F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 023 CFA DEL 20/08/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. 015 SEZ. UNITE DEL 9 AGOSTO 2018 RICORSO DEL CALC. CALAIO’ EMANUELE (ALL’EPOCA DEI FATTI TESSERATO PER LA SOCIETÀ PARMA CALCIO 1913 SRL) AVVERSO LE SANZIONI: -SQUALIFICA DI ANNI 2; -AMMENDA DI € 20.000,00; INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 169/1349 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 5.7.2018 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 9/TFN del 23.7.2018) RICORSO DELLA SOCIETA’ PARMA CALCIO 1913 SRL AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 5 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA S.S. 2018/19 INFLITTA ALLA RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 7, COMMA 2 E 4, COMMA 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 169/1349 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 5.7.2018 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 9/TFN del 23.7.2018) RICORSO DELLA SOCIETA’ US CITTA’ DI PALERMO SPA AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLA SANZIONE INFLITTA ALLA SOCIETÀ PARMA CALCIO 1913 SRL SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 169/1349 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 5.7.2018 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 9/TFN del 23.7.2018)

RICORSO DEL CALC. CALAIO’ EMANUELE (ALL’EPOCA DEI FATTI TESSERATO PER LA SOCIETÀ PARMA CALCIO 1913 SRL) AVVERSO LE SANZIONI: -SQUALIFICA DI ANNI 2; -AMMENDA DI € 20.000,00; INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE –  NOTA N. 169/1349  PF 17-18 GP/GT/AG DEL  5.7.2018  (Delibera  del  Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 9/TFN del 23.7.2018)

 

RICORSO DELLA SOCIETA’ PARMA CALCIO 1913 SRL AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 5 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA S.S. 2018/19 INFLITTA ALLA RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 7, COMMA 2 E 4, COMMA 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 169/1349 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 5.7.2018 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 9/TFN del 23.7.2018)

 

RICORSO DELLA SOCIETA’ US CITTA’ DI PALERMO SPA AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLA SANZIONE INFLITTA ALLA SOCIETÀ PARMA CALCIO 1913 SRL SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 169/1349 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 5.7.2018 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 9/TFN del 23.7.2018)

 

1.- Con atto 169/1349PF17-18//GP/GT/og del 5 luglio 2018, la Procura Federale deferiva nanti il Tribunale Federale - Sezione Disciplinare (testualmente):

1) CALAIO’ Emanuele, calciatore tesserato per la società Parma Calcio 1913 srl, “per rispondere della violazione dell’art.7, commi 1 e 2, del C.G.S., per avere, prima della gara SPEZIA/PARMA del 18/05/2018, valevole per il Campionato Professionistico di Serie B 2017/2018, posto in essere atti diretti ad alterare il regolare svolgimento e il risultato finale della gara suddetta, tentando di ottenere un minor impegno agonistico da parte dei calciatori della Spezia Calcio, Signori Filippo De Col e Claudio Terzi, per assicurare alla propria squadra un risultato favorevole all’incontro in questione, e, in particolare, inviando a tal fine a Filippo De Col in data 14/05/2018, a mezzo dell’ applicazione di messaggistica WhatsApp, i seguenti messaggi: ^Ei pippein non rompete il cazzein venerdì mi raccomando amico mio –tre faccette-^Dillo anche a claudiein^ :^soprattutto col rapporto che avete con me^”

2) la SOCIETA’ PARMA CALCIO 1913 S.R.L. “per rispondere a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi degli artt 7, comma 2, e 4, comma 2, del CGS, per il comportamento posto in essere dal proprio tesserato Calaiò”.

2.- Nella riunione del 17 luglio 2018 il Tribunale adito, preso atto della richiesta di intervento nel procedimento, formulato ex art. 41, comma 7 del CGS, dalle società US CITTA’ DI PALERMO S.p.A. e VENEZIA FC S.r.l., che sostenevano di essere portatrici di un interesse di classifica per la vicenda in tema e sentite le altre Parti, che si opponevano all’intervento della seconda società, con ordinanza pronunciata in pari data, così provvedeva testualmente: “Il Tribunale Federale Nazionale, …ritiene ammissibile l’intervento della Società US Citta di Palermo SpA, in quanto portatrice di interesse diretto in relazione alla posizione in classifica acquisita al termine della s.s. 2017-18, nonché finalista nel girone dei play-off 2017-18; ritiene invece inammissibile l’istanza di intervento della Società FC Venezia, in coerenza di un interesse anche indiretto, riguardo al procedimento in corso, poiché fonda il proprio intervento su un ipotetico e instaurando procedimento relativo alla posizione della Società US Citta di Palermo S.p.A., il cui stato, secondo quanto riferisce la Procura Federale, è in fase meramente istruttoria.”. Sulla base di questa motivazione, era ammesso l’intervento della società US Città di Palermo S.p.A. e respinto quello della FC Venezia.

3.- Il procedimento proseguiva sicché, uditi la Procura Federale e i difensori delle Parti, incartate le dichiarazioni dei deferiti e chiuso il dibattimento, con decisione pubblicata il successivo 23 luglio nel N.9/TFN –Sezione Disciplinare 2018/2019 il Tribunale accoglieva il deferimento e comminava, a Calaio’, la squalifica di anni due e l’ammenda di Euro ventimila; alla Società Parma Calcio 1913 Srl, la penalizzazione di punti cinque in classifica, da scontarsi nel Campionato 2018/2019.

4.- Avverso questa decisione hanno proposto gravame: i) CALAIO’ Emanuele, depositando i motivi con atto del 30.07.2018; ii) PARMA CALCIO 1913 SRL, depositando i motivi con atto 30.07.2018; iii) U.S. Città di Palermo S.p.A., con atto 25.7.2018.

Nella riunione del 9 agosto 2018, riuniti tutti i ricorsi per evidente connessione obiettiva e soggettiva, sono state incartate le dichiarazioni spontanee di Calaiò e i patroni delle Parti hanno illustrato le argomentazioni poste a  fondamento dei loro ricorsi, riportandosi alle conclusioni ivi rassegnate e chiedendone l’accoglimento.

Nella stessa riunione la Procura Federale FIGC ha contestato la fondatezza delle argomentazioni e dei motivi dei reclami, concludendo per la conferma della decisione impugnata.

A conclusione delle repliche, questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo.

5.- In primo luogo occorre esaminare le eccezioni preliminari e in rito formulate da taluni Parti.

a) il PARMA CALCIO 1913 S.r.l. ha contestato la regolarità formale del gravame proposto dalla U.S. Città di Palermo S.p.A., sostenendo la sua irricevibilità posto che l’atto in  discorso non reca la sottoscrizione del legale rappresentante della società, o di altro soggetto munito dei necessari poteri, bensì dei Patroni ai quali era stata conferita procura alle liti nel procedimento svoltosi avanti il Tribunale.

Richiamati i precedenti giurisprudenziali in tema, la difesa del Palermo ha evidenziato giustamente come il procedimento ex art. 33 CGS  (reclamo)  costituisca  la  prosecuzione  del  procedimento  svoltosi avanti il Tribunale Federale, sicché la procura conferita per questo e contenente l’espresso potere di impugnare la relativa decisione, ex art. 83 cpc, richiamato dall’art  1,  punto  6  dei  “principi  di  giustizia sportiva CONI”, deve intendersi estesa al successivo grado del procedimento.

Consegue che l’eccezione è priva di fondamento e il motivo deve essere respinto.

b) La U.S. Città di Palermo S.p.A. ha eccepito l’inammissibilità della domanda subordinata di riqualificazione della condotta del Calaiò, in quanto formulata dal PARMA CALCIO 1913 S.r.l. per la prima volta in questa sede, in violazione dell’art. 37, punto 3 CGS, che prescrive la cognizione, da parte di questa Corte, del procedimento di prima istanza limitatamente ai punti della decisione specificamente impugnati, il che comporta l’inammissibilità di nuove domande.

