F.I.G.C. – TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – Sezione Disciplinare – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C.U. n. 17/TFN-SD del 09 Ottobre 2017 (motivazioni) – RICORSO DEL DOTT. GIOVANNI GRECO (ARBITRO EFFETTIVO), AI SENSI DEGLI ARTT. 25 e 30 DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA DEL CONI (D.P.C.M. 16.12.2015) AVVERSO LA DELIBERA A.I.A. DI CUI AL COM. UFF. N. 1 del 1.7.2017.
RICORSO DEL DOTT. GIOVANNI GRECO (ARBITRO EFFETTIVO), AI SENSI DEGLI ARTT. 25 e 30 DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA DEL CONI (D.P.C.M. 16.12.2015) AVVERSO LA DELIBERA A.I.A. DI CUI AL COM. UFF. N. 1 del 1.7.2017.
Con ricorso ex artt. 25 e 30 del Codice di Giustizia Sportiva del C.O.N.I. (in prosieguo, per brevità, anche, “C.G.S. CONI.”), inviato all’Associazione Italiana Arbitri (in prosieguo, per brevità, anche “A.I.A.”), alla Federazione Italiana Giuoco Calcio (in prosieguo, per brevità, anche “F.I.G.C.”), ai Sig.ri Daniel Cadirola e Luca De Angeli, nonché al Tribunale Federale, il dott. Giovanni Greco contestava la legittimità:
- della delibera adottata dall’AIA e pubblicata sul C.U. del 1.7.2017, n. 1, stagione sportiva 2017/2018 con la quale il ricorrente è stato impedito nella progressione dalla C.A.I. alla C.A.N. D e, quindi, è stato dismesso per limite di permanenza nel ruolo C.A.I.;
- di tutti quanti gli atti prodromici, presupposti, preliminari, compresa la eventuale proposta dell’Organo tecnico della C.A.I.
- dei criteri utilizzati per la formazione dell’elenco trasmesso al Comitato Nazionale;
- del provvedimento con il quale sono stati ripartiti tra le singole Regioni nell’ambito dell’indice numerico generale (n. 60) i posti degli arbitri effettivi che sarebbero transitati dalla C.A.I. alla C.A.N. D;
- della delibera del Comitato Nazionale dell’AIA presupposta al Comunicato impugnato;
- delle previsioni degli atti normativi in ordine alla formazione degli organi che decidono sulle sorti degli arbitri.
In particolare, il ricorrente proponeva sei diverse censure con le quali contestava:
I. Difetto di motivazione della decisione di mancato avanzamento del ricorrente che avrebbe determinato l’automatica dismissione;
II. Violazione degli artt. 6, commi 7 e 10, 7, 15, commi 2 e 3, delle Norme di funzionamento degli Organi tecnici dell’A.I.A. (in prosieguo, per brevità, anche “Norme di funzionamento”) per l’omessa predeterminazione e indicazione degli “eventuali altri criteri” utilizzati dall’Organo tecnico nella compilazione della relazione di fine stagione per la valutazione degli arbitri da promuovere alle categorie superiori;
III. Violazione del principio di trasparenza e imparzialità del sistema di attribuzione delle mere valutazioni tecniche, laddove l’art. 6, comma 5, delle Norme di Funzionamento non estende agli arbitri a disposizione degli Organi tecnici nazionali la garanzia della formulazione per iscritto dei rilievi nell’immediato dopo gara;
IV. Violazione dei principi di imparzialità e trasparenza per l’omessa predeterminazione all’avvio della stagione del numero di arbitri cui consentire il passaggio dalla C.A.I. alla CAN- D ai sensi dell’art. 15, commi 2 e 3, delle Norme di Funzionamento, ovvero dei criteri sulla base dei quali il predetto numero sarà determinato;
V. Violazione dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990 e della legge n. 231/2001, nonché dei principi generali in materia di selezione e accesso agli impieghi pubblici;
VI. Illegittimità derivata dall’illegittimità del Regolamento A.I.A. e delle Norme di funzionamento, laddove non prevedrebbero garanzie di imparzialità, indipendenza e terzietà nel procedimento di nomina dei componenti degli organi tecnici.
Con memoria del 22.9.2017 si costituiva l’A.I.A. eccependo l’inammissibilità del ricorso per tardivo deposito dell’atto introduttivo e deducendo l’infondatezza dei motivi di impugnazione. Le difese del dott. Giovanni Greco con memoria del 26.9.2017 replicavano alle deduzioni dell’A.I.A. In particolare, il ricorrente asseriva l’infondatezza dell’eccezione di tardività, in quanto il termine decadenziale prescritto dall’art. 38 del C.G.S. della F.I.G.C. si applicherebbe esclusivamente ai reclami in materia disciplinare, mentre l’impugnazione de qua sarebbe inquadrabile nell’ambito dei ricorsi di cui all’art. 43 bis del C.G.S. F.I.G.C. o, comunque, dell’art. 30 del C.G.S. C.O.N.I.
