F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 62CFA del 6 marzo 2020 (A.S.D. OSTUNI 1945/PROCURA FEDERALE INTERREGIONALE) N. 98/2019 -2020 REGISTRO RECLAMI N. 062/2019–2020 REGISTRO DECISIONI

N. 98/2019 -2020 REGISTRO RECLAMI

 

N. 062/2019–2020 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO I SEZIONE

composta dai Sigg.ri:

 

 

 

Mario Torsello - Presidente Francesco Cardarelli - Componente

Paola Palmieri - Componente (relatore)

 

 

 

 

ha pronunciato la seguente

 

 

DECISIONE

 

 

sul reclamo numero di registro 98/CFA del 2019-2020, proposto da ASD Ostuni 1945, rappr.ta e difesa dall’Avv. Luca Marzio

 

contro la Procura Federale

per la riforma


della decisione n. 68/TFT–SS, 2019/2020, pronunciata dal Tribunale Federale Territoriale, assunta all’esito dell’udienza del 27.1.2020 e pubblicata il 28 gennaio 2020, a seguito di deferimento della Procura Federale,

visto il reclamo e i relativi allegati; visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 27 febbraio 2020 l’Avv. Paola Palmieri e udito per il reclamante l’Avv. Luca Marzio nonché il rappresentante della Procura Federale, Avv. Anna Maria De Santis;

 

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

 

 

RITENUTO IN FATTO

 

 

A seguito di iscrizione nel registro dei procedimenti della Procura Federale in data 10 luglio 2019 al n. 107 PFI 19-20 il 9 dicembre 2019, il Procuratore interregionale ed il Procuratore federale aggiunto deferivano al Tribunale Federale territoriale c/o Comitato Regionale Puglia per la Puglia:

 

  1. il Sig. Marco Calo’ nella sua qualità, all’epoca dei fatti, di Presidente della ASD Ostuni, per violazione dell’art. 1 bis, comma 1 del previgente Codice di Giustizia Sportiva ( trasfuso nell’art. 4, comma 1 del vigente C.G.S. ) e dell’art. 8, commi 9 e 10 del previgente C.G.S. (trasfuso nell’art. 31, commi 6 e 7, del vigente C.G.S.), in relazione all’art. 94 ter comma 13 delle N.O.I.F., per non avere ottemperato, nel termine di trenta (30) giorni dalla data di comunicazione, alla delibera del Collegio arbitrale c/o la LND riguardante la vertenza nr. 192/78 (2017/2018) tra l’allenatore Ciraci Antonio e la società A.S.D. Ostuni 1945, emessa all’esito del predetto contenzioso di cui alla riunione 11.10.18 sul C.U. nr. 5/2018 e trasmessa con nota del 15.10.2018 dallo stesso Collegio arbitrale con racc. A/R del 13.11.2018, quindi restituita al mittente per compiuta giacenza;
  2. la società A.S.D. Ostuni 1945 a titolo di responsabilità diretta ai sensi dell’art. 4 comma 1 del previgente Codice di Giustizia Sportiva (trasfuso nell’art. 6, comma 1 del vigente C.G.S.) per gli illeciti disciplinari ascritti al Presidente in carica al momento dei fatti contestati. Motivo del deferimento era costituito dal mancato pagamento, nel termine di trenta giorni, ai sensi delle disposizioni sopra richiamate, di quanto dovuto dalla società sportiva all’allenatore

Ciraci Antonio a titolo di premio di tesseramento, come riconosciuto dal Collegio arbitrale

 

L.N. D. all’esito della vertenza n. 192/78 per la stagione 2017/2018, per il complessivo importo di euro 7.224,00, anche alla luce del mancato riscontro, da parte degli interessati, alla comunicazione di conclusione delle indagini in data 10-9-2019 e 7-10-19, regolarmente notificata ai soggetti indagati.

