CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta .- coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 49 del 05/07/2017 – Ugo Lopez/Federazione Italiana Tennis
Decisione n. 49
Anno 2017
IL COLLEGIO DI GARANZIA
QUARTA SEZIONE
composta da
Dante D’Alessio - Presidente
Giovanni Iannini - Relatore
Tommaso Edoardo Frosini
Antonio Massimo
Marra Laura Santoro - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 41/2017, presentato, in data 18 marzo 2017, dal sig. Ugo Lopez, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Paparella,
contro
la Federazione Italiana Tennis (FIT), in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio,
avverso
la decisione n. 3/2017 del 17/24 febbraio 2017, emessa dalla Corte Federale d’Appello della Federazione Italiana Tennis, con la quale, in parziale riforma della decisione di primo grado del Tribunale Federale, è stata fissata in due mesi la sanzione dell’inibizione inflitta all’odierno ricorrente Ugo Lopez e confermata nel resto la decisione appellata, anche con riferimento alla sanzione pecuniaria irrogata di € 3.000,00, per la violazione dell’art. 1, commi 2 e 7, del Regolamento di Giustizia della FIT.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
Vista l’ordinanza interlocutoria di questa Sezione n. 33 del 3 maggio 2017;
uditi, nell’udienza del 9 giugno 2017, l’avv. Giuseppe Paparella, in collegamento via Skype, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Alessandra Flamminii Minuto, all’uopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, Cons. Giovanni Iannini.
Ritenuto in fatto
- - Con atto in data 4 marzo 2016 (prot. n. 01484), indirizzato al sig. Ugo Lopez, la Procura della Federazione Italiana Tennis (FIT) ha informato l’interessato di un’indagine a suo carico, iscritta in registro al n. 46/2016, e lo ha invitato a presentarsi personalmente il giorno 11 marzo presso la sede della Federazione.
Con successivo atto, recante data 2 maggio 2016, la Procura della FIT ha comunicato all’ing. Ugo Lopez la conclusione delle indagini. In tale atto la Procura Federale ha osservato che l’interessato non si è presentato all’audizione disposta e ha rilevato di avere ritenuto che il tesserato abbia violato le norme federali, giacché nelle memorie difensive prodotte nel procedimento disciplinare iscritto al n. 109/2014, dallo stesso sottoscritte, avrebbe rivolto espressioni offensive e denigratorie nei confronti del Sostituto Procuratore Federale, avv. Alessandra Meloni. Ciò nel quadro di attività difensive volte a dimostrare l’illegittimità degli atti di indagine della Procura Federale, compiuti dall’avv. Meloni, che, a giudizio dell’incolpato, sarebbe stata priva dei requisiti per lo svolgimento delle funzioni di Sostituto Procuratore Federale, fissati dal Regolamento federale e dal Codice di Giustizia Sportiva del CONI.
Con atto in data 7 luglio 2016, la Procura Federale ha richiesto la fissazione di procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 98 del Regolamento di Giustizia, nei confronti dell’ing. Ugo Lopez, al quale ha rivolto la seguente contestazione:
“LOPEZ UGO C.A. tesserato, la violazione degli art. 1 co. 2 e 7 del Regolamento di Giustizia per aver leso gravemente la dignità, il decoro e il prestigio dell’Avv. Alessandra Meloni, Sostituto Procuratore Federale, quale Organo federale, e della FIT stessa, scrivendo, nella memoria del 5.12.2015, depositata nell’ambito del procedimento N. 109/2014, avanti alla Corte d’Appello FIT, che la predetta si fregiava indebitamente del titolo di Avvocato, che esercitava abusivamente la professione di avvocato, alludendo anche al fatto che potrebbe non aver conseguito una laurea in giurisprudenza, nominandola diverse volte “asserita Avvocato” e “signora Meloni”, pur sapendo, come egli stesso da atto di aver appreso, grazie alle proprie indagini, che la predetta era stata iscritta all’Ordine degli Avvocati di Cagliari per un determinato periodo di tempo”.
- - In esito al procedimento di primo grado, iscritto al n. 46/2016, il Tribunale Federale, con decisione n. 45 del 17 ottobre 2016, ha disposto la sospensione del Lopez da ogni attività federale per mesi 6 e lo ha condannato al pagamento della sanzione pecuniaria di € 3.000,00.
- - L’ing. Lopez ha proposto reclamo alla Corte Federale d’Appello, che, con decisione n. 3 del 17/24 febbraio 2017, in parziale riforma della decisione di primo grado del Tribunale Federale, ha fissato in due mesi la sanzione inibitiva inflitta all’odierno ricorrente Ugo Lopez e confermato nel resto la decisione appellata, anche con riferimento alla sanzione pecuniaria irrogata di € 3.000,00.
Il Giudice d’Appello ha ritenuto, innanzi tutto, infondata l’eccezione di rito inerente la mancata tempestiva iscrizione della notizia di illecito nel relativo registro, sollevata in quanto, secondo il reclamante, la notizia dell’illecito sarebbe stata ricevuta il 5 dicembre 2015, data della memoria sopra menzionata, e l’iscrizione sarebbe avvenuta solo il 12 febbraio 2016. La Corte ha rilevato, al riguardo, che le norme vigenti nulla prevedono rispetto all’immediato inserimento nel registro. La Corte Federale d’Appello ha ritenuto infondata, altresì, l’eccezione concernente il mancato compimento delle indagini preliminari nei termini stabiliti. Il superamento dei termini comporterebbe unicamente l’inutilizzabilità degli atti acquisiti dopo la scadenza del termine e non l’estinzione del procedimento disciplinare.
Del pari, privo di fondamento è stato considerato il motivo inerente il mancato rispetto del termine di 20 giorni entro il quale, ai sensi dell’art. 44, comma 4, del Codice di Giustizia Sportiva, l’incolpato deve essere informato della conclusione delle indagini. Ha osservato la Corte che, essendo state concluse le indagini il 27 aprile 2016, deve considerarsi tempestiva la comunicazione effettuata a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento del 4 maggio 2016.
La Corte, infine, ha rilevato l’infondatezza degli ulteriori motivi con i quali il reclamante ha dedotto l’estinzione del giudizio per mancato rispetto del termine di fissazione dell’udienza, a sensi dell’art. 94 del vigente Regolamento di Giustizia, nonché per superamento dei termini di cui agli artt. 98 e 99 dello stesso Regolamento, relativi alla prescrizione dell’azione disciplinare. Riguardo al merito, la Corte ha rilevato che le espressioni utilizzate esorbitano dai limiti del diritto di difesa e denotano la precipua volontà di screditare l’operato del Sostituto Procuratore. Ha aggiunto che la strategia difensiva è del tutto incoerente in quanto non funzionale e sproporzionata rispetto all’obiettivo legittimamente perseguito.
Il comportamento tenuto dall’incolpato risulterebbe, quindi, in contrasto con i principi di lealtà, probità e rettitudine ed esorbiterebbe dalle esigenze di difesa. Le accuse mosse all’avv. Meloni non potrebbero essere considerate manifestazioni di pensiero scriminate, essendo assenti i requisiti della continenza e della pertinenza.
La Corte, pertanto, ha ritenuto di respingere l’appello, anche se ha disposto, pur in assenza di richiesta di parte, una riduzione della sanzione inibitiva da sei a due mesi, lasciando ferma la misura della sanzione pecuniaria irrogata di € 3.000,00.
- - Il Lopez ha, quindi, proposto ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport avverso la decisione della Corte Federale d’Appello della FIT, rilevando, innanzi tutto, che la riduzione della sanzione interdittiva al di sotto del minimo edittale non può incidere sulla possibilità di proporre ricorso al Collegio di Garanzia, ancorché la sanzione si collochi al di sotto del limite minimo fissato dall’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva per la proposizione del relativo ricorso.
Il ricorrente ha, inoltre, rilevato:
1) la violazione dei principi del giusto processo sportivo, dell’art. 89 del Regolamento FIT e dell’art. 38 del Codice di Giustizia Sportiva.
Il procedimento disciplinare n. 46/2016, oggetto del presente giudizio, si baserebbe su atti del procedimento disciplinare n. 109/2014, dichiarato estinto con decisione del Collegio di Garanzia dello Sport, i cui atti sarebbero ormai privi di efficacia.
- Violazione dei principi del giusto processo riguardo alla ragionevole durata del procedimento e degli artt. 44 e 45 del Codice di Giustizia Sportiva, oltre che degli artt. 98 e 99 del Regolamento di Giustizia della FIT.
La Corte Federale d’Appello avrebbe errato nel ritenere che sia stato rispettato il termine entro il quale deve essere comunicata all’incolpato la conclusione delle indagini.
La decisione sarebbe erronea anche nella parte in cui ha ritenuto insussistente l’estinzione dell’azione disciplinare per il vano decorso del termine di prescrizione di cui all’art. 99 del Regolamento FIT.
- Violazione dei principi del giusto processo riguardo alla ragionevole durata del procedimento, omessa e insufficiente motivazione riguardo a un punto fondamentale della controversia, violazione e falsa applicazione dell’art. 29 del Codice di Giustizia Sportiva e dell’art. 80 del Regolamento di Giustizia FIT.
Erroneamente la CAF avrebbe ritenuto insussistente la violazione delle norme che impongono la fissazione dell’udienza innanzi al Tribunale Federale nel termine di dieci giorni dalla contestazione.
