F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 091 CFA del 17 luglio 2020 (Procura Federale Interregionale/F.C. Pavia 1911 SSD a r.l. – Giuseppe Nucera) N. 129/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 091/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

N. 129/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

N. 091/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

 

 


 

 

 

 

 

composta dai Sigg.ri:


LA CORTE FEDERALE D’APPELLO I SEZIONE


 

Mario Luigi Torsello                    Presidente

 

 

Silvia Coppari                              Componente

 

 

Paola Palmieri                              Componente (relatore)

 

 

 

 

 

ha pronunciato la seguente

 

 

DECISIONE

 

 

sul reclamo numero di registro 129/CFA del 2019-2020, proposto dal Procuratore federale interregionale

 

contro

 

 

F.C. Pavia 1911 SSDD a r.l.

 

 

per la riforma

 

 

della decisione del Tribunale Federale Territoriale del Comitato Regionale Lombardia del 27.2.2020, comunicata in data 5 marzo 2020 a seguito di deferimento della Procura Federale Interregionale,

 

visto il reclamo e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

 

 

Relatore nell’udienza del 10 luglio 2020 l’Avv. Paola Palmieri, udito per il reclamante il rappresentante della Procura federale Interregioale, Avv Mario Adinolfi e per il reclamato, l’Avv. Eduardo Chiacchio,

 

considerato in fatto e in diritto quanto segue.

 

 

RITENUTO IN FATTO

 

 

Con atto del 4 novembre 2019 il Procuratore federale interregionale ed il Procuratore federale aggiunto, all’esito dell’attività di indagine compiuta nei confronti della società FC Pavia 1911 avviata in relazione alle dichiarazioni rilasciate dal legale rappresentante, Giuseppe Nucera, in ordine alle cause di inagibilità dell’impianto sito nel Comune di Pavia, ritenuta sussistente la condotta illecita - consistente nell’aver reso dichiarazioni mendaci in occasione di un ricorso depositato innanzi agli organi  della FIGC, in violazione dei principi  di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. dell’art. 4, comma 1, CGS con l’aggravante dell’art. 14 comma 1 lett. i), nonché la responsabilità diretta della società - comunicava agli interessati la conclusione delle indagini con atto indirizzato alla società Pavia 1911 SSDD a r.l. in via Alzaia 137 ed a Giuseppe Nucera, presso la società e nel medesimo indirizzo. Poiché tale notifica, effettuata a mezzo posta, non andava a buon fine, in data 26 novembre 2019 la comunicazione veniva reiterata a mezzo pec e regolarmente recapitata.

La società Pavia interponeva ricorso al Tribunale federale territoriale della FIGC – L.N.D. Comitato Regionale Lombardia deducendo, in via preliminare, l’improcedibilità del deferimento per violazione dell’art. 123, comma 1, CGS, risultando superato il termine assegnato al Procuratore federale per la comunicazione della conclusione delle indagini, da intendersi perentorio ai sensi dell’art. 44, comma 6, CGS, e chiedendo, nel merito, dichiararsi l’infondatezza degli addebiti.

Con sentenza del 27 febbraio 2020 il Tribunale federale adito rilevava la fondatezza del ricorso, rilevando che la comunicazione scritta della conclusione delle indagini, seppur datata 4 novembre 2019, era stata comunicata ai deferiti solamente in data 26 novembre 2019, quando erano già trascorsi i termini perentori assegnati dall’art. 123, comma 1, C.G.S. Pertanto, era dichiarata l’improcedibilità del giudizio.

Avverso tale decisione ha proposto reclamo la Procura federale interregionale, deducendo che la comunicazione era avvenuta, una prima volta, il 4 novembre 2019, agli indirizzi indicati nei fogli di censimento ma che tali raccomandate erano tornate al mittente in quanto i destinatari risultavano “(inspiegabilmene) trasferiti” come comprovato dalla documentazione allegata al reclamo. Secondo la tesi della Procura, occorrerebbe fare riferimento alla data di invio delle raccomandate, spedite nel termine normativamente previsto, e non a quello della pec, del 26.11.2019, non essendo imputabile alla stessa il mancato perfezionamento della notifica avvenuta presso gli indirizzi indicati nei fogli di censimento. A sostegno veniva invocato il principio secondo cui, se la notifica non è andata a buon fine per ragioni non imputabili al suo autore, il procedimento notificatorio si può riattivare con immediatezza.