 

Il Tribunale Federale territoriale, constatato che la società era stata condannata al pagamento della somma suindicata a titolo di emolumenti, in favore del sig. Ciraci da parte del Collegio arbitrale con decisione del 11.10.2018 pubblicata sul C.U. nr 5/2018 e notificata alla società ricorrente il 15.10.2018; che la società, pur avendo l’onere di ottemperare al deliberato del Collegio arbitrale entro e non oltre trenta giorni così, come stabilito dal lodo e dalla normativa in materia, non aveva proceduto al pagamento; che il presidente della medesima società non aveva ritenuto di fornire, in seno al procedimento disciplinare, giustificazioni di detto comportamento; tenuto conto anche della mancata allegazione di note difensive dopo la notifica di chiusura delle indagini, accertava la responsabilità piena tanto del presidente pro tempore, quanto della stessa società sportiva per responsabilità oggettiva e, pertanto, disponeva infliggersi 6 mesi di inibizione al Presidente Marco Calò ed un punto di penalizzazione ed Euro 3.000,00 di ammenda per la società ASD Ostuni 1945.

 

Avverso la decisione, comunicata il 28 gennaio 2020, proponeva tempestivo reclamo, ai sensi dell’art.101 del C.G.S, con atto del 3 febbraio 2020, Semeraro Pierangelo, “in qualità di Dirigente segretario per ASD Ostuni 1945 militante nel campionato di Promozione girone B della FIGC Comitato Regionale Puglia e l’Avv. Luca Marzio, in qualità di Dirigente e difensore della società sportiva, giusta delega in calce”.

 

Secondo la prospettazione di cui al reclamo, l’allora presidente della società non si era difeso in sede disciplinare né innanzi al Tribunale federale territoriale, avendo il medesimo erroneamente interpretato la contestazione come “mancato pagamento” e non già quale “ritardato pagamento”. Il Calò, infatti, aveva iscritto la squadra al campionato in corso ed effettuato i pagamenti relativi a due vertenze economiche con lo stesso allenatore Ciraci relative, rispettivamente, alla stagione 2016/2017 e 2017/2018, e pertanto, aveva ritenuto che il Tribunale avrebbe accertato tale assolvimento e, di conseguenza, archiviato.


Successivamente alla intervenuta conoscenza della decisione di primo grado, effettuata una ricerca agli atti della società, si era potuto verificare che, relativamente alla vertenza 2017/2018, vi era una dichiarazione liberatoria del 9.11.2018 a firma del solo Ciraci e che, con successivo, accordo transattivo del 26.7.2019 erano state definite due vertenze per le stagioni calcistiche 2016/2017 e 2017/2018, quest’ultima oggetto della sanzione impugnata. Deduceva ancora il ricorrente che il pagamento relativo alla stagione 2017/2018 era, dunque, avvenuto tempestivamente nei trenta giorni ma che, essendosi ritenuto che la prima attestazione di pagamento fosse stata superata dal successivo accordo, già in possesso della lega, di conseguenza, non erano state svolte attività difensive.

 

La società reclamante allegava, a sostegno di quanto esposto, l’atto di liberatoria a firma dell’allenatore Antonio Ciraci recante la data in calce del 9.11.2018; la dichiarazione del medesimo allenatore in data 26 luglio 2019 con cui il Ciraci dichiarava di avere raggiunto un accordo transattivo e, pertanto, di non avere nulla a pretendere dalla società ADS Ostuni 1945 per le stagioni 2016/2017 e 20178/2018; il deliberato in data 10 ottobre 2019 del Collegio arbitrale L.N.D. che, con riferimento alla vertenza n. 175/89 - instaurata dal Ciraci per la corresponsione del premio di tesseramento 2017/2018 - dichiarava la intervenuta cessazione della materia del contendere.

 

Sulla base delle ragioni sopra sintetizzate e della documentazione così allegata, la società chiedeva la riforma della decisione sia per quanto riguarda la sanzione della inibizione irrogata nei confronti del Pres. Calò sia avverso l’ammenda ed il punto di penalizzazione per la società, in quanto sanzioni sproporzionate rispetto ad una contestazione di mero ritardato pagamento, chiedendo quanto meno, l’eliminazione del punto di penalizzazione e la riduzione delle altre sanzioni.

