C.R. TOSCANA – Corte Sportiva di Appello Territoriale – 2018/2019 – figc-crt.org – atto non ufficiale – CU N. 38 del 13/12/2018 – Delibera – Oggetto: Reclamo dell’Unione Sportiva Civitella, avverso la squalifiche inflitte dal G.S.T.T. al calciatore Machetti Giorgio per 5 gare (C.U. n. 21 del 21/11/2018).
Oggetto: Reclamo dell'Unione Sportiva Civitella, avverso la squalifiche inflitte dal G.S.T.T. al calciatore Machetti Giorgio per 5 gare (C.U. n. 21 del 21/11/2018).
L'Unione Sportiva Civitella, con rituale e tempestivo gravame, adiva questa Corte Sportiva d'Appello Territoriale contestando le decisioni del G.S.T., adottate nei confronti del tesserato sopra menzionato, con riferimento a quanto avvenuto nel corso dell‟incontro esterno disputato, in data 18/11/2018, contro la Società Real Castiglione. Il G.S.T. motivava così la propria decisione: “Al momento della concessione di un calcio di rigore alla squadra avversaria si avvicinava al DG con fare aggressivo e lo offendeva; alla notifica del provvedimento di espulsione reiterava le offese ed occorreva l'intervento di terzi per essere allontanato, di poi in diverse circostanze reiterava frasi offensive e comportamento minaccioso.” La Società reclamante, riportando fedelmente l'intero contenuto del rapporto arbitrale, evidenzia preliminarmente che le condotte descritte, in casi analoghi, abbiano determinato la Giustizia Sportiva ad adottare sanzioni meno afflittive. In ogni caso ricostruisce i fatti dedotti ridimensionando la responsabilità del calciatore che non sarebbe stato portato via dai compagni in quanto la sua vibrante protesta non avrebbe mai assunto connotati di aggressività; il giocatore non avrebbe inoltre impedito l'ingresso del D.G. all'interno dello spogliatoio ma il medesimo sarebbe stato ostacolato solo per la presenza di calciatori ed allenatore della società reclamante intenti a vigilare che “non succedesse niente”. Insistendo sulla assenza di qualsiasi atteggiamento violento nella protesta - inerente alcune decisioni arbitrali non condivise - la società conclude chiedendo la riduzione della squalifica comminata. Il ricorso non può trovare accoglimento. Nel quadro univoco fornito dal D.G. con la sua deposizione e nel rispetto delle Carte Federali che conferiscono a tale deposizione valore privilegiato, la dinamica dei fatti deve essere accertata anche con riferimento al supplemento espressamente richiesto da quest'organo giudicante ed allegato in atti. Nello stesso il D.G. conferma integralmente quanto dedotto nell'originario e precisa che il calciatore Machetti avrebbe pronunciato parole certamente offensive che peraltro non sono state contestate dalla società ricorrente; afferma altresì, in risposta alle difese proposte nel reclamo, che il giocatore, assumendo un comportamento indubbiamente aggressivo, fu portato via, per ben tre volte, dai compagni di squadra. In effetti non vi sarebbe stata ragione per giustificare la presenza di parte della società innanzi allo spogliatoio arbitrale affinché, come dedotto, “non succedesse niente”. Pur comprendendo lo stato d'animo di un calciatore che, con la squadra in inferiorità numerica, subisce un rigore nei minuti di recupero, non appare in alcun modo giustificabile il comportamento inqualificabile assunto dal medesimo. E' oggettivo che la vergognosa e plateale protesta - messa in atto dal Machetti - appaia particolarmente censurabile (in quanto reiterata più volte in campo, sebbene arginata dai compagni, e proseguita innanzi agli spogliatoi) e si ponga decisamente al di fuori di quelle regole di lealtà probità e correttezza imposte dal Codice di Giustizia Sportiva. Tale comportamento, contrariamente a quanto sostenuto nel reclamo, alla luce della giurisprudenza sportiva consolidata, appare certamente in linea con le delibere che trattano fattispecie analoghe; quanto alla commisurazione della squalifica irrogata la stessa risulta, anche alla luce delle precisazioni offerte nel supplemento, non sproporzionata ma adeguata. In particolare poi, dal reclamo, emerge anche un ulteriore fatto, non dettagliato dal G.S.T., e cioè che il giocatore abbia, al termine dell'incontro, ostacolato l'ingresso del D.G. all'interno dello spogliatoio. Si è discusso in camera di consiglio in ordine alla applicabilità dell'art. 36 del C.D.S.. Il nuovo Codice di Giustizia Sportiva concede infatti la possibilità di reformatio in pejus per come stabilito dall'art. 36 comma III C.G.S. che così recita: “L'Organo di seconda istanza, se valuta diversamente, in fatto od in diritto, le risultanze del procedimento di primo grado, riforma in tutto o in parte la decisione impugnata, decidendo nel merito, con possibilità di aggravare le sanzioni a carico dei reclamanti.”. Le istanze di applicazione dell'istituto della reformatio in pejus, emerse in sede di discussione interna della C.D.T., trovavano indubbio fondamento logico-giuridico nella attribuzione della gravità della nuova violazione commessa che avrebbe dovuto necessariamente trovare una corrispondente sanzione adeguata nell'ambito del procedimento sportivo. Tuttavia tale impostazione è stata oggettivamente mitigata dall'inesistenza di qualsivoglia conseguenza subita dal D.G - che non sembra aver subito alcun contatto fisico diretto ad impedirne l'ingresso allo spogliatoio - e dal fatto che, nella lieve difformità nella descrizione della condotta tra rapporto e supplemento, non emerge con chiarezza la volontà dell'ulteriore condotta illecita dettagliata. Appare verosimile che la circostanza sia stata benevolmente valutata dal Giudice di prime cure e relegata in un contesto limitato alle sole proteste; proteste certamente non legittime stante l'assenza in capo al giocatore della qualifica di Capitano, unico soggetto autorizzato a rapportarsi, sempre con modi civili, al D.G.. In realtà esiste un altro elemento che ha indotto la C.D.T. a non inasprire ulteriormente il provvedimento (comunque applicato dal G.S.T. nella sua corretta determinazione) che attiene proprio al concreto utilizzo dello strumento normativo; la facoltà riservata comporta infatti una oggettiva compressione dei diritti di difesa e per tale ragione viene, da sempre, riservata ad ipotesi nelle quali l'organo di primo grado abbia applicato una sanzione macroscopicamente inadeguata che non possa in alcun modo essere rapportata alla gravità dei fatti accertati. A tale proposito è opportuno richiamare le singole società ad un'attenta valutazione sull'opportunità di non reclamare singole squalifiche quando le medesime appaiano, anche solo potenzialmente, inadeguate. E' evidente che, in tali casi, le Società potrebbero/dovrebbero astenersi dal ricorrere al Giudice di secondo grado impedendo, con tale mancata impugnazione, qualsiasi ingerenza ed inasprimento nella decisione. P.Q.M. La Corte Sportiva d'Appello Territoriale, respinge il reclamo ed ordina l'incameramento della relativa tassa.
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