- Violazione dei principi generali del giusto processo e degli artt. 26 del Codice di Giustizia Sportiva e 76 del Regolamento di Giustizia FIT.
L’avv. Sbarbaro, componente del Collegio della Corte Federale d’Appello, non era in organico tra i giudici della FIT dal 17 dicembre 2016, in quanto non riconfermato nella funzione.
- Conflitto di interessi dei soggetti partecipanti al procedimento di valutazione, violazione del principio di imparzialità dell’art. 91 del Regolamento di Giustizia della FIT e dell’art. 10 del Codice di Comportamento del CONI, incoerente motivazione sulla ricusazione del Collegio.
Tutti i componenti del Collegio della Corte Federale d’Appello si sarebbero trovati in posizione di incompatibilità per essersi già pronunciati nell’ambito del procedimento disciplinare n. 109/2016 in merito al carattere offensivo delle espressioni utilizzate, tendenti a stigmatizzare anche il difensore dell’incolpato. Ciò rivelerebbe l’assenza di terzietà.
- Contraddittoria e carente motivazione su un punto fondamentale della controversia, indebita compressione del diritto di difesa e falsa applicazione degli artt. 1 e 7 del Regolamento di Giustizia. Non sussisterebbero i requisiti per l’applicazione della norma, giacché non vi sarebbe un’offesa, le frasi non sarebbero pubbliche e non sarebbero dirette a un Organo federale.
La CAF non avrebbe motivato in relazione all’infondatezza delle affermazioni contestate.
La decisione impugnata recherebbe tra virgolette appellativi non rinvenibili nel reclamo del 5 dicembre 2015.
Le frasi utilizzate sarebbero pertinenti e non offensive e comunque esse sarebbero rivolte all’avv. Meloni e non già a un Organo federale.
- Difetto di motivazione e compressione del diritto di difesa, difetto di legittimazione della Procura Federale e difetto di competenza funzionale o giurisdizionale degli organi di giustizia federale.
La Procura Federale avrebbe agito in nome e per conto di un non tesserato, quale sarebbe l’avv. Meloni.
Il tesseramento dell’avv. Meloni sarebbe stato necessario per la nomina o, in ogni caso, al momento dell’assunzione della carica di Sostituto Procuratore della Federazione.
Il ricorrente ha, quindi, concluso chiedendo l’integrale annullamento della decisione n. 3/2017 della Corte Federale d’Appello della F.I.T., con accertamento dell’intervenuta estinzione del giudizio.
Il ricorrente ha chiesto, inoltre, che sia dichiarato il difetto di giurisdizione o competenza funzionale degli Organi di giustizia a decidere su offese personali rivolte da un tesserato a un non tesserato.
In via gradata, ha chiesto che sia disposto il proscioglimento per inapplicabilità dell’art. 7 del Regolamento di Giustizia, in ragione dell’assenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla norma.
- - La Federazione Italiana Tennis non si è costituita in giudizio.
- Alla precedente udienza del 3 maggio 2017 la Procura Generale dello Sport, in relazione a quanto sostenuto dal signor Lopez con il motivo rubricato al n. 4, ha esibito in giudizio copia della nota del 2 maggio 2017, a firma del Segretario Generale della Federazione, con cui è stato rappresentato che, per un mero errore materiale, nella circolare n. 12/2016 nella lista dei componenti della Corte Federale d’Appello era stato omesso il nome dell’avv. Ferruccio Maria Sbarbaro, regolarmente nominato con la delibera del Consiglio Federale n. 361/2016 del 9 dicembre 2016.
Il Collegio, con ordinanza n. 33 del 3 maggio 2017, ha, quindi, disposto l’acquisizione formale della nota del 2 maggio 2017, tardivamente depositata dalla Procura, ed ha ordinato al Segretario Generale della FIT di depositare copia autentica della citata Delibera n. 361/2016.
Il Segretario Generale della FIT ha, quindi, inviato quanto richiesto.
- - All’udienza del 9 giugno 2017 sono comparsi l’avv. Giuseppe Paparella, in collegamento telematico sulla piattaforma Skype, per il ricorrente, anch’egli presente in collegamento, che ha insistito nelle eccezioni e deduzioni di cui ai precedenti atti difensivi. È comparsa, altresì, il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Alessandra Flamminii Minuto, all’uopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile ovvero rigettato.
La causa è stata, quindi, assegnata in decisione.
Considerato in diritto
- - Il procedimento a carico dell’ing. Ugo Lopez, Giudice Arbitro della Federazione Italiana Tennis, trae origine da una precedente vicenda che lo ha riguardato, nella quale era stato incolpato per altro illecito disciplinare, che si è conclusa con una decisione di questo Collegio di Garanzia che, in accoglimento del ricorso proposto dal Lopez avverso la decisione della Corte Federale d’Appello, ha dichiarato estinto il procedimento disciplinare (decisione n. 12 del 9 febbraio 2017).
