F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 117 CFA del 13 Agosto 2020 (Sig. Cardone Vincenzo – Procura Federale Interregionale) N. 159/2019-2020 REGISTRO RECLAMI 1) 117/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

N. 159/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

 

  1. 117/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

 

 

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO I SEZIONE

 

 

Composta dai signori:

 

Mario Luigi Torsello                   Presidente

 

Angelo De Zotti                        Componente

 

Maurizio Fumo                          Componente (relatore)

 

 

 


ha pronunziato la seguente


 

 

 

DECISIONE


 

sul reclamo n. 159/2019-2020, proposto da Cardone Vincenzo, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Principali (posta elettronica certificata: andreaprincipali@ordineavvocatiroma.org)

 

contro Procura Federale Interregionale

per la riforma

 

della decisione del Tribunale Federale Territoriale del Lazio n.6 del 10.7.2020; Visto il reclamo, gli allegati e gli atti di causa;

Relatore nell’udienza del giorno 10 agosto 2020 - tenutasi in videoconferenza, ai sensi del decreto del 18 maggio 2020 del Presidente della CAF - il dott. Maurizio Fumo;

Udito l’avv. Andrea Principali per il reclamante e, per la Procura Federale Interregionale, l’avv. Vincenzo Cardone;

RITENUTO IN FATTO

    1. Nella riunione del 26.2.2020 il TFT Lazio ha giudicato Cardone Vincenzo in relazione alla seguente incolpazione, elevata in relazione alla sua funzione di arbitro nella partita Frassati Anagni – Nuova Paliano, disputata nell’ambito della “Coppa della Provincia del “Calcio a 5, serie D”: a) essersi rifiutato, al termine della gara, di restituire ai calciatori della Frassati Anagni i documenti; in particolare quello di Amadio Simone; b) avere aggredito verbalmente e fisicamente il predetto nello spogliatoio; c) avere omesso, nel referto arbitrale, ogni riferimento alla sua condotta nei confronti dell’Amadio; d) avere mentito nel corso della audizione innanzi alla Procura Federale Interregionale; e) non essere comparso innanzi alla CSAT del CR Lazio, benché convocato per ben quattro volte, contravvenendo quindi al preciso obbligo di leale collaborazione con gli organi disciplinari federali.
    2. Riconosciuto colpevole delle infrazioni sopra specificate, il Cardone è stato sanzionato con la “sospensione” per anni tre.
    3. Il dispositivo è stato pubblicato con il C.U. n. 311 il giorno 28.2.2020, la motivazione il 10.7.2020.
    4. Con il reclamo, la difesa del Cardone deduce: 1) la violazione di norme procedurali e la conseguente estinzione del procedimento disciplinare; 2) il travisamento dei risultati istruttori e l’erronea valutazione delle prove raccolte in ordine a tutti gli addebiti contestati.
      • Quanto alla prima censura, il reclamante osserva che, in base all’art 54 CGS, il termine per il giudizio di primo grado è di giorni 90: l’art 51 del medesimo codice, poi, impone che la motivazione sia redatta entro 10 giorni e l’art. 110, comma 4 - che va letto unitamente all’art. 44 comma 6 (in base al quale, detti termini sono da considerarsi perentori) - stabilisce che “se i termini non sono osservati per ciascuno dei gradi di merito, il procedimento disciplinare è dichiarato estinto, anche di ufficio, se l’incolpato non si oppone”. Si chiede dunque a questa Corte di assumere la consequenziale decisione.
      • Con la seconda censura, la difesa del Cardone assume che non è affatto vero che le dichiarazioni rese ai Carabinieri e le conseguenti annotazioni di quella PG siano coerenti con le altre prove dichiarative; conseguentemente ha errato il primo giudice quando ha condiviso la ricostruzione dei fatti proposta dalla Procura federale Interregionale, atteso che, oltretutto, furono proprio i Carabinieri a proporre al Cardone di sporgere denunzia-querela. Invero, del tutto erroneamente, il TFT ha affermato che il Cardone non aveva riportato lesioni ad opera

dell’Amadio, né ha considerato che l’incolpato non si era presentato alla CSAT perché non aveva mai ricevuto le relative convocazioni.

      • Infine, anche nel determinare la sanzione, il Tribunale ha errato in quanto essa, nel massimo, non può superare i due anni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. La prima censura è infondata. Invero, benché il reclamante riporti correttamente le scansioni temporali che hanno caratterizzato il primo grado del presente procedimento, esso non può essere considerato “estinto”.
    • Infatti in data 26.2.2020 si è svolta la trattazione della causa; in data 28.2.2020 è stato comunicato il dispositivo; in data 16.7.2020 è stata effettuata la comunicazione-trasmissione al Cardone del provvedimento nella sua compiutezza, vale a dire motivazione più dispositivo.

Il termine di giorni 90 (decorrente dal giorno in cui è stata esercitata l’azione disciplinare, cioè il 29.11.2019) risulta dunque rispettato. Ciò che rileva infatti è la data di comunicazione del dispositivo (che, in mancanza della esplicita indicazione di una data di deposito, deve ritenersi equivalente).

