F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 095 CFA del 24 luglio 2020 (sig. Levato Marco/sig. Fiocco Fabio/Procuratore Federale) N. 146/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 147/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 095/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

N. 146/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

N. 147/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

N. 095/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

 

 

 

 


 

 

 

composta dai Sigg.ri:


LA CORTE FEDERALE D’APPELLO SEZIONI UNITE


 

Mario Luigi Torsello         Presidente

G. Paolo Cirillo                 Componente

Mauro Mazzoni                 Componente

Carlo Sica                          Componente

Mauro Sferrazza               Componente (relatore) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

 

sui reclami numeri di registro 0146/CFA e 0147/CFA del 2019/2020, proposti dai Sigg.ri Marco Levato e Fabio Fiocco, come – rispettivamente – difesi dagli Avv.ti Antonio Rocca,

Massimiliano Valcada e dall’Avv. Alberto Zanzi

contro

PROCURA FEDERALE

per l’annullamento della decisione resa dal Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare, depositata il 24 giugno 2020 e pubblicata sul sito federale il 25 giugno 2020 con Comunicato Ufficiale n. 144/TFN-SD 2019/2020, in relazione al deferimento della Procura federale n.


9090/706 pf 18-19 GC/sds del 20.01.2020, con la quale sono state inflitte, per quanto qui interessa, ai reclamanti le seguenti sanzioni:

 

“-per il Sig. Fabio Fiocco, l’inibizione di anni 5 (cinque), con preclusione da ogni rango e/o categoria della FIGC, oltre all’ammenda di € 25.000,00 (venticinquemila/00);

 

- per il Sig. Marco Levato, l’inibizione di anni 5 (cinque), con preclusione da ogni rango e/o categoria della FIGC, oltre all’ammenda di € 25.000,00 (venticinquemila/00)”.

Visti i reclami ed i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa;

Sentito, all’udienza del 20 luglio 2020, il relatore Mauro Sferrazza e udito, per parte reclamante, gli Avv.ti Antonio Rocca e Massimiliano Valcada, per il Sig. Marco Levato, l’Avv. Alberto Zanzi, per il Sig. Fabio Fiocco, nonché, l’Avv. Paolo Mormando, per la Procura Federale;

Disposta la riunione dei giudizi, attesa l’evidente connessione oggettiva e trattandosi di reclami proposti nei confronti della medesima decisione;

RITENUTO IN FATTO

  1. Con atto del 21 gennaio 2020 la Procura federale ha deferito, al Tribunale federale nazionale, numerosi soggetti per la violazione dell'art. 1 bis, comma 1, CGS in vigore all’epoca dei fatti (art. 4, comma 1, CGS vigente), nonché dell'art. 6, comma 2, CGS in vigore all’epoca dei fatti (art. 24, comma 2, CGS vigente) per avere gli stessi, nonostante la loro posizione di associati - a diverso titolo - alla FIGC, effettuato scommesse live presso soggetti non autorizzati su di una gara di calcio o “svolto attività volta alla monetizzazione di assegni” a favore di coloro che svolgevano attività illegale di raccolta di scommesse su gare di calcio delle quali riscuotevano la puntata ed assicuravano in proprio il pagamento.

In particolare, per quanto qui segnatamente rileva, la Procura federale ha deferito:

  1. il sig. Fabio Fiocco, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società AS Casmo, per la violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del codice di giustizia sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 4, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva), nonché dell'art. 6, comma 2, dello stesso codice in vigore all’epoca dei fatti (art. 24, comma 2, del vigente codice di giustizia sportiva), per avere lo stesso, nel corso della stagione sportiva 2015 - 2016, nonostante la sua posizione di calciatore tesserato per una società affiliata alla FIGC, svolto attività di raccolta illegale di scommesse su gare di calcio in Piemonte ed in Lombardia, nell’ambito dell’organizzazione a capo della quale vi era il sig. Iannì Danilo, ricevendo dai giocatori dallo stesso procacciati il pagamento delle puntate e rimettendo le somme così ottenute al predetto medesimo sig. Iannì, trattenendo per sé la provvigione pattuita;
  2. il sig. Marco Levato, nella stagione sportiva 2016 – 2017 calciatore tesserato per la società SSD Avis Pleiade Policoro s.r.l., per la violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del codice di giustizia sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 4, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva), nonché dell'art. 6, comma 2, dello stesso codice in vigore all’epoca dei fatti (art. 24, comma 2, del vigente codice di giustizia sportiva), per avere lo stesso, nel corso della stagione sportiva 2016 - 2017, nonostante la sua posizione di calciatore tesserato per una società affiliata alla FIGC, svolto attività di raccolta illegale di scommesse su gare di calcio nel territorio di Reggio Calabria e nelle zone limitrofe, nell’ambito dell’organizzazione a capo della quale vi era il sig. Iannì Danilo, ricevendo dai giocatori dallo stesso procacciati il pagamento delle puntate e rimettendo le somme così ottenute al predetto medesimo sig. Iannì, trattenendo per sé la provvigione pattuita.

Contestualmente, la Procura federale ha deferito le società per le quali i deferiti erano tesserati o per le quali agivano in rappresentanza, a titolo di responsabilità oggettiva o diretta.

  1. Il Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare, all’esito del giudizio, ha parzialmente accolto il deferimento e, per l’effetto, ha inflitto – per quanto interessa ai fini del presente giudizio di appello – ai Sigg.ri Fabio Fiocco e Marco Levato, le seguenti sanzioni:
  1. per il Sig. Fabio Fiocco, l’inibizione di anni 5 (cinque), con preclusione da ogni rango e/o categoria della FIGC, oltre all’ammenda di € 25.000,00 (venticinquemila/00);
  2. per il Sig. Marco Levato, l’inibizione di anni 5 (cinque), con preclusione da ogni rango e/o categoria della FIGC, oltre all’ammenda di € 25.000,00 (venticinquemila/00).

Il Giudice di prime cure ha evidenziato come il deferimento di cui trattasi si fondi «sugli atti del procedimento penale iscritto al 5585/15 R.G.N.R. Mod 21, istruito dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria – Direzione Antimafia, dai quali emerge l’esistenza di un’articolata organizzazione dedita alla raccolta di scommesse al di fuori dal

circuito autorizzato dall’A.A.M.S. che “opera[va] con i metodi caratteristici di un’associazione mafiosa di tipo ‘ndraghetistico” prevalentemente in Calabria.

Dalle intercettazioni ambientali e telefoniche agli atti emerge chiaramente l’esistenza di un sodalizio dedito alla raccolta del gioco illegale, nato al di fuori dell’ambito sportivo, al quale tuttavia hanno partecipato a diverso titolo alcuni tesserati della FIGC. Partecipazione che evidentemente si pone in palese contrasto con i principi di lealtà, correttezza e probità (art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva vigente all’epoca dei fatti) e con il divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o indirettamente, presso i soggetti non autorizzati a riceverle (art. 6, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva vigente all’epoca dei fatti).

[…]

Palese risulta altresì il coinvolgimento del sig. Fabio Fiocco, all’epoca dei fatti tesserato dell’ASD Casmo affiliata alla FIGC, in qualità di agente della rete commerciale che faceva capo all’organizzazione. Dalle intercettazioni, infatti, emerge non soltanto che il Deferito effettuava attività di raccolta illegale di scommesse, ma anche l’apertura di conti da parte del sodalizio in favore di questo ultimo e, perfino, il riconoscimento di una provvigione in favore dell’agente pari al 30% della differenza tra “giocato” e “vinto”.

Ne consegue l’ascrivibilità all’AS Casmo della responsabilità oggettiva per le condotte illecite del sig. Fabio Fiocco, all’epoca dei fatti calciatore dell’associazione.

Provata è anche la partecipazione del sig. Marco Levato, all’epoca dei fatti calciatore del SSD Avis Pleiade Policoro Srl affiliata alla FIGC, alla raccolta di scommesse illegali. Dalle intercettazioni telefoniche emerge sia che il deferito ha raccolto una scommessa di € 5.000,00, sia numerose contestazioni in ordine al pagamento delle provvigioni e alla raccolta di giocate live, sia le modalità di pagamento delle giocate.

Ne consegue l’ascrivibilità alla SSD Avis Pleiade Policoro Srl della responsabilità oggettiva per le condotte illecite del sig. Marco Levato, all’epoca dei fatti calciatore della società.

[…]

Ai fini sanzionatori stante l’assenza di indicazioni da parte della procura federale in ordine ai criteri utilizzati per la quantificazione, il Collegio non ravvede la sussistenza di ragioni per distinguere le sanzioni e, pertanto, alla luce della gravità delle condotte contestate ai

deferiti il Collegio ritiene equo irrogare ai sig. […] Fabio Fiocco e Marco Levato l’inibizione di cinque anni, con preclusioni da ogni rango e/o categoria della FIGC oltre all’ammenda di

€ 25.000,00».

  1. Avverso la suddetta decisione hanno proposto distinti reclami il Sig. Marco Levato e il Sig. Fabio Fiocco.
  1. Con un primo motivo di impugnazione il Sig. Marco Levato, come rappresentato e difeso, eccepisce “Estinzione del procedimento per violazione dei termini di cui all'articolo 110 CGS”, perché lo stesso avrebbe dovuto concludersi entro novanta giorni dall’esercizio dell’azione disciplinare.

Con un secondo motivo di reclamo viene eccepita decadenza dall'esercizio dell'azione disciplinare, essendo – il relativo procedimento – viziato a causa del mancato rispetto del termine di cui all'articolo 119, comma 3, CGS, per l’iscrizione nell'apposito registro delle notizie di illecito acquisite dalla Procura federale.

