F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE II – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 076CFA del 19 giugno 2020 (Procura Federale/Sig. Campedelli Luca/Chievo Verona Srl/Sig. Piangerelli Luigi) N. 123/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 124/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 76/2019-2020/REGISTRO DECISIONI
N. 123/2019-2020 REGISTRO RECLAMI
N. 124/2019-2020 REGISTRO RECLAMI
N. 76/2019-2020/REGISTRO DECISIONI
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO II SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
G. Paolo Cirillo – Presidente
Vincenzo Barbieri – Componente (relatore)
Claudio Franchini - Componente ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul reclamo numero di registro 123/CFA/2019-2020, proposto dalla Procura Federale contro:
A.C. CHIEVO S.r.l. e LUCA CAMPEDELLI
Sul reclamo numero di registro 124/CFA/2019-2020, proposto dal sig. Piangerelli Luigi
contro:
PROCURA FEDERALE F.I.G.C.
per la riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare n.118 del 27 febbraio 2020;
visto il reclamo e i relativi allegati; visti gli atti della causa; Relatore nell’udienza del 9 giugno 2020 il dott. Vincenzo Barbieri e uditi: l’Avv. Matteo Melandri e Daniele Ripamonti per il sig. Campedelli e la società Chievo Verona S.r.l., l’Avv. Cesare Di Cintio per il sig. Luigi Piangerelli e per la Procura Federale la Dott.ssa Serenella Rossano.
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
Fatto
Con atto in data 02.01.2020 la Procura Federale presso la F.I.G.C. deferiva al Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, tra gli altri i seguenti soggetti per le appresso precisate incolpazioni :
- Il Sig. Luigi Piangerelli, all’epoca dei fatti responsabile del Settore Giovanile della società AC Cesena Spa, per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del C.G.S. ( vigente ratione temporis) e dell’art. 4, comma 1, del CGS vigente in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale, violazioni che integrano i presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 21, commi 2 e 3 delle NOIF, per aver contribuito a causare il dissesto della società AC Cesena Spa compiendo atti di bancarotta fraudolenta (organizzazione ed attuazione di compravendite di giovani calciatori a valori abnormi) idonei ad integrare il reato di false comunicazioni sociali come meglio descritto ai capi di incolpazione provvisori C,K dell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali emessa dal GIP di Forlì, dott.ssa Monica Galassi, in data 9 luglio 2019 versata in atti;
- Il Sig. Luca Campedelli, all’epoca dei fatti Presidente e Legale Rappresentante della società Chievo Verona Srl, per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del CGS ( vigente ratione temporis) e dell’art. 4, comma 1, del CGS vigente in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale, violazioni che integrano i presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 21, commi 2 e 3 delle NOIF, per aver posto in essere atti di bancarotta fraudolenta, reati tributari
mediante emissione ed utilizzo di fattute per operazioni inesistenti al fine di consentire alle
società Chievo Verona Srl e AC Cesena Spa di evadere le imposte come meglio descritto ai capi di imputazione provvisori C,I,J dell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali emessa dal GIP di Forlì, dott.ssa Monica Galassi, in data 9 luglio 2019 versata in atti;
- La società Chievo Verona Srl per rispondere a titolo di responsabilità diretta della violazione dell’art. 4, comma 1 del CGS, vigente all’epoca dei fatti e dell’art. 6, comma 1 del CGS ad oggi vigente, per i comportamenti posti in essere dal sig. Luca Campedelli, all’epoca dei fatti Presidente e Legale Rappresentante della società, come sopra descritto.
All’udienza del 30.1.2020 il Tribunale Federale definiva con la decisione n. 102/TFN-SD 2019/2020, la posizione degli altri soggetti deferiti ( i dirigenti della AC Cesena Spa Lugaresi, Ceccarelli, Manuzzi e Checchia, ai sensi dell’art. 127, co 4, del CGS - Applicazione di sanzioni su richiesta dopo il deferimento -.
Con sentenza in data 19.2.2020, depositata il 27.2.2020, il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare dichiarava inammissibile il deferimento nei confronti del sig. Luca Campedelli e della società Chievo Verona Srl; accoglieva invece il deferimento nei confronti del sig. Luigi Piangerelli infliggendogli la sanzione dell’inibizione di mesi 4 ( quattro).
Avverso tale sentenza proponevano appello la Procura Federale, in persona del Procuratore Federale f.f. e il sig. Luigi Piangerelli.
Si costituivano in giudizio con memoria difensiva degli avv.ti Ripamonti e Matteo Melandri, il sig. Luca Campedelli e la società Chievo Verona S.r.l.
Ai fini della valutazione dei gravami corre l’obbligo di evidenziare che il sig. Luca Campedelli e la società Chievo Verona Srl erano stati giudicati e condannati, nell’ambito del procedimento n. 670 pf 17-18, con la sanzione di mesi 3 (tre) di inibizione, nonché con l’ammenda di € 200.000,00( duecentomila,00) e punti tre di penalizzazione per la società, di tali fatti chiamata a rispondere in via diretta. Tali condanne hanno il presupposto nelle incolpazioni a loro carico elevate dalla Procura Federale che appare indispensabile riportare:
Luca Campedelli (all’epoca dei fatti presidente del Consiglio di amministrazione della società AC Chievo Verona Srl):
1a) violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali, nonché dei doveri di lealtà correttezza e probità di cui all’art. 1 bis comma 1 e dell’art. 8 commi 1,2 e 4 del CGS anche in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale per aver sottoscritto le variaziazioni di tesseramento dei calciatori Haddu, Tomasini, Gkoras, Magrini , Concato, Mazzavillani, Mahmuti, Bartoletti, Foletto, Andreoli, Eziefula, Sarini, Tosi , Rodriguez, De Miguel, Zambelli, Grieco, Placidi, Grarritano, Borgogna, Rigione, Zoppi, Asilani, Contarelli, Drudi, Paroti, Mansi, Galassi, Di Cecco, Fonte, Romano, indicando in tutte un corrispettivo superiore al reale, allo scopo di commettere le condotte illecite di cui al punto 1.b che segue;
1b) violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà correttezza e probità di cui all’art. 1 bis comma 1 e dell’art. 8 commi 1,2 e 4 del CGS anche in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale, per aver contabilizzato nei bilanci al 30 giugno 2014, 30 giugno2015, 30 giugno 2016, e 30 giugno 2017 e nelle situazioni semestrali al 31
dicembre 2014, 31 dicembre 2016 e 31 dicembre 2017 della società AC Chievo Verona srl plusvalenze fittizie per complessivi € 25.380.000 e immobilizzazioni materiali di valore superiore al massimo consentito dalle norme che regolano i bilanci delle società di capitali per complessivi € 23.850.000, condotte finalizzate a far apparire un patrimonio netto superiore a quello realmente esistente alla fine di ciascun esercizio e di ciascun semestre, così da ottenere la Licenza Nazionale e l’iscrizione al campionato di serie A delle stagioni 2015/2016, 2016/2017 2017/2018 in assenza dei requisiti previsti dalla normativa Federale.
La Società AC Chievo Verona s.r.l. a titolo di responsabilità diretta ed oggettiva, ex art. 4, commi 1 e 2, del CGS per le condotte ascritte al suo Presidente munito di poteri di rappresentanza Luca Campedelli, nonché ai suoi Amministratori Sigg.ri Piero Campedelli, Giuseppe Campedelli, Michele Cordioli e Antonio Cordioli.
Con il gravame interposto la Procura Federale censurava la sentenza impugnata con i seguenti due motivi:
- Erroneità e contraddittorietà della decisione in relazione al principio del “ne bis in idem” come regolato dal codice di procedura penale;
- Erronea valutazione delle condotte contestate al sig. Luca Campedelli in relazione al principio del “ ne bis in idem” ed omessa decisione su un capo d’ incolpazione contestato al sig. Luca Campedelli.
Chiedeva, per l’effetto, che, in accoglimento del reclamo, venisse affermata la responsabilità del sig. Luigi Campedelli con l’irrogazione della sanzione di 18 mesi di inibizione, nonché la responsabilità diretta della società Chievo Verona Srl per le condotte ascritte al suo presidente Campedelli con la comminazione della sanzione dell’ammenda di € 50.000.
Con la memoria di costituzione difensiva il sig. Campedelli e la società Chievo Verona S.r.l contestavano le avverse deduzioni chiedendo il rigetto del reclamo.
Il sig. Luigi Piangerelli nell’impugnare la sentenza del Tribunale Federale deduceva l’inosservanza degli artt. 123 e 125 CGS in ordine alla irregolarità delle notifiche degli atti della Procura Federale e, nel merito, l’erroneità della stessa per l’insufficienza delle prove inidonee a giustificare l’incolpazione elevata. Chiedeva, in via principale, l’annullamento della sentenza di primo grado; in via subordinata l’applicazione della sanzione nel minimo edittale tenuto conto delle circostanze attenuanti evidenziate.
I reclami proposti venivano preliminarmente riuniti per connessione oggettiva e parzialmente soggettiva all’odierna udienza svoltasi in teleconferenza alla presenza delle parti interessate.
Motivi della decisione
I reclami proposti dalla Procura Federale e dal sig. Luigi Piangerelli non sono fondati e per l’effetto vanno respinti.
RECLAMO DELLA PROCURA FEDERALE
Giova rilevare che il Giudice di primo grado ha dichiarato inammissibile il reclamo della Procura Federale ritenendo l’identità delle condotte contestate al sig. Campedelli nel procedimento n. 670pf17-18 (conclusosi con l’applicazione della sanzione di mesi tre di inibizione, nonché con l’ammenda di € 200.000,00 e punti tre di penalizzazione per la società, di tali fatti chiamata a rispondere in via diretta) e di quelle contestate nel procedimento n.134pf19-20 oggetto della presente fase di appello.
La Procura Federale ha dedotto l’infondatezza ed erroneità della motivazione della sentenza del Tribunale Federale Nazionale con i due motivi sopra indicati entrambi relativi all’applicazione del principio del “ne bis in idem” che si sostanziano come segue:
- erroneità giuridica della motivazione perché affermerebbe l’identità delle condotte “alla sola stregua dei caratteri che connotano tale principio in sede penale, ma senza spiegarne le ragioni in relazione alla fattispecie concreta…”;
- contraddittorietà della decisione impugnata rispetto ai patteggiamenti applicati agli altri soggetti deferiti – i sopra citati dirigenti della AC Cesena Spa ( decisione n. 102/TFN-SD 2029/2020 );
- omissione della valutazione dell’apporto causale definito come “esterno”, della condotta del Campedelli nella formazione dei falsi bilanci del Cesena e nella causazione del dissesto, rilevanti ai fini dell’art. 21 NOIF;
- omissione della valutazione dei reati tributari posti in essere dal Campedelli;
- omessa valutazione dei doveri di correttezza, lealtà e probità;
- censura della valutazione della congruità della sanzione già irrogata.
Ciò premesso, poiché è stato posto in discussione il principio del “ne bis in idem” e segnatamente “l’irrilevanza nel procedimento sportivo della presunta identità del fatto storico”, corre l’obbligo di riportare in materia l’illuminante decisione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva n. 118/12 che si è pronunciata nel seguente modo: “Detto principio è stato, in tempi recenti, considerato come principio generale dell’ordinamento giuridico ed orientamento di sistema dettato ad evitare sia “duplicazione dello stesso processo” ( Cass.
S.U. pen., n. 34655/2005), sia decisioni e provvedimenti per lo stesso fatto contro la stessa persona, e quindi possibilità di conflitti e di pronunce tra loro contrastanti. In virtù di tali
esigenze e finalità il principio è man mano risorto nel diritto contemporaneo, confermandosi ed arricchendosi, dapprima in modo deciso nel diritto processuale, anche per effetto delle proclamazioni costituzionali delle garanzie della persona umana e della tutela dei diritti ed in modo più significativo in quello processuale penale. Il principio progressivamente si è esteso ad ogni tipologia di processo e procedimento nelle forme e con le garanzie giustiziali…….”.
La decisione riferita evidenza indubbiamente che il principio di cui trattasi trova applicazione anche nel procedimento sportivo rientrando nella casistica individuata.
E’ di fondamentale importanza al fine del decidere identificare il concetto di “medesimo fatto” per valutare la correttezza o meno del percorso motivazionale del Giudice di primo grado.
Orbene ritiene la Corte che per medesimo fatto debba intendersi la condotta materiale posta in essere dall’agente con riguardo alle circostanze di luogo e di tempo e non la qualificazione giuridica del fatto contestato.
Dall’esame delle incolpazioni della sentenza a carico del sig. Luca Campedelli e altri soggetti (proc. 670 pf17-18) passata in cosa giudicata, si rilevano operazioni di scambio di calciatori operate tra le società del Chievo Verona e del Cesena volte inevitabilmente a sopravvalutare i dati di bilancio mediante il sistema delle cc.dd. “plusvalenze”.
L’attuale incolpazione si riferisce a reati di bancarotta fraudolenta e tributari individuati dalla Procura della Repubblica di Forlì, che sarebbero stati commessi nel fallimento della società AC Cesena anche dal Presidente del Chievo Verona Luca Campedelli concorrendo nelle operazioni di compravendita di calciatori sopra citate, ritenute false e qualificate come “plusvalenze” sui giocatori indicati oggetto di trasferimento tra le due società negli anni 2014- 2015-2016-2017.
Orbene non pare dubbio che le condotte oggetto dei due procedimenti siano le stesse: il fallimento e i reati tributari sono gli effetti giuridici anche se in altro ordinamento statuale di operazioni materiali già sanzionate. Non si individuano, in altri termini, nuove o diverse condotte che si aggiungano alle precedenti sotto il profilo fattuale; le operazioni di
compravendita di calciatori sono state già poste in essere nelle circostanze di tempo ben definite dai campionati di riferimento espressamente identificati.
E’ dato di comune conoscenza che un’operazione commerciale si estrinseca in diversi documenti. Nel caso di specie la compravendita di un calciatore vedrà la presenza di un contratto, di una dichiarazione da inoltrare agli uffici federali, di una fattura per la registrazione della operazione nelle casse societarie ed infine, dell’operazione economica, dovrà esserci traccia nei bilanci delle società interessate all’operazione.
E’ appena il caso di accennare che la Corte condivide appieno, a conforto della correttezza dell’impianto motivazionale del principio del “ne bis in idem”, il riferimento operato dal Tribunale Federale alla sentenza della Corte Costituzionale n. 200/2016 che ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. nella parte in cui esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato giudicato con sentenza divenuta irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale”, ovvero nella parte in cui “limita l’applicazione del principio del ne bis in idem all’esistenza del medesimo fatto giuridico, nei suoi elementi costitutivi, sebbene diversamente qualificato, invece che all’esistenza del medesimo fatto storico”.
In conclusione non trova fondamento la nuova incolpazione elevata dalla Procura Federale perché,
dal confronto tra il fatto storico già sanzionato nell’ordinamento sportivo e quello oggetto dell’odierno giudizio, emerge l’assoluta identità della condotta contestata sempre comunque circoscritta alle operazioni di compravendita e ai riflessi di bilancio relativi al precedente procedimento disciplinare.
La Procura Federale nell’ulteriore motivo di gravame ha dedotto la contraddittorietà tra la decisione del Tribunale Federale che ha accolto il patteggiamento ( decisione n. 102 TFN-SD del 31.1.2010) e quella resa nel procedimento n. 134 pf19-20.
In particolare ha dedotto che il Tribunale Nazionale Federale nell’accogliere le richieste di patteggiamento formulate congiuntamente da essa Procura Federale e dai deferiti sig.ri Lugaresi, Ceccarelli, Manuzzi e Checchia ha espressamente affermato – valutando nel merito
le contestazioni della Procura Federale – che “ la qualificazione dei fatti come formulata dalle parti risulta corretta e le sanzioni appaiono congrue”. E’ del tutto evidente che se il TFN avesse davvero ritenuto sussistente una violazione del principio del ne bis in idem – rilevabile d’ufficio …..- mai avrebbe potuto dichiarare corretta la qualificazione giuridica dei fatti ed avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il deferimento del 2 gennaio 2020 anche nei confronti dei dirigenti della AC Cesena Spa …..già colpiti da sanzione nell’ambito del procedimento n. 670pf 17-18, il medesimo procedimento che ha visto coinvolto il sig. Luca Campedelli e la società Chievo Verona Srl.”.
Il motivo non appare fondato.
L’applicazione di sanzioni su richiesta dopo il deferimento è un procedimento speciale che secondo il dettato normativo (art. 127 CGS) può essere attivato “Successivamente alla notifica dell’atto di deferimento e comunque prima dello svolgimento della prima udienza innanzi al Tribunale Federale..”.
Ciò premesso, preme rilevare che le incolpazioni elevate nel procedimento n. 102 TFN-SD del 31.1.2010 a carico dei dirigenti dell’AC Cesena contengono altre e diverse condotte causative del fallimento della società Cesena, rispetto a quelle individuate nel proc. N. 670pf17-18, quali l’omesso pagamento dell’IRPEF e la sottrazione di documentazione contabile come si evince dai capi di imputazione dei procedimenti interessati e dagli atti inviati dall’A.G. di Forlì e in relazione alle quali il sig. Luca Campedelli non risulta coinvolto neanche a titolo di concorso. Ne consegue che i casi non sono comparabili e nessuna contraddittorietà può dirsi esistente.
RECLAMO DEL SIG. LUIGI PIANGERELLI
Il sig. Piangerelli ha impugnato la sentenza del Tribunale Federale in rito e nel merito. Quanto al primo aspetto, ha rilevato l’inosservanza degli artt. 123 e 125 CGS deducendo:
- l’irregolarità della notifica per violazione dell’art. 123 CGS;
- la duplicità e diversità degli atti di comunicazione di conclusione delle indagini;
- l’inosservanza del termine di cui all’art. 125 comma 2 CGS.
In ordine al primo punto deduceva il reclamante che :
- il 3.10.2019 la Procura Federale aveva provveduto ad informare tutti i soggetti indagati della conclusione delle indagini relative al procedimento n. 134pf19-20;
- il Piangerelli non aveva ricevuto detta comunicazione in quanto la stessa risulta esser stata “restituita al mittente”;
- la Procura Federale aveva nuovamente notificato la comunicazione di conclusione delle indagini al Piangerelli il 28.10.2019 presso un indirizzo diverso, anch’essa mai ricevuta dallo stesso essendo ritornata al mittente;
- nel mese di gennaio 2020 la Procura Federale aveva notiziato il Piangerelli dell’atto di deferimento ( unico atto ricevuto dall’odierno deferito).
Si doleva in particolare il reclamante del fatto che la comunicazione di chiusura indagini era stata notificata due volte. La prima, del 3.10.2019, era stata inviata con raccomandata presso la residenza del Piangerelli, ma restituita immediatamente al mittente. Una ulteriore comunicazione era stata inviata il 28.10.2019 presso un indirizzo di Cesena, perfezionatasi per compiuta giacenza il 17.11.2019. Sottolineava che “Nessuna delle due volte il contenuto delle comunicazioni era stato consegnato al Piangerelli” e che vi è una palese contraddittorietà posto che se la Procura Federale, avallata in tale valutazione dal Tribunale Federale, ha ritenuto la prima notifica valida, non è dato intendere il perché abbia provveduto al secondo invio ad indirizzo fornito diversi anni addietro dal Piangerelli al momento dell’iscrizione nell’elenco dei Direttori Sportivi.
Osserva la Corte che i rilievi sono infondati.
La tempistica delle notificazioni operata dal Giudice di primo grado appare corretta e coerente con la documentazione in atti. La comunicazione della chiusura indagini venne inoltrata a tutti gli incolpati il 3.10.2029; il plico contenente la raccomandata diretta al Piangerelli venne restituita per irreperibilità del destinatario nonostante fosse stata inviata all’indirizzo di questi
in Recanati, Via G. Garibaldi n. 150, indirizzo fornito alla Federazione al momento dell’iscrizione all’Elenco dei Direttori Sportivi.
La Procura Federale, sicuramente per scrupolo procedurale, inoltrò nuovamente il 28.10.2019, la comunicazione al Piangerelli all’ulteriore indirizzo fornito in sede di iscrizione al detto elenco, in Cesena, Via Cesenatico 3441 e il plico che la conteneva, disponibile per il ritiro sin dal 7.11.2019, venne restituito il 7.12.2019 per compiuta giacenza.
Avuto riguardo al fatto che con la comunicazione della chiusura delle indagini furono assegnati all’incolpato quindici giorni per essere sentito o inviare memorie difensive, l’atto di deferimento appare tempestivamente inviato il 2.1.2020. E ciò sia se si ritiene perfezionatasi il 17.11.2019 la notifica ( cioè allo scadere dei 10 giorni della giacenza), termine a cui deve aggiungersi il termine di cui all’art. 123, comma 1 CGS ( quindici giorni); sia, a maggior ragione, che la si voglia ritenere perfezionata il 7.12.2019, al momento della restituzione per compiuta giacenza del plico.
Infatti, ove già perfezionatasi il 17.11.2019 la notifica, il termine di 30 giorni dalla scadenza del termine a difesa, a sua volta scaduto il 2.12.2019, risulterebbe scaduto il 1.1.2020 che, in quanto festivo, ha comportato di diritto la proroga al 2.1.2020, primo giorno seguente non festivo ( art. 52,comma 4 del CGS ).
Assume il Piangerelli che le notifiche degli atti sono state eseguite, sì, nei luoghi comunicati al momento dell’iscrizione nell’Elenco di Direttori Sportivi, ma inutilizzabili perché destinati a tale solo fine.
Corre l’obbligo di osservare che tale iscrizione comporta l’assunzione dello status di tesserato della FIGC ed avviene su specifica domanda redatta sui moduli predisposti restando poi a carico dei soggetti iscritti l’onere di comunicare eventuali variazioni in quanto per regolamento “domiciliati nel luogo comunicato per iscritto e riportato nell’Albo e nei Ruoli “(artt. 2 e 17, co. 5 Reg. Elenco Speciali Direttori Sportivi).
Discende che l’assunto è palesemente destituito di fondamento.
La notifiche della comunicazione della chiusura indagini e dell’atto di deferimento al sig. Piangerelli sono state quindi ritualmente eseguite.
In ordine alla dedotta duplicità e diversità di ciascuno degli atti comunicati, è appena il caso di osservare che è evidente che i numeri di protocollo e i destinatari siano diversi riferendosi a date distinte ed esclusivamente rivolti a quei soggetti specificamente interessati.
Nel merito Il sig. Piangerelli ha contestato le prove acquisite dalla Procura Federale ritenendole non sufficienti a giustificare l’incolpazione della condotta ascritta ed inoltre ha eccepito che nessuno degli elementi di prova raccolti hanno dimostrato il nesso di causalità tra la condotta del tesserato e il dissesto della società A.C. Cesena. Ha per l’effetto richiesto “in via principale e nel merito” che venisse annullata la decisione assunta ed, in via subordinata, che venisse applicato come sanzione il minimo edittale della pena tenuto conto delle circostanze attenuanti.
Orbene, nonostante le non chiare motivazioni difensive circa l’effettivo ruolo ricoperto dal sig. Piangerelli in seno alla società, emerge inconfutabilmente che questi rivestiva il ruolo di direttore sportivo del settore giovanile della società A.C. Cesena s.p.a, sia per la formale iscrizione al relativo Elenco, sia per le attività in concreto svolte.
L’incolpazione elevata dalla procura Federale riguarda l’organizzazione ed attuazione di compravendite di giovani calciatori a valori abnormi intervenute tra le società Chievo Verona Srl e AC Cesena Spa. La natura di tali compravendite ha costituito oggetto dei relativi procedimenti già definiti con le rispettive sanzioni comminate alle due società e di cui sopra, quanto ai contenuti, si è data contezza.
In ordine alla condotte contestate al Piangerelli, si osserva che la sentenza di primo grado ha fornito ampia e piena motivazione del ruolo dallo stesso svolto in dette trattative e la sua conoscenza della reale consistenza degli atti di cessione operati.
Con particolare riferimento, quanto meno alle cessioni dei calciatori Drudi Alberto, Folletto Sebastiano, Marco Asilani e Placidi Lorenzo, deve ritenersi provata la responsabilità del
Piangerelli nell’aver contribuito alla causazione del dissesto della società AC Cesena Spa, successivamente dichiarata fallita. Alla luce infatti del contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare del 9.7.2019 del Gip del Tribunale di Forlì, richiamata nell’atto di deferimento e che costituisce una delle fonti di prova più significative, emergono specificamente le dichiarazioni delle parti interessate con anche le motivazioni che hanno ispirato le singole operazioni in relazione alle quali l’incolpato è stato ritenuto responsabile.
La sanzione inflitta dal Tribunale Federale appare adeguata al grado di responsabilità individuata e tiene già conto dello stesso.
In conclusione la sentenza impugnata è congruamente motivata e coerente alle risultanze fattuali e per l’effetto va integralmente confermata.
Le considerazioni che precedono sono assorbenti di ogni altra deduzione ed eccezione dalla parti avanzate.
P.Q.M
La Corte Federale d’Appello (Sezione Seconda), riuniti i reclami proposti dal Procuratore Federale Interregionale e dal sig. Piangerelli Luigi, definitivamente pronunciando, li respinge e per l’effetto conferma la sentenza reclamata.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vincenzo Barbieri G. Paolo Cirillo
Depositato il 19 giugno 2020 IL SEGRETARIO
Fabio Pesce
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