 

All’udienza del 27 febbraio 2019 si è costituita a verbale la Procura che ha eccepito l’inammissibilità del reclamo per difetto di legittimazione del Semeraro ad agire per conto della società e per conseguente invalidità del mandato difensivo, sia con riferimento alla possibilità, per la società calcistica, di agire per le sanzioni irrogate al Calò. La Procura ha eccepito, inoltre, la tardività della produzione dei documenti allegati e, in ogni caso, l’infondatezza del reclamo.


Sentita in replica la difesa del ricorrente, a seguito di discussione, presente anche il Presidente dell’associazione reclamante Marco Calò, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

 

 

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

 

  1. In via preliminare, occorre scrutinare l’eccezione formulata dal rappresentante della Procura in occasione dell’udienza di discussione e le repliche del difensore della società nei cui confronti è stato interposto il reclamo.

 

Si osserva, innanzitutto, che le associazioni dilettantistiche sportive, siano esse dotate di personalità giuridica ovvero configurate quali meri enti di fatto, possono stare in giudizio per mezzo del legale rappresentante o di coloro che sono autorizzati per statuto o in base all’atto costitutivo a rappresentare l’associazione. In assenza di una specifica norma sul punto è possibile richiamare, l’art. 75 c.p.c. ed i generali principi in tema di capacità e legittimazione processuale sia sotto il profilo della legittimazione a presentare reclamo che della possibilità di conferire al difensore un valido mandato ai fini della difesa in giudizio.

 

Nel caso in esame, il reclamo risulta proposto da “Semeraro Pierangelo, in qualità di Dirigente Segretario per l’ASD Ostuni 1945 delegato a rappresentare la società sportiva” che “conferisce e nomina difensore di fiducia del presente procedimento, l’Avv. Luca Marzio, del foro di Brindisi”.

 

Al rilievo di inammissibilità del reclamo formulato dalla Procura federale, il difensore della società sportiva, nel corso della discussione, ha rappresentato che risulta depositata presso la Lega-Comitato Regionale Puglia, ad inizio stagione, la delega di firma da parte del legale rappresentante, ai fini della iscrizione al campionato e che il segretario risulta tra i delegati alla firma. Tale delega, in quanto depositata presso il Comitato regionale e condizione per l’iscrizione al Campionato, è pertanto accessibile a chiunque vi abbia interesse.

 

La Corte ritiene l’eccezione superabile sulla base delle seguenti considerazioni.

 

Nel caso delle società sportive, intese, al di là della specifica forma giuridica adottata, quali “enti a struttura associativa” che svolgono l'attività sportiva del giuoco del calcio, condizione per l’affiliazione alla F.I.G.C. è data dalla presentazione, per il tramite dei rispettivi Comitati regionali, di apposita domanda, sottoscritta dal legale rappresentante e corredata tra l’altro


dell’atto costitutivo dello statuto sociale e dell’elenco nominativo dei componenti oltre che dell'organo o gli organi direttivi (art. 15 delle N.O.I.F.).

 

Per le società sportive dilettantistiche, inoltre, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. c) del D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242, è istituito presso il CONI un apposito Registro pubblicato sul sito del Coni e liberamente accessibile da tutti gli interessati, da cui risultano sia le cariche rappresentative che le relative modifiche.

 

In presenza di tale regime di pubblicità è possibile richiamare la giurisprudenza civile di legittimità che, con specifico riferimento alla rappresentanza processuale, ha operato una distinzione tra onere di indicazione della fonte del potere rappresentativo e onere della relativa dimostrazione. In particolare, le Sezioni Unite (SS.UU. sentenza 1 ottobre 2007, n. 20596) hanno chiarito che, in tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall’atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa.

 

Alla luce della giurisprudenza sopra richiamata, configura un onere per la parte che formula l’eccezione di difetto di rappresentanza processuale dare prova della carenza del difetto di rappresentanza della società.

