F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 0051/CFA DEL 17 febbraio 2020 nn. 85 – 86 – 87 – 88 Registro Reclami (Procura Federale Interregionale/BIANCHINI ALESSANDRO, ALIN VASILE BARNA, FILONI ANDREA, MONACHINO MATTEO, BISTI ANDREA, BROCCATELLI STEFANO, GRASSINI STEFANO N. 85/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 86/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 87/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 88/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 0051/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

N. 85/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

 

N. 86/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

 

N. 87/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

 

N. 88/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

 

N. 0051/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

 

 

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO SEZIONI UNITE

La Corte Federale d’Appello (Sezioni Unite), composta da: Mario Luigi Torsello – Presidente

G. Paolo Cirillo - Componente Mauro Mazzoni - Componente Carlo Sica – Componente

Maurizio Fumo - Componente (relatore)

 

 

 

 

 

ha pronunciato la seguente

 

 

DECISIONE

 

 

Sui seguenti reclami:

 

n. 85/2019-2020, proposto dal PROCURATORE FEDERALE INTERREGIONALE in data 23.01.2020;


n. 86/2019-2020, promosso dai calciatori BIANCHINI ALESSANDRO, ALIN VASILE BARNA,  FILONI  ANDREA,  MONACHINO  MATTEO,  BISTI  ANDREA  in  data

27.01.2020 rappresentati e difesi dall’avv. Alessandro Esposito del foro di Roma;

 

n. 87-2019/2020, promosso dal Sig. BROCCATELLI STEFANO in data 27.01.2020, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Esposito del foro di Roma;

  1. 88-2019/2020, promosso dal calciatore GRASSINI STEFANO

 

 

 

per la riforma

 

 

 

della decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio, pubblicata con il comunicato ufficiale n. 209 del 20.12.2019 LND Comitato Regionale Lazio (dispositivo) e il comunicato ufficiale n. 242 del 17.1.2020 LND Comitato Regionale Lazio (motivazioni), comunicato il 20.1.2020 relativo al deferimento n. 3941/1336pfil 18-19/MS/ag del giorno 1.10.2019;

 

 

Visti i reclami e i relativi allegati;

 

Viste le memorie difensive nell’interesse dei signori Stefano Feliziani e Cristian Muzzachi, rappresentati e difesi rispettivamente dagli avv.ti Federico Schiavoni del foro di Teramo e Priscilla Palombi del foro di Roma;

 

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

 

 

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2020 il dott. Maurizio Fumo;

 

 

uditi l’avv. Dario Perugini per la Procura Federale Interregionale, gli avv.ti Alessandro Esposito e Piergiorgio De Luca per le persone rispettivamente difese, l’avv. Priscilla Palombi per Muzachi, e, per delega dell’avv. Federico Schiavoni, anche per Stefano Feliziani, l’avv. Marina Bernini per l’ACD Sporting Bagnoregio.


RITENUTO IN FATTO

 

 

 

 

    • In linea preliminare, deve essere disposta la riunione dei quattro reclami in appello, proposti avverso la medesima decisione di primo grado, attesa la evidente connessione oggettiva.
      • Con reclamo in data 23 gennaio 2020, la Procura Federale ha chiesto la riforma della decisione del Tribunale in epigrafe riportata, con la quale:
  1. La società ACD Sporting Bagnoregio è stata prosciolta da ogni addebito;
  2. L’originaria incolpazione di violazione dell’art. 7 commi 1 e 2 CGS vigente ratione temporis a carico di tutti i tesserati deferiti è stata rideterminata in quella di comportamento antisportivo, con conseguente applicazione delle seguenti sanzioni:

anni uno e mesi sei di interdizione nei confronti dell’allenatore Stefano Broccatelli anni uno e mesi sei di squalifica nei confronti del calciatore Stefano Grassini;

anni uno di squalifica nei confronti dei calciatori Alin Barna, Alessandro Bianchini, Andrea Bisti, Alessandro Ceccarelli, Stefano Feliziani, Andrea Filoni, Matteo Monachino, Cristian Muzzachi, Marco Pifferi, Marco Veneselli;

euro mille di ammenda alla società ASD San Lorenzo Nuovo.

 

 

 

    • Avverso la medesima decisione hanno proposto ricorso i soggetti in epigrafe indicati, chiedendone, a loro volta, la riforma nei sensi che di seguito sarà specificato.

 

 

    • Si legge nella decisione impugnata che, in data 19.5.2019, nel corso della gara tra lo Sporting Bagnoregio ed il San Lorenzo Nuovo e precisamente negli ultimi minuti del secondo tempo, i calciatori di tale ultima squadra “omettevano di profondere un qualsivoglia impegno agonistico ed, in alcune occasioni, tentavano di favorire platealmente la squadra avversaria”;  inoltre,  al  44’  minuto,  il  calciatore  Grassini  (della  San  Lorenzo  Nuovo)

realizzava volontariamente un’autorete.

 

Per parte sua, Stefano Broccatelli, allenatore della San Lorenzo Nuovo, pur squalificato per quella gara, si posizionava, come si legge nella predetta decisione, in prossimità della rete di recinzione che delimitava il recinto di gioco e, appreso l’esito di altra gara del medesimo campionato, chiedeva ai propri calciatori di non impegnarsi e di scagliare la palla fuori dal campo di gioco.


3.1 La partita, valevole per il Campionato di Prima Categoria, girone A del C. R. Lazio, terminava con la vittoria per 3-1 in favore dello Sporting Bagnoregio.

 

    • Il procedimento in questione prendeva avvio a seguito della iniziativa della Procura Federale Interregionale che, ritenendo che la condotta dei predetti tesserati avesse determinato l’effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, richiedeva ed otteneva il loro rinvio a giudizio perché rispondessero dell’illecito disciplinare di cui all’art.7, commi 1 e 2 del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti. Ritenendo altresì, che da tali comportamenti scaturisse la responsabilità oggettiva, della società A.S.D. San Lorenzo Nuovo (ai sensi degli articoli 7, comma 2, e 4, comma 2 del C.G.S.), nonché la responsabilità presunta della società

A.C.D. Sporting Bagnoregio (ai sensi dell’art. 4, comma 5 del medesimo codice), per l’illecito sportivo di cui sopra, richiedeva che anche le predette società fossero adeguatamente sanzionate.

 

    • Alla riunione fissata per il deferimento comparivano i rappresentanti dei deferiti che articolavano le loro difese. L’avv. Esposito, per i suoi rappresentati, introduceva anche una subordinata richiedendo la derubricazione dell’incolpazione in quella di comportamento antisportivo ai sensi dell’articolo 1 comma 1 bis del CGS vigente al momento dei fatti. Facevano inoltre pervenire memoria difensiva (per il ministero dell’avv. Esposito) i deferiti

A.S.D. San Lorenzo Nuovo, Stefano Broccatelli, Alessandro Bianchini, Marco Veneselli, Alin Vasile Barna, Andrea Bisti, Alessandro Ceccarelli, Andrea Filoni, Matteo Monachino e Marco Pifferi. Faceva pervenire autonoma memoria difensiva (per il ministero dell’Avv. Piergiorgio De Luca) il calciatore Stefano Grassini. Perveniva infine al Tribunale anche altra memoria difensiva del calciatore Cristian Muzzachi (con il ministero dell’Avv. Priscilla Palombi), già tesserato per il San Lorenzo Nuovo. Il rappresentante della Procura Federale, per parte sua, insisteva per l’affermazione di responsabilità di tutti i deferiti in relazione alla ipotesi disciplinare contestata e richiedeva le conseguenti sanzioni. I difensori dei deferiti, a loro volta, richiedevano invece il proscioglimento.

 

    • Ha ritenuto il Tribunale, nella sua decisione, che la condotta tenuta dai calciatori e dall’allenatore del San Lorenzo Nuovo non avesse configurato illecito sportivo, ma dovesse essere qualificata come gravemente antisportiva; invero hanno osservato i giudicanti di primo grado che, tanto il “vecchio”, quanto il “nuovo” codice di giustizia qualificano l’illecito sportivo come “il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento

o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”. Di talché sarebbe insito nel concetto di illecito l’elemento della fraudolenza della condotta, diretta ad alterare il risultato della gara. Il carattere della fraudolenza, peraltro, secondo il Tribunale, “si manifesta occultamente, minando l’atteggiamento di uno o più calciatori in campo, inducendoli ad un impegno agonistico limitato od, addirittura, a compiere gesti agonistici controproducenti per la propria squadra”. Oltre tutto l’illecito in questione deve, sempre secondo il Tribunale, provenire dall’esterno della squadra. Orbene, nel caso in esame, invece, i calciatori ed il tecnico del San Lorenzo Nuovo si determinarono del tutto autonomamente a perdere la gara e lo fecero non per danneggiare la propria squadra ma, paradossalmente, per favorirla. Dunque non vi furono interventi esterni, atteso che la determinazione fu assunta autonomamente e scientemente. D’altra parte, durante la gara, i calciatori della squadra risultata sconfitta non nascosero affatto le loro intenzioni (e di ciò si rese conto il direttore di gara che rilevò una serie di atteggiamenti agonisticamente e tecnicamente incongrui).

 

      • Ha concluso il giudicante di primo grado che, poiché la condotta della squadra fu guidata dall’allenatore squalificato, tutti i calciatori schierati ne dovevano rispondere. Per altro, il trattamento sanzionatorio andava significativamente differenziato, dovendo essere più grave quello da infliggere, appunto, all’allenatore, nonché all’autore dell’autorete (Grassini). Nei confronti della società San Lorenzo è stata poi ritenuta sussistente, come premesso, la responsabilità oggettiva pel comportamento dei propri tesserati.
    • Con il suo reclamo, il Procuratore Federale Interregionale deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 7 commi 1,2,6 del CGS vigente ratione temporis. Sostiene l’impugnate che il giudice di primo grado ha erroneamente “arricchito” la fattispecie disciplinare di elementi costitutivi che, in realtà, rappresentano mere ed eventuali modalità della condotta, vale a dire: il carattere occulto di tale condotta, la necessaria provenienza ab extrinseco degli atti volti a convincere o determinare i giocatori e/o l’allenatore a tenere il comportamento

costituente illecito, la finalità di favorire l’avversario. Ebbene la semplice lettura della norma basta a smentire tale interpretazione, posto che altro non è richiesto che il compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato della gara, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio di classifica. Il raggiungimento dello scopo contra jus, previsto dal comma 6, altro non è che una circostanza aggravante della fattispecie contestata. Conseguentemente, osserva


il Procuratore, sussiste tanto la responsabilità oggettiva della San Lorenzo (ex art. 7, commi 2 e 4 CGS vigente all’epoca), quanto la responsabilità presunta della Bagnoregio ex art 4, comma 5, del medesimo codice. L’impugnante pertanto conclude per la riforma della decisione di primo grado con il riconoscimento a carico dei deferiti della responsabilità in relazione alla originaria incolpazione (illecito sportivo) e la irrogazione delle sanzioni già richieste o comunque la applicazione del trattamento sanzionatorio ritenuto adeguato.

 

    • Con le memorie difensive proposte nell’interesse dei calciatori Muzzachi e Feliziani, i relativi difensori deducono innanzitutto la violazione degli artt. 93, comma 1 e 114 CGS. Si sostiene infatti che la riunione per la trattazione della causa fu fissata in ritardo, in quanto i termini perentori all’uopo previsti erano ampiamente trascorsi. Né la presenza dei difensori aveva potuto svolgere funzione di sanatoria, anche perché essa, oltretutto, era stata finalizzata al solo scopo di eccepire, appunto, il decorso del termine (Muzzachi).
      • In particolare nell’interesse del Muzzachi è stato anche evidenziato: a) che lo stesso fu ascoltato dall’Organo dell’accusa in data 19.9.2019; b) che la Procura esercitò l’azione disciplinare in data 1.10.2019; c) che solo in data 28.11.2019 il Tribunale fissò l’udienza di discussione al 19.12.2019, disponendo il deposito degli atti sino al 16.12.2019.
      • Parimenti, nell’interesse del Feliziani (non costituitosi in giudizio in primo grado), si fa rilevare: a) che le indagini della Procura ebbero inizio in data 3.6.2019; b) che l’avviso di conclusione delle indagini predette fu notificato in data 8.9.2019 con l’indicazione che, entro 20 giorni, l’interessato poteva essere ascoltato o depositare memoria; c) che in effetti il Feliziani fu “sentito” il 23.9.2019 (data stabilita dal Procuratore a seguito di rinvio della audizione precedentemente fissata); d) che la raccomandata contenente l’atto di deferimento, spedita il giorno 1.10.2019, fu ricevuta il successivo giorno 7; e) che in data 3.12.2019 fu notificato l’avviso contenente la indicazione della data di discussione, fissata per il giorno 19.12.2019. Conseguentemente, si sostiene, l’udienza di discussione risulta fissata ben oltre il termine di giorni 10 dalla notifica del deferimento (7.10.2019), da ritenersi l’unico valido dies a quo per la decorrenza del termine predetto, in aperta violazione dell’art. 44, comma 6, del CGS all’epoca vigente.
    • Nello scritto difensivo proposto nell’interesse del Muzzachi, poi, si critica la giustificazione del ritardo fornita dal Tribunale, che ebbe a sostenere di aver ricevuto piena cognizione della

regolare instaurazione del contraddittorio solo in data 20.11.2020 e di aver potuto, solo a seguito di ciò, disporre la convocazione degli accusati. Si osserva al proposito che il plico a suo tempo trasmesso dalla Procura conteneva necessariamente la indicazione dei numeri di raccomandata e dunque il Tribunale ben avrebbe potuto verificarne i tempi di consegna.

 

    • Sia Muzzachi che Feliziani, poi, propongono censure attinenti al merito della decisione. Si tratta di argomentazioni nella sostanza sovrapponibili e che quindi possono essere illustrate congiuntamente. Entrambi fanno rilevare che l’accusa di scarso impegno agonistico e di volontà di favorire la squadra avversaria è, per quanto li riguarda, del tutto generica. Nessuno dei due è stato indicato nominatim negli atti di causa, di talché essi sono stati accomunati nella condotta alla azione di altri (se effettivamente svolta dai compagni di squadra). Il fatto è che trattavasi di una partita irrilevante ai fini della classifica, in quanto nulla avrebbe cambiato la vittoria o la sconfitta di una squadra piuttosto che dell’altra. Con specifico riferimento alla accusa di aver praticato “melina” negli ultimi 5 minuti di gioco, ancora una volta, si rileva che non è indicata la identità di chi avrebbe tenuto tale comportamento. Quanto ad un retropassaggio giudicato erroneo ed inopportuno, a parte che, anche in questo caso, non ne è indicato l’autore, resta il fatto che, se errore tecnico vi fu, appunto di errore si trattò, il che esclude il dolo. Quanto all’autogoal del Grassini, si trattò di condotta imprevedibile e certamente non condivisa dai compagni di squadra. Né risulta dal referto di gara che l’allenatore Broccatelli avesse invitato l’intera squadra a giocare per perdere. A ben vedere, solo le attestazioni provenienti dal direttore di gara hanno piena efficacia probatoria (ai sensi dell’art. 35 CGS). Mentre quelle provenienti da terzi sono dotate di ben minore efficacia probatoria, anche perché spesso riferibili a persone portatrici di interessi in conflitto (così Feliziani). Infine, non si vede perché la condotta della sola squadra della San Lorenzo sia stata presa in considerazione dal Tribunale e non anche quella del Bagnoregio. In ultima analisi, rifiutarsi di segnare nella rete avversaria è azione equivalente al realizzare un autogoal nella propria. Il diverso trattamento riservato alle due squadre è violativo del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. (così Muzzachi).
      • Subordinatamente la difesa del Feliziani conclude per la riqualificazione dell’addebito originario in quello di condotta antisportiva, con concessione di attenuanti e applicazione di sanzione ridotta. In via ulteriormente gradata, richiede riaprirsi l’istruttoria per consentire l’audizione del predetto.

    • La difesa del Broccatelli assume che non vi è prova alcuna della condotta ascritta allo stesso, cui è stato arbitrariamente attribuito il ruolo di promotore del comportamento antisportivo che sarebbe stato tenuto dai giocatori del San Lorenzo. Bene ha fatto il Tribunale ad utilizzare e considerare, ai sensi dell’art. 35, le sole attestazioni provenienti dal direttore di gara (referto e dichiarazioni rese all’avv. Pasero). In tali dichiarazioni, tuttavia, nulla è stato addebitato al Broccatelli, il quale è rimasto sugli spalti dello stadio in quanto squalificato. Egli si è quindi comportato da semplice spettatore e, poiché, insieme con lui era presente solo un’altra persona, l’arbitro, che ben lo conosceva, lo ha agevolmente individuato. Ebbene nulla ha avuto da segnalare il direttore di gara né nel suo referto, né nelle sue dichiarazioni al Pasero. D’altra parte, una condotta così plateale come quella che il Tribunale addebita al Broccatelli non avrebbe potuto passare inosservata agli occhi dell’arbitro. Correttamente il primo giudicante non ha tenuto gran conto delle dichiarazioni rese al Pasero dai giocatori del Bagnoregio, trattandosi di affermazioni di parte, formulate dopo un aspro litigio in campo tra le due squadre. Ed in effetti l’intero procedimento ha preso avvio dalla denunzia del Bagnoregio, i cui tesserati si sono spinti sino a qualificare i giocatori avversari come indegni di appartenere al mondo dello sport. A bene vedere, l’episodio dell’autorete ha conferito alla partita una eccessiva risonanza mediatica che ha influenzato negativamente il Tribunale. È evidente, d’altra parte, che Broccatelli è del tutto estraneo alla condotta del Grassini. Si trattò di un’azione individuale del giocatore, azione imprevedibile e certamente non ispirata né sollecitata dall’allenatore
      • Subordinatamente la difesa di questo incolpato chiede la derubricazione in condotta antisportiva lieve, con conseguente applicazione del minimo della pena. Erroneamente il comportamento del Broccatelli è stato ritenuto tanto grave come quello del Grassini e quindi meritevole del medesimo trattamento sanzionatorio.
    • La difesa di Grassini rileva, innanzitutto, che lo scarso impegno agonistico non integra di per sé gli estremi della condotta antisportiva. La assoluta irrilevanza dell’esito della gara spiega ampiamente la mancanza di grinta da parte di entrambe le squadre, che avrebbero mantenuto il medesimo posto in classifica quale che fosse stato il risultato. Quanto agli specifici addebiti di aver “fatto melina” negli ultimi 5 minuti di gioco e di aver volontariamente segnato un’autorete, si osserva che la ”melina” è certamente spiegabile con l’intento di tenere una prudente condotta di gara e che l’autorete fu determinata dal particolare

momento psicologico vissuto dal Grassini (come reso evidente anche dalle sue parole “e su dai; così la facciamo finita una volta per tutte”). Innervosito dalla condotta di gara delle due squadre, questo atleta si è abbandonato ad un clamoroso (ma irrilevante) gesto di protesta.

 

