto, la questione di legittimità delle
norme federali, rientrante nella cognizione della Corte, può porsi o in relazione alle disposizioni del
medesimo statuto della F.I.G.C., (art. 32; comma 6), ovvero con riferimento alla legislazione
vigente ( art. 32, comma 8); in modo da assicurare la :coerenza dell'ordinamento sportivo, pur
dotato della sua autonomia e della sua specificità, con le inderogabili disposizioni poste
dall'ordinamento generale. E' quanto avviene nel caso in esame, nel quale tutti i ricorrenti deducono
la illegittimità delle disposizioni contenute nell'art. 40; comma 7, delle N.O.I.F., nella parte in cui .
introduce un limite al tesseramento dei giocatori extracomunitari ed alla loro utilizzazione in
campionato, realizzando esse una indebita discriminazione tra calciatori italiani e comunitari da una
parte, e calciatori extracomunitari dall'altra, ín violazione delle norme dello Statuto del CONI e di
quello della F.I.G.C. (art. 20, comma 3, dello Statuto del CONI; art. 2; comma 5, dello Statuto della
F.I.G.C.); di disposizioni dell'ordinamento statale (art. 43. d.lgs 25 luglio 198.8, n. 286 e art. 16 L.
23.7.1998, n. 242), di norme internazionali di natura pattizia, (Convenzione internazionale di New
York del 16 dicembre 1966, ratificato con legge 25 ottobre 1977 n. 891; Convenzione della
organizzazione internazione del lavoro del 24 giugno 1975, ratificata con 1. 10 aprile 1981, n.
158).Quanto ai diritti fondamentali che sarebbero lesi dalla norma di cui all'art. 40 comma 7, delle
N.O.I.F.; i calciatori assumono che essa comporterebbe una ingiustificata restrizione del diritto di
svolgere il lavoro prescelto in condizioni di parità con qualsiasi altro calciatore italiano, straniero,
comunitario, conformemente a quanto affermato dalle norme statali, internazionali, della F.I.G.C. e
del CONI, con conseguente limitazione del diritto di scendere in campo per ragioni odiose; le
società deducono, invece, che i propri diritti apparirebbero direttamente lesi dalla disposizione
impugnata, in quanto esse sarebbero danneggiate da una illegittima discriminazione che limiterebbe
il libero tesseramento di calciatori provenienti da federazioni straniere; e condizionerebbe le scelte
tecniche della società per ragioni diverse da quelle tecnico-atletiche.
2. I ricorrenti richiamano, a sostegno dei gravami, alcuni precedenti
provvedimenti dell'Autorità giudiziaria (ord. 2 novembre 2000 del Tribunale
di Reggio Emilia: ord. 4 dicembre 2000 del Tribunale di Teramo, Sez. di
Giulianova; Ordinanza del 13 febbraio 2001 del Tribunale di Teramo; ord. del
30 marzo 2001 del Tribunale di Teramo, Sez. di Giulianova) che hanno
affermato la illegittimità dello stesso art. 40, comma 7, della F.I.G.C., ovvero
di norme di analogo contenuto poste dalla F.I.P. e volte a limitare il tesseramento di atleti
extracomunitari. ,
Si osserva, peraltro, che i primi tre provvedimenti giurisdizionali hanno riferimento ad una
fattispecie diversa da quella del presente giudizio. Tali provvedimenti si riferiscono, infatti, ad
ipotesi in cui veniva lamentata l'illegittimità dél diniego di tesseramento, laddove i calciatori
ricorrenti sono
, nella fattispecie, tutti tesserati per società ché disputano il campionato di Serie A (Milan, Inter,
Lazio,.Vicenza; Udinese) o di Serie B, sicché per essi non si pone, in concreto, alcun problema di
tesseramento.
Ed, in effetti,. gli interessati non avanzano alcuna richiesta volta a conseguire un tesseramento di cui
sono già in possesso; ma deducono che le norme impugnate si risolverebbero; sostanzialmente, in
una illegittima restrizione del loro "status" di calciatori, e dei diritti a questo connessi, a fronte dello
status e dei diritti garantiti ai calciatori italiani e comunitari.
3. Così precisato 1'oggetto del giudizio, la Corte osserva che deve, innanzi tutto,
essere affermata la legittimazione, sia dei calciatori che delle società. L'art. 32, comma 5, dello
statuto consente infatti sia ai tesserati (i calciatori) che agli affiliati (le società) di ricorrere alla
Corte Federale per la tutela dei propri diritti fondamentali, personali e associativi. Nel caso in esame
le posizioni giuridiche fatte valere riguardano all'evidenza diritti fondamentali sia dei tesserati che
degli associati, mentre, per essi,. l'ordinamento sportivo non appresta altri strumenti di tutela, posto
che gli stessi si assumono violati da norme della F.I.G.C.
4. Ai fini del decidete assume rilievo specifico la disciplina generale dettata dal
Testo Unico, approvato con d. lgs 25 luglio 1998, n. 286, riguardante le
disposizioni sulla immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero e dal
relativo regolamento emanato con D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394. Sia il Testo
Unico che il regolamento contengono, infatti, la disciplina generale,
applicabile ai cittadini non appartenenti all'Unione Europea (art.l, comma 1
T.U.), riguardante l'ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro,
autonomo o subordinato, e, in particolare, ai fini dello svolgimento di attività
sportiva professionistica presso società sportive italiane ai sensi della legge 23
marzo 1981, n. 91 (art. 27 T.U.). Tali norme sono; infatti, destinate ad
influenzare in modo significativo anche le norme interne della F.I.G.C., non
potendo ritenersi legittime le disposizioni di essa che configurino in modo
diverso l'accesso al lavoro o lo stesso rapporto di lavoro, limitandone o
influenzandone lo svolgimento. L'art. 2 del T.U. attribuisce, infatti, allo
straniero regolarmente soggiornante in Italia - e quindi anche a quello che
abbia fatto legittimamente ingresso nel paese per lo svolgimento di attività
sportiva professionistica i diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano,
mentre costituisce discriminazione vietata il fatto di chi imponga condizioni
5 più svantaggiose o si rifiuti di fornire l'accesso all'occupazione allo straniero legalmente
soggiornante in Italia (art. 43, comma 2, lett. c. T.U.).
Nel quadro del sistema delineato dal T.U. un ruolo determinante è svolto dell'art. 3, riguardante le
politiche migratorie, volto a definire il principio dei flussi di ingresso e di programmazione degli
ingressi nel territorio dello Stato degli extracomunitari (principio dei flussi di ingresso). Secondo
l'art. 3, nell'ambito del documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli
stranieri nel territorio dello Stato, sono individuati i criteri generali per la definizione dei flussi di
ingresso (art. 3 co.3); questi ultimi consistono nella definizione da effettuarsi annualmente con
decreto del Presidente del Consiglio, di "quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello
Stato, per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo "
(art. 3, co.4).
La regola generale non è, pertanto, quella della libertà di ingresso, ma dell'ingresso nell'ambito.delle
quote programmate per il lavoro subordinato e per il lavoro autonomo, tant'è che i relativi visti di
ingresso sono rilasciati entro i limiti di tali quote (art. 3, co.4).
Coerentemente con tale imposizione, il Testo Unico ribadisce al titolo III, concernente la "disciplina
del lavoro", che "l'ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato, anche
stagionale, e di lavoro autonomo, avviene nell'ambito delle quote di ingresso stabilite nei decreti di
cui all'art. 3, comma 4" (art. 21, co.l), e pone una serie di disposizioni che, con riferimento sia al
lavoratore autonomo che al lavoratore :dipendente, subordinano il rilascio del visto di ingresso alla
autorizzazione al lavoro. Il medesimo Testo Unico, peraltro, pone all' art. 27 una specifica
disciplina per l'ingresso per lavoro in casi particolari, stabilendo che, per una serie di categorie di
lavoratori, stranieri espressamente identificati, "al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli
articoli precedenti, autorizzati nell'ambito delle quote di cui all'att. 3, comma 4, il regolamento di
attuazione disciplina particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei
visti di ingresso e dei permessi di soggiorno". A tale scopo ha provveduto il. regolamento emanato
con D.P.R. 31 agosto 1999 n. 394, stabilendo all'att. 40 specifiche modalità per il rilascio, al di fuori
delle quote stabilîte, dell'autorizzazione al lavoro, del visto e del permesso di soggiorno. Fra le
categorie di lavoratori prese in considerazione, l'art. 27 del T.U. ricomprende anche quelle degli
stranieri destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica presso società sportive
italiane, ai sensi della legge 23 marzo 1981 n. 91, nell'ambito della quale rientrano i calciatori
professionisti. Per costoro, il regolamento prescrive (art. 40, comma 14); che l'autorizzazione al
lavoro " è sostituita dalla dichiarazione nominativa di assenso del Comitato Olimpico Nazionale
Italiano, su richiesta della società destinataria delle prestazioni sportive".
Il T.U..n. 286 del 1998 sottrae, pertanto, le categorie di lavoratori stranieri indicate nell'att. 27 al
regime delle quote di ingresso previsto in via generale dell'art. 3. Ciò, peraltro, non significa che
l'ingresso di tali lavoratori nel paese sia sottratto a qualunque forma di programmazione, o
alla.predeterminazione di criteri che, disciplinando l'autorizzazione al lavoro, ne regolino anche
l'ingresso in Italia. La norma, infatti, obbedisce allo scopo di escludere che le valutazioni a tal fine
necessarie siano effettuate in sede di predisposizione delle quote di ingresso, con i decreti di cui
all'att. 3, comma 4, del T.U.; ma non introduce un regime di integrale liberalizzazione degli
ingressi, per le categorie particolari prese in considerazione; lo dimostra, tra l'altro,. il fatto che il
rilascio del visto di ingresso è subordinato all'esistenza dell'autorizzazione al lavoro (ovvero all'atto
ad essa equipollente, come la dichiarazione di assenso del CONI per gli sportivi professionisti).
La legge, dunque, affida all'autorizzazione al lavoro, per le categorie prese in considerazione
dell'art. 27, 1è esigenze di programmazione che, in via generale, sono assicurate dai decreti sui
flussi di ingresso. Il regolamento, poi, pone discipline differenziate, in relazione alle diverse
categorie di lavoratori, con riferimento al contenuto delle autorizzazioni, ancorandole ora alla
esistenza, in capo al personale interèssato, di forme di alta specializzazione (art. 40; comma 5), a
forme di valutazione di merito circa i requisiti professionali richiesti (art. 40, co.6), all'ambito,.
anche numerico, di accordi internazionali (art. 40, co.l6). Alla stessa finalità di programmazione in
senso generale obbedisce la dichiarazione di assenso del CONI, che sostituisce l'autorizzazione al'
lavoro per gli sportivi. stranieri; :attraverso cui il CONI compie tutte le valutazioni necessarie,
anche con riferimento alle proprie finalità istituzionali, volte all'organizzazione ed al potenziamento
dello sport nazionale (art. 2 d.lgs. 23 luglio 1991 n. 242), connesse con l'ingresso in Italia degli
sportivi stranieri.
Si deve, anzi, osservare che, nel potere del CONI di fornire il proprio consenso all'ingresso in Italia
.degli sportivi stranieri deve ritenersi insito il potere di determinare i criteri per l'esercizio di esso;
criteri volti a realizzare l'ingresso in Italia dello sportivo straniero in un quadro che garantisca il
proseguimento delle finalità istituzionale del CONI medesimo, tra cui quelle legate alla
organizzazione ed al potenziamento dello sport nazionale (art. 2 d.lgs. 23 luglio 1999 n. 242).
L'elaborazione e predisposizione di tali criteri, diretti eventualmente a disciplinare anche
numericamente l'ingresso nel Paese di tali lavoratori, appare, anzi, necessaria per consentire una
espressione del consenso improntata a modalità ragionevoli ed uniformi per gli intèressati.
5. E' dunque in relazione a tale complessivo regime giuridico che va valutata la
legittimità dall'art. 40, comma 7 delle N.O.I.F.
Alla stregua di tale disciplina, radicalmente illegittime si manifestano le norme
dall'art. 40; comma 7, delle N.O.I.F. nella parte in cui introducono una
limitazione alla utilizzazione dei calciatori tesserati e provenienti da paesi
diversi dell'Unione Europea, disponendo peraltro che soltanto tre di essi
potranno essere inseriti nell'elenco ufficiale di cui all'att. 61 ed essere utilizzati
nelle gare ufficiali in ambito nazionale.
Tali disposizioni, infatti, incidendo su soggetti che hanno già sottoscritto il contratto di lavoro e
conseguito il tesseramento introducono indebite restrizioni al rapporto di lavoro di tali atleti; per
ragioni esclusivamente legate alla cittadinanza, . in violazione delle disposizioni di cui all'att. 2,
comma 2, ed all'att. 43, comma 2, lett. c, del T.U. n. 286 del 1998, che rispettivamente garantiscono
allo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato i diritti in materia civile attribuiti
al cittadino italiano, e considerano illegittime le discriminazioni basate sull'origine nazionale,
Quanto alle disposizioni, pure contenute nell'att. 40, comma 7, delle N.O.I.F. che pongono limiti
numerici al tesseramento dei calciatori extracomunitari, si osserva, innanzi tutto, che le stesse,
purnon del tutto conformi al sistema sopra delineato, appaiano sostanzialmente finalizzate a
realizzare una forma di programmazione dell'ingresso dei calciatori extracomunitari, anche se
attraverso lo strumento del tesseramento piuttosto che attraverso quello dell'autorizzazione al
lavoro.
La Corte ritiene che, in linea di principio, l'elaborazione di criteri di tal genere debba essere
attribuita, per i motivi già illustrati, direttamente al CONI, anche utilizzando il potere di formulare
indirizzi con riferimento ai profili pubblicistici dell'attività delle Federazioni sportive nazionali di
cui all'att. 23 dello Statuto dell'Ente. Attualmente l'elaborazione di tali criteri risulta svolta
sostanzialmente dalle singole federazioni attraverso apposite disposizioni delle loro norme
organizzative. La Corte ritiene più conforme al sistema che sia direttamente il CONI, con la
partecipazione della F.I.G.C. per quanto riguarda il gioco del calcio, a dettare criteri generali per
l'assenso al lavoro dei calciatori extracomunitari.
Poiché, peraltro, per le ragioni sopra esposte, il principio della programmazione appare insito nel
sistema previsto dal T.U. sull'immigrazione, la Corte ritiene che, in via provvisoria, le disposizioni
che pongono limiti del tipo di quello sopra indicato possano mantenere efficacia fino al momento in
cui il CONI, nei tempi dettati dalle consuetudini di diritto sportivo, non avrà provveduto a
formulare, sulla materia, i propri criteri ed indirizzi. Si osserva, peraltro, che i diritti dei calciatori
extracomunitari ricorrenti, tutti tesserati, appaiono allo stato, e fino alla emanazione di tali criteri,
sostanzialmente assicurati dall'annullamento della disposizione che ne limita l'utilizzazione in
competizioni ufficiali; e che tale annullamento appare parimenti, idoneo ad evitare condizionamenti
delle scelte tecniche delle società nell'utilizzazione dei propri tesserati.
P.Q.M.
La Corte Federale, pronunciando sui ricorsi in epigrafe:
- dichiara illegittimo l'art. 40, comma 7, delle N.O.I.F. nella parte in cui prevede che soltanto tre dei
calciatori tesserati e provenienti da paesi diversi dell'Unione Europea possano essere inseriti
nell'elenco ufficiale di cui
all'art. 61 ed essere utilizzati nelle gare ufficiali in ambito nazionale, e conseguentemente ne
dispone l'annullamento.
Dichiara che le restanti disposizioni dell'ari: 40, comma 7, delle N.O.I.F. che pongono limiti al
tesseramento dei calciatori cittadini di paesi non appartenenti alla U.E. avranno efficacia fino a
quando il CONI non avrà formulato i propri indirizzi e criteri relativi alla dichiarazione di assenso
al lavoro dei calciatori extracomunitari, dovendosi il principio della programmazione ritenere
comunque insito nel quadro normativo riguardante l'immigrazione e là condizione dello straniero.