CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 62/2020 del 18 dicembre 2020 – Franci Zeneli/Federazione Italiana Pallacanestro
Decisione n. 62
Anno 2020
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Mario Sanino - Presidente
Vito Branca - Relatore
Guido Cecinelli
Marcello De Luca Tamajo
Giuseppe Musacchio - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 81/2020, presentato, in data 30 settembre 2020, dal sig. Franci Zeneli, rappresentato e difeso dall'avv. Marco D’Agostini,
contro
la Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Guido Valori e Paola Maria Angela Vaccaro,
per l'annullamento
della Delibera del Consiglio Federale della Federazione Italiana Pallacanestro n. 515/2020 del 26 giugno 2020, in C.U. n. 628 di pari data, pubblicata il 5 agosto 2020.
visti gli atti del ricorso, della memoria di costituzione della Federazione resistente e della successiva memoria ex art. 60, comma 4, CGS del ricorrente medesimo, nonché la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, all’udienza del 30 novembre 2020, in videoconferenza mediante la piattaforma Microsoft Teams, il difensore della parte ricorrente - sig. Franci Zeneli - avv. Marco D'Agostini; sono presenti personalmente gli avv.ti prof. Guido Valori e Paola Maria Angela Vaccaro, per la resistente FIP, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Alessandra Flamminii Minuto, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell'art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. avv. Vito Branca.
Ritenuto in fatto
Con ricorso depositato in data 30 settembre 2020, Franci Zeneli - tesserato per la stagione 2020/2021 per la società ASD Pielle Livorno, militante nel campionato regionale di Serie C Gold di basket - ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport chiedendo in via principale, previa declaratoria di ammissibilità del ricorso, l’annullamento della Delibera n. 515/2020 del 26 giugno 2020, pubblicata il 5 agosto 2020, con la quale il Consiglio Federale della Federazione Italiana Pallacanestro aveva rigettato la propria istanza di tesseramento, presentata in data 13 aprile 2020. Per l’effetto, ha richiesto una pronuncia che accertasse e dichiarasse l’equiparazione dello Zeneli agli atleti con status di formazione italiana.
In subordine, parte ricorrente ha formulato una domanda con la quale ha chiesto all’odierno Collegio di autorizzare il proprio tesseramento, anche senza il riconoscimento dello status di formazione italiana.
L’oggetto del ricorso portato alla cognizione dell’odierno Collegio concerne, pertanto, il diniego all’istanza di tesseramento “in deroga” reiterata dallo Zeneli in data 13 aprile 2020 - avendola già presentata in data 13 febbraio 2019, con esito parimenti negativo -, il cui accoglimento avrebbe, di contro, consentito all’atleta di partecipare al Campionato di Serie B di basket. Ha, all’uopo, rilevato parte ricorrente l’esistenza di una ratio di natura discriminatoria della norma applicata dal Consiglio Federale (art. 14 del Regolamento Esecutivo Tesseramento della Federazione Italiana Pallacanestro) che, al comma secondo, consente il tesseramento per i Campionati Nazionali non professionistici esclusivamente ad atleti che abbiano preso parte, per almeno 4 anni, ai Campionati federali di attività giovanile.
Ed invero, con il primo motivo di ricorso, la difesa di parte ricorrente ha sostenuto che la Delibera impugnata avesse violato una serie di principi di natura costituzionale, rispettivamente codificati negli artt. 3, 10 e 11 della Costituzione, anche in riferimento ad ulteriori norme e principi di matrice sovranazionale contenuti nella Direttiva UE 2003/109/CE e nella L. n. 654/1975 di ratifica della Convenzione di New York: ha eccepito, sul punto, lo Zeneli la natura “stringente” dell’art. 14 del Regolamento Esecutivo, la cui applicazione letterale sarebbe stata mitigata mediante la previsione nel corpo del Regolamento medesimo di una serie di deroghe. Eccezioni e deroghe cui, seguendo l’iter logico del ricorrente, hanno fatto seguito diversi provvedimenti del Consiglio Federale - allegati al ricorso - che hanno riconosciuto e/o equiparato la status di “atleta di formazione italiana” a soggetti privi dei requisiti di cui al citato art. 14, comma 2, Regolamento Esecutivo. Lo Zeneli ha sostenuto, quindi, di aver subito un trattamento di natura discriminatoria - per tanto censurabile anche in sede sportiva - in ragione del suo status di cittadino non italiano, né residente in Italia sin dalla nascita.
Con il secondo motivo di ricorso, è stata censurata l’omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, che si tradurrebbe nell’aver il Consiglio Federale omesso di motivare in ordine alla disparità di trattamento riservata ad atleti di nazionalità italiana in situazioni che il ricorrente ha sostenuto essere analoghe alla propria, ma nelle quali l’Organo Federale aveva diversamente concesso l’autorizzazione al tesseramento. Ha, altresì, evidenziato la difesa dello Zeneli - sempre nel corpo di tale secondo motivo di ricorso - un presunto vizio valutativo in cui sarebbe incorso il Consiglio Federale, avendo erroneamente equiparato la prima istanza proposta dall’odierno ricorrente (febbraio 2019) alla successiva dell’aprile 2020, sebbene formulate sulla scorta di elementi e presupposti differenti, tra cui l’intervenuta prassi del Consiglio Federale, consolidatasi nel tempo alla stregua delle delibere autorizzative in deroga, già indicate.
Il terzo ed ultimo motivo di ricorso contiene censure che afferiscono alla posizione dello Zeneli quale “lavoratore”; ha ritenuto, in argomento, la difesa del ricorrente che la Delibera impugnata cagionerebbe una “palese discriminazione sul lavoro”, fondata esclusivamente sull’assenza della cittadinanza italiana in capo allo Zeneli, in violazione delle norme di cui al T.U. sull’Immigrazione (D.Lgs. n. 286/1998).
Con memoria del 9 ottobre 2020, si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Pallacanestro, eccependo in via preliminare l’inammissibilità e/o l’improcedibilità del ricorso ed in subordine il rigetto dello stesso, stante l’infondatezza dei motivi ivi proposti.
In ordine alla censura d’inammissibilità/improcedibilità - con espressa esclusione di una delibazione nel merito della controversia - la difesa della FIP ha evidenziato la violazione delle norme e dei principi di cui allo Statuto CONI, con esclusivo riferimento all’art. 12bis in ordine alla giurisdizione e competenza del Collegio di Garanzia dello Sport, da intendersi in combinato disposto con l’art. 55 dello Statuto FIP.
Ha, all’uopo, osservato la difesa della Federazione resistente che l’inammissibilità del gravame discenderebbe da un vizio di incompetenza del Collegio adito, difettando nella fattispecie de qua il provvedimento di giustizia definitivo emesso in ambito endofederale, quale presupposto necessario sul quale può intervenire il sindacato di legittimità del Supremo Collegio. Ha, parimenti, rilevato la medesima resistente la sussistenza in capo allo Zeneli dell’onere di impugnazione della Delibera di rigetto n. 515/2020 innanzi agli Organi di Giustizia Sportiva di natura Federale - nello specifico il Tribunale Federale -, alla stregua dell’art. 57 dello Statuto FIP e dell’art. 109 del Regolamento di Giustizia FIP: ha, pertanto, escluso che la gravata Delibera potesse qualificarsi alla stregua di una “decisione non altrimenti impugnabile”.
La Federazione resistente ha, comunque, eccepito l’inammissibilità/improcedibilità del ricorso per tardività dello stesso, atteso che lo stesso risulterebbe essere stato proposto oltre il perentorio termine di decadenza previsto dal Codice di Giustizia Sportiva: ciò - seguendo la ricostruzione offerta da parte resistente - poiché il ricorrente avrebbe avuto effettiva conoscenza della gravata Delibera in epoca antecedente (3 luglio 2020) alla pubblicazione della stessa mediante il C.U. n. 628 (5 agosto 2020), con conseguente inesorabile decorrenza del termine. Ha, alternativamente, eccepito la Federazione che il termine di 30 giorni sarebbe comunque decorso anche dalla data di pubblicazione della Delibera, atteso che l’odierna impugnazione è stata successivamente proposta solo in data 30 settembre 2020.
In subordine - e nel merito - la difesa della Federazione Italiana Pallacanestro ha rilevato l’infondatezza del ricorso proposto dall’atleta Zeneli, eccependo l’assenza di un interesse attuale e concreto in capo al ricorrente, quale presupposto per la sua ammissibilità, in virtù dell’inesistenza di alcun effetto pregiudizievole a fronte del diniego dell’autorizzazione al tesseramento dell’atleta e prendendo successivamente e coerentemente posizione sui tre motivi di censura sollevati dal ricorrente.
Ed invero, con riferimento al primo motivo di ricorso - concernente la presunta violazione di norme anche di rango costituzionale e comunitario finalizzate ad assicurare il godimento di diritti fondamentali -, parte resistente ha ritenuto che la Delibera impugnata non impedisse l’esercizio dei diritti contestati, laddove, in realtà, la pretesa di giocare in assenza dei requisiti previsti dalle regole della Federazione non costituirebbe un diritto stricto sensu tutelabile. Così come dovrebbe, parimenti, escludersi il riconoscimento dello status di “formato" in deroga, sulla base di una equiparazione rispetto ad altri e simili casi, poiché del tutto eccezionali e giustificati da peculiari situazioni personali e/o curriculari differenti da quelle del ricorrente Zeneli.
In ordine al secondo motivo di ricorso, la difesa della Federazione Italiana Pallacanestro ha, altresì, eccepito l’infondatezza della doglianza relativa ad una presunta omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in ossequio alle regole che impongono la necessità di una adeguata motivazione esclusivamente con riferimento ai casi di accoglimento della “deroga” - nei quali è indispensabile giustificare la disapplicazione di una norma di carattere generale -, e non anche rispetto alle ipotesi di diniego.
Infine, parte resistente ha ritenuto parimenti infondata la censura proposta dal ricorrente concernente una asserita violazione di norme poste a tutela del lavoratore e dei rapporti di lavoro: anzitutto essa parrebbe priva di qualsivoglia allegazione documentale ed, in concreto, la rimostranza sarebbe infondata poiché nel settore dilettantistico la FIP non sarebbe tenuta a conoscere del rapporto di lavoro tra club e atleti ed a salvaguardare rapporti economici dei medesimi.
Il contraddittorio processuale si è completato con il successivo deposito di una breve memoria ex art. 60, quarto comma, CGS, di parte ricorrente, a mezzo della quale la difesa dello Zeneli ha diffusamente contestato i rilievi proposti dalla Federazione, sia in rito che nel merito. In ordine al vizio preliminare d’inammissibilità, il ricorrente ha proceduto ad identificare la Delibera impugnata come “provvedimento di giustizia” - pertanto oggetto di scrutinio dell’odierno Collegio richiamando, altresì, due norme del Regolamento di Giustizia FIP.
A sostegno della procedibilità del ricorso, la difesa dello Zeneli ha, peraltro, fatto riferimento alla circostanza relativa all’ammissione del proprio Assistito all’istituto del gratuito patrocinio, di cui all’art. 4 del Regolamento di Organizzazione e Funzionamento del Collegio: “se davvero avesse ritenuto inammissibile o improcedibile la prospettazione del ricorrente, di per certo non lo avrebbe ammesso all’istituto del gratuito patrocinio[…]”.
All’udienza del 30 novembre 2020, le parti hanno insistito nell’accoglimento delle già rassegnate conclusioni.
La Procura Generale dello Sport ha concluso per l’inammissibilità in rito del ricorso e, comunque, per la sua infondatezza nel merito.
Considerato in diritto
Rileva preliminarmente il Collegio che l’esame degli atti di parte e dei documenti allegati impone una pronuncia d’inammissibilità del ricorso, precludendo qualsivoglia ulteriore valutazione in ordine alla fondatezza dello stesso.
Il Collegio, pur consapevole della rilevanza e delicatezza del thema decidendum prospettato dal ricorrente, ritiene di non potersi spingere sino ad una disapplicazione - anche parziale - di regole e principi cardine del diritto sportivo che identificano il proprio ruolo di Giudice di legittimità e delimitano il sindacato della propria cognizione: regole e principi in parte richiamati dalla difesa della Federazione resistente nella propria memoria di costituzione, la cui eccezione d’inammissibilità del ricorso è, pertanto, parzialmente fondata.
All’uopo osserva il Collegio che la competenza al medesimo attribuita dalle fonti di matrice sportiva può pacificamente rinvenirsi nel combinato disposto di cui agli artt. 12bis dello Statuto CONI attualmente vigente (modificato dal Consiglio Nazionale il 2 ottobre 2019 con deliberazione n. 1647, approvato con DPCM del 10 gennaio 2020) e 54 del Codice della Giustizia Sportiva del CONI: norme, peraltro, parzialmente trasposte negli Statuti Federali, anche al fine di coordinare l’attività e le funzioni del Collegio di Garanzia con le diverse competenze di Tribunali e Corti di Appello in ambito federale.
Orbene, il citato art. 12bis - al primo comma - individua primariamente le funzioni giudicanti dell’odierno Collegio “cui è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva in ambito federale”, ad esclusione di specifiche materie ivi indicate: si tratta, all’evidenza, della perfetta rappresentazione ed identificazione del Collegio di Garanzia quale “organo di ultimo grado della giustizia sportiva” (cfr. art. 12bis cit.), la cui statuizione costituisce in buona sostanza l’epilogo definitivo del processo sportivo, non essendo ulteriormente impugnabile.
Tale principio trova recentissima conferma nella giurisprudenza di codesto Collegio, il quale ha sancito che “al di fuori delle ipotesi espressamente previste dall’Ordinamento sportivo nazionale, gli atti federali trovano la loro sede naturale di impugnazione davanti agli Organi della Giustizia federale e, solo una volta esauriti i gradi della Giustizia endofederale e alle condizioni sancite dal CGS del CONI, tali atti possono essere oggetto di un ricorso davanti al Collegio di Garanzia dello Sport, stante il carattere di tassatività delle ipotesi di cui il Collegio di Garanzia dello Sport può pronunciarsi quale giudice unico e di merito” (Collegio di Garanzia dello Sport, I^ Sezione, decisione n. 14 del 13 febbraio 2019; conf. CGS, Sezioni Unite, decisione n. 62 del 25 settembre 2018).
Il secondo comma della richiamata norma - alla quale si riconduce il già cennato art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva - pone una ulteriore specifica sul tema della competenza del Collegio seguendo uno schema differente, incentrato sul diritto soggettivo all’impugnazione di un provvedimento che si possa ritenere astrattamente lesivo, peraltro al di fuori dell’ordinario iter processuale di natura endofederale (Tribunale - Corte di Appello Federale): “E’ ammesso ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento emesse dagli organi di giustizia federale[…]”.
L’odierno Collegio ha già affrontato la questione relativa alla propria competenza, anche con riferimento al rapporto tra il primo ed il secondo comma dell’art. 12bis Statuto CONI: “Ai sensi dell’art. 12bis, comma 2, dello Statuto del Coni e dell’art. 54, comma 1, del CGS, il Collegio di Garanzia dello Sport è competente a conoscere dei ricorsi proposti avverso le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia; ai sensi dell’art. 12bis, comma 1, dello Statuto del Coni, al Collegio di Garanzia dello Sport è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva in ambito federale. Il carattere di definitività delle decisioni endofederali deve essere tenuto distinto dal profilo della non impugnabilità e deve essere inteso in ragione della funzione di garanzia attribuita al Collegio stesso, quale organo di chiusura dell’ordinamento sportivo competente a conoscere dei ricorsi avverso tutte quelle pronunce, ancorchè non decise in via definitiva, che non potrebbero essere contestate innanzi ad altri organi della giustizia sportiva, dovendosi pertanto valorizzare l’impossibilità di rivolgersi ad organi giurisdizionali per vedere tutelate le proprie istanze” (Collegio di Garanzia dello Sport, III^ Sezione, decisione n. 22 del 27 marzo 2017).
Il superiore dettato normativo (art. 12bis, comma secondo) è connotato da innegabile chiarezza e rigidità, che non si presta ad interpretazioni estensive - financo creative - anche se suggerite da personali interessi di una parte processuale. L’oggettiva esegesi della disposizione induce a restringere la cognizione dell’odierno Collegio e la derivata ammissibilità del ricorso avverso provvedimenti che abbiano natura decisoria, emessi da soggetti specificamente individuati (“gli organi di giustizia federale”) e che non possano essere diversamente impugnati.
La rigidità ed inderogabilità della citata norma (e dell’art. 54 Codice della Giustizia Sportiva) è stata ulteriormente rimarcata da codesto Collegio di Garanzia, il quale ha avuto modo di chiarire che “In forza dell’art. 54 del CGS del Coni, è proponibile ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia. Tale disposizione non può essere derogata da una fonte secondaria, quale il regolamento organico della federazione sportiva” (Collegio di Garanzia dello Sport, III^ Sezione, decisione n. 18 del 3 marzo 2017).
Orbene, con riferimento al gravame proposto dal ricorrente Franci Zeneli, si osserva come, a fronte dell’eccezione d’inammissibilità del ricorso ritualmente e tempestivamente proposta dalla difesa della Federazione Italiana Pallacanestro, parte ricorrente abbia replicato nella propria successiva memoria sostenendo la tesi della generica natura di “provvedimento di giustizia” della Delibera n. 515/2020, oltreché la non impugnabilità della stessa innanzi al Tribunale Federale.
Tali rilievi - prossimi a vere e proprie petizioni di principio - appaiono del tutto erronei, oltreché privi di fondamento.
In ordine alla qualificazione della gravata Delibera del Consiglio Federale del 26 giugno 2020, l’assunto di parte ricorrente che identifica la Delibera medesima nei soprariferiti termini di “provvedimento di giustizia” - mediante un rinvio ai diritti fondamenti di rango costituzionale - è per un verso irrilevante e per altro del tutto fuorviante.
Infatti, l’impugnata Delibera n. 515/2020 non può assurgere, all’evidenza, al rango di “decisione”, da intendersi quale provvedimento emesso da un Giudice - o altro soggetto investito di analoghi poteri, ad es., un Arbitro o un Collegio Arbitrale - idoneo a decidere una controversia insorta tra due o più parti: tutte le riportate caratteristiche sono carenti nell’atto oggetto dell’odierno gravame.
L’inammissibilità del ricorso proposto dallo Zeneli discende, altresì, da altro profilo collegato al tenore letterale dell’art. 12bis, secondo comma, ove si sancisce che il sindacato del Collegio si estende alle decisioni (non altrimenti impugnabili) “emesse dagli organi di giustizia federale”.
Al fine di individuare detti organi, soccorre la chiara indicazione posta dall’art. 3 del Codice della Giustizia Sportiva, il quale include nella suddetta categoria, oltre al Collegio di Garanzia dello Sport, i Giudici Sportivi nazionale e territoriali, la Corte Sportiva d’Appello, nonché i Giudici Federali (Tribunale e Corte di Appello): trattasi di un numerus clausus, al quale non appartiene - all’evidenza - il Consiglio Federale, organo di altra natura e composizione al quale sono deputate ulteriori e diversi funzioni.
Difetta, infine, nella Delibera n. 515/2020 anche l’ulteriore requisito della inimpugnabilità innanzi agli organi di giustizia federale: basti, all’uopo, richiamare gli artt. 57, comma 4, dello Statuto FIP, 104 e 109 del Regolamento di Giustizia FIP, tra loro in combinato disposto, i quali attribuiscono alla cognizione del Tribunale Federale il sindacato su “tutti i fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo” - tra cui deve farsi rientrare a pieno titolo anche la Delibera che ha negato il tesseramento allo Zeneli -, disciplinando, altresì, l’accesso al Tribunale medesimo mediante ricorso da depositarsi entro un termine perentorio (30 giorni) ivi indicato e con specifiche modalità.
E’, sul punto, fondata l’eccezione della Federazione resistente ed, ex adverso, risulta del tutto erroneo l’iter seguito dalla difesa di parte ricorrente nella propria memoria. Osserva, invero, l’adito Collegio che il rinvio effettuato dalla difesa dello Zeneli alle fattispecie di cui agli artt. 104, primo comma, e 110, secondo comma, del Regolamento di Giustizia cit. non ha carattere di esaustività in ordine alla competenza del Tribunale Federale, ma individua peculiari casistiche ad esso devolute che si affiancano - senza sostituirle, come si evince dalla formulazione dell’art. 104, primo comma, e dall’utilizzo dell’avverbio “altresì” - alla generale competenza del Tribunale sopra indicata.
Irrilevante - e per certi aspetti censurabile - è il richiamo all’istituto del gratuito patrocinio effettuato da parte ricorrente al fine di fondare l’asserita ammissibilità del ricorso. Ciò si desume agevolmente dalla ratio del citato istituto e dal tenore letterale della norma (art. 4 del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport), che esclude categoricamente qualsivoglia forma di “scrutinio preventivo” in capo al Collegio di Garanzia sull’ammissibilità del ricorso al momento della trasmissione dell’istanza per ottenere il suddetto beneficio.
La particolare natura della controversia e la specifica veste processuale del ricorrente suggeriscono, oggettivamente, la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Dichiara inammissibile il ricorso. Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 30 novembre 2020.
Il Presidente Il Relatore
F.to Mario Sanino F.to Vito Branca
Depositato in Roma, in data 18 dicembre 2020.
Il Segretario
F.to Alvio La Face