      • Subordinatamente il Grassini si duole della eccessività della sanzione conseguente anche al clamore mediatico suscitato dalla vicenda. Data la incertezza del confine tra scarso impegno agonistico e condotta antisportiva, ben si sarebbe giustificata la riqualificazione nell’ipotesi semplice (non in quella aggravata).
    • La difesa di Bianchini, Barna, Filoni, Monachini e Bistri, deduce la violazione dell’art. 4 CGS, atteso il nessun interesse di classifica della gara e la scarsa rilevanza pratica. Sul punto, si formulano osservazioni del tutto coincidenti con quelle sopra sintetizzate, rilevando che l’esito della partita avrebbe semplicemente determinato un diverso accoppiamento per gli spareggi del playout. Le squadre, future avversarie, in realtà si distinguevano solo per la natura del campo di gioco: in terra battuta quella della Virtus Monte Romano e in erba quello della Tuscia Foglianese. Dunque non si vede su quali basi il Tribunale ha assunto che i giocatori della San Lorenzo volevano perdere per favorire la loro squadra. Correttamente i giudicanti di primo grado hanno prestato fede al solo referto arbitrale che tuttavia non contiene riscontro alcuno alla ipotesi di accusa. Concretamente vengono contestate solo tre condotte: la “melina”, il retropassaggio e l’autorete. Ebbene la “melina” fu chiaramente dettata dalla necessità di riprendere fiato in fine di partita, il retropassaggio fu frutto di un errore con ogni esclusione di componente dolosa, l’autorete fu azione autonoma e individuale di Grassini (poi aspramente rimproverato dall’allenatore Broccatelli in occasione del successivo allenamento).
      • Subordinatamente è richiesta la rimodulazione in melius (minimo della pena) del trattamento sanzionatorio, in ragione della assenza di precedenti specifici.
    • I calciatori Marco Pifferi, Alessandro Ceccarelli, Marco Veneselli non hanno proposto reclamo. Gli stessi, tuttavia, sono investiti, unitamente agli altri, dalla impugnazione proposta dal Procuratore Federale.
    • Nel corso dell’odierna riunione, il rappresentante della Procura, illustrando i motivi di reclamo, ha insistito per l’accoglimento dello stesso, rilevando, tra l’altro, la irritualità (e quindi la inammissibilità) delle difese articolate, con semplice memoria difensiva e non con

autonomo atto di reclamo, nell’interesse di Muzzachi e Feliziani; il difensore del Muzzachi (e, per delega, anche del Feliziani), ha contrastato la tesi esposta dal rappresentante dell’Accusa, ha illustrato gli argomenti difensivi proposti per iscritto e ad essi si è anche riportato; lo stesso hanno fatto i difensori degli altri incolpati, chiedendo l’accoglimento dei relativi reclami.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

 

  1. Occorrerebbe innanzitutto esaminare le questioni procedurali sollevate con le memorie proposte nell’interesse del Muzzachi e del Feliziani. Va però osservato che i predetti scritti difensivi hanno natura composita, atteso che, per una parte (la più estesa), essi consistono nella denunzia della pretesa violazione degli artt. 93, comma 1 e 114 CGS; per il resto, i due reclamanti contestano la fondatezza dell’ipotesi accusatoria, condivisa – sia pure con diversa qualificazione giuridica – dal Tribunale e, in via del tutto subordinata, insistono perché la condotta venga inquadrata, a tutto concedere, nella fattispecie di comportamento antisportivo (derubricazione, per altro, già operata dal giudicante di primo grado) e, per quel che riguarda il trattamento sanzionatorio, ne invocano la mitigazione previo riconoscimento di attenuanti.
    • Ebbene, quanto alla prima censura, si sostiene, come premesso, che la riunione per la trattazione della causa sarebbe stata fissata in ritardo, in quanto i termini perentori all’uopo previsti sarebbero ampiamente trascorsi. Osserva tuttavia questa Corte che la difesa dei due calciatori ha utilizzato uno “strumento procedurale” improprio per aggredire la decisione di primo grado. Invero contro tale decisione non è stato proposto alcun reclamo in appello da parte di Muzzachi e Feliziani. I due, come ampiamente chiarito, si sono limitati ad articolare una semplice memoria difensiva in replica alla impugnazione proposta dal Procuratore Federale. Nei confronti dei due predetti, pertanto, la decisione di primo grado, come giustamente ha osservato innanzi a questa Corte il rappresentante dell’Accusa, deve ritenersi passata in giudicato quanto alla affermazione di responsabilità, con conseguente improponibilità di tutte le questioni (tanto sostanziali, quanto procedurali) ormai coperte da una pronunzia che, per quanto riguarda Muzzachi e Feliziani, deve ritenersi, sul punto, definitiva (salva la eventuale riforma conseguente al reclamo del Procuratore). In altre parole, non può certamente consentirsi il “mascheramento” di una impugnazione (che ha le sue regole, i suoi termini e i suoi costi) attraverso la proposizione di uno scritto che abbia il nomen

juris di memoria, ma, nella gran parte, il contenuto di un vero e proprio ricorso/reclamo (ai sensi art. 31 “vecchio” CGS e 49 “nuovo”).

 

    • Nel caso in scrutinio, dunque, lo scritto difensivo depositato nell’interesse dei due sopramenzionati atleti può essere preso in considerazione solo nella parte in cui intende resistere alla impugnazione proposta dalla Procura, vale a dire unicamente per quel che attiene la (non condivisa dall’Accusa) derubricazione della originaria incolpazione. Sul punto si tornerà infra, trattando, come è ovvio, congiuntamente la posizione di tutti i deferiti (siano essi impugnanti o semplici resistenti).
  1. Tanto chiarito, appare opportuno soffermarsi su di una censura (in pratica comune a tutti gli incolpati), con la quale si assume che unica valida fonte probatoria sarebbe il referto dell’ufficiale di gara ed anzi si sostiene che, in realtà, solo di esso si sarebbe servito il Tribunale. Sulla base di tale considerazione, i reclamanti sostengono che il Tribunale non avrebbe potuto ritenere sussistenti i fatti contestati.
    • Ebbene, l’assunto è erroneo, sia nella sua premessa di fatto (solo al referto avrebbe fatto rinvio il primo giudicante), sia per quanto riguarda la prospettazione in diritto.
      • Si legge invero nella motivazione della decisione di primo grado che il giudicante ha esaminato tutte le fonti di prova a sua disposizione, con particolare riferimento a quelle che rivestivano “particolare rilevanza dimostrativa” (testuale), indicate, oltre che nei documenti di gara, nelle dichiarazioni dello stesso arbitro, Alessandro Rocca, di alcuni atleti della Bagnoregio (Luca Profili, Massimo Quintarelli, Gabriele Lattanzi, Diego Rengo) e della San Lorenzo (Stefano Pizzini, Marco Pifferi), tra i quali alcuni tra gli attuali reclamanti (Broccatelli e Grassini).
      • Quanto alla c.d. “fede privilegiata”, l’art. 35 CGS previgente (art. 61 CGS in vigore) recita:“i rapporti dell’arbitro, degli assistenti, del quarto ufficiale e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa il comportamento di tesserati in occasione dello

svolgimento delle gare. Gli organi di giustizia sportiva possono utilizzare altresì ai fini di prova gli atti di indagine della Procura Federale”.

 

      • Ebbene è evidente un indiretto richiamo agli artt. 2699 e 2700 cod. civ. e 476, comma 2 cod. pen. Dunque il concetto di piena prova riguarda la valenza intrinseca del documento, con evidente riferimento al suo tenore letterale. Il che non significa affatto che ciò che il

documento non rispecchia non possa essere realmente accaduto. In tal senso, d’altronde, è anche – ed esplicitamente – la giurisprudenza sportiva. È stato infatti ritenuto che”dal tenore letterale della disposizione si evince che i rapporti dell’arbitro costituiscono piena prova del comportamento dei tesserati in occasione dello svolgimento delle gare e, dunque, si attribuisce agli stessi una fede privilegiata quanto a efficacia probatoria della ricostruzione dei fatti. Tuttavia, la stessa disposizione prosegue indicando la possibilità che l’Organo giudicante utilizzi ai fini probatori gli atti di indagine della Procura Federale. Dunque, la circostanza che il referto arbitrale abbia una fede privilegiata non consente di ritenere che l’Organo giudicante non debba tener conto di ulteriori mezzi di prova al fine di raggiungere il proprio convincimento su determinate circostanze” (cfr. Collegio di garanzia CONI, S.U., decisione 12/2019). Dunque: la fede privilegiata del documento in questione non sta minimamente a significare lo svilimento delle altre fonti di prova; altrimenti nessun senso avrebbe la possibilità di utilizzare gli atti di indagine compiuti dalla Procura.                     Né si può sostenere che si sia voluta inserire una sorta di gerarchia tra le fonti di prova, quasi che nel procedimento disciplinare sportivo viga una qualche forma di regime di prova legale. L’evidente parallelismo tra il procedimento disciplinare e il procedimento penale (richiamato sagacemente – sia pure per altri fini – anche dall’avv. Esposito innanzi a questa Corte e già sottolineato, non pochi anni prima, sia pure con riferimento alla categoria professionale degli architetti, da Cass. civ., S.U., sent. 187 del 1997, nonché da Cass. civ., sez. 3, sent. 11135 del 1999), rende palese che supremo criterio di valutazione del materiale probatorio altro non può essere che quello del libero convincimento da parte del giudicante, il quale poi – come è ovvio

  1. dovrà darne adeguata giustificazione nell’apparato motivazionale. Sia il procedimento penale che quello disciplinare, d’altra parte, hanno come evidente finalità quella dell’accertamento di un fatto concreto in relazione ad un’astratta pretesa punitiva. Si tratta, in sintesi di accertare: a) se un fatto si sia verificato, b) se esso sia riferibile all’incolpato, c) se esso sia previsto dal sistema sanzionatorio e in quale fattispecie astratta sia inquadrabile, d) quale sia, eventualmente, la sanzione giusta e proporzionata da applicare.                         Ora è evidente che un così articolato (e certamente non agevole) iter conoscitivo non può soffrire limitazioni e rigidità derivanti da un sistema di prova legale, vale a dire un sistema in cui l’attendibilità della prova non è rimessa alla valutazione (discrezionale, appunto) del giudicante, ma è predeterminata dal sistema stesso, secondo uno schema in base al quale il procedimento logico che porta dal dato probatorio al fatto da provare non è elaborato, di volta

in volta, dal giudicante, ma stabilito, una volta per tutte, dal “produttore” della norma. Orbene, se tale premessa, come sembra inevitabile, è da ritenere fondata, ne consegue ulteriormente che chi è chiamato a ricostruire l’accaduto, non solo possa liberamente valutare le prove a sua disposizione, ma, d’altra parte, non possa (e non debba) considerare isolatamente i singoli episodi portati alla sua attenzione, ma debba (e possa) valutarli nel loro insieme, ricercandone, per così dire il significato, atteso che le azioni umane hanno – generalmente – una finalità, tendono ad uno scopo, perseguono un risultato. Dunque: non una valutazione atomistica, per così dire (cfr. Cass. pen. sez. 1, sent. 20461 del 2017, sez. 5, sent. 36152 del 2019 e numerose altre), ma una valutazione unitaria, la sola che possa far emergere “il senso dell’agire”.

 

  1. Il Tribunale, utilizzando correttamente tanto il materiale probatorio rinvenibile nel referto arbitrale, quanto quello scaturente dalla attività di indagine svolta a suo tempo dalla Procura, è giunto motivatamente alla conclusione in base alla quale la San Lorenzo “volle” perdere la gara che stava disputando contro la Bagnoregio; ciò sulla base di alcuni dati di fatto ritenuti accertati e precisamente: a) la condotta dell’allenatore Broccatelli che, benché squalificato in relazione alla partita in corso, ad un certo punto, si portò nei pressi della rete di recinzione e, avuta consapevolezza del risultato di una gara svoltasi tra altre squadre, incitava i suoi ad una condotta di gara autolesionistica; b) il comportamento della squadra San Lorenzo che, negli ultimi minuti del secondo tempo, benché in svantaggio per 2 a 1, si dedicò a praticare la c.d. “melina”, vale a dire, come è noto, quella tattica di gioco dilatoria che si pone in essere quando si vuole semplicemente conservare il risultato acquisito; c) un ingiustificato retropassaggio effettuato da un giocatore della San Lorenzo, che offrì alla squadra avversaria una occasione per realizzare un ulteriore goal (occasione che i giocatori della Bagnoregio, resisi conto della condotta “suicida” dei loro competitori, non vollero cogliere); d) un’autorete, realizzata al minuto 44 del secondo tempo, da Grassini e accompagnata dal commento che rendeva evidente l’intenzione di “farla finita”.
    • Orbene, quanto all’episodio sub a), le Difese contestano che esso si sia effettivamente verificato, ma, come premesso, il Tribunale utilizza, per la sua ricostruzione, le molteplici dichiarazione raccolte in sede inquirente dalla competente Procura (vedasi il punto 2.1.1.); quanto all’episodio sub b), i reclamanti sostengono che la “melina” non è condotta vietata e che essa ben può essere posta in essere per varie (lecite) finalità: riprendere fiato, evitare

incidenti e traumi ai giocatori in modo da conservarli integri e in buona forma per le prossime gare, ecc. Al proposito è appena il caso di replicare che, ovviamente, una squadra che è in svantaggio (per lo più di un solo goal) non si dedica alla “melina” negli ultimi minuti della partita, ma si lancia all’attacco nel tentativo di ottenere, almeno, il pareggio. Quanto alle condotte sub c) e d), si è osservato, da parte delle Difese, che, ancora una volta, un passaggio “all’indietro” è azione del tutto lecita e che, se della palla si impadronì un avversario, ciò fu conseguenza della imprudenza (o imperizia) del giocatore del San Lorenzo, al quale la condotta può dunque essere rimproverata semplicemente a titolo di colpa, mentre l’autogoal (che non si nega sia stato volontario) da parte del Grassini fu azione solo sua. Ebbene, a tale proposito non si può che ribadire che le singole azioni non debbono essere esaminate isolatamente, ma nel loro insieme e nel contesto che le caratterizza, secondo il noto brocardo in base al quale quae singula non probant, coniuncta probant. È ovvio che “melina” e retropassaggio sono condotte in sé non illecite, ma, se esse vengono finalizzate, non in vantaggio, ma in danno della squadra per la quale si gareggia, assumono valenza e significato tutt’altro che accettabile. In fin dei conti, tanto l’illecito sportivo, quanto il comportamento antisportivo sono, con tutta evidenza, figure di responsabilità disciplinare “a forma libera” (e torna ancora utile la similitudine con il diritto penale); vale a dire che il perseguimento dello scopo contra jus non deve necessariamente avvenire con strumenti e/o comportamenti predeterminati (e, in sé vietati), ma può assumere, appunto, qualsiasi modalità, purché lo scopo sia raggiunto o, nel caso, di prevista anticipata consumazione, sia chiaramente intellegibile. Di talché sarebbe in errore chi pretendesse che una o entrambe le predette figure disciplinari fosse integrata solo nel caso di violazione di ben precise “norme tecniche” (che vietassero, appunto e ad esempio, la “melina” o il retropassaggio).

 

  1. Per tutto quanto si è venuto fin qui considerando, è conseguente la valutazione di infondatezza delle varie censure tendenti a negare che si possa ritenere che la condotta dei reclamanti sia stata tenuta “all’evidente fine di determinare la sconfitta della propria compagine, poi effettivamente realizzatasi”. Così invero ha correttamente ritenuto il primo giudicante, condividendo, sul punto, le conclusioni cui era pervenuto l’Organo inquirente. Il fatto è che, contrariamente a quel che molti tra i reclamanti sostengono, l’esito della partita (l’ultima di campionato) non era affatto irrilevante. Infatti, se è pur vero (a quel che è dato comprendere) che detto risultato non avrebbe mutato la posizione delle due squadre nella

classifica finale, è altrettanto vero che esso avrebbe determinato l’abbinamento dell’una e dell’altra nella successiva fase dei playout. E che la San Lorenzo non avrebbe gradito di competere con la squadra che le sarebbe toccata in sorte se avesse vinto la partita con la Bagnoregio appare di tutta evidenza in base all’operato del Broccatelli, il quale, non a caso, aveva iniziato a spingere i suoi a giocare per perdere solo dopo aver appreso il risultato di gara di altre squadre del medesimo campionato.

 

    • Quanto alla addebitabilità della responsabilità dell’accaduto a ciascuno degli incolpati, si deve osservare, innanzitutto, che la condotta di Broccatelli e Grassini è stata adeguatamente descritta e provata. Per quel che riguarda gli altri, vanno considerate le obiezioni proposte dalle Difese, che, come premesso, hanno fatto rilevare che non è stato individuato l’autore del retropassaggio e nemmeno sono stati individuati i calciatori che praticarono la “melina”. Il che è certamente vero. Tuttavia è anche evidente che, per quel che emerge dagli atti assunti e dallo stesso tenore della decisione impugnata,il comportamento teso alla sconfitta fu certamente “corale” e dunque frutto di una cooperazione tra i singoli componenti della squadra. Esso indubbiamente culminò nell’autorete messa a segno dal Grassini, ma ebbe il suo momento, platealmente collettivo, nella durevole “melina” posta in essere negli ultimi minuti del secondo tempo. Va ancora aggiunto che, proprio in ragione della struttura “a forma libera” sia della fattispecie disciplinare originariamente contestata (art. 7 del “vecchio” codice), che di quella ritenuta dal primo giudice (artt. 1 bis e 4), l’obiettivo di conseguire la sconfitta della propria squadra, oltre che con una condotta commissiva, ben poteva raggiungersi anche con una condotta omissiva, vale a dire non opponendosi (o non opponendosi adeguatamente) alle azioni autolesionistiche dei compagni di squadra. È noto, d’altronde, che non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a causarlo (art. 40 comma 2 cod. pen. e, per specifiche posizioni di garanzia in ambito civilistico, a titolo di mero esempio: gli artt. dal 2048 a seguire). Ebbene che l’ordinamento sportivo abbia il carattere della giuridicità oggi non è più seriamente posto in dubbio da alcuno; di talché diritti e obblighi (tra cui quello di agire con lealtà correttezza e probità) sono certamente obblighi giuridicamente presidiati.                                                         Non risulta, in sintesi, che a contrastare la condotta volta a conseguire la sconfitta si sia opposto, con azioni concrete, nessuno dei giocatori del San Lorenzo tra quelli in campo, a meno che non si voglia dar credito alla spiegazione - altamente improbabile - che del suo plateale gesto

ha inteso dare il Grassini: egli avrebbe segnato volontariamente un autogoal per protestare contro la condotta di gioco dei suoi compagni. E comunque anche tale linea “difensiva” perde qualsiasi attendibilità se solo si considera la condotta di questo atleta unitamente a quella degli altri. A ben vedere, d’altra parte, un evidente (e dunque riconoscibile) elemento unificante delle condotte di tutti i calciatori della San Lorenzo è agevolmente identificabile nel contegno del Broccatelli, allenatore della squadra e dunque soggetto certamente dotato di autorità, il quale “invitava platealmente e con veemenza” (fol. 2 della decisione impugnata) i suoi a non impegnarsi ed anzi a calciare deliberatamente la palla fuori dal campo di gioco.

 

Infine (ma ad abundantiam) va richiama la giurisprudenza del Collegio di Garanzia CONI (S.U., decisione 2 agosto 2016, n. 34 e, in precedenza, S.U., decisione 10 febbraio 2016 n. 6) il quale ha chiarito che “lo standard probatorio nel procedimento disciplinare sportivo non deve spingersi sino alla certezza assoluta della commissione dell’illecito o al superamento del ragionevole dubbio, come è invece previsto nell’ordinamento penale. Il grado di prova sufficiente per ritenere sussistente una violazione delle regole poste dall’ordinamento sportivo deve essere superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio”. In realtà si è anche sostenuto che “la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica, piuttosto che fattuale» (cfr. CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 47/CGF del 19 settembre 2011).

 

  1. Che dunque il comportamento in campo (e ai bordi dello stesso) della compagine del San Lorenzo Nuovo sia stato quello puntualmente descritto in motivazione dal giudicante di primo grado non può esservi dubbio. Conseguentemente vanno respinti i reclami che, sul punto, hanno articolato Bianchini, Barna, Filoni, Monachini, Bistri, Broccatelli e Grassini, nonché le considerazione che in merito hanno formulato Feliziani e Muzzachi nelle loro memorie.
  2. Resta tuttavia, a tal punto, da affrontare la questione sollevata con la sua impugnazione dal Procuratore Federale, il quale, come anticipato, ha chiesto che l’addebito mosso ai calciatori e alle squadre sia riformulato secondo la originaria configurazione (art. 7commi 1 e 2 CGS vigente ratione temporis), con le inevitabili conseguenze sul piano sanzionatorio.
  3. Sul punto l’impugnazione è fondata nei limiti che ci si propone di illustrare.