L’eccezione non ha fondamento alcuno in punto di fatto, considerato, come posto argutamente in rilievo dalla difesa del Calaiò che, all’udienza dibattimentale del 17 luglio 2018, nanti il Tribunale Federale, aveva chiesto, concludendo e in via subordinata, la derubricazione della violazione contestata ex art. 1bis del CGS.

Consegue che il motivo deve essere respinto.

6.- Con il primo motivo il reclamante Calaiò lamenta che il Tribunale non abbia colto il “tono scherzoso” che connotava sin dall’inizio la richiesta rivolta ai calciatori De Col e Terzi con i wa in scrutinio e fornisce di essi un’interpretazione autentica, a pag. 6 del suo libello, per dare fondamento all’eccezione di assenza di presupposti necessari per integrare la contestata realizzazione dell’illecito sportivo, ex art. 7, punto 1 CGS.

Al riguardo appare conducente richiamare qui quanto chiarito dalla Suprema Corte nel noto arresto 36350/15 del 9 settembre 2015, ove si legge che (testualmente) “Il delitto previsto dalla prima parte del comma 1 dell’art.1 (n.d.r.: Legge 401/89) appare strutturato sulla falsariga del delitto di istigazione alla corruzione previsto dall’art. 322 c.p. che si consuma non appena la condotta descritta dalla norma venga posta in essere, cioè nel momento in cui la promessa o l’offerta vengano formulate. In particolare per il reato di cui all’art. 1 comma 1° prima parte della L 401/89 non assume alcun rilevo, ai fini della individuazione del momento consumativo l’accettazione della promessa o offerta da parte del destinatario, in quanto quest’ultima, a differenza di quanto previsto per la fattispecie di corruzione, non modifica il titolo del reato, ma costituisce a sua volta un’autonoma condotta criminosa: e non è un caso

sottolinea la citata Corte- che nell’ordinamento sportivo di  settore  in  vigore  all’epoca  dei  fatti  (art.  6 codice di giustizia sportiva F.I.G.C.) il comma 1, modellato sulla falsariga della seconda parte della norma penale in commento  (compimento di ^altri fatti fraudolenti volti  al  medesimo  scopo^),   sanziona   il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara, equiparando  sotto  l’aspetto  sanzionatorio,  l’illecito  consumato  a  quello  tentato.”.

La novellata norma FIGC (art. 7, punto 1 CGS), ha conservato l’impianto strutturale della contemplata violazione, con le integrazioni sollecitate sia in ambito comunitario ed europeo e sia dai clamorosi avvenimenti registrati in quell’arco temporale.

Rileva, inoltre, che il Legislatore nazionale ha avvertito la necessità di delineare con precisione le diverse fattispecie collegabili in qualche modo al fenomeno, lì dove ha previsto all’art.7 L. 401/89 che (testualmente) “Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque turba il regolare svolgimento di una competizione agonistica è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquantamila a lire trecentomila.”.

Il dover incasellare una fattispecie nell’ambito dell’art.1, comma 1, o in quello dell’art. 7 L.401/89, impone un’indagine sull’elemento psicologico dell’agente anche nel caso che qui occupa, essendo indubbio –al pari di quanto previsto per l’art.1, comma 1 L.401/89- che l’indicazione di una specifica finalità

–come si legge all’art. 7, punto 1 del CGS- “…di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica…” debba necessariamente essere connotato da dolo specifico, consistente nella coscienza e volontà di porre in essere atti volti al perseguimento delle cennate finalità, come richiamato ed evidenziato nel richiamato noto arresto 36350/15 della Suprema Corte.

7.- E’ noto che l’indagine sull’elemento psicologico della contestata violazione, trattandosi di una componente soggettiva interiore che, come evidenziato da dottrina e giurisprudenza, risulta di inafferabile connotazione esterna, non può che essere rimessa al prudente apprezzamento di questa Corte, sulla quale incombe il compito di offrire del suo convincimento una motivazione scevra da vizi di ordine logico e giuridico ed ancorata a quei fatti esteriori che siano chiaramente indicativi di tale componente psicologica.

Di tali fatti (messaggi) viene offerta una lettura c.d. “ragionata” (definita “autentica”) da parte dell’appassionata difesa del Calaiò, sostenendo che essi vanno interpretati come segue: i) il primo (Ei pippein non rompete il cazzein venerdì mi raccomando amico mio) altro non significa che “mi raccomando amico mio (n.d.r.: De Col), venerdì, durante la partita, fate attenzione, non entrate duri, cercate di non farmi male, sono vecchietto, mi mancano pochi spiccioli di carriera, ci sono i play off tra breve e non vorrei saltarli”; ii) il secondo (Dillo anche a claudiein), va interpretato così: “e dillo anche a Claudio Terzi, riferisci anche a lui di fare attenzione a non farmi male”; iii) il terzo, infine, (Soprattutto col rapporto che avete con me) racchiude il seguente concetto: “ciò sono a chiedervi in virtù del nostro rapporto e dei nostri  trascorsi”.

Se è vero, com’è vero, che il tono dei messaggi appare indubbiamente brioso [anche perché colorito con faccine recanti cuoricini e con l’utilizzo di un linguaggio alquanto singolare (l’aggiunta del suffisso ^ein^ ad alcune locuzioni), che richiama alla memoria la “lingua serpentina” e quella “farfallina”, gioco in uso presso gli adolescenti eruditi nella prima metà del decorso secolo], è altrettanto vero che il contenuto delle richieste non ha certamente un connotato pacificamente canzonatorio e burlone, come precisato nel corso dell’audizione dell’8 giugno 2018 dal prefato Calaiò, lì dove a DR precisa testualmente che “…volevo chiedere loro (n.d.r.: a De Col e a Terzi) di fare attenzione a non farmi male perché tenevo a non andare incontro a infortuni in vista dei possibili play off”: questa la sola e unica interpretazione autentica del Calaiò, che dei messaggi fornisce chiara ed adeguata motivazione, sicché ogni diversa e successiva esegesi va rigettata.

Ancorché con tono brioso, quindi, Calaiò ha chiesto a due giocatori titolati da amicizia o buona conoscenza di purgare le loro prestazioni –nel corso della gara Spezia-Parma (si parla esplicitamente del successivo venerdì) - di gesti atletici che nel consueto agonismo della disputa sportiva potessero provocare a Calaiò possibili infortuni, onde consentire a costui di poter disputare i prevedibili play off.

Sempre con il primo motivo e al fine di validare la tesi dell’originaria “burla”  contenuta  nei messaggi testè esaminati, la difesa del Calaiò fornisce anche del quarto di essi [Comunque pippein stai tranquillo scherzavo tanto per me è uguale tanto fra un po' smetto, seguono faccine diverse] la seguente interpretazione autentica: “se vuoi/ volete farmi male, fate pure…tanto il mio destino non cambia poiché sono a fine carriera e tra un po' smetto di giocare” (così, testualmente, a pag. 10 del citato libello).

Offrire di sé l’immagine di una vittima predestinata (“se volete farmi male, fate pure”) e, con essa,

l’idea che un incontro di calcio sia un combattimento cruento e senza esclusione di  colpi,  peraltro finalizzato a voler far male all’avversario, non modifica e non può modificare in alcun modo tutto quanto esposto ai punti che precedono: ammessa, per pura ipotesi di scuola, che Calaiò abbia effettivamente inteso attribuire a detti messaggi la valenza di uno scherzo, come specificato anche nel corso della citata audizione dell’8 giugno 2018, si è in presenza di un ripensamento postumo, del tutto verosimile, ma che si pone in contrasto con quanto affermato dal predetto nel corso della medesima audizione e di cui si è dato conto.

8.- La difesa del Calaiò, inoltre, sostiene che i comportamenti e le decisioni registrati nel caso che occupa sarebbero stati differenti, se il clima non si fosse arroventato all’interno della società Spezia Calcio S.r.l., a seguito della riunione indetta dal suo Amministratore Delegato, Dr Luigi Micheli, subito dopo la disputa della terz’ultima gara di campionato, finalizzata a esortare tutta la compagine a prestare la massima attenzione e a informare in proposito le figure apicali della società, ove vi fosse stato un contatto con tesserati dell’Avellino e del Parma, squadre con le quali sarebbero state disputate le ultime due gare di campionato, con l’avvertimento che eventuali violazioni avrebbero comportato severe conseguenze disciplinari.

Rileggendo con attenzione le dichiarazioni rilasciate dagli interessati alla Procura Federale nel decorso mese di giugno, in sede di audizione, emerge che non è stato solo ed esclusivamente il clima di cui si è detto a far alzare la guardia, bensì il contenuto equivoco dei primi tre messaggi a indurre i predetti ad attivarsi al riguardo.

Riferisce De Col che (testualmente) “Il contenuto del messaggio mi è parso logicamente riferito alla gara che avremmo dovuto disputare. Per questo sono rimasto perplesso anche perché non mi era mai successo prima. Ragion per cui, senza esitare, ho avvertito il team manager Pinto girandogli il messaggio appena pervenuto” e, ancora, “…pochi minuti dopo, ho incontrato Terzi cui ho fatto vedere il contenuto in cui sembrava citato. Anche il mio capitano è rimasto molto perplesso del suo contenuto e per questo abbiamo deciso, seduta stante, di inviare lo stesso al team manager”. E, infine, “Circa 5 ore dopo l’ultimo messaggio inviato, Calaiò mi ha inviato un altro messaggio in cui mi diceva di non tener conto di quello che mi aveva detto, affermando di aver scherzato. Io sono rimasto  ulteriormente perplesso e per questo ho girato immediatamente lo stesso al team manager”.

Riferisce Masi che (testualmente) “Per quanto riguarda il messaggio ricevuto da De Col da parte di Calaiò ne ho parlato con il De Col nell’immediato e abbiamo concluso che era un messaggio inopportuno e dal contenuto riferito alla gara del venerdì successivo”.

Riferisce, poi, l’A.D. dello Spezia Calcio Micheli che (testualmente) “Presumo che la notizia della ricezione da parte dei nostri due tesserati dei messaggi da parte dei calciatori del Parma [è da riferire all’altro messaggio ricevuto da Masi da parte di Fabio Ceravolo, tesserato Parma], sia poi girata negli spogliatoi. Devo anche precisare che nell’immediatezza dei fatti [14.05.2018] ho anche parlato di questo con l’allenatore e con il capitano, Claudio Terzi, invitandoli alla massima attenzione e vigilare sul comportamento dei giocatori, avvertendoli anche del  fatto che avrei interessato la Procura Federale dell’avvenuta ricezione dei messaggi da parte dei due nostri calciatori”.

9.- Le dichiarazioni innanzi riportate danno contezza del turbamento avvertito dai soggetti interpellati, sicché il voler accreditare la tesi che De Col abbia obbedito solo ad una precisa disposizione impartita dalla Società, temendo sanzioni disciplinari, e non sia stato invece indotto a riferire l’accaduto perché spinto anche da un preciso dovere giuridico ed etico, è tesi fantasiosa e poco convincente.

Analogo discorso va fatto per l’A.D. Micheli, per il quale non poteva certo valere il timore di patire, in caso  di omessa  informazione, sanzioni disciplinari:  anche costui ha colto l’ambiguità delle “raccomandazioni” rivolte da Calaiò a De Col e Terzi sino a determinarsi, senza indugio, ad interessare in proposito la Procura Federale.

Consegue come appaia infondata la tesi che si sia trattato solo di una “burla” e che essa fosse agevolmente percepibile dai destinatari e dagli altri soggetti interessati successivamente alla vicenda, anche per effetto e a seguito della rettifica operata dal Calaiò con il quarto messaggio.

Questi i fatti, come ricostruibili sulla base della documentazione agli atti.

10.- Con il secondo motivo il Calaiò lamenta violazione e omessa ovvero erronea applicazione dell’art. 7 CGS nonché la non pertinenza della giurisprudenza richiamata nella decisione impugnata.

Occorre richiamare all’attenzione che è principio pacifico nella giurisprudenza anche della giustizia sportiva quello secondo cui, per la riforma di una decisione, non è sufficiente una diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, ma occorre che la decisione di appello abbia una forza persuasiva superiore, tale da far cadere ogni ragionevole dubbio, in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di contrasto.

Consegue che una radicale riforma, in appello, di una decisione, non può essere basata su valutazioni semplicemente diverse dello stesso compendio probatorio, qualificate da  pari  o  persino minore razionalità e plausibilità rispetto a quelle sviluppate dalla sentenza di primo grado, ma deve fondarsi su elementi dotati di effettiva e scardinante efficacia persuasiva, in grado di vanificare ogni ragionevole dubbio immanente nella delineatasi situazione di conflitto valutativo delle prove.

La decisione del giudice di appello, che comporti la totale riforma della sentenza di primo grado, impone la dimostrazione dell’incompletezza o della non correttezza ovvero dell’incoerenza delle relative argomentazioni con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da corretta, completa, convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, senza lasciare spazio alcuno, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. Per riformare l’impugnata decisione, quindi, occorre delineare le linee portanti di un alternativo ragionamento probatorio e confutare specificamente i più  rilevanti  argomenti  della  motivazione  della prima decisione, dando conto delle ragioni e della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato e la sostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti.

11.- Non sembra che a tanto abbia atteso il reclamante Calaiò, sia sotto il profilo dell’applicazione della norma di riferimento, sia sotto il profilo della logicità e congruità della motivazione.

Ed infatti, non hanno pregio alcuno le argomentazioni svolte nel libello in scrutinio, lì dove basate non su dei rilievi ineccepibili, obiettivati ed obiettivabili, ma costruite artificiosamente su un criterio deduttivo basato su premesse assolutamente prive di riscontro, in quanto vengono riconosciuti come validi degli assunti (spirito camerate-sco, amicizia, burla o cazzeggio) chiaramente erronei, contraddittori e privi di un valore probante, dal che è implicito desumere, in modo evidente, l’assoluta carenza di obiettività, la preconcetta condivisione dello scherzo e l’erroneità del cosi definito “giudizio di alta probabilità”.

Consegue che la rivisitazione compiuta in appello sullo stesso materiale probatorio già acquisito in primo grado e ivi ritenuto idoneo a giustificare una pronuncia di condanna, deve essere sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della decisione impugnata di condanna, che deve, quindi, rivelarsi, a fronte di quella riformatrice, non più sostenibile, neppure nel senso di lasciare in piedi residui ragionevoli dubbi sull’affermazione di colpevolezza.

A tanto può e deve attendere questa Corte, investita del potere –ex art. 37, punto 4 CGS- di valutare diversamente, in fatto o in diritto, le risultanze del procedimento di prima istanza, decidendo nuovamente nel merito.

12.- Rileva considerare che il Tribunale Federale, dopo aver richiamato i precedenti della giurisprudenza sportiva in materia di illecito e, in particolare, la decisione della CAF (C.U. n.1/C del 14.7.2006), ove si legge che la violazione “…non fa cenno alla idoneità degli atti, in quanto si limita a richiedere che gli atti posti in essere siano diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara…”, giunge alla conclusione che (testualmente) “E’ di tutta evidenza, invero, che anche la sollecitazione e/o l’invito ad omettere interventi di gioco sulla propria persona, ove accolta, possa ritenersi idonea, quanto meno in termini di tentativo, ad alterare l’andamento e/o lo svolgimento della gara”.

In primo luogo occorre integrare i riportati “inviti” e/o “sollecitazioni” con quanto il Calaiò ha precisato al riguardo ove, a ben vedere, non si chiedeva di omettere ogni intervento di gioco, ma solo quelli che avrebbero potuto generare infortuni/danni fisici, in vista dei previsti play off.

Così integrato e rettificato l’invito, torna assai difficile poter ipotizzare che con esso si volesse alterare lo svolgimento della gara, considerato che l’invocata condotta non riguardava l’intera squadra, ma il solo Calaiò, il che circoscrive solo a costui il trattamento richiesto.