Il dibattimento
All’udienza del 29.9.2017 il difensore del ricorrente insisteva per l’accoglimento del ricorso, mentre i legali dell’A.I.A. si riportavano alla memoria di costituzione e ribadivano l’eccezione di tardività del deposito del ricorso.
I motivi della decisione
In via preliminare, infondata è l’eccezione d’inammissibilità sollevata dalle difese dell’A.I.A. Secondo la prospettazione della resistente, infatti, l’impugnazione de qua sarebbe tardiva, in quanto l’art. 38 del C.G.S. F.I.G.C., prescriverebbe che il reclamo debba essere proposto entro sette giorni dalla data di pubblicazione del comunicato ufficiale.
Tuttavia, l’impugnazione proposta dal dott. Giovanni Greco non è sussumibile nell’ambito della categoria dei reclami e, conseguentemente, non è soggetta ai limiti decadenziali prescritti dalla prefata disposizione.
Come controdedotto dal ricorrente, infatti, i reclami, nell’ambito dell’ordinamento federale, sono i mezzi di impugnazione con i quali si contestano i risultati sportivi e le relative decisioni concernenti lo svolgimento delle gare.
Lo stesso C.G.S. F.I.G.C. distingue chiaramente i due mezzi di impugnazione. I reclami sono disciplinati dall’art. 33, mentre i ricorsi avverso le delibere degli organi diversi dal giudice sportivo sono disciplinati dall’art. 43 bis che prevede un termine decadenziale più lungo (30 giorni).
Alla luce delle richiamate disposizioni, l’impugnazione proposta dal dott. Giovanni Greco è senz’alcun dubbio inquadrabile alla stregua di un ricorso.
Anche volendo prescindere dal nomen iuris utilizzato dal ricorrente, infatti, l’impugnazione non ha a oggetto il corretto svolgimento di una gara, bensì una delibera di un organo dell’A.I.A.
Il giudice adito è quello competente a giudicare i ricorsi e non i reclami che sono rimessi alla cognizione del giudice sportivo.
Del resto, le stesse difese dell’A.I.A. hanno applicato la disciplina dei ricorsi, costituendosi oltre i termini prescritti dalla disciplina del reclamo (3 giorni).
Tra l’altro la prospettazione dell’A.I.A., secondo la quale l’impugnazione avrebbe dovuto essere depositata innanzi a Codesto Tribunale entro il ristretto termine decadenziale prescritto per i reclami, non potrebbe comunque determinare l’inammissibilità del ricorso, in quanto sarebbe in insanabile contrasto con l’art. 30 del C.G.S. C.O.N.I. che prevede all’art. 30, commi 1 e 2, che “per la tutela di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento federale […] è dato ricorso dinanzi al Tribunale federale” che “deve essere depositato entro trenta giorni da quanto il ricorrente ha avuto piena conoscenza dell’atto o del fatto”.
Nel merito il ricorso è fondato.
Innanzitutto, merita accoglimento la censura di difetto di motivazione.
Il Comunicato impugnato e i prodromici atti con i quali il Comitato dei delegati e il C.A.I. hanno determinato il mancato avanzamento del dott. Giovanni Greco e la conseguente dismissione per raggiungimento del termine di permanenza nulla chiariscono in merito sia alla specifica posizione del ricorrente, sia ai criteri utilizzati per redigere la graduatoria, la proposta e il successivo provvedimento.
Sul punto non risultano convincenti le difese dell’A.I.A.
In particolare, l’A.I.A. contesta che non sarebbe stata tenuta a motivare i propri atti, in quanto nell’ambito degli ordinamenti sportivi federali la legge n. 241/1990 troverebbe applicazione soltanto in relazione alle attività avente valenza pubblicistica.
L’eccezione non merita accoglimento, in quanto la progressione e la dismissione degli arbitri assumono senz’altro una valenza pubblicistica, dal momento che concernono la scelta e l’individuazione dei soggetti che devono garantire il corretto svolgimento delle competizioni, anche professionistiche.
Tra l’altro, anche volendo prescindere dalla valenza pubblicistica dell’attività e dall’effettiva applicazione della l. n. 241/1990, l’obbligo di motivazione degli atti con i quali è disposta la progressione e la dismissione degli arbitri trova comunque applicazione nel caso di specie in virtù dell’art. 1, comma 2, del Regolamento A.I.A., in base al quale “l’A.I.A. provvede direttamente al reclutamento, alla formazione, all’inquadramento ed all’impiego degli arbitri, assicurando condizioni di parità di accesso all’attività arbitrale”.
Dal principio fondamentale della parità di accesso all’attività arbitrale discende, infatti, quale corollario necessario l’obbligo di motivazione degli atti con i quali si dispone l’avanzamento e la dismissione degli arbitri al fine di garantire l’imparzialità, la non discriminazione e la trasparenza delle decisioni.
Parimenti non coglie nel segno l’ulteriore deduzione dell’A.I.A. secondo la quale la delibera di promozione e dismissione di un arbitro costituirebbe un atto complesso a formazione progressiva e la motivazione dovrebbe essere rinvenuta nella graduatoria finale formata dalla media globale definitiva delle valutazioni ottenute dagli arbitri in occasione delle gare da essi dirette e nelle norme di funzionamento degli organi tecnici circa i limiti massimi di età e di permanenza.
Tali elementi, invero, non sono sufficienti per integrare una motivazione adeguata che consenta ai destinatari dell’atto, sia di avere contezza dell’iter logico seguito dall’A.I.A. per determinate le progressioni e le dismissioni, sia di verificare il rispetto della necessaria trasparenza, non discriminazione e parità di accesso.
L’art. 6, comma 10, delle Norme di funzionamento degli Organi tecnici dell’A.I.A. prevede espressamente da un lato, che “la posizione nella graduatoria finale non determina automaticamente le proposte di promozione e avvicendamento” ed “ha valore indicativo”, e da un altro lato che nella formazione dell’elenco gli Organi tecnici indicano “eventuali altri criteri”.
Alla luce di tale disposizione è evidente che la mera graduatoria finale e i voti di cui essa è formata non siano sufficienti a integrare la motivazione, in quanto non consentono di conoscere le ragioni per le quali l’Organo tecnico e il Comitato dei delegati hanno ritenuto la graduatoria vincolante, applicandola automaticamente in violazione del disposto normativo, e non hanno utilizzato gli ulteriori “eventuali altri criteri” per determinare le promozioni e le dismissioni degli arbitri.
Sulla base della mera graduatoria e delle norme richiamate dalle difese dell’A.I.A. non è possibile comprendere le ragioni poste a fondamento della decisione e, soprattutto, verificare l’effettivo rispetto del principio di parità di accesso arbitrale e di non discriminazione.
Inconferente appaiono poi le considerazioni delle difese dell’A.I.A., secondo le quali il difetto di motivazione sarebbe imposto dall’U.E.F.A. per garantire la riservatezza delle informazioni relative alla valutazione degli arbitri. Nel caso di specie, infatti, non si discute della pubblicazione di tali informazioni, bensì dell’assenza di un’adeguata motivazione che consenta di avere contezza delle ragioni poste a fondamento della decisione di non promuovere e, quindi, di dismettere il ricorrente, che ben avrebbero potuto essere contenute anche in un ulteriore atto non pubblicato.
Fondato appare altresì l’ulteriore vizio dedotto con il quale il ricorrente ha contestato la violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e parità di accesso arbitrale, nonché la violazione del già richiamato art. 6, comma 10, delle Norme di funzionamento per omessa predeterminazione dei criteri sulla base dei quali il C.A.I. e il Comitato dei delegati hanno determinato la mancata progressione e la dismissione del dott. Giovanni Greco.
Secondo la prefata disposizione, infatti, la proposta di progressione e dismissione ha carattere meramente indicativo e non deve essere elaborata automaticamente soltanto sulla base della graduatoria finale, ma deve tenere conto anche di ulteriori eventuali altri criteri. Alla luce di tale previsione gli Organi tecnici e il Comitato dei delegati sono tenuti, dunque, a rendere conoscibili a tutti gli interessati i criteri utilizzati per determinare le promozioni e le dismissioni. In tale prospettiva i predetti organi appaiono tenuti a informare che applicheranno automaticamente la graduatoria finale senza applicare gli ulteriori eventuali criteri previsti dalla disposizione al fine di evitare arbitrarie discriminazioni, garantire la trasparenza della decisione e assicurare la parità di accesso arbitrale.
Nel caso di specie, invero, è venuta meno la necessaria predeterminazione dei criteri, essendo stato rimesso alla libera determinazione dell’Organo tecnico di valutare ex post se applicare o meno gli ulteriori eventuali criteri ai fini della determinazione della graduatoria, in evidente violazione con i principi di trasparenza e imparzialità.
Tra l’altro l’omessa predeterminazione dei criteri a inizio stagione non viola soltanto i principi di trasparenza e di imparzialità, ma lede inesorabilmente anche la par condicio degli arbitri, in quanto questi ultimi non sapendo i criteri sulla base dei quali saranno valutati non possono concorrere correttamente.