Si costituiva in giudizio la società reclamata che chiedeva confermarsi la declaratoria di improcedibilità alla luce della perentorietà dei termini affermata dall’art. 44 C.G.S., deducendo che la circostanza dell’avvenuta notifica mediante raccomandata risulterebbe tardivamente dedotta e, comunque, non provata.

All’esito della udienza del 19 giugno 2020, a fronte delle contrapposte dichiarazioni delle parti sui fatti di causa, il Collegio, ai sensi dell’art. 50, terzo comma, del Codice, riteneva opportuno disporre istruttoria e, pertanto, con ordinanza pubblicata in pari data, disponeva l’acquisizione a cura delle parti dei seguenti documenti:

  1. copia del foglio di censimento, relativo alla società reclamata, aggiornato alla data del 4 novembre 2019;
  2. copia della comunicazione con cui la società FC Pavia 1911, SSDD a r.l. aveva segnalato l’intervenuto cambio di domicilio;
  3. copia delle raccomandate inviate dalla Procura federale alla società Pavia 1911 SSDD a r.l. ed al Sig. Giuseppe Nucera presso il medesimo indirizzo, in data 4/11/2019, e copia delle relative ricevute di ritorno, fissando per la prosecuzione, l’udienza del 10 luglio 2020.

Le parti depositavano documentazione nei termini, accompagnata da una memoria illustrativa.

All’udienza del 10 luglio 2020, a seguito di discussione, la causa era trattenuta in decisione.

RITENUTO IN DIRITTO

Si osserva preliminarmente che, sulla base delle posizioni assunte dalle parti nei rispettivi atti, può ritenersi pacifica la circostanza che la Procura ha comunicato la chiusura delle indagini in data 4 novembre 2019, che tale notifica non è andata a buon fine a causa dell’avvenuto trasferimento della società dalla sede di via Alzaia 127 in Pavia e che la successiva comunicazione è avvenuta a mezzo pec in data 26.11.2020 oltre il termine previsto dall’art. 123, primo comma, del CGS.

Detto termine, al pari di tutti i termini previsti dal Codice, deve ritenersi perentorio, salvo che non sia diversamente indicato dal Codice stesso, come stabilito in modo inequivoco dall’art. 44, comma 6, C.G.S. Il principio, già contenuto nel Codice previgente, risulta da ultimo confermato anche con riferimento all’art. 123 C.G.S. dalla decisione della Corte federale a Sezioni Unite n. 73 del 2019, ove si ribadisce che l’inosservanza dei termini di cui agli artt. 123 e 125 C.G.S. determina l’improcedibilità dell’azione disciplinare e che, per quanto concerne, in particolare, la prima disposizione, l’adempimento necessario per evitare l’improcedibilità, indicato con una espressione univoca, è dato dalla comunicazione “all’interessato”.

Come da ultimo ribadito dalle menzionate SS.UU., l’osservanza dei termini nel procedimento disciplinare “è espressione di un generale diritto punitivo (al quale appartiene il sotto- sistema del diritto disciplinare della giustizia sportiva), secondo il quale l’esercizio dell’azione di responsabilità deve essere sottoposto ad un limite temporale onde evitare che il soggetto che la subisce sia chiamato a rispondere della sua condotta e ad esercitare un diritto di difesa dopo un eccessivo lasso di tempo” .

Al fine di ritenere assolto, nel termine di decadenza, l’onere di comunicazione in questione- si legge nella medesima decisione - non è necessaria la prova che l’atto abbia raggiunto la sfera di conoscibilità del destinatario ma è sufficiente la prova del tempestivo invio dell’atto medesimo da parte della Procura.

