Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0081/CFA del 31 Gennaio 2024 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione  del Tribunale federale nazionale, Sezione Disciplinare, n. 0128/TFNSD-2023-2024 del 21.12.2023

Impugnazione – istanza: –  Sig. G.H./Procura Federale

Massima: Confermata la decisione del TFN che ha sanzionato con anni 1 e mesi 6  il presidente del consiglio di amministrazione per la violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S., in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle N.O.I.F. ed anche in relazione all’art.19 dello Statuto della F.I.G.C. Era invero accaduto che, a seguito di rilevanti difficoltà economico-finanziarie e dell’accertamento del relativo stato di insolvenza, con sentenza n. 24/2022 del 5 luglio 2022, il Tribunale civile di Livorno aveva dichiarato il fallimento della Società A.S. Livorno Calcio S.r.l….Nel caso specifico, allora, deve ritenersi applicabile il principio accolto dalla giurisprudenza, secondo cui è censurabile l’inerzia dei componenti (anche senza deleghe) del consiglio di amministrazione di una società poi fallita, là ove detti amministratori si trovino davanti ad evidenti indicatori dello stato di crisi economica e finanziaria in cui versi la società nei mesi antecedenti il fallimento (cfr. Cass. 2.3.2020, n. 17626). Ove tali indicatori vi siano – e nel caso dell’AS Livorno Calcio S.r.l. non v’è dubbio alcuno – gli amministratori hanno il potere e il dovere di attivarsi per impedire le conseguenze più gravi del dissesto. Il mancato accertamento delle condizioni di liquidazione ovvero la mancata tempestiva richiesta di dichiarazione di fallimento (o altra procedura concorsuale) da parte dell’amministratore, per consentire (nell’un caso o nell’altro) una effettiva par condicio tra i creditori e la limitazione dell’aggravamento dell’insolvenza, è certamente sanzionabile. Simili comportamenti omissivi, del resto, che nel caso che qui occupa vanno ascritti a colpa grave del sig. … per tutto quanto sopra descritto, non rispondono per certo (e in ogni caso) ai principi desumibili dall’art. 4, comma 1, del C.G.S., in combinazione con l’art. 21, commi 2 e 3, delle N.O.I.F. e con l’art.19 dello Statuto della F.I.G.C., trovando quindi conferma la conclusione di condanna raggiunta dal Tribunale di primo grado. E ciò, anche in riferimento all’atteggiamento sostanzialmente contraddittorio (ma non adeguatamente motivato) tenuto dal sig. Giorgio Heller rispetto all’approvazione del bilancio al 31.12.2020, avendo lo stesso contribuito al relativo risultato negativo ma avendo lo stesso sig. … deciso di astenersi dal votarlo (cfr. il verbale del consiglio di amministrazione del 21.5.2021 riportato a pag. 4212 del file trasmesso dal curatore alla Procura federale). Quanto all’aggravamento della condizione di insolvenza essa appare dimostrata da quanto sin qui detto, dalle stesse dichiarazioni del sig. …, ed ancora dai rilievi contenuti nella già richiamata relazione ex art. 33 del curatore fallimentare e più in generale dall’aumento della perdita divenuta di euro 5.759.000,00 al 31.12.2020 e di ulteriori euro 4.292.978,39 al 31.12.2021 (pur avendo la Società interrotto l’attività sportiva). D’altronde, è anche documentale la circostanza che nel corso della gestione del sig. …, benché i soci non finanziassero la Società e questa divenisse via via sempre più irrecuperabile, siano stati sottoscritti nuovi contratti (cfr. ancora il consiglio di amministrazione del 4.12.2020 riportato a pag. 4182 del file trasmesso dal curatore alla Procura federale) che al dì là della loro dimensione (comunque non trascurabile) hanno certamente aggravato l’esposizione debitoria della AS Livorno Calcio S.r.l.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0004/CFA del 27 Luglio 2021 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione n. 172/TFN-SD 2019/2020 del Tribunale Federale Nazionale della FIGC-Sezione Disciplinare e decisione della Corte Federale d’Appello della FIGC, Sezioni Unite, n. 20/2020-2021 a seguito della decisione n. 41/2021 del Collegio di Garanzia - Sezioni Unite

Impugnazione – istanza: sig. B.A./sig. F.E.

Massima: La Corte pronunciando in sede di rinvio a seguito della decisione n. 41/2021 del Collegio di Garanzia - Sezioni Unite, accoglie il reclamo della Procura federale e, per l'effetto, confermando le precedenti sanzioni inflitte, ma con diversa motivazione, irroga l’inibizione di mesi 6 al componente del consiglio di amministrazione della società dal 3/5/2018 al 2/7/2018 per la violazione dell’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16/6/2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, per aver violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver espressamente dissentito, di conseguenza avallandole, dalle scelte operate dagli altri amministratori nella conduzione della società US Città di Palermo SpA e, quindi, per non aver impedito e, al contrario, consentito, nonostante il proprio ruolo di componente del Consiglio di Amministrazione, una gestione antieconomica della società fino a comportarne il dissesto e per non aver sollecitato utili interventi di ricapitalizzazione idonei al risanamento della Società, contribuendo in tal modo al suo fallimento con conseguente revoca dell’affiliazione da parte della FIGC con Comunicato Ufficiale n. 101/A del 25.10.2019 ed anni 1 al componente del consiglio di amministrazione della società dal 20/12/2018 al 30/12/2018 ed amministratore delegato dotato di poteri di rappresentanza della stessa società dal 31/12/2018 al 13/2/2019 per la violazione dell’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16/6/2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, per aver violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, per aver determinato con il proprio comportamento, una gestione antieconomica della società fino a comportarne il dissesto e per non aver posto in essere utili interventi di ricapitalizzazione idonei al risanamento della Società, determinando in tal modo il suo fallimento con conseguente revoca dell’affiliazione da parte della FIGC con Comunicato Ufficiale n. 101/A del 25.10.2019

Massima:….l’art.21 delle NOIF, nel presupporre l’accertamento di profili di colpa dell’amministratore in carica al momento della dichiarazione di fallimento, va interpretato nel senso “che la colpa in questione non necessariamente deve riguardarsi sotto il profilo della sua influenza nella determinazione del dissesto della società, ma può più ampiamente concernere anche la scorrettezza di comportamenti (pure in particolare sotto il profilo sportivo) della società. Vero è che una valutazione volta ad accertare il rispetto dei principi di lealtà, probità e correttezza implica un percorso probatorio e argomentativo in parte diverso rispetto ad un giudizio concentrato sulla esatta violazione delle regole puramente societarie (civilistiche o penalistiche). Per essere più chiari, i doveri di lealtà, probità e correttezza comportano qualcosa di più e al limite anche di diverso rispetto agli obblighi desumibili dagli artt. 2381 e 2932 c.c. ovvero rispetto alle fattispecie penalistiche o comunque sanzionatorie poste a presidio dei reati societari o fallimentari. Ad esatto conforto di quanto si va dicendo è utile richiamare gli stessi principi interpretativi adottati di recente dallo stesso Collegio di Garanzia, in sede consultiva, con il parere n. 5/2017. Sia pure nell’ambito di un ragionamento più ampio, proprio il Collegio di Garanzia ha chiarito che, “in ambito sportivo, l’ampio e generalizzato consenso che ricevono le clausole generali di lealtà e correttezza si ricava agevolmente dalla lettura di un dato normativo che, ripetutamente, si richiama a principi etici di rilevanza giuridica e morale []. È noto che il Codice di Comportamento sportivo [ma ovviamente lo stesso discorso vale a maggior ragione per il Codice di Giustizia Sportiva] è considerato come l’atto attraverso il quale i principi etici acquistano uno specifico rilievo giuridico nel mondo sportivo. In quest’ottica, [] al principio di lealtà sportiva poteva e può assegnarsi la natura di principio, oltre che prettamente etico, anche giuridico. Siffatta premessa deve ritenersi [], di particolare importanza. La difficoltà di offrire una definizione esaustiva dei doveri di lealtà, correttezza, probità non impedisce di considerarne la rilevanza dal punto di vista giuridico. La dottrina civilistica non manca, in proposito, di osservare come la clausola generale, nell'ambito normativo in cui si inserisce introduca un criterio ulteriore di rilevanza giuridica, a stregua del quale il giudice seleziona certi fatti o comportamenti per confrontarli con un determinato parametro e trarre dall'esito del confronto certe conseguenze giuridiche. Vero è che la struttura tipica delle clausole generali è quella di norme incomplete che non hanno una propria autonoma fattispecie essendo destinate a concretizzarsi nell'ambito dei programmi normativi di altre disposizioni”. Ed il principio da applicare – prosegue ancora il parere n. 5/2017 del Collegio di Garanzia – è allora che “ l’assimilabilità concettuale della lealtà ai principi generali di correttezza e buona fede (Galgano) induce a ritenere che essa debba considerarsi clausola di chiusura del sistema, poiché evita di dover considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio. Questo discorso trova [] fecondo terreno di applicazione nell’ordinamento sportivo. Non diversamente da quanto accade per l’ordinamento statale – dove il richiamo ai doveri inderogabili di lealtà, correttezza e integrità acquista una caratteristica connotazione giuridica, che affiora proprio dalla necessità di porre limiti a situazioni giuridiche soggettive, alla luce dei valori costituzionali che ispirano l’ordinamento – nel caso dell’ordinamento sportivo, gli obblighi di lealtà, correttezza, non violenza, non discriminazione, appaiono interpretare l’essenza stessa dell’ordinamento, al punto che la loro violazione si traduce nella negazione stessa dei fini cui è rivolta l’attività sportiva”. Dunque, “espressioni come buona fede, correttezza, lealtà appaiono [sì] generiche e vaghe da rischiare di smarrire qualsiasi risvolto pratico, al punto da renderne difficile definire i confini di applicazione. E, tuttavia, la intrinseca flessibilità di questi concetti rinvia alle regole morali e di costume generalmente accettate e, più in generale, ad un affidamento sulla correttezza della condotta che non può non rilevare anche in ambito sportivo. Qui il rispetto degli obblighi di lealtà e correttezza – pur con quei limiti di definizione di cui si diceva – si fa più intenso, proprio in considerazione della peculiarità dell’ordinamento sportivo”. È esattamente così. Come già si è segnalato, il principio fondamentale del fair play e più in dettaglio i comportamenti esigibili ai sensi degli artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva (già art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16/6/2019) sono persino qualcosa in più del puro rispetto delle regole applicabili ad un “qualunque” amministratore. Il Codice di Giustizia Sportiva, del resto, non opera un richiamo (come pure avrebbe potuto) agli artt. 2381 o 2392 c.c. e dunque alle relative regole attuative o di interpretazione. E neppure ciò accade per lo Statuto della FIGC (art. 19), che invece (e di nuovo) si riferisce a clausole aperte, di “equilibrio economico e finanziario” e di “corretta gestione. Il giudice sportivo, dunque, non è deputato a valutare le responsabilità ordinarie. E neppure deve dimostrare una perdita economica (giacché una tale dimostrazione neppure è richiesta). Esso deve valutare il rispetto della lex specialis costituente l’ordinamento sportivo. Ed è chiamato a traguardare con tale disciplina speciale – e non con quella ordinaria – se le modalità con le quali “la persona [deferita] si è comportata, o per il contesto nel quale ha agito, [hanno determinato o meno] una compromissione” dei valori cui si ispira l’ordinamento sportivo (principio ancora contenuto nel parere del Collegio di Garanzia n. 5/2017). Questo, dunque, è il giudizio che si chiede al giudice sportivo. Semmai, in una simile prospettiva, a maggior ragione deve valere quel chiaro orientamento per cui “l’inerzia del singolo amministratore, anche se da sola insufficiente ad impedire l’evento pregiudizievole, nell’unirsi all’identico atteggiamento omissivo - sia esso colposo o doloso - degli altri componenti dell’organo amministrativo, acquista efficacia causale rispetto al dissesto, o all’aggravamento del dissesto, in quanto l’idoneità dell’opposizione del singolo a impedire l’evento deve essere considerata non isolatamente, ma nella sua attitudine a rompere il silenzio e a sollecitare, con il richiamo agli obblighi imposti dalla legge ed ai principi di corretta amministrazione, un analogo atteggiamento da parte degli altri amministratori” (così Cassazione Penale, Sez. V, 27 febbraio 2019, n. 8544)…Il principio ora riportato, se letto in combinazione con lo scopo del giudizio sportivo (valutare se vi sia stata una compromissione dei valori cui si ispira l’ordinamento sportivo stesso), appare anche in grado di assorbire i cenni operati dal Tribunale Federale (nella decisione di primo grado) rispetto ad una potenziale interruzione del rapporto di causalità tra le condotte dei deferiti e la dichiarazione di fallimento della US Città di Palermo SpA. In proposito, anzi, la decisione del Tribunale Federale appare basarsi su un automatismo in realtà insussistente e fors’anche su una vera e propria svista. A dire del Tribunale Federale, infatti, l’improcedibilità del concordato preventivo originariamente presentato dalla US Città di Palermo SpA (improcedibilità a sua volta determinata, inter alia, dall’abuso dello strumento del concordato preventivo, dalla effettuazione di atti in frode ai sensi dell’art. 173 Legge Fallimentare o dal venir meno ad obblighi informativi) risultava la vera causa contingente del fallimento e, dunque, poteva operare come potenziale cesura del nesso di causalità tra il comportamento degli amministratori e il fallimento stesso. In realtà, la valutazione operata dal Tribunale Fallimentare di Palermo nella “prima parte” della sentenza n. 112/2019, con riguardo all’improcedibilità del concordato preventivo della US Città di Palermo SpA, lasciava intatta l’autonoma valutazione della sussistenza (o meno) dello stato di insolvenza della US Città di Palermo SpA. Valutazione, questa, esattamente operata dal medesimo Tribunale Fallimentare nella ulteriore e “seconda parte” della sentenza (in particolare pag. 9 della sentenza n. 112/2019) in cui si attesta che “risulta, altresì, acclarata la sussistenza dello stato di insolvenza di cui all’art. 5 L.F., tenuto conto delle ingentissime esposizioni debitorie gravanti sulla società, della circostanza che la stessa non è più operativa, della stessa denuncia dello stato di crisi contenuta nel ricorso ex art. 161 comma VI L.F.” e dunque “ricorrono i presupposti di legge per la dichiarazione del chiesto fallimento. Insomma, è innegabile che la US Città di Palermo SpA, nell’ottobre 2019, fosse incapace di far fronte regolarmente e con mezzi normali alle proprie obbligazioni. Ed è questa circostanza ad aver portato alla sentenza dichiarativa di fallimento. È l’insolvenza il presupposto accertato dal Tribunale Fallimentare di Palermo quale ragione fondante il fallimento (e non avrebbe potuto essere diversamente), non potendo in alcun modo le vicende relative al (mancato) concordato preventivo interrompere il possibile nesso causale tra le condotte nel tempo tenute dagli amministratori della società fallita e le cause finanziarie ed economiche del fallimento stesso (appunto rappresentate dall’insolvenza). Su queste basi, allora, è utile ripercorrere le condotte specifiche che dagli atti di causa emergono come imputabili ai sigg.ri ed ….Ebbene, i comportamenti censurabili. …. appaiono molteplici, sia a carattere omissivo, sia in taluni casi a carattere persino commissivo. E tutti in ogni caso ampiamente dimostrati dalla documentazione in atti (probabilmente data per presupposto dalla decisione della Corte Federale d’Appello, Sezioni Unite, n. 20/2020-2021, il cui difetto è forse stata una eccessiva “sintesi” di motivazione). A tal proposito, del resto, è utile sottolineare che il fascicolo del giudizio contiene numerosissimi documenti rivenienti non solo dalle attività svolte dalla Covisoc o dalla stessa Procura Federale o ancora rivenienti dalla documentazione prodotta dalle parti, bensì anche dai procedimenti penali che a vario titolo o grado hanno interessato i soggetti deferiti e la US Città di Palermo SpA, e ancora dalla procedura di fallimento.

 

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  – Sezioni Unite: Decisione n. 41 del 03/06/2021www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione dalla Corte Federale dAppello della FIGC, Sezioni Unite n. 20/2020-2021 del 22 settembre 2020 con il quale, in riforma della decisione n. 172/TFN-SD 2019/2020 del Tribunale Federale Nazionale della FIGC-Sezione Disciplinare, che aveva rigettato il deferimento della Procura Federale della FIGC a carico,

è stato accolto il reclamo proposto dal Procuratore Federale e, per l'effetto, è stata irrogata, nei confronti: - della sig.ra D. A., la sanzione dell'inibizione per 2 anni e 3 mesi, per avere violato lart. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dallart. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, nonché per aver mantenuto comportamenti che hanno contribuito e agevolato il dissesto finanziario della U.S. Città di Palermo S.p.A. - della sig.ra G., la sanzione dell'inibizione per sei mesi, per avere violato lart. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza; - della sig.ra Z., la sanzione dell'inibizione per sei mesi, per avere violato lart. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza;

- del sig. Z., la sanzione dell'inibizione per cinque anni, per avere violato lart. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dallart. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza;- del sig. B., la sanzione dell'inibizione per sei mesi, per avere violato lart. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza;- del sig. F., la sanzione dell'inibizione per un anno, per avere violato lart. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, nonché per aver mantenuto comportamenti che hanno contribuito e agevolato il dissesto finanziario della U.S. Città di Palermo S.p.A.;- del sig. T., la sanzione dell'inibizione per nove mesi, per avere violato lart. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, nonché per aver mantenuto comportamenti che hanno contribuito  e agevolato il -  del sig. M., la sanzione dell'inibizione per un anno, per avere violato lart. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma  2, e 4, comma 1, del vigente Codicdi Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dallart. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, nonché per aver mantenuto comportamenti che hanno contribuito e agevolato il dissesto finanziario della U.S. Città di Palermo S.p.A.; del sig. A., la sanzione dell'inibizione per un anno, per avere violato lart. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma  2, e 4, comma 1, del vigente Codicdi Giustizia Sportiva), in relazione a quanto disposto dallart. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in ordine alla violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, nonché per aver mantenuto comportamenti che hanno contribuito e agevolato il dissesto finanziario della U.S. Città di Palermo S.p.A.

Parti: D. D. A./Federazione Italiana Giuoco Calcio – L. G./Federazione Italiana Giuoco Calcio – S. R. Z./Federazione Italiana Giuoco Calcio M. Z./Federazione Italiana Giuoco Calcio – A. B./Federazione Italiana Giuoco Calcio E. F./Federazione Italiana Giuoco Calcio – J. M. T./Federazione Italiana Giuoco Calcio – V.M./Federazione Italiana Giuoco Calcio – A. A./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: La Corte Federale DAppello, con la decisione impugnata, in integrale riforma della decisione adottata del Tribunale Federale, ha condannato i ricorrenti alle diverse sanzioni, avendoli ritenuti responsabili delle condotte oggetto dellrichiesta di deferimento. In particolare, la Corte Federale, dopo aver operato una ampia ricostruzione della vicenda che ha poi determinato il fallimento della società calcio Palermo, ha sostenuto che erroneamente il Tribunale Federale aveva ritenuto non perseguibili le condotte dei ricorrenti che, invece, avevano concorso a determinare, con le loro azioni (ed omissioni), il fallimento della società di calcio e dovevano quindi essere ritenuti responsabili per tale fallimento, ai sensi dell’art. 21 delle NOIF, con la conseguente applicazione delle sanzioni poi irrogate. Per giungere a tale conclusione la Corte Federale ha ricordato che la responsabilità disciplinare prevista dall’art. 21 delle NOIF non è una responsabilità di tipo oggettivo, legata solo allesercizio di determinate funzioni nella società sportiva poi dichiarata fallita, ma è una responsabilità legata a determinati comportamenti, anche omissivi, tenuti dai soggetti che hanno rivestito determinate funzioni nella società nel biennio che ha preceduto il fallimento e che sono stati causa del fallimento. Sulla base di tali presupposti, la Corte Federale, anche al fine di individuare le responsabilità di rilievo disciplinare dei singoli incolpati, ha diviso in quattro fasi le vicende che hanno portato al fallimento della società calcio Palermo, in ciascuna di esse facendo riferimento anche alle posizioni rivestite dai ricorrenti e ad alcune specifiche condotte degli stessi ritenute rilevanti ai fini della responsabilità disciplinare, per poi concludere che sussisteva una responsabilità, rilevante ai fini sportivi, di tutti gli inquisiti, con la conseguente irrogazione di una sanzione graduata in ordine alle singole posizioni e ai comportamenti (anche omissivi) tenuti dagli inquisiti. Ciò premesso, questo Collegio di Garanzia deve preliminarmente ricordare che lart. 21 delle NOIF prevede, al comma 2, che Non possono essere dirigentiné avere responsabilità e rapporti nell'ambito delle attività sportive organizzate dalla F.I.G.C. gli amministratori che siano o siano stati componenti di organo direttivo di società cui sia stata revocata l'affiliazione a termini dell'art. 16ed aggiunge, al comma 3, che Possono essere colpiti dalla preclusione di cui al precedente comma gli amministratori in carica al momento della deliberazione di revoca o della sentenza dichiarativa di fallimento e quelli in carica nel precedente biennio”.Lindicata disposizione prevede, pertanto, che possono essere colpiti dalla preclusionead essere dirigenti” o ad avere responsabilità e rapporti nell'ambito delle attività sportive organizzate dalla FIGC gli amministratori in carica al momento della deliberazione di revoca o della sentenza dichiarativa di fallimento e quelli in carica nel precedente biennio. Con tale disposizione la FIGC ha dato quindi rilievo, ai fini della conseguente inibizione, alle azioni e alle omissioni dei soggetti che hanno amministrato la società, poi fallita, nei due anni antecedenti il fallimento. Si tratta di una disposizione che è giustificata dalla rilevanza che ha, per lordinamento sportivo, il fallimento di una società di calcio e che si colloca, come ha ricordato anche la Corte Federale, nel quadro più generale delle disposizioni statutarie della FIGC, che affermano limportanza del principio della corretta gestione delle società e prevedono che le società sportive svolgano la loro attività nel rispetto dei principi di corretta gestione, lealtà, probità e, in generale, di etica sportiva. In particolare, tale disposizione costituisce applicazione del principio di cui allarticolo 19, comma 1, dello Statuto, secondo cui Le società professionistiche sono assoggettate alla verifica dellequilibrio economico e finanziario e del rispetto dei principi della corretta gestione, secondo il sistema di controlli e i conseguenti provvedimenti stabiliti dalla FIGC, anche per delega e secondo modalità e principi approvati dal CONI”. La disposizione dettata dall’art. 21 delle NOIF prevede, peraltro, come ha ricordato anche la CFA, una responsabilità che non è oggettiva, legata quindi solo alla posizione di amministratore che è stata rivestita negli ultimi due anni della società fallita, ma è una responsabilità legata alla condotta (anche eventualmente omissiva) che il singolo amministratore ha avuto o avrebbe dovuto avere, usando la necessaria diligenza, perché la società non fallisse. Sul punto la Corte Federale ha giustamente richiamato il parere interpretativo della stessa CFA, di cui al Comunicato Ufficiale n. 21/CF del 28 giugno 2007, secondo cuiLa preclusione di cui al terzo comma dellarticolo 21 delle NOIF presuppone laccertamento di profili di colpa dellamministratore in carica al momento della dichiarazione di fallimento, accertamento con riferimento al quale non vi è motivo per derogare ai comuni criteri in materia di onere della prova: ciò con la precisazione che la colpa in questione non necessariamente deve riguardarsi sotto il profilo della sua influenza nella determinazione del dissesto della società, ma può più ampiamente concernere anche la scorrettezza di comportamenti (pure in particolare sotto il profilo sportivo) della società”. La Corte Federale ha, quindi, correttamente affermato, in linea con la consolidata giurisprudenza degli organi di giustizia federali ed anche del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, che È certo che la responsabilità degli amministratori nellultimo biennio della società fallita e di cui è stata revocata la affiliazione non può essere meramente correlata a generici obblighi di posizioni, ma ai comportamenti che gli amministratori hanno avuto o agli interventi che avrebbero dovuto prendere in una situazione di crisi economica - finanziaria della società poi fallita. Facendo applicazione di tale disposizione e sulla base della ricostruzione della vicenda che ha condotto al fallimento della società Palermo calcio, la CFA, con la decisione impugnata, ha quindi ritenuto di dover sanzionare, nella misura già indicata, gli attuali ricorrenti nonché gli altri amministratori deferiti che non hanno ritenuto di dover impugnare la decisione davanti al Collegio di Garanzia. Questo Collegio, nel ribadire la correttezza del principio di diritto affermato dalla CFA, circa la natura non oggettiva, ma personale della responsabilità degli amministratori delle società di calcio poi fallite, per lattività da loro prestata nel biennio antecedente il fallimento, ritiene che tale principio di diritto, nei confronti di alcuni dei soggetti sanzionati, non sia stato tuttavia applicato correttamente. Infatti, la CFA, nel ricostruire, come si è prima rammentato, le diverse fasi della vicenda che poi ha condotto al fallimento della società calcio Palermo, ha ricordato i ruoli rivestiti dai soggetti inquisiti in tali diverse fasi ed ha fatto riferimento, in alcuni casi in modo diffuso, anche ai loro comportamenti, con la loro conseguente ritenuta responsabilità  per levento fallimento successivamente verificatosi. Ma, mentre per alcuni dei soggetti inquisiti i riferimenti sono stati ampi e chiari e sono chiare anche le loro responsabilità sugli eventi che si sono verificati, che poi nel loro concatenarsi hanno condotto al fallimento della società, per altri soggetti tali responsabilità non sono state sufficientemente evidenziate, essendosi in definitiva ricordato, in pochi concisi periodi della motivazione, solo il ruolo rivestito da tali soggetti nelle diverse fasi della ricordata ricostruzione in fatto, che ha poi condotto allirrogazione di una sanzione disciplinare nellmisura ritenuta congrua dalla stessa CFA. Per alcuni dei soggetti sanzionati (e per alcuni dei ricorrenti), quindi, la sanzione risulta determinata più dal ruolo rivestito nella società di calcio Palermo, in una delle diverse fasi che, nella ricostruzione della CFA, hanno poi condotto al fallimento della società, che dai comportamenti da loro tenuti. In tal modo, alcuni dei soggetti interessati sono stati colpiti da una sanzione per una responsabilità che non risulta legata, per la carenza di una adeguata motivazione, a specifici comportamenti (anche omissivi) ritenuti rilevanti ai fini dell’applicazione di una sanzione. Per alcuni dei soggetti sanzionati le evidenze fattuali, come sarà precisato più avanti, dimostrano, peraltro, lassenza di profili di responsabilità soggettiva disciplinare. In definitiva, la CFA, pur avendo operato una apprezzabile ricostruzione della vicenda, che le ha consentito di riconoscere la responsabilità anche disciplinare per diversi soggetti che non erano stati sanzionati dal Tribunale Federale e che comunque, con le loro azioni (ed omissioni), hanno creato i presupposti per il successivo fallimento della società - al quale hanno certamente poi contribuito in modo rilevante anche soggetti (che non risultano fra i ricorrenti davanti al Collegio di Garanzia) che hanno gestito la società negli ultimi mesi - nei confronti di alcuni dei soggetti deferiti non ha fatto, tuttavia, corretta applicazione del principio di diritto secondo il quale la responsabilità sanzionabile, nella fattispecie, non può essere di tipo oggettivo e legata alla sola posizione rivestita di amministratore della società nel biennio antecedente il fallimento. E tale carenza di motivazione o dei presupposti per l’applicazione della sanzione nei confronti di alcuni dei deferiti risulta ancor più rilevante tenuto conto che il giudice di primo grado, come si è accennato, aveva ritenuto di dover assolvere tutti gli inquisiti per i fatti contestati.

Massima: Per il dissesto economico e conseguente fallimento della società viene confermata la decisione di condanna nei confronti di: D. A., sanzionata, con l'inibizione per 2 anni e 3 mesi, in relazione alle azioni compiute come componente del consiglio di amministrazione della U.S. Città di Palermo S.p.A. dal 12 luglio 2018 all’8 agosto 2018 e dal 14 febbraio 2019 al 17 febbraio 2019, nonché quale presidente del Consiglio di Amministrazione, dotata di poteri di rappresentanza della stessa società, dal 9 agosto 2018 all’8 settembre 2018, e di amministratore delegato della medesima compagine, sempre dotata di poteri di rappresentanza, dal 18 febbraio 2019 al 3 maggio 2019.La signora D. A .ha, quindi, rivestito per lunghi periodi (come ben ricordato nella decisione impugnata) ruoli di assoluto rilievo nella vita della società poi fallita e in tali ruoli la signora D. A., pur avendo svolto, come da lei ricordato, anche azioni positive volte al salvataggio della società, ha comunque contribuito, come persona ben informata delle vicende societarie, al suo dissesto, per cui non può non ritenersi responsabile, per le scelte operate o anche per quelle non operate, del successivo fallimento della società. Si deve, quindi, applicare alla fattispecie il principio consolidato, secondo il quale le valutazioni sulle quali il Collegio di Garanzia può pronunciarsi si limitano ad un sindacato estrinseco sulle valutazioni fatte dalla Corte dAppello Federale in ordine alla responsabilità disciplinare, mentre non possono spingersi ad un riesame delle valutazioni fatte sulle posizioni dei singoli soggetti inquisiti, se non per valutarne la possibile estraneità ai fatti, che nella specie non sussiste, ovvero il difetto di motivazione sulle ragioni del loro coinvolgimento, che nella specie egualmente non sussiste. L. G., alla quale è stata irrogata la sanzione della inibizione per sei mesi, per le azioni (o omissioni) compiute nella qualità di componente del consiglio di amministrazione della società U.S. Città di Palermo S.p.A., dal 2013 e fino al 9 aprile 2018, deve essere respinto…La sentenza appellata indica, infatti, il ruolo rivestito dalla signora L. G.i, per lunghissimo tempo componente del Consiglio di Amministrazione della società calcio Palermo, e dalla stessa si rileva che le azioni da lei compiute dimostrano la sua piena consapevolezza della situazione societaria, che poi ha successivamente determinato il fallimento. S. R. Z., sanzionata con l'inibizione per sei mesi, per le attività svolte nella qualità di componente del consiglio di amministrazione della società U.S. Città di Palermo S.p.A., dal 25 luglio 2018 al 19 dicembre 2018… Non può, in particolare, sostenersi che la signora Z. abbia agito inconsapevolmente nellesercizio delle sue funzioni e che non abbia quindi contribuito, anche partecipando a diversi consigli di amministrazione, con le sue azioni (o omissioni) al successivo dissesto e poi al fallimento della società. sig. M. Z., sanzionato con l'inibizione per cinque anni, per le attività svolte quale componente del Consiglio di Amministrazione della US Città di Palermo S.p.A., dal 7 marzo 2017 al 7 novembre 2017 e, quale Consigliere Delegato, dotato di pieni poteri di rappresentanza della stessa società, dall'8 novembre 2017 al 3 maggio 2018La CFA ha poi chiarito che nella disamina della posizione del sig. Maurizio Zamparini, nellatto di deferimento è contestata dalla Procura Federale la complessiva attività gestionale svolta in qualità di presidente prima, consigliere delegato poi della U.S. Città di Palermo Spa, nonché di socio di riferimento della stessa sino al 20 dicembre 2018, valutata sulla effettiva situazione economico-patrimoniale al momento della cessione della quota sociale e nel biennio antecedente la dichiarazione di fallimento. Annullata la decisione con rinvio nei confronti del sig. A. B., al quale è stata irrogata la sanzione della inibizione per sei mesi, in relazione alle attività svolte quale componente del consiglio di amministrazione della società U.S. Città di Palermo S.p.A., dal 3 maggio 2018 al 2 luglio 2018….la Corte Federale nella decisione impugnata si è sostanzialmente limitata a ritenerlo responsabile per il ruolo di amministratore da lui rivestito nella società per circa due mesi, nel periodo temporale intercorrente tra il 3 maggio 2018 e il 2 luglio 2018, data nella quale il medesimo ha presentato le proprie dimissioni, ma nella decisione non vi è in concreto alcun chiaro riferimento ad una sua attività tale da farlo ritenere corresponsabile per le sue azioni (anche omissive) della mancata ricapitalizzazione, del dissesto e poi del fallimento della società. Ma poi non vi è più alcun riferimento alle condotte e al comportamento tenuto dal signor A.B. e, quindi, alle sue responsabilità, salvo che per un richiamo a pagina 53 della sentenza sulla sua presenza, in collegamento telefonico, al CdA del 29 giugno 2018. Considerato, tuttavia, che il signor B.è stato indicato come uno stretto collaboratore del signor Zamparini e che ha rivestito una carica sociale per un periodo breve, ma non brevissimo, il Collegio ritiene che non possa essere esclusa con certezza ogni sua responsabilità, ma che debba essere la Corte Federale a valutare nuovamente il materiale probatorio depositato in giudizio, al fine di riesaminare compiutamente la sua posizione e verificare se, in relazione al ruolo rivestito, linteressato ha (o non ha) agito in modo informato, secondo quanto previsto dallart. 2381 del c.c., e responsabile e se ha cercato (o meno) di esercitare al meglio il proprio ruolo, pur limitato a funzioni non operative e privo di deleghe…. Anche per il signor F. la sentenza impugnata non chiarisce, infatti, quali comportamenti (anche eventualmente omissivi), che hanno contribuito a determinare il dissesto e poi il fallimento della società calcio Palermo, ha avuto lo stesso nel (breve) periodo nel quale ha svolto funzioni di carattere amministrativo nella società. Con la conseguenza che si evidenzia la lamentata contraddizione (e comunque il difetto) della motivazione della decisione impugnata, avendo la Corte Federale d'Appello prima affermato che non vi è un automatismo nel riconoscimento  della  responsabilità (anche in capo al ricorrente), mentre poi ha comminato nei suoi confronti la sanzione senza una chiara specificazione delle condotte (anche omissive) concretamente realizzate e rilevanti ai fini del successivo fallimento….Questo Collegio ritiene, infine, che la sentenza appellata debba essere annullata senza rinvio, nella parte in cui dispone sanzioni a carico del signor J. M. T. del signor V. M. e del sig. A. A. …. Infatti, la sentenza impugnata li ha ritenuti responsabili, in relazione alla carica di amministratori rivestita, di azioni che hanno condotto al dissesto e poi al fallimento della società di calcio Palermo, ma le conclusioni raggiunte per tali soggetti dalla CFA risultano in evidente contrasto con gli atti dai quali si evince che gli stessi non possono essere ritenuti corresponsabili del successivo fallimento della società. In particolare, il signor J.M. T., consulente finanziario londinese, con esperienza nella ristrutturazione di aziende in crisi, è stato sanzionato con l'inibizione per nove mesi, avendo ricoperto la carica di amministratore senza deleghe nel Consiglio di Amministrazione dell'U.S. Città di Palermo S.p.A., dal 31 dicembre 2018 al 4 febbraio 2019 (quindi per circa 30 giorni), in rappresentanza e a tutela degli interessi del fondo di investimento Plc (successivamente entrato a far parte della compagine societaria della società inglese Plc), all'interno del quale ha rivestito la carica di Indipendent Director….La Corte Federale ha ritenuto di sanzionare il signor T., come si evince dai riferimenti a lui fatti nelle pagine da 42 a 44 della decisione impugnata, perc: aveva assunto la carica sociale nella piena consapevolezza della grave situazione finanziaria in cui versava il club; nessuna delle azioni di risanamento dichiarate si era effettivamente realizzata; era irrilevante la brevità della durata della carica sociale ricoperta alla luce del fatto che il suo operato era coinciso con il calciomercato, ossia un momento in cui sarebbero stati possibili interventi per la riduzione dei costi di gestioni e il conseguimento di plusvalenze, con la cessione del diritto alle prestazioni dei calciatori tesserati. Ma tali conclusioni risultano in evidente contrasto con quanto risulta dagli atti, per quanto riguarda la vicenda del calciomercato (come si è prima ampiamente ricordato, esaminando la posizione del signor F..) e, con riferimento agli altri due elementi indicati, prescindono da una valutazione soggettiva della responsabilità del deferito e dalla indicazione di comportamenti scorretti nella gestione della società, per evidenziare piuttosto profili duna responsabilità oggettiva che nella specie, come si è in precedenza chiarito, non è ammessa. Peraltro, nella decisione impugnata, come giustamente ha evidenziato il ricorrente, la CFA non ha preso in considerazione, smentendole, nessuna delle argomentazioni da lui proposte, limitandosi ad affermazioni sulla sua responsabilità con riferimento al ruolo da lui rivestito. Alla stessa conclusione si deve giungere per il ricorso proposto dal signor V. M., al quale la CFA ha inflitto la sanzione di un anno di inibizione, in relazione alle attività svolte quale vicepresidente e direttore generale della U.S. Città di Palermo S.p.A., dal 3 maggio 2019 al 30 giugno 2019, nonché quale incaricato di sostituire il presidente in caso di suo impedimentoil dott. M. non ha violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, non risulta aver partecipato all'adozione di atti gestionali della società antieconomici e che ne hanno comportato il dissesto, ma risulta, al contrario, che ha ripetutamente sollecitato gli interventi di ricapitalizzazione necessari al risanamento della società e, constatato il mancato apporto, ha convocato l'assemblea dei soci per il 5 luglio 2019, per far accertare l'impossibilità del raggiungimento dell'oggetto sociale e adottare le determinazioni conseguenti”. Il dott. M. ha, quindi, espressamente dissentito e non ha avallato le scelte operate dagli altri amministratori; tant'è che è entrato in contrasto con la proprietà e con gli altri amministratori ed è stato fatto decadere dalla carica di consigliere prima della celebrazione dell'assemblea convocata per far accertare l'impossibilità del raggiungimento dello scopo sociale. Per tutte queste ragioni non può ritenersi corresponsabile soggettivamente del successivo fallimento della società, con la conseguenza che la sanzione irrogata nei suoi confronti deve essere annullata. Da ultimo, anche il ricorso proposto dal sig. A.A. deve essere accolto….La sentenza impugnata, come evidenziato, ritiene responsabile il dott. A. per il danno prodotto dalla sua condotta avente ad oggetto il realizzarsi dellillecita compensazione del credito IVA derivante dallacquisto del ramo di azienda della Group Itec s.r.l. con i propri debiti erariali e previdenziali. Cessione di ramo di azienda rispetto alla quale, per le ragioni sopra esposte, il dott. A. deve ritenersi estraneo. Ma la CFA nella sentenza impugnata non ha tenuto conto di tale circostanza né degli altri elementi sopra rappresentati, che escludono una responsabilità disciplinare del dott. Albanese per i fatti contestati ed evidenziano, al contrario, le attività da lui poste in essere per contrastare le azioni del signor T., che poi hanno effettivamente condotto al fallimento della società e, a breve distanza dallassunzione dellincarico, a rassegnare le sue dimissioni.La decisione impugnata deve essere, pertanto, riformata per non aver considerato che tali elementi escludevano ogni forma di corresponsabilità disciplinare del dott. A., peraltro, presidente del CdA per un periodo di tempo limitato (dal 3 maggio 2019 e fino al 1° luglio 2019), nel successivo fallimento della società di calcio.

 

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  – Sezioni Unite: Decisione n. 28 del 29/03/2021www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello della FIGC n. 0032/2019, con motivazioni pubblicate e notificate il 17 dicembre 2019, con la quale è stato respinto il reclamo proposto dall'istante avverso le sanzioni della inibizione per tre anni e dell'ammenda di € 15.000,00, inflitte dal Tribunale Federale Nazionale - Sez. Disciplinare, con delibera n. 43/TFN-SD 2019/2020, assunta nella riunione del 29 ottobre 2019 e depositata in forma integrale il successivo 7 novembre, in esito al deferimento del Procuratore Federale e del Procuratore Federale Aggiunto, per la violazione dell'art. 1 bis, comma 1, CGS FIGC vigente ratione temporis, (ora trasfuso nell'art. 4, comma 1, dell'attuale CGS), in relazione all'art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF.

Parti: A. P./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Rigettato il ricorso e confermata la decisione della CFA che ha sanzionato il deferito con l’inibizione per tre anni e dell'ammenda di € 15.000,00 per violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del CGS della FIGC vigente all’epoca dei fatti, in relazione allart. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, in quanto responsabile, nella sua carica di Presidente e Amministratore Delegato con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione della società  Vicenza Calcio s.p.a. dal 31 maggi2016 al 5 giugno 2017, nonché presidente con delega alla firma nelle stagioni sportive 2015-2016 e 2016- 2017, dei seguenti fatti: «di una cattiva gestione economica e finanziaria del sodalizio, che ha generato il dissesto economico, patrimoniale e finanziario che ha condotto al fallimento la società Vicenza Calcio Spa

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 51/TFN del 04.12.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 2292/358bis pf 19-20/GC/gb del 12.08.2020 nei confronti del sig. F.R. - Reg. Prot. n. 212/TFN-SD)

Massima: A seguito del giudizio di rinvio disposto dalla CFA viene prosciolto il Presidente del Consiglio di Amministrazione dotato di poteri di rappresentanza della società dallA contestata violazione dell’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, per aver violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, per aver determinato con il proprio comportamento, una gestione anti - economica della società fino a comportarne il dissesto e per non aver posto in essere utili interventi di ricapitalizzazione idonei al risanamento della Società, determinando in tal modo il suo fallimento con conseguente revoca dell’affiliazione da parte della FIGC con Comunicato Ufficiale n. 101/A del 25.10.2019; nel periodo nel quale il sig. … è stato Presidente del Consiglio di Amministrazione dotato di poteri di rappresentanza, infatti, la stessa è stata gestita in maniera tale da maturare al 30.6.2019 una reale perdita di - 12 - esercizio pari ad € 10.466.000 circa con conseguente erosione totale del patrimonio societario (che si sarebbe attestato su un valore negativo di € 19.953.000 circa).…, nel caso concreto deve aggiungersi anche la circostanza che il deferito ha rivestito la carica in questione per soli tre mesi, nel corso dei quali la gestione della società era chiaramente ed evidentemente nelle mani di altri soggetti (come indicato anche nella sentenza della Corte Federale d’Appello n. 20/2020), e soprattutto in un momento in cui la società versava già in condizioni estremamente critiche.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 50/TFN del 02.12.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 5094 /358BISpf19-20/GC/blp del 27.10.2020 nei confronti del sig. P.F. - Reg. Prot. n. 33/TFN-SD)

Massima: Anni 2 di inibizione all’amministratore per la violazione dell’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, per aver violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, per aver provveduto al pagamento preferenziale di creditori della società per un importo complessivo pari a circa € 600.000,00, così come accertato dai curatori fallimentari nella loro relazione ex art. 33 L.F.. Il deferimento è fondato e basato sulla  pronuncia di fallimento del Tribunale di Palermo

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE:  DECISIONE N. 020 CFA del 22 Settembre  2020

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Decisione n. 172/TFN-SD 2019/2020

Impugnazione – istanza: Procura Federale- Z.M. – G.L.-G.G.-B.A.-  altri)

Massima: Annullata la decisione del TFN che - ritenendo la rilevante esposizione debitoria che non sia stata la causa decisiva che ha portato alla dichiarazione di fallimento, ma abbia avuto un ruolo determinante l’attività fraudolenta posta in essere successivamente dall’amministratore unico - aveva prosciolto i deferiti, a vario titolo accusati della violazione  dell’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, per aver violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, per aver determinato con il proprio comportamento, una gestione anti - economica della società fino a comportarne il dissesto e per non aver posto in essere utili interventi di ricapitalizzazione idonei al risanamento della Società, determinando in tal modo il suo fallimento con conseguente revoca dell’affiliazione da parte della FIGC. In riforma della decisione tutti i deferiti vengono sanzionati a seconda delle loro resposabilità, con l’inibizione che varia da mesi 6 ad anni 5 ciascuno…Sul presupposto che il testo delle NOIF usa il termine “possono”, inducendo alla idea della “discrezionalità nell’irrogazione della sanzione” e che l’art. 22 delle NOIF prevede un’automatica preclusione dall’assunzione di cariche dirigenziali per le ipotesi di condanna passata in giudicato per il compimento di reati fallimentari, la Corte Federale ha statuito che: “Agevole può essere allora dedurne che tale automatica preclusione non si ha nel semplice caso di dichiarazione di fallimento della società sportiva di cui si è amministratori” (...) “La preclusione di cui al terzo comma dell’articolo 21 delle NOIF presuppone l’accertamento di profili di colpa dell’amministratore in carica al momento della dichiarazione di fallimento, accertamento con riferimento al quale non vi è motivo per derogare ai comuni criteri in materia di onere della prova: ciò con la precisazione che la colpa in questione non necessariamente deve riguardarsi sotto il profilo della sua influenza nella determinazione del dissesto della società, ma può più ampiamente concernere anche la scorrettezza di comportamenti (pure in particolare sotto il profilo sportivo) della società”. Il parere interpretativo della Corte Federale va collocato inoltre nel quadro più generale delle disposizioni statutarie della FIGC che affermano l’importanza del principio della corretta gestione delle società, all’articolo 4, comma 2: “Il Consiglio federale vigila affinché le procedure adottate siano adeguate a prevenire i conflitti di interessi e gli illeciti sportivi, disciplinari o amministrativi, nonché ad assicurare il rispetto dei principi di corretta gestione, lealtà, probità e, in generale, di etica sportiva” ed all’articolo 19, comma 1: “Le società professionistiche sono assoggettate alla verifica dell’equilibrio economico e finanziario e del rispetto dei principi della corretta gestione, secondo il sistema di controlli e i conseguenti provvedimenti stabiliti dalla FIGC, anche per delega e secondo modalità e principi approvati dal CONI”. Questa Corte ha tenuto conto, inoltre, della impostazione metodologica inequivocabilmente consolidata dalla ampia giurisprudenza degli ultimi anni da parte degli organi di giustizia federali e del Collegio di Garanzia del CONI. È certo che la responsabilità degli amministratori nell’ultimo biennio della società fallita e di cui è stata revocata la affiliazione non può essere meramente correlata a generici obblighi di posizioni, ma non appare condivisibile la tesi espressa dal Tribunale Federale, in evidente contraddizione con numerose decisioni dello stesso organo, secondo la quale “la responsabilità non può essere correlata… a presunte omissioni in ordine a mancati interventi di ricapitalizzazione ovvero a mancati solleciti in ordine alla effettuazione di siffatti interventi se non vi è la dimostrazione che tali solleciti avrebbero potuto concretamente impedire il fallimento per la presenza di soggetti disposti a porre in essere tali operazioni”. In primo luogo, va sottolineato che gli amministratori, nominati dai soci di riferimento, in molti casi coincidono con i soci e che, quindi, essi stessi in conseguenza degli effetti della propria gestione, nel caso in cui abbia determinato la necessità di apporti di capitale indispensabili a garantire la continuità aziendale, debbano provvedervi. Ma, in senso più generale, con quali modalità si potrebbe verificare controfattualmente che gli interventi avrebbero potuto concretamente impedire il fallimento? Sulla base di tale impostazione risulterebbero errate la gran parte delle decisioni degli organi di giustizia assunte negli ultimi anni, fatte salve quelle in cui sia documentato una palese condotta distrattiva in danno della società. Peraltro, una situazione di crisi economico-finanziaria può essere affrontata con una pluralità di interventi, al di là degli interventi dei soci sul capitale, nella piena disponibilità e, quindi, responsabilità degli amministratori, in relazione, ad esempio, alla riduzione dei costi ed all’incremento dei ricavi, nonché con riferimento alla cessione dei diritti alle prestazioni dei calciatori. Peraltro, il CGS vigente all’epoca dei fatti sottolineava la rilevanza dell’osservanza dei doveri e obblighi generali di cui all’articolo 1-bis, nonché il fatto che “sono tenuti all’osservanza delle norme contenute nel presente Codice e delle norme statutarie e federali anche i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale”. L’impostazione adottata nel caso specifico del Tribunale Federale Nazionale appare, quindi, in contraddizione con la lettera e lo spirito dell’articolo 21 delle NOIF, nonché del parere interpretativo della Corte Federale del 2007. Negli anni successivi all’espressione di tale parere interpretativo della CGF la preoccupazione del grande disvalore delle condotte di cattiva gestione, anche sotto il profilo sportivo, è stato al centro dell’attenzione del legislatore sportivo in conseguenza degli effetti che essi determinano sul corretto svolgimento dei campionati. In tal senso il principio statutario della corretta gestione già richiamato, è stato tradotto in norme sempre più stringenti sulla verifica dell’equilibrio economico-finanziario delle società, nonché sull’acquisizione delle quote societarie delle stesse, per non parlare del Financial Fair Play della UEFA. Il fallimento delle società sportive determina, altresì, effetti negativi di carattere sistemico e danni su tesserati, dipendenti e altre società nazionali e internazionali con pregiudizio irreparabile di parte delle risorse ad essi spettanti sotto il profilo contrattuale, nonché sull’erario. Il Tribunale Federale ha ritenuto, inoltre, di non procedere ad una analisi specifica delle singole condotte attive o omissive poste in essere dai deferiti, ritenendo che “… il contributo causale determinante alla dichiarazione di fallimento è stato fornito dall’amministratore in carica ne periodo successivo all’11 agosto 2019, non deferito, che ha posto in essere gli atti di frode ex art. 173 della legge fallimentare, precludendo in maniera assoluta e tassativa il ricorso al concordato preventivo ex art. 161 della legge fallimentare al quale, pure la società era stata ammessa, sebbene con riserva che, di fatto, avrebbe evitato il fallimento”. La lettura degli atti (ed anche della stessa sentenza di fallimento) evidenzia, invece, la gravità della situazione economico-finanziaria della società US Città di Palermo Spa in concordato preventivo. Infatti, il Tribunale di Palermo, Sezione IV Civile e Fallimentare, nella Sentenza n. 112/2019, pubblicata il 18/10/2019, ha scritto tra l’altro: “ritenuto, quanto all’istanza di fallimento proposta dalla Procura, che la società U.S. Città di Palermo è soggetta alle disposizioni sui procedimenti concorsuali ai sensi degli artt. 1 e 15 L.F., come novellati dal D.Lgs. n. 5/2006 e dal D.Lgs. 169/2007, risultando pacifico il superamento tanto dei requisiti dimensionali di cui all’art. 1 L.F., quanto della soglia di indebitamento di cui all’art. 15 ult. co. L.F.; considerato che risulta, altresì, acclarata la sussistenza dello stato di insolvenza di cui all’art. 5 L.F., tenuto conto delle ingentissime esposizioni debitorie gravanti sulla società, della circostanza che la stessa non è più operativa, della stessa denuncia dello stato di crisi contenuta nel ricorso ex art. 161 comma VI L.F.; osservato, del resto, che lo stesso amministratore giudiziario, …, nella memoria depositata il 9/10/2019, ha dichiarato, per l’ipotesi  in cui il Collegio avesse ritenuto “insuperabile l’ostacolo costituito dagli atti di frode denunciati dai Commissari nel ricorso ex art. 173 l.fall. …. di rinunciare alla domanda di concordato preventivo e di aderire alle istanze di fallimento pendenti, essendo incontestato e incontrovertibile che la suddetta si trovi in uno stato di insolvenza irreversibile”…È di tutta evidenza che la mancata ammissione al campionato di competenza per la stagione 2019/20, il conseguente svincolo dei calciatori tesserati e la completa cessazione delle attività sportive abbia aggravato la situazione economico-finanziaria determinando un gravissimo stato di decozione della società. A giudizio di questa Corte, le condotte dell’amministratore unico, che saranno eventualmente valutate in altro e diverso procedimento, una volta che la Procura potrà correttamente instaurare l’azione disciplinare con la notifica dei relativi atti, appaiono solo la causa finale della decisione del tribunale fallimentare di Palermo, a fronte di una situazione conclamata di decozione ed una situazione debitoria per decine di milioni di euro. La mancata contestazione delle condotte dell’ultimo amministratore da parte della Procura Federale, peraltro avvenuta solo per le evidenziate difficoltà procedurali nell’instaurazione del procedimento disciplinare, non interrompe affatto il nesso casuale, né impedisce una lineare e completa valutazione delle condotte concatenanti e connesse che costituisce il compito degli organi giudicanti, alla luce della documentazione disponibile che consente una puntuale ricostruzione dei fatti. La copiosa documentazione in atti mostra, infatti, in modo inequivocabile che l’attività dell’ultimo amministratore, abbia rappresentato la ragione terminale, ma niente affatto esclusiva del fallimento della società. Di conseguenza, questa Corte ritiene che il Tribunale sia incorso in un’erronea valutazione dei fatti. Per queste ragioni questa Corte ritiene di accogliere il ricorso della Procura Federale e di procedere conseguentemente ad una analitica valutazione dell’operato degli amministratori della società U.S. Città di Palermo Spa nell’ultimo biennio antecedente al fallimento ed alla revoca della affiliazione, come richiede l’articolo 21 delle NOIF. Il deferimento e la significativa documentazione in atti illustrano analiticamente le ragioni complessive dello stato di grave squilibrio economico-finanziario e successivamente di decozione che ha portato alla mancata ammissione al campionato, allo svincolo dei calciatori tesserati con grave depauperamento dell’attivo patrimoniale, alla richiesta di concordato preventivo e poi al fallimento della società. In tale contesto, in particolare la relazione ex art. 33 della legge fallimentare, le relazioni relative alle ispezioni Covisoc e le documentazioni allegate alle stesse descrivono puntualmente le azioni, i comportamenti degli amministratori in carica nell’ultimo biennio e consentono, quindi, di individuarne le specifiche responsabilità in relazione ai ruoli svolti, alle condotte tenute sia di carattere operativo che omissivo. In tale analisi appare particolarmente importante la valutazione del rispetto dei principi di corretta gestione definiti dallo Statuto con particolare riferimento agli amministratori che hanno rivestito anche la qualità di soci e/o di rappresentanti delle società controllati nelle diverse fasi della vita societaria della US Città di Palermo Spa.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 154/TFN del 01.07.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 12354/1164pf18-19/GC/gb del 20.05.2020 a carico dei Sig.ri A.T., R.L., M.B.F., N.A., E.J.T. e V.N. - Reg. Prot. n. 163/TFN-SD)

Massima: Gli amministratori che nel corso degli anni si sono susseguiti nella legale rappresentanza sono responsabili

della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del previgente CGS, in relazione all’applicazione dell’art. 21 delle NOIF e dell’art. 19 dello Statuto della FIGC, per aver determinato in tale periodo di tempo, con il proprio comportamento caratterizzato da mancati pagamenti di stipendi e oneri previdenziali, da debiti tributari oggetto di richieste di rateizzazione non regolarmente corrisposte e da una non corretta tenuta della contabilitàˆ (come rilevato in occasione delle ispezioni CoViSoC), la cattiva gestione e il dissesto economico-patrimoniale della società e successivamente il fallimento della stesso. In base alla loro durata dell’incarico gli stessi sanzionati con l’inibizione che varia da mesi 4 ad anni 3

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE II : DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. N.028/CFA del 28.03.20 con riferimento al COM UFF 085/CFA III SEZ del 28.03.2019

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 41/TFN del 23.1.2019

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. S.S.B. (ALL’EPOCA DEI FATTI AMMINISTRATORE DELEGATO DAL 23.11.2016 AL 2.5.2017 DELLA SOCIETÀ SS MACERATESE SRL) AVVERSO LE SANZIONI: INIBIZIONE PER ANNI 1; AMMENDA DI € 5.000,00; INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 5 C.G.S., 19 STATUTO FIGC E 21, COMMI 2 E 3 NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 4295/863 PF 17-18 GP/GC/BLP DEL 30.10.2018

Impugnazione Istanza:RICORSO DEL SIG. C.C. (ALL’EPOCA DEI FATTI TITOLARE DEL 95% DELLE QUOTE SOCIALI DELLA SOCIETÀ SS MACERATESE SRL, NONCHÉ SOCIO DI RIFERIMENTO DELLA STESSA DAL 30.6.2017 SINO ALLA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO) AVVERSO LE SANZIONI: INIBIZIONE PER ANNI 1; AMMENDA DI € 5.000,00; INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 5 C.G.S., 19 STATUTO FIGC E 21, COMMI 2 E 3 NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 4295/863 PF 17-18 GP/GC/BLP DEL 30.10.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SIG.RA T.M.F. (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DAL 23.3.2016 AL 23.11.2016 DELLA SOCIETÀ SS MACERATESE SRL) AVVERSO LE SANZIONI: INIBIZIONE PER ANNI 2; AMMENDA DI € 5.000,00; INFLITTE ALLA RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 5 C.G.S., 19 STATUTO FIGC E 21, COMMI 2 E 3 NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 4295/863 PF 17-18 GP/GC/BLP DEL 30.10.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. F.R. (ALL’EPOCA DEI FATTI AMMINISTRATORE DELEGATO  DAL 19.4.2016 AL 23.11.2016 DELLA SOCIETÀ SS MACERATESE SRL) AVVERSO LE SANZIONI: -  INIBIZIONE PER ANNI 2; - AMMENDA DI € 10.000,00; INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 5 C.G.S., 19 STATUTO FIGC E 21, COMMI 2 E 3 NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 4295/863 PF 17-18 GP/GC/BLP DEL 30.10.2018

Massima: L’Organo di Giustizia Sportiva di primo grado ha reputato provati gli addebiti della Procura Federale in ordine alla commissione da parte degli incolpati: (i) quanto al Sig. S., per aver contribuito con il proprio comportamento alla cattiva gestione ed al dissesto economico-patrimoniale della società, che ha poi determinato il fallimento della stessa e mancata iscrizione al campionato di Lega Pro con conseguente svincolo di tutti i calciatori tesserati; (ii) quanto al Sig. C.per aver contribuito con il proprio comportamento al fallimento della società ed alla mancata iscrizione al campionato di Lega Pro con conseguente svincolo di tutti calciatori tesserati nonché per non avere provveduto nella sua qualità di socio di riferimento della SS Maceratese S.r.l. alla ricapitalizzazione della società; (iii) quanto alla Sig.ra T. e al Sig. F.per aver contribuito con il loro comportamento alla cattiva gestione della società ed al dissesto economico-patrimoniale che ne hanno causato il successivo fallimento; infliggendo agli stessi le sanzioni predette. Il Tribunale Federale ha ritenuto provata la colpevolezza dei deferiti, in particolare, sulla scorta dei seguenti documenti: - bilancio di esercizio redatta al 30.6.2016: dal quale emergeva l’esistenza di debiti per il montante di € 1.785.387,00 a fronte di crediti per € 710.743,00, con una perdita di esercizio di € 205.511,00, ampiamente superiore al capitale sociale di € 100.000; - bilancio di verifica redatta al 31.12.2016: il quale evidenziava una crescente perdita di esercizio di € 372.582,00, confermando l’esistenza di una gestione societaria non in linea con una politica di riduzione dei costi, nonché la circostanza che erano stati impegnati solo per oneri contrattuali con i calciatori tesserati € 624.820,00 pari al 63.60% del totale dei ricavi ammontanti a circa € 892.297,00. Dunque, alla luce di quanto emerso dalla suddetta documentazione, della ritenuta inesistenza di qualsivoglia apporto di nuovi capitali e della mancata adozione di “iniziative suscettibili di ricondurre la società sulla strada della sana gestione” (“essendosi il tutto limitato ad un vorticoso cambio di presidenti ed amministratori, evidentemente finalizzata allo scarico di responsabilità, peraltro confermato con l’esistenza di atti di reciproche denunce e contro denunce, che certamente non escludono la diffusa mala gestio, ma anzi contribuiscono a ribadirne l’esistenza”), il Tribunale Federale ha accolto il deferimento, confermando le sanzioni richieste dalla Procura Federale, ritenendole proporzionate all’entità dei fatti e graduate in relazione alla carica ed alla rilevanza degli stessi in capo a ciascuno dei deferiti….Se, dunque, deve essere affermata e ribadita la piena responsabilità (in varia misura) di tutti i deferiti reclamanti per le condotte loro contestate dalla Procura Federale, come accertata nel provvedimento impugnato, reputa questa Corte che talune delle sanzioni inflitte dall’Organo di Giustizia Sportiva di primo grado appaiano, per ciò che concerne la loro misura, eccessivamente gravose ed in parte incongrue rispetto alla gravità ed all’entità delle condotte illecite ed antiregolamentari ascritte ai reclamanti.

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