F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 027CFA DEL 05/09/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 016/CFA (STAGIONE SPORTIVA 2018/2019) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 005/CFA DEL 26 LUGLIO 2018 RICORSO DEL SIG. VITERBO EUGENIO (ALL’EPOCA DEI FATTI OSSERVATORE ARBITRALE ASSOCIATO DELLA SEZIONE AIA DI LAMEZIA TERME) AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL RICORSO EX ART. 43 BIS C.G.S. PROPOSTO NEI CONFRONTI DELL’AIA E DELLA FIGC (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Calabria – Com. Uff. n. 184 del 18.6.2018)

RICORSO DEL SIG. VITERBO EUGENIO (ALL’EPOCA DEI FATTI OSSERVATORE ARBITRALE ASSOCIATO DELLA SEZIONE AIA DI LAMEZIA TERME) AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL RICORSO EX  ART.  43  BIS  C.G.S.  PROPOSTO  NEI  CONFRONTI  DELL’AIA  E  DELLA  FIGC  (Delibera  del  Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Calabria - Com. Uff. n. 184 del 18.6.2018)

1. Con atto del 4.4.2018 Viterbo Eugenio, nella sua qualità di osservatore arbitrale associato alla Sezione AIA di Lamezia Terme, adiva il Tribunale Federale Territoriale del Comitato Regionale Calabria, chiedendo l’accoglimento delle seguenti testuali conclusioni: “Accertare e dichiarare il proprio status di associato dell’ Associazione Italiana Arbitri e per l’effetto reintegrarlo nei ruoli di Osservatore Arbitrale, già ricoperto all’epoca dei fatti, con decorrenza dalla data del  24.3.1998, nonché trasmettere alla Procura dell’A.I.A. ed alla Procura Federale in ordine ad eventuali condotte, rilevanti ai fini disciplinari, che verranno accertate in corso di giudizio. Per l’effetto condannare l’A.I.A. e la F.I.G.C. in solido a voler risarcire il danno subito all’O.A. Viterbo in euro 480,00 oltre interessi; nonché il risarcimento del danno da stabilire  in via equitativa tenendo conto dei parametri previsti dai rimborsi spesa per  l’Organo Tecnico Nazionale. Con vittoria di spese di lite”.

Si costituiva in giudizio l’A.I.A.  con memoria  18.5.2018 e nella  riunione dell’1.6.2018,  precisate le conclusioni, il procedimento era riservato per la decisione, pubblicata poi nel Com. Uff. n. 184 del 18.6.2018, con la quale l’adito Tribunale dichiarava il ricorso inammissibile e disponeva incamerarsi la tassa reclamo.

2. Con atto 22.6.2018 Viterbo Eugenio ha proposto gravame avverso detta decisione, contestando in fatto e in diritto quanto in essa dedotto.

Costituitasi l’A.I.A. con memoria 23.5.2018, nella riunione del 26.7.2018 i Patroni delle Parti hanno illustrato le argomentazioni svolte nei loro libelli e si sono riportate alle conclusioni ivi rassegnate, chiedendone l’accoglimento.

Questa Corte si è ritirata, quindi, in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo, poi pubblicato nel Com. Uff. n.016/CFA del 10.8.2018.

3. In primo luogo occorre esaminare l’eccezione preliminare e in rito formulata dal reclamante, in ordine alla irregolare costituzione dell’A.I.A. nel procedimento nanti il Giudice di primo grado e in questo, perché avvenuta con il patrocinio dell’avv. Valerio Di Stasio che, nella sua qualità di “arbitro”, non avrebbe potuto accettare il mandato professionale, in osservanza di quanto prescritto dall’art. 34 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC che, al comma 8, dispone che (così testualmente) “Le persone che ricoprono cariche o incarichi federali e gli arbitri in attività non possono assistere le parti nei procedimenti che si svolgono innanzi agli Organi della giustizia sportiva”.

4. Rileva che il Titolo quarto, Capo secondo, del “Regolamento Associazione Italiana Arbitri”, intitolato “qualifiche arbitrali”, dedica 10 articoli alla “vita” dell’arbitro, disciplinando le varie fasi della sua attività.  In particolare, per quel che qui interessa, l’art. 47 del citato Regolamento prescrive al comma 1 che “Al termine della stagione sportiva nella quale compiono il 45° anno di età gli arbitri effettivi, effettivi di calcio  a  cinque,  effettivi  speciale  di  beach  soccer  e  assistenti  arbitrali  cessano  l’attività  arbitrale corrispondente alla rispettiva qualifica e sono tenuti a sostenere e superare un corso per assumere la qualifica di osservatori arbitrali”.

Il compimento del 45° anno di età, quindi, rappresenta il limite temporale superato il quale le “figure” di cui sopra cessano l’attività arbitrale e perdono la qualifica di “arbitro effettivo” o di  “assistente arbitrale”, ma a costoro è riservata la possibilità di continuare ad operare nel mondo A.I.A., a condizione –come si è detto- di sostenere e superare un corso di osservatore arbitrale. Ma come sono inquadrati questi reduci?

La risposta è fornita dall’art. 42 del medesimo Regolamento, intitolato appunto “Inquadramento”, ove si prescrive che “Gli arbitri dell’A.I.A. sono tesserati dalla FIGC e sono inquadrati nei ruoli dei rispettivi Organi Tecnici di appartenenza secondo le seguenti qualifiche: a) arbitro effettivo; b) arbitro effettivo Calcio a cinque; c) arbitro effettivo beach soccer; d) assistente arbitrale; e) osservatore arbitrale”.

Tutti costoro, quindi, appartengono al genus arbitro e si distinguono (species) solo in relazione al ruolo tecnico nel quale vengono inquadrati.

5. La disamina di cui si è dato conto è di ausilio per comprendere il significato da attribuire alla portata dell’art. 34, comma 8 del CGS FIGC, anche se rimare ignota la logica e oscuro il motivo che hanno indotto il Legislatore sportivo a circoscrivere solo agli “arbitri in attività” (cioè a coloro che non hanno compiuto il 45° anno di età, ex art. 47 Regolamento A.I.A.) il divieto di assistere le Parti nei procedimenti avanti gli Organi di giustizia sportiva, consentendo così agli “osservatori arbitrali” di prestare tale opera professionale, come avvenuto nel caso che occupa, atteso che l’Avv. Di Stasio è un “arbitro” inquadrato come “osservatore arbitrale”.

Si auspica che questa riflessione possa costituire un incisivo e adeguato stimolo per il Legislatore, per una attenta rivisitazione del circoscritto divieto, tenendo anche presente quanto il Regolamento A.I.A. dispone all’art. 40, comma 4 lett. c), ove si prescrive che (testualmente) “Agli arbitri (n.d.r.: a tutti e, quindi, anche agli “osservatori arbitrali”) è fatto divieto di rappresentare società calcistiche a qualsiasi titolo e di intrattenere con le stesse rapporti di lavoro dipendente, rapporti imprenditoriali e commerciali in proprio o per conto di enti, società o ditte partecipate, amministrate o per cui prestino, ad ogni titolo, attività lavorativa nonché di intrattenere rapporti libero professionali non occasionali”: il conflitto normativo è sin troppo palese!

6. Assorbita ogni altra considerazione svolta in tema, il motivo in scrutinio non è fondato e deve essere respinto.

7. Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce l’errata qualificazione attribuita dal giudice a quo all’atto introduttivo del procedimento, perché finalizzato non già alla riforma di un provvedimento associativo, ma al riconoscimento del suo status di associato A.I.A..

8. Il fatto può essere così riassunto.

Con lettera 22.10.2016 il ricorrente comunicava al Comitato Nazionale A.I.A. le sue dimissioni dalla carica di Presidente della Sezione A.I.A. di Lamezia Terme e di associato A.I.A., compiegando ad essa la sua tessera federale.

Nella seduta del 26.102016 il Comitato Nazionale A.I.A., preso atto delle citate dimissioni e di quelle rassegnate da altri componenti il Consiglio Direttivo di detta Sezione, nominava Commissario Straordinario  di  questa  “l’arbitro  benemerito”  Gianfranco  Pujia,  in  attesa  che  si  facesse  luogo all’Assemblea Sezionale Elettiva.

La delibera era pubblicata nel Com. Uff. A.I.A. n .49 del 26.10.2016, S.S. 2016/2017.

