F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 118 CFA del 13 agosto 2020 (Sig. Calabrò Marco – Procuratore Federale Interregionale) N. 161/2019-2020 REGISTRO RECLAMI – 118/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

N. 161/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

  • 118/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO I SEZIONE

 

Composta dai signori:

 

Mario Luigi Torsello                   Presidente

 

Angelo De Zotti                        Componente

 

Maurizio Fumo                          Componente (Relatore)

 

 

 


ha pronunziato la seguente


 

 

 

DECISIONE


 

sul reclamo n. 161/2019-2020, proposto dal Sig. Calabrò Marco, rappresentato e difeso dall'Avv. Sergio Zumbo del Foro di Reggio Calabria, presso e nel cui studio in Reggio Calabria, alla Via XXI Agosto n. 42, elegge domicilio,

contro


 

Procuratore Federale Interregionale


 

 

 

per la riforma


 

della decisione del Tribunale Federale Territoriale pubblicata con Com. Uff. n. 4TFT c/o Comitato Regionale Calabria del 13.07.2020 e comunicata in data 14.07.2020;

Visto il reclamo, gli allegati e gli atti di causa;

Relatore nell’udienza del giorno 10 agosto 2020 - tenutasi in videoconferenza, ai sensi del decreto del 18 maggio 2020 del Presidente della CFA - il dott. Maurizio Fumo;

Udito l’avv. Sergio Zumbo per il reclamante e l’avv. Vincenzo Cardone per la Procura federale; udito altresì il sig. Marco Calabrò;

RITENUTO IN FATTO

 

    • L’arbitro effettivo della Sezione A.I.A. di Reggio Calabria, Calabrò Marco è stato giudicato in primo grado responsabile della violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in relazione all’art. 40, commi 1 e 2 lett. c), del Regolamento A.I.A., per avere violato i principi di lealtà, rettitudine, correttezza e probità, in quanto, durante la gara Parghelia Calcio
  1. Vigor 1919 del 23.11.2019, insultava Chiapparo Giuseppe e Cordiano Giovambattista, entrambi calciatori della società A.S.D. Parghelia Calcio, rivolgendosi loro con le seguenti frasi: “stai zitto! sei solo un codardo” e “vattene affanculo sotto la doccia”; conseguentemente gli è stata applicata la sanzione della sospensione di mesi quattro.

Il Calabrò è stato viceversa prosciolto in relazione ad analoga condotta (aggravata dall’essere i presunti insulti connotati da disprezzo razziale) tenuta nei confronti di Diallo Youssuof, anche egli atleta della società A.S.D. Parghelia Calcio, cui avrebbe rivolto le frasi: “stai zitto negro, sennò ti butto fuori” e “negro stati zitto perché sei già ammonito”.

    • Il giudice di primo grado ha osservato che più persone hanno riferito degli insulti rivolti a Chiapparo e Cordiano (oltre ai diretti i interessati, anche Muzzupappa Fabio), mentre fu il solo Diallo a riferire di essere stato oggetto di frasi denigratorie da parte del Calabrò, in relazione alle quali, per altro, le dichiarazioni delle altre persone presenti non appaiono prive di intrinseche contraddizioni. Ciò, secondo il primo giudicante, dà conto del differente epilogo decisorio.
    • Ha proposto reclamo il difensore del Calabrò deducendo la illogicità e contraddittorietà della motivazione, scaturente dalla stessa inconciliabilità degli elementi raccolti in sede di indagini.
      • Invero sarebbe lo stesso Tribunale ad affermare che esistono significative contraddizioni tra le dichiarazioni rese dalle persone ascoltate dalla Procura nel corso dei suoi accertamenti.
      • Davvero poi non si comprende – secondo il reclamante - come abbia fatto il Muzzupappa, che era evidentemente seduto in panchina, a udire le frasi che arbitro e giocatori si sarebbero scambiati in campo. Bisogna oltretutto tener conto anche del vociare del pubblico, circostanza

che certamente ha reso ancor più arduo comprendere tenore e significato delle comunicazioni verbali che avvenivano a metri di distanza.

