Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 71 del 06/09/2021 – Andrea Macchetti/Federazione Italiana Giuoco Calcio Mirko Garaffoni/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Generale dello Sport presso il CONI/Procura Federale FIGC/Lega Nazionale Dilettanti Leonardo Bambini/Federazione Italiana Giuoco Calcio C.S. Scandicci 1908 S.r.l. Polisportiva Dilettantistica/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Generale dello Sport presso il CONI/Procura Federale FIGC/Lega Nazionale Dilettanti Antonio Aiello/Procura Federale FIGC/Procura Generale dello Sport presso il CONI/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Dilettanti

Decisione n. 71
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA
SEZIONI UNITE
composto da
Franco Frattini - Presidente
Dante D’Alessio - Relatore
Attilio Zimatore - Relatore
Mario Sanino
Manuela Sinigoi - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nei giudizi iscritti:
- al R.G. ricorsi n. 33/2021, presentato, in data 26 marzo 2021, dal sig. Andrea Macchetti, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Catalano,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Viglione,
avverso
la decisione n. 84/CFA/2021 dell’11 marzo 2021, delle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello della FIGC;
- al R.G. ricorsi n. 40/2021, presentato, in data 9 aprile 2021, dal sig. Mirko Garaffoni, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio de Rensis,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Viglione,
nonché contro
la Lega Nazionale Dilettanti (LND), non costituitasi in giudizio, e la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio
e nei confronti
dei tesserati Enrico Cerbella, Claudio Ferrarese, Andrea Macchetti, Sergio Lazzarini, Antonio Aiello, Marco Masi, Leonardo Bambini, Tommaso Volpi, Davide Bianchi, Renato Vagaggini e delle Società U.S.D. Levico Terme, A.S.D. Sporting Club Triestina, U.S.D. Pianese S.S.D. s.r.l. e la C.S. Scandicci 1908 s.r.l. P.D.,
avverso
la decisione n. 84/CFA/2021 dell’11 marzo 2021, delle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello della FIGC;
- al R.G. ricorsi n. 41/2021, presentato, in data 09 aprile 2021, dal sig. Leonardo Bambini, rappresentato e difeso dall'avv. Sabina Senatore,
nei confronti
della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Viglione,
avverso
la decisione n. 84/CFA/2021 dell’11 marzo 2021, delle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello della FIGC;
- al R.G. ricorsi n. 42/2021, presentato, in data 9 aprile 2021, dalla società C.S. Scandicci 1908 S.r.l. Polisportiva Dilettantistica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Emanuela Grandi e Paolo Careri,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Viglione, nonché contro
la Lega Nazionale Dilettanti (LND), non costituitasi in giudizio, e la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio
e nei confronti
dei tesserati Enrico Cerbella, Claudio Ferrarese, Andrea Macchetti, Sergio Lazzarini, Antonio Aiello, Marco Masi, Leonardo Bambini, Tommaso Volpi, Davide Bianchi, Renato Vagaggini, Mirko Garaffoni e delle Società U.S.D. Levico Terme, A.S.D. Sporting Club Triestina e U.S.D. Pianese S.S.D. s.r.l.,
avverso
la decisione n. 84/CFA/2021 dell’11 marzo 2021, delle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello della FIGC;
- al R.G. ricorsi n. 43/2021, presentato, in data 12 aprile 2021, dal sig. Antonio Aiello, rappresentato e difeso dall’avv. Pierpaolo Livio,
nei confronti
della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Viglione,
nonché contro
la Lega Nazionale Dilettanti (LND), non costituitasi in giudizio, e la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio
e nei confronti
dei tesserati Enrico Cerbella, Claudio Ferrarese, Andrea Macchetti, Sergio Lazzarini, Mirko Garaffoni, Marco Masi, Leonardo Bambini, Tommaso Volpi, Davide Bianchi, Renato Vagaggini e delle società U.S.D. Levico Terme, A.S.D. Sporting Club Triestina, U.S.D. Pianese S.S.D. s.r.l. e C.S. Scandicci 1908 s.r.l. Polisportiva Dilettantistica,
avverso
la decisione n. 84/CFA/2021 dell’11 marzo 2021, delle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello della FIGC;
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 13 maggio 2021:
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 33/2021, il difensore della parte ricorrente - sig. Andrea Macchetti - avv. Salvatore Catalano, e l'avv. Giancarlo Viglione per la resistente FIGC;
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 40/2021, il difensore della parte ricorrente - sig. Mirko Garaffoni - avv. Antonio de Rensis, e l’avv. Giancarlo Viglione per la resistente FIGC;
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 41/2021, il difensore della parte ricorrente - sig. Leonardo Bambini – avv. Sabina Senatore, e l'avv. Giancarlo Viglione per la resistente FIGC;
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 42/2021, il difensore della parte ricorrente - C.S. Scandicci 1908 s.r.l. Polisportiva Dilettantistica - avv. Paolo Careri, e l'avv. Giancarlo Viglione per la resistente FIGC;
- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 43/2021, il difensore della parte ricorrente - sig. Antonio Aiello - avv. Pierpaolo Livio, e l'avv. Giancarlo Viglione per la resistente FIGC;
nonché il Procuratore Generale dello Sport, pref. Ugo Taucer, e il Procuratore Nazionale, prof. avv. Aristide Police, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
uditi, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, i relatori, cons. Dante D'Alessio e prof. avv. Attilio Zimatore.
Ritenuto in fatto
I.
La vicenda sottoposta alla cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport trae origine dalla trasmissione alla Procura Federale della FIGC degli esiti delle indagini (i.e. attività di intercettazione telefonica e ambientale, operazioni di osservazione, controllo e pedinamento e assunzione di numerose sommarie informazioni) espletate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca (r.g. 971/2019) nei confronti di alcuni soggetti, “gravitanti a vario titolo intorno alla società Viareggio”, indagati per reati di associazione a delinquere e frode sportiva.
Più in particolare, gli atti della Procura della Repubblica hanno messo in luce l’esistenza di un’organizzazione dedita all’alterazione del risultato di gare disputate dalla S.S.D. Viareggio nella stagione sportiva 2018/2019, tutte valevoli per il girone E del Campionato di Serie D.
Vale preliminarmente dare ulteriormente conto del quadro fattuale della vicenda scaturita nel procedimento disciplinare per cui è causa.
Dagli atti di indagine, posti in essere dalla Polizia Giudiziaria (nella ribattezzata “Operazione Cobra”), è emersa la sussistenza di un forte indebitamento della società Viareggio intorno alla fine del 2018, tale da indurre la cessione della proprietà della compagine ai Sig.ri Lazzarini e Volpi. Questi ultimi, insieme con il Sig. Petrollini, secondo il convincimento della Procura della Repubblica prima e di quella Federale poi, avrebbero – sin dal principio, con la sostituzione dell’allenatore e l’ingaggio del Sig. Aiello e con l’acquisto di tre calciatori della Anzio Calcio, di cui proprio il Volpi ne era allenatore e direttore sportivo – predisposto una struttura organizzata e dotata di mezzi, costituiti dall’impiego della società sportiva al fine di proporre l’alterazione dei risultati e dell’andamento delle gare disputate dalla stessa società, dalla formazione di una rosa di giocatori e di un allenatore disponibili a collaborare, o comunque a non ostacolare, l’attività di alterazione del risultato delle gare e “dunque finalizzata alla realizzazione di un numero indefinito di illeciti sportivi” (p. 9 del Deferimento).
Il tutto sussumibile nell’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC in vigore fino al 16 giugno 2019 (art. 30 del vigente Codice di Giustizia Sportiva FIGC), nonché nell’art. 9, c. 1 e 2, CGS FIGC in vigore sino al 16 giugno 2019 (attuale art. 17, c. 1 e 2), per quanto riguarda la fattispecie di associazione finalizzata alla commissione di illeciti.
Ebbene, le indagini sportive – oltre che sulla attività del Volpi di richiesta di denaro per tesserare, far giocare e per concedere lo svincolo consensuale a n. 6 giocatori – si sono concentrate sulle seguenti partite del Campionato di Serie D, Girone E:
i) Viareggio – Trestina del 3.3.2019;
ii) Bastia – Viareggio del 31.3.2019;
iii) Viareggio – Aglianese del 7.4.2019;
iv) Massese – Viareggio del 14.4.2019;
v) Viareggio – Pianese del 18.4.2019;
vi) Viareggio – Scandicci del 5.5.2019;
vii) Viareggio – Sinalunghese del 12.5.2019;
viii) San Gimignano – Prato del 5.5.2019.
Di tal ché, la Procura Federale della FIGC, con atto del 22 dicembre 2020 (n. 7442 /1084pf19-20/GC/blp), ha deferito i seguenti soggetti: Volpi Tommaso, Lazzarini Sergio, Petrollini Gianni, Bambini Leonardo, Cerbella Enrico, Bianchi Davide, Aiello Antonio, Macchetti Andrea, Meoni Leonardo, Ferrarese Claudio, Mariotti Alessio, Masi Marco, Vagaggini Renato, Garaffoni Mirko, Niccolai Giuliano, Polidori Stefano, Chicchiarelli Samuele; e le seguenti società: S.S.D. Viareggio 2014 a r.l., A.S.D. Sporting Club Trestina, U.S.D. Levico Terme, U.S. Massese 1919 S.S.D.R.L., U.S. Pianese S.S.D. s.r.l., Pol. D. C.S. Scandicci 1908 s.r.l. e Sangimignanosport S. Coop. S.D.
In particolare, per quanto in questa sede di interesse, sono stati deferiti:
1. Andrea Macchetti, all’epoca dei fatti tecnico tesserato per la società S.S.D. Viareggio 2014: a) insieme con il sig. Meoni Leonardo, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società S.S.D. Viareggio 2014 e al sig. Chicchiarelli Samuele, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società S.S.D. Viareggio 2014, per la “violazione dell’art. 7, comma 7, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 7, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) perché, venuti a diretta conoscenza di atti e comportamenti diretti all’alterazione del risultato della gara SSD Viareggio 2014 a rl – ASD Sporting Club Trestina del 3.3.2019, valevole per il girone E del Campionato di serie D, omettevano di denunciare l’illecito alla Procura Federale della FIGC”;
b) insieme con i sig.ri Volpi e Lazzarini, per la “violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) per avere, prima e durante la gara SSD Viareggio 2014 a rl – US Pianese Srl del 18.4.2019 valevole per il girone E del Campionato di serie D, in concorso tra loro e con soggetti allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta allo scopo di ottenere un vantaggio in classifica per la società ospitante o comunque, nel corso dell’incontro, un risultato di pareggio; i sigg.ri Volpi Tommaso e Lazzarini Sergio, in particolare, contattavano un soggetto che allo stato non risulta essere tesserato, il sig. F.A., che a sua volta tentava di avere un incontro con il tecnico tesserato per la società Pianese sig. Vagaggini Renato, il quale tuttavia rifiutava di vedere di persona il suo interlocutore prima della fine del campionato, sospettando che il motivo del contatto potesse essere una proposta di illecito sportivo, sebbene non esplicitato nel primo approccio; nel corso della gara, poi, quando il risultato era di pareggio, l’allenatore del Viareggio, sig. Andrea Macchetti, chiedeva al suo collega della Pianese, sig. Marco Masi, di terminare la gara senza modificazioni del punteggio ottenendo un rifiuto dal suo interlocutore”;
2. Mirko Garaffoni, all’epoca dei fatti soggetto che svolgeva attività rilevante ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (art. 2, comma 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), all’interno e nell’interesse della società Pol. D. C.S. Scandicci 1908 s.r.l., per la “violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) per avere, prima e durante la gara SSD Viareggio 2014 a rl – Pol. D. C.S. Scandicci 1908 Srl del 5.5.2019 valevole per il girone E del Campionato di serie D, in concorso tra loro [Volpi, Lazzarini, Petrollini e Garaffoni, n.d.r.] e con soggetti allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta allo scopo di ottenere un risultato di pareggio; i sigg.ri Volpi Tommaso e Lazzarini Sergio, in particolare, d’intesa anche con il sig. Petrollini Gianni, contattavano ed incontravano il sig. Mirko Garaffoni concludendo con lo stesso un accordo in virtù del quale la gara appena indicata sarebbe terminata con un risultato di pareggio a fronte della corresponsione in favore dello stesso sig. Garaffoni dell’importo di € 5.000,00 (cinquemila/00); la gara, poi, terminava effettivamente con un risultato di pareggio”;
3. Leonardo Bambini, all’epoca dei fatti presidente dotato di poteri di rappresentanza della società A.S.D. Sporting Club Trestina, insieme con
4. Antonio Aiello, all’epoca dei fatti tecnico tesserato per la società S.S.D. Viareggio 2014, insieme con il sig. Cerbella Enrico, all’epoca dei fatti allenatore tesserato per la A.S.D. Sporting Club Trestina, e con il sig. Bianchi Davide, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società S.S.D. Viareggio 2014, per la “violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) per avere, prima e durante la gara SSD Viareggio 2014 a rl – ASD Sporting Club Trestina del 3.3.2019 valevole per il girone E del Campionato di serie D, in concorso tra loro [Volpi, Lazzarini, Bambini, Cerbella, Bianchi e Aiello, ndr] e con soggetti allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta allo scopo di ottenere un vantaggio in classifica; i sigg.ri Volpi Tommaso e Lazzarini Sergio, in particolare, contattavano il presidente della Sporting Trestina, sig. Bambini Leonardo, e con lo stesso concordavano che la gara dovesse terminare con un risultato di pareggio; l’allenatore della squadra della Sporting Trestina, sig. Cerbella Enrico, poi, durante la gara interloquiva con gli occupanti la panchina della squadra avversaria al fine di sollecitare gli stessi a mantenere un risultato di pareggio in quel momento in essere; l’allenatore della squadra del Viareggio sig. Aiello Antonio, a sua volta, durante la gara interloquiva con gli occupanti della panchina della squadra avversaria al fine di sollecitare gli stessi a terminare la gara con un risultato di pareggio, sollecitando anche il calciatore della propria compagine, sig. Davide Bianchi, ad intervenire a sua volta a tal fine con i tesserati della compagine avversaria; il sig. Davide Bianchi, a sua volta, ricevuta la disposizione dal proprio allenatore, per sua stessa ammissione chiedeva al capitano della squadra avversaria di terminare la gara in pareggio”;
5. la società Pol. D. C.S. Scandicci 1908 s.r.l., a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (art. 30, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell’art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (art. 6, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), per gli atti e comportamenti posti in essere dal sig. Garaffoni Mirko.