Con lettera 5.4.2017, poi, il Viterbo comunicava al Comitato Nazionale A.I.A. e al Presidente Sezione A.I.A. di Lamezia Terme la sua volontà di ritirare formalmente le dimissioni rassegnate da associato A.I.A., considerato che le stesse non erano state sino a quel momento accettate nei termini di rito.

Dopo aver provveduto al versamento della sua quota associativa, il Viterbo ribadiva con lettera 24.5.2017 la revoca delle dimissioni di cui è cenno, cui dava riscontro il Presidente dell’A.I.A., con nota 28.6.2017, ove  ribadiva che il Viterbo non faceva più parte  dell’Associazione A.I.A., per  avvenute dimissioni.

9. L’art. 52 del citato Regolamento A.I.A. prescrive che la perdita della qualifica di associato e, quindi, della qualifica di “arbitro” (come intitolato il Capo terzo di detto Regolamento, che si apre con l’art. 52) ha luogo, fra l’altro, (così testualmente) “a) per dimissioni regolarmente rassegnate ed accettate”.    L’art. 23, comma 3, lett. h) del Regolamento A.I.A., attribuisce al Presidente di Sezione territoriale il potere   di   (testualmente)   “deliberare   in   ordine   all’accettazione   delle   dimissioni   degli   associati appartenenti alla Sezione, salvo nei confronti di quelli che non consegnino la tessera federale e che ….” Considerato che Viterbo  -come  si  è  precisato  al  punto  8)  che  precede aveva  compiegato  la  sua tessera federale alla comunicazione del 22.10.2016, competeva in via esclusiva al Presidente della Sezione di Lamezia Terme accettare le dimissioni, ma tutto questo non ha avuto luogo.

10. Sostiene l’A.I.A., per bocca del suo Presidente (cfr. lettera 28.6.2017, citata), che (testualmente) “le Sue dimissioni dall’A.I.A. …sono state formalmente accettate con delibera presidenziale di data 26.10.2016, successivamente inserita nel sistema informatico degli uffici centrali a ciò preposti”, contraddicendo così quanto attestato dal Presidente della Sezione di Lamezia Terme con sua lettera 18.5.2017, agli atti, con cui precisava che le dimissioni di Viterbo erano state approvate “dall’Ufficio Tesseramento” dell’A.I.A.. Ma vi è di più!

Nel corso del procedimento nanti il Tribunale federale territoriale, l’A.I.A. aveva dapprima depositato, a corredo della sua memoria di costituzione, la copia della citata lettera di dimissioni di Viterbo e, successivamente, la medesima lettera con l’annotazione a penna “dimissioni da A.I.A. associato Viterbo accettate 26.10.2016”, fatto contestato da Viterbo, anche in questa sede, per i profili di palese irregolarità, a tacer d’altro.

11. A prescindere dalla circostanza che la predetta annotazione non riporta la data certa, il numero della presunta delibera presidenziale e il suo numero di protocollo, è certo che l’accettazione non ha avuto luogo ad opera del Commissario Straordinario Pujia (cui la citata delibera di nomina aveva conferito – come si legge- tutti i poteri e le facoltà regolamentari connesse alla carica di Presidente Sezionale), secondo le modalità e nel rispetto di quanto richiamato al punto 8) che precede, anche per ciò che concerne il soggetto titolato a tale adempimento (artt. 52 e 23 del Regolamento A.I.A.), sicché allo stato non risulta che sia stato portato a compimento l’iter procedimentale per decretare la perdita, da parte di Viterbo, della qualità di associato A.I.A. e, quindi, di Arbitro.

Consegue che, non essendo venuto ad esistenza una valida delibera, la censura coglie nel segno lì dove si contesta il nomen iuris con il quale il giudice a quo ha qualificato l’atto introduttivo (reclamo, ex art. 43 bis CGS FIGC, in luogo di ricorso, ex art 30 CGS CONI), decretando erroneamente la sua tardività e inammissibilità.

Il motivo è, pertanto, fondato.

12. Per completezza di trattazione occorre esaminare l’asserzione del Presidente A.I.A., secondo il quale l’istituto del “ritiro” delle dimissioni non sarebbe previsto, quale istituto, dal Regolamento A.I.A. (cfr lettera 28.6.2017, citata), sicché a tale atto non sarebbe possibile attribuire effetto alcuno.

