F.I.G.C. – TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – Sezione Disciplinare – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 145/TFN – SD del 13 Maggio 2022 (motivazioni) – Ricorso del Cav. Aurelio De Laurentiis + altri – Reg. Prot. 52/TFN-SD

 

Decisione/0145/TFNSD-2021-2022

Registro procedimenti n. 0052/TFNSD/2021-2022

 

 

 

IL TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE

SEZIONE DISCIPLINARE

composto dai Sigg.ri:

 

Carlo Sica – Presidente

Paolo Clarizia – Componente

Valentino Fedeli – Componente

Andrea Giordano – Componente (Relatore)

Valentina Ramella – Componente

Giancarlo Di Veglia – Rappresentante AIA

 

ha pronunciato, decidendo nell’udienza fissata il giorno 4 maggio 2022, sul ricorso proposto dal Cav. Aurelio De Laurentiis (in proprio e n.q. di legale rapp.te p.t., Presidente del C.d.A. di SSC Napoli Spa, nonché n.q. di legale rapp.te p.t., Presidente del CdA di Filmauro Srl), dal sig. Luigi De Laurentiis (in proprio e n.q. di legale rapp.te p.t., Amministratore Unico, della SSC Bari Spa) avente ad oggetto l’impugnazione della delibera pubblicata sul C.U. n. 88/A del 1° ottobre 2021 relativamente alla modifica dell’art. 16 bis NOIF nonché di ogni atto presupposto o conseguente, contro Federazione Italiana Giuoco Calcio, Lega Nazionale Calcio Professionisti Serie A, Lega Nazionale Calcio Professionisti Serie B, Lega Italiana Calcio Professionistico,

la seguente

 

DECISIONE

 

Viene in decisione il ricorso proposto dal Cav. Aurelio De Laurentiis, in proprio e nella qualità di legale rappresentante pro tempore, Presidente del C.d.A., di S.S.C. Napoli S.p.a., nonché di legale rappresentante pro tempore, Presidente del C.d.A., di Filmauro S.r.l., e dal Dott. Luigi De Laurentiis, in proprio e nella qualità di legale rappresentante pro tempore, Amministratore Unico, della S.S.C. Bari S.p.a., i quali ricorrenti, con il patrocinio dell’Avv. Mattia Grassani del Foro di Bologna, hanno impugnato la Delibera del Consiglio Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio - FIGC, pubblicata sul C.U. n. 88/A del 1° ottobre 2021, nonché ogni atto presupposto (compreso, occorrendo, il verbale del Consiglio Federale del 30 settembre 2021) chiedendone l’annullamento.

 

La Delibera impugnata

 

In particolare, con la prefata Delibera, nella parte oggetto dell’odierno gravame ( “Norma Transitoria” sub lett. a), il Consiglio ha disposto che “fatti salvi i provvedimenti già adottati dal Consiglio Federale in base alla previgente formulazione dell’art. 16 bis, i soggetti, che alla data di entrata in vigore della presente formulazione si trovano nella condizione di cui al comma 1, dovranno porvi fine entro e non oltre 5 giorni prima del termine fissato dalle norme federali per il deposito della domanda di ammissione al campionato professionistico di competenza della Stagione Sportiva 2024/2025. Qualora antecedentemente alla stagione sportiva 2024/2025 si verifichino, nell’ambito della medesima categoria, per due o più società professionistiche, le condizioni vietate dal comma 1, i soggetti interessati dovranno porvi fine entro e non oltre 5 giorni prima del termine fissato dalle norme federali per il deposito della domanda di ammissione al campionato professionistico di competenza” (v. il doc. sub n. 4 del ricorso introduttivo).

 

Il ricorso

 

Con il ricorso che ha dato avvio all’odierna controversia, il Cav. Aurelio De Laurentiis, in proprio e n.q., e il Dott. Luigi De Laurentiis, in proprio e n.q., hanno gravato la delibera, insieme a ogni atto presupposto (compreso il verbale del Consiglio Federale del 30 settembre 2021), chiedendone l’annullamento, con conseguente ripristino delle norme federali o transitorie previste dalla previgente disciplina, pubblicata con C.U. n. 231/A del 7 maggio 2021.

L’impugnazione è affidata a cinque distinti motivi di ricorso.

Con il primo motivo, i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento dell’impugnata delibera, in quanto, nella sessione del Consiglio Federale che ha approvato la norma impugnata, non avrebbe potuto partecipare il consigliere Claudio Lotito, che sarebbe stato “illegittimamente escluso perché ritenuto portatore di un provvedimento di inibizione in realtà annullato dal Collegio di Garanzia dello Sport del CONI con decisione n. 85/2021, pubblicata nel dispositivo il 7 settembre 2021 e in forma integrale il 29 settembre 2021.

L’esclusione del dott. Lotito dalla sessione avrebbe rappresentato un vulnus determinante ai fini della decisione, in quanto il predetto: sedeva in Consiglio Federale allorquando, nel 2013, venne approvata la norma sulla base della quale S.S.C. Bari S.p.a., controllata da Filmauro S.r.l., ha potuto partecipare, in regime di c.d. multiproprietà, nelle stagioni sportive 2019-2020, 2020-2021 e 2021-2022, ai campionati professionistici; era intervenuto in quella sede per illustrare le ragioni a sostegno dell’intervento normativo di riforma; dal luglio 2011 al luglio 2021 è stato direttamente coinvolto in una delle tre fattispecie disciplinate dall’art. 16- bis NOIF, con conseguente possibilità di apportare un contributo rilevante in termini di esperienza; ha posto rimedio alla sopravvenuta situazione vietata dalla norma che lo riguardava personalmente (S.S. Lazio S.p.a. e U.S. Salernitana 1919 S.p.a. entrambe in Serie A), così vantando un “interesse diretto nel processo deliberativo.

Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti hanno fatto valere la contraddittorietà del gravato provvedimento rispetto alla delibera assunta il 7 maggio 2021 dal medesimo organo federale, altresì invocando la violazione del principio di ragionevolezza, di certezza del diritto e di trasparenza dell’agire amministrativo e, per l’effetto, instando per l’annullamento del provvedimento per lamentato eccesso di potere.

Hanno premesso che: Filmauro S.r.l., socio di maggioranza della S.S.C. Napoli S.p.a. ha costituito, come socio unico, la S.S.C. Bari S.p.a. il 31 luglio 2018, iscritta al campionato di Serie D; la medesima Filmauro S.r.l. ha gestito la S.S.C. Bari S.p.a. investendo somme rilevanti per migliorarne i risultati sportivi; in tema di disciplina delle cosiddette multiproprietà, il giorno 1 ottobre 2021 il Consiglio Federale ha abrogato la norma transitoria, introdotta il precedente 7 maggio 2021.

La modifica della norma transitoria si configurerebbe alla stregua di un “eccesso di potere” e di un “provvedimento ad personam. Non si comprenderebbe, a giudizio dei ricorrenti, quale esigenza sopravvenuta avrebbe determinato il cambio di orientamento; il difetto di “qualsivoglia esigenza giuridico-ordinamentale” a suffragio dell’adozione dell’impugnato provvedimento lo renderebbe illegittimo e ingiustificatamente lesivo dei principi di affidamento, ragionevolezza e certezza del diritto.

Più in particolare, la delibera del 7 maggio 2021 non sarebbe stata impugnata neppure da consiglieri federali o componenti dissenzienti; non consterebbe la necessità, per la FIGC, di recepire direttive o indicazioni in ipotesi discendenti da autorità sovraordinate, come il CONI; non esisterebbero, in ambito sovranazionale (tanto a livello UEFA quanto FIFA) norme o direttive che impongano alle Federazioni sportive nazionali di impedire situazioni di ‘multiproprietà’ anche relativamente a club partecipanti a campionati diversi o, addirittura, di porre immediato rimedio a situazioni già esistenti e legittimamente venute in essere.

Con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti hanno denunciato la violazione del principio di affidamento incolpevole, dell’obbligo di generalità e astrattezza del provvedimento regolamentare, nonché del divieto di irretroattività della normativa.

Il principio di affidamento incolpevole sarebbe stato leso in quanto: le norme dell’epoca avrebbero previsto l’illimitata e piena possibilità di controllare due club, a condizione che uno venisse acquisito nel settore dilettantistico e che, in caso di successivo accesso al settore professionistico, non militasse nella medesima categoria dell’altra società sottoposta al potere di controllo dello stesso soggetto; all’atto dell’ammissione della S.S.C. Bari S.p.a. al campionato professionistico di Serie C 2019-2020, come a quelli successivi, la situazione di controllo comune con la S.S.C. Napoli S.p.a. non sarebbe mai stata sottaciuta e la FIGC avrebbe sempre concesso la Licenza Nazionale senza riserve, condizioni o limiti di tempo; il 26 aprile 2021, a margine del Consiglio Federale, il Presidente della FIGC avrebbe dichiarato che la modifica delle norme sarebbe avvenuta con la salvaguardia dei diritti già acquisiti; sarebbe rimasto inoppugnato il C.U. n. 231/A del 7 maggio 2021, con cui le situazioni di controllo diretto e/o indiretto, da parte di un medesimo soggetto, esistenti dal 26 aprile 2021, sarebbero rimaste regolate dalle disposizioni previgenti.

In definitiva, il Consiglio Federale avrebbe operato una illegittima modifica in peius dei diritti soggettivi acquisiti da Filmauro S.r.l. e suffragati dall’affidamento maturato a seguito del comportamento concludente della FIGC e dei fatti del 26 aprile-7 maggio 2021.

Inoltre, sempre a giudizio dei ricorrenti, il gravato provvedimento sarebbe privo dei requisiti di generalità e astrattezza, non potendosi configurare alla stregua di atto amministrativo di natura normativa, bensì di provvedimento amministrativo nella specie viziato da sviamento di potere.

Infine, come ancora si legge nel corpo del ricorso introduttivo, sarebbe stata introdotta, in conflitto con il dettato dell’art. 25 Cost., una “sanzione esiziale” (la revoca dell’affiliazione) nel caso in cui non si fosse posto rimedio a una situazione legittima dal momento della sua verificazione.

Con il quarto motivo di ricorso, i ricorrenti hanno denunciato la violazione del principio di libertà di iniziativa economica privata ex art. 41 Cost. e dei principi in materia di concorrenza previsti dagli artt. 81 e 82 del Trattato U.E.

Secondo la parte, un provvedimento che impedisca a un imprenditore, che abbia legittimamente acquisito il controllo di una società di capitali, di mantenerne la titolarità oltre il 30 giugno 2024 integrerebbe una illegittima compressione del principio di libertà di iniziativa economica privata sancito dall’art. 41 Cost. e una altrettanto indebita restrizione del c.d. diritto di impresa sancito dagli artt. 81 e 82 Trattato U.E.

Più in particolare, il provvedimento impugnato: inciderebbe, ancorché in maniera indiretta, ma decisiva, sulla determinazione del valore della società controllata da Filmauro S.r.l., condizionando in maniera negativa e irreparabile il potere contrattuale dell’imprenditore; restringerebbe la concorrenza, impedendo a un soggetto che abbia legittimamente avviato un’attività di impresa, in presenza di certe “regole di ingresso, di proseguirla liberamente; violerebbe il principio di uguaglianza tra soggetti nella medesima condizione, creando un effetto distorsivo del mercato, posto che Filmauro S.r.l., in una eventuale trattativa per la cessione della titolarità della S.S.C. Bari S.p.a., a causa dell’obbligo imposto dalla FIGC, avrebbe una “forza contrattuale enormemente inferiore ad un soggetto titolare di club equiparabile” che non dovrebbe “soggiacere alla ‘ghigliottina’ consistente nella decadenza dell’affiliazione (e, quindi, perdita totale dell’investimento) qualora l’operazione di trasferimento del controllo del club non si perfezioni entro il 30 giugno 2024.

La violazione degli evocati principi costituzionali ed euro-unitari sarebbe vieppiù rilevante nel caso di specie, ove difetterebbero esigenze tali da giustificare, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, la descritta compressione della posizione soggettiva della parte.

L’esigenza di salvaguardare l’integrità della competizione non potrebbe spingersi al punto di costringere un imprenditore, che abbia legittimamente acquisito una società, a spogliarsene entro un certo termine a pena di “esproprio/dissoluzione di autