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• Anno: 2021
Decisione Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva -
C.O.N.I.: Decisione del 29/08/14 –
www.coni.it
Decisione impugnata: Annullamento e/o riforma, del comunicato ufficiale FIGC n. 41/A del 1 agosto 2014, nella parte in cui è stata disposta la non ammissione alla procedura di ripescaggio al campionato di Divisione Unica – Lega Pro della F.C., per la stagione 2014/2015 della Società U.S. Poggibonsi S.r.l
Parti: U.S. Poggibonsi srl/Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Il Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva dichiara inammissibile il ricorso della società avverso la delibera del Consiglio Federale nella parte in cui è stata disposta la non ammissione alla procedura di ripescaggio al campionato di Divisione Unica – Lega Pro della F.C., per la stagione 2014/2015.
Il ricorso è irricevibile per inosservanza del termine di cui all’art. 21, comma 4, Codice Alta Corte di Giustizia sportiva, di cui si fa applicazione in forza del rinvio espresso di cui all’art. 65, comma 2, nuovo Codice di giustizia sportiva. Il ricorso, infatti, risulta presentato al di là del termine di decadenza. Di fatto, la pubblicazione dell’atto impugnato, vale a dire il C.U. 41/A ha avuto luogo il 1° agosto 2014. La presentazione del ricorso con cui la Società U.S. Poggibonsi ha impugnato il provvedimento si è, invece, avuta solo il 4 agosto, oltre, dunque il termine di decadenza venuto a maturazione il 3 agosto 2014. A tale ultima data risulta spirato il termine decadenziale di 2 giorni di cui all’art. 21, comma 4 del Codice Alta Corte di Giustizia sportiva, a mente del quale la notifica del ricorso alla parte resistente e alla Federazione di appartenenza, nonché il suo deposito presso la Segreteria dell’Alta Corte devono realizzarsi “nel termine perentorio di due giorni dalla data di conoscenza dell’atto impugnato, restando esclusa la possibilità di successivo deposito di atti o di deduzione di nuove prove”. Brevità e perentorietà dei termini devono ritenersi, in vero, caratteristiche essenziali di un procedimento speciale volto ad assicurare la più rapida definizione delle controversie, in omaggio a principi di celerità e concentrazione. In particolare, la brevità dei termini si giustifica con la necessaria immediatezza dei procedimenti di giustizia resi in relazione ai casi di iscrizione ai campionati nazionali di calcio professionistico (art. 21, comma 1, lett.b, Codice Alta Corte di Giustizia), al fine di dare certezza a situazioni che devono essere definite nel più breve tempo possibile, vuoi per esigenze di organizzazione degli organici del campionato, vuoi per non compromettere diritti ed interessi dei terzi controinteressanti. Vieppiù ove si consideri che si è in presenza di una procedura di ammissione a competizioni sportive che prevedono un numero chiuso di partecipanti.Chiare sono, dunque, le ragioni di celerità di una procedura, il cui obiettivo traspare da tutto l’articolato normativo, nonché dall’espresso riferimento alla riduzione dei termini di cui al comma 7 dell’art. 21, Codice Alta Corte di Giustizia Sportiva, in incipit; procedura che risponde ad un criterio di ragionevolezza in quanto la brevità è connessa, come detto, ad esigenze di funzionamento dell’intero sistema calcistico (sul punto, in senso conforme, Decisione Alta Corte di Giustizia 21/2014). Che la procedura sia ispirata (per le ragioni dette) a principi di assoluta snellezza, tanto che il compasso temporale è stabilito, appunto, nel termine rigoroso di due giorni (non prorogabili: così per la presentazione del ricorso, per le memorie della parte intimata, 5 per i controinteressati), si ricava ancora dalla norma di chiusura di cui all’art. 21, comma 7 che, comunque, prevede l’invio in formato elettronico alla Segreteria dell’Alta Corte, a pena di decadenza, di ogni documento e atto difensivo, confermandosi, in tal senso, la perentorietà del termine de quo. Peraltro, anche qualora si intendesse valutare il ricorso nel merito, non potrebbe rilevarsi che la sua infondatezza manifesta da un punto di vista sostanziale e, dunque si dovrebbe concludere per il suo rigetto. Come noto, l’iscrizione al Campionato è il prodotto di una procedura articolata e complessa che, mutuando il Sistema delle Licenze Uefa, fa propri altresì i criteri ivi stabiliti (C.U. 144/A del 6 maggio 2014). Il sistema si completa poi con la previsione, accanto alle ammissioni ordinarie, di criteri e procedure per ovviare a carenze di organico, in modo da concedere alle società non in possesso del titolo sportivo – e sulla base di una disciplina più restrittiva – la possibilità di accedere alla serie superiore. L’adempimento dei prescritti criteri segue un calendario ben preciso ove, con distinte disposizioni, si fissano termini differenti per la presentazione della stabilita documentazione. La scelta normativa è compiuta – di norma – con buon anticipo, al fine di consentire alle Società interessate il tempestivo avvio dell’attività di adeguamento. In aggiunta il C.U. 171/A, introducendo un generale divieto di deroga ai criteri infrastrutturali, sposta verso l’alto, per le Società interessate al ripescaggio, la soglia delle verifiche e dei controlli. Il meccanismo della iscrizione ai campionati si fonda, così, sul gioco combinato di valutazione dei titoli e dei risultati sportivi, nonché sul possesso dei requisiti di natura economico/finanziaria e legale, infrastrutturale e di carattere tecnico/organizzativo. La dimensione cui si ispira siffatta regolamentazione è manifestamente di tipo premiale ed esclude in nuce ogni disparità di trattamento tra Società titolate e non titolate. La procedura di ripescaggio segue, dunque, regole parzialmente diverse che si ispirano alla necessità di tener nel debito conto la differente posizione delle società aventi diritto rispetto a quelle non aventi diritto. Siffatto profilo non è di poco momento, ai fini della lamentata disparità di trattamento, atteso che il principio di non discriminazione, quale manifestazione del principio di eguaglianza, presuppone che solo in assenza di “ragionevoli” giustificazioni il trattamento debba considerarsi discriminatorio. L’impossibilità per le società aspiranti al ripescaggio di godere della deroga in materia di criteri infrastrutturali riposa, dunque, su siffatta ratio ed allontana qualsiasi ipotesi di violazione del principio di parità di trattamento. 5. Ritenuto che ciascun motivo di esclusione deve essere considerato autonomo e produttivo di effetti ai fini della non ammissione, in merito alla censura relativa alla carenza dell’impianto di videosorveglianza, è opportuno osservare quanto segue. La ricorrente non dimostra che lo stadio comunale “S. Lotti” sia in possesso del requisito dell’adeguato impianto di videosorveglianza di cui (inter alia) al C.U. 144/A del 6 maggio 2014, limitandosi ad allegare la disponibilità a futuri impegni da parte del Comune di Poggibonsi. La procedura di rilascio delle Licenze Nazionali prevede che, per partecipare alle competizioni, le Società debbano essere in regola anche con una serie di adempimenti strutturali, puntualmente descritti (cfr., Criteri A, All. sub B, C.U. 144/A, come richiamato dal C.U. 4/A del 3 luglio 2014). La scelta normativa è nel senso di conferire rilievo a ciascun aspetto: capienza minima, biglietti, sistema di controllo degli accessi, separazione tifoserie, videosorveglianza etc. sono esplicitamente considerati, nell’evidente presupposto della loro essenzialità. Ne è conferma la circostanza che il mancato possesso dei requisiti, per le società che hanno chiesto la deroga, è configurato addirittura in termini di illecito disciplinare nonchè perseguito “su deferimento della Procura Federale, dagli organi della giustizia sportiva, per ciascun inadempimento, con l’ammenda non inferiore ad euro 10.000,00”. L’intento è cioè quello di considerare illecito disciplinare, autonomamente perseguibile, qualsiasi inosservanza della condotta richiesta che, in quanto tale, deve considerarsi inderogabile. Il modello così delineato si sottrae anche a censure di irragionevolezza o non proporzionalità, specie ove si consideri che il rigoroso catalogo di prescrizioni mira alla tutela di beni costituzionalmente rilevanti quali la salute, l’integrità psico-fisica, la sicurezza. Da questa policy, che i contenuti del C.U. adeguatamente sintetizzano, non ritiene questo Collegio doversi discostare. Anche sotto questo profilo, dunque, il ricorso va rigettato. 5. Neppure, si può ritenere ammissibile il ricorso, sotto il profilo dell’esistenza dell’interesse ad agire. La concreta ammissibilità dell'impugnazione (e, quindi, anche la necessità di impugnare il provvedimento entro il termine previsto) presuppone la sussistenza dell'interesse ad agire, che sorge ex art. 100 c.p.c. in presenza di una lesione e/o pregiudizio attuale (ex multis Cons. Stato sez. IV 18 novembre 2013 n. 5451; Tar Lazio, Roma, sez. II, nn. 260, 6884 e 7636 del 2011). La concretezza e attualità dell’interesse devono consistere in un'utilità pratica che il ricorrente può ottenere con la pronuncia giurisdizionale. Il fondamento è rappresentato dall’esistenza di un provvedimento lesivo che abbia posto il ricorrente in una situazione sfavorevole ovvero gli abbia sottratto una posizione giuridica favorevole (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 22 marzo 2007 n. 1389). La natura della situazione soggettiva lesa serve cioè (in concorso con quella dell'oggetto), a identificare il bene della vita che è oggetto di contestazione. Nella specie, il “bene della vita” ritraibile dall’accoglimento dell’impugnativa è chiaramente subordinato alla definizione positiva del ricorso di altro sodalizio. Ma provare di essere in condizione di trarre dall'esito favorevole del giudizio un'utilità non significa ancora provare di essere titolari di una posizione legittimante, trattandosi di operazione indipendente dalla stima dell'utilità che l’accoglimento del ricorso è in grado di assicurare. La mera prospettiva del vantaggio, consistente nella eventuale possibilità di partecipare al ripescaggio, nel caso di buon esito del giudizio promosso dal Novara, non è però sufficiente a legittimare al ricorso, in quanto si finirebbe con il piegare l’esercizio della giustizia sportiva a funzioni ad essa eccentriche.
Decisione Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva -
C.O.N.I.: Decisione del 29/08/14 –
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Decisione impugnata: Annullamento, dei comunicati ufficiali FIGC n. 40/A e 42/A del 1 agosto 2014, nella parte in cui non prevedono l’ammissione al campionato di Divisione Unica – Lega Pro della F.C. Correggese s.r.l., nonché dichiarano l’inammissibilità della domanda di ripescaggio da questa interposta
Parti: F.C. Correggese srl/Federazione Italiana Giuoco Calcio/S.E.F. Torres 1903 srl/S.F. Aversa Normanna srl/A.S. Martina Franca 1947 srl
Massima: Il Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva dichiara inammissibile il ricorso della società con il quale si chiede l’annullamento dei C.U. FIGC n. 40/A e 42/A del 1 agosto 2014 nella parte in cui non prevedono l’ammissione al campionato di Divisione Unica – Lega Pro della società, nonché dichiarano l’inammissibilità della domanda di ripescaggio da questa interposta.
Il ricorso è irricevibile per inosservanza del termine di cui all’art. 21, comma 4, previgente Codice Alta Corte di Giustizia sportiva, di cui si fa applicazione in forza del rinvio espresso ex art. 65, comma 2, nuovo Codice di giustizia sportiva. Il ricorso, come risulta chiaro e evidenziato, altresì, dalle memorie della F.I.G.C., nonché dalle Società Torres e Aversa Normanna, risulta presentato al di là del termine di decadenza. La tardività dell’impugnazione, quindi, ha consentito all’atto-fonte - il C.U. 40/A e al connesso C.U. 42/A - di operare in modo precettivo, dettando la regola del caso concreto e autorizzando la produzione dei relativi effetti. Infatti, la pubblicazione degli atti impugnati in questa sede, vale a dire i C.U. 40/A e 42/A, ha avuto luogo il 1° agosto 2014. La presentazione del ricorso con cui la Correggese ha impugnato tali provvedimenti si è, invece, avuta solo il 4 agosto, oltre, dunque il termine di decadenza venuto a maturazione il 3 agosto 2014. A tale ultima data risulta spirato il termine decadenziale di 2 giorni di cui all’art. 21, comma 4 del previgente Codice Alta Corte di Giustizia sportiva, a mente del quale la notifica del ricorso alla parte resistente e alla Federazione di appartenenza, nonché il suo deposito presso la Segreteria dell’Alta Corte devono realizzarsi “nel termine perentorio di due giorni dalla data di conoscenza dell’atto impugnato, restando esclusa la possibilità di successivo deposito di atti o di deduzione di nuove prove”. Brevità e perentorietà dei termini devono ritenersi, infatti, caratteristiche essenziali di un procedimento speciale volto ad assicurare la più rapida definizione delle controversie. In particolare, la brevità dei termini si giustifica con la necessaria celerità dei procedimenti di giustizia resi in relazione ai procedimenti di iscrizione ai campionati nazionali di calcio professionistico (art. 21, comma 1, lett.b), al fine di dare certezza a situazioni che devono essere definite nel più breve tempo possibile, vuoi per esigenze di organizzazione degli organici del campionato, vuoi per non compromettere diritti ed interessi dei terzi controinteressanti. Tanto, specie ove si consideri che si è in presenza di una procedura di ammissione a competizioni sportive che prevedono un numero chiuso di partecipanti. Chiare sono, dunque, le ragioni di celerità di una procedura, il cui obiettivo traspare da tutto l’articolato normativo, nonché dall’espresso riferimento alla riduzione dei termini di cui al comma 7 dell’art. 21; procedura che risponde ad un criterio di ragionevolezza in quanto la brevità è connessa, come detto, ad esigenze di funzionamento dell’intero sistema calcistico. Né il discorso muta ove si consideri il profilo della perentorietà del termine che, anzi, è espressamente declamata. Non conduce – come vorrebbe il ricorrente – allo spostamento della data di scadenza al 4 agosto la circostanza che il termine dei due giorni verrebbe a scadere di domenica. E’ vero che, ai sensi del quarto comma dell’art. 155 c.p.c. (secondo il riferimento emerso a seguito della discussione orale), le scadenze in maturazione in un giorno festivo sono prorogate di diritto al primo giorno seguente non festivo. La previsione normativa non concerne però la presente fattispecie nella quale la perentorietà del giorno di scadenza è funzionale alla tutela di interessi superiori. D’altra parte che la procedura sia ispirata (per le ragioni dette) a principi di assoluta celerità e che il compasso temporale sia stato stabilito nel termine rigoroso di due giorni (non prorogabili: così per la presentazione del ricorso, per le memorie della parte intimata, per i controinteressati) si ricava dalla norma di chiusura di cui all’art. 21, comma 7 che, comunque, prevede l’invio in formato elettronico alla Segreteria dell’Alta Corte, a pena di decadenza, di ogni documento e atto difensivo, confermandosi, in tal senso, la perentorietà del termine de quo (sul punto, altresì, Decisione Alta Corte di Giustizia 21/2014). A ritenere diversamente, si potrebbe giungere ad una “dilatazione” dei tempi di incardinamento della procedura che potrebbero anche variare significativamente (si pensi al caso di un provvedimento pubblicato il martedì con scadenza di giovedì festivo; proroga al venerdi; scadenza domenica per la parte intimata e quindi successiva proroga). Ipotesi, questa, chiaramente contrastante con la ratio di cui all’art. 21, previgente Codice Alta Corte. Peraltro, anche qualora si intendesse valutare il ricorso nel merito, non potrebbe rilevarsi che la sua infondatezza manifesta da un punto di vista sostanziale, recte, di teoria generale del diritto, e, dunque non potrebbe che concludersi per il suo rigetto. Come noto, l’iscrizione al Campionato è il prodotto di una procedura articolata e complessa che, mutuando il Sistema delle Licenze Uefa, fa propri altresì i criteri ivi stabiliti (C.U. 144/A del 6 maggio 2014). Il sistema si completa poi con la previsione, accanto alle ammissioni ordinarie, di criteri e procedure per ovviare a carenze di organico, in modo da concedere alle società non in possesso del titolo sportivo – e sulla base di una disciplina più restrittiva – la possibilità di accedere alla serie superiore. La procedura di ripescaggio segue, dunque, regole parzialmente diverse che si ispirano alla necessità di tener nel debito conto la diversa posizione delle società aventi diritto rispetto a quelle non aventi diritto. Rileva parte ricorrente la palese antinomia fra il C.U. 144/A nella parte in cui impone alle società di depositare “entro il termine del 20 giugno, presso la Commissione Criteri Infrastrutturali, istanza per ottenere la deroga a svolgere l’attività per la stagione 2014/2015 in un impianto non ubicato nel proprio Comune” e il C.U. 171/A nella parte in cui stabilisce che “ai fini del ripescaggio nel Campionato di Divisione Unica – Lega Pro, non saranno ammesse deroghe sui Criteri Infrastrutturali fissati dalle Licenze Nazionali” sottolineando il contrasto che si verrebbe a creare a fronte di una medesima fattispecie. Dal canto suo il C.U. 4/A del 3 luglio 2014 – nel richiamare, ai fini della definizione dei requisiti per la presentazione delle domande – il C.U. 144/A, avrebbe reso questa disciplina di generale applicazione, definitivamente sovrapponendosi a quanto previsto nel C.U. 171/A. Ritiene il Collegio che la riflessione originata dalla prospettazione della questione investa il rinvio ai criteri – impliciti nell’ordinamento – di risoluzione delle antinomie e, nella specie, alla esplicitazione del criterio di specialità da utilizzare al fine di definire correttamente il rapporto fra norma generale e norma speciale. Orbene, la relazione che corre tra norme speciali e generali ha la forma della conseguenza logica di talchè, per ritenere che una norma è speciale rispetto a un’altra norma, occorre individuare almeno un elemento – l’uno rispetto all’altro – in relazione di specie a genere e viceversa. La specialità/generalità delle norme è, in tal senso, una proprietà derivata (perché conseguente appunto alla definizione di siffatto rapporto) che non può che fondarsi su una relazione fondamentale tra le loro componenti concettuali. L’essere generale e l’essere speciale sono qualità delle norme, logicamente correlate e opposte, che indicano e presuppongono una relazione di genus ad speciem tra talune componenti concettuali alle quali gli interpreti, in base a previe assunzioni di rilevanza, danno ruolo di genus e di species. Come noto, oltre all’interprete, cui non raramente spetta il compito di stabilire questa relazione, la definizione della stessa può essere anche il prodotto di una scelta consapevolmente compiuta proprio dal soggetto che pone la norma. Nell’uno come nell’altro caso, stabilire quali caratteristiche delle norme siano rilevanti e assumano il ruolo di genere sottende scelte concettuali e di giustizia del singolo caso. Decidere, in altri termini, cosa è e non è rilevante, cosa conta e cosa no come differenza significa regolare, infatti, diversamente determinati comportamenti e non altri, e trattare inevitabilmente in maniera eguale o diversa alcuni individui o situazioni, piuttosto che altre. Se, dunque, funzione della norma generale è quella di stabilire la regola, ogni allontanamento da essa rappresenta una eccezione; eccezione che, appunto, non può che realizzarsi per il tramite di una norma derogante. Nel caso del diritto civile, sia sufficiente pensare, a mero titolo esemplificativo, alla regola generale posta in tema di durata della locazione di cui all’art. 1573 c.c.; regola che incontra una deroga significativa nella previsione di cui all’art. 1607 c.c. in ragione della necessità di applicare un regime diverso agli immobili urbani destinati ad abitazione. In queste, come in altre fattispecie, il criterio di specialità, sebbene non codificato (eccezion fatta per lo sporadico richiamo di cui all’art. 15 c.p.), infirma la regola generale, aprendo alla indistinguibilità – non solo teorica – fra il concetto di “deroga” e quello di “eccezione”, al punto da indurre la dottrina costituzionalistica a ritenere che la deroga non sia altro che l’effetto tipico della prevalenza della norma speciale su quella generale (Bin-Pitruzzela, Diritto Costituzionale, 2010, 333). Nella specie non v’è dubbio che tale opzione sia stata effettuata dal Consiglio Federale che, per i casi di ripescaggio, ha inteso disporre una disciplina derogatoria, quella di cui al C.U. 171/A, rispetto alla regola generale di cui al C.U. 144/A. 9. Tanto meno la circostanza che il criterio di specialità non sempre operi da solo, talvolta dovendo combinarsi con quello gerarchico e quello cronologico, introduce elementi diversi di riflessione nel discorso che si sta svolgendo, giacchè il sostenere la parità gerarchica fra C.U. 144/A e C.U. 171/A non elimina il rilievo da attribuirsi alla lex specialis che sopravviene. In questi casi il problema è, semmai, quello di comprendere cosa debba intendersi per lex specialis. 10.Nella specie, univoco è il dato che si ricava dal C.U. 171/A laddove recita “Ai fini del ripescaggio nel Campionato di Divisione Unica-Lega Pro, non saranno ammesse deroghe sui criteri Infrastrutturali fissati dalle Licenze Nazionali”. E’ stato, infatti, lo stesso Consiglio Federale ad indicare, con un’esplicita disposizione, la prevalenza di una norma sull’altra, allorchè ha apertamente delimitato il campo di applicazione di eventuali regole derogatorie, escludendo che “Ai fini del ripescaggio”, alcuna deroga potesse operare. Anche a sostenere, in considerazione della funzione dei Comunicati Ufficiali, che non può parlarsi di rapporto fra norme, una più generale, e l’altra relativamente più specifica ma, piuttosto, di due norme egualmente generali i cui campi di applicazione si intersecano, comunque troverebbe applicazione il criterio di specialità da intendersi quale tecnica di composizione delle antinomie, nei termini di cui si è detto. In siffatta ipotesi è la istituzione di una relazione assiologica o di valore fra le due norme confliggenti a fondare la risoluzione del contrasto fra i due Comunicati ufficiali di cui si discorre. La prospettiva funzionale non consegna conclusioni diverse, ove si tenga conto – anche alla luce di una interpretazione sistematicamente orientata – che tutto il complesso meccanismo della iscrizione ai campionati si fonda sul gioco combinato di valutazione dei titoli e dei risultati sportivi nonché sul possesso dei requisiti di natura economico/finanziaria e legale, infrastrutturale e di carattere tecnico/organizzativo, aprendo ad una dimensione premiale che esclude in nuce ogni disparità di trattamento. L’impossibilità per le società aspiranti al ripescaggio di godere della deroga in materia di criteri infrastrutturali riposa, dunque, su siffatto rapporto di specialità che connota il C.U. 171/A.