Sul punto la giurisprudenza sportiva ha avuto modo di esprimersi con chiarezza, affermando che, ai fini della “individuazione del termine per l’esercizio e la conclusione dell’azione disciplinare (…) il momento in cui la decisione dell’organo giudicante è pronunciata è quello in cui, all’esito della camera di consiglio, la decisione è stata adottata e sottoscritta (anche solo nel dispositivo) dal Presidente e dal relatore del collegio giudicante.(cfr Collegio di Garanzia SS.UU., decisioni 22 marzo 2016, n. 13, 11 ottobre 2016, n. 46, 7 marzo 2017, n.

19).

    • Vero è che le predette SS.UU. hanno anche aggiunto che costituisce un adempimento, immediatamente successivo, quello del deposito della decisione (scil. Della sua giustificazione motivazionale e del susseguente dispositivo) presso la Segreteria, la quale deve, a sua volta, provvedere alla tempestiva pubblicazione, ma, indubbiamente, il termine di 90 giorni deve ritenersi soddisfatto con la pubblicazione-comunicazione del dispositivo (analogamente nel procedimento penale, per quel che riguarda le decisioni del Tribunale del Riesame, cfr. Cass. pen. SS.UU. sent. n. 11 del 1998).

Orbene: se pure non si può fare a meno di notare che, nel caso in scrutinio, la comunicazione della decisione nella sua interezza è avvenuta mesi dopo la comunicazione del dispositivo, non di meno tale anomalia (eventualmente meritevole di approfondimento in altre sedi) non è certamente in grado, per le ragioni sopra specificate, di determinare la estinzione del procedimento disciplinare.

    • Va infatti posto nel dovuto rilievo che le ricordate pronunzie del supremo organo giudicante sportivo, tutte intervenute prima del giorno 11.6.2019, sono certamente applicabili

al presente procedimento, il quale deve ritenersi regolato dal previgente CGS, atteso che esso è stato iscritto in data 1.4.2019.

  1. La seconda censura è parimenti infondata. E invero: a) quanto alla ritardata consegna dei documenti e alla modalità, quantomeno singolari, della consegna del documento di identità all’Amadio, è da notare che la dichiarazione di quest’ultimo trova conferma in quella di altri protagonisti della vicenda che poterono constatare de visu la circostanza; b) quanto alle lesioni riportate dal predetto calciatore, oltre alla obiettiva sussistenza delle stesse, il Tribunale ha preso in considerazione le dichiarazioni di coloro che, presenti nello spazio immediatamente antistante lo spogliatoio, percepirono nettamente la scena attraverso la porta semiaperta; c) quanto alla mancata comparizione innanzi al CSAT del CR Lazio, il Cardone ha sostenuto tesi contraddittorie, affermando, una volta, che aveva ricevuto solo due convocazioni, ma non aveva potuto presentarsi per impegni di lavoro, altra volta, che non aveva mai ricevuto gli inviti in questione. Di tutto ciò (impegni di lavoro, mancata comunicazione) egli non ha fornito neanche un principio di prova); c) quanto alle lesioni che sostiene di aver patito, il reclamante, ancora una volta, si contraddice, avendo sostenuto, in origine, di essere stato colpito da uno schiaffo, per poi cambiare versione assumendo che in realtà si trattava di un pugno e/o di un colpo vibrato con un parastinchi. D’altronde anche lo stesso referto ospedaliero (redatto ad ore di distanza e presso un presidio sanitario diverso da quello che, per vicinanza al campo di gioco, sarebbe stato “naturalmente competente”) è quantomeno equivoco, atteso che riporta le dichiarazioni del Cardone in relazione ai colpi che avrebbe subito, per poi concludere che la parte interessata (lo zigomo) si presentava non dolente.
    • A fronte di tali contraddittorie evidenze davvero non assume rilevanza alcuna il fatto che sia stato il Cardone (e non altri) a chiamare i Carabinieri, mentre del tutto neutro è l’invito rivolto dai predetti militari a chi aveva richiesto il loro intervento a valutare l’opportunità di sporgere querela, trattandosi - né più e né meno - di una condotta routinaria che gli esponenti della polizia giudiziaria tengono (o dovrebbero tenere) ogni qual volta un soggetto rappresenta loro di essere stato vittima di un reato non perseguibile di ufficio. Ne consegue inevitabilmente che, nel resoconto arbitrale redatto dal Cardone, lo stesso ha evidentemente omesso di riferire con esattezza e completezza (e correttezza) l’accaduto e che egli, quando finalmente si è presentato per rendere le sue dichiarazioni in sede di indagini, non ha dichiarato il vero.
  2. Hanno dunque sussistenza tutti gli addebiti che gli sono stati contestati.
  3. La terza censura è, viceversa, fondata, atteso che la sanzione di anni tre di sospensione - al di là della disciplina concretamente applicabile al caso di specie - deve ritenersi indubbiamente sproporzionata rispetto ai fatti addebitati.

Essa deve dunque essere rideterminata in anni due di sospensione.

  1. Nel resto, per tutte le ragioni sopra specificate, il reclamo merita rigetto.

PQM

 

La Corte Federale d’Appello (I Sezione), definitivamente pronunciando sul reclamo proposto dal Sig. Cardone Vincenzo, lo accoglie parzialmente e per l’effetto ridetermina la sanzione inflitta in due anni di sospensione; rigetta il reclamo medesimo nel resto.

 

Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.

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