L’art. 1 del citato Regolamento A.I.A., intitolato “natura e funzioni”, precisa al comma 1 che (testualmente) “L’Associazione Italiana Arbitri (A.I.A.) è l’associazione che, all’interno della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), riunisce obbligatoriamente tutti gli arbitri italiani (n.d.r.: nell’accezione di cui si è precisato al punto 4 che precede) che, senza alcun vincolo di subordinazione, prestano la loro attività…”.

L’A.I.A., quale associazione, trova la sua disciplina nel codice civile che, all’art. 24, contempla il caso del recesso e dell’esclusione degli associati: come puntualizzato da autorevole dottrina (Rescigno, Galgano), trattasi di una facoltà riconosciuta all’associato, in deroga al principio generale codificato nell’art. 1372 c.c., ma in armonia con il disposto dell’art. 1373 c.c.. Essa costituisce un diritto che risponde all’ esigenza di tutelare la libertà di associazione e costituisce una disciplina a carattere negoziale che deroga, come si è detto, a quella legale, e che incontra un limite sotto l’aspetto del differimento nel tempo della facoltà di recesso, come specificato all’ art. 24 c.c., comma 2, che differisce l’effetto allo scadere dell’anno in corso, purché la comunicazione sia stata fatta almeno tre mesi prima.

Il Regolamento A.I.A. pone, però, un ulteriore limite: l’accettazione delle dimissioni.

Trattasi di una norma che pone non poche perplessità sulla sua legittimità, in relazione al combinato disposto degli artt. 2 e 21 Cost. (libertà positiva di associazione) e all’art. 18 Cost. (libertà negativa): non appare opportuno in questa sede discettare su tale tema, ma si auspica che anche ad esso il Legislatore sportivo voglia dedicare l’attenzione e gli approfondimenti che il caso postula.

13. In presenza di un diritto costituzionalmente garantito ed assolutamente non comprimibile, ex artt. 2 e 21 Cost., di manifestare le proprie opinioni e di autodeterminarsi in ordine ad esse, è di tutta evidenza come un ipotetico divieto di revoca delle dimissioni produrrebbe un grave e profondo vulnus a detto diritto.

Al riguardo appare conducente richiamare l’attuale formulazione delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali, quale risulta dal modello approvato dal Ministero del Lavoro con D.M. 15.12.2015, ove è codificato l’istituto del “ripensamento”, quale esercizio di un diritto di natura potestativa di cui sono titolari tutti i lavoratori, in virtù del quale è data ad ogni lavoratore la facoltà di revocare le dimissioni o il consenso alla risoluzione del rapporto, entro un determinato arco temporale.

Se è riconosciuto, quindi, ad ogni lavoratore un simile diritto, non si vede come si possa negare ad un associato di esercitare un simile diritto potestativo, sicché ogni ulteriore riflessione al riguardo appare davvero superflua.

14. A conclusione necessita evidenziare che, come dispone l’art. 1, comma 1 del Regolamento A.I.A., l’adesione degli arbitri all’Associazione è obbligatoria e rappresenta la condizione per prestare (testualmente) “la loro attività di ufficiali di gara nelle competizioni della FIGC e degli organismi internazionali cui aderisce la Federazione stessa”. A ben vedere, quindi,  tale  obbligatorietà sussisterebbe solo per gli ufficiali di gara e non riguarderebbe gli arbitri inquadrati come “osservatori arbitrali”, non competendo a costoro di prestare la richiamata “attività di ufficiali di gara”, sicché anche su questo ulteriore tema sarebbe auspicabile un intervento del Legislatore sportivo per armonizzare la normativa di riferimento.

15. Sulla base delle considerazioni che precedono, risulta assorbito il terzo motivo, con il quale il reclamante ha chiesto, in via gradata, la sua riammissione nell’A.I.A., ex art. 8, lett. p) del Regolamento A.I.A..

15. Per quanto concerne, infine, l’invocato risarcimento del danno, difettando ogni prova al riguardo, la domanda non può trovare accoglimento e va rigettata.

Per questi motivi la C.F.A. in accoglimento del ricorso come sopra proposto dal signor Viterbo Eugenio, riconosce la sussistenza delle condizioni di associato A.I.A..

Dispone restituirsi la tassa reclamo.

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