II.
Con decisione n. n. 93/TFN-SD 2020/2021, il Tribunale Federale, Sezione Disciplinare – disponendo preliminarmente lo stralcio della posizione del sig. Meoni e della S.S.D. Viareggio, con fissazione di nuova udienza, nonché disponendo la separazione della posizione riferita al Sig. Niccolai – ha ritenuto il deferimento parzialmente fondato, comminando le seguenti sanzioni “per lo più contenute nei minimi edittali”:
“- per il sig. Volpi Tommaso, anni 5 (cinque) di squalifica, con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC;
- per il sig. Lazzarini Sergio, anni 4 (quattro) di inibizione;
- per il sig. Bambini Leonardo, anni 1 (uno) di inibizione;
- per il sig. Cerbella Enrico, anni 1 (uno) di squalifica;
- per il sig. Bianchi Davide, anni 3 (tre) di squalifica;
- per il sig. Aiello Antonio, anni 4 (quattro) di squalifica;
- per il sig. Macchetti Andrea, anni 4 (quattro) di squalifica;
- per il sig. Petrollini Gianni, anni 4 (quattro) di inibizione;
- per il sig. Ferrarese Claudio, anni 1 (uno) di inibizione;
- per il sig. Masi Marco, anni 1 (uno) di squalifica;
- per il sig. Vagaggini Renato, anni 1 (uno) di squalifica;
- per il sig. Garaffoni Mirko, anni 4 (quattro) di inibizione;
- per la società ASD Sporting Club Trestina, € 5.000,00 (cinquemila/00) di ammenda;
- per la società USD Levico Terme, € 5.000,00 (cinquemila/00) di ammenda;
- per la società US Pianese Srl, € 5.000,00 (cinquemila/00) di ammenda;
- per la società Pol.D. C.S. Scandicci 1908 Srl, punti 2 (due) di penalizzazione in classifica, da scontarsi nel corso della corrente stagione sportiva”.
Prosciogliendo, al contempo, i sig.ri Mariotti e Polidori nonché le società Massese e Sangimignanosport. Per quanto concerne la contestata associazione finalizzata alla commissione di illeciti (art. 17 CGS FIGC), il Tribunale ha ritenuto non ravvisabili gli elementi costitutivi della fattispecie associativa in capo ai sig.ri Volpi, Lazzarini e Petrollini.
Per quanto rileva in questa sede, sembra opportuno soffermarsi sulla decisione del Tribunale Federale rispetto alle singole partite che investono le posizioni dei soggetti ricorrenti in questa sede.
Con riferimento alla gara S.S.D. Viareggio 2014 a r.l. – A.S.D. Sporting Club Trestina del 3 marzo 2019 (che coinvolge, come visto, i ricorrenti Macchetti, Bambini e Aiello), il Tribunale ha ritenuto “sufficientemente provata la sussistenza di atti diretti all’alterazione del risultato della gara” (p. 10 e ss. della Decisione di primo grado).
Invero, “le attività captative indicano, per ammissione degli stessi interlocutori, l’attivazione del Volpi e del Lazzarini per il raggiungimento di un accordo sul risultato della competizione e per la raccolta della relativa provvista (cfr. in particolare tel. n. 564 del 28.2.2019 n.796 del 3.3.2019 tra Lazzarini e Volpi). Secondo il contenuto delle conversazioni trascritte, l’accordo illecito (i.e. “l’accredito”) sarebbe intervenuto con il Presidente della Trestina [sig. Bambini, n.d.r.] al quale Volpi avrebbe rappresentato che la propria squadra si trovava in un “mare di guai” proponendo il pareggio (“la finiamo tutti e due”), finale che sarebbe poi dovuto essere trasferito all’allenatore della squadra avversaria. Sulla condotta illecita di Volpi, ideata fin dal precedente 28 febbraio di concerto con Lazzarini (data nella quale gli stessi discutono delle provviste necessarie ad onorare l’eventuale accordo illecito) e consistente nel cercare di accomodare l’esito della competizione, non sussistono dubbi a parere del Collegio, essendo la narrazione del fatto proveniente dalla viva voce degli interessati. Né è contestabile che la condotta costituisca un “atto diretto” rilevante ex art. 7 CGS […] Quanto al destinatario della proposta, invece, contrariamente a quanto indicato nel deferimento, va rilevato come il Presidente della Trestina, mai indagato per il reato di frode in competizione sportiva, non abbia affatto confermato il raggiungimento dell’accordo illecito nelle dichiarazioni in atti (cfr. verbale s.i.t. 2.8.2019), limitandosi a riferire di aver incontrato Volpi in tribuna poco prima dell’inizio della gara e a confermare l’affermazione di quest’ultimo relativa al “mare di guai” in cui versava il Viareggio. A detta affermazione Bambini ha riferito però di aver ribattuto che anche il Trestina veniva da una serie di gare negative, avendo intuito la “peculiarità” della conversazione.
Ritiene dunque il Tribunale che dell’accettazione della proposta di Volpi, per quanto generica, da parte del deferito Bambini non vi sia alcun riscontro in atti, sicché non può esserne affermata la responsabilità per concorso nell’illecito sportivo contestato.
Diversamente, tuttavia, il Collegio ritiene che la condotta serbata dal Presidente del Trestina sia sussumibile nella diversa fattispecie di cui all’art. 7, comma 7, CGS, avendo egli omesso di denunciare alle competenti autorità federali la proposta illecita ricevuta: nelle dichiarazioni rese all’A.G., lo stesso Bambini ha affermato di aver colto l’anomalia della conversazione iniziata dal Volpi, anche avuto riguardo alla “fama del personaggio”, così ammettendo di aver ben compreso il senso delle parole dell’esponente del Viareggio.
Peraltro, che l’accordo tra le due società, pur proposto dal Volpi, non si sia concretizzato a livello apicale, e che dunque solo di omessa denuncia possa rispondere il Presidente del Trestina, emerge anche dalle condotte - del tutto incompatibili con tale prospettazione - poste in essere dagli ulteriori deferiti per i fatti di cui al capo 3 dell’incolpazione. Ed infatti, ove effettivamente l’esponente di primo piano del Viareggio e il Presidente del Trestina si fossero accordati prima della gara per il raggiungimento del risultato, non vi sarebbe stato motivo per i due allenatori di prendere contatti durante il suo svolgimento, come invece è pacificamente emerso dagli atti di indagine.
[…] Ed ancora. Con riguardo alla ipotesi di omessa denuncia di cui al capo 4, deve rilevarsi come non risultino elementi sufficienti per ritenere provata la responsabilità del deferito Macchetti. Sul vice allenatore del Viareggio non vi sono che le dichiarazioni rese dal calciatore Meoni che, tuttavia, sia in fase di sommarie informazioni alla polizia giudiziaria, sia in sede di audizione nel presente procedimento, non è in grado di attribuire con certezza il contatto con l’allenatore avversario al deferito ovvero ad Aiello, né altrimenti la certa conoscenza di condotte volte all’alterazione della gara. Ed anzi, come visto, i calciatori Bianchi e Chicchiarelli attribuiscono al solo Aiello le condotte in contestazione.
In conclusione, in relazione alla gara in discorso, va affermata la responsabilità dei deferiti Volpi, Lazzarini, Bianchi ed Aiello, dovendosi invece escludere la responsabilità del deferito Macchetti”.
Con riferimento alla gara S.S.D. Viareggio 2014 a r.l. – U.S. Pianese S.S.D. s.r.l. del 18 aprile 2019 (che coinvolge, come visto, il ricorrente Marchetti), il Tribunale ha ritenuto sussistente+ “la predisposizione, ad opera degli esponenti del Viareggio, di diversi “atti diretti” ad alterare il risultato” (p. 13 e ss. della Decisione di primo grado).
Invero, secondo il Tribunale, “Da un lato, le conversazioni telefoniche trascritte (cfr. in particolare, tra le numerose indicate nell’informativa 2.09.2019, la 74 del 14.04.2019 e la 22 del 15.04.2019) testimoniano l’attivazione di Volpi, di concerto con Lazzarini, per trovare un accomodamento della gara con la Pianese attraverso Anichini, che avrebbe dovuto cercare un contatto, come poi avvenuto, con il tecnico della squadra Vagaggini. Riscontro al contenuto, già di per sé univoco, delle affermazioni dei diretti interessati nelle conversazioni in atti, si ritrova nelle dichiarazioni rese dal tecnico della Pianese.
Tanto è sufficiente per ritenere le condotte poste in essere sussumibili nella fattispecie di illecito sportivo di cui all’art. 7 CGS, trattandosi di atti idonei nell’accezione più volte ricordata. E ciò, come detto, indipendentemente dalla circostanza, anche questa pacifica, del rifiuto opposto dal destinatario dell’interessamento alla richiesta di contatto.
Dall’altro lato, le dichiarazioni degli esponenti della Pianese, contenute nelle dichiarazioni assunte nell’ambito del procedimento penale, consentono di ritenere raggiunta la prova anche dell’autonoma condotta volta all’alterazione della gara ascritta a Macchetti, in quel momento allenatore del Viareggio. Egli risulta infatti aver rivolto al collega avversario Masi, per ammissione di quest’ultimo, la proposta di terminare il risultato con il pareggio (proposta non accolta).
Come già detto in occasioni dell’analisi di precedenti gare, anche il solo invito a terminare lo sforzo agonistico rivolto al tecnico avversario costituisce atto diretto ad alterare il regolare svolgimento della competizione, rilevante ex art. 7 CGS.
In conclusione, con riguardo alla gara in questione va affermata la responsabilità dei deferiti Volpi, Lazzarini e Macchetti in relazione ai fatti di cui al capo 15 dell’incolpazione”.
Viene, infine, in rilievo, in questa sede, la partita S.S.D. Viareggio 2014 a r.l. – POL. D. C.S. Scandicci 1908 s.r.l. del 5 maggio 2019 (che coinvolge, come visto, il ricorrente Garaffoni e la ricorrente soc. Scandicci): il Tribunale ha ritenuto sussistente la “responsabilità dei deferiti anche con riferimento alla gara in questione” (p. 14 e ss. della Decisione di primo grado).
In particolare, a detta del Tribunale, “chiarissimo è infatti il contenuto delle conversazioni intercettate dalle quali emerge come nei giorni immediatamente precedenti l’incontro con lo Scandicci, gli esponenti della società Viareggio (Volpi, Lazzarini e Petrollini) di concerto tra loro si siano attivati per trattare l’esito della competizione, contattando direttamente il direttore sportivo della squadra avversaria.
Indicative, tra le molteplici indicate tanto nel deferimento quanto nell’informativa 2.9.2019, si rivelano le seguenti conversazioni: n. 528 del 30.04.2019 (tra i due Lazzarini, Volpi e Petrollini in cui si dice “a Mirko la situazione è piaciuta come è stata prospettata” è necessaria una garanzia in quanto Volpi e Lazzarini non sono conosciuti); n. 579 del 2.5.2019 (in cui si cita espressamente il “prezzo” da corrispondere a Garaffoni) e la n. 2366 del 4.5.2019 (in cui Petrollini afferma: ”io devo vincere domani … gli ho fatto una proposta indecente a loro … con Mirko ci ho parlato abbiamo parlato anche con il grande capo e io gli ho detto tu dai a me la domenica dopo io do a te hai capito come? Mi hai capito? … sembrava tutto fatto finché non è arrivato quel ciccione di merda”); n. 2638 del 7.5.2019.
Alla luce del tenore dei dialoghi degli esponenti del Viareggio tra loro e con terzi, appare dunque evidente come prima dello svolgimento della gara con lo Scandicci, vi è stato un contatto con il direttore sportivo di quest’ultima squadra, finalizzato all’aggiustamento del risultato finale.
Tanto sarebbe sufficiente ad affermare la sussistenza dell’illecito sportivo secondo l’interpretazione della norma disciplinare più volte richiamata che prescinde, come più volte ricordato, dal raggiungimento del risultato concordato.
Ma altri elementi consentono di ritenere ulteriormente riscontrata la prospettazione accusatoria di cui al capo 19 dell’incolpazione.
Oltre alle dichiarazioni rese dallo sponsor della Sangiovese il 14.05.2019 sui contatti Petrollini-Garaffoni, risulta che in data 2.05.2019 si è svolto un incontro tra gli esponenti delle due squadre, oggetto anche di un servizio di o.c.p.
A prescindere dalla tempistica dell’incontro tra i vertici delle due società (a tre giorni dalla disputa della gara), già di per sé indiziante, è il contenuto delle conversazioni dei protagonisti, prima e dopo l’incontro, ad evidenziarne l’oggetto e a rendere inattendibile la ricostruzione difensiva nelle dichiarazioni e nelle memorie in atti, per cui in tale sede si sarebbe parlato solo del tesseramento del calciatore Ferretti.
Da un lato infatti, già il 30.04.2019 era stato portato un chiaro messaggio al direttore sportivo che si è dimostrato condiscendente (conv. 528), ma era stata richiesta una “garanzia” poiché i due esponenti del Viareggio, Volpi e Lazzarini, non erano conosciuti dalla dirigenza avversaria. Quale garanzia si sarebbe dovuta pretendere dal Viareggio di fronte alla discussione sulla validità o meno del tesseramento di costui, a tre giorni dall’incontro tra le due squadre, è incomprensibile.