 

Nel caso di specie, pertanto - in cui la Procura si è limitata a formulare la relativa eccezione e, comunque, anche a fronte del principio di prova fornito dal difensore della società che ha rimandato ad atti che rientrano nella disponibilità della Lega e facilmente consultabili da chiunque - è possibile, in assenza di prova contraria e considerata anche la presenza in udienza del Presidente della Associazione reclamante, presumere l’esistenza, in capo al “dirigente segretario” che ha agito in nome e per conto dell’associazione sportiva reclamante, di poteri di rappresentanza processuale, oltre che il conseguente legittimo conferimento del mandato difensivo all’Avv. Marzio.

Quanto sopra, anche in ragione del carattere di maggiore informalità del processo sportivo (recentemente ribadito nella pronuncia a SSUU della Corte federale n. 55/2019-2020, del 4


marzo 2020), nonché dell’ampia possibilità di sanare le irregolarità formali relative sia alla sottoscrizione dei ricorsi e dei reclami che alla eventuale delega, contemplata dall’art. 49 del C.G.S.

 

  1. Merita, per contro, di essere accolta l’ulteriore eccezione formulata dalla Procura relativa alla carenza di legittimazione attiva della società, in relazione alla richiesta di annullamento o, in subordine, di riduzione della sanzione irrogata al Presidente, Marco Calò.

 

Sebbene nelle conclusioni del reclamo si chieda genericamente alla Corte Federale adita, di annullare sia le sanzioni addebitate alla società a titolo di responsabilità oggettiva (di un punto di squalifica e di ammenda) che quella (di inibizione) irrogata personalmente al Calò, il reclamo risulta proposto dalla sola società come sopra rappresentata.

 

Si riscontra, in tal caso, un difetto di legittimazione, intesa come carenza di legitimatio ad causam - consistente, per consolidato orientamento giurisprudenziale, nella titolarità del potere di promuovere un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato secondo la prospettazione offerta dall'attore ed indipendentemente dalla effettiva titolarità (dal lato attivo o passivo) del rapporto stesso (ex multis, Cass. civ. Sez. III, Sent., 2012, n. 2091; Cass. 23 novembre 2005,

n. 24594, Cass., 7 ottobre 2005, n. 19647; Cass., 3 luglio 1999, n. 6894) - in quanto la società reclamante non è titolata ad agire in nome e per conto del Presidente per le sanzioni al medesimo irrogate a titolo personale in conseguenza delle violazioni addebitate e riscontrate in primo grado.

 

Il richiamo ai principi del giusto processo di cui all’art. 44, comma 1, del C.G.S, consentono di considerare applicabili al processo sportivo anche i generali principi ricavabili dall’art. 81

c.p.c. che, nel sancire che, al di fuori dei casi previsti dalla legge, nessuno può agire in giudizio per far valere in nome proprio un diritto altrui, stabilisce la necessaria coincidenza tra il soggetto titolare del diritto fatto valere in giudizio e il soggetto legittimato ad agire in giudizio per la tutela del diritto stesso.

Inoltre, l’art. 47 del CGS, rubricato “Diritto di agire innanzi agli organi di giustizia sportiva”, ribadisce, in termini chiari, il principio dell’interesse ad agire per cui l’azione è esercitata soltanto dal titolare di una posizione rilevante per l’ordinamento federale che abbia subito una lesione o un pregiudizio.


Nel caso in esame, con riferimento alle sanzioni irrogate al Presidente della società, si riscontra la mancanza di entrambe le condizioni, sia dal punto di vista del difetto della necessaria identità tra chi esperisce l’azione e colui al quale la legge riconosce il potere di proporla sia della carenza di interesse ad ottenere la tutela giurisdizionale richiesta.

 

D’altra parte, non è meritevole di seguito la considerazione del difensore dell’Associazione reclamante che, nel rispondere all’eccezione formulata in udienza dal rappresentante della Procura federale, ha addotto, quale impossibilità per il Calò di proporre reclamo per quanto di proprio interesse, lo stato di inibizione in cui versa il medesimo in conseguenza della sanzione irrogata (inibizione per sei mesi).

 

Tale status, infatti, se ai sensi dell’art. 8 del C.G.S. è ostativo all’esercizio dei poteri conferiti in ambito associativo, e comporta, tra l’altro, il divieto di rappresentare la società di appartenenza in attività rilevanti per l’ordinamento sportivo nazionale e internazionale (art 8, lett. a), del CGS), per contro, non può essere ritenuto di impedimento, per il soggetto sanzionato, ad esperire i necessari mezzi di reclamo presso i competenti Organi di giustizia sportiva al fine di ottenerne la relativa riforma o l’annullamento, in conformità ai principi del giusto processo richiamati dal vigente Codice di Giustizia sportiva ed i virtù del superiore interesse alla difesa in giudizio espresso, anche a livello costituzionale, dall’art. 24 Cost.

 

Di qui l’inammissibilità del reclamo quanto alla sanzione di sei mesi di inibizione inflitta al Sig. Marco Calò.

 

  1. Nel merito, si rileva l’infondatezza del gravame quanto al presupposto delle sanzioni irrogate.

 

Si riscontra, preliminarmente, una generale incoerenza delle ragioni poste a sostegno del reclamo considerato che, sia dal tenore del deferimento che dalle motivazioni della decisione di primo grado, emerge chiaramente che l’oggetto della contestazione consiste nel fatto che non fosse stato dato alcun seguito al deliberato del Collegio arbitrale e che la società non avesse ottemperato all’obbligo di pagare il premio di tesseramento all’allenatore Ciraci in relazione alla stagione 2017/2018, come statuito dal relativo lodo di condanna. Oltretutto, le due fattispecie, di “omesso pagamento” e di “ritardato pagamento”, sono perfettamente equiparate dalle suindicate disposizioni che sanzionano nello stesso modo “il mancato


pagamento nei trenta giorni dalla comunicazione” (in tal senso l’art. 94 delle NOIF e l’art. 31 del vigente CGS).

 

In ogni caso, anche a prescindere da tali preliminari aspetti, il documento prodotto unitamente al reclamo non può essere tenuto in considerazione, ai fini della prova del positivo e tempestivo pagamento.

 

L’art. 101 del C.G.S., nel ribadire il divieto di nova in appello, come nella formulazione di cui al Codice di giustizia sportiva previgente, prevede altresì la possibilità di produrre nuovi documenti purché analiticamente indicati ed allegati al reclamo.

 

L’eccezione della Procura che ha rilevato la tardività di tale produzione merita positivo seguito.

 

Al riguardo, è stato recentemente considerato dalle Sezioni unite (CFA n. 55/2019-2020) che il giudizio della Corte federale d’appello sui reclami proposti contro le decisioni del Tribunale federale deve tendenzialmente qualificarsi quale revisio prioris instantiae - e quindi l'intervento di questa Corte è limitato al controllo della decisione impugnata - e non quale novum judicium, che, invece, comporterebbe il riesame dell'intero merito della controversia (CGF n. 28-2011/2012).

 

Sennonché, l’art. 101, del vigente Codice di giustizia sportiva prevede, da un lato – in perfetta aderenza all’impostazione secondo cui il giudizio d’appello di caratterizza quale revisio prioris instantiae - che “Le domande nuove sono inammissibili”, dall’altro che “Possono prodursi nuovi documenti purché analiticamente indicati nel reclamo e comunicati alla controparte unitamente allo stesso.”

 

Anche l’art. 23, comma 7, del Codice CONI contiene una norma analoga (“Possono prodursi nuovi documenti, purché analiticamente indicati nell’atto di reclamo e immediatamente resi accessibili agli altri interessati”), così come l’art. 36-bis, comma 3, del Codice di giustizia sportiva previgente (“Possono prodursi nuovi documenti, purché comunicati, unitamente ai motivi di reclamo, alla controparte).

 

E’ indubbio che la possibilità, normativamente prevista, di produrre nuovi documenti nel giudizio d’appello introduca elementi di peculiarità all’interno del sistema impugnatorio, che


non trovano corrispondenze – se non in casi eccezionali – nel giudizio civile e nel giudizio amministrativo.

 

E’ noto, difatti, che secondo l’art. 345 del codice di procedura civile, nella formulazione attuale, non possono essere prodotti nuovi documenti che la parte dimostri di non aver potuto proporre o produrre nel giudizio di primo grado, per causa ad essa non imputabile e che l’art. 104, comma 2, del codice del processo amministrativo consente la produzione tardiva nei medesimi eccezionali casi e se i documenti siano ritenuti indispensabili per la decisione.

 

Orbene, il Collegio ritiene che la disposizione di cui all’art. 101 del vigente Codice di giustizia sportiva, secondo cui “Possono prodursi nuovi documenti purché analiticamente indicati nel reclamo e comunicati alla controparte unitamente allo stesso”, derogando ai principi generali dell’ordinamento, non sia suscettibile di applicazione analogica e vada intesa in senso restrittivo, analogamente a quanto ritenuto, del resto, dagli specifici orientamenti dottrinali in materia.

 

Pertanto la stessa deve essere interpretata nel senso che non è consentita una nuova produzione documentale alla parte che, nelle precedenti fasi di giudizio, non si sia affatto difesa e che, di conseguenza, tenti di rimediare alla propria inerzia processuale dando prova, per la prima volta in appello, dell’insussistenza del presupposto per l’irrogazione delle sanzioni.

 

Né, d’altra parte, come sopra osservato, le ragioni addotte dal reclamante sono riconducibili a fatti non imputabili alla società o ai suoi dirigenti, ovvero a causa di forza maggiore.

 

La dichiarazione del 9 novembre 2018, allegata al reclamo, pertanto, non può essere utilizzata al fine di ottenere la riforma della decisione del Tribunale federale di primo grado che si sia pronunciato in assenza di tali risultanze, per fatto imputabile al reclamante.

 

  1. Quanto alla subordinata richiesta di ridimensionamento della sanzione, si osserva che la sanzione della penalizzazione di un punto in classifica non è ulteriormente riducibile considerato che l’art. 31, comma 6, del C.G.S. in combinato disposto con l’art. 94 delle

N.O.I.F. prevede - in conseguenza della violazione di mancato pagamento delle somme accertate dal Collegio arbitrale della LND, nei trenta giorni dalla comunicazione del lodo - la sanzione della penalizzazione di uno o più punti.


Quanto all’ulteriore sanzione dell’ammenda nella misura di Euro 3000,00 la Corte, valutate tutte le circostanze della fattispecie concreta, anche in relazione alla natura non professionistica del contesto sportivo in cui si sono consumati gli addebiti in esame e considerato che l’accordo economico raggiunto tra le parti consente, comunque, di ritenere applicabile l’attenuante di cui all’art. 13, lett. c), del vigente C.G.S., reputa congruo, in parziale accoglimento del reclamo, ridurre la sola sanzione dell’ammenda, che si ricalcola nel minore importo di Euro 500,00.

 

Di qui il parziale accoglimento del reclamo, nei soli limiti della riduzione della sanzione dell’ammenda irrogata alla società.

 

P.Q.M.

 

 

La Corte Federale d’Appello (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul reclamo dalla società A.S.D. OSTUNI 1945, lo dichiara in parte inammissibile e in parte lo accoglie. Per l’effetto, conferma la sanzione dell’inibizione per il sig. Calò Marco di mesi 6, conferma la sanzione per la società A.S.D. Ostuni 1945 di punti 1 di penalizzazione e ridetermina la sanzione dell’ammenda in € 500,00.

 

Dispone la restituzione del contributo.

 

 

Dispone la comunicazione alle parti presso i difensori con posta elettronica certificata.

 

 

 

 

 

IL RELATORE                                                        IL PRESIDENTE

 

 

f.to Paola Palmieri                                                           f.to Mario Torsello

 

 

 

 

 

 

 

 

Depositato il 6 marzo 2020 Il Segretario

f.to Fabio Pesce

 
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