È accaduto che, tra gli argomenti difensivi utilizzati in relazione a quel procedimento svoltosi innanzi agli Organi di Giustizia federale (iscritto al n. 109/2014), la difesa del Lopez ha sostenuto che il Sostituto Procuratore Federale, avv. Alessandra Meloni, che ha condotto l’indagine, non era in possesso dei requisiti richiesti per ricoprire la carica. Sulla base di ciò, l’incolpato ha affermato l’invalidità degli atti di indagine compiuti.
La Procura Federale, con la richiesta di fissazione di procedimento disciplinare, iscritto al n. 46/2016 R.G. Procura Federale FIT, già richiamata nell’esposizione in fatto e recante data del 7 luglio 2016, ha contestato all’ing. Ugo Lopez la violazione dell’art. 1, commi 1 e 2, e dell’art. 7 del Regolamento di Giustizia, per avere leso gravemente la dignità, il decoro e il prestigio del Sostituto Procuratore Meloni, quale Organo federale e della stessa FIT.
Al Lopez è stato contestato il fatto che, nell’ambito del procedimento n. 109/2014, nella memoria del 5 dicembre 2015 prodotta innanzi alla Corte d’Appello Federale, ha affermato che l’avv. Meloni si fregiava indebitamente del titolo di avvocato e che esercitava abusivamente la professione di avvocato, alludendo anche al fatto che la stessa potrebbe non avere conseguito la laurea in giurisprudenza. Gli è stato contestato anche il fatto di averla nominata diverse volte quale “asserita avvocato” e “signora Meloni”, pur sapendo che era stata iscritta per un determinato periodo di tempo all’Ordine degli avvocati di Cagliari.
Il Tribunale Federale e la Corte Federale d’Appello hanno ritenuto sussistente l’illecito disciplinare.
Con la decisione del Giudice d’Appello impugnata in questa sede sono state irrogate all’ing. Lopez l’inibizione per mesi 2 da ogni attività federale e la sanzione pecuniaria di € 3.000,00.
- - Occorre prendere in considerazione, innanzi tutto, un problema che ha sollevato lo stesso ricorrente, relativo all’ammissibilità del ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport.
Esso deriva dal fatto che la Corte Federale d’Appello, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale Federale, ha ridotto da sei a due mesi la sanzione dell’inibizione, lasciando ferma la sanzione pecuniaria.
La sanzione irrogata si colloca, quindi, al di sotto del limite minimo di cui all’art. 54 del Codice di Giustizia sportiva e all’art. 12 bis dello Statuto CONI, che ammettono il ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport avverso le decisioni che abbiano comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico - sportive superiori ai novanta giorni.
La questione prospettata, in realtà, è stata già risolta dalle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport, che, con la decisione n. 3 del 18 gennaio 2016, hanno posto in luce che la possibilità di proporre ricorso non è legata al solo esito del giudizio di secondo grado, giacché la ratio della norma, consistente nella necessità di evitare che l’Organo “di legittimità” della giustizia sportiva si occupi di controversie c.d. “bagatellari”, induce a ritenere proponibile il ricorso in relazione a controversie che abbiano riguardato fatti di gravità tale da aver reso possibile l’applicazione nei giudizi federali di sanzioni di misura superiore al limite indicato.
Nella fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite nella citata decisione, infatti, all’esito del giudizio di primo grado era stata irrogata una sanzione superiore ai limiti stabiliti per la proponibilità del ricorso davanti al Collegio di Garanzia. Le Sezioni Unite hanno quindi ritenuto che, se si fosse ritenuto possibile escludere la ricorribilità davanti al Collegio di Garanzia di tutte le decisioni nelle quali erano state applicate (nel grado di appello) sanzioni inferiori ai limiti stabiliti dall’art. 54 del Codice di G.S. «il sistema avrebbe introdotto una regola di non ricorribilità delle decisioni favorevoli all’incolpato, che ben esplicitamente, e non in via interpretativa, dovrebbe essere stabilita dalle norme e di cui invece non vi è traccia».
Nella fattispecie l’irrogazione, all’esito al giudizio di secondo grado, della sanzione dell’inibizione per la durata di mesi due non incide, pertanto, sull’ammissibilità del ricorso.
- - Occorre occuparsi, a questo punto, delle numerose questioni di rito sollevate dal ricorrente in relazione al procedimento disciplinare svoltosi innanzi agli Organi federali.
- 1 - Con il primo motivo, il ricorrente ha rilevato che il procedimento oggetto del presente giudizio è stato incardinato sulla scorta di atti processuali riferiti al procedimento n. 109/2014, che è stato dichiarato estinto con la menzionata decisione del Collegio di Garanzia dello Sport. Con l’estinzione dell’azione disciplinare, ha sottolineato il ricorrente, tutti gli atti del procedimento perdono i propri effetti.
A seguito dell’estinzione, sarebbe venuta meno la possibilità stessa di procedere in via disciplinare. Ogni diversa soluzione favorirebbe possibili escamotage volti a far rivivere il procedimento disciplinare.
Il ricorrente, in sostanza, sembrerebbe riconnettere all’estinzione del procedimento il venir meno di ogni possibile effetto degli atti posti in essere nell’ambito del procedimento stesso, tra i quali gli effetti sul piano disciplinare di atti compiuti in seno ad esso.
Si tratta di argomenti privi di consistenza.
L’estinzione del procedimento disciplinare non incide, infatti, sull’esistenza del fatto storico costituito dall’aver rivolto all’indirizzo dell’avv. Alessandra Meloni frasi ritenute offensive e lesive del prestigio dell’Organo federale. Che tali frasi siano contenute in un atto del procedimento è una circostanza, sotto questo profilo, del tutto occasionale, che non è in alcun modo toccata dalla cessazione degli effetti di tutti gli atti del procedimento disciplinare, dovuta alla dichiarazione di estinzione di esso.
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- 2 - Altra questione di rito attiene all’applicazione della norma di cui all’art. 98, comma 4, del Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana Tennis, che, riprendendo il disposto dell’art. 44, comma 4, del Codice di Giustizia Sportiva, prevede che: “Quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore federale entro venti giorni dalla conclusione delle indagini informa l’interessato dell’intendimento di procedere al deferimento e gli comunica gli elementi che la giustificano, assegnandogli un termine per presentare una memoria ovvero, se questi non sia stato già udito, per chiedere di essere sentito...”.
Va rilevato, in via preliminare, che le Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport (decisione n. 25 del 7 aprile 2017) hanno affermato la natura perentoria del termine in questione, avendo specificato che “Con particolare riferimento alle attività inquirenti della fase istruttoria è, altresì, necessario escludere che i termini applicati siano puramente ordinatori. Nel momento preprocessuale è opportuno che i tempi in cui si definiscono gli addebiti a carico degli indagati siano ragionevolmente brevi, in ossequio alle esigenze di celerità e speditezza poste a garanzia del procedimento di giustizia sportiva...”.
Il ricorrente, con una congerie di argomenti, ha censurato la pronuncia della Corte d’Appello Federale, che, sulla base dell’erroneo presupposto secondo cui le indagini si sarebbero concluse il 27 aprile 2016, ha affermato che il richiamato termine di venti giorni sembrerebbe essere stato rispettato, in quanto la Procura Federale avrebbe effettuato la comunicazione a mezzo lettera raccomandata del 4 maggio 2016, che il Lopez ha sostenuto di avere ricevuto il 30 maggio 2016.
Il Lopez ha, ancora, rilevato che la pronuncia del Giudice del reclamo ha fatto riferimento a una comunicazione del 4 maggio 2016 inviata tramite e-mail e non tramite PEC, per cui non vi sarebbe prova dell’effettiva ricezione. In realtà, la comunicazione sarebbe stata inviata a mezzo lettera raccomandata del 20 maggio 2016, ricevuta il 30 maggio dello stesso anno, per cui, anche a voler ritenere che le indagini fossero state concluse il 27 aprile 2016, la comunicazione, già al momento della spedizione, sarebbe stata tardiva.
Osserva il Collegio che la situazione fattuale si presenta alquanto confusa, giacché agli atti risulta una comunicazione di conclusione delle indagini datata 2 maggio 2016, recante dicitura “Trasmissione a mezzo email”, indirizzata al sig. Ugo Lopez (indirizzo e-mail u.lopez@ugolopez.it) e alla Procura Generale dello Sport.
Vi è, poi, una raccomandata spedita il 19/20 maggio 2016 e ritirata presso l’ufficio postale il 30 maggio successivo, contenente anch’essa, a quanto pare, comunicazione di conclusione delle indagini.
Nessun elemento chiarificatore appare desumibile dalle sentenze degli Organi di giustizia federale, anche riguardo alla stessa data di decorrenza del termine di venti giorni, atteso che quella che la Corte Federale ha ritenuto essere la data della conclusione delle indagini (27 aprile 2016), pare coincidere in realtà con l’entrata in vigore, a seguito della delibera n. 156 del 27 aprile 2016 della Giunta Nazionale del CONI, della norma del Regolamento di Giustizia federale che ha ripreso i contenuti della norma di cui all’art. 44, comma 4, del Codice di Giustizia Sportiva.