Ma è il contenuto della conversazione “a valle” dell’incontro a minare completamente la prospettazione difensiva. Nell’ambientale n. 5789 del 2.05.2019 i due interlocutori, Volpi e Lazzarini, continuano ad argomentare sulla possibilità di concordare la gara, senza fare alcun riferimento al tesseramento sopra indicato o all’impiego di detto calciatore, che invece sarebbe stato l’argomento discusso fino a pochi minuti prima.
Ed ancora, nella telefonata 2638 del 7.05.2019, successiva alla gara, si può leggere lo sfogo di Petrollini, che ancora una volta smentisce la discussione asseritamemente svoltasi “di persona” unicamente sul calciatore Ferretti: “lo sai che hanno fatto? Che ha combinato Davitti? …la sostituzione, se non c’è Mirco in panchina, se non c’è Garaffoni in panchina sbagliano la sostituzione … ma io ho sbagliato … la dovevo fare con Mirco e non dire niente a nessuno … ma loro hanno voluto parlare con la proprietà”. Il riferimento all’incontro del 2.05.2019 pare al Tribunale incontrovertibile.
Ed ancora, ad ulteriore conforto, si pongono le conversazioni intervenute nel corso della gara nelle quali emerge l’ulteriore trattativa per l’alterazione del risultato. Ci si riferisce alle seguenti trascrizioni di telefonate, intervenute durante la gara, e dunque il pomeriggio del 5.05.2019: 2392, 2395 e 2407.
Da quanto sopra emerge il certo coinvolgimento, nel piano illecito di Lazzarini, Volpi e Petrollini, anche del direttore sportivo Garaffoni che dall’inizio (“a Mirko la situazione è piaciuta come è stata prospettata”) e sino all’ultimo minuto si dimostra accondiscendente rispetto alle richieste di alterazione della gara (Petrollini “che dobbiamo fa?” Garaffoni “eh boh aspetta”).
Da tutto quanto sopra, emerge ad avviso del Tribunale la responsabilità di tutti i deferiti per l’illecito contestato al capo 19.
All’affermazione della responsabilità di Garaffoni, consegue quella della società Scandicci per il capo 21 dell’incolpazione per la condotta ascritta al proprio tesserato”.
III.
Avverso la detta decisione del Tribunale Federale, hanno proposto ricorso in appello i sig.ri Cerbella, Ferrarese, Macchetti, Lazzarini, Aiello, Masi, Bambini, Volpi, Bianchi, Vagaggini e Garaffoni, nonché le società U.S.D. Levico Terme, A.S.D. Sporting Club Trestina, U.S.D. Pianese S.S.D. s.r.l. e POL. D. C.S. Scandicci 1908.
Decidendo sul gravame, le Sezioni Unite della Corte Federale di Appello della FIGC, con la decisione n. 084/CFA/2020-2021 dell’11 marzo 2021 - impugnata in questa sede da tutti i ricorrenti indicati in epigrafe - hanno disposto come segue:
- “per il Sig. Cerbella Enrico: accoglie parzialmente e, per l’effetto, ridetermina la sanzione in mesi 8 di squalifica, con restituzione del contributo di giustizia;
- per il Sig. Ferrarese Claudio: accoglie e, per l’effetto, lo proscioglie con restituzione del contributo di giustizia;
- per la società USD Levico Terme: accoglie e, per l’effetto, la proscioglie con restituzione del contributo di giustizia;
- per il Sig. Macchetti Andrea: respinge;
- per il Sig. Lazzarini Sergio: respinge;
- per il Sig. Aiello Antonio: respinge;
- per il Sig. Masi Marco: accoglie parzialmente e, per l’effetto, ridetermina la sanzione in mesi 8 di squalifica, con restituzione del contributo di giustizia;
- per il Sig. Bambini Leonardo: accoglie parzialmente e, per l’effetto, ridetermina la sanzione in mesi 8 di squalifica, con restituzione del contributo di giustizia;
- per la società ASD Sporting Club Trestina: respinge;
- per il Sig. Volpi Tommaso: respinge;
- per il Sig. Bianchi Davide: accoglie parzialmente e, per l’effetto, ridetermina la sanzione in anni 1 di squalifica, con restituzione del contributo di giustizia;
- per il Sig. Vagaggini Renato: accoglie parzialmente e, per l’effetto, ridetermina la sanzione in mesi 8 di squalifica, con restituzione del contributo di giustizia;
- per la società USD Pianese Ssd Srl: accoglie parzialmente e, per l’effetto, ridetermina la sanzione nell’ammenda a € 4.000.00, con restituzione del contributo di giustizia;
- per il Sig. Garaffoni Mirko: respinge;
- per la società POL. D.C.S. Scandicci 1908: respinge”.
La Corte, dopo aver preliminarmente disatteso le numerose istanze istruttorie formulate dagli appellanti “sia per la loro genericità, sia in ragione della struttura e della funzione del giudizio di appello” (p. 23), ha anch’essa esaminato le singole gare oggetto di contestazione da parte della Procura Federale ed analizzate dal Tribunale Federale.
Con riferimento alla partita disputatasi il 3 marzo 2019 tra il Viareggio e la Trestina - rilevante ai fini di questa decisione - i giudici di appello hanno osservato “che le conversazioni intercettate, non solo possono costituire credibile fonte di prova in danno dei colloquianti, ma anche quando si risolvono in precise accuse nei confronti di terze persone, non possono mai essere considerate alla stregua di chiamate in correità e, quindi, non necessitano del reperimento dei cc.dd. riscontri esterni, ma, anche se devono essere attentamente vagliate e correttamente interpretate, vanno considerate alla stregua di prove autonome ed autosufficienti, sulle quali il giudicante ben può fondare il suo convincimento (ciò a far tempo dalla “sentenza capostipite”, cass. pen., sez. 5 sent. n. 13614 del 2001, Primerano e altri, fino alla pronuncia delle SS.UU. penali, sent. n. 22471 del 2015, Sebbar e numerose altre successive).
Orbene, tra Volpi e Lazzarini si parla di un “accredito” da operare nei confronti del Bambini e della opportunità di ottenere un risultato di pareggio per il Viareggio. Le stesse parziali ammissioni del Bambini, d’altra parte, (e le ricordate dichiarazioni dell’Aiello che ha affermato di aver saputo, sia pure “a cose fatte”, dei tentativi di accordo messi in atto dai due predetti), oltre ad avere valore in sé, vanno lette, appunto, in relazione al contenuto delle ricordate intercettazioni, di talché, da un lato, ne risulta rafforzata la ipotesi di accusa nei confronti della dirigenza del Viareggio; dall’altro – e per logica conseguenza – finisce per essere probatoriamente corroborato anche l’addebito mosso allo stesso Bambini (la cui posizione verrà trattata funditus più avanti), che – pudicamente – ebbe a definire “anomala” la richiesta proveniente dal Volpi. […] particolarmente significativa è la conversazione intercettata tra Volpi e Lazzarini, nel corso della quale il primo dice al secondo, una volta conclusasi la partita con un risultato diverso da quello per il quale i due avevano brigato, che l’allenatore della squadra avversaria si era scusato (scil. evidentemente per aver vinto), al che il Volpi replica che c’era poco da fare perché “quello” è un deficiente. Secondo il primo giudice “quello” è Aiello Antonio, allenatore del Viareggio. La deduzione è del tutto condivisibile, atteso che, in altra conversazione, il Volpi rimprovera aspramente l’Aiello perché costui – evidentemente non coordinandosi con l’input della dirigenza – si era autonomamente attivato per concordare il pareggio con il suo omologo del Trestina.
Nessun rilievo può poi avere il fatto, come ha osservato il primo giudicante, citando consolidata giurisprudenza sportiva (Collegio di Garanzia 93/2017) che le manovre poste in essere da Volpi e Lazzarini non abbiano portato ad un effettivo “aggiustamento” della gara. L’assunto va certamente condiviso, dal momento che, per la sussistenza dell’illecito sportivo, rilevano gli atti anche semplicemente diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o ad assicurare un vantaggio in classifica. Si tratta dunque di una fattispecie a consumazione anticipata, che ricalca lo schema del reato tentato (art. 56 cod. pen.) o, se si vuole, dei delitti di attentato. L’idoneità degli atti va, naturalmente, valutata in astratto ed ex ante, unitamente alla loro unidirezionalità.
Va da sé che tali considerazioni, se pur svolte con riferimento alla partita Viareggio-Trestina, valgono per tutti i successivi casi analoghi”.
Ed è proprio con riferimento ai successivi casi analoghi che la Corte ha esaminato la gara Viareggio-Pianese. Sul punto, “sono, ancora una volta, le conversazioni intercettate che rendono evidente la responsabilità di Volpi e Lazzarini. Dalle stesse risulta che il contatto venne stabilito attraverso Anichini Fabio che si rivolse a Vagaggini Renato, il quale rifiutò l’offerta manipolatoria. Nell’atto di deferimento della Procura federale si legge, per altro, che proprio il Vagaggini ebbe a riferire che, anche durante lo svolgimento della gara, l’allenatore della Pianese fu contattato da quello del Viareggio, il quale insisteva per concludere un accordo. Ed in effetti Masi Marco accusa apertamente (salvo il successivo tentativo di ridimensionamento) Macchetti Andrea (succeduto ad Aiello). Ne deriva che, come ha correttamente ritenuto il primo giudice, il quadro probatorio appare compiuto e congruo, con la conseguenza che le censure formulate dai reclamanti vanno qualificate prive di qualsiasi fondamento”.
Viene, infine, per quanto qui interessa, presa in considerazione la partita Viareggio-Scandicci: “Garaffoni Mirko risulta essere stato contattato dallo staff del Viareggio. Le conversazioni vengono ritenute (a buona ragione) esplicite nel loro reale significato, atteso che si parla apertamente di somme di danaro. Ma “il discorso” con la squadra avversaria era molto articolato in quanto si progettava una doppia combine: prima le due squadre avrebbero dovuto pareggiare, quindi nei playout, il Viareggio avrebbe dovuto rendere il favore agli avversari, perdendo volontariamente il match (afferma infatti il Petrollini, non senza rammarico: “tu dai a me la domenica; dopo io do a te; hai capito come? [...] sembrava tutto fatto, poi è arrivato quel ciccione di merda!”). Nell’atto di deferimento si chiarisce il senso di questo progettato scambio: con il pareggio, lo Scandicci non avrebbe incontrato nel playout il San Gimignano, ritenuta squadra temibile; in cambio, come premesso, doveva essere concordata la sconfitta del Viareggio nel successivo incontro, sempre con lo Scandicci.
Il giudice di primo grado ha chiarito ad abundantiam le ragioni per le quali i contatti tra le due squadre e l’incontro presso l’hotel Delta Florence non possono essere giustificati dalla necessità di discutere la collocazione del calciatore Ferretti. A ciò è da aggiungere che, in una conversazione tra presenti (dunque in una intercettazione ambientale), Lazzarini Sergio ed Edoardo (padre e figlio), Volpi e Petrollini commentano il progetto di “aggiustamento” con l’affermare che a Garaffoni la “situazione” è davvero piaciuta e tuttavia lo Scandicci vuole “garanzie” (evidentemente sull’impegno del Viareggio a perdere la successiva partita; tanto che i quattro discutono se sia il caso di schierare la formazione juniores o quella dei titolari, che tuttavia avrebbero dovuto giocare per perdere). Ebbene, a fronte di tali affermazioni, costituisce motivo di imbarazzo per chi legge (ma, evidentemente non per chi ha proposto il reclamo) dover confutare la versione alternativa in base alla quale tali contatti non avevano alcun contenuto illecito ed erano, viceversa, relativi alle trattative per la cessione di un calciatore”.
La Corte Federale di Appello, ai capi 12 e seguenti, ha ulteriormente analizzato le singole posizioni degli incolpati.
Per quanto riguarda il sig. Aiello, il quale aveva dichiarato di essere rimasto all’oscuro delle manovre messe in atto da Volpi e Lazzarini, la Corte ha affermato come lo stesso sia “smentito, oltre che dal contenuto della conversazione intercettata del giorno 3.3.2019, dalle parole di Chicchiarini che ha affermato di aver udito la frase con la quale l’Aiello invitava gli avversari a “finirla lì”, oltre che da quanto riferito da Meoni Leonardo e dallo stesso Bianchi. Ed in effetti quest’ultimo, sentito dalla Procura federale, ha offerto piena collaborazione ed ha confermato di essere stato inviato proprio dall’Aiello a parlare con il capitano del Trestina per proporgli l’accordo in base al quale entrambe le squadre si sarebbero dovute accontentare del pareggio, sentendosi rispondere che, per questioni del genere, era necessario che egli riferisse al suo allenatore, vale a dire al Cerbella. Che l’intera squadra del Viareggio poi coltivasse il proposito di un pareggio concordato lo si desume anche dalla reazione rabbiosa conseguente al gol segnato, negli ultimi minuti dalla squadra avversaria (cfr. atto di deferimento). E non a caso, nella conversazione intercettata col Volpi, l’Aiello, nel tentativo di giustificarsi, ribadisce di aver mandato Bianchi a parlamentare con i componenti della squadra avversaria, ma la missione era fallita, perché, come gli aveva riferito il Bianchi stesso, “quello lì non voleva”. Nella sua versione dei fatti, l’Aiello tenta di rovesciare la dinamica degli avvenimenti, sostenendo, come si è visto, che Chicchairelli lo accusa falsamente perché egli ne aveva disposto la sostituzione e che fu il personale del Trestina a contattare Bianchi per proporre il pareggio. Ma la sua versione dei fatti è palesemente illogica, sia perché non è credibile che Chicchiarelli, pur di accusare Aiello, abbia danneggiato anche sé stesso (tanto che ha ritenuto opportuno patteggiare), sia perché è emerso che il Trestina non intendeva affatto accontentarsi del pareggio, tanto che continuò a giocare con forte agonismo e segnò il gol del vantaggio e della vittoria”.
Quanto alla posizione del sig. Bambini, la Corte di Appello ha valorizzato la dichiarazione fatta alla Polizia giudiziaria nell’ambito del parallelo procedimento penale, statuendo che “da tali dichiarazioni è agevole desumere la preoccupazione di dimostrare che il contatto con il Volpi si è arrestato alle prime battute; l’intento “difensivo” traspare chiaro dall’ultima frase, volta – con tutta evidenza – a neutralizzare eventuali accuse o “chiamate in correità” che potessero provenire proprio dal Volpi o da altri. E tuttavia, l’effetto è l’esatto contrario di quello sperato dal dichiarante, in quanto è facilmente deducibile che Bambini avesse pienamente compreso quale era il messaggio che le parole e l’atteggiamento (confidenziale) del Volpi volevano veicolare. Ovviamente, poi, l’approccio del Volpi non può essere valutato isolatamente, ma va posto in relazione con il comportamento tenuto nel corso della partita da altri appartenenti alla squadra del Viareggio (Aiello e Bianchi, come si è sopra specificato), di talché appare davvero non credibile che tanto Bambini, quanto Cerbella non avessero pienamente compreso che dalla squadra avversaria proveniva un chiaro invito ad “addomesticare” la partita, con il conseguente obbligo di denuncia da parte dei destinatari dell’inequivoca proposta. E sempre con valutazione complessiva (scil. non atomistica) va letta la frase pronunziata dall’Aiello nel corso della conversazione intercetta con il Volpi. Dopo l’infruttuoso approccio tentato dal Volpi nei confronti del Bambini, la trattativa (sul campo) era fallita perché “quello lì non voleva” e quello lì altro non può essere che il Cerbella, allenatore della squadra avversaria, naturale destinatario finale del messaggio che Bianchi, per conto, di Aiello aveva rivolto al capitano del Trestina”.
Sulla posizione del sig. Macchetti, in relazione alla partita contro la Pianese, succeduto all’Aiello nel ruolo di allenatore del Viareggio, la Corte ha ritenuto non condivisibile la tesi difensiva secondo cui lo stesso non avrebbe mai proposto al Masi, allenatore della Pianese, l’opportunità di accontentarsi del pareggio conseguito nel corso della partita, ma che egli, al più, può essersi rivolto ai suoi atleti, raccomandando loro una condotta di gioco utile per conservare il risultato di parità. Sul punto è, a detta della Corte, decisiva la ammissione in tal senso fatta alla Polizia Giudiziaria dal Masi stesso: “basta riflettere sulla vivace replica che immediatamente il Masi fornì al suo interlocutore (“che cazzo dici?! Io mi gioco il campionato. Non rompere i coglioni!”). Si tratta di una risposta, tanto ruvida, quanto inequivocabile, che rende più che evidente che l’allenatore della Pianese colse in pieno il senso della proposta che gli veniva dal suo collega della squadra avversaria. […] Masi […] fu il destinatario della proposta proveniente dal Macchetti, al quale rispose in malo modo”.
In tal guisa, “la condotta del Macchetti integra perfettamente la fattispecie illecita a lui contestata e dunque non si può accedere ad alcuna richiesta di derubricazione”.
Quanto alla posizione del sig. Garaffoni, la Corte, oltre a quanto affermato con specifico riferimento alla gara Viareggio-Scandicci, ha valorizzato le intercettazioni riguardanti il sig. Petrollini, con la conseguente affermazione della responsabilità oggettiva della società, Pol. D. C.S. Scandicci 1908.
Lo stesso Garaffoni, secondo la Corte, in punto di trattamento sanzionatorio (p. 40 della Decisione impugnata), non “merita (né, per la verità, risulta aver chiesto) alcuna mitigazione della sanzione a lui applicata. La sua responsabilità nel tentativo di combine della partita col Viareggio, lo rende ampiamente meritevole della sanzione applicatagli, determinata comunque nel minimo edittale”.
Sempre in tema di trattamento sanzionatorio (p. 41 della Decisione impugnata), i ricorrenti Aiello e Macchetti, succedutisi sulla panchina del Viareggio, non hanno parimenti meritato, a detta della CFA, un ridimensionamento del trattamento sanzionatorio. Gli stessi, invero, in quanto allenatori “erano i soggetti a più diretto contatto con i giovani atleti della squadra, cui avrebbero dovuto trasmettere i valori dello sport: la lealtà nella competizione, il rispetto delle regole e dell’avversario. Sono stati, viceversa, docili strumenti della politica manipolatoria dei vertici manageriali della loro squadra. In più il primo indusse il Bianchi a farsi messaggero della illecita proposta nei confronti dei giocatori del Trestina. La carica intrinsecamente corruttiva di un simile mandato non può essere posta in discussione”.
Quanto alla posizione del ricorrente Bambini, responsabile di omessa denuncia, in applicazione dei principi di cui all’art. 16 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC previgente, “atteso che la prevista possibilità di riconoscere attenuanti consente di fissare la sanzione al di sotto del minimo edittale”, i giudici di secondo grado hanno ritenuto giustificata una riduzione della sanzione (da 1 anno di inibizione in primo grado, a 8 mesi), “in ragione della non piena consapevolezza del disvalore della condotta accertata (omessa denuncia) e della mancanza di contestazione di qualsiasi recidiva (o comunque pregressa condotta riprovevole)”.
Infine, il quantum della sanzione applicata in primo grado alla ricorrente Scandicci, a titolo di responsabilità oggettiva (art. 7, comma 2, CGS FIGC in vigore fino al 16 giugno 2019, attuale art. 30, comma 2, nonché art. 4, comma 2, CGS FIGC in vigore fino al 16 giugno 2019, attuale art. 6, comma 2), per gli atti e comportamenti posti in essere da Garaffoni, nei cui confronti, come detto, è rimasta accertata la più grave condotta concretatasi nell’illecito sportivo, è stato confermato dalla Corte di Appello.
IV.
Avverso tale decisione della CFA, sono pervenuti al Collegio di Garanzia dello Sport i seguenti ricorsi:
A) ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 33/2021, presentato, in data 26 marzo 2021, dal sig. Andrea Macchetti.
Il ricorrente Macchetti affida il proprio ricorso a due motivi di diritto: i) “Omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti”; ii) “Violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cu agli artt. 50 C.g.s., 115 e 116 c.p.c., 603 e 606 c.p.p.”.
Con riferimento al primo motivo, il Macchetti censura la decisione della Corte Federale ove, pur a fronte delle reiterate allegate circostanze che potevano, in tesi, condurre all’archiviazione della sua posizione, i giudici di secondo grado hanno esclusivamente preso in considerazione – con insufficiente motivazione – le dichiarazioni del sig. Masi poste in relazione con quanto riferito dal Sig. Vagaggini (pp. 35, 36 e 37 della Decisione della CFA).
La lacuna istruttoria e, per l’effetto, la insufficiente motivazione si sostanzierebbero nel non aver sentito il Vagaggini con la garanzia del testimone, non potendo essere considerato quale testimone indiretto ex art 195 c.p.p., e nel non aver considerato che la frase “la finiamo lì” poteva essere stata rivolta dal Macchetti alla squadra e non al Masi e, dunque, percepita in modo erroneo. Militano, secondo il ricorrente, in tale ultimo senso varie circostanze, liquidate dalla Corte sostenendo che i testimoni oculari indicati dalla difesa del Macchetti sarebbero affetti da “ipoacusia”, a differenza del Sig. Masi, allenatore della Pianese, che avrebbe invece sentito perfettamente. Queste le circostanze cui fa riferimento il ricorrente: il Macchetti era allenatore del Viareggio da poche partite; egli operava a titolo gratuito e non conosceva il Masi; in nessuna delle intercettazioni telefoniche si fa menzione del ricorrente; non ha tratto alcun vantaggio economico dalla combine da lui asseritamente tentata; le panchine dei due allenatori nel momento della frase incriminata erano distanti almeno 30 metri; non vi sarebbero riscontri sull’accaduto; dalle indagini difensive in atti emergerebbe una condotta del Macchetti volta ad esortare una condotta di gioco utile per conservare il pareggio.
Di tal ché, arrivando al secondo motivo, il ricorrente lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva ex art. 606 c.p.p.: il confronto tra Macchetti e Masi, al fine di chiarire in contraddittorio il reale svolgimento dei fatti. In tal senso, il ricorrente segnala la contraddittorietà della Corte ove, a p. 14, dà atto di tale richiesta e, successivamente, a pagina 23, afferma che “Macchetti, che pure aveva chiesto di essere posto a confronto con Masi, non ha poi coltivato tale richiesta”.
La CFA, secondo il ricorrente, avrebbe fatto una valutazione meramente indiziaria della prova, che non consente di attribuire l’illecito contestato al di là di ogni ragionevole dubbio.
Ha concluso il ricorrente chiedendo al Collegio di annullare la decisione della CFA “con le conseguenti statuizioni di legge”.
Per resistere a tale ricorso si è costituita in giudizio la FIGC, con memoria di puro stile del 29 marzo 2021, affidando le proprie controdeduzioni a successiva memoria del 6 aprile 2021.
In particolare, la difesa della Federazione deduce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso poiché, in tesi, finalizzato ad ottenere una ulteriore valutazione del merito della controversia, in assenza di presupposti che consentano di adire il Collegio ai sensi dell’art. 54 CGS, come interpretato dalla decisione n. 19/2017: il vizio di “omessa o insufficiente motivazione” può considerarsi esistente, infatti, solo nel caso in cui, “dall'esame del percorso argomentativo del giudice, emerga il mancato esame di elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione, ovvero la mancata esposizione del procedimento logico motivazionale seguito dal giudice”. Viceversa, con la decisione oggi impugnata il giudice federale avrebbe correttamente vagliato e valutato il quadro probatorio, senza che possa emergere il mancato esame di elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione.
Nel merito, la Federazione ritiene infondati i motivi di ricorso, atteso che non vi sarebbe stata alcuna “grave lacuna istruttoria”, avendo la CFA ben motivato sulla responsabilità del Macchetti, ritenendo sufficienti e convergenti le prove acquisite che, nel caso di specie, provenivano da un giudizio penale.
La FIGC ha, dunque, concluso per il rigetto del ricorso.
Con memoria ex art. 60, c. 4, CGS CONI, il ricorrente ha ribadito le proprie argomentazioni, contro deducendo anche sull’ammissibilità del ricorso.
B) ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 40/2021, presentato, in data 9 aprile 2021, dal sig. Mirko Garaffoni.
Il ricorrente Garaffoni deduce i seguenti motivi di diritto.
i) “La violazione dell’art. 2, commi 2 e 6 del Codice di Giustizia Sportiva”.
Secondo la difesa del Garaffoni, la Corte avrebbe omesso di prendere in considerazione le richieste istruttorie formulate dalla difesa sia in primo che in secondo grado. Si tratta, in particolare, delle testimonianze, delle quali sono state prodotte delle dichiarazioni scritte, della sig.ra Ciagli (segretaria di direzione dello Scandicci) e del sig. Davitti (allenatore dello Scandicci all’epoca dei fatti). Dette testimonianze, trattandosi di soggetti presenti durante la gara incriminata, sarebbero in grado, se prese in considerazione, di minare la ricostruzione dei fatti, così come proposta dalla Procura e rifluita nelle decisioni del TFN e della CFA, e di confermare l’assenza di qualsiasi combine tra Scandicci e Viareggio.
Invero, secondo il ricorrente, la testimonianza della sig.ra Ciagli (le cui dichiarazioni sono contenute nel doc. 10 allegato al ricorso) dimostrerebbe proprio il coinvolgimento del Garaffoni, nell’incontro del 2 maggio 2019, nel trasferimento del calciatore Ferretti e non anche nella ordita combine; smentita, altresì, dalla testimonianza del sig. Davitti (doc. 11 allegato al ricorso).
In tal modo, secondo il ricorrente, la Corte di Appello sarebbe incorsa in un error in procedendo, non avendo garantito i principi di parità delle parti e del giusto processo.
Molteplici sarebbero, in tesi, le circostanze non prese in considerazione dalla Corte: le motivazioni del GIP di Lucca del 23 marzo 2020, che ha escluso la sussistenza di gravi indizi di reato a carico del ricorrente; il non aver conosciuto i sig.ri Volpi e Lazzarini prima dell’incontro del 2 maggio 2019; la contraddittorietà delle intercettazioni prese in considerazione dai giudici endofederali; le dichiarazioni rese alla Questura dal Sig. Bagiardi; l’intercettazione tra Lazzarini e il figlio del 5 maggio 2019, con cui espressamente si afferma come i giocatori dello Scandicci “non c’hanno aiutato per niente” e le dichiarazioni del 12 giugno 2019 del Piconcelli, all’epoca procuratore del calciatore Ferretti.
ii) “L’omessa pronuncia in ordine a un fatto rilevante per la decisione e oggetto di disputa tra le parti”.
Mancherebbe totalmente, secondo il ricorrente, la motivazione in ordine alla circostanza, emersa nel giudizio, per cui le recriminazioni del giocatore Lazzarini del Viareggio, relativamente alla volontà dello Scandicci di voler vincere la partita (conversazione n. 912 del 5 maggio 2019), dimostrerebbero, al contrario di quanto valorizzato dalla Corte, proprio l’assenza di combine per colpa proprio del Garaffoni.
iii) “Illogicità della Decisione di Appello e il difetto di motivazione”.
A detta del ricorrente, la decisione della CFA sarebbe affetta da illogicità poiché, da una parte, valorizza il presunto accordo del 2 maggio 2019 con la dirigenza del Viareggio e, contemporaneamente, fa riferimento alle “numerose chiamate tra Petrollini e Garaffoni”, circostanza questa che avrebbe dovuto quantomeno portare al deferimento di ulteriori tesserati dello Scandicci.
L’illogicità sarebbe da rilevare, altresì, a p. 38 della Decisione della CFA, poiché avrebbe preso in considerazione solo le conversazioni intercettate che corroborano la ricostruzione della Procura, con la conseguenza di una inammissibile inversione dell’onere probatorio.
Ha concluso, pertanto, il Garaffoni chiedendo al Collegio di Garanzia, in accoglimento del ricorso: “nel merito, in via principale, di accogliere il presente ricorso e, per l'effetto, di riformare e/o
revocare e/o dichiarare nulla e /o annullata o comunque inefficace la decisione impugnata, che ha applicato a suo carico la sanzione di quattro anni di squalifica; nel merito, in via subordinata, di derubricare la contestata incolpazione da illecito sportivo (art. 7, commi 1 e 2, CGS) e la violazione dell'obbligo di denuncia (art. 7, comma 7, CGS) con conseguente applicazione, a suo carico, della sanzione minima prevista dal CGS (nella versione all'epoca in vigore); in via ulteriore subordinata, di accogliere il presente ricorso e, per l'effetto, di riformare e/o revocare e/o dichiarare nulla e/o annullata e comunque inefficace la decisione impugnata con rinvio al TFN - Sezione Disciplinare per la rinnovazione del procedimento ed indicazione del principio/principi di diritto da applicare”.
Per resistere a tale ricorso si è costituita in giudizio la FIGC, con memoria del 3 maggio 2021.
In particolare, la difesa della Federazione deduce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso poiché, in tesi, finalizzato ad ottenere una ulteriore valutazione del merito della controversia, in assenza di presupposti che consentano di adire il Collegio ai sensi dell’art. 54 CGS, come interpretato dalla decisione n. 19/2017: il vizio di “omessa o insufficiente motivazione” può considerarsi esistente, infatti, solo nel caso in cui, “dall'esame del percorso argomentativo del giudice, emerga il mancato esame di elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione, ovvero la mancata esposizione del procedimento logico motivazionale seguito dal giudice”. Viceversa, con la decisione oggi impugnata il giudice federale avrebbe correttamente vagliato e valutato il quadro probatorio, senza che possa emergere il mancato esame di elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione.
Nel merito, la Federazione ritiene infondati i motivi di ricorso, atteso che non vi sarebbe stata alcuna “grave lacuna istruttoria”, avendo la CFA ben motivato sulla responsabilità del Garaffoni, ritenendo sufficienti e convergenti le prove acquisite che, nel caso di specie, provenivano da un giudizio penale.
La FIGC ha, dunque, concluso per il rigetto del ricorso.
C) ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 41/2021, presentato, in data 09 aprile 2021, dal sig. Leonardo Bambini.
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente Bambini lamenta la “nullità della decisione per divergenza tra il dispositivo e la motivazione – violazione dell’art. 156 c. 2 c.p.c.”.
Nel dispositivo della decisione impugnata il sig. Bambini è stato condannato a 8 mesi di “squalifica” nonostante per questi, quale Presidente della Trestina, si sarebbe tutt’al più potuta considerare la diversa sanzione della “inibizione”.
La circostanza che, in realtà, nelle motivazioni la CFA faccia riferimento proprio a quest’ultima fattispecie a pag. 41, sarebbe, a detta del ricorrente, ininfluente, risolvendosi in ogni caso in una ipotesi di nullità della decisione, non potendosi provvedere alla mera correzione dell’eventuale errore materiale (Cass., n. 5939/2018).
Inoltre, il ricorrente lamenta una “omessa motivazione circa la mancata ammissione di mezzi di prova indicati in atti quale punto decisivo della controversia – violazione dell’obbligo di motivazione … violazione e falsa applicazione artt. 51, c. 1, 57 ss., 103 e 106 CGS FIGC e 2, c. 4 e 37, c. 6 CGS CONI”.
La CFA si sarebbe espressa, illegittimamente, sulla totalità delle istanze istruttorie (pp. 24 e 25), omettendo di motivare, nella specie, la mancata ammissione delle, pur reiterate, richieste volte all’ammissione del filmato della gara Viareggio-Trestina e all’ammissione della testimonianza del Sig. Mearelli (consigliere della Trestina, le cui dichiarazioni vengono allegate al ricorso sub doc. 2).
Tali evidenze avrebbero potuto dar conto della estraneità del ricorrente ai fatti a lui ascritti.
Con il terzo motivo, si denuncia la “omessa motivazione e/o insufficiente motivazione circa l’infrazione di omessa denuncia quale punto decisivo della controversia – violazione e falsa applicazione dell’art. 30, c. 7 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC – Violazione dei principi costituzionali del diritto di difesa e di un giusto processo”.
La Corte avrebbe dato una interpretazione delle dichiarazioni rese dal Bambini alla polizia giudiziaria in modo forzato e diverso dal senso delle stesse. L’interpretazione corretta del breve colloquio Bambini/Volpi, cui è ricollegata la responsabilità per omessa denuncia, sarebbe, in tesi, fornita dalla testimonianza, non assunta, del Mearelli, secondo cui: “Leonardo Bambini mi riferì che era la prima volta che lo vedeva e che ci parlava ed era un po' risentito perché gli parlava con fare confidenziale nonostante non si conoscessero. Non è vero che il Volpi e il Bambini concordavano che la gara dovesse terminare in pareggio”.
Ha concluso, pertanto, il Bambini chiedendo al Collegio di Garanzia: “in via preliminare, in accoglimento del primo motivo di diritto […], di dichiarare la nullità della decisione oggi gravata per l'irrimediabile divergenza tra il dispositivo e la motivazione; in via principale: 1) di ritenere l'illegittimità della decisione impugnata, con la quale il medesimo Giudice, in parziale accoglimento del reclamo avverso la decisione n. 93/TFN-SD 2020/2021 del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare FIGC del 21 gennaio 2021, depositata il 27 gennaio 2021, ha rideterminato la sanzione a carico di Leonardo Bambini in mesi otto di squalifica, per i motivi di cui in premessa; 2) di accogliere il ricorso per le motivazioni ivi indicate e, in totale riforma della decisione impugnata, di proscioglierlo dalle incolpazioni così come risultanti in atti con la formula liberatoria più favorevole e comunque ritenuta di giustizia; 3) in via gradata, qualora il Collegio di Garanzia lo ritenga opportuno, di disporre l'annullamento senza rinvio ovvero con rinvio unitamente a tutti gli atti presupposti, annessi, connessi, collegati e comunque conseguenti, per i motivi di cui in premessa”.
Per resistere a tale ricorso si è costituita in giudizio la FIGC, con memoria di puro stile del 12 aprile 2021, affidando le proprie controdeduzioni a successiva memoria del 19 aprile 2021.
In particolare, la difesa della Federazione deduce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso poiché, in tesi, finalizzato ad ottenere una ulteriore valutazione del merito della controversia, in assenza di presupposti che consentano di adire il Collegio ai sensi dell’art. 54 CGS, come interpretato dalla decisione n. 19/2017: il vizio di “omessa o insufficiente motivazione” può considerarsi esistente, infatti, solo nel caso in cui, “dall'esame del percorso argomentativo del giudice, emerga il mancato esame di elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione, ovvero la mancata esposizione del procedimento logico motivazionale seguito dal giudice”. Viceversa, con la decisione oggi impugnata, il giudice federale avrebbe correttamente vagliato e valutato il quadro probatorio, senza che possa emergere il mancato esame di elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione.
Nel merito, la Federazione ritiene infondati i motivi di ricorso, atteso che non vi sarebbe stata alcuna “grave lacuna istruttoria”, avendo la CFA ben motivato sulla responsabilità del Bambini, ritenendo sufficienti e convergenti le prove acquisite che, nel caso di specie, provenivano da un giudizio penale.
La FIGC ha, dunque, concluso per il rigetto del ricorso.
Con memoria ex art. 60, c. 4, CGS CONI, il ricorrente ha ribadito le proprie argomentazioni, contro deducendo anche sull’ammissibilità del ricorso.
D) ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 42/2021, presentato, in data 9 aprile 2021, dalla C.S. Scandicci 1908 s.r.l. Polisportiva Dilettantistica.
La Società ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto.
i) “La violazione dell’art. 2, commi 2 e 6 del Codice di Giustizia Sportiva”
Secondo la difesa dello Scandicci (condannato per responsabilità oggettiva per i fatti del sig. Garaffoni), la Corte avrebbe omesso di prendere in considerazione le richieste istruttorie formulate dalla difesa sia in primo che in secondo grado. Si tratta, in particolare, delle testimonianze, delle quali sono state prodotte delle dichiarazioni scritte, della sig.ra Ciagli (segretaria di direzione dello Scandicci) e del sig. Davitti (allenatore dello Scandicci all’epoca dei fatti). Dette testimonianze, trattandosi di soggetti presenti durante la gara incriminata, sarebbero in grado, se prese in considerazione, di minare la ricostruzione dei fatti, così come proposta dalla Procura e rifluita nelle decisioni del TFN e della CFA, e di confermare l’assenza di qualsiasi combine tra Scandicci e Viareggio.
Invero, secondo la società ricorrente, la testimonianza della sig.ra Ciagli (le cui dichiarazioni sono contenute nel doc. 10 allegato al ricorso) dimostrerebbe proprio il coinvolgimento del Garaffoni, nell’incontro del 2 maggio 2019, nel trasferimento del calciatore Ferretti e non anche nella ordita combine; smentita, altresì, dalla testimonianza del sig. Davitti (doc. 11 allegato al ricorso).
In tal modo, secondo la ricorrente, la Corte di Appello sarebbe incorsa in un error in procedendo, non avendo garantito i principi di parità delle parti e del giusto processo.
Molteplici sarebbero, in tesi, le circostanze non prese in considerazione dalla Corte: le motivazioni del GIP di Lucca del 23 marzo 2020, che ha escluso la sussistenza di gravi indizi di reato a carico del Garaffoni; il non aver conosciuto i sig.ri Volpi e Lazzarini prima dell’incontro del 2 maggio 2019; la contraddittorietà delle intercettazioni prese in considerazione dai giudici endofederali; le dichiarazioni rese alla Questura dal Sig. Bagiardi; l’intercettazione tra Lazzarini e il figlio del 5 maggio 2019, con cui espressamente si afferma come i giocatori dello Scandicci “non c’hanno aiutato per niente” e le dichiarazioni del 12 giugno 2019 del Piconcelli, all’epoca procuratore del calciatore Ferretti.
ii) “L’omessa pronuncia in ordine a un fatto rilevante per la decisione e oggetto di disputa tra le parti”.
Mancherebbe totalmente, secondo la ricorrente, la motivazione in ordine alla circostanza, emersa nel giudizio, per cui le recriminazioni del giocatore Lazzarini del Viareggio, relativamente alla volontà dello Scandicci di voler vincere la partita (conversazione n. 912 del 5 maggio 2019), dimostrerebbero, al contrario di quanto valorizzato dalla Corte, proprio l’assenza di combine per colpa proprio del Garaffoni.
iii) “Illogicità della Decisione di Appello e il difetto di motivazione”.
A detta della ricorrente, la decisione della CFA sarebbe affetta da illogicità poiché, da una parte, valorizza il presunto accordo del 2 maggio 2019 con la dirigenza del Viareggio e, contemporaneamente, fa riferimento alle “numerose chiamate tra Petrollini e Garaffoni”, circostanza questa che avrebbe dovuto quantomeno portare al deferimento di ulteriori tesserati dello Scandicci.
Ma l’assenza di qualsivoglia combine sarebbe dimostrata, in tesi, dallo svolgimento materiale della gara Viareggio-Scandicci, il cui filmato, non preso in considerazione dai giudici endofederali, evidenzia l’interesse delle due squadre a vincere e l’impossibilità materiale del Garaffoni ad indirizzare “da solo” l’esito della partita.
L’illogicità sarebbe da rilevare, altresì, a p. 38 della Decisione della CFA, poiché avrebbe preso in considerazione solo le conversazioni intercettate che corroborano la ricostruzione della Procura, con la conseguenza di una inammissibile inversione dell’onere probatorio.
La società ricorrente chiede al Collegio di Garanzia: “a) in via principale, di accogliere il presente ricorso per i vizi e i motivi indicati in narrativa e, per l'effetto, di riformare e/o revocare e/o dichiarare nulla e /o annullata o comunque inefficace la decisione impugnata della Corte Federale d'Appello della FIGC, che ha applicato, a suo carico, la sanzione due punti di penalizzazione nel campionato 2020/2021, con immediata disapplicazione della sanzione in relazione al campionato in corso, decidendo nel merito e assolvendola dalle responsabilità ascrittegli. b) in via subordinata, di accogliere il presente ricorso per i vizi e i motivi indicati in narrativa e, qualora si ritenessero necessari ulteriori accertamenti di fatto, previo annullamento della decisione impugnata, che ha applicato, a suo carico, la sanzione di due punti di penalizzazione nel campionato 2020/2021, di disporre l'immediata disapplicazione della sanzione in relazione al campionato in corso e di disporre il rinvio all'organo di giustizia federale competente, in diversa composizione, previa enunciazione del principio di diritto cui dovrà attenersi il Giudice del rinvio”.
Per resistere a tale ricorso nessuno si è costituito.
E) ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 43/2021, presentato, in data 12 aprile 2021, dal sig. Antonio Aiello.
Il sig. Aiello affida il proprio ricorso a due motivi di diritto: i) “omessa motivazione in ordine al materiale probatorio acquisito nel corso delle indagini”; ii) “violazione di norma di diritto in relazione all’art. 30 CGS – Errata qualificazione giuridica del fatto in contestazione”.
Secondo la difesa del ricorrente, le intercettazioni n. 796, 809 e 820 del 3 marzo 2019, nonché n. 237 del 17 marzo 2019 (di cui sono riportati nel ricorso gli stralci), non valorizzate dalla CFA, che ha preso in considerazione solo le dichiarazioni del reo confesso Bianchi, dimostrano la totale estraneità al tentativo di combine dell’allenatore Aiello per indirizzare l’esito della gara Viareggio-Trestina.
Conclude il ricorrente che, stando al quadro delineato dalla Corte, al più, la condotta del sig. Aiello sarebbe qualificabile come omessa denuncia.
Il ricorrente ha chiesto al Collegio di Garanzia dello Sport: “in via preliminare, di sospendere, anche "inaudita altera parte", l'esecutività della decisione impugnata e, con essa, della sanzione irrogata nei suoi confronti, concorrendo il pregiudizio grave ed irreparabile rappresentato dalla perdita della propria occupazione lavorativa; nel merito, di revocare e/o dichiarare nulla e/o annullare o comunque dichiarare inefficace l'impugnata decisione per tutti i motivi dedotti, emettendo, a tal fine, i provvedimenti ritenuti utili e necessari, e/o, previa riforma della decisione impugnata, così decidere: 1) in principalità, di proscioglierlo, per non aver commesso il fatto in contestazione; 2) in subordine, di riqualificare li fatto allo stesso ascritto nella diversa e più lieve fattispecie dell'omessa denuncia, di cui al settimo comma dell'art. 30 CGS, così rideterminando il trattamento sanzionatorio irrogato nei confronti del ricorrente e, in ogni caso, contenendo la sanzione nei minimi edittali”.
Per resistere a tale ricorso si è costituita in giudizio la FIGC, con memoria di puro stile del 12 aprile 2021, affidando le proprie controdeduzioni a successiva memoria del 19 aprile 2021.
In particolare, la difesa della Federazione deduce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso poiché, in tesi, finalizzato ad ottenere una ulteriore valutazione del merito della controversia, in assenza di presupposti che consentano di adire il Collegio ai sensi dell’art. 54 CGS, come interpretato dalla decisione n. 19/2017: il vizio di “omessa o insufficiente motivazione” può considerarsi esistente, infatti, solo nel caso in cui, “dall'esame del percorso argomentativo del giudice, emerga il mancato esame di elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione, ovvero la mancata esposizione del procedimento logico motivazionale seguito dal giudice”. Viceversa, con la decisione oggi impugnata, il giudice federale avrebbe correttamente vagliato e valutato il quadro probatorio, senza che possa emergere il mancato esame di elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione.
Nel merito, la Federazione ritiene infondati i motivi di ricorso, atteso che non vi sarebbe stata alcuna “grave lacuna istruttoria”, avendo la CFA ben motivato sulla responsabilità del sig. Aiello, ritenendo sufficienti e convergenti le prove acquisite che, nel caso di specie, provenivano da un giudizio penale. Tali considerazioni, in punto di fumus boni iuris, secondo la FIGC valgono, altresì, per condurre al rigetto dell’istanza cautelare formulata dal ricorrente. Con riferimento all’ulteriore elemento del periculum in mora, si rileva come, relativamente al dovuto bilanciamento di interessi, proprio in ragione delle motivazioni sottese alla sanzione inflitta al ricorrente, lo stesso non potrebbe in ogni caso “proseguire nella propria attività” quale “responsabile prima squadra” sino alla conclusione del giudizio de quo.
La FIGC ha, dunque, concluso per l’inammissibilità e, comunque, per il rigetto del ricorso.
All’udienza del 13 maggio 2021, è intervenuta la Procura Generale dello Sport presso il CONI, chiedendo al Collegio di dichiarare inammissibili tutti i ricorsi proposti.
Sentite quindi le parti, come da verbale, il ricorso è passato in decisione.
Considerato in diritto
1.
Il Collegio ritiene, innanzitutto, di disporre la riunione di tutti i ricorsi indicati in epigrafe – tutti rivolti avverso la stessa decisione n. 84/CFA/2021 dell’11 marzo 2021 delle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello della FIGC – per connessione oggettiva.
Preliminarmente, conviene riepilogare il quadro normativo che viene in rilievo nel caso di specie.
Orbene, la disciplina dell’illecito sportivo, contenuta nell’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC in vigore fino al 16 giugno 2019 (oggi art. 30 del vigente Codice di Giustizia Sportiva FIGC), è diretta a sanzionare gli atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o ad assicurare un vantaggio in classifica.
La giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport ha, da tempo, evidenziato che la fattispecie di illecito sportivo è connotata dal requisito della direzione della condotta tenuta dal soggetto agente, anche mediante atti distinti, che deve essere concretamente rivolta all’alterazione del risultato della competizione sportiva o al conseguimento di un vantaggio indebito nella classifica.
Ed infatti, “l’illecito sportivo, come definito dall’art. 7, primo comma, CGS della FIGC, consiste nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o ad assicurare un vantaggio in classifica; ne consegue che la pluralità di atti e condotte posta in essere da soggetti appartenenti al medesimo sodalizio non integra una pluralità di illeciti sportivi tutte le volte in cui uno soltanto sia il risultato della gara alterata e uno il conseguente vantaggio in classifica assicuratosi dalla società sportiva. Pertanto, poiché in caso di alterazione del risultato di una sola partita si è in presenza di un unico illecito e le ipotesi di responsabilità della società previste dai commi 2 e 4 non sono cumulative ma alternative con riferimento a un particolare illecito, non è possibile irrogare ad una medesima società più sanzioni a titolo diverso per il medesimo illecito sportivo” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 22 gennaio 2016, n. 4).
La fattispecie di illecito sportivo, dunque, mira a tutelare l’ordinamento sportivo da quegli eventi che, ancorché non direttamente incidenti sulla gara, risultano nondimeno pregiudizievoli, in via di compromissione, per il corretto e migliore svolgimento del campionato ovvero della singola competizione sportiva.
Si sottolinea, inoltre, che l’evento illecito descritto dalla norma in parola è unitario, pur a fronte della pluralità degli atti posti in essere per realizzarlo. Pertanto, nonostante possano, nelle singole fattispecie, venire alla luce una pluralità di condotte lesive, laddove le stesse siano unitariamente dirette a produrre l’alterazione della competizione, si configura comunque un solo illecito sportivo e non anche un’ipotesi di concorso materiale tra illeciti distinti.
È dunque evidente come la fattispecie di illecito sportivo differisce dall’ipotesi di frode in competizione sportiva di cui all’art. 1, Legge 13 dicembre 1989, n. 401. Quest’ultima è norma a più fattispecie, che prevede in primis una forma di corruzione in ambito sportivo costituita dall’offerta o dalla promessa di denaro o altra utilità al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione (condotta a forma vincolata) e, al contempo, una seconda forma (libera) costituita dal compimento di altri “atti fraudolenti” volti al medesimo scopo. Il che porta a ritenere che la fattispecie in questione appartenga alla categoria dei reati di pericolo per i quali non è ipotizzabile la fase del tentativo, essendo anticipata la soglia di punibilità al mero compimento di un’attività finalizzata ad alterare lo svolgimento della competizione (cfr. Cass. pen., sez. III, 21 luglio 2015, n. 31623).
Diversamente, come detto, nell’illecito sportivo si conferisce rilievo a qualunque “atto diretto” ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, che sia compiuto con qualsiasi mezzo, ma non connotando di particolari ulteriori qualità (tantomeno di fraudolenza) l’azione meritevole di sanzione e anticipando ulteriormente la soglia di punibilità.
La norma, infatti, mira a tutelare il bene giuridico del leale e regolare svolgimento delle gare e delle competizioni sportive, punendo le condotte illecite e antisportive finalizzate all’alterazione del risultato sportivo attraverso la manipolazione dell’andamento della gara ovvero attraverso il procacciamento di un indebito vantaggio in classifica.
Dall’analisi del dettato normativo è facilmente intuibile come la fattispecie descritta configuri quindi un’ipotesi di illecito di pericolo.
Di conseguenza, è evidente che l’illecito sportivo si debba considerare realizzato nel momento in cui si siano concretizzati “atti idonei” a cambiare il naturale svolgimento di una competizione (in tal senso, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 19 novembre 2017, n. 93); e ciò a prescindere dal conseguimento effettivo del risultato o del vantaggio auspicato. Infatti, la forma di manifestazione dell’illecito sportivo è basata sulla direzione della condotta posta in essere, includendo così anche ipotesi di attentato.
In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite a più riprese: “l’illecito sportivo è classificabile come illecito di attentato e, dunque, si considera perfezionato quando si realizzano atti idonei a cambiare il naturale svolgimento di una competizione, indipendentemente dall’effettiva verificazione di un determinato evento dannoso, circostanza, quest’ultima, considerata come un’ipotesi aggravante. Pertanto, l’illecito si configura quando le risultanze probatorie dimostrino l’idoneità della condotta a determinare la manipolazione delle competizioni, a prescindere dal fatto che il tentativo di alterazione abbia avuto un esito positivo o negativo … l’illecito sportivo è classificabile come illecito di attentato e, dunque, si considera perfezionato quando si realizzano atti idonei a cambiare il naturale svolgimento di una competizione, indipendentemente dall’effettiva verificazione di un determinato evento dannoso, circostanza, quest’ultima, considerata come un’ipotesi aggravante. Pertanto, l’illecito si configura quando le risultanze probatorie dimostrino l’idoneità della condotta a determinare la manipolazione delle competizioni, a prescindere dal fatto che il tentativo di alterazione abbia avuto un esito positivo o negativo” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 93/2017); ed ancora, precedentemente, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 10 febbraio 2016, n. 6, per cui “l’illecito sportivo, come ogni altra azione umana contemplata da un precetto, per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttivo di effetti disciplinari, deve aver superato sia la fase dell’ideazione che quella preparatoria ed essersi tradotto in un’azione causalmente apprezzabile, concreta ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato”; nonché, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 18 gennaio 2016, n. 3, per cui “l’illecito sportivo di cui all’art. 7 CGS della FIGC non è a formazione progressiva, bensì di pura condotta, a consumazione anticipata, che si realizza con il semplice compimento di atti diretti ad alterare la gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica che non sia il fisiologico risultato della gara stessa. Il vantaggio effettivo – cioè l’alterazione del risultato – non è elemento costitutivo del menzionato illecito, bensì mera circostanza aggravante ex art. 7, comma 6, CGS della FIGC”; ripreso successivamente da Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 20 ottobre 2016, n. 52, secondo cui “l’illecito sportivo in ambito disciplinare, ai sensi dell’art. 7, comma 1, CGS della FIGC, si realizza anche quando non sono individuati gli atti idonei a conseguire l’effettiva alterazione della gara. Tale fattispecie è classificabile come un illecito a consumazione anticipata, per il quale è accordata rilevanza giuridica soltanto alla proiezione soggettiva dell’atto finalizzato ad incidere sul risultato della gara, non assumendo alcun rilievo gli elementi della idoneità e della univocità degli atti”.
Nell’evidenziare le caratteristiche proprie dell’illecito di pericolo, il Collegio di Garanzia ha, peraltro, evidenziato che l’atto preso in considerazione, per rientrare nell’ambito della disposizione sanzionatoria, deve comunque assumere un certo rilievo ed avere un minimo di concretezza.
Sul punto, anche la giurisprudenza federale, è concorde nel ritenere che nelle ipotesi in parola, pur prevedendo la fattispecie, come già chiarito, un’anticipazione della soglia di punibilità a “qualunque atto diretto” all’alterazione della gara o all’altra finalità previste, “sia comunque necessario che tali atti abbiano un “minimo di concretezza” (CAF 04 agosto 2006 C.U. n. 2/CF e, più recentemente, C.U. 48/TFN s.s. 2015/2016).
Quanto al valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione dell’illecito, il Collegio ha, a più riprese, affermato come questo debba attestarsi ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio.
Infatti, l’organo giudicante non può spingersi fino all’assoluta certezza della commissione dell’illecito, ma non può nemmeno sostenere una posizione dibattimentale assodata in base ad un elemento probatorio valutato in misura superiore al ragionevole dubbio, criterio utilizzato in ambito di diritto penale come limite di convincimento del giudice.
La ragione che giustifica l’adozione di un siffatto standard probatorio si può, a buon diritto, far discendere dal fatto che, se l’accertamento della responsabilità degli illeciti di natura disciplinare trovasse il suo fondamento nella certezza assoluta della prova raggiunta che, nella maggior parte dei casi, rappresenta una mera astrazione, si incorrerebbe nel rischio concreto di rallentare il procedimento disciplinare e ostacolare la piena tutela dei soggetti dell’ordinamento sportivo nei confronti degli illeciti disciplinari, oltre a vanificare il principio di ragionevole durata del processo sportivo nell’interesse del regolare svolgimento delle competizioni sportive e dell’ordinato andamento delle attività federali, come disciplinato dall’art. 2, comma 3, CGS CONI.
A conforto di tale orientamento, appare necessario fare ricorso al principio di valutazione probatoria espressamente previsto dall’art. 40, comma 1, delle Norme Sportive Antidoping e considerato ormai acquisito come principio generale immanente all’ordinamento sportivo.
In sostanza, nell’accertare una violazione disciplinare, l’organo giudicante deve formarsi un “confortevole convincimento”. Per giungere a questo risultato, il grado di prova richiesto si deve individuare in un criterio che superi la semplice valutazione delle probabilità, ma che sia comunque inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (così Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 19 novembre 2017, n. 93, nonché, precedentemente, decisioni nn. 6/2016 e 34/2016, e, più di recente, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, decisione n. 23/2021: “il giudizio di colpevolezza nell’ordinamento sportivo non deve raggiungere il grado di certezza previsto dal noto principio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, ma deve essere comunque assistito da indizi che abbiano le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza, che conducano ad un univoco contesto dimostrativo”).
Tali principi in ordine al c.d. standard probatorio sono risalenti e, oramai, parte integrante del patrimonio della giustizia sportiva e del bagaglio dei giudici sportivi: «per irrogare la condanna di un illecito sportivo è sufficiente un grado di prova superiore al generico livello probabilistico, non essendo necessaria, al contrario, né la certezza assoluta dell’ascrivibilità della condotta illecita, né il superamento del ragionevole dubbio. Ciò, in relazione alla finalità dell’ordinamento federale di garantire, attraverso una rapida e certa repressione delle condotte antisportive, la regolarità delle gare e, per essa, i fondamentali valori giuridici settoriali della correttezza e lealtà delle competizioni»; di tal che, «per affermare la responsabilità … non occorre la certezza assoluta della commissione dell’illecito né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel diritto penale, risultando invece sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza sulla commissione dell’illecito; siffatto standard probatorio è previsto, nell’ordinamento sportivo, in materia di violazione delle norme anti-doping, con previsione che appare ragionevolmente applicabile anche alle violazioni disciplinari» (TNAS, lodi 26 aprile 2012, Signori c. FIGC e 15 novembre 2012, Alessio/Conte c. FIGC).
2.
Poste queste generali premesse sul quadro normativo, possono ora esaminarsi distintamente le posizioni dei singoli ricorrenti, rinviando, per una illustrazione più dettagliata delle diverse censure, alla esposizione fornita nel par. IV che precede (dalla lett. A alla lett. E).
A)
Come prima ricordato, il Sig. Macchetti lamenta la mancata considerazione di elementi fattuali, a suo dire, decisivi per la dimostrazione della sua non colpevolezza, nonché la mancata assunzione di una prova (il confronto con il sig. Masi) anch’essa asseritamente risolutiva per la vicenda che lo riguarda.
Il ricorso è, tuttavia, inammissibile atteso che, nella sostanza, il ricorrente chiede un vero e proprio riesame dei fatti attraverso una descrizione degli stessi alternativa a quella accertata nei precedenti gradi di giudizio (v., ex multis, SS.UU., n. 35/2015 e n. 19/2017).
Ed infatti, come affermato in altre occasioni (SS.UU., decisione 2 febbraio 2018, n. 5), la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ex multis, Collegio di Garanzia, decisioni nn. 46/2016, 4/2016, con giurisprudenza conforme ai principi enunciati in materia da Cass., Sez. II, 10 ottobre 2011, n. 20802; conf., Cass., nn. 42/09, 4391/07, 16346/07 e 21412/06, 9662/01; Cass. civ., Sez. lavoro, 23 febbraio 2015, n. 3535).
Più specificamente, per quanto attiene alla prova per testi, tanto la valutazione delle deposizioni testimoniali, quanto il giudizio sull’attendibilità dei testi, sulla credibilità e sulla rilevanza probatoria delle loro affermazioni, sono rimessi al libero convincimento del giudice di merito, il quale può anche fondare la propria decisione sulla deposizione di un solo teste, purché tale decisione sia adeguatamente motivata (Cass., nn. 133/74, 1669/72, 1537/64, 746/64, 2413/62), non esistendo nell’ordinamento giuridico sportivo, come in quello nazionale, limitazione alcuna in ordine alla valutazione della prova testimoniale in relazione al numero dei testimoni (Cass., n. 938/63).
Da qui l’affermazione che “la valutazione delle risultanze istruttorie probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento dalle prove che ritenga più attendibili” (SS.UU., decisione 8 marzo 2018, n. 11).
In sostanza, “non sono ammissibili dinanzi al Collegio le doglianze riguardanti la valutazione dei fatti che hanno originato il contenzioso e le critiche che si sono appuntate sulle valutazioni della Corte di Appello Federale in merito agli elementi istruttori acquisiti al giudizio; di talché, la verifica logica della motivazione – spettante al Collegio di Garanzia in sede di legittimità - non può mai debordare in una vera e propria ricostruzione alternativa dei fatti accertati, nell’allegazione della debolezza di alcune prove ritenute, invece, rilevanti dalla decisione impugnata, o ancora in una ricostruzione dei fatti, posti a fondamento di sanzioni, secondo una diversa prospettazione dei tempi, dei fatti salienti, e persino del rilievo di alcuno tra i soggetti coinvolti nel portare a termine l’azione” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione IV, decisione n. 38/2020).
A prescindere dalla inammissibilità del ricorso, si nota, in ogni caso, che l’impianto accusatorio sportivo riferito al sig. Macchetti, per la partita Viareggio-Pianese, è stato vagliato dalla CFA e dal TFN con riferimento a quanto raccolto dalla Procura della Repubblica. Ogni elemento è stato correttamente valutato dalla CFA in ossequio al principio di autonomia della giustizia sportiva rispetto a quella penale che, come noto, si declina nella facoltà del giudice sportivo di “valutare in autonomia il materiale istruttorio acquisito e di valutare in assoluta libertà gli elementi istruttori raccolti in sede penale, indipendentemente anche dal rilievo penale dei fatti rappresentanti o dal fatto che vi sia stata sentenza di condanna” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione IV, decisione n. 41/2020).
Giova ricordare che, come correttamente rilevato dalla CFA, l’odierno ricorrente, durante la gara, rivolgeva all’allenatore della squadra avversaria, Marco Masi, anch’esso deferito, un invito a terminare la partita mantenendo il risultato di pareggio (2 a 2) che vi era in quel momento.
Di tale circostanza dava personalmente atto il Masi che accusava esplicitamente in tal senso l’odierno ricorrente di aver ricevuto da lui l’offerta del pareggio.
Tali accuse trovano conforto nelle intercettazioni telefoniche e “vanno messe in relazione a quanto riferito dal Vagaggini”: “Nell’atto di deferimento della Procura Federale si legge, peraltro, che proprio il Vagaggini ebbe a riferire che, anche durante lo svolgimento della gara, l’allenatore della Pianese fu contattato da quello del Viareggio, il quale insisteva per concludere un accordo. Ed in effetti Masi Marco accusa apertamente (salvo il successivo tentativo di ridimensionamento) Macchetti Andrea (succeduto ad Aiello). Ne deriva che, come ha correttamente ritenuto il primo giudice, il quadro probatorio appare compiuto e congruo, con la conseguenza che le censure formulate dai reclamanti vanno qualificate prive di qualsiasi fondamento … Le accuse del Masi, poi, vanno messe in relazione a quanto riferito dal Vagaggini. Costui alla polizia giudiziaria, in data 9.5.2019, disse di aver rifiutato un incontro con un certo Anichini, persona che si muoveva su richiesta del Volpi; tuttavia Polidori Stefano ha, a sua volta, riferito, che Anichini gli disse di aver stabilito un contatto con il Vagaggini, proponendogli l’accordo e ricevendo un rifiuto”.
È agevole constatare che la motivazione fornita dai giudici di merito è completa e sufficiente.
Pertanto, in ossequio ai principi generali sull’illecito sportivo sopra ricordati, è corretta la individuazione della responsabilità del Macchetti sul presupposto che “anche il solo invito a terminare lo sforzo agonistico rivolto al tecnico avversario costituisce atto diretto ad alterare il regolare svolgimento della competizione, rilevante ex art. 7 CGS”.
Ad esuberanza, si osserva, peraltro, che il ricorso in esame è inammissibile sotto un ulteriore ed autonomo profilo, ossia l’omessa indicazione dei fatti da cui si origina la controversia. Tale carenza integra una violazione del principio di autosufficienza del ricorso, la cui vigenza nel giudizio sportivo è stata riconosciuta da questo Collegio richiamando quali referenti normativi l’art. 59, comma 3, CGS, sul contenuto del ricorso, in combinato disposto con l’art. 54, comma 1, CGS, sulla competenza del Collegio di Garanzia dello Sport, e con il rinvio di cui all’art. 2, comma 6, del Codice medesimo (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione I, decisione n. 69/2018).
Sul principio invocato, si rammenta l’orientamento espresso dalla Suprema Corte, secondo cui “Il ricorso per Cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti della causa. Tale requisito consiste in una esposizione che deve garantire alla Corte di Cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la sentenza impugnata” (Cass. civ., ord. 4 giugno 2020, n. 10588). Mentre, nel caso di specie, il ricorso del sig. Macchetti non fornisce alcuna esposizione dei fatti sostanziali e processuali.
B)
Le doglianze del Sig. Garaffoni si sostanziano, come per il ricorrente Macchetti, in censure rivolte alla decisione della CFA per non aver preso in considerazione risultanze istruttorie e per non aver ammesso talune testimonianze.
Anche per tale ricorso valgono i principi testé ricordati, dai quali deriva l’inammissibilità dell’impugnazione.
Vale in ogni caso sottolineare come, tanto in primo quanto in secondo grado, è stata fornita dagli organi giudicanti una motivazione immune da vizi in ordine alla responsabilità del Garaffoni. Invero, il TFN e, in seguito, la Corte Federale di Appello, ha ritenuto, a ragione, indicative, tra le molte, le conversazioni indicate nell’informativa del 2 settembre 2019 e nel deferimento, oltre che le ulteriori evidenze raccolte in sede penale [(“n. 528 del 30.04.2019 (tra i due Lazzarini, Volpi e Petrollini in cui si dice “a Mirko la situazione è piaciuta come è stata prospettata” è necessaria una garanzia in quanto Volpi e Lazzarini non sono conosciuti); n. 579 del 2.5.2019 (in cui si cita espressamente il “prezzo” da corrispondere a Garaffoni) e la n. 2366 del 4.5.2019 (in cui Petrollini afferma: ”io devo vincere domani … gli ho fatto una proposta indecente a loro … con Mirko ci ho parlato abbiamo parlato anche con il grande capo e io gli ho detto tu dai a me la domenica dopo io do a te hai capito come? Mi hai capito? … sembrava tutto fatto finché non è arrivato quel ciccione di merda”); n. 2638 del 7.5.2019. […] Oltre alle dichiarazioni rese dallo sponsor della Sangiovese il 14.05.2019 sui contatti Petrollini-Garaffoni, risulta che in data 2.05.2019 si è svolto un incontro tra gli esponenti delle due squadre, oggetto anche di un servizio di o.c.p. […] Da un lato infatti, già il 30.04.2019 era stato portato un chiaro messaggio al direttore sportivo che si è dimostrato condiscendente (conv. 528), ma era stata richiesta una “garanzia” poiché i due esponenti del Viareggio, Volpi e Lazzarini, non erano conosciuti dalla dirigenza avversaria. Quale garanzia si sarebbe dovuta pretendere dal Viareggio di fronte alla discussione sulla validità o meno del tesseramento di costui, a tre giorni dall’incontro tra le due squadre, è incomprensibile. […] Nell’ambientale n. 5789 del 2.05.2019 i due interlocutori, Volpi e Lazzarini, continuano ad argomentare sulla possibilità di concordare la gara, senza fare alcun riferimento al tesseramento sopra indicato o all’impiego di detto calciatore, che invece sarebbe stato l’argomento discusso fino a pochi minuti prima. Ed ancora, nella telefonata 2638 del 7.05.2019, successiva alla gara, si può leggere lo sfogo di Petrollini, che ancora una volta smentisce la discussione asseritamemente svoltasi “di persona” unicamente sul calciatore Ferretti: “lo sai che hanno fatto? Che ha combinato Davitti? …la sostituzione, se non c’è Mirco in panchina, se non c’è Garaffoni in panchina sbagliano la sostituzione … ma io ho sbagliato … la dovevo fare con Mirco e non dire niente a nessuno … ma loro hanno voluto parlare con la proprietà”. […] Ed ancora, ad ulteriore conforto, si pongono le conversazioni intervenute nel corso della gara nelle quali emerge l’ulteriore trattativa per l’alterazione del risultato. Ci si riferisce alle seguenti trascrizioni di telefonate, intervenute durante la gara, e dunque il pomeriggio del 5.05.2019: 2392, 2395 e 2407” Da quanto sopra emerge il certo coinvolgimento, nel piano illecito di Lazzarini, Volpi e Petrollini, anche del direttore sportivo Garaffoni che dall’inizio (“a Mirko la situazione è piaciuta come è stata prospettata”) e sino all’ultimo minuto si dimostra accondiscendente rispetto alle richieste di alterazione della gara (Petrollini “che dobbiamo fa?” Garaffoni “eh boh aspetta”)].
C)
Si può quindi passare all’esame della posizione della Società Scandicci, chiamata a rispondere per responsabilità oggettiva per la condotta ascritta al proprio tesserato sig. Garaffoni.
È principio risalente quello per cui la ratio del ricorso alla responsabilità oggettiva “risiede nella necessità di tutelare al massimo grado il fine primario perseguito dall’organizzazione sportiva, vale a dire la regolarità delle gare, addossando anche sulle società le conseguenze disciplinari delle infrazioni realizzate dai propri tesserati” (TNAS, lodo 26 marzo 2012, Atalanta Bergamasca c. FIGC).
Ed è altrettanto consolidato il principio, espresso dalle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia (SS.UU., decisione n. 58/2015), per cui, ai fini della configurabilità della responsabilità oggettiva, si prescinde dal requisito dell’eventuale vantaggio conseguito dalla società a carico della quale si pone la responsabilità per fatto altrui, così come si prescinde dalla sussistenza di un eventuale diretto coinvolgimento della società: “non può costituire un’esimente per la società di appartenenza la circostanza che i comportamenti ritenuti illeciti sono stati commessi (da un proprio tesserato) in assenza di un coinvolgimento della stessa e per fatti riguardanti l’attività di altre società. Il Codice di Giustizia sportiva punisce, infatti, a titolo di responsabilità oggettiva, la società con la quale il soggetto ritenuto autore dell’illecito sportivo è tesserato, indipendentemente dal fatto che tale illecito sia il frutto di comportamenti che coinvolgono la stessa società (per esserne beneficiaria) o di comportamenti rispetto ai quali la società sia estranea. La responsabilità oggettiva è dunque configurabile “anche quando i comportamenti illeciti commessi da un proprio tesserato sono addirittura controproducenti per le sorti della società, come accade quando un tesserato è ritenuto responsabile per aver contribuito ad alterare il risultato di una partita a danno della propria squadra”.
Nel caso di specie, è stato correttamente statuito che all’affermazione della responsabilità del sig. Garaffoni consegua necessariamente quella della società Scandicci per il capo 21 dell’incolpazione, per la condotta a quest’ultimo ascritta.
A ciò si aggiunga che, mancando nel ricorso (concentrato solo sulla posizione del sig. Garaffoni) censure relative alla violazione o falsa applicazione dell’istituto in parola, neppure si potrebbe, al limite, valutare eventuali temperamenti della posizione della società: “il principio della responsabilità oggettiva necessita di temperamenti, sia pure rigorosamente interpretati, avuto riguardo ad un esame non formalistico, ma sostanziale dell’effettivo legame tra il fatto avvenuto e le specifiche responsabilità della società” (Corte Federale di Appello FIGC, decisione n. 21 del 19 gennaio 2015). Dunque, nel caso di specie, non vi sarebbe comunque spazio per alcun eventuale temperamento.
Ne consegue l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso.
D)
Le stesse argomentazioni, relative all’inammissibilità dei ricorsi dei sig.ri Macchetti e Garaffoni, conducono all’inammissibilità del primo motivo di ricorso del sig. Aiello.
Vale, in ogni caso, soffermarsi sulla infondatezza anche del secondo motivo (“violazione di norma di diritto in relazione all’art. 30 CGS – Errata qualificazione giuridica del fatto in contestazione”) volto alla riqualificazione del fatto ascritto al sig. Aiello nella diversa e più lieve fattispecie dell'omessa denuncia.
La CFA ha correttamente evidenziato come la tesi del ricorrente - secondo la quale egli sarebbe rimasto all’oscuro delle manovre messe in atto da Volpi e Lazzarini - sia smentita, “oltre che dal contenuto della conversazione intercettata del giorno 3.3.2019, dalle parole di Chicchiarini che ha affermato di aver udito la frase con la quale l’Aiello invitava gli avversari a “finirla lì”, oltre che da quanto riferito da Meoni Leonardo e dallo stesso Bianchi. Ed in effetti quest’ultimo, sentito dalla Procura federale, ha offerto piena collaborazione ed ha confermato di essere stato inviato proprio dall’Aiello a parlare con il capitano del Trestina per proporgli l’accordo in base al quale entrambe le squadre si sarebbero dovute accontentare del pareggio, sentendosi rispondere che, per questioni del genere, era necessario che egli riferisse al suo allenatore, vale a dire al Cerbella. Che l’intera squadra del Viareggio poi coltivasse il proposito di un pareggio concordato lo si desume anche dalla reazione rabbiosa conseguente al gol segnato, negli ultimi minuti dalla squadra avversaria (cfr. atto di deferimento). E non a caso, nella conversazione intercettata col Volpi, l’Aiello, nel tentativo di giustificarsi, ribadisce di aver mandato Bianchi a parlamentare con i componenti della squadra avversaria, ma la missione era fallita, perché, come gli aveva riferito il Bianchi stesso, “quello lì non voleva”.
Ebbene, dalla decisione della Corte Federale d’Appello emerge la responsabilità del ricorrente nel tentativo di combine. Da ciò deriva, dunque, che è da escludersi la configurazione dell’illecito di omessa denuncia, dal momento che l’ipotesi di illecito disciplinare oggetto del presente esame di legittimità dimostra una fattiva partecipazione del deferito alla condotta antiregolamentare, coerentemente sanzionata in primo e secondo grado ai sensi dell’art. 7, comma 1, CGS FIGC (attuale art. 30).
E)
Infine, per quanto riguarda il ricorso del sig. Bambini, deve preliminarmente evidenziarsi l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
Come già riferito, nel suo ricorso il Sig. Bambini deduce la nullità della decisione per divergenza tra il dispositivo e la motivazione.
Il ricorrente ha evidenziato di essere Presidente della Società calcistica Trestina, rilevando che nell’ordinamento federale “la sanzione della squalifica … è riservata ad atleti ed allenatori, mentre per i dirigenti è prevista la sanzione (diversa) della inibizione”. Pertanto, il ricorrente ha lamentato che, nel dispositivo della decisione della CFA, gli sia stata irrogata la sanzione della squalifica; pur dando atto che la Corte Federale “nella parte motiva ha chiarito che il sig. Bambini deve essere soggetto ad inibizione” (e, precisamente, a pag. 41).
Lo stesso ricorrente, peraltro, ha citato l’orientamento della Cassazione, secondo cui “la portata precettiva della sentenza deve essere individuata tenendo conto non soltanto del dispositivo ma anche della motivazione”, con la precisione che “deve ritenersi prevalente la statuizione contenuta in una di tali parti del provvedimento, da interpretare in base all’unica statuizione che, in realtà, essa contiene” (Cass., n. 15088/2015). Osserva il ricorrente che, stando a quest’arresto, non prevale sempre e comunque la motivazione, bensì quella parte del provvedimento che consente di far emergere il contenuto sostanziale della decisione; nel caso di specie, tale giudizio di prevalenza darebbe esito negativo, con conseguente nullità della decisione della CSA.
Ebbene, se pur è vero che la giurisprudenza della Cassazione (n. 5939/2018) ha evidenziato che “il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo - che non consentendo di individuare con certezza la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione - non può essere eliminato con il rimedio della correzione degli errori materiali, determinando invece la nullità della pronuncia ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2”, tuttavia, nel caso di specie, il giudizio di prevalenza non può che risolversi, piuttosto, nel senso di una netta prevalenza della motivazione sul dispositivo, e ritenersi che la divergenza dipenda da un errore materiale, obiettivamente riconoscibile.
In tal senso militano non solo la chiara enunciazione della condanna all’inibizione contenuta a pag. 41 della motivazione della CFA, ma anche il percorso argomentativo sostenuto prima dalla Procura Federale in sede di deferimento e poi enunciato (nella motivazione e nel dispositivo) dal Tribunale di prime cure.
A ciò aggiungasi che sono proprio le argomentazioni utilizzate dallo stesso ricorrente – ossia che, essendo dirigente, è un soggetto che, «per definizione, non può essere soggetto a squalifica» - che rendono evidente e rilevabile ictu oculi l’errore materiale all’interno del dispositivo.
A tale proposito, si richiama quanto affermato dalla Corte Suprema, secondo cui “Il contrasto tra motivazione e dispositivo che dà luogo alla nullità della sentenza si deve ritenere configurabile solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale. Una tale ipotesi non è ravvisabile nel caso in cui detto contrasto sia chiaramente riconducibile a un semplice errore materiale […]”, che è “quello che si risolve in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza, e che, come tale, può essere percepito e rilevato ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabile ed individuato senza incertezza” (Cass. Civ., ord. n. 26074/2018, in cui si parla addirittura di errore materiale con riguardo al contrasto tra un dispositivo di rigetto della domanda e una pronuncia adottata in motivazione di accoglimento). E ancora, “in tema di contrasto tra motivazione e dispositivo, se la divergenza è causata da un evidente errore materiale, obiettivamente riconoscibile, contenuto del dispositivo, il contrasto deve ritenersi solo apparente ed è legittimo il ricorso alla motivazione per chiarire l’effettiva portata del dispositivo” (Cass. Pen., n. 160/2020).
Insomma, il “contrasto insanabile” è solo quello che, per essere sanato, richiederebbe una ulteriore attività decisoria (Cassazione civile, sez. VI, 15 gennaio 2019).
Nel caso di specie, per contro, il tenore della motivazione non consente alcun dubbio circa i contenuti della sentenza e, se non possono esservi dubbi sulla portata precettiva della decisione, nemmeno potrà dirsi “insanabile” l’eventuale contrasto tra la motivazione ed il dispositivo.
Ne consegue che, considerato il rinvio operato dall’art. 2, c. 6, CGS CONI, alle norme generali ed ai principi del processo civile, l’errore in cui sono incorsi i giudici di appello, lungi dall’essere un’ipotesi di contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, costituisce solo un errore materiale del tutto irrilevante.
Venendo all’esame dei due successivi motivi di ricorso (riportati supra, al par. IV, lett. c), conviene innanzitutto svolgere alcune considerazioni sulla disciplina della responsabilità per omessa denuncia e sulla sua distinzione dalla fattispecie dell’illecito sportivo.
Secondo il vecchio testo del CGS della FIGC (art. 7, commi 7 e 8), “I soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5, che comunque abbiano avuto rapporti con società o persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura Federale della FIGC.
Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 7, comporta per i soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a 6 mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro 30.000,00”.
La disciplina attuale è dettata dall’art. 30 del Codice, che, al 7° comma, così dispone: “I soggetti di cui all’art. 2 che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto in essere o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati dal presente articolo, hanno l’obbligo di informare, senza indugio, la Procura Federale. Il mancato adempimento di tale obbligo comporta per i soggetti di cui all'art. 2 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a un anno e dell’ammenda in misura non inferiore ad euro 30.000,00”.
Il discrimen tra le fattispecie di illecito sportivo e di omessa denuncia dello stesso si fonda sul fatto che, nel primo caso, il soggetto responsabile del comportamento volto ad alterare il risultato della gara è parte attiva della condotta e ne risponde a titolo principale; nel secondo caso, invece, egli è a conoscenza dell’azione commessa e della sua antigiuridicità, ma ne rimane estraneo.
La violazione dell’obbligo giuridico di denunciare il fatto alla Procura Federale, posto a salvaguardia del leale e regolare svolgimento delle competizioni sportive, integra un illecito disciplinare, che trova la propria causa giustificatrice nell’intento di evitare la realizzazione o la tentata realizzazione dell’illecito principale.
Qualora, dunque, un soggetto sia a conoscenza dell’attività illecita posta in essere da terzi e sia attivamente coinvolto nell’esecuzione della condotta antiregolamentare, è configurabile l’illecito sportivo e non l’illecito di omessa denuncia (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 19 dicembre 2017, n. 93). Invece, qualora un soggetto, senza rendersi partecipe dell’illecito o dell’illecito progettato, sia soltanto venuto a conoscenza di esso, è obbligato alla denuncia e, in caso di omissione, soggiace ad una pena più lieve rispetto all’autore dell’illecito.
È, ad ogni modo, consolidato il principio per cui il presupposto della responsabilità oggettiva non possa essere costituito unicamente dalla presenza di meri sospetti “vaghi ed indeterminati, senza che sia consentito a colui che ne è venuto a conoscenza di poter liberamente deliberare preventivamente la verosimiglianza o apprezzare la correlativa necessità di farne denuncia con la massima sollecitudine alle competenti autorità federali”, mentre, invece, integra la violazione anche solo la probabile fondatezza di un comportamento riconducibile alla fattispecie dell'illecito sportivo, già consumato o in itinere (in ambito federale, C.U. n. 75/TFN 2016/2017, conf., C.U. n. 8/CDN del 22 luglio 2013).
Invero, il Collegio di Garanzia (decisione n. 45/2019) ha affermato che, pur essendo configurabile l’illecito anche ove la notizia sia stata appresa de relato, è in ogni caso necessario che la notizia stessa abbia ad oggetto un fatto preciso, determinato e circostanziato: “colui che raccoglie una mera suggestione, non seguita dalla rappresentazione di un evento storicamente accaduto, non può essere tenuto a denunciare un illecito, che appunto, almeno nella sua prospettiva, non si è mai realizzato”.
Tali principi, assorbito il secondo motivo di ricorso, concorrono all’accoglimento del terzo motivo di ricorso del Sig. Bambini.
Infatti, dalle evidenze procedimentali, secondo la Corte Federale emergerebbe l’apprendimento, da parte del ricorrente, di una notizia criminis durante la conversazione tra Volpi e Bambini in occasione della gara del 3 marzo 2019 Viareggio -Trestina; di contro, il sig. Bambini, sia in sede sportiva che in sede penale, ha evidenziato soltanto una impressione soggettiva, sgradevole, della conversazione, tale da indurlo ad abbandonarla.
La CFA ha affermato che “è facilmente deducibile che Bambini avesse pienamente compreso quale era il messaggio che le parole e l’atteggiamento (confidenziale) del Volpi volevano veicolare” (p. 34) sulla base dell’“ultima frase” pronunciata dal Bambini alla Polizia giudiziaria: “io, conoscendo la fama di questo personaggio e avendo intuito che la conversazione era anomala, gli ho detto che anche noi venivamo da tre sconfitte consecutive e, se oggi non vincevamo, mandavo a casa tutti i giocatori, dopodiché mi sono allontanato andando in tribuna. A dire il vero, non sono in grado di dettagliare tutto ciò che ha detto il Volpi perché io non l’ho neanche ascoltato; ho tagliato corto e me ne sono andato”.
Trattasi, così formulata, di una mera suggestione, ma, lo si ribadisce, colui che raccoglie una mera suggestione, non seguita dalla rappresentazione di un evento storicamente accaduto o di un progetto illecito concretamente prospettato, non può essere tenuto a denunciare un illecito, che appunto, almeno nella sua prospettiva, non si è mai realizzato o a denunciare un progetto che non ha ancora assunto alcuna concretezza. La motivazione posta a fondamento della condanna del sig. Bambini deve ritenersi, quindi, carente e impone l’accoglimento del terzo motivo di ricorso, con il conseguente annullamento della decisione impugnata, con rinvio alla Corte Federale d’Appello affinché si pronunci, in diversa composizione, sulla responsabilità del Sig. Bambini per la fattispecie di omessa denuncia, tenendo conto dei principi di diritto sopra illustrati.
PQM
Il Collegio di Garanzia dello Sport
Sezioni Unite
Riuniti i ricorsi di cui in epigrafe per connessione oggettiva.
Dichiara inammissibile il ricorso n. 33/2021, presentato dal sig. Andrea Macchetti; Dichiara inammissibile il ricorso n. 40/2021, presentato dal sig. Mirko Garaffoni; Dichiara inammissibile il ricorso n. 42/2021, presentato dalla C.S. Scandicci 1908 s.r.l. Polisportiva Dilettantistica; Dichiara inammissibile il ricorso n. 43/2021, presentato dal sig. Antonio Aiello.
Dispone la compensazione fra le parti delle spese di giudizio per i ricorsi di cui sopra.
Accoglie il ricorso n. 41/2021, presentato dal sig. Leonardo Bambini e, per l’effetto, rinvia alla Corte Federale d'Appello della FIGC, nei sensi di cui in motivazione; spese al definitivo.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 13 maggio 2021.
Il Presidente                         I Relatori
F.to Franco Frattini              F.to Dante D’Alessio
                                             F.to Attilio Zimatore
Depositato in Roma, in data 6 settembre 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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