Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezioni Unite: Decisione n. 118 del 23/12/2021

Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d’Appello della FIGC n. 065/2020-2021 del 4 gennaio 2021, depositata, con motivazioni, in data 12 gennaio 2021 e comunicata alle suddette ricorrenti in pari data con la quale sono stati respinto i reclami (riuniti) proposti dai predetti sodalizi avverso la pronuncia del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - n. 52/TFN-SD 2020/2021 del 1- 4 dicembre 2020 che ne ha dichiarato l’inammissibilità per difetto di legittimazione attiva delle società ricorrenti e, comunque, li ha rigettati nel merito. I ricorsi avevano ad oggetto l’impugnazione della delibera dell’Assemblea del 2 ottobre 2020, la Lega Italiana Calcio Professionistico (di seguito “Lega Pro”) che ha approvato la proposta di modifica del “Regolamento Minutaggio Giovani Stagione Sportiva 2020/2021”, adottato con C.U. n. 329/L del 24 luglio 2020 il quale, all’art. 4.2., così statuiva: “Gli importi che verranno destinati all’impiego dei giovani calciatori, tesserati con status 04 e 09, saranno distribuiti tra tutte le società sportive, indipendentemente dal girone in cui sono rispettivamente inserite…”.

Impugnazione Istanza: U.C. Albinoleffe s.r.l. e altre/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Italiana Calcio Professionisti/Carpi F.C. 1909 s.r.l. e altre

Massima: Il Collegio di Garanzia respinge il ricorso proprosto dale società avverso la decisione della CFA che a sua avolta aveva rigettato i singoli ricorso avverso la decisione del TFN che li aveva dichiarati inammisssbili e rigettati nel merito perchè tendenti all’nnullamento della delibera dell’Assemblea del 2 ottobre 2020, la Lega Italiana Calcio Professionistico (di seguito “Lega Pro”) che ha approvato la proposta di modifica del “Regolamento Minutaggio Giovani Stagione Sportiva 2020/2021”, adottato con C.U. n. 329/L del 24 luglio 2020 il quale, all’art. 4.2., così statuiva: “Gli importi che verranno destinati all’impiego dei giovani calciatori, tesserati con status 04 e 09, saranno distribuiti tra tutte le società sportive, indipendentemente dal girone in cui sono rispettivamente inserite…”.….Con la L. n. 106/2007 veniva conferita al Governo delega “per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati e dei tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive organizzate a livello nazionale”, ciò “…allo scopo di garantire l’e uili rio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive”. L’art. 1, comma 2, lettera h), prevedeva, a tal proposito, la “destina ione di una uota delle risorse economiche e finan iarie derivanti dalla commercializzazione in firma centralizzata dei diritti di cui al comma I a fini di mutualità generale del sistema”. Lo stesso art. 1, al comma 3, lettera i), ha previsto come il legislatore delegato dovesse rispettare il criterio della “ripartizione delle risorse economiche e finanziarie assicurate dal mercato dei diritti di cui al comma 1, prioritariamente attraverso regole che possono essere determinate dal soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva, in modo da garantire l'attribuzione, in parti uguali, a tutte le società partecipanti a ciascuna competizione di una quota prevalente di tali risorse, nonché l'attribuzione delle restanti quote al soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva, il quale provvede a redistribuirle tra le società partecipanti alla competizione stessa tenendo conto anche del bacino di utenza e dei risultati sportivi conseguiti da ciascuna di esse, ferma restando la destinazione di una quota delle risorse al fine di valorizzare e incentivare le categorie professionistiche inferiori e, secondo le indicazioni di cui alla lettera l), a fini di mutualità generale del sistema”; nonché il criterio di “disciplina dei criteri di applicazione della quota di mutualità generale del sistema di cui alla lettera i), determinati, anche attraverso piani pluriennali e la costituzione di persone giuridiche senza scopo di lucro, dal soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva d'intesa con la federazione competente, allo scopo di sviluppare i settori giovanili, di valorizzare e incentivare le categorie dilettantistiche e di sostenere gli investimenti ai fini della sicurezza, anche infrastrutturale, degli impianti sportivi…” (art. 1, comma 3, lett. L). Tali principi e criteri confluivano nel D.lgs. 9 gennaio 2008, n. 9 (cosiddetto “Decreto elandri”), recante la “Disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi e relativa ripartizione delle risorse”, che reca, nei suoi principi, “la trasparenza e l'efficienza del mercato dei diritti audiovisivi degli eventi sportivi di campionati, coppe e tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive, organizzati a livello nazionale, ed a disciplinare la ripartizione delle risorse economiche e finanziarie assicurate dalla commercializzazione in forma centralizzata di tali diritti, in modo da garantire l'equilibrio competitivo fra i soggetti partecipanti alle competizioni e da destinare una quota di tale risorse a fini di mutualità”. In tema di mutualità generale si prevedeva, dunque, per quanto in questa sede di interesse, attese le ripercussioni sulle categorie inferiori come la Lega Pro, che “l'organizzatore delle competizioni destina una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione dei diritti di cui all'articolo 3, comma 1 allo sviluppo dei settori giovanili delle società professionistiche, al sostegno degli investimenti per la sicurezza, anche infrastrutturale, degli impianti sportivi, e al finanziamento di almeno due progetti per anno finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche. La quota di cui al comma 1 non può essere inferiore al quattro per cento delle risorse complessive derivanti dalla commercializzazione dei diritti di cui all'articolo 3, comma 1” (art. 22). Successivamente, il D.L. n. 193/2016, convertito con L. 225/2016, ha modificato la formulazione degli artt. 21 e 22 (mutualità generale) del D. Lgs. n. 9/2008. Nella novellata formulazione dell’art. 22, comma 1, il legislatore ha integrato il concetto di mutualità generale: ì) individuando nel 10% la quota di tale mutualità; ìì) precisando che, tra le specifiche finalità della previsione di una mutualità generale, rientrano la formazione e l’utilizzo dei calciatori convocabili per le squadre nazionali giovanili italiane maschili e femminili; ììì) destinando la suddetta quota alla F.I.G.C., alla quale è stato affidato il compito di determinare i criteri e le modalità di erogazione; iv) prevedendo che tali fondi siano destinati: nella misura del 6 per cento, alla Lega di Serie B; nella misura del 2 per cento, alla Lega Pro; nella misura dell’1 per cento, alla Lega Nazionale Dilettanti; nella misura dell’1 per cento, alla F.I.G.C. II.I La FIGC, dunque, con delibera n. 3/CF del 30 ottobre 2018, con lo scopo di determinare i criteri e le modalità di erogazione del fondo messo a disposizione della Lega Serie A in virtù del predetto art. 22, approvava il Regolamento per l’erogazione e rendicontazione certificata della mutualità generale destinata alla Lega di Serie B, alla Lega Pro ed alla Lega Nazionale Dilettanti. La versione ad oggi vigente del Regolamento – modificato con delibera 24/CF del 18 dicembre 2018 – prevede che “Le somme ricevute dalle Leghe sono utilizzate in proprio o distribuite alle rispettive associate, secondo le modalità previste dagli accordi interni alle Leghe stesse”. Con specifico riferimento alla Lega Pro, veniva pubblicato, con C.U. n. 329/L del 24 luglio 2020, il Regolamento per stagione sportiva 2020/2021 il quale, all’art. 4.2, prevedeva che “Gli importi che verranno destinati all'impiego dei giovani calciatori, tesserati con status 04 e 09, saranno distribuiti tra tutte le società sportive, indipendentemente dal girone in cui sono rispettivamente inserite, secondo il seguente criterio …”. Il 2 ottobre, con C.U. n. 51/L – oggetto di censura in questa sede – la Lega Pro, come detto, modificava siffatta ultima previsione: “Gli importi che verranno destinati all'impiego dei giovani calciatori, tesserati con status 04 e 09, saranno distribuiti tra tutte le società sportive, previa suddivisione in uguale misura tra i tre gironi, secondo il seguente criterio …”. III. Fermo l’interesse ad impugnare da parte delle ricorrenti, le quali hanno in ogni caso prospettato l’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento di un giudice (cfr., Collegio di Garanzia, Sez. I, decisione n. 37/2019), questo Collegio rileva che i motivi di diritto da queste proposti si sostanzino in due rilievi ben definiti: i) l’illegittimità della delibera assembleare con riferimento alle modalità di convocazione della stessa; ii) l’illegittimità della delibera per quanto effettivamente deliberato. III.I Con riferimento al primo motivo, nonostante il mancato rispetto del citato termine dilatorio tra convocazione e svolgimento dell’Assemblea previsto dallo Statuto, questo Collegio non può che rilevare come la normativa riferibile alle modalità di svolgimento dei consessi in ambito sportivo (siano esse consigli federali o assemblee) debba essere valutata anche in correlazione alle norme dell’ordinamento statale (cfr., Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisioni nn. 42/2017 e 74/2017). In tale contesto, quindi, soccorrono i principi sottesi alla disciplina dell’art. 2379 bis c.c., a mente del quale l’impugnazione della deliberazione invalida per mancata convocazione non può essere esercitata da chi anche successivamente abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento dell'assemblea. Così ragionando, può affermarsi la nullità delle deliberazioni assembleari solo nell’ipotesi in cui il vizio di procedimento sia macroscopico e impedisca ai partecipanti di essere informati con un minimo di precisione e credibilità circa lo svolgimento dell’assemblea. In ambito sportivo, come in quello statuale, dunque, le regole poste alla base del procedimento assembleare tutelano l’interesse generale degli “associati” ad essere informati sull’opportunità o meno di intervenire in assemblea, ma la loro violazione non giustifica la caducazione della delibera assembleare quando non vi sia stato nessun pregiudizio dell'interesse protetto. Nel caso di cui si discorre, tutte le società ricorrenti, come emerso dagli atti, hanno affrontato l’esame e il confronto in sede assembleare, partecipando attivamente alla dialettica collegiale, prendendo posizione nel merito. Invero, è acclarato dal verbale dell’assemblea del 2 ottobre 2020, versata in atti, che in sede assembleare le ricorrenti non hanno mai manifestato l’impossibilità di partecipare all’Assemblea con la necessaria preparazione ed informazione in ordine al punto oggetto di discussione, né hanno dichiarato di astenersi dalla votazione in conseguenza della tardività dell’integrazione dell’ordine del giorno. Solo qualora un delegato societario avesse eccepito in assemblea la non ritualità dell’integrazione dell’o.d.g. ovvero la non disponibilità ad affrontare una votazione in tema, il Presidente dell’Assemblea stessa avrebbe dovuto differire la trattazione dello stesso ad altra seduta. I delegati assembleari delle società ricorrenti, quindi, non hanno subito alcun pregiudizio nel ritardo di convocazione ed hanno partecipato all’assemblea con cognizione piena e consapevole delle questioni oggetto di esame. In definitiva, questo Collegio non ritiene sussistente un vizio di procedimento macroscopico che abbia impedito ai partecipanti di essere informati con un minimo di precisione e credibilità circa lo svolgimento dell’assemblea. III.II Con riferimento al secondo motivo, la ricostruzione normativa sopra operata chiarisce come i criteri di assegnazione e di distribuzione dei proventi siano riservate a “modalità previste dagli accordi interni alle Leghe” (art. 7 del Regolamento cit.,) in virtù di quanto previsto dal citato Decreto Legislativo n. 9/2008. La Lega Pro, nello specifico, ha disciplinato le modalità di distribuzione della quota di fondi derivanti dalla mutualità generale riservatale con un Regolamento, basato sui minuti disputati dai propri giovani calciatori nel corso della regolar season. Pertanto, l’art. 22 del Decreto n. 193 del 22 ottobre 2016 determina il limite invalicabile della destinazione delle risorse economiche in esame alle finalità ivi indicate (tra le altre, lo sviluppo dei settori giovanili e l’utilizzo dei calciatori di categoria giovanile); ferme tali destinazioni, è attribuita alla insindacabile autonomia delle singole Leghe la scelta dei criteri e delle modalità di erogazione delle somme tra le società associate. La citata modifica del Regolamento in discorso e, quindi, delle modalità di distribuzione, così come approvata all’assemblea del 2 ottobre 2020, rappresenta l’espressione della volontà dall’Assemblea della Lega Pro assunta, mediante libera e corretta votazione, attraverso i quorum deliberativi previsti dalle norme regolamentari. Ne discende che l’anzidetta deliberazione non risulta affetta da alcuna violazione di legge e costituisce l’espressione del potere discrezionale esercitato dall’assemblea quale organo sovrano della volontà delle compagini ivi rappresentate secondo una libera valutazione. Tale determinazione discrezionale risulta insindacabile in questa sede giurisdizionale, non potendo il Collegio interferire nella valutazione del merito salvo che per ragioni legate alla eventuale (e soprattutto dimostrata), manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza del suo operato (in argomento, Cons. Stato, sez. V^, 30 dicembre 2019, n. 8909 e Id., 26 novembre 2018, n. 6689). Tale sindacato rimane, pertanto, limitato ai soli casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti, oppure valutazioni abnormi. Nel caso in esame, la delibera di Assemblea di Lega ha stabilito modalità di riparto differenti, pur sempre in base ai dati sull’utilizzo di giocatori di categoria giovanile. Più in dettaglio, mentre il precedente criterio prevedeva la distribuzione dell’intera dotazione finanziaria disponibile tra tutte le società esclusivamente in funzione dei minuti giocati da calciatori di categorie giovanili, con le modifiche approvate si è preventivamente deciso di suddividere le risorse totali in quote uguali tra i tre gironi in cui è articolato il Campionato di Serie C. E’ assolutamente condivisibile e immune da vizi, allora, la decisione della Corte Federale di Appello impugnata la quale ha affermato che la decisione di ripartire diversamente il fondo di mutualità, dividendo l’ammontare complessivo delle risorse distribuibili in tre panieri di uguale importo complessivo, anziché tra tutte le società, anche se può essere apprezzabile diversamente in punto di merito in base alle strategie e convenienze di ogni singola società, non risulta in questo senso affetta da illegittimità.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE:  DECISIONE N. 065 CFA del 12 Gennaio 2021

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale federale nazionale n. 52/TFN-SD 2020/2021 in data 1.12.2020, depositata in data 4.12.2020;

Impugnazione – istanza: Albinoleffe-LICP e altri)

Massima: Confermata la decisione del TFN che ha dichiarato inammissibili, per difetto di legittimazione, i ricorsi proposti dalle società avverso la delibera dell’Assemblea della Lega Italiana Calcio Professionistico in data 2.10.2020, con la quale è stata approvata una modifica al Regolamento Minutaggio Giovani Stagione 2020/2021, in conseguenza della quale le società sportive ricorrenti hanno lamentato la illegittimità della predetta delibera per vizi nell’iter di convocazione, lesione dei principi di mutualità, oltre alla asserita violazione del carattere di unicità ed inscindibilità del campionato di serie C nonché dell’equilibrio dello stesso, così paventando violazione dell’art. 49, comma 1, lett. b) delle NOIF.,,Com’è noto, ai sensi dell’art. 86, comma 1, del CGS vigente è consentito ricorrere agli organi di giustizia sportiva per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea e del Consiglio federale da parte degli organi della Federazione, della Procura federale, dei tesserati o degli affiliati titolari di una situazione giuridicamente protetta dall’ordinamento federale che abbiano subito un pregiudizio diretto ed immediato dalle deliberazioni, tutte le volte in cui si rivelino contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi del CONI, allo Statuto e alle norme federali. Orbene, nel caso di specie, le società ricorrenti, in qualità di società affiliate alla Lega Italiana Calcio Professionistico, assumono la veste di attori a pieno titolo del complesso delle attività compendiate nella organizzazione e nella partecipazione ai campionati sportivi svolti sotto l’egida della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Pertanto, alle stesse società deve riconoscersi una posizione soggettiva giuridicamente protetta, ai fini in esame, non diversa da quella dei soggetti comunque tesserati, espressamente contemplati tra gli organi e i soggetti che, ai sensi dell’art. 86, comma 1, CGS, hanno legittimazione attiva ad adire gli organi di giustizia sportiva per l’annullamento di atti e provvedimenti del tenore della delibera assembleare impugnata, in quanto in grado di incidere su posizioni giuridiche soggettive riconosciute agli stessi in seno all’ordinamento sportivo. Al riguardo va precisato che in disparte deve essere valutata la eventuale sussistenza delle ulteriori condizioni richieste dal quadro normativo di riferimento, che invece attengono al merito del giudizio. Ma certamente ai sensi dell’art. 86, comma 1, CGS non possono ravvisarsi oneri aggiuntivi, comportamenti specifici o adempimenti di sorta in grado di condizionare ulteriormente il tesserato che intenda impugnare la deliberazione dell’organo collegiale citato. E tanto va precisato anche in funzione degli equivoci interpretativi che possono essere alimentati, in proposito, alla luce della formulazione dell’art. 86 CGS citato. Infatti, come è noto, l’art. 86, comma 1, CGS nel fissare le condizioni del ricorso agli organi della giustizia sportiva, delinea una conformazione della legittimazione certamente ampia, nei termini sopra descritti. Non del tutto sovrapponibile, invece, risulta la previsione del comma 2 del medesimo art. 86, ai sensi del quale, come è noto, è consentita l’impugnativa da parte di un componente del Consiglio federale o del Collegio dei revisori dei conti contro le deliberazioni del Consiglio federale contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi fondamentali del CONI, allo Statuto e alle altre norme federali; ma in tale evenienza si richiede, quale condizione necessaria, che lo stesso ricorrente risulti “assente o dissenziente”. A parte ogni valutazione circa la congruenza di tale previsione rispetto alla posizione di un soggetto – come il componente del Collegio dei revisori dei conti - pur legittimato astrattamente alla luce di alcuni dei tratti posti dalla previsione normativa da ultimo citata, ma che ben difficilmente potrebbe risultare assente o dissenziente rispetto alle deliberazioni assunte da un organo (il Consiglio federale) nel quale non concorre ad esprimere la volontà collegiale, emerge in ogni caso la non perfetta sovrapponibilità di quanto previsto nel comma 2 in esame con quanto invece ammesso, in termini ben più generali, ai sensi del comma 1 sopra citato dell’art. 86. Al di là di ogni riflessione sulla opportunità di un più mirato coordinamento anche attraverso una adeguata riformulazione normativa delle disposizioni in esame, la segnalata differenza di perimetro applicativo e scopo delle stesse consente di reputare non pertinente una sorta di sovrapposizione tra le stesse nella valutazione della sussistenza della legittimazione delle società ricorrenti nel presente procedimento. Legittimazione che, invece, come sopra evidenziato, va valutata nei termini ampi ed inclusivi di cui alle previsioni del comma 1 dell’art. 86, senza gli equivoci interpretativi derivanti dalla pretesa di valutarne la sussistenza in forza dei criteri differenti dettati ai sensi del comma 2. Piuttosto, fermo restando che la posizione delle società ricorrenti nel presente procedimento va valutata alla luce dei parametri dettati dal comma 1 dell’art. 86 in esame, il raffronto con quanto stabilito ai sensi del comma 2 del medesimo articolo conforta l’esito sopra illustrato contribuendo a mettere in luce principi generali applicabili al caso di specie. Infatti, se è vero che ai sensi dell’art. 86, comma 2, CGS, nel caso di impugnativa di deliberazioni del Consiglio federale, si richiede (oltre alle altre condizioni indicate) che il ricorrente sia “assente o dissenziente”, ciò non può implicare la necessità che, per l’impugnazione di tutte le delibere adottate da organi collegiali nell’ambito dell’ordinamento sportivo, il ricorrente debba altresì rivestire il ruolo suddetto (e cioè di soggetto “assente o dissenziente”). Basti pensare, infatti – come correttamente affermato dalle difese dei reclamanti – che anche il tesserato, ma non componente dell’organo collegiale interessato, può impugnare ai sensi dell’art. 86, comma 1, CGS la delibera che procuri un pregiudizio immediato e diretto; così come è fuorviante pretendere dal partecipante alla seduta, in funzione del riconoscimento della mera legittimazione, un comportamento ulteriore e del tenore specificato dal Tribunale federale nella decisione impugnata. Piuttosto, una valutazione del comportamento tenuto in occasione della seduta collegiale da parte del ricorrente può rilevare a fini differenti, come evidenziato sub 8.2, ma non per condizionare l’ampia legittimazione attiva al ricorso riconosciuta dall’art. 86, comma 1, CGS. Fermo quanto sopra esposto in termini di legittimazione al ricorso, va rilevato, sempre in via pregiudiziale rispetto all’esame del merito, che nel caso di specie è invece carente l’altra condizione dell’azione prevista dall’art. 86, comma 1, del Codice: l’interesse al ricorso, che si sostanzia nella sussistenza di un “pregiudizio diretto e immediato” derivante dalla deliberazione. Tale interesse al ricorso deriverebbe, nella prospettazione dei reclamanti, dalla diminuzione delle risorse economiche spettanti alle società ricorrenti, in base a quanto rappresentato. In realtà, prima di poter apprezzare la reale esistenza di un effettivo ed irreversibile pregiudizio del tenore segnalato, innanzi tutto dovrebbero osservarsi i dati a Campionato concluso; ovvero, allorché siano state giocate tutte le partite di calendario e, a parità di impiego di calciatori appartenenti a categorie giovanili, si registrasse una riduzione delle risorse distribuite. Ma, nel caso di specie tale scenario non sussiste, in quanto il Campionato è ancora in corso e l’entità di utilizzo dei suddetti calciatori potrebbe ancora variare, così contribuendo a diversamente atteggiare ogni concreto raffronto. In altri termini, manca quella lesione concreta ed attuale (anzi, addirittura “immediata”, come si esprime la disposizione in esame) della sfera giuridica del ricorrente, che sostanzia l’interesse a ricorrere. In ogni caso, pur difettando, allo stato, i requisiti di immediatezza della lesione paventata dai reclamanti, per evitare che tale esito possa delinearsi effettivamente allorché saranno definitivi i dati sull’utilizzo dei calciatori di categoria giovanile, potrebbe risultare opportuno che gli organi competenti (in questo caso, l’Assemblea di Lega) valutino l’eventualità di adottare ogni più adeguata soluzione per sterilizzare sul nascere questo pericolo, anche tenuto conto dell’avvenuta modifica dei criteri a campionato già iniziato. Così, a puro titolo esemplificativo, potrebbe valutarsi l’opportunità di applicazione del nuovo regime di distribuzione delle risorse secondo una cadenza temporale, o con altre modalità attuative, meglio in grado di contemperare anche le aspettative delle società che possano aver fatto affidamento su una diversa conformazione dei criteri di distribuzione delle risorse in esame anche per la stagione 2020-2021, così improntando anche la relativa programmazione della suddetta stagione, ove mai l’esito della stessa – in termini di risorse distribuite per il titolo in esame – risulti definitivamente disallineato rispetto alle suddette aspettative. Quanto sopra precisato assume carattere pregiudiziale ed assorbente rispetto ad ogni altra valutazione, dovendosi, pertanto, rilevare la inammissibilità dei ricorsi spiegati in primo grado per i profili indicati e le ragioni evidenziate.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 52/TFN del 04.12.2020

Impugnazione - Istanza: Ricorsi ex artt. 30 e 31 CGS – CONI, in relazione agli artt. 47, 49, 79, 80 e 86 CGS – FIGC delle società UC Albinoleffe Srl + altre - Reg. Prot. nn. 35>51/TFN-SD)

Massima: Per difetto di legittimazione all’impugnativa delle società ricorrenti sono inammissibili i ricorsi ex artt. 30 e 31 CGS – CONI, in relazione agli artt. 47, 49, 79, 80 e 86 CGS – FIGC proposti dalle società aventi ad oggetto la richiesta di annullamento e/o di riforma della delibera dell’Assemblea della Lega Italiana Calcio Professionistico del 2 ottobre 2020, , pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 51/L di pari data, con la quale è stata approvata la modifica al “Regolamento Minutaggio Giovani Stagione Sportiva 2020/2021”, adottato con C.U. Lega Pro n. 329/L del 24 Luglio 2020, e ciò nella parte del punto 4.2, ove si è sostituita l’espressione “indipendentemente dal girone in cui sono rispettivamente inserite” con l’espressione “previa suddivisione in ugual misura tra i tre gironi”…Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 17, comma 2 dello Statuto della Lega Pro “contro la validità delle Assemblee della Lega Pro e delle deliberazioni da questa adottate, può essere proposto ricorso ai sensi dell’art. 43-bis del Codice di Giustizia Sportiva”. Trattandosi, tuttavia, del codice previgente, tale disposizione, rubricata “procedimento per l’impugnazione delle delibere federali”, risulta essere stata abrogata dall’art. 141 del CGS della FIGC (“il presente Codice sostituisce il Codice di giustizia sportiva della FIGC di cui al Decreto del Commissario ad acta del 30 luglio 2014, approvato con deliberazione del Presidente del CONI n. 112/52 del 31 luglio 2014 e successive modificazioni”). Tale disciplina, tuttavia, è confluita nel vigente Codice e, in particolare, nell’art. 86, rubricato “ricorso per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea e del Consiglio federale”, in cui si prevede, al comma 1, che “gli organi della Federazione, della Procura federale e i tesserati o affiliati titolari di una situazione giuridicamente protetta dall’ordinamento federale che abbiano subìto un pregiudizio diretto e immediato dalle deliberazioni, possono proporre ricorso per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi del CONI, allo Statuto e alle norme federali”. Si tratta, pertanto, di verificare se il presupposto di legittimazione attiva, delineato dalla novellata disposizione, sia, o meno, riconoscibile alle società ricorrenti. Il Collegio ritiene che a tale interrogativo debba darsi risposta negativa, e ciò alla luce delle evidenze emerse nel corso dell’Assemblea del 2 ottobre 2020. In particolare, soltanto alcune delle ricorrenti (tra le quali l’US Pergolettese 1932 Srl, la Lucchese 1905 Srl e la FC Pro Vercelli 1892 Srl) hanno osservato che la c.d. “Legge Melandri”, ossia il d.lgs. n. 9/2008, avrebbe istituito una modalità di distribuzione delle risorse finanziarie basato su un criterio di premialità per le società che fanno giocare i calciatori giovani, e che, invece, la suddivisione degli emolumenti, oggetto della modifica regolamentare, finirebbe per azzerare l’unicità della Lega Pro e ostacolare, appunto, la valorizzazione dei predetti atleti. Argomentazioni che sono state, nella sostanza, ribadite anche in sede di replica alle eccezioni preliminari. Ad avviso del Collegio, tuttavia, tali argomentazioni, per genericità e insufficienza, non rispettano il preciso perimetro di ammissibilità dell’impugnazione. L’art.  86,  comma  1  CGS,  infatti,  richiede  ai  fini  della  configurazione  del  presupposto  processuale  che  fonda  la legittimazione a ricorrere che le deliberazioni dell’Assemblea risultino “contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi del CONI, allo Statuto e alle norme federali”. Il che equivale ad affermare che l’ammissibilità del ricorso è esclusivamente subordinata all’accertamento (dunque, a monte, alla deduzione da far valere in Assemblea, prima che in giudizio) di puntuali violazioni di legge, di statuto o di altre norme federali. Di conseguenza, le mere rimostranze circa una presunta disparità di trattamento, manifestate in modo ellittico (e nel merito infondato, come si dirà appresso), vale a dire con accenti di sostanziale critica politica, come anche – non secondariamente – l’aver votato contro la proposta successivamente approvata, non sono prodromi sufficienti a sostanziare il connotato minimo richiesto dalla disposizione legittimante l’impugnazione. Diversamente opinando, ove cioè si ancorasse la legittimazione ad impugnare le deliberazioni assembleari alla manifestazione di un vago dissenso nel corso delle relative riunioni, o alla contrarietà trasfusa nel conclusivo voto contrario, si finirebbe per attribuire alle società iscritte alla Lega Pro un’impropria – ed amministrativamente inopportuna - facoltà di contestare in giudizio qualsiasi determinazione per il sol fatto di aver espresso il proprio disaccordo. In più diretti termini, ammettere che le società iscritte alla Lega Pro possano impugnare le deliberazioni dell’Assemblea per il sol fatto di essersi dichiarate in disaccordo significherebbe trasporre e procrastinare nelle sedi della giustizia sportiva le vicende relative ad ogni votazione in esito alla quale tali società si siano trovate in minoranza, così finendo per gravare gli stessi organi giurisdizionali di decisioni che, invece, nell’ambito di una naturale dialettica democratica, competono all’organo collegiale (fatto salvo, come si è detto innanzi, il caso di violazioni di legge, statuto e altre norme federali, che fondano il riconoscimento della prerogativa regolata dall’art. 86 CGS).Da questo punto di vista la posizione delle ricorrenti evidenzia palesi elementi di debolezza: nel verbale allegato in atti non è stata dedotta alcuna violazione, né, tantomeno, vi è traccia di una chiara e non equivoca volontà di riservarsi l’impugnazione della deliberazione assunta dall’Assemblea del 2 ottobre 2020, ciò deponendo per la mancanza delle condizioni dell’azione in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza secondo cui il dissenso dell’impugnante rispetto alla deliberazione deve essere provato ed incombe sullo stesso l’onere della relativa prova (cfr. Corte di Cassazione, 5 settembre 1969, n. 3060; Id., 16 aprile 1973, n. 1079: pronunce richiamate da Id., 9 maggio 2017, n. 11375). Ne deriva che la legittimazione attiva invocata dalle ricorrenti, nel primo motivo, con richiamo all’art. 49 CGS (rubricato “ricorsi e reclami”, secondo cui “sono legittimati a proporre ricorso innanzi agli organi di giustizia di primo grado e reclamo innanzi agli organi di giustizia di secondo grado, le società e i soggetti che abbiano interesse diretto al ricorso o al reclamo”) non supera il vaglio sotteso al peculiare presupposto previsto dal successivo art. 86 per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea. A ciò si aggiunga che la sostanziale differenza fra la disposizione di cui al comma 1 dell’art. 86 CGS e quella, invece, di cui al comma 2 induce il Collegio a ritenere che, contrariamente a quanto previsto per le decisioni del Consiglio Federale, il semplice voto dissenziente non rappresenta un presupposto sufficiente per impugnare le delibere assembleari, non potendo, cioè, tale rimedio ritenersi idoneo a comporre controversie fra componenti di uno stesso organo (quanto, piuttosto, a risolvere controversie intersoggettive), se non nei limiti in cui la determinazione contestata incida sui diritti spettanti al componente relativamente alla posizione rivestita all’interno dell’organo collegiale: profilo di violazione che, nella specie, non è stato in alcun modo dedotto.

Massima: Ancorché inammissibile per difetto di legittimazione a ricorrere sono infondati nel merito i ricorsi ex artt. 30 e 31 CGS – CONI, in relazione agli artt. 47, 49, 79, 80 e 86 CGS – FIGC proposti dalle società aventi ad oggetto la richiesta di annullamento e/o di riforma della delibera dell’Assemblea della Lega Italiana Calcio Professionistico del 2 ottobre 2020, , pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 51/L di pari data, con la quale è stata approvata la modifica al “Regolamento Minutaggio Giovani Stagione Sportiva 2020/2021”, adottato con C.U. Lega Pro n. 329/L del 24 Luglio 2020, e ciò nella parte del punto 4.2, ove si è sostituita l’espressione “indipendentemente dal girone in cui sono rispettivamente inserite” con l’espressione “previa suddivisione in ugual misura tra i tre gironi”…L’art. 13, comma 4 dello Statuto della Lega Pro prevede che “nell'ordine del giorno dell'Assemblea possono essere inseriti, dopo l'avvenuta convocazione, altri argomenti a seguito di motivata richiesta presentata almeno cinque giorni prima di quello fissato per l'Assemblea da società che rappresentino almeno un quinto delle società aventi diritto di voto. I nuovi argomenti in tal modo posti all’ordine del giorno sono resi noti alle società, almeno tre giorni prima della data dell’Assemblea con le stesse modalità previste per la convocazione”. Nella specie, alla previsione relativa al rispetto del termine di tre giorni – oggetto di contestazione – non è associata alcuna comminatoria di invalidità/illegittimità delle deliberazioni che vengano eventualmente adottate dall’assemblea. Del resto, la disciplina relativa alla “validità dell’Assemblea e votazioni”, con riferimento ai “quorum costitutivi”, dunque a profili potenzialmente vizianti le conseguenti deliberazioni, è regolata dal successivo art. 14; e la disciplina relativa ai “quorum deliberativi”, altro profilo giuridicamente sostanziale ai fini della validità degli atti in questione, è regolata dall’art. 15. Pertanto, al termine di tre giorni, privo di conseguenze sanzionatorie in caso di violazione, dev’essere riconosciuta natura (soltanto) ordinatoria, in linea con la giurisprudenza, civile e amministrativa, secondo cui “la natura perentoria di un termine fissato per l’esercizio di un diritto, non espressamente prevista dalla legge, può desumersi anche in via interpretativa, purché la legge stessa autorizzi tale interpretazione, comminando, sia pure implicitamente, ma in modo univoco, la perdita del diritto in caso di mancata osservanza del termine di cui si tratta” (Corte di Cassazione, 7 giugno 2018, n. 14840; Consiglio di Stato, sez. IV, 12 ottobre 2018, n. 5878). A fortiori va, inoltre, rilevato che nessuno dei diciassette delegati delle società sportive ricorrenti ha dedotto il mancato rispetto del termine di cui all’art. 13, comma 4, dello Statuto, né ha manifestato l’impossibilità di partecipare all’Assemblea con la necessaria preparazione ed informazione in ordine al punto oggetto di discussione, né  ha dichiarato di astenersi dalla votazione in conseguenza dell’asserita tardività dell’integrazione dell’ordine del giorno; anzi, addirittura ben sette delegati delle società ricorrenti (US Pergolettese 1932 Srl, US Grosseto 1912 Srl, Lucchese 1905 Srl, Carrarese Calcio 1908 Srl, US Pistoiese 1921 Srl, FC Pro Vercelli 1892 Srl, Calcio Lecco 1912  Srl) hanno ampiamente espresso in assemblea il proprio parere e, comunque, tutti i delegati delle diciassette società ricorrenti hanno preso parte alla votazione ed hanno esercitato democraticamente il diritto di voto che ha condotto all’approvazione della modifica regolamentate con 36/55 delegati favorevoli e 19/55 delegati contrari. Senza contare, da ultimo, che la giurisprudenza ha statuito che addirittura l’omessa indicazione di un argomento (ma nella specie si è trattato di una mera integrazione) all’ordine del giorno, che sia stato poi oggetto di deliberazione, non può essere fatta valere dal dissenziente che non abbia eccepito l’irregolarità della convocazione dell’assemblea (cfr. Corte di Cassazione, 24 agosto 1998, n. 8344; id., 23 novembre 2016, n. 23903).  Parimenti infondati sono il terzo e quarto motivo, che per affinità tematica possono essere esaminati congiuntamente, con cui le società ricorrenti hanno contestato i presupposti fondativi dell’impugnata modifica sull’assunto che sarebbero stati violati i principi esplicitati dalla legge n. 106/2007 e dal d.lgs. n. 9/2008, oltre che la messa a repentaglio dell’unicità del campionato di Lega Pro. La legge delega del 2007 si è prefissa lo scopo “di garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive e di realizzare un sistema efficace e coerente di misure idonee a stabilire e a  garantire la trasparenza e l'efficienza del mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede  radiotelevisiva  e su  altre  reti  di  comunicazione  elettronica,  degli  eventi  sportivi  dei  campionati  e  dei  tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive organizzate a livello nazionale” (art. 1, comma 1). L’esercizio del potere delegato è informato ad alcuni principi, tra i quali, per quanto più interessa il presente giudizio, “la destinazione  di  una  quota  delle  risorse  economiche  e  finanziarie  derivanti  dalla  commercializzazione  in  forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 a fini di mutualità generale del sistema” (art. 1, comma 2, lett. h)…Proprio l’esigenza di una “ripartizione equa” tra tutti i soggetti partecipanti alle competizioni sportive, ossia alle società di Lega Pro, ha costituito la premessa critica che ha indotto a valutare la modifica oggetto del contendere: assunto di cui si ha contezza esaminando il parere legale commissionato dal presidente della Lega Pro, nel quale, infatti, si è dato espressamente atto che in data 29 settembre 2020 è pervenuta una richiesta di ventuno società per ottenere l’integrazione dell’ordine del giorno dell’Assemblea relativamente al regolamento sul minutaggio. Tale proposta di modifica – si legge ancora nel predetto parere – “nasce dal rilievo per cui, analizzando la distribuzione delle risorse nelle recenti stagioni sportive, risulterebbe un evidente sbilanciamento a favore del girone A, le cui società sarebbero destinatarie di una parte largamente maggioritaria dei contributi totali erogati per fini mutualistici”. Sulla base di tale, oggettiva ed empirica, evidenza la modifica contestata risulta, ad avviso del Collegio, legittima ed immune da irragionevolezza, essendosi reputato equo stabilire, in partenza, una “suddivisione in ugual misura tra i tre gironi” delle risorse finanziarie disponibili, sostanzialmente ponendo in essere un preventivo intervento di solidarietà e di vero e proprio soccorso economico che consenta di distribuire il fondo di mutualità (attualmente ammontante al 2% per la Lega Pro) a tutte le società nell’ottica di favorire – sull’intero territorio nazionale, rimuovendo una situazione cristallizzatasi in modo anomalo soltanto nel nord Italia e a vantaggio, segnatamente, delle società del girone A – lo “sviluppo dei settori giovanili delle società, per la formazione e per l'utilizzo di calciatori convocabili per le squadre nazionali”, vale a dire null’altro che l’obiettivo previsto dall’art. 22 della legge n. 193/2016. La Lega, inoltre, pur potendo optare per l’utilizzo in proprio o la distribuzione alle rispettive associate della quota del fondo di mutualità, è, nondimeno, direttamente interessata a non erogare affatto tali emolumenti in modo scriteriato, tenuto conto che il regolamento sull’erogazione del predetto fondo prevede che “l’eventuale quota del Fondo di Mutualità che dovesse residuare alla fine di una stagione sportiva (sia perché non distribuibile, sia perché non rendicontata ai sensi del presente Regolamento) resterà depositata presso FIGC ma di competenza della Lega e resa disponibile a quest'ultima, unitamente alla quota del Fondo di Mutualità che sarà destinata alla Lega nella stagione sportiva successiva per la copertura dei costi nella stessa sostenuti” (cfr. art. 8). Né, tantomeno, si prefigura l’incertezza e l’aleatorietà paventate dalle società ricorrenti, dal momento che il punto 4.2 del regolamento impugnato ha lasciato impregiudicato il criterio di erogazione (cfr. da lettera “a” alla lettera “i”). Pertanto, per effetto della visione solidaristica sopra delineata, caposaldo della disciplina amministrativa in tema di ripartizione della mutualità generale, si è, in effetti, assicurato l’approntamento di condizioni – preventive, non consuntive di reale equità: il che garantisce pienamente il principio di unicità del campionato di cui all’art. 49 delle NOIF.

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