Se il Tribunale ha ritenuto di validare la spiegazione fornita in tema dal Calaiò, in sede di audizione dell’8.06.2018, sarebbe stato necessario adottarla e valutarla nella sua interezza,  anche  perché  di quanto espunto non viene fornita motivazione alcuna.

E’ di tutta evidenza come appaia di peso e valore ben diverso chiedere di omettere ogni intervento di gioco e chiedere, invece, di purgare gli interventi di quei gesti atletici che avrebbero potuto dar luogo a infortuni.

Nel primo caso, si potrebbe individuare sullo sfondo l’intento di perseguire un evento voluto come mezzo necessario per raggiungere lo scopo finale di alterare il regolare svolgimento della gara; nel secondo caso, invece, come integrato e corretto, emerge palesemente un evento perseguito come scopo finale, appunto l’integrità fisica.

Consegue che nella fattispecie in scrutinio difettano i necessari elementi costitutivi della contestata violazione dell’art.7 CGS, ivi compreso l’elemento psicologico del dolo specifico, e dovendosi escludere che vi siano stati, anche se solo in termini di tentativo, atti volti alla violazione del bene protetto e, cioè, la tutela della correttezza delle competizioni sportive anche nell’interesse della collettività.

Il fatto, quindi, non costituisce illecito sportivo ex art. 7 CGS.

13.- Questa Corte, proprio sulla scorta delle considerazioni che precedono, ritiene necessario esaminare con attenzione e valutare il turbamento suscitato nei destinatari dei messaggi e negli altri soggetti interessati alla vicenda, per effetto e in conseguenza anche della modalità comunicativa scelta dal Calaiò, la cui esperienza ventennale  come  giocatore avrebbe indurlo a considerare  con  somma attenzione l’iniziativa assunta e le conseguenze che essa avrebbe potuto produrre, come in effetti è poi avvenuto.

La decisione impugnata va, quindi, riformata e, riqualificata la fattispecie in scrutinio sotto la specie della violazione dell’art.1, comma 1 CGS, per violazione dei principi di correttezza ivi richiamati e, in parziale accoglimento del ricorso, la Corte riduce la sanzione della squalifica sino al 31.12.2018 e ridetermina, sempre per questo titolo, la sanzione dell’ammenda in Euro trentamila.

14.- L’art. 4, comma 2 CGS, dispone che le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato dei suoi tesserati.

Utilizzando, perché totalmente condivise, le argomentazioni svolte nella pronuncia delle SS.UU. di questa Corte (in C.U. n.187/CFA del 27.01.2014) e facendo applicazione dei principi ivi enunciati, di calibrare adeguatamente l’applicazione dell’istituto della responsabilità oggettiva, e nel segno di quanto dispone l’art.16, comma 1 del CGS, ove si prescrive che “Gli organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità  dei  fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva”, ritiene di comminare alla Società Parma Calcio 1913 S.r.l. la sanzione dell’ammenda di € 20.000,00.

15.- Resta assorbita, a seguito dell’operata riqualificazione del fatto, l’eccezione formulata dalla società U.S. Città di Palermo S.p.A. in ordine alla “violazione, falsa e/o erronea applicazione dell’art. 18, comma 1 lett. g) CGS” (applicazione della sanzione alla stagione nel corso della quale è stata registrata o, comunque, accertata la violazione), sicché questo motivo deve essere respinto.

Per questi motivi la C.F.A.,, previa riunione dei procedimenti nn. 1, 2 e 3:

accoglie parzialmente i ricorsi del calc. Calaiò e della società Parma Calcio e, riqualificati i fatti ai sensi dell’art. 1 bis C.G.S. ridetermina le sanzioni nei seguenti termini:

- squalifica sino al 31.12.2018 e ammenda di € 30.000,00 al calciatore Calaiò Emanuele;

- ammenda di € 20.000,00 alla società Parma Calcio 1913 S.r.l. di Parma. Dispone restituirsi le tasse reclamo

Respinge il ricorso della società U.S. Città di Palermo S.p.A. di Palermo.

Dispone addebitarsi la tassa reclamo.

 

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