Decisione Collegio di Garanzia in funzione di Alta Corte di Giustizia Sportiva: Decisione n. 21 del 24/07/2014 –
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Decisione impugnata: Delibera del Consiglio Federale FIGC – C.U. n. 14/A del 18 luglio 2014 - con la quale non è stata concessa alla società ricorrente la Licenza Nazionale ai fini della partecipazione al campionato di Divisione Unica – Lega Pro (stagione sportiva 2014/2015)
Parti: F.C. Esperia Viareggio s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Il Collegio ritiene che l’eccezione, sollevata dalla difesa della F.I.G.C., relativa alla tardività del ricorso poiché presentato dopo la scadenza del termine all’uopo prescritto, abbia un suo fondamento in quanto, ai sensi dell’art. 21, commi 4 e 7, del Codice dell’Alta Corte, il procedimento in argomento è scandito da una procedura accelerata, compatibile con la scadenza del termine perentorio - come termine di decadenza – durante il giorno festivo.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 23 del 18/07/2013 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale, pubblicata sul C.U. n. 241/CGF del 12 aprile 2013
Parti: ACD Torconca Cattolica/ASD Meldola/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Dilettanti
Massima: E’ inammissibile il ricorso proposto dalla società all’Alta Corte con il quale chiede l’annullamento della delibera della Corte di Giustizia Federale che ha dichiarato inammissibile il suo ricorso per revisione atteso che la società ha proposto, innanzi all’Alta Corte , una nuova domanda, volta alla "revisione" della decisione ai sensi dell'art. 39, c.2 (accertata falsità in atti desumibile dalla surriferita comunicazione dell'Ufficio Postale), in mancanza della pubblicazione delle motivazioni. Non essendo però ancora pubblicata la parte motiva di detta decisione non è certamente possibile, per il ricorrente (a maggior ragione in sede di revisione), formulare specifiche censure con riferimento ad eventuali errores in judicando et in procedendo di una motivazione per ora non nota.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 12 del 28/07/10 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione del Consiglio Federale della F.I.G.C., pubblicata sul C.U. n. 20/ A del 16 luglio 2010, relativa a reclamo avverso la delibera di non ammissione della anzidetta società sportiva ricorrente al Campionato di Seconda Divisione per la stagione sportiva 2010-2011 (rifiuto della Licenza nazionale ai sensi del Sistema Licenze Nazionali 2010/2011, Comunicato ufficiale n. 117/A, pubblicato il 25 maggio 2010, e n. 131/A pubblicato il 16 giugno 2010).
Parti: Potenza Sport Club Srl contro Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: E’ inammissibile il ricorso all’Alta Corte di Giustizia Sportiva avverso la Decisione del Consiglio Federale della F.I.G.C., di non ammissione della società sportiva ricorrente al Campionato di Seconda Divisione per la stagione sportiva 2010-2011 allorquando non risulta realizzato il contraddittorio al quale l’art. 21, comma 4, impone di dar vita e nel rispetto di un termine di decadenza (due giorni dalla pubblicazione della decisione). Né può operare con ruolo sanante la costituzione successivamente intervenuta da parte della Federazione, sia perché il termine predetto di carattere perentorio produce irreversibili decadenze, sia perché la parte intimata - tanto nella difesa scritta che nelle difese orali - ha formalmente eccepito la decadenza intervenuta al fine di conseguire la declaratoria di inammissibilità del presente ricorso.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 6 del 16/10/09 –
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Decisione impugnata: Provvedimento in data 4 agosto 2009 del Comitato Regionale Lazio della LND di esclusione della stessa società dal Campionato regionale allievi per la stagione sportiva 2009/2010
Parti: S.S. Romulea. contro Comitato Regionale Lazio della Lega Nazionale Dilettanti (“LND”) e Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.),
Massima: E’ inammissibile il ricorso all’ACGS avanzato dalla società avverso il provvedimento del Comitato Regionale della LND di esclusione della stessa società dal Campionato regionale allievi per la stagione sportiva 2009/2010 allorquando il ricorso non è stato notificato alla FIGC. La anzidetta notificazione o trasmissione è prevista – come onere a carico del ricorrente -, a pena di decadenza, dalle norme ordinarie (art. 4, comma 1, del Codice dell’Alta Corte) richiamate dall’art. 21, comma 14, dello stesso Codice). D’altro canto non è più possibile una integrazione, in quanto ai fini della tempestività occorre tenere anche conto della disposta abbreviazione dei termini, ormai ampiamente decorsi. Da tenere presente che la Federazione di appartenenza è considerata nel Codice contraddittore necessario, oltre per la sua posizione istituzionale nell’ordinamento sportivo, anche ai fini di verifica dell’ ”avvenuto esperimento dei rimedi o ricorsi previsti dalla giustizia sportiva federale”.
Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 13 del 28/07/10 –
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Decisione impugnata: Decisione del Consiglio Federale della F.I.G.C., pubblicata sul C.U. n. 18/A del 16 luglio 2010, relativa a reclamo avverso la delibera di non ammissione della anzidetta società sportiva ricorrente al Campionato di Prima Divisione 2010-2011 (rifiuto della Licenza Nazionale ai sensi del Sistema Licenze Nazionali 2010/2011, Comunicato ufficiale n. 117/A, pubblicato il 25 maggio 2010, e n. 131/A pubblicato il 16 giugno 2010) nonché di tutti gli atti e/o provvedimenti presupposti, connessi e/o conseguenti alla pronuncia medesima.
Parti: A.S. Calcio Figline contro Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: E’ irricevibile per tardività il ricorso all’Alta Corte di Giustizia Sportiva avverso la Decisione del Consiglio Federale della F.I.G.C., di non ammissione della società sportiva ricorrente al Campionato di Prima Divisione 2010-2011. Ai sensi dell’articolo 21, comma 4, del Codice dell’Alta Corte i ricorsi relativi a Licenze di ammissione ai campionati debbono essere notificati o trasmessi alla parte resistente e alla Federazione di appartenenza entro il termine perentorio di due giorni dalla data di conoscenza dell’atto impugnato. Nella specie il ricorso risulta proposto al di là del termine di decadenza. La pubblicazione della decisione della Federazione (l’atto impugnato in questa sede) è intervenuta il giorno 16 luglio 2010. La presentazione del ricorso ha trovato luogo, però, solo il 20 luglio e, perciò, al di là del termine di decadenza venuto a maturazione lunedì 19 luglio 2010 (giorno successivo alla domenica 18 luglio 2010, data di scadenza prorogata ex lege al successivo giorno feriale, 21 luglio 2010). Non conduce - come vorrebbe il ricorrente - allo spostamento della data di scadenza al 20 luglio (la data in cui il ricorso risulta presentato) il fatto che il giorno successivo al giorno 16 (la data di pubblicazione della decisione) fosse un sabato (sabato 17 luglio). E’ vero che ai sensi del quinto comma dell’art. 155 c.p.c. le scadenze in maturazione nel giorno di sabato vengono di diritto prorogate al primo giorno seguente non festivo. La detta proroga risulta, però, disposta dalla norma codicistica solo per il compimento di atti che vengono in scadenza in tale giornata. La previsione normativa non concerne, però, la presente fattispecie nella quale il giorno di sabato, non costituendo un giorno di scadenza, rientra - al pari dei giorni festivi collocati all’interno di un termine di durata continua – tra quelli dei quali occorre tener conto ai fini del computo del termine. Sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti.