F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE III – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 0022/CFA del 25 novembre 2019 – (PROCURA FEDERALE INTERREGIONALE/PINTO ANDREA) n. 37/2019 – 2020 Registro Reclami 27 novembre 2019 N. 37/2019 REGISTRO RECLAMI N. 22/2019 REGISTRO DECISIONI

N. 37/2019 REGISTRO RECLAMI

N. 22/2019 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

III SEZIONE

composta dai Sigg.ri:

 

Mauro Mazzoni - Vice Presidente

Umberto Maiello - Componente relatore

Giovanni Trombetta - Componente

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero di registro 37/CFA del 2019, proposto dal Procuratore Federale Interregionale e dal Procuratore Federale Interregionale Aggiunto, nella persone dell’Avv. Marco Squicquero e dell’Avv. Giorgio Ricciardi;

contro

il sig. Lorenzo Pinto, rappresentato dall’avvocato Andrea Pinto in qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale del minore Lorenzo Pinto ed in qualità di difensore dello stesso con domicilio digitale andrea.pinto2@ordineavvgenova.it. reclamante incidentale;

per la riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Liguria pubblicata mediante comunicato ufficiale n. 12 del 13.9.2019.

visto il reclamo e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 15 novembre 2019 il dott. Umberto Maiello e udito per la Procura Federale l’avvocato Alessandro Avagliano mentre nessuno è comparso per il sig. Lorenzo Pinto;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale della Liguria, con decisione pubblicata mediante comunicato ufficiale n. 12 del 13.9.2019, ha prosciolto il sig. Lorenzo Pinto, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società S.C.D. Ligorna 1922, dagli addebiti di cui al deferimento elevato dalla Procura Federale Interregionale della F.I.G.C. per violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità nonché dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1bis, comma 1, del previgente Codice di Giustizia Sportiva della Figc (di seguito anche solo Codice FIGC).

Segnatamente, l’organo requirente imputava al Pinto il fatto di avere, a seguito di una preventiva richiesta di svincolo ex art 109 delle Noif e successiva nota in opposizione alla società resistente del 17/10/2018 (atti sottoscritti, nell'interesse del minore Lorenzo, dall'esercente la responsabilità genitoriale, avv.  Andrea Pinto ), nonché personalmente nell'audizione del 08/02/2019 avanti al collaboratore della Procura Federale, dichiarato la sua non partecipazione alla gara Ligorna 1922 - Pieve Ligure del 29.9.2018, pur nella consapevolezza che si trattasse di un dato palesemente non veridico, rappresentato con l'evidente scopo di garantirsi ingiusti benefici relativamente alla decisione assumibile dal Comitato Regionale Liguria, fatto aggravato dalla ulteriore circostanza che nella nota del 17/10/2018 si eccepiva l'autenticità della distinta gara, in quanto riferita ad un incontro per il quale il calciatore non era stato convocato e, quindi, non partecipante all'evento sportivo.

Il giudice di prime cure, all’esito del procedimento contenzioso, dopo avere respinto le eccezioni sollevate, in rito, dalla difesa del deferito, concludeva per il mancato raggiungimento di un risultato probatorio concludente quanto all’effettivo impiego del predetto calciatore Lorenzo Pinto nella gara in argomento.

In particolare, il primo giudice ha evidenziato come, ai fini qui in rilievo, occorresse muovere dalla disamina degli atti ufficiali e che dalla stessa distinta di gara il nominativo del Pinto venisse associato al numero 13 (come risultante dalla correzione apposta a penna), unico calciatore a non aver preso parte alla gara. Di poi, nella propria traiettoria argomentativa, il Tribunale ridimensionava la valenza rappresentativa della confliggente dichiarazione testimoniale resa da un compagno di squadra del deferito, Carlo Cutringelli (secondo cui il Pinto aveva, invece, giocato), siccome “piuttosto laconica ed aspecifica”, oltre che acquisita a distanza di tempo.