Ritiene il Collegio che, in presenza di una situazione così confusa, non resti che prendere atto che sussiste un principio di prova desumibile dalla comunicazione di conclusione delle indagini recante data del 2 maggio 2016, che risulta inviata via e-mail.
Assumendo quale data di decorrenza del termine di 20 giorni il 2 maggio 2016, a seguito dell’entrata in vigore della norma regolamentare di cui sopra, e tenuto conto che l’atto risulta comunicato con mail del 2 maggio e poi con raccomandata spedita il 19/20 maggio 2016 e ritirata presso l’ufficio postale il 30 maggio successivo, si può ritenere che il termine di venti giorni sia stato comunque rispettato.
Il motivo in questione deve, quindi, considerarsi infondato.
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- 3 - È privo di fondamento, altresì, il terzo motivo, con il quale il ricorrente ha rilevato il mancato rispetto delle norme di cui all’art. 29 del Codice di Giustizia Sportiva e all’art. 80 del Regolamento di Giustizia della Federazione, che stabiliscono che il Presidente del Collegio fissa l’udienza di discussione entro dieci giorni dal deferimento.
Il ricorrente ha affermato che erroneamente la Corte Federale ha ritenuto infondato il motivo col quale si è censurato il fatto che il Presidente del Tribunale Federale ha fissato l’udienza di discussione il 19 luglio 2016, anziché il precedente 18 luglio, data in cui scadeva il termine di dieci giorni.
In particolare, sarebbe erronea la tesi fatta propria dalla Corte, secondo cui occorre avere riguardo alla data in cui è stato formato l’atto e non a quello in cui esso è stato comunicato. In conseguenza di ciò, il procedimento dovrebbe considerarsi estinto.
Il motivo è chiaramente privo di fondamento.
Le previsioni richiamate dal ricorrente hanno, infatti, una indubbia finalità meramente acceleratoria.
Non può ritenersi, quindi, che il termine previsto, estremamente ristretto, sia stato posto a pena di estinzione del procedimento.
Manca, innanzi tutto, una previsione espressa in questo senso.
Il carattere perentorio del termine, d’altra parte, non è desumibile in via interpretativa, atteso che le esigenze di rapidità e concentrazione che caratterizzano i procedimenti di giustizia sportiva sono già adeguatamente tutelati dalla determinazione di un termine massimo di durata dei procedimenti stessi.
Il superamento del termine in questione, peraltro di un solo giorno, non può comportare, pertanto, l’estinzione del procedimento.
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- 4 - Con il quarto motivo, il ricorrente ha precisato, innanzi tutto, che il Consiglio Federale della FIT, in data 17 dicembre 2016, ha rinnovato gli Organi di Giustizia e l’Ufficio del Procuratore Federale. Ha, quindi, osservato che tra i componenti del Collegio della Corte Federale d’Appello vi è l’avv. Sbarbaro, che, già in data 17 dicembre 2016, non risultava essere stato confermato nella funzione.
In ragione di ciò, la decisione impugnata dovrebbe considerarsi nulla. Il motivo è infondato.
All’udienza del 3 maggio 2017 la Procura Generale dello Sport ha esibito copia della nota del 2 maggio 2017, a firma del Segretario Generale della Federazione, con cui è stato rappresentato che, per un mero errore materiale, nella circolare n. 12/2016, nella lista dei componenti della Corte Federale d’Appello è stato omesso il nome dell’avv. Ferruccio Maria Sbarbaro, regolarmente nominato con la delibera del Consiglio Federale n. 361/2016 del 9 dicembre 2016. Il Collegio, con ordinanza n. 33 del 3 maggio 2017, ha disposto l’acquisizione della nota del 2 maggio 2017, tardivamente depositata dalla Procura, e ordinato al Segretario Generale della FIT di depositare copia autentica della Delibera n. 361/2016.
Il Segretario Generale della FIT ha inviato quanto richiesto.
Dagli atti prodotti risulta, in effetti, che l’avv. Ferruccio Maria Sbarbaro è stato nominato con la delibera n. 361/2016 e che, con circolare n. 4/2017, è stato corretto l’elenco dei componenti della Corte Federale.
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- 5 - Con ulteriore motivo, il ricorrente ha rilevato l’esistenza di un conflitto di interessi che riguarderebbe i componenti della Corte Federale d’Appello, in ragione del quale lo stesso ricorrente aveva proposto istanza di ricusazione, rigettata in data 10 febbraio 2017.
In particolare, l’avv. Picchioni avrebbe fatto parte del Collegio che, in una precedente decisione della stessa Corte (n. 4 del 5 febbraio 2016), si sarebbe già espresso sul carattere potenzialmente offensivo degli scritti difensivi e avrebbe rimarcato che la strategia difensiva adottata dal difensore del Lopez, avv. Paparella, era in contrasto con i principi che debbono essere osservati dal difensore tecnico.