Nel caso di specie, tuttavia, sebbene l’avviso di avvenuta conclusione delle indagini sia stato tempestivamente inviato, esso non è andato a buon fine neanche dopo lo spirare del termine decadenziale, in quanto il destinatario risultava trasferito dalla sua sede.

In tal caso, non è sufficiente prendere atto del mancato perfezionamento della notifica ma occorre anche verificare se tale mancata notifica non sia imputabile al notificante alla stregua del consolidato orientamento della giurisprudenza civile che, in tal caso, ammette la possibilità di remissione in termini. In tal senso, Cass. civ., Sez. V, 12-03-2008, n. 6547 che, richiamando un previo conforme orientamento (Cass. n.7018/2004, S.U. n. 13970/2004, 2005/15616, S.U. 10216/2006, 22480 e 24702/2006), ritiene di darvi seguito affermando che “nell'ipotesi in cui l'atto da notificare sia stato tempestivamente consegnato all'ufficiale giudiziario, ma non essendosi perfezionato il procedimento, il notificante lo riavvii oltre il termine perentorio stabilito per l'impugnazione, questa non soggiace alla sanzione d'inammissibilità, se egli ha provveduto con sollecita diligenza - da valutare secondo un principio di ragionevolezza avuto riguardo al momento dell'acquisizione della notizia dell'esito negativo della prima notificazione e a quello in cui notificante provvede[] a riavviare validamente il procedimento - in tal modo non essendo vulnerato né l'interesse di rango costituzionale alla ragionevole durata del processo e al conseguimento della certezza e stabilità delle situazioni giuridiche conseguenti alla pronunzia, né gli artt. 3 e 24 Cost., come avverrebbe invece nel caso in cui si addossassero al notificante le conseguenze di una notifica tardiva per fatti sottratti al suo potere di ingerenza ed impulso e non riconducibili a suo errore o negligenza”.

Al fine di verificare l’eventuale imputabilità del mancato buon fine della notifica occorre, innanzitutto, fare riferimento alle norme che regolano la comunicazione e notificazione degli atti previsti dal Codice di giustizia sportiva.

Tenuto conto della previsione della disposizione transitoria di cui all’art. 142 del Codice, non è possibile applicare al caso di specie l’art. 53 C.G. S., non ancora entrato in vigore al momento della vicenda in esame e comunque ulteriormente rinviato, quanto alla sua efficacia, al 1° luglio 2021. Devono, pertanto, applicarsi le norme previgenti e, per quel che qui interessa, l’art. 38, comma 7, secondo cui “Tutti gli atti previsti dal presente Codice possono essere comunicati a mezzo di corriere o posta celere con avviso di ricevimento, telegramma, telefax o posta elettronica certificata, a condizione che sia garantita e provabile la ricezione degli stessi da parte dei destinatari” ed il successivo comma 8 che, avuto riguardo alle società, prevede la comunicazione “con modalità da considerarsi alternative tra loro” : “a) nel domicilio eletto ai fini del procedimento stesso ove formalmente comunicato agli organi della giustizia sportiva; il domicilio eletto può essere cambiato nel corso del procedimento unicamente con atto separato notificato alle altre parti del procedimento e presso l’ufficio dell’Organo giudicante; b) presso la sede della società”.

Tali disposizioni vanno lette anche alla luce delle regole generali in tema di notificazione degli atti e, in particolare, dell’art. 145 c.p.c. secondo cui la notifica nei confronti delle persone giuridiche, ivi comprese le società non aventi personalità giuridica alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli artt. 38 e ss. del c.c., si esegue nella loro sede.

Ai sensi dell’art. 18 NOIF, inoltre, la sede sociale è quella indicata all’atto dell’affiliazione ed il relativo trasferimento soggiace a particolari modalità di approvazione.

Tale sede risulta indicata nel c.d. foglio di censimento, depositato all’inizio del campionato da ciascuna società partecipante, dove vengono registrati i principali mutamenti che interessano la singola società sportiva.