Né appaiono condivisibili le deduzioni dell’A.I.A. secondo le quali non vi sarebbe stata alcuna necessità di predeterminare a inizio stagione i parametri, in quanto il riferimento agli “eventuali altri criteri” e all’esclusione dell’automatica applicazione della graduatoria finale sarebbe finalizzato soltanto a evitare la violazione di altre norme regolamentari.
Il riferimento agli “eventuali altri criteri” non appare riferibile all’applicazione di altre norme regolamentari.
Da un lato, infatti, l’applicazione di norme regolamentari non può essere eventuale. Da un altro lato l’art. 6, comma 10, si riferisce a criteri e non a norme o a divieti.
Inoltre, è lo stesso art. 6, comma 10, a presupporre l’esistenza di ulteriori criteri, escludendo l’automatismo della graduatoria finale, e, soprattutto, a qualificare la predetta graduatoria come meramente indicativa. Qualora si trattasse di norme regolamentari, infatti, la graduatoria finale non sarebbe meramente indicativa e la sua applicazione automatica.
In ultimo, non si può fare a meno di evidenziare che anche la censura relativa alle modalità di formazione degli Organi tecnici non appare destituita di ogni fondamento, in quanto le procedure di nomina non sembrano garantire adeguatamente i principi di trasparenza, imparzialità, indipendenza e terzietà degli organi deputati ad assicurare la parità di accesso arbitrale di cui all’art. 1, comma 2, del Regolamento A.I.A. e l’indipendenza di giudizio nello svolgimento delle funzioni arbitrali prescritto dall’art. 33 dello Statuto del C.O.N.I.
Gli Organi tecnici, invero, e nel caso di specie la C.A.I. sono formati da componenti nominati dal Comitato dei delegati (che costituisce un organo essenzialmente politico dell’Associazione composto dal Presidente dell’A.I.A., dal Vice Presidente, dai tre componenti effettivi della lista collegata e dai tre componenti effettivi eletti singolarmente per ciascuna macroregione dall’Assemblea Generale) senza alcun previa verifica dei presupposti dei candidati da parte di una commissione terza e imparziale a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza dei candidati e degli Organi tecnici.
La nomina dei componenti degli organi tecnici appare dettata anche da valutazioni associative e non sembra improntata esclusivamente a garantire la terzietà e l’indipendenza di svolgimento delle delicate funzioni prescritte dalle prefate disposizioni.
Del resto gli stessi requisiti richiesti dal Regolamento A.I.A. per rivestire la carica di componente degli organi tecnici concernono l’appartenenza all’Associazione, la capacità elettorale, la moralità, la mancanza di controversie contro il C.O.N.I., la F.I.G.C. o l’A.I.A. e l’inesistenza di conflitti di interesse di carattere economico.
Nessuno dei requisiti prescritti concerne la qualificazione, la terzietà o l’indipendenza dei componenti degli Organi tecnici.
Sul punto non appaiono neppure convincenti le controdeduzioni delle A.I.A.
Innanzitutto, la cesura non è tardiva, in quanto non concerne l’illegittimità delle nomine bensì l’invalidità dei provvedimenti impugnati in quanto violativi del principio di parità di accesso all’attività arbitrale.
Parimenti in conferente appare il richiamo operato alla normativa dell’U.E.F.A., in quanto la normativa sovranazionale sembra vietare la valutazione da parte di soggetti esterni all’Associazione, mentre il ricorrente ha lamentato la mancanza delle necessarie garanzie di imparzialità, indipendenza e imparzialità dell’Organo tecnico.
Né si può ritenere che tali garanzie di indipendenza e terzietà siano incompatibili con la funzione dell’arbitrale in quanto le decisioni degli arbitri “sono inappellabili” e “devono essere sempre rispettate”. Anzi l’inappellabilità delle decisioni degli arbitri conferma la necessità che lo svolgimento della funzione arbitrale sia conformato alla più elevata indipendenza e imparzialità.
In ultimo, non appare convincente neppure l’affermazione delle difese dell’A.I.A. secondo cui il Comitato dei Garanti svolgerebbe siffatta funzione garantendo l’imparzialità e l’indipendenza dei componenti degli organi tecnici.
Il Comitato dei Garanti, infatti, non verifica il possesso dei predetti requisiti in capo ai candidati all’incarico di componente degli Organi tecnici, bensì si limita a valutare genericamente la correttezza degli associati.
In conclusione il ricorso, assorbiti i motivi non esaminati, è accolto.
P.Q.M.
Si accoglie il ricorso e, per l’effetto, si annullano i provvedimenti impugnati nella parte in cui hanno comportato la mancata promozione del dott. Giovanni Greco e la conseguente dismissione per limite di permanenza in ruolo.
Si dispone la restituzione della tassa versata.
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