Con un terzo motivo di gravame il Sig. Marco Levato eccepisce mancata comunicazione del deferimento e, per l’effetto, inefficacia – nei confronti dello stesso – degli atti del procedimento.

Deduce, poi, il reclamante, irrilevanza – per l’ordinamento settoriale – dei comportamenti dello stesso.

In ordine alla condanna per la violazione degli articoli 4, comma 1, e 24, comma 2, CGS, il Sig. Marco Levato lamenta la violazione del principio di specialità, nonché la violazione del principio della certezza del diritto, del diritto di difesa, del principio di legalità, oltre che l’assenza di motivazione circa i criteri di definizione della pena irrogata. Eccepisce, dunque, nullità della decisione e violazione del principio di proporzionalità della pena.

Così, infine, conclude il Sig. Marco Levato:

«Nel merito.

I. In via principale, in riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, depositata il 24 giugno 2020 e pubblicata sul sito federale il 25 giugno 2020 con Comunicato Ufficiale n. l44/TFN-SD, nel procedimento disciplinare di cui al deferimento

del Procuratore Federale n.90901706 pfl 8/ 19 GC/sds del 20.1.2020 oggetto del presente gravame, prosciogliere da ogni addebito il signor Marco Levato;

II: In subordine, nel denegato caso in cui una qualche responsabilità venga riconosciuta in capo al Signor Marco Levato, riservata ogni ulteriore impugnazione, ridurre la sanzione a quella minima prevista ai sensi del Codice di Giustizia Sportiva, anche al di sotto dei limiti edittali con cessazione degli effetti della medesima alla data di discussione del presente gravame».

  1. Il Sig. Fabio Fiocco eccepisce, con un primo motivo di reclamo, violazione del diritto di difesa e nullità della decisione impugnata per mancanza di notifica al difensore della data dell’udienza di discussione del deferimento.

Con un secondo articolato motivo il Sig. Fiocco lamenta insufficienza della motivazione ed erronea applicazione della legge sportiva, deducendo in ordine al materiale probatorio ed alle evidenze a carico dello stesso, nonché alla “condotta esimente”.

Conclude, quindi, così chiedendo:

«in via preliminare sospendere l’esecutività della impugnata decisione n. 144/TFN-SD 2019/2020 in data 24.06.2020 del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare nei confronti di Fiocco Fabio, per le ragioni sopra esposte, attese le concrete e motivate circostanze sulla impossibilità all’esercizio difensivo e del grave e irreparabile danno che da ciò ne potrebbe derivare;

in principalità dichiarare la nullità della decisione n. 144/TFN-SD 2019/2020 in data 24.06.2020 del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare nei confronti di Fiocco Fabio, per il motivo indicato in narrativa (sub. 1), con l’adozione di ogni consequenziale e opportuno provvedimento;

in via subordinata, in riforma della decisione n. 144/TFN-SD 2019/2020 in data 24.06.2020 del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, assolvere Fiocco Fabio dalle incolpazioni a suo carico poiché le stesse non integrano alcuna infrazione del codice di giustizia sportiva, o comunque con la migliore formula».

  1. Con memoria difensiva depositata 16.7.2020 il reclamante Sig. Marco Levato ha effettuato alcune precisazioni, svolto ulteriori argomentazioni difensive e sollevato nuove eccezioni. Ha, altresì, allegato procura rilasciata all’Avv. Massimiliano Valcada.

Con nota Pec in data 14 luglio 2020 il Sig. Fabio Fiocco ha trasmesso “i cedolini paga rilasciati dalla società svizzera DPRS sagl» per il periodo 2015 – 2020, «esemplarmente una per ciascuna annualità».

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

    1. La questione che preliminarmente la Corte è chiamata ad affrontare è quella della eccepita estinzione del procedimento disciplinare ex art. 110 CGS, sollevata con il primo motivo di reclamo da parte del Sig. Marco Levato.

A tal riguardo, il suddetto reclamante espone ed eccepisce quanto segue.

«Il procedimento disciplinare è stato instaurato con atto di deferimento della Procura federale del 20 gennaio 2020 e, ai sensi dell'art. 110 Codice di Giustizia Sportiva (in seguito CGS), il procedimento di primo grado si sarebbe dovuto concludere entro 90 giorni dall’esercizio dell'azione disciplinare, vale a dire entro il 20 aprile 2020 (essendo il 19 aprile 2020 domenica) (doc. I).

La decisione, invece, è stata adottata il 24 giugno 2020 e pubblicata sul sito federale solo il 25 giugno 2020 (doc. 2). Ne consegue che, in ottemperanza al disposto dell'articolo 110.4 CGS, la violazione dei termini del procedimento comporta la sua estinzione.

Nell'ambito della FIGC non sono stati adottati provvedimenti validi ed efficaci idonei a sospendere il decorso dei termini di cui al CGS. Tali, infatti, non sono le delibere di cui ai Comunicati Ufficiali nn. 178/A, 183/A, 185/A e 192/A, sulla sospensione dei termini processuali sportivo-federali, adottate dal Presidente federale (doc. 3).

L'articolo 23 comma 3 dello Statuto Federale della FIGC riconosce al Presidente Federale il potere di adottare e rendere esecutivi provvedimenti di competenza del Consiglio Federale, fatto salvo l'obbligo di ratifica da parte dello stesso Consiglio Federale alla prima seduta utile.

La mancata ratifica comporta l'immediata decadenza dei provvedimenti presidenziali.

Ebbene, la prima riunione utile è stata quella di cui al Comunicato Ufficiale n.196/A del 20 maggio 2020.

La lettura di tale Comunicato evidenzia che nessun provvedimento di ratifica delle decisioni presidenziali relativa alla sospensione dei termini in materia di giustizia sportiva è stata

adottata dal Consiglio Federale. Neppure nella riunione dell'8 giugno 2020, pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 209/A, la delibera sulla sospensione dei termini processuali è stata ratificata (doc. 4).

A fronte di quanto sopra, le richiamate delibere presidenziali si dovranno intendere come decadute; i termini processuali mai sospesi ed il giudizio di cui alla decisione impugnata con il presente reclamo, conseguentemente, estinto».

Al riguardo, recita l’art. 110, comma 1, CGS:

«Il termine per la pronuncia della decisione di primo grado è di novanta giorni dalla data di esercizio dell’azione disciplinare, ridotto a sessanta giorni nel caso in cui, a seguito di richiesta avanzata contestualmente all’atto di deferimento, sia stata concessa dal Tribunale la proroga della sospensione cautelare ai sensi degli artt. 120 e 121».

Il successivo comma 4 così dispone: «Se i termini non sono osservati per ciascuno dei gradi di merito, il procedimento disciplinare è dichiarato estinto, anche d’ufficio, se l'incolpato non si oppone».

In sintesi, il reclamante Sig. Marco Levato ritiene che il procedimento disciplinare nei suoi confronti si è estinto, poiché, a fronte di un atto di deferimento della Procura federale del 20 gennaio 2020, lo stesso avrebbe dovuto concludersi entro il 20 aprile 2020, mentre la decisione di primo grado è stata adottata il 24 e pubblicata il 25 giugno 2020.

In tal ottica, il reclamante ritiene che i provvedimenti adottati dal Presidente federale (delibere di cui ai Comunicati Ufficiali nn. 178/A, 183/A, 185/A e 192/A) non siano validi, efficaci ed idonei a sospendere il decorso dei termini processuali di cui al codice di giustizia sportiva, poiché non ratificati dal Consiglio federale.

L’eccezione è inammissibile e, comunque, priva di pregio giuridico.

L’eccezione, difatti, risulta formulata per la prima volta in sede di appello.

Al riguardo, questa Corte federale d’appello ha avuto già occasione di ribadire come i giudizi relativi ai reclami proposti contro le decisioni del Tribunale federale devono tendenzialmente qualificarsi quale revisio prioris instantiae e non quale novum judicium: con la conseguenza che l'intervento della Corte è limitato al controllo della decisione impugnata e non anche al riesame dell'intero merito della controversia (cfr., tra le altre, Corte federale d’appello, n. 55/2019-2020).

Ciò comporta che nel presente giudizio, in forza del divieto di ius novorum in appello, non è consentito l’esame di nuove domande od eccezioni (salvo le questioni rilevabili d’ufficio). Difatti – secondo i noti principi – se l’oggetto del giudizio di appello è – almeno tendenzialmente – tutto quello del giudizio di primo grado, il principio del doppio grado di giurisdizione richiede che tale oggetto sia solo quello del giudizio di primo grado; e ciò pur essendo ammessa la correzione ed integrazione della linea difensiva già adottata dinanzi al Tribunale federale, purché ciò non si traduca nell'allegazione di ulteriori censure non denunciate tempestivamente.

Orbene, attesa la novità dell’eccezione, visti gli artt. 101, comma 3 e 115, comma 3, CGS, il Collegio non può che prendere atto del fatto che la stessa è inammissibile.

L’eccezione di estinzione del giudizio sarebbe stata, comunque, infondata. E ciò sotto un duplice profilo.

L’art. 24, comma 3, dello Statuto FIGC prevede che «Per particolari ed urgenti motivi, il Presidente federale, sentiti i Vice-Presidenti, nonché, nelle materie di cui all’art. 25, il Comitato di presidenza, può adottare e rendere immediatamente esecutivi i provvedimenti di competenza del Consiglio federale. Tali provvedimenti vanno sottoposti a ratifica del Consiglio federale nella prima riunione utile. La mancata ratifica comporta l’immediata decadenza degli stessi».

Orbene, in primo luogo non risulta, né è stato chiesto a questa Corte di accertare, facendo uso dei propri poteri istruttori, che i provvedimenti di sospensione dei termini processuali assunti dal Presidente federale non siano stati, effettivamente, ratificati dal Consiglio federale.

Peraltro, il reclamante Sig. Marco Levato trascura di considerare che si tratta di provvedimenti d’urgenza assunti, alla luce delle disposizioni di cui ai decreti legge n. 6 del 2020 e n. 11 del 2020, nonché dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri in data 1 aprile, 10 aprile e 26 aprile 2020, in materia di salute pubblica, per il contrasto dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 e per contenerne gli effetti negativi anche nell’ambito della giustizia sportiva.

Trascura, altresì, di considerare – il reclamante – che il Presidente della Corte federale d’appello ed il Presidente del Tribunale federale nazionale, alla luce dei provvedimenti

d’urgenza – di contrasto e gestione dell’emergenza epidemiologica da covid-19 – adottati dal Governo anche in materia di giustizia, ed alla luce dei provvedimenti emessi dal Presidente federale, hanno emesso loro autonomi provvedimenti di sospensione dei termini processuali (cfr. es. decreti Presidente Corte Federale d’Appello 9.3.20, 23.3.20, 6.4.20, 15.4.20, 5.5.20).

In ogni caso, il reclamante, non deduce di aver autonomamente impugnato le suddette delibere di sospensione dei termini del processo sportivo ritenute viziate ed invalide, né lo ha comunque fatto in questa sede, congiuntamente alla proposizione del reclamo avverso la decisione del TFN, ovvero con motivi aggiunti. Pertanto, allo stato, le indicate delibere del Presidente federale sono, comunque, valide ed efficaci ed il reclamante non può ammissibilmente ed utilmente chiedere, in questa sede, di considerarle tamquam non esset.

    1. Anche l’eccezione di decadenza dall’esercizio dell’azione disciplinare, sollevata dal reclamante Sig. Marco Levato, con il secondo motivo di impugnazione, appare inammissibile, oltre che, prima facie, comunque, infondata.

Il procedimento disciplinare sarebbe viziato, a dire del suddetto reclamante, anche sotto un ulteriore profilo, ossia per il mancato rispetto del termine di cui all'articolo 119, comma 3, CGS, a mente del quale «La notizia dell'illecito è iscritta nel registro di cui al comma 2 entro trenta giorni dalla sua ricezione da parte del Procuratore federale o da quando lo stesso Procuratore l’ha acquisita di propria iniziativa».

Ora, sostiene il reclamante che «la Procura Generale dello Sport del CONI ha tramesso alla Procura della FIGC la notizia dell'illecito in data 17 dicembre 2017, ragion per cui questa doveva essere iscritta nel Registro al più tardi entro il 16 gennaio 2018. L'iscrizione, invece, risulta essere avvenuta in data 25 gennaio 2018, quindi oltre il termine di 30 giorni previsto dal CGS». E siccome, prosegue l’appellante, «l'articolo 44 del CGS sancisce espressamente che tutti i termini previsti dal Codice sono perentori […] il procedimento disciplinare dovrà essere dichiarato improcedibile e/o nullo con ogni conseguenza su tutti gli atti conseguenti e successivi, inclusa la pronuncia del Giudice di prime cure che, parimenti, dovrà essere annullata».

In sede di memoria difensiva autorizzata il reclamante ha, poi, precisato che la data di conoscenza della notizia di illecito, da parte della Procura Federale, sarebbe non il 17 dicembre 2017, bensì il 17 dicembre 2018 e, dunque, che la notizia doveva essere iscritta

nell’apposito registro entro il 16 gennaio 2019, mentre l’iscrizione sarebbe stata effettuata il 25 gennaio 2019.

L’eccezione, come detto, è inammissibile, poiché, come quella sollevata con il primo motivo di reclamo, tardiva. Ciò esonera questa Corte dall’accertamento delle effettive date di conoscenza della notizia di illecito da parte della Procura federale e di successiva relativa iscrizione nell’apposito registro.

Peraltro, l’eccezione appare, comunque, priva di pregio giuridico, atteso che, alla fattispecie, non è applicabile, ratione temporis, il combinato disposto di cui agli artt. 44 e 119, comma 3, del nuovo codice di  giustizia sportiva e che la (applicabile) previgente disciplina non prevedeva alcun termine entro cui iscrivere la notitia criminis nel registro di cui trattasi (peraltro, per inciso, la giurisprudenza della Corte federale aveva avuto modo di pronunciarsi nel senso della non perentorietà dei termini che disciplinano le fasi del procedimento che si svolge dinanzi alla Procura federale).

Non venendo in rilievo, dunque, l’art. 119 del vigente codice di giustizia sportiva, questa Corte è esonerata anche (nell’ipotesi in cui fosse rimasto accertato che l’iscrizione de qua è avvenuta dopo il termine di giorni trenta previsto dal vigente codice di giustizia sportiva) dalla individuazione degli effetti procedimentali e/o processuali della eventuale tardiva iscrizione, posto che la disposizione di cui all’anzidetto art. 119 CGS invocata dal reclamante non dispone espressamente al riguardo e non potendo, dunque, escludersi che la sanzione – per il caso di eventuale tardiva iscrizione nel registro – sia non già quella della inammissibilità o improcedibilità del deferimento, quanto – ad esempio – quella della inutilizzabilità degli atti di indagine svolti oltre il termine di cui all’art. 119, comma 4, CGS.

  1. Con il terzo motivo di gravame il reclamante Sig. Marco Levato deduce che «il Procuratore Federale deve comunicare all'incolpato, nel caso in cui non intenda archiviare il procedimento, il deferimento contenente gli addebiti mossi al tesserato.

Per quanto riguarda la comunicazione degli atti agli interessati, l'attuale articolo 53 del CGS prevede una serie di modalità di comunicazione per quanto relative sia alle società sia ai soci e i tesserati.

L'articolo 142.3 del CGS prevede, tra l'altro, che per i tesserati delle società non professionistiche l'articolo 53 entri in vigore dal 1° luglio 2021. Ne consegue che, prima di tale termine, rimangono applicabili le precedenti disposizioni in materia di comunicazione degli atti agli interessati.

L'articolo 38.8 del precedente Codice di Giustizia sportiva (doc. 5) prevede tre diverse modalità di comunicazione, alternative tra loro, degli atti: a) nel domicilio eletto; b) presso la società di appartenenza al momento dell’instaurazione del procedimento e c) nel luogo di residenza o domicilio. In particolare, per quanto riguarda la modalità sub b), si evidenzia che al momento dell'instaurazione del procedimento disciplinare, vale a dire nel gennaio 2020, il signor Levato non era tesserato per alcuna società come risulta dalle liste di svincolo di cui al Comunicalo Ufficiale n. 466 della Divisione Calcio a 5 e pedissequo allegato I (doc. 6).

A questa difesa non risulta che sia mai stato comunicato all'odierno reclamante l'atto di deferimento in patente violazione delle norme e dei principi non solo del CGS.

A fronte della mancata comunicazione del deferimento, l'azione disciplinare non potrà avere efficacia alcuna nei confronti del Signor Levato ed ogni atto successivo al deferimento non potrà che essere privo di qualsivoglia efficacia giuridica nei suoi confronti.

La decisione impugnata dovrà dunque essere annullata».

Orbene, l’eccezione è inammissibile per le medesime ragioni già evidenziate in relazione alle eccezioni formulate dal Sig. Marco Levato con i primi due motivi di impugnazione.

Per completezza di esposizione si osserva come l’eccezione di cui sopra resta, comunque, infondata, atteso che il deferimento risulta essere stato notificato personalmente al Sig. Marco Levato per compiuta giacenza.

  1. Con un quarto articolato motivo di reclamo il Sig. Marco Levato deduce come il procedimento disciplinare abbia ad oggetto «fatti avvenuti durante la stagione sportiva 2016- 2017» e si fondi sull’assunto che lo stesso fosse «tesserato per la SSD Avis Pleiade Policoro Srl». Il «presupposto logico giuridico sul quale si fonda il procedimento disciplinare che ha portato alla decisione di condanna oggetto del presente reclamo è la qualifica di tesserato per la SSD Avis Pleiade Policoro Srl da parte del Signor Levato.

L'accusa mossa all'odierno reclamante è quella di aver violato, in ambito sportivo, i principi di correttezza, lealtà e probità di cui agli articoli 4.1 CGS e le disposizioni dell'articolo 24.2 del CGS che dispone il divieto, per i tesserati delle società dilettantistiche, di accettare ed effettuare, presso soggetti non autorizzati, scommesse relative a gare organizzate in ambito FIFA, UEFA e FIGC, nonché per le competizioni relative alle squadre in cui militano.

A conoscenza di questa difesa, i fatti per i quali il signor Levato è stato condannato risalgono ai mesi di luglio, agosto e ottobre 2016, vale a dire quanto l'odierno reclamante non era tesserato per la SSD Avis Pleiade Policoro srl, sodalizio per il quale si tesserò il 05 dicembre 2016».

Rilevata, in via preliminare ed assorbente, l’inammissibilità anche di siffatta eccezione, poiché svolta solo in sede di appello, il Collegio osserva come, ad ogni buon conto, il Sig. Marco Levato sia stato deferito in relazione a condotte poste in essere nella sua qualità di tesserato FIGC (come risulta dalla certificazione storica dei tesseramenti FIGC prodotta dalla Procura federale), risultando, in particolare, lo stesso, tesserato per altre società prima del tesseramento nelle fila della SSD Avis Pleiade Policoro s.r.l. (segnatamente, dallo storico tesseramenti, il Sig. Marco Levato risulta tesserato, dalla stagione sportiva 2015/16, per la società CatanzaroC5stefanogallo79). Di conseguenza, non può nutrirsi dubbio alcuno sulla sussistenza del potere degli organi federali di giustizia sportiva di giudicare le violazioni allo stesso ascritte con l’atto di deferimento della Procura federale.

Del resto, la giurisdizione di questa Corte è determinata, come detto, dalla accertata appartenenza, all’epoca dei fatti, del Sig. Marco Levato all’ordinamento federale. In tal senso, peraltro, in ipotesi sostanzialmente assimilabile, ha già deciso anche il Collegio di Garanzia dello Sport del Coni: «Le previsioni statutarie e regolamentari, a cui l’associato soggiace per effetto del tesseramento, possono operare anche per il tempo successivo alla cessazione del vincolo associativo, purché riguardino vicende attinenti a quel vincolo e con effetti limitati ad esso (in termini la decisione di questo Collegio del 23.2.2015 n. 5). Ciò è avvenuto nella specie: sussiste, dunque, quell’inerenza che sostiene l’ultrattività dell’assoggettamento alle regole dell’ordinamento sportivo» (Coll. Gar. Sport, decisione 11 ottobre 2016, n. 49).

  1. Del pari inammissibili si rivelano le ulteriori eccezioni sollevate dal Sig. Marco Levato con la memoria difensiva autorizzata e, segnatamente, le seguenti:
  1. non risulterebbe rispettato il termine di cui al combinato disposto degli articoli 123 e 125 del Codice di Giustizia sportiva. Tra l'avviso di conclusione indagini ed il deferimento sono infatti decorsi più di trenta giorni. Si tratta di termini perentori la cui violazione comporta la decadenza dal compimento di ogni ulteriore atto;
  2. mancherebbe la prova dell'invio dell'atto di inizio dell'azione disciplinare al Signor Levato: agli atti del processo non vi è prova della notifica del deferimento al Signor Levato. Parimenti non sono state notificate all'odierno reclamante neppure le convocazioni alle udienze.

Orbene, per le medesime considerazioni già esposte ai precedenti capi devono essere giudicate tardive ed inammissibili anche le predette eccezioni, anch’esse formulate solo in grado di appello e, quanto alla eccezione sub a), soltanto in sede di memoria integrativa (e neppure con il reclamo). Sulla eccezione sub b) si richiama, ad ogni buon conto, quanto già detto al precedente n. 3.

  1. Con il primo motivo di reclamo il Sig. Fabio Fiocco eccepisce violazione del diritto di difesa e nullità della decisione impugnata per mancanza di notifica al difensore della data dell’udienza di discussione del deferimento.

La difesa del Sig. Fabio Fiocco evidenzia che, pur avendo depositato la propria nomina a difensore di fiducia e pur avendo ritualmente ricevuto le comunicazioni relative alla udienza del 14 febbraio 2020 e quelle relative al rinvio della stessa e di sospensione dei termini procedimentali, non ha ricevuto «in proprio – dall’Organo Giudicante di primo grado alcuna comunicazione / notificazione della data di udienza per la discussione del deferimento nr. 9090/706 pf 18/19 GC/sds del 20.01.2020 (fissata al 16.06.2020) con la conseguente impossibilità di poter esercitare il proprio mandato difensivo». Da qui si ricaverebbe, pertanto, la violazione del diritto di difesa e la correlata nullità della decisione impugnata.

L’eccezione deve essere disattesa.

Con PEC del 18 luglio 2019 il Sig. Fiocco ha comunicato di voler ricevere le comunicazioni relative al procedimento instaurato a suo carico, al proprio indirizzo di posta elettronica certificata (fabio.fiocco@legalmail.it).

Con successiva comunicazione del 19 marzo 2020 è stato trasmesso atto di nomina di difensore di fiducia. Non risulta una modifica della precedente elezione di domicilio.

Pertanto, la comunicazione dell’avviso del TFN di fissazione della udienza del 16 giugno 2020, effettuata all’indirizzo PEC comunicato dall’interessato (fabio.fiocco@legalmail.it), appare rituale e valida.

  1. Con il secondo motivo di impugnazione il Sig. Fabio Fiocco eccepisce difetto di motivazione, così argomentando:

Merita preliminarmente osservare come la motivazione del Giudice di prime cure che ha condotto all'irrogazione della sanzione nei confronti di Fiocco Fabio, appaia del tutto mancante o, comunque, gravemente carente, priva cioè di contenuta euristico, limitandosi ad affermare che —"Palese risulta altresì il coinvolgimento del sig. Fiocco Fabio, all'epoca dei fatti tesserato dell'ASD Camo affiliata alla FIGC, in qualità di agente della rete commerciale che faceva capo all'organizzazione. Dalle intercettazioni, infatti, emerge non soltanto che il Deferito effettuava attività di raccolta illegale di scommesse, ma anche l'apertura di conti da parte del sodalizio in favore di quest'ultimo e, perfino, il riconoscimento di una provvigione in favore dell'agente pari al 30% della differenza tra "giocato" e "vinto. Di tutta evidenza l'assoluta mancanza di difese in capo al prevenuto Fiocco Fabio”.

L’eccezione di insufficienza della motivazione della decisione resa dal Tribunale federale nazionale è infondata.

Ai fini della sufficienza della motivazione deve, infatti, essere possibile – con valutazione da effettuarsi non in astratto, ma caso per caso – enucleare il percorso logico-giuridico seguito per pervenire ad una data decisione. Ciò che è, appunto, possibile, nel caso di specie, leggendo le motivazioni del TFR, anche in ossequio ai principi di economia dell’attività giudiziaria.

In tale contesto appare, dunque, congrua e, comunque, sufficiente la motivazione della decisione del TFN, anche alla luce del consolidato orientamento della Corte di Cassazione secondo cui il vizio di “mancanza di motivazione” si configura quando «manchi del tutto – nel senso che alla premessa  dell’oggetto del  decidere  risultante dallo svolgimento  del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione, ovvero quando essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum» (così Cassazione, sezioni unite, 7 aprile 2014, n. 8053) In ogni caso, come più volte già affermato da questa Corte, occorre osservare come, in un contesto più generale di progressiva “dequotazione” delle forme e delle modalità della motivazione, anche in funzione del crescente rilievo attribuito dalla giurisprudenza amministrativa alle ragioni sostanziali dei provvedimenti ed alla obiettiva idoneità e giustificabilità degli stessi, anche le pronunce degli organi di giustizia sportiva devono mostrarsi in linea con le finalità dell’istituto. Ne consegue che la motivazione – garanzia dell’equo processo – deve essere correlata alle risultanze istruttorie e, costituendo il momento formativo della decisione, deve essere articolata nei due momenti essenziali rappresentati dall’esposizione dei presupposti di fatto e di diritto e dall’indicazione delle ragioni sulle quali si basa la decisione stessa.

Ciò premesso, ritiene, questa Corte, che il Tribunale di prime cure abbia adeguatamente motivato la propria decisione, argomentando, seppur in modo sintetico - come, peraltro, previsto e richiesto dalle disposizioni federali e dalla norma di cui all’art. 2, comma 5, del codice di giustizia sportiva del Coni - le ragioni che hanno condotto all’accoglimento del deferimento della Procura federale con riguardo alle posizioni dei reclamanti Sigg.ri Levato e Fiocco, con specificazione dei principali elementi a supporto del proprio convincimento.

  1. Nel merito, la decisione impugnata, congruamente motivata in modo coerente al materiale probatorio acquisito al giudizio, appare esente da vizi logico-giuridici e merita, pertanto, conferma, nei termini che seguono.

Il Sig. Marco Levato ritiene che il suo comportamento non abbia infranto le norme contestate e che, comunque, le relative violazioni non siano state provate. Deduce, inoltre, il predetto reclamante che le accuse nei suoi confronti si fondino unicamente sull’attività investigativa della Guardia di Finanza, difettando altri riscontri nel procedimento.

Deduce, inoltre, il Sig. Marco Levato che:

La Procura Federale presuppone che il signor Levato conoscesse da tempo il Signor Iannì, vale a dire colui che organizzava il gioco illegale, e le sue attività (ritenute illegali dagli

inquirenti) oggetto di indagine in sede penale. Nel deferimento, tuttavia, non vi è una sola prova che dimostri tale assunto, ma, pur in assenza di evidenze, quella è la chiave di lettura di tutte le carte. Dagli atti di indagine risulta, invece, che il Signor Iannì è stato intercettato a parlare al telefono con il Signor Levato, in un arco temporale che va da marzo 2016 ad

ottobre 2016, sette volte di cui due nel marzo 2016, periodo irrilevante per l'azione disciplinare di cui si discute. Si può quindi affermare che si tratta di contatti del tutto sporadici.

Non di minor rilevanza è la circostanza che il signor Levato fosse già allora il legale rappresentante di una società che gestisce legalmente lotterie e scommesse in un punto di raccolta a marchio Betaland (cfr. pagina 715 della Nota Informativa).

Non siamo quindi in presenza di un'attività illegale di raccolta delle scommesse.

Relativamente alla prova dell'illecito disciplinare, si osserva che in nessuna delle intercettazioni citate dalla Procura Federale nel deferimento emerge che il Signor Levato abbia raccolto o effettuato direttamente o indirettamente scommesse relative ad incontri di calcio, ragion per cui, difettano i due presupposti oggettivi per l'applicazione delle norme presunte violate. Peraltro, il riferimento a scommesse in ambito calcistico è presente per gli altri condannati.

Vi è una conversazione (31 luglio 2016 pago 722 Nota informativa cit.) dove il Signor Levato

ed il Signor Ianni si riferiscono ad una scommessa di 5.000 euro relativa ad un evento di automobilismo (la Formula 1) e non certo a competizioni calcistiche.

A dire della difesa del reclamante, poi, all’epoca dei fatti per i quali è stato condannato il signor Levato era «il legale rappresentante di una società che gestisce una sala giochi e scommesse a marchio Betaland. Non siamo quindi in presenza di un’attività illegale di raccolta delle scommesse» e, inoltre, non risulterebbe che lo stesso abbia raccolto scommesse relative ad incontri di calcio».

Ed ancora:

Anche le letture delle ulteriori conversazioni non consentono di provare l'attività di raccolta illegale di scommesse nel mondo del calcio ad opera del signor Levato. Nella conversazione dell'08 agosto 2016, risulta unicamente che il Signor Levato versa dei soldi al Signor Iannì.

Si evidenzia, inoltre, che dalle indagini è emerso che il padre del Signor Marco Levato era un accanito giocatore di carte e scommettitore che doveva dei denari al Signor Iannì.

Nell’intercettazione del 22 agosto 2016 risulta che il Signor Levato ha fatto una scommessa

per un cliente. Non risulta affatto che tale scommessa riguardasse lo sport del calcio. Effettuare una scommessa, in quanto tale, non costituisce alcuna violazione disciplinare.

La Procura Federale non ha provato che il Signor Levato raccogliesse illegalmente scommesse sulle partite di calcio. Non vi è un solo riferimento agli incontri di calcio, al periodo degli stessi, alla serie di tali incontri o alla competizione rilevante. Nulla di tutto questo è presente nel fascicolo, dove risulta, peraltro, la rilevanza di giochi come " il casinò" o il "poker".

Da ultimo, la Procura Federale evince, da una telefonata del 05 ottobre 2016 tra il signor Iannì con una terza persona (POLIMENI Arturo), che un incaricato del Signor Levato abbia portato assegni e 70 euro frutto di un 'attività illegale di raccolta delle scommesse.

In quella telefonata viene citato il nome di tal "Marco". Dalla Nota informativa della Guardia di Finanza, più volte citata, risulta che nel documento sono presenti altre persone di nome "Marco" che operavano, a vario titolo, sul territorio reggino, ragione per cui manca la prova che il soggetto citato è Marco Levato”.

Sullo stesso piano, sostanzialmente, le difese del Sig. Fabio Fiocco, secondo cui, tra l’altro,

«pur considerando l’apparente ambiguità delle conversazioni telefoniche citate e trascritte, una prima evidenza circa la effettiva posizione di Fiocco Fabio nel contesto in esame è rappresentata dalla assoluta assenza di qualsivoglia dichiarazione accusatoria nei suoi confronti da parte di terzi (collaboratori di giustizia, testimoni, indagati/imputati ecc.). mancano altresì gli ulteriori e necessari elementi di riscontro alle telefonate intercettate ut supra: vale a dire, secondo la tesi accusatoria, la testimonianza dei presunti clienti da lui procacciati o l’effettività e la tracciatura di somme da lui incassate a qualsiasi titolo o comunque movimentate nel ruolo attribuitogli a profitto suo e della organizzazione».

Evidenzia, poi, il Sig. Fabio Fiocco, i suoi «impegni lavorativi assolutamente gravosi ed assorbenti, evidentemente incompatibili, come si può ben immaginare, con il presunto ruolo di “agente” per la promozione e raccolta di scommesse illecite della organizzazione calabrese, tantomeno al fine, del tutto indimostrato, di lucrare provvigioni e commissioni».

Deduce, a tal riguardo:

Merita anzitutto evidenziare che il sig. Fiocco Fabio, dal 03/10/2012 e ininterrottamente fino  ad  oggi,  oltre  a  praticare  l'attività  sportiva  dilettantistica  ricopre  la  carica  di

amministratore, con poteri di rappresentanza, nella società partecipata dai propri genitori denominata "FA.RO.P. Srl", con sede in Valenza (AL), via Circonvallazione Ovest snc - P. IVA: 01840770067 - esercente l'attività di commercio all'ingrosso di preziosi e la fabbricazione di oreficeria. La società, nella quale il sig. Fiocco opera ed è regolarmente inquadrato ai fini retributivi, dispone di due negozi di vendita (gioiellerie) in Varese, C.so Matteotti 1 B e Gallarate (VA) via Postcastello nr. 6 (cfr. visura CCIAA - doc. 6).

Ecco allora svelato quel primo elemento di contesto cui ha fatto riferimento l'accusa, certamente svincolato da generiche quanto insufficienti ragioni di spartizione eIa localizzazione territoriale del sodalizio criminoso attuate con il contributo di Fiocco Fabio, bensì univoco dato di riflessione a giustificazione di quell'attività imprenditoriale nel settore dell'oreficeria svolta lecitamente dall'incolpato.

Non solo. Il sig. Fiocco Fabio, anche a ragione di taluni passaggi intercettati (vgs. telefonata progr. 1067 dell'11.03.2016), svolgeva e svolge tuttora anche attività di lavoro dipendente presso la società DPRF sagl, con sede in Lugano (Svizzera), esercente l'attività di vendita all'ingrosso e al dettaglio di articoli di oreficeria, per la quale questa difesa si riserva di depositare i relativi cedolini paga.

Il Sig. Fabio Fiocco, tuttavia, non nasconde di aver effettuato «alcune giocate per suo conto, cioè in proprio, sulle piattaforme indicategli anche da Iannì Danilo, all’apparenza del tutto lecite e da lui ritenute assolutamente tali ed altrimenti verificabili, unico ed esclusivo motivo per il quale gli sono stati attivati alcuni account personali».

Espone, poi, il suddetto reclamante, le ragioni di conoscenza con il Sig. Iannì Danilo, spiegandole alla luce di una presunta truffa subita in relazione alla sua attività di commercio nei preziosi e della conseguente utilità di «mantenere i contatti» con i presunti truffatori

«proprio attraverso un conoscente comune: appunto Iannì Danilo; in ciò anche assecondandolo strumentalmente divenendo cliente delle sue attività di gioco».

Insomma, «il quadro fattuale delineato» indicherebbe «una chiave di lettura delle esigue telefonate captate indirizzato a svilire ogni pretestuosa ragione di frode a carico dell’incolpato Fiocco Fabio.

Né è prova il fatto che nessuna condotta antigiuridica gli è stata contestata in sede penale oltre al fatto che nessun riscontro ulteriore è stato compiuto per confutare o meno il supposto coinvolgimento nei comportamenti illeciti perseguiti».

A questo ultimo riguardo, anche il Sig. Marco Levato osserva come «nel caso di specie siamo di fronte ad un ' informativa della Procura della Repubblica di Reggio Calabria la cui attendibilità e fondatezza è ancora tutta da dimostrare».

Orbene, è forse opportuno sgomberare subito il campo da possibili equivoci in ordine ai rapporti tra procedimento disciplinare sportivo e processo penale.

Come da consolidata giurisprudenza di questa Corte, il principio dell’autonomia del processo sportivo consente la trattazione separata del presente giudizio disciplinare rispetto ad eventuali analoghe vicende penalistiche o di altra natura, anche al fine di assicurare l’esigenza di una celere e rapida definizione dello stesso.

Del resto, la condotta di un soggetto appartenente all’ordinamento federale, fermo restando l’eventuale accertamento della stessa in altre sedi giudiziarie, può essere diversamente valutata a fini sportivo-disciplinari. Come già, più volte, affermato da questa Corte, il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito federale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva all’ordinamento federale e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno. È, infatti, conseguenza naturale dell’autonomia dell’ordinamento sportivo la capacità dello stesso di munirsi, in via indipendente, di un circuito normativo e di una struttura valutativa che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport.

Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare, in linea generale, la nient’affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. L’ordinamento sportivo, del resto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva – nei confronti dei propri appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti dell’ordinamento settoriale – con autonomi mezzi di ricerca e valutazione dei fatti e della prova, che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento

giuridico generale, fatta ovviamente salva la garanzia del diritto di difesa, costituzionalmente protetto.

Ciò premesso, il Collegio ritiene che, anche in ordine alla affermazione di responsabilità per le condotte ascritte, i reclami proposti dai Sigg.ri Marco Levato e Fabio Fiocco non possano trovare accoglimento.

L’ordinamento federale fa espresso divieto ai calciatori ed ai tesserati in genere di effettuare qualsiasi tipo di scommessa al fine di trarne profitto. Questo anche in una prospettiva di garanzia del regolare svolgimento delle gare e dei campionati.

La disciplina della fattispecie è dettata, per quanto rileva ai fini del presente giudizio, dall’art. 6 CGS previgente che così testualmente recita(va):

«1. Ai soggetti dell’ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai tesserati delle società appartenenti al settore professionistico è fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, anche presso i soggetti autorizzati a riceverle, o di agevolare scommesse di altri con atti univocamente funzionali alla effettuazione delle stesse, che abbiano ad oggetto i risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della FIFA, della UEFA e della FIGC.

  1. Ai soggetti dell’ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico e al settore giovanile è fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, presso soggetti non autorizzati a riceverle, o di agevolare scommesse di altri con atti univocamente funzionali alla effettuazione delle stesse, che abbiano ad oggetto i risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della FIFA, della UEFA e della FIGC. Ai predetti è altresì fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, presso i soggetti autorizzati a riceverle, relativamente a gare delle competizioni in cui militano le loro squadre.
  2. La violazione del divieto di cui ai commi 1 e 2 comporta per i soggetti dell’ordinamento federale, per i dirigenti, per i soci e per i tesserati delle società la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a tre anni e dell’ammenda non inferiore ad euro 25.000,00».

Orbene, alla luce del sopra richiamato quadro normativo, ritiene – questa Corte – che le approfondite indagini degli inquirenti della Procura della Repubblica, utilmente riversate nel presente procedimento disciplinare, consentono di ritenere raggiunta la prova della sussistenza della violazione contestata ai suddetti deferiti, odierni appellanti.

In tal ottica, l’attenta e dettagliata attività investigativa della giustizia ordinaria, integrata, rielaborata e valutata – dalla Procura federale – ai fini disciplinari che qui ci occupano, ha consentito di mettere a disposizione degli organi giudicanti un consistente, e comunque sufficiente, quadro probatorio e, segnatamente, un insieme di elementi suscettibili di specifica valutazione da parte degli stessi predetti organi, nell’ambito della loro autonomia di giudizio, onde pervenire, con riferimento ai sigg.ri Marco Levato e Fabio Fiocco, per quanto qui interessa, ad un convincimento di sussistenza di responsabilità per gli addebiti agli stessi ascritti.

Per una migliore illustrazione delle ragioni della decisione assunta da questa Corte si ritiene utile evidenziare, ancora in via di premessa, lo standard probatorio applicabile in materia, riassumendo, di seguito, gli arresti della giurisprudenza endo ed esofederale sul punto.

In ambito esofederale è stato affermato che per dichiarare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. anche i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c/ FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c/ FIGC; 3 marzo 2011, Donato c/ FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c/ FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c/ FIGC; 26 aprile 2012, Signori c/ FIGC; 10 ottobre 2012, Alessio c/ FIGC).

Nella stessa direzione è ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza federale secondo cui «per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad

es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia c/FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte)» (CGF, 20 agosto 2012, C.U. n. 031/CGF del 23.8.2012).

Orbene, sotto un profilo metodologico, questo Collegio ritiene di non doversi discostare dagli insegnamenti della copiosa giurisprudenza di settore prima richiamata in ordine alla misura probatoria richiesta ai fini della valutazione della responsabilità di un tesserato o soggetto il cui operato è considerato rilevante per l’ordinamento federale.

Ciò premesso, il Collegio è tenuto a verificare se gli elementi di prova raccolti consentano di ritenere integrate, secondo lo standard probatorio indicato, le fattispecie di cui all’art. 6, comma 2, previgente CGS e/o di cui all’art. 1 bis, comma 1, previgente CGS, al fine dell’affermazione della sussistenza delle violazioni rispettivamente contestate ai sigg.ri Marco Levato e Fabio Fiocco.

Orbene, questa Corte ritiene, come detto, che, complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, sia stato raggiunto quel ragionevole grado di certezza in ordine alla sussistenza delle violazioni contestate ai suddetti deferiti, oggi appellanti, e che, segnatamente, sussista quel livello probatorio che, seppur (forse) inferiore al grado che esclude ogni ragionevole dubbio, è comunque superiore alla semplice valutazione della mera probabilità.

In tale quadro di riferimento normativo e giurisprudenziale, particolare valenza rivestono, nella fattispecie, le risultanze delle captazioni investigative, come anche ritrascritte nello stesso deferimento della Procura Federale, dalle quali emerge un significativo quadro confermativo della responsabilità dei deferiti, odierni reclamanti, in ordine alle condotte loro contestate nel presente procedimento disciplinare.

Sotto questo profilo lamenta, il reclamante Sig. Marco Levato, in sede di memoria difensiva autorizzata:

Si osserva, inoltre, che le trascrizioni delle conversazioni sono incomplete con l'omissione di circostanze fattuali certamente rilevanti per contestualizzare il reale oggetto della conversazione. Sul punto occorre, peraltro, evidenziare come le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche non costituiscano prova o fonte di prova, ma solo un'operazione puramente rappresentativa in forma grafica del contenuto di prove già acquisite mediante registrazione fonica (ex plurimis, Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 4243 del 1° febbraio 2012; Cass. Sez. I, sentenza n. 32851 del 06/05/2008, dep. 05/08/2008).

A fronte di tale assunto, non avendo la Procura Federale messo a disposizione le registrazioni foniche affinché si conoscessero le conversazioni complete, trascritte poi solo parzialmente e incluse nell'atto di deferimento, ciò comporta una compromissione del diritto di difesa, in ambito sportivo, che va ad inficiare la validità dell'intero procedimento.[…]

In ogni caso le trascrizioni, per lo più se parziali, non sono prove o di fonti di prova. Secondo la Cassazione "II diritto del difensore di ascoltare le registrazioni di conversazioni

o comunicazioni intercettate e di estrarre copia dei file audio, dopo il deposito effettuato ai sensi del quarto comma dell'art. 268 cod. proc. pen., non è suscettibile di limitazione né è subordinato ad autorizzazione, per cui ogni compressione di tale diritto dà luogo alla nullità

di ordine generale a regime intermedio prevista dall’art. 178, lett.. c), cod. proc. pen." (Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 41362 del 7 ottobre 2013). In applicazione a tale principio, sono viziati da nullità i processi ove sono utilizzate a fini decisori conversazioni intercettate acquisite mediante "brogliacci", senza consentire ai difensori l'esercizio della facoltà di ascolto.

Peraltro, le trascrizioni trasmesse dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria sono inutilizzabili nel procedimento disciplinare anche sotto un diverso profilo poiché in nessun documento del fascicolo di primo grado risulta l'autorizzazione, ex arti. 266 e 267 del c.p.p_,

del Giudice per le indagini preliminari (in seguito G.I.P.) al Pubblico Ministero per disporre delle intercettazioni de quibus o una successiva loro convalida.”

Le eccezioni e deduzioni difensive in punto di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche devono essere disattese.

Al riguardo, si riepilogano, di seguito, gli approdi giurisprudenziali cui, in materia, è giunta questa Corte Federale d’appello:

  1. in tema di intercettazioni telefoniche, esula dai poteri del giudice sportivo ogni valutazione sulla legittimità dell’operato dell’autorità giudiziaria, alla cui esclusiva competenza è rimesso il controllo tanto formale, quanto sostanziale degli atti trasmessi, rilevando unicamente, ai fini delle decisioni degli organi di giustizia sportiva, la provenienza istituzionale, da cui discende la presunzione di legittimità, autenticità e genuinità degli atti stessi (Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti, Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004; Commissione Disciplinare presso Lega Serie C, Com. Uff. n. 17/C del 6.9.2004; CGF n. 48/2011-2012; CFA n. 20-2016/2017; CFA n. 122-2018/2019);
  2. l’acquisizione e dell’utilizzo delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e ambientali presuppone, in termini di sufficienza, la provenienza delle stesse dall’Autorità Giudiziaria, da ciò derivando la presunzione iuris tantum di conformità (CFA n. 20-2016/2017; CFA n. 122- 2018/2019);
  3. il divieto di utilizzazione di intercettazioni in procedimenti diversi da quello in cui le intercettazioni stesse sono state disposte non è applicabile ai procedimenti disciplinari (CGF

n. 48-2011/2012); le decisioni degli organi di giustizia sportiva rappresentano «l’epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che non possono ritenersi presidiati dalle garanzie del processo. In particolare, alla “giustizia sportiva” si applicano, oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, per analogia, quelle dell’istruttoria procedimentale, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi». Con la conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione della prova in contraddittorio, tipiche specialmente del processo penale (CGF n. 242-2012/2013; CFA n. 20-2016/2017; CFA n. 122-2018/2019);

  1. gli eventuali errori nella procedura di acquisizione delle prove da parte dell'autorità giudiziaria che rendano le stesse inutilizzabili nel procedimento penale non ne comportano l'automatica inutilizzabilità in sede amministrativa; «“pertanto, le intercettazioni telefoniche, ancorché conseguite nell'ambito di un processo concluso con il patteggiamento, nel quale quindi nemmeno sia stato affrontato il problema della loro corretta acquisizione, devono

ritenersi utilizzabili nel procedimento disciplinare” (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 dicembre 2009, n. 7703)» (CFA n. 122-2018/2019);

  1. ciò che rileva è l’esame critico delle conversazioni intercettate che tenga conto nella valutazione del loro contenuto della conoscenza, diretta o indiretta, che gli intercettati dimostrano di avere delle situazioni sulle quali s’intrattengono, quando tali situazioni non si riferiscono a comportamenti propri, e di altri elementi, quali il contesto fattuale, logico e temporale, in cui le conversazioni sono avvenute, tenuto conto dell’ambiente del quale fanno parte gli intercettati, operando comunque valutazioni complessive delle conversazioni intercettate senza interpretazioni conseguenti ad indebite estrapolazioni (CAF, C.U. n. 7/C del 2004; CFA n. 122-2018/2019);
  2. gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni qualora siano gravi, e cioè consistenti e resistenti alle obiezioni, precisi, e cioè non generici e non suscettibili di diverse interpretazioni, concordanti, e cioè non contrastanti tra loro (cfr. C.A.F. – Com. Uff. n. 7/c del 2004). (CGF n. 48-2011/2012); per ritenere provato l'illecito sportivo contestato al dirigente di una società calcistica, gli organi di giustizia sportiva possono basarsi sulle intercettazioni telefoniche raccolte in un procedimento penale, a prescindere dalla loro utilizzabilità in quella sede, ove il contenuto delle conversazioni intervenute tra il soggetto deferito e i suoi interlocutori sia stato sottoposto a vaglio critico e venga considerato espressivo di un comune intento fraudolento» (TAR Lazio, Roma, sez. III, 19 marzo 2008, n. 2472) (CFA n. 122-2018/2019);
  3. l’organo di giustizia sportiva deve effettuare un attento controllo dei contenuti delle conversazioni, avuto riguardo alla tipicità del settore disciplinare-sportivo di riferimento (CFA n. 122-2018/2019);
  4. l’organo di giustizia sportiva deve effettuare tale controllo secondo una triplice prospettiva:

a) rileva, innanzi tutto, la necessaria distinzione tra circostanze riferite dall’interlocutore per cognizione diretta e circostanze riferite de relato. Non può escludersi infatti che la circolarizzazione delle informazioni assunte, caratterizzate da linguaggio criptico e da accentuata gergalità, possa alterare il contenuto e significato della conversazione stessa; b) rileva altresì la collocazione dell’interlocutore telefonico nella catena conoscitiva organizzata per l’acquisizione e l’utilizzo di notizie per scopi illeciti. E’ evidente infatti la diversa valenza

probatoria tra quanto promana da soggetti estranei al mondo del calcio e tesserati, dirigenti ovvero calciatori, direttamente partecipi all’evento agonistico, nonché tra meri collettori di informazioni e soggetti abitualmente dediti alle scommesse e, quindi, portatori di interessi economici personali; c) rileva, infine, la necessità di una lettura delle conversazioni telefoniche intercettate non avulsa dal contenuto logico e temporale di riferimento, al fine di una valutazione complessiva e non parcellizzata (CGF n. 48-2011/2012; CFA n. 122- 2018/2019).

Questi consolidati principi in materia di intercettazioni telefoniche e di modalità del loro utilizzo nel procedimento disciplinare-sportivo, qui condivisi e dai quali questo Collegio non intende discostarsi, conducono a concludere che le risultanze delle captazioni telefoniche di cui trattasi sono pienamente utilizzabili – in funzione degli elementi suscettibili di valutazione che le stesse sono in grado di fornire – nel presente procedimento disciplinare, ferma restando e premessa la loro attenta lettura e meditata valutazione nell’ambito del contesto fattuale e logico-temporale nel quale le stesse si inseriscono, allo scopo di raggiungere una organica rappresentazione dei fatti sottoposti a giudizio (cfr. CFA n. 122-2018/2019).

Nell’ambito di questo quadro normativo ed interpretativo di riferimento ed in applicazione dei principi enucleati, in materia, dalla giurisprudenza sportiva si perviene, come detto, all’affermazione di responsabilità in capo ad entrambi i reclamanti per le condotte loro ascritte.

Il coinvolgimento del Sig. Fabio Fiocco, in qualità di procacciatore di nuovi giocatori / clienti per scommesse (illegali) emerge in modo chiaro, anche dalla stessa lettura della trascrizione delle numerose intercettazioni telefoniche, dalle quali si evince pure una certa organicità dei rapporti dello stesso con la rete di scommesse che faceva riferimento al Sig. Iannì e, ad ogni buon conto, una reiterazione della condotta antigiuridica (per l’ordinamento settoriale). Conferma ne è anche l’apertura di conti da parte del sodalizio in favore del Sig. Fabio Fiocco, come pure il riconoscimento di una “provvigione” in favore dello stesso pari al 30 per cento della differenza tra “giocato” e “vinto”.

Anche a carico del Sig. Marco Levato il quadro probatorio appare sufficientemente delineato ai fini dell’affermazione di responsabilità per le violazioni contestate.

Le emergenze istruttorie (e, segnatamente, le risultanze delle captazioni) denotano un’organica presenza  del Sig. Marco Levato nell’ambito dell’organizzazione volta alla raccolta di scommesse illegali. Indici inequivoci di una siffatta stabile presenza all’interno della rete di raccolta di cui trattasi sono anche le numerose contestazioni in ordine al pagamento delle provvigioni ed alla raccolta di giocate live, nonché le stesse modalità di pagamento delle giocate.

Né gli interessati hanno offerto, in questa sede, una verosimile ricostruzione alternativa (conforme alla disciplina dettata dall’ordinamento sportivo settoriale) delle condotte loro ascritte. Mancano, del resto, concreti ed idonei elementi di prova a discarico e le ricostruzioni alternative dei fatti fornite dagli incolpati non appaiono, come detto, verosimili o rilevanti, né, tantomeno, supportate da elementi probatori o anche solo logici.

In particolare, quella offerta, anche in sede di discussione, dalla difesa del Sig. Fabio Fiocco resta smentita dalla nota del 3 dicembre 2019 della Procura della Repubblica del Tribunale di Busto Arsizio, alla luce della quale perdono consistenza le dichiarazioni rese dal predetto interessato alla Procura federale in ordine ad una asserita “volontarietà” dei rapporti intrattenuti con Iannì per “conto” della stessa Autorità inquirente. Categoricamente da escludere, si legge anche nella predetta nota, che «questa P.G. abbia mai sollecitato Fiocco Fabio a giocare delle scommesse con Iannì».

In questo contesto di riferimento complessivo l’esame delle condotte oggetto del presente procedimento si traduce, dunque, nell’affermazione di sussistenza degli illeciti (sussumibili nella previsione di cui all’art. 6 previgente CGS) consistenti nella violazione del divieto di scommesse. Infatti, dal coacervo degli elementi suscettibili di valutazione da parte di questa Corte emerge, in una sintesi complessiva, l’esistenza di sufficienti elementi probatori per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità dei deferiti sopra indicati in ordine alle rispettive incolpazioni di cui al deferimento per aver, anche in concorso con altri soggetti, violato il divieto di scommesse.

Attesa l’affermazione di responsabilità per la violazione della specifica norma in tema di divieto di scommesse, resta assorbita quella relativa alla violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS previgente, che ha natura residuale.

  1. Con riferimento al piano sanzionatorio il reclamante Sig. Marco Levato svolge numerose deduzioni difensive.

Il TFN, argomenta, anzitutto, il predetto reclamante, «ha condannato il signor Levato per tutte le violazioni normative contestate nel capo di imputazione della Procura Federale.

Il fatto contestato è quello di aver raccolto illegalmente scommesse su partite di calcio organizzate nell'ambito della FIGC. Siamo quindi di fronte ad un fatto specifico che viola un preciso precetto dell'ordinamento sportivo.

La violazione per cui si è proceduto, se mai fosse presente, comprenderebbe necessariamente anche la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità di cui all'articolo 4.1 del CGS.

L'articolo 4.1 del CGS è una norma di chiusura del sistema che deve trovare la sua residuale applicazione unicamente quando l'agente pone in essere condotte contrarie ai principi in esso contenuti, condotte che, pur violando i principi posti alla base del sistema giuridico sportivo, non sono state dettagliatamente tipizzate dal legislatore sportivo. E questo non è il caso di specie poiché il comportamento ritenuto illegittimo è compiutamente previsto nel CGS.

In sintesi, la contestazione appare illegittima per violazione del principio di specialità con la conseguenza che non potrà comunque essere applicato un doppio regime sanzionatorio.

Anche sotto questo profilo la decisione del TFN è errata e andrà riformata».

Eccepisce, poi, il Sig. Marco Levato, la violazione del principio della certezza del diritto, del diritto di difesa e del principio di legalità, anche in relazione alla assenza di motivazione circa i criteri di definizione della pena irrogata.

Evidenzia, il Sig. Marco Levato, come la Procura federale lo abbia deferito per la ritenuta violazione di diverse norme del codice giustizia sportiva, in relazione alle quali sono previste differenti sanzioni.

«Nel primo grado del presente processo, la Procura federale ha chiesto che il Signor Levato venisse condannato ad una squalifica di cinque anni con richiesta di preclusione oltre ad un'ammenda di 25.000 euro, tuttavia, senza specificare qual era la pena richiesta per il primo capo di imputazione e quella per il secondo capo di imputazione.

Il TFN ha, a sua volta, applicato la pena della squalifica per un periodo pari a cinque anni e

25.000 euro di ammenda senza, tuttavia, specificare la pena in relazione alle rispettive

violazioni né i criteri e l'iter motivazionale che avevano portato il Giudicante ad infliggere una sanzione cosi severa. Parimenti non è stata motivata l'irrogazione di una pena che non è prevista per i tesserati dilettanti.

In sintesi, il Signor Levato non è in grado di conoscere qual è stata la sanzione per ogni capo di imputazione per i quali è stato condannato. Forse che la sanzione per la prima ritenuta violazione è pari a 3 anni e sei mesi quindi l'eventuale accoglimento parziale del presente appello quasi annullerebbe l'attuale squalifica oppure per la prima violazione la pena comminata è stata pari ad un anno con conseguenze, sempre in caso di accoglimento parziale del gravame, diametralmente opposte? Ciò non è dato sapere!

Il principio della certezza del diritto, della certezza della pena e il diritto di difesa, anche in combinato disposto con il principio di proporzionalità, appaiono gravemente violati dal momento che la determinazione della pena e la sua quantificazione, una volta inflitta, deve essere conosciuta dal "condannato" e non lasciata nel segreto della stanza dei Giudicanti.

Nella sentenza sono, inoltre, completamente assenti i criteri di determinazione della squalifica.

La decisione sul punto è del tutto priva di motivazione, limitandosi a sostenere l’irrilevanza della presenza dci criteri di determinazione della sanzione.

Al signor Levato è stato dunque negato il doppio grado di giudizio in merito alla verifica dei criteri di determinazione della pena».

Viene, poi, ancora eccepita la violazione del principio di proporzionalità, nonché la violazione del principio di legalità, considerato che «il processo sportivo si deve conformare a tutti i principi del giusto processo, uniformandosi anche alle norme dell'ordinamento statale. Ne consegue che il codice di giustizia sportiva deve essere conforme alle norme statali, europee ed internazionali.

Il legislatore federale ha quindi espressamente previsto che ordinamenti alieni rispetto a quello sportivo possano esercitare la loro influenza sull'ordinamento domestico.

Per quanto qui rileva, l'ordinamento sportivo deve garantire il rispetto dci principio di legalità previsto sia dall'articolo 7 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, sia dall'articolo 25 della Costituzione.

[…]

Nel caso di specie le violazioni contestate prevedono norme sanzionatorie che non consentono di individuare con precisione limiti entro i quali la sanzione può essere determinata e quindi entro i quali il potere discrezionale del Giudicante può essere esercitato.

Nel caso di specie, inoltre, è stata applicata ad un atleta dilettante la sanzione dell'ammenda che è prevista unicamente per gli atleti professionisti.

Il Signor Levato era un atleta di "calcio a 5". Tale disciplina ai sensi dell'articolo IO dello Statuto federale è inquadrata nella Lega Nazionale Dilettanti ed è disciplinata in tale ambito (cfr. Artt. 2, 17 e 18 Regolamento LND).

L'articolo 9.3 prevede infatti che la sanzione dell'ammenda sia applicata ai tesserati del settore professionistico. Poichè il signor Levato era un giocatore di "calcio a 5" qualificato dall'ordinamento federale dilettante, nessuna ammenda poteva essergli comminata».

Lamenta, infine, il predetto reclamante, la violazione del principio di proporzionalità e di afflittività per la irrogazione di una pena eccessiva: «…L'entità della sanzione sportiva adottata nei confronti dei Signor Marco Levato è oltremodo afflittiva e sproporzionata.

Il signor Levato è stato sanzionato unicamente in virtù di una decisione frutto di un procedimento indiziario, nel quale, come si è avuto modo di argomentare, peraltro, alcuna circostanza disciplinarmente rilevante per l'ordinamento federale sarebbe imputabile all'odierno reclamante. L'uso del condizionale è d'obbligo non avendo ancora questa difesa visionato interamente il fascicolo del primo grado.

In ogni caso una condanna fondata unicamente su meri indizi non potrà mai essere tale da determinare l'esclusione del presunto colpevole dall'ordinamento sportivo».

Orbene, le argomentazioni difensive tutte sopra così riassunte non possono essere condivise.

Quanto, segnatamente, alle deduzioni in ordine alla violazione del principio di specialità, questa Corte ha già sopra precisato le motivazioni del Tribunale, nel senso che, essendo stata affermata la responsabilità per la violazione principale (divieto di scommesse) resta assorbita quella generale e residuale di cui all’art. 1, comma 1 bis, CGS previgente.

Anche le deduzioni difensive in tema di violazione del principio di legalità sono destituite di fondamento.

Il legislatore sportivo ha stabilito dei minimi edittali in relazione a determinate violazioni, affidando la determinazione della sanzione al prudente apprezzamento degli organi di giustizia sportiva in relazione ad altre fattispecie, ritenute, probabilmente, di minor “allarme” per l’associazionismo sportivo.

Nel caso di specie, ad ogni modo, il legislatore federale ha espressamente previsto il minimo edittale: «La violazione del divieto di cui ai commi 1 e 2 comporta per i soggetti dell’ordinamento federale, per i dirigenti, per i soci e per i tesserati delle società la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a tre anni e dell’ammenda non inferiore ad euro 25.000,00.

Se, per la violazione del divieto di cui ai commi 1 e 2, viene accertata la responsabilità diretta della società ai sensi dell’art. 4, il fatto è punito con l’applicazione delle sanzioni di cui alle lettere g), h), i), l) dell’art. 18, comma 1, anche congiuntamente in relazione alle circostanze e alla gravità del fatto» (così recitano le disposizioni di cui, rispettivamente, ai commi 3 e 4 dell’art. 6 del previgente codice di giustizia sportiva).

Ed allora non è chiara, al riguardo, la lamentela del reclamante Sig. Marco Levato.

In relazione alla predetta agitata questione è possibile, su un piano più generale, anche osservare che, a dispetto del suo presentarsi come generica manifestazione del potere punitivo di chi ha il compito di valutare le condotte degli appartenenti al mondo federale calcistico, l’esercizio del potere disciplinare si spiega e si qualifica con il riflettere le peculiarità dell’ordinamento di riferimento, senza che possa immaginarsi un unico “modello” disciplinare cui attingere.

Pur nell’unicità della prospettiva da perseguire e in presenza di un nucleo di principi comuni che caratterizzano tutte le fattispecie oggetto dei procedimenti disciplinari, non vi è dubbio che appare impossibile una reductio ad unitatem. Con la conseguenza che anche il correlato apparato sanzionatorio non può non risultarne diversificato anche al fine di assicurare quella opportuna (rectius, necessaria) discrezionalità degli organi giudicanti volta alla individuazione della pena proporzionata e giusta rispetto al caso concreto.

Del pari infondata è l’asserita inapplicabilità allo stesso della sanzione dell’ammenda. Secondo il suddetto appellante il TFN avrebbe errato ad applicare la sanzione dell’ammenda in aggiunta a quella della inibizione, poiché la sanzione pecuniaria non sarebbe applicabile al calciatore dilettante.

Ritiene questa Corte che anche siffatto assunto difensivo poggi su una non corretta ricostruzione interpretativa della normativa in materia e muova da una lettura errata dell’art. 19, comma 6, CGS previgente, secondo cui «le ammende sono applicabili ai dirigenti, ai soci e non di cui all’art.1 bis, comma 5, CGS nonché ai tesserati della sfera professionistica, per le condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara le ammende sono anche applicabili ai tesserati della sfera dilettantistico-giovanile».

Ad elidere ogni dubbio viene, anzitutto, in supporto la stessa chiara lettera della norma di cui all’ art. 6 CGS in vigore all’epoca dei fatti: «La violazione del divieto di cui ai commi 1 e 2», recita – come detto – il comma 3, «comporta per i soggetti dell’ordinamento federale, per i dirigenti, per i soci e per i tesserati delle società la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a tre anni e dell’ammenda non inferiore ad euro 25.000,00”.

Pertanto, la disposizione che regola specificamente la fattispecie dell’illecito per violazione del divieto di scommesse, prevede pacificamente l’applicazione anche della sanzione dell’ammenda, indicandone, per di più, il minimo edittale. Disposizione speciali che, dunque, in ogni caso prevale sulla regola generale dettata dall’art. 19, comma 6, CGS previgente (“Le ammende sono applicabili ai dirigenti, ai soci e non soci di cui all’art. 1 bis, comma 5, nonché ai tesserati della sfera professionistica”).

  1. I reclami vanno, invece, parzialmente accolti per quanto riguarda la concreta determinazione della sanzione.

Osserva il Collegio che, secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza federale in materia, il compito del giudicante non è soltanto quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dal giudice a quo, dovendo, invece, anche esaminare – con riferimento al profilo sanzionatorio – se quest’ultimo abbia valutato tutti gli elementi utili alla concreta determinazione della pena, dandone una corretta e logica interpretazione: viene qui in rilievo, dunque, la corretta applicazione delle regole della logica giuridica che conducono a fornire giustificazione della scelta di determinate conclusioni, a preferenza di altre.

Orbene, l’assenza di motivazione (i.e. giustificazione) in ordine all’applicazione di una sanzione così grave come quella della preclusione, non consente di delibare il percorso argomentativo, sul piano logico-giuridico, seguito dai giudici di prime cure e, in difetto – anche considerato che la stessa appare, comunque, erronea, poiché eccessivamente gravosa rispetto alla concreta condotta contestata ai reclamanti ed accertata nei loro confronti - la decisione sul punto deve essere riformata, nei termini di cui al dispositivo.

Per quanto sopra accertato e dichiarato, le sanzioni inflitte all’esito del giudizio di primo grado devono essere rideterminate in riduzione.

Valutata la gravità e la natura delle violazioni di cui trattasi, considerate le circostanze che connotano la fattispecie, adeguatamente valorizzata la circostanza che non risulta (né è stata contestato) che la violazione del divieto di scommesse fosse diretto alla alterazione dei risultati delle gare oggetto di scommessa o, più in generale, alla alterazione delle classifiche dei campionati, questa Corte ritiene che, alla luce di una complessiva valutazione della vicenda oggetto del giudizio, appare congrua, per entrambi i reclamanti, la sanzione della inibizione per anni 5 (cinque), oltre l’ammenda di euro venticinquemila.

P.Q.M.

La Corte Federale d’Appello (Sezioni Unite), riuniti preliminarmente i reclami nn. 146 e 147, definitivamente pronunciando sugli stessi, li accoglie in parte e, per l’effetto, così ridetermina le sanzioni inflitte:

  1. Levato Marco inibizione anni 5 (cinque) oltre all’ammenda di € 25.000,00 (venticinquemila/00);
  2. Fiocco Fabio inibizione anni 5 (cinque) oltre all’ammenda di € 25.000,00 (venticinquemila/00).

 

Dispone la comunicazione alle parti con posta elettronica certificata.

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