Detto documento costituisce fonte privilegiata di riferimento, da considerare sostanzialmente equivalente ad un atto di elezione di domicilio, quanto meno fino a che non entri in vigore il sistema di comunicazione di cui all’art. 53 del Codice, destinato a completare il sistema attraverso la previsione di un rigoroso onere di comunicazione degli indirizzi di riferimento sia per i tesserati che per le società (all’atto del tesseramento per i primi e dell’affiliazione o del rinnovo per le seconde), in uno con l’obbligo di comunicare tutti gli atti del procedimento per i quali non sia stabilita la partecipazione in forme diverse, esclusivamente a mezzo pec.

Nel caso di specie, dai fogli di censimento già presenti nel fascicolo di primo grado e successivamente integrati a seguito di ordinanza istruttoria adottata dal Collegio in virtù dei poteri di indagine e di accertamento riconosciuti dall’art. 50, terzo comma C.G.S., la sede della società Pavia 1911 SSDD, tanto all’inizio del campionato quanto alla data delle comunicazioni in contestazione, risultava sempre situata in via Alzaia 127, Pavia, come confermato anche dall’ulteriore documentazione presente in atti, attestante le variazioni relative ad eventi di interesse della medesima società sportiva.

Quanto detto vale a far ritenere assolto l’obbligo di diligenza della Procura non avendo essa l’onere, anche in rapporto alla brevità dei termini infraprocedimentali indicati dal Codice in

relazione alle singole fasi in cui si articola il procedimento disciplinare, di effettuare ricerche anche al di là di quanto emerga formalmente dalle risultanze sopra descritte.

Per contro, a fronte delle formali risultanze depositate presso gli organi federali, sarebbe stato onere della società dimostrare di avere effettuato per tempo le dovute comunicazioni di cambiamento di sede ma tale prova, sulla base della documentazione depositata e al di là di quanto dichiarato in sede di discussione, non risulta raggiunta.

Non assume rilievo, a tale scopo, il fatto che, come documentato dalla società reclamata, con nota in data 8 luglio 2019 il Comune di Pavia abbia intimato alla società F.C. Pavia 1911 di riconsegnare le chiavi dello stadio presso cui notoriamente, secondo il reclamato, si trovava la sede societaria, atteso che la Procura non è tenuta a conoscere i luoghi in cui di fatto e al di là di ogni registrazione ufficiale, si trovi la sede di ciascuna società, né può affermarsi che l’indisponibilità dell’impianto rappresentasse, i quel caso, un fatto notorio.

Che la sede societaria risultasse inagibile, del resto, non costituiva un fatto pacifico, come sostenuto dalla società reclamata, atteso che, a quanto emerge dai documenti rinvenuti nel fascicolo di primo grado, la pretesa inagibilità era stata contestata dalla Procura la quale, proprio su tale prospettazione, aveva avviato il procedimento disciplinare, avendo ritenuto che la indisponibilità dell’impianto dipendesse, piuttosto, dalla situazione di morosità in cui versava la società Pavia.

Di qui la possibilità di considerare tempestiva la prima notifica avvenuta in data 4 novembre 2019, anche se non andata a buon fine, tenuto conto che la stessa risulta effettuata in conformità alle previsioni dell’art. 38 C.G.S. vigente ratione temporis, presso il luogo indicato dalla società stessa.

La relativa prova non può considerarsi tardivamente fornita dalla reclamante con la produzione attestante la mancata consegna, avvenuta a seguito dell’ordinanza istruttoria emessa in corso di causa, in quanto tale circostanza era già stata ben evidenziata nel reclamo al quale risultava allegata copia della schermata del sito dell’Ente Poste, da cui emergono con chiarezza sia la data di spedizione della raccomandata sia i destinatari sia gli indirizzi cui le comunicazioni erano state effettuate.