Anche l’avv. Sbarbaro si troverebbe in situazione di incompatibilità, giacché avrebbe riferito anzitempo ai giudici ricusati l’esito della camera di consiglio relativa al giudizio di ricusazione nel procedimento n. 109/2014.
L’avv. Supino, Presidente del Collegio, e l’avv. Picchioni, avrebbero indebitamente riferito alla sola Procura Federale la fissazione dell’udienza di merito nel procedimento n. 109/2014, almeno tre giorni prima della comunicazione ufficiale.
Il motivo è privo di fondamento.
Con riferimento alla posizione dell’avv. Picchioni, i passaggi motivazionali delle precedenti decisioni non pongono in rilievo alcuna posizione preconcetta in ordine a un’eventuale responsabilità disciplinare, essendo riscontrabile la mera segnalazione della potenzialità lesiva di certe frasi ed affermazioni.
Si tratta, in altri termini, di semplici sottolineature che non esprimono alcun giudizio in ordine alla responsabilità del Lopez, né sottendono situazioni di contrasto o inimicizia rilevanti ai fini della sussistenza di una reale situazione di incompatibilità, tali da giustificare una ricusazione.
Ancora meno significativi i rilievi concernenti l’attività difensiva svolta dall’avv. Paparella, che non riguardano la persona dell’incolpato, né rivelano situazioni rilevanti ai fini di un giudizio di incompatibilità.
Ugualmente irrilevanti le situazioni coinvolgenti le persone dell’avv. Sbarbaro e dell’avv. Supino, trattandosi di fatti assolutamente non significativi di situazioni di incompatibilità. Tanto più che i fatti riguardano altro procedimento e che di essi non è stato fornito alcun riscontro.
- - Riguardo alla vicenda oggetto del giudizio, si è detto in precedenza che, secondo quanto risulta dalla contestazione, è stato addebitato al Lopez di avere leso gravemente la dignità, il decoro e il prestigio dell’avv. Alessandra Meloni, Sostituto Procuratore Federale, quale Organo federale e della FIT stessa. Ciò in quanto, negli scritti difensivi prodotti nel procedimento n. 109/2014 e, segnatamente, nella memoria del 5 dicembre 2015, depositata innanzi alla Corte Federale d’Appello, sottoscritta anche dall’incolpato, il signor Lopez ha affermato che ella si fregiava indebitamente del titolo di avvocato, che esercitava abusivamente la professione, alludendo anche al fatto che potrebbe non avere conseguito la laurea in giurisprudenza e in quanto la ha nominata più volte quale “asserita avvocato” e “signora Meloni”, pur sapendo che era stata iscritta all’Ordine degli avvocati di Cagliari.
Nella decisione della Corte Federale di Appello è rimarcato l’utilizzo di frasi quale “sedicente avvocato” e di espressioni quali “mendace” o “reticente” ed è negato che tale utilizzo possa essere giustificato dall’esercizio del diritto di difesa.
La Corte ha ritenuto che la condotta del Lopez sia in contrasto con i principi di lealtà, probità e rettitudine e ha, pertanto, affermato la responsabilità disciplinare dell’incolpato, pur riducendo la sanzione nella misura sopra indicata.
Il ricorrente ha recisamente negato la fondatezza dell’assunto fatto proprio dalla Corte Federale d’Appello, rilevando la mancanza dei requisiti per l’applicazione della sanzione per l’illecito contemplato dall’art. 7 del Regolamento di Giustizia, costituiti dall’esistenza di un’offesa, avente i caratteri di pubblicità e diretta a un Organo federale, e la lesione del diritto di difesa, conseguente alla mancata ammissione dei mezzi di prova volti a dimostrare la veridicità delle affermazioni.
Le frasi in questione sarebbero assolutamente “pertinenti e continenti”, in quanto "etimologicamente non offensive”.
In ogni caso, ha sottolineato ancora il ricorrente, la Corte avrebbe dovuto motivare in merito all’infondatezza delle affermazioni contestate. La stessa Corte avrebbe attribuito al Lopez frasi ed espressioni non rinvenibili negli scritti difensivi.
Mancherebbe, inoltre, il requisito della pubblicità, essendo infondato l’assunto della Corte secondo cui l’illecito disciplinare è stato perpetrato pubblicamente, attesa la natura pubblica dei procedimenti di giustizia sportiva. In realtà, le informazioni contenute nei ricorsi e nei reclami avrebbero carattere di riservatezza e, in ogni caso, il giudicante avrebbe avuto la possibilità di espungere dagli atti le espressioni ritenute offensive.
Le espressioni e le frasi ritenute offensive non sarebbero dirette agli Organi federali, ma alla persona dell’avv. Meloni.
- - Le doglianze sopra riportate sono fondate.