      • Ancor meno si comprende – sempre secondo il reclamante - perché il Procuratore abbia prestato fede alle accuse calunniose mosse nei confronti dell’arbitro e non abbia attribuito alcun valore a ciò che quest’ultimo aveva affermato. Lo stesso, per altro, al termine della partita, fu anche aggredito da un soggetto sceso in campo e, per tale episodio, il Parghelia fu adeguatamente sanzionato. Mai comunque il Calabrò ha dato adito al sospetto di essere abitato da sentimenti razzistici.
    • L’attività istruttoria, oltretutto, è stata evidentemente incompleta in quanto nessun giocatore della squadra avversaria è stato sentito, ma solo gli atleti del Parghelia, tutti, ovviamente, solidali e, per ciò solo, sospetti e poco attendibili.
    • La decisione, in fine, - conclude il reclamante - si pone in frontale contrasto con gli insegnamenti della Corte di cassazione che, a fronte della dichiarazione di un solo teste, richiede che siano reperiti riscontri obiettivi, atteso che gli indizi, non solo devono essere gravi, precisi e concordanti, ma devono avere anche il conforto di ulteriori elementi “esterni” che ne corroborino la valenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

  1. La motivazione che sorregge la decisione di primo grado non appare né illogica, né contraddittoria; conseguentemente il reclamo merita di essere respinto.
  2. Il Tribunale ha esaminato con diligente attenzione il materiale probatorio posto a sua disposizione ed ha applicato un criterio di valutazione più che rigoroso, ritenendo di non poter convalidare l’ipotesi di accusa nel caso in cui le dichiarazioni della presunta persona offesa (Diallo Youssouf) non avevano trovato riscontro in quelle di altri soggetti presenti sul campo di gioco o nelle sue immediate vicinanze.
  3. D’altronde, l’episodio che riguarda il Diallo e quello che riguarda Chiapparo e Cordiano, benché vicini nel tempo e nello spazio e, tutto sommato, abbastanza simili, sono chiaramente distinti e distinguibili, di talché la valutazione sulla attendibilità del primo nulla ha a che vedere con quella che riguarda gli altri due. Né le parziali discrasie tra il racconto di Chiapparo, Cordiano e Muzzupappa appaiono tali da intaccare il nucleo essenziale della loro ricostruzione dei fatti. Invero una millimetrica coincidenza sarebbe, viceversa, non poco sospetta, ben potendo essere interpretata come il sintomo di “un previo concerto” tra gli stessi.
  4. Del tutto infondato (o comunque contrastante con consolidatissima giurisprudenza) è poi l’assunto in base al quale le dichiarazioni di un “teste” non potrebbero essere poste alla base del convincimento del giudicante se non corroborate ab extrinseco.

La giurisprudenza di legittimità (penale) cui fa riferimento il reclamante è, con tutta evidenza, quella che riguarda i cc.dd. collaboratori di giustizia, non certo i testimoni “semplici”. Invero, in base all’art 192 comma 3 cpp, solo le dichiarazioni provenienti dai primi devono essere valutate “unitamente ad altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità; tale regola, viceversa, non sussiste con riferimento a soggetti che non rivestano la particolare qualifica sopra ricordata.

Conseguentemente anche le dichiarazioni provenienti dalla persona offesa, se ritenute fondate ed attendibili, possono, anche da sole, essere poste alla base della decisione del giudicante, in applicazione del principio del libero convincimento (cfr. Cass. pen. SS.UU. sent. 41461 del 2012, dep. 24.10.2012 e numerose altre).

Nel caso in scrutinio, per altro, non solo, come detto, le dichiarazioni delle persone offese, nel loro nucleo essenziale, coincidono, ma esse trovano riscontro in quella del Muzzupappa, immotivatamente ritenuto (dal reclamante) portatore di un intento calunnioso per la sola ragione di essere il presidente della squadra Parghelia.

  1. Né, infine, la motivazione è utilmente aggredibile per il fatto che il Tribunale non abbia esplicitamente chiarito per qual motivo ha ritenuto di non attribuire credibilità alle dichiarazioni negatorie dell’incolpato.

Ci si trova, invero, al cospetto della c.d. motivazione implicita, vale a dire deducibile dall’intero contesto logico-espositivo dell’elaborato motivazionale, che sposando argomentatamente una tesi, ne esclude implicitamente - ma inevitabilmente - quella contraria (tra le tante: Cass. pen. sez. 5 sent. 6746 del 2018, dep. 12.2.2019).

PQM

 

La Corte Federale d’Appello (I Sezione), definitivamente pronunciando sul reclamo proposto dal Sig. Calabrò Marco, lo respinge.

 

 

Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.

 

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