Nel caso di specie, giova inoltre osservare, la soluzione adottata non tocca il principio della perentorietà dei termini e della ragionevole durata del procedimento disciplinare, tenuto conto che l’accoglimento della tesi qui esposta presuppone, in ogni caso, che la comunicazione sia comunque andata a buon fine entro un termine ragionevole, da valutare caso per caso in ragione del tempo strettamente occorrente per avere notizia del mancato perfezionamento e per riavviare il procedimento notificatorio.

E ciò, in modo da assicurare un equo contemperamento tra l’interesse alla certezza della durata del procedimento disciplinare e quello della effettività dell’azione disciplinare, che non può essere compressa al di là dei termini previsti dal Codice da interpretazioni di eccessivo rigore non fondate sulla violazione degli obblighi di diligenza effettivamente richiesti dalle norme di riferimento ai fini della comunicazione degli atti.

Né d’altra parte, il principio del contraddittorio può ritenersi inciso dalle conclusioni così raggiunte atteso che l’ulteriore termine di quindici giorni, per l’esercizio delle garanzie difensive previste dall’art. 123 C.G.S. a favore dell’incolpato nella fase che precede l’esercizio dell’azione disciplinare, “deve decorrere dalla data di perfezionamento della

notifica nei confronti di quest’ultimo, ossia dalla data di ricezione della comunicazione medesima …” (in tal senso, da ultimo, Corte d’appello federale, decisione n. 83/2019-2020 del 30 giugno 2020, in C.U. del 30 giugno 2020).

Non può, inoltre, considerarsi rilevante il fatto che, come osservato dalla società resistente, la notifica avrebbe potuto essere effettuata fin dall’inizio a mezzo pec.

Al di là del fatto che nel foglio di censimento non risulta indicata la pec della società ma solo un indirizzo mail (il cui utilizzo, ai fini della comunicazione ex art. 123 C.G.S. non avrebbe comunque consentito la possibilità di attestare la prova della avvenuta ricezione, come per contro richiesto dall’art. 38, comma 7, CGS), in ogni caso, tale mezzo di comunicazione, allo stato, non può considerarsi obbligatorio alla luce della disciplina applicabile ratione temporis, l’art. 53 C.G.S., per quanto detto, non essendo in vigore all’epoca della comunicazione per cui è causa.

Quanto, infine, alla possibilità di effettuare la comunicazione presso il domicilio effettivo del legale rappresentante Giuseppe Nucera, si osserva che l’art. 38 C.G.S. si limita a prevedere come “modalità alternative tra loro”, la comunicazione di ogni atto previsto dal Codice o nel

domicilio eletto ai fini del procedimento ovvero presso la sede della società di appartenenza il che, per quanto sopra considerato, risulta correttamente adempiuto.

Del resto, la stessa disciplina generale contenuta nel codice civile prevede che la notificazione possa anche essere eseguita a norma degli artt. 138, 139 e 141 c.pc., alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza domicilio e dimora abituale. Tuttavia, per giurisprudenza consolidata, l’art. 145

c.p.c. non prevede, in sede di notifica, la necessaria indicazione della persona fisica del rappresentante (Cass n. 12039 del 2009; Cass. n. 1460 del 1994) e l’eventuale erronea indicazione non produce conseguenze, purché la società o l’ente siano identificati in modo da escludere ogni incertezza (Cass. n. 2166 del 1980).

 

Il reclamo, pertanto, deve essere accolto e, ai sensi dell’art. 106, comma 2, ultimo periodo, del Codice (“Se [la Corte Federale d’appello] ritiene insussistente la inammissibilità o la improcedibilità dichiarata dall’organo di primo grado […] annulla la decisione impugnata e rinvia, per l’esame del merito, all’organo che ha emesso la decisione”) deve essere annullata la decisione impugnata e disposto il rinvio dell’affare, per l’esame del merito, al Tribunale federale.

 

P.Q.M.

 

 

La Corte Federale d’Appello (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul reclamo presentato dalla Procura Federale Interregionale, lo accoglie e per l’effetto, annulla la decisione impugnata e rinvia per l’esame del merito al Giudice di primo grado ai sensi dell’art. 106, comma 2, ultimo periodo C.G.S.

 

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

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