    • Sostiene il reclamante Procuratore che il Tribunale ha ritenuto insussistente l’ipotesi disciplinare ex art. 7 CGS previgente in quanto mancante di alcuni elementi costitutivi. Innanzitutto “un atto proveniente dall’esterno”, in secondo luogo, la modalità occulta in cui l’azione illecita dovrebbe svilupparsi. Sennonché, osserva l’impugnante, tali elementi della cui mancanza ci si duole, sono stati arbitrariamente aggiunti dallo stesso Tribunale, atteso che di essi non vi è traccia nella norma in questione.
    • L’osservazione è esatta, atteso che l’art. 7 del “vecchio” CDS (che corrisponde integralmente all’art. 30 del “nuovo”) recita:” il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo (comma 1). Le società e i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1 ne sono responsabili (comma 2)”.

Ne consegue che ritenere che il carattere della fraudolenza, per essere rilevante, si debba “manifesta[re] occultamente” (testuale), oltre a costituire un’evidente contraddizione logico- semantica al limite dell’ossimoro (ciò che si manifesta non può essere occulto), costituisce un arbitrario quid pluris introdotto dall’interprete in una fattispecie che, viceversa, altro non richiede che l’operato degli agenti sia semplicemente (ma, come è ovvio, riconoscibilmente) diretto alla alterazione dello svolgimento o del risultato di una gara o anche a determinare anomali sconvolgimenti della classifica. E ciò, si badi bene, “con qualsiasi mezzo”.

Inoltre è certamente vero, come osserva il Procuratore, che neanche la provenienza dall’esterno dell’imput volto ad influenzare la condotta di gioco costituisce elemento della fattispecie. In sintesi: il Tribunale ha escluso la sussistenza della fattispecie disciplinare contestata perché ha rilevato l’assenza di alcuni elementi costitutivi che la fattispecie stessa non prevede affatto, ma che – a quanto pare – ha inteso introdurre (senza adeguata giustificazione) il Tribunale medesimo. L’errore di diritto dunque è palese e va corretto in radice.

 

 

    • In merito non ci si può che richiamare alle precedenti pronunzie giurisprudenziali (nonché alla unanime dottrina), le quali hanno chiarito che quello ex art. 7 CGS previgente (testualmente riprodotto, come si è visto, nell’art. 30 del codice in vigore) è “un illecito in

ordine al quale non è necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano state poste in essere attività dirette allo scopo. Si tratta, dunque […] di una fattispecie di illecito di pura condotta, a consumazione anticipata, che si realizza, appunto, anche con il semplice tentativo e, quindi, al momento della mera messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica” (ex multis: CGF 27 agosto 2015 C.U. 016/CFA riunione 27 agosto 2015, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 2 agosto 2016, n. 34, conforme: CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 032/CGF del 2.9.2011).

Per altro, nel caso in esame, due dei tre eventi alternativamente previsti quali circostanze aggravanti dal secondo comma dell’art. 7 (alterazione dello svolgimento della gara e del risultato della stessa), ebbero certamente a verificarsi. In sintesi: la (normativamente prevista) anticipazione della soglia di punibilità, imposta dal comma 1, resta, nel caso in esame, comunque assorbita dall’effettivo verificarsi dell’evento; il che, per altro, determina, da un lato e per espresso dettato della norma stessa, la conseguenza di rendere ancor più significativo il vulnus che la condotta antigiuridica causa, giustificando una più severa repressione, dall’altro, di agevolare, sul piano probatorio, il compito del giudicante, atteso che, appunto, proprio il verificarsi dell’evento (rectius: degli eventi) rende superflua ogni indagine circa la idoneità e inequivocità degli atti, indagine che, viceversa, sarebbe stata necessaria nel caso ci si fosse trovati al cospetto della “ipotesi semplice” (vale a dire, non aggravata - appunto - dall’evento).

 

 

    • D’altronde la giurisprudenza penale di legittimità (cfr. Cass pen. sez. 3, sent. 36350 del 2015), nel definire la limitrofa fattispecie incriminatrice della frode sportiva ex art. 1 legge 401/1989 (per la cui realizzazione tuttavia è necessaria anche l’offerta o promessa di denaro o altra utilità) ha avuto modo di chiarire: a) che il bene giuridico tutelato è quello “ultraindividuale” della lealtà e correttezza nello svolgimento delle competizioni agonistiche;

b) che la fattispecie delinea un delitto di attentato a forma libera, di pura condotta, in cui la soglia della punibilità è anticipata al compimento di un'attività finalizzata ad alterare lo svolgimento della competizione, sicché lo stesso si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica la promessa o l'offerta di un vantaggio indebito o la commissione di ogni altra


condotta fraudolenta, non essendo necessario che il risultato agonistico sia in concreto alterato.

 

 

    • Conclusivamente sul punto, pertanto, si deve affermare che l’illecito sportivo, come delineato dal “vecchio” e dal “nuovo” CGS, consiste in una condotta causalmente orientata, dal momento che la sua integrazione non dipende dal compimento di azioni puntualmente descritte dalla norma, la quale si limita a tipizzare il mero profilo causale della condotta stessa. Rileva, in altre parole, nell’ipotesi semplice, la mera condotta finalizzata alla realizzazione dell’evento  contra  jus  e,  nella  forma  aggravata,  la  causazione  di  detto  evento;  ciò  a prescindere dalle modalità con le quali l’evento stesso sia stato perseguito o conseguito. Nella forma semplice, dunque, la fattispecie ha la struttura del tentativo (art. 56 cod. pen.), trattandosi, come premesso, di una fattispecie a consumazione anticipata, dovendo quindi l’azione o l’omissione dell’agente rivestire i caratteri della idoneità e della non equivocità; nella  forma  aggravata,  la  fattispecie  ha  struttura  del  fatto  illecito  aggravato,  appunto, dall’evento.

Né si dica che, a tal punto, risulta incerto il confine tra illecito sportivo “semplice” (vale a dire non aggravato) e comportamento (gravemente) antisportivo (art. 39 CGS in vigore). Ciò invero potrebbe sostenersi solo se non si tenesse conto della natura dell’elemento psicologico, caratterizzato nel primo caso (illecito sportivo), da un evidente dolo specifico (in quanto l’agente deve avere operato, non solo con coscienza e volontà, ma al precipuo scopo di alterare svolgimento e/o risultato della gara o modificare arbitrariamente la classifica). Nel secondo caso, si tratta di generici comportamenti violativi dei doveri di lealtà, correttezza e probità, che ben possono essere tenuti senza alcun ulteriore, specifico fine. Si tratta, insomma, di un rapporto di genere (comportamento antisportivo) a specie (illecito sportivo). Invero, in un ordinamento sanzionatorio a tipicità debole, quale certamente è quello sportivo, la compiuta definizione dell’illecito sportivo, descritto con puntuale precisione, sia nella condotta che, appunto, nella sua componente psicologica, rappresenta una evidente eccezione.

 

 

  1. In base a tutto quanto si è premesso, consegue che, da un lato, va accolto in parte qua il reclamo del Procuratore Federale e, per converso, disattese le argomentazioni difensive dei giudicabili, che miravano a negare fondatezza alla richiesta di riqualificazione in pejus della ipotesi accusatoria. Conseguentemente, l’addebito contestato a Bianchini, Barna, Filoni,

Monachini, Bistri, Broccatelli, Veneselli, Pifferi, Ceccarelli, Feliziani, Muzzachi e Grassini e, per responsabilità oggettiva, alla ASD San Lorenzo, va ricondotto alla originaria formulazione. Agli stessi va dunque applicato il conseguente trattamento sanzionatorio come di seguito indicato. Naturalmente, poiché, ai sensi dell’art. 17, commi 1 e 5, CGS della FIGC, la società San Lorenzo deve rispondere a titolo di responsabilità oggettiva dell’irregolare condotta dei calciatori che hanno preso parte alla competizione sportiva, ogni questione relativa all’accertamento dell’elemento soggettivo appare, con riferimento a tale soggetto, manifestamente irrilevante (così Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, decisione 13 maggio 2015, n. 20).

 

 

    • Non è dubbio che ricorra l’ipotesi aggravata ai sensi del comma 2 dell’art. 7 CGS (identico al comma 6 art. 30 vigente), dal momento che il risultato della alterazione dello svolgimento e dell’esito della gara, come conseguenza della scorretta condotta di gioco da parte dei calciatori della San Lorenzo, fu raggiunto.

 

 

    • L’ordinamento sportivo vigente, tuttavia, consente l’eventuale riconoscimento di circostanze attenuanti, sia tipiche che atipiche e, genericamente, prevede motivata discrezionalità nella concreta determinazione del trattamento sanzionatorio. Ciò nel nuovo CGS (artt. 12 e 13). Si tratta di disposizioni di diritto sostanziale che, in quanto più favorevoli rispetto a quelle previgenti, devono trovare applicazione. Orbene la presenza, accanto a circostanze aggravanti, di circostanze attenuanti rende certamente necessario (anzi inevitabile) operare giudizio di prevalenza o di equivalenza ai sensi dell’art. 16 del “nuovo” CGS.

 

 

    • E’ evidente che, appunto sul piano sanzionatorio, la posizione del Broccatelli e del Grassini debba essere tenuta distinta da quella degli altri accusati. Questa, d’altronde, è stata la posizione presa anche dal primo giudicante che ha valutato negativamente, da un lato, la funzione di “regista” della illecita operazione rivestita dal Broccatelli, dall’altro, la obiettiva gravità della condotta del Grassini, il quale, non contento della imminente soccombenza della squadra nell’interesse della quale si sarebbe dovuto impegnare per la vittoria, addirittura ne aggravò la posizione calciando volontariamente il pallone nella sua porta. Ad entrambi, tuttavia, in ragione della episodicità del fatto contestato e della assenza di precedenti specifici,

possono esser riconosciute le attenuanti di cui al comma 2 del vigente art. 13, con giudizio di prevalenza rispetto alla aggravante contestata. La sanzione dunque deve essere quantificata in anni quattro di squalifica per Grassini e in un pari periodo di inibizione per Broccatelli (sanzione base, tenuto conto dell’aggravante: anni 4 e mesi 6).

 

 

    • La condotta di Bianchini, Barna, Filoni, Monachini, Ceccarelli, Pifferi, Veneselli, Feliziani, Muzzachi e Bistri riveste certamente carattere di minore gravità. Agli stessi le attenuanti (motivate come sopra) possono essere riconosciute, anche in questo caso, come prevalenti sulla aggravante contestata e dunque, ai sensi dell’art. 15 “nuovo” CDG, la sanzione edittale minima può essere ridotta della metà. Ne consegue la squalifica degli stessi per anni due.

 

 

    • La responsabilità oggettiva della ASD San Lorenzo, nel cui interesse fu tenuta la condotta contra jus da parte dei suoi atleti, comporta la applicazione di adeguata sanzione che si stima equo determinare in due punti di penalizzazione nel campionato in corso.

 

 

  1. Infine il reclamo del Procuratore Federale Interregionale va respinto solo per quel che riguarda la ACD Sporting Bagnoregio, innanzitutto per una ragione di pura logica. Invero, se la condotta dei giocatori della San Lorenzo Nuovo fu diretta a cagionare (sia pure attraverso la sconfitta) un vantaggio per la squadra, ne consegue inevitabilmente che ciò non poteva non tradursi in un danno per l’avversaria; in secondo luogo da nessuna evidenza emerge che questa squadra tenne una condotta di gioco irregolare, né, tantomeno, che fu animata dall’intenzione di perdere la partita, che di fatto vinse, non solo per aver segnato due gol fino al quarantaquattresimo minuto del secondo tempo, ma anche perché, come premesso, gli avversari non fecero nulla per rimontare, anzi praticarono “melina”, all’evidente scopo di

cristallizzare il risultato, reso poi irreversibile dall’autorete del Grassini.

 

 

 

 

 

P.Q.M.

 

 

 

 

La Corte Federale d’Appello (Sezioni Unite),

 

 

preliminarmente riuniti i reclami nn. 85, 86, 87 e 88, definitivamente pronunciando:


RESPINGE

 

 

i reclami proposti dai sigg.ri Bianchini Alessandro, Alin Vasile Barna, Filoni Andrea, Monachino Matteo e Bisti Andrea;

 

RESPINGE

 

 

il reclamo proposto dal sig. Broccatelli Stefano;

 

 

RESPINGE

 

 

il reclamo proposto dal sig. Grassini Stefano;

 

 

ACCOGLIE PARZIALMENTE

 

 

il reclamo del Procuratore Federale Interregionale e, riqualificato il fatto ai sensi dell’art.7 CGS previgente, riconosciute le attenuanti di cui agli artt. 12 e seguenti C.G.S. in vigore, ritenute prevalenti sull’aggravante contestata, ridetermina le sanzioni come di seguito riportate:

 

  • sigg.ri Bianchini Alessandro, Alin Vasile Barna, Filoni Andrea, Monachino Matteo e Bisti Andrea anni 2 di squalifica;
  • sig. Grassini Stefano anni 4 di squalifica;

 

 

  • sig. Broccatelli Stefano anni 4 di inibizione;

 

 

  • società ASD S. Lorenzo punti 2 di penalizzazione in classifica da scontarsi nella stagione sportiva corrente;

 

RESPINGE

 

 

nel resto il reclamo della Procura Federale Interregionale. Dispone la comunicazione alle parti presso i difensori con PEC.

 

 

 

IL PRESIDENTE                                                                    L’ESTENSORE

 

f.to Mario Luigi Torsello                                                         f.to Maurizio Fumo


 

Depositato il 17 febbraio 2020 IL SEGRETARIO

f.to Fabio Pesce

 
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