Si deve premettere che il Collegio di Garanzia dello Sport è chiamato, com’è noto, a giudicare esclusivamente della violazione delle norme di diritto e dell’insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa fra le parti. Ciò non esclude che il sindacato possa coinvolgere, non la gravità del comportamento e la correlativa commisurazione della sanzione, quanto piuttosto l’astratta sussumibilità della fattispecie nelle previsioni della norma giuridica e, in questo caso, della norma di cui all’art. 7 del Regolamento di Giustizia federale.
Le norme di riferimento sono costituite dall’art. 1 del Regolamento di Giustizia federale, che pone gli obblighi di lealtà, probità e rettitudine, e dall’art. 7 dello stesso Regolamento, per il quale “Il tesserato che pubblicamente, con parole, scritti od azioni, lede gravemente la dignità, il decoro, il prestigio della Federazione e degli organi federali è punito con sanzione pecuniaria e con sanzione inibitiva da tre mesi ad un anno”.
Occorre ora chiedersi se, nella fattispecie, sussista la lesione della dignità, del decoro e del prestigio degli organi federali, con la conseguente applicazione delle citate disposizioni, o, in altri termini, se le frasi contenute negli scritti difensivi e, segnatamente, nel reclamo del 5 dicembre 2015, abbiano obiettivo carattere offensivo.
Ritiene il Collegio che le frasi e le espressioni sopra riportate, oltre a non essere intrinsecamente offensive, non abbiano un contenuto lesivo della dignità, del prestigio o del decoro dell’Organo federale.
Quanto alla dedotta circostanza relativa alla cancellazione dall’Albo degli avvocati dell’avvocato Meloni, non è contestato che il Lopez la abbia documentata. Se essa comportasse o meno l’insussistenza dei requisiti per la nomina dell’interessata a Sostituto Procuratore Federale è questione che (nel presente giudizio) non rileva, trattandosi di una mera tesi difensiva, che poteva essere fondata o meno.
Del pari non rileva la questione se ciò potesse avere influenza sulla legittimità degli atti di indagini compiuti dal Sostituto Procuratore, asseritamente privo dei requisiti per l’investitura nella carica.
Quanto all’utilizzo di frasi quali “asserito avvocato” o “sedicente avvocato” o dell’appellativo “signora”, non si vede come possa essere attribuito ad esse carattere offensivo nel contesto della tesi sostenuta in giudizio.
Il ricorrente, evidentemente, sosteneva che l’avv. Meloni non poteva fregiarsi del titolo di avvocato.
Si tratta di affermazione non condivisibile, giacché è noto che può fregiarsi del titolo di avvocato anche chi sia stato iscritto al relativo Albo. Questo, però, non significa che le citate affermazioni siano in sé lesive del prestigio e del decoro.
Lo stesso utilizzo della frase “sedicente avvocato”, che invero non compare nella memoria del 5 dicembre 2015, oggetto della contestazione, se anche può assumere, in determinati contesti, un significato spregiativo, in effetti sul piano letterale non ha altro significato che quello dell’attribuzione a se stesso di un determinato titolo o appellativo (che secondo quanto sostenuto in un motivo di ricorso si riteneva non spettante).
Al di là degli aspetti ora segnalati, la pronuncia oggetto di impugnazione non tiene, inoltre, conto del fatto che le affermazioni e le frasi sono state riportate in scritti prodotti nell’esercizio del diritto di difesa, che deve potersi liberamente esplicare, con l’unico limite del rispetto della dignità e del decoro altrui. E allorché tale limite venga superato, l’ordinamento appronta degli appositi rimedi, quali, tra gli altri, come rilevato dal ricorrente, l’ordine di cancellazione delle frasi ritenute offensive.
Tutto ciò senza considerare la circostanza, invero non rimarcata dal ricorrente, che dei contenuti degli scritti difensivi del soggetto assistito da un difensore deve eventualmente rispondere chi li ha redatti, vale a dire il difensore, pure laddove essi rechino la sottoscrizione anche dell’assistito.
12. - In conclusione, per gli esposti motivi ed assorbita ogni altra doglianza, il ricorso proposto avverso l’impugnata decisione della Corte Federale d’Appello della Federazione Italiana Tennis deve essere accolto.
Le spese del presente procedimento, da versare in favore del ricorrente Ugo Lopez, devono essere poste a carico della Federazione Italiana Tennis, risultata soccombente, e sono liquidate nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione
Accoglie il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate nella misura di € 1.000,00, oltre accessori di legge,
in favore del ricorrente, ing. Lopez.
DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 9 giugno 2017.
Il Presidente Il Relatore
F.to Dante D’Alessio F.to Giovanni Iannini
Depositato in Roma il 5 luglio 2017.
Il Segretario
F.to Alvio La Face