Il Tribunale Federale ha inteso, dunque, riferire la contestazione mossa dalla Procura Federale all’effettiva partecipazione del calciatore alla gara in argomento per concludere nel senso che non erano stati raccolti sufficienti elementi per sostenerlo.

Avverso la suindicata decisione, con il mezzo in epigrafe, ha interposto reclamo l’Ufficio della Procura Federale Interregionale, all’uopo deducendo l’erroneità e l’ingiustizia del provvedimento di prime cure che non avrebbe, anzitutto, colto l’esatto significato dell’atto di incolpazione siccome afferente, non già all’effettiva partecipazione alla gara del calciatore deferito, quanto piuttosto alle non veridiche dichiarazioni rese in ordine al fatto di non aver nemmeno fisicamente presenziato alla gara, in quanto non convocato dalla società. Ed il predetto Ufficio soggiunge che la presenza del Pinto – implicitamente confermata dallo stesso giudice di prime cure - risulta acclarata dall’inserimento del suo nominativo nella distinta della gara Ligorna 1922-Pieve Ligure del 30/09/2018, validata dall’arbitro a seguito dei preliminari adempimenti prescritti dalla normativa federale, che contemplano anche l’identificazione dei calciatori, evenienza questa che non risulterebbe né contestata dalla difesa del deferito né smentita dalle risultanze di causa.

Resiste al suddetto mezzo con articolate controdeduzioni il sig. Lorenzo Pinto, che ha, altresì, spiegato appello incidentale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2, commi 2 e 6, 37, comma 5 del Codice di Giustizia Sportiva del Coni e 343 c.p.c., avverso il capo della decisione con cui il Tribunale ha respinto l’eccezione di nullità del deferimento nella parte in cui afferma, contrariamente al vero, che l’incolpato non avrebbe svolto attività difensiva nei termini consentiti.

Di poi, eccepisce la tardività della dichiarazione con la quale si preannuncia il reclamo, all’uopo evidenziando di non aver potuto verificare che sia stata effettivamente presentata nel termine di 3 gg dalla data di pubblicazione della decisione, come prescritto dall’articolo 38 comma 1 CGS.

Nel merito, ha, poi, concluso per l’infondatezza del gravame e per la conseguente conferma della decisione appellata.

All’udienza del 15.10.2019 il Collegio, rilevato che l’avv. Andrea Pinto, rappresentante e difensore  dell’appellato,  non  era  stato  ritualmente  avvisato  dell’udienza  fissata  per  la trattazione del presente procedimento, ha disposto la rinnovazione dell’avviso, rinviando in prosieguo all’ udienza del 15.11.2019.

All’odierna udienza è comparso il rappresentante della Procura Federale, nella persona dell’avvocato Alessandro Avagliano, che ha concluso come da richiesta in atti.

Viceversa, nessuno è comparso per conto del sig. Lorenzo Pinto.

Questa Sezione, a seguito dell’udienza di discussione e della successiva camera di consiglio, ha reso la seguente decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La Corte, letti gli atti di gravame, sentite le parti presenti ed esaminati gli atti ufficiali, ritiene che il reclamo principale sia parzialmente fondato, dovendo, al contempo, essere respinto quello incidentale spiegato dalla difesa del deferito.

Va, anzitutto, disattesa l’eccezione di inammissibilità del reclamo formulata in rito dalla parte intimata, secondo cui la suddetta sanzione s’impone a cagione della presumibile tardività della dichiarazione con cui il suddetto mezzo è stato preannunciato.

La detta eccezione non può qui trovare ingresso attesa, anzitutto, la sua irrituale proposizione in termini ipotetici e dubitativi. D’altronde, ed in disparte quanto appena rilevato, già di per sé assorbente, occorre, altresì, evidenziare che il nuovo codice della giustizia sportiva, all’articolo 101, non contempla, per i procedimenti dinanzi alla Corte Federale d’Appello, l’istituto del preannuncio di reclamo e che, comunque, anche nella vigenza del pregresso articolato normativo, nel significato vivificato dalla corrente applicazione giurisprudenziale, la irricevibilità del gravame veniva esclusivamente configurata solo nel caso di tardiva articolazione dei motivi di doglianza e non già nel caso di tardiva (ovvero omessa) partecipazione dell’intenzione di reclamo (cfr. Corte giust. fed., del 27 dicembre 2011, in C.U. FIGC, 20 marzo 2013, n.211/CGF).

Tanto premesso, ed ai fini di una compiuta perimetrazione dell’ambito cognitivo del presente giudizio, il Collegio preliminarmente evidenzia come possa trovare rituale ingresso nell’odierno procedimento contenzioso l’appello (recte reclamo) incidentale condizionato spiegato dalla difesa del Pinto avverso il capo della decisione di prime cure che ha respinto l’eccezione di nullità del deferimento.

Sul punto, giova, anzitutto, osservare che l’ordinamento federale non reca una disciplina organica di tale forma di impugnazione.

Pur tuttavia una corretta esegesi del quadro regolatorio di riferimento non può non tener conto del complesso sistema di fonti normative che concorrono vicendevolmente a governare, nell’ambito di un ordinamento oramai strutturato come multilivello, le condotte ed i rapporti ascrivibili ad ambiti di rilievo endofederale.

Ed, invero, all’interno di siffatto, articolato contesto normativo assume preminente rilievo il Codice della giustizia sportiva del CONI (di seguito anche Codice CONI) che assurge a paradigma di legittimità per le singole disposizioni del Codice FIGC ed, al contempo, a canone ermeneutico per una “lettura conforme” delle medesime disposizioni endofederali. Depone in tal senso la stessa piana lettura dell’articolo 3 (già articolo 1) del Codice della FIGC che, nel disciplinare i rapporti tra il Codice e le altre fonti normative , reca l’esplicito riconoscimento di un principio di gerarchia a tenore del quale il Codice di giustizia sportiva della FIGC è adottato in conformità a quanto disposto dalle norme dell’ordinamento statale, dallo Statuto del Coni, dai Principi di giustizia sportiva e dal Codice della giustizia sportiva del CONI, dallo Statuto della FIGC, dalle norme della FIFA e dell’UEFA.

Fa poi sistema con il suddetto principio l’ulteriore disposizione compendiata al successivo comma 2 che introduce una clausola cd. di residualità in favore del Codice CONI, destinato dunque a riespandersi come disciplina di diretto riferimento ogni qualvolta – com’è nel caso di specie - non si rinvenga nell’ambito dell’ordinamento settoriale una specifica regula iuris.

Orbene, avuto riguardo alla descritta cornice giuridica di riferimento, per un corretto scrutinio della quaestio iuris qui dedotta s’impone una preliminare verifica onde appurare se la pretesa rivendicata dall’appellato di estendere il thema decidendum mediante proposizione di un’impugnazione incidentale condizionata possa, comunque, trovare diretto fondamento nel corpo normativo federale per come integrato dal Codice CONI.

Tanto in ragione del fatto che la tematica in argomento non trova una compiuta ed esaustiva regolamentazione nell’ambito del Codice FIGC che, oltretutto, non consegna all’attenzione dell’interprete una norma di espresso divieto, nel senso cioè di precludere, in radice, la possibilità di veicolare al suo interno un istituto come quello qui in rilievo.

Nella suddetta prospettiva, vale anzitutto richiamare il contenuto precettivo dell’articolo 37 del suddetto Codice CONI che, nel disciplinare il giudizio innanzi alla Corte Federale d’Appello, al comma 5, espressamente prevede quanto segue “La parte intimata non può presentare oltre la prima udienza l’eventuale impugnazione dalla quale non sia ancora decaduta”.

Una serena lettura della sopra richiamata disposizione sembrerebbe dunque accreditare, atteso lo stesso valore semantico delle proposizioni all’uopo utilizzate dal legislatore sportivo, la predicabilità di un’impugnazione incidentale.

Tale approdo ermeneutico trova poi conforto nel valore conformativo rinveniente dai principi generali del processo sportivo alla stregua dei quali va orientata l’attività ermeneutica e che, per quanto qui di più diretto interesse, prevedono quanto segue:

l’art.2, comma 2 del Codice CONI (replicato nei suoi contenuti precettivi dall’articolo 44 del nuovo codice di giustizia sportiva della FIGC) dispone che “Il processo sportivo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri princìpi del giusto processo”, mentre il comma 6 dello stesso articolo stabilisce che “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai princìpi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva” e, nella suddetta ottica, il codice di rito espressamente contempla l’impugnazione incidentale all’art. 343 cpc, a mente del quale l’appellato può proporre l’appello incidentale nel primo atto difensivo (“L'appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, all'atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell'art. 166 cpc”).

Tale evenienza è contemplata anche dal codice del processo amministrativo all’articolo 96 del d. lgs 104/2010, nonché dall’articolo 595 del c.p.p., ad ulteriore riprova del suo sicuro

ancoraggio    nell’ambito   dell’ordinamento  generale   quale   precipitato  tecnico   degli indefettibili principi generali della parità delle armi e della pienezza del contraddittorio. Resta, dunque, confermata, nell’ipotesi di soccombenza reciproca, l’ammissibilità di un appello incidentale condizionato, la cui concreta predicabilità deve intendersi subordinata al mancato avveramento della condizione negativa di una decadenza, evenienza questa da ritenersi  circoscritta,  in  ragione  della  natura  dipendente  ed  accessoria  della  posizione processuale qui azionata, al decorso del termine di 7 giorni dalla notifica del reclamo principale. Ferma tale condizione, l’impugnazione va presentata non oltre la prima udienza. Vale, poi, soggiungere che, ai sensi dell’articolo 48 comma 2 del vigente Codice FIGC, “i ricorsi ed i reclami, anche se soltanto preannunciati, a pena di irricevibilità, sono gravati dal prescritto contributo”. Ciò nondimeno, occorre tener conto della dubbia applicabilità al presente procedimento  della disposizione in  argomento  nella parte in cui introduce  la sanzione della irricevibilità per l’ipotesi del mancato versamento della tassa reclamo; tanto in ragione della disposizione transitoria di cui all’articolo 142 comma 1 del medesimo Codice che prevede l’ultrattività delle disposizioni previgenti in relazione ai “procedimenti pendenti innanzi agli organi del sistema di giustizia sportiva “. D’altronde, sotto diverso profilo, nemmeno può essere obliata l’assoluta novità della questione sopra scrutinata – sull’ammissibilità di un’impugnazione incidentale e sulle relative modalità di presentazione che, per i profili suddetti, vale, di per sé, a giustificare il riconoscimento del beneficio della rimessione in termini per errore scusabile.

Orbene, conclusivamente ne discende che il reclamo incidentale deve ritenersi ammissibile e resta soggetto alla tassa reclamo, che dovrà essere versata dal reclamante incidentale. Infine, mette conto evidenziare, in prospettiva metodologica, che il mezzo in argomento verrà scrutinato, in  coerenza  con  la  sua  natura  accessoria,  solo  di  seguito  al  reclamo principale e semprechè tale ultima impugnazione si riveli fondata, emergendo solo in tale evenienza un interesse del Pinto allo scrutinio delle doglianze compendiate nel proprio mezzo.

Orbene, in coerenza con la detta metodologia espositiva, il Collegio rileva, anzitutto, che il reclamo principale sia parzialmente fondato e, pertanto, meriti accoglimento nei limiti di seguito evidenziati.

Deve, invero, rilevarsi come effettivamente il giudice di prime cure non abbia centrato il fuoco della sua valutazione sulla specifica condotta censurata nell’atto di incolpazione, fondando la statuizione di proscioglimento sulla circostanza della mancata partecipazione del Pinto alla gara disputata il 29.9.2018, sulla premessa – da ritenersi inconferente ai fini qui in rilievo – che il predetto soggetto deferito non fosse stato schierato nella squadra scesa in campo né successivamente subentrato.

Il Tribunale, invero, pur avendo implicitamente riconosciuto che il Pinto avesse preso parte alla gara, siccome ufficialmente inserito tra le riserve, ha ritenuto che l’organo requirente non avesse compiutamente dimostrato, sulla scorta di univoci elementi gnoseologici, il suo effettivo impiego nel corso della partita.

Di contro, e come efficacemente evidenziato dalla Procura reclamante, tale circostanza assume un rilievo neutro ai fini della res iudicanda, rivelandosi, viceversa, dirimente per lo scrutinio della genuinità delle dichiarazioni rese dal calciatore la sua partecipazione alla gara in senso lato, indipendentemente cioè dal concreto impiego sul campo da gioco.

Ed,  infatti,  il  Pinto,  nel  corso  della  sua  contestata  audizione,  così  come  negli  atti confezionati ai fini della procedura di svincolo, aveva recisamente negato, in apice, finanche di aver fisicamente presenziato alla gara (eccependo nelle controdeduzioni del 17.10.2018 di non essere stato nemmeno convocato dalla società).

E’, dunque, rispetto al contenuto di tale dichiarazione che va verificata la correttezza della condotta serbata dal deferito, anche in considerazione della astratta attitudine della sola partecipazione alla gara – ancorchè non qualificata da un concreto impiego del calciatore durante l’arco della partita - ad incidere sulle condizioni di svincolo alla stregua della normativa federale di riferimento. Orbene, così rettificato l’angolo di valutazione dei fatti di causa, deve ritenersi, ad una serena lettura del materiale raccolto, che risulti sufficientemente provata la partecipazione del Pinto alla gara del 29.9.2018 e, dunque, per converso, la natura non veridica delle dichiarazioni dal predetto rese e volte a contestare tale assunto.

Sul punto, e nello stesso solco tracciato dal Tribunale, deve, infatti, accordarsi rilievo preminente, vieppiù in mancanza di elementi di segno contrario (risultando, anzi, l’ipotesi accusatoria, nei termini sopra precisati, suffragata dalle dichiarazioni del dirigente accompagnatore Aglione e del calciatore Cutrignelli) alle risultanze della documentazione ufficiale della gara e, segnatamente, alla distinta presentata dalla società di appartenenza del Pinto, validata mediante sottoscrizione dall’arbitro che ha diretto la partita e dalla quale si evince, pur nella lettura correttiva svolta dall’organo di prime cure, la presenza del Pinto alla detta competizione.

Tale specifico documento, completo sotto il profilo formale e descrittivo, nella sua autosufficienza rappresentativa, certifica di per sè, da parte di un organo terzo, vieppiù qualificato nell’ambito dell’ordinamento endofederale, la detta presenza e, pertanto, assorbe ogni altra considerazione difensiva svolta dalla difesa del Pinto in ordine alla mancata sottoscrizione del referto, documento comunque diverso da quello qui in rilievo, ovvero al mancato svolgimento di ulteriori indagini, tra le quali la diretta audizione dell’arbitro che – ove si accedesse a tale incombente istruttorio - sarebbe chiamato, a distanza di tempo, a ricostruire i fatti qui in rilievo, offrendo un ricordo inevitabilmente sfumato e, dunque, recessivo rispetto alla medesima descrizione dei fatti fornita nell’immediatezza e compendiati nel documento suddetto.

Né, peraltro, valgono a sminuire la valenza rappresentativa delle suddette rappresentanze documentali le incongruenze denunciate dalla difesa del Pinto quanto ai rapporti tra distinta e referto confezionato dall’arbitro, essendo in merito plausibile la lettura offerta dallo stesso organo di prime cure. Ed, invero, nel referto in questione si dà atto della sostituzione del n.

3 del Ligorna, Lorenzo Pinto, al l° minuto del secondo tempo, mentre nella distinta debitamente sottoscritta il numero assegnato a Lorenzo Pinto non era il 3, bensì il 13, atteso che la numerazione veniva corretta a mano prima che la distinta stessa fosse consegnata all'arbitro. Tale discrasia, stante la numerazione presente in distinta, potrebbe agevolmente spiegarsi come un errore di compilazione da parte del direttore di gara, atteso che nell'ordine dei giocatori presenti nella distinta della società Ligorna 1922 lo stesso era comunque posizionato al terzo posto.

Orbene, se la suddetta incongruenza priva di un sicuro appiglio probatorio la tesi di un effettivo impiego del Pinto nel corso della gara, tanto non può sostenersi, con inaccettabile pretesa di automaticità, rispetto al dato diverso, e qui rilevante, della sola partecipazione del Pinto alla gara, stante la piena convergenza dei suddetti documenti.

In definitiva, la negazione del suddetto episodio da parte del Pinto per effetto delle dichiarazioni qui in contestazione concreta, pertanto, la fattispecie in addebito e, dunque, ne suffraga la responsabilità all’interno dell’ordinamento endofederale.

Né il disvalore della suddetta condotta può ritenersi eliso dalla circostanza che il Comitato Regionale della Liguria avesse già escluso, nel proprio provvedimento del 26.8.2018, la rilevanza della partecipazione del Pinto alla partita Ligorna 1922 - Pieve Ligure, perché si trattava di una partita non appartenente al “Campionato”, ma alla “Coppa del Presidente”.  E’, infatti, di tutta evidenza come siffatta evenienza involge l’interpretazione offerta dal Comitato Regionale della Liguria della normativa di settore e costituisce una circostanza sopravvenuta siccome adottata all’esito della contestata procedura di svincolo, quando cioè il  costrutto  del  Pinto  risultava  già  confezionato,  incentrandosi  ab  origine  sulla  ferma negazione della sua partecipazione alla gara in oggetto e della stessa convocazione. Nel solco di tale costrutto si ascrivono le dichiarazioni rese in data 8.2.2019, che costituiscono una conferma della posizione precedentemente assunta.

D’altro canto, nell’atto di incolpazione elevato dalla Procura la rappresentazione dei possibili benefici rinvenienti dal mendacio costituisce solo la plausibile motivazione che, in modo pertinente o meno, aveva indotto il calciatore ad imbastire la propria tesi di comodo e che, dunque, costituiva una finalità esterna alla condotta di mendacio.

Nella suddetta prospettiva le finalità esterne che hanno ispirato le condotte in addebito non interferiscono sulla funzione collaborativa – di corretta rappresentazione di fatti di rilievo endofederale - che i tesserati sono chiamati ad assicurare, rimanendo, dunque, immutata, nel caso di mendacio, l’intrinseca attitudine lesiva di rappresentazioni non genuine di un evento oggetto di indagine.

Conclusivamente, deve infine evidenziarsi che non vale a neutralizzare la fondatezza del reclamo principale l’impugnazione incidentale spiegata dal Pinto e riferita al capo della decisione di prime cure con cui è stata respinta l’eccezione di nullità dell’atto di deferimento, eccezione argomentata sul fatto che nell’atto di deferimento è affermato, contrariamente al vero, che l’incolpato non aveva svolto attività difensiva nei termini consentiti. Sul punto, non può che condividersi la statuizione del Tribunale nella parte in cui ha efficacemente evidenziato che eventuali inesattezze contenute nell'atto di deferimento non sono sanzionate con la nullità dalle norme federali.

E ciò vieppiù è a dirsi in considerazione del fatto che gli elementi essenziali che connotano la struttura dell’atto di deferimento alla stregua del corrispondente modello legale, ratione temporis rappresentato dall’articolo 32 ter del Codice di giustizia sportiva previgente, vanno individuati, in coerenza con la sua funzione tipica di atto di promovimento del procedimento disciplinare, nella formulazione dell’incolpazione, nella descrizione dei fatti che si assumono accaduti, nell’enunciazione delle norme che si ritengono violate e nell’indicazione delle fonti di prova acquisite.

D’altro canto, vale aggiuntivamente opporre che, contrariamente a quanto dedotto, la contestata imprecisione nemmeno comporta una compressione irreversibile delle facoltà difensive dell’incolpato dal momento che le istanze difensive, una volta presentate, vengono acquisite agli atti del procedimento e, come tali, confluiscono nel fuoco della valutazione compiuta dagli organi (Tribunale in primo grado e Corte Federale in seconde cure) cui istituzionalmente risultano rimesse competenze decisoree, ivi incluse quelle sulla correttezza e completezza dei fatti addebitati al deferito.

In altri termini, la fondatezza della ricostruzione posta a fondamento dell’ipotesi accusatoria in comparazione con quella alternativa prospettata dalla difesa rientra nel fuoco della valutazione di merito riservata all’organo decidente e non interferisce con la completezza strutturale dell’atto di deferimento. Infine, va respinta la richiesta, avanzata in via subordinata  dalla  difesa del  Pinto,  di  sospensione  del presente  procedimento attesa la pendenza presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova di un procedimento penale avente ad oggetto la medesima vicenda qui in rilievo.

Sul punto, infatti, non può che ribadirsi, come già evidenziato dal giudice di primo grado, il principio di autonomia che governa l’accertamento di illeciti disciplinari.

Ed, invero, l’articolo 39 del Codice della Giustizia Sportiva del Coni, all’articolo 39, evidenzia che, salve eccezioni tassativamente individuate, qui non in evidenza, gli organi di giustizia sportiva “…conoscono di ogni questione pregiudiziale o incidentale, pur quando riservata per legge all’Autorità giudiziaria, la cui risoluzione sia rilevante per pronunciare sull’oggetto della domanda, incluse le questioni relative alla capacità di stare in giudizio e all’incidente di falso” (cfr. comma 6).

Il successivo comma 7 prevede poi che “In nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento salvo che, per legge, debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all’Autorità giudiziaria”.

Le suddette disposizioni risultano oggi replicate all’articolo 111 del nuovo Codice della Giustizia Sportiva della FIGC.

E’ di tutta evidenza, alla stregua del chiaro significato letterale delle disposizioni sopra richiamate, come la mera pendenza di un procedimento penale, nemmeno approdato alla fase processuale, non possa costituire valida causa di giustificazione della richiesta di sospensione.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il reclamo principale va accolto e, per l’effetto, s’impone la riforma della decisione di prime cure con conseguente accoglimento del deferimento nei termini suindicati.

A fronte della condotta come sopra ricostruita, e considerate tutte le circostanze del caso concreto, la Corte ritiene equo applicare al sig. Lorenzo Pinto, siccome proporzionata alla gravità dei fatti in addebito, la sanzione della squalifica per tre giornate effettive di gara.

P.Q.M.

La Corte Federale d’Appello (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul reclamo proposto dal Procuratore Federale Interregionale lo accoglie parzialmente e, per l’effetto, applica al sig. Lorenzo Pinto la sanzione della squalifica per 3 giornate effettive di gara. Respinge il reclamo incidentale e, per l’effetto, ordina il versamento del contributo di giustizia.

Dispone la comunicazione alla parte presso il difensore con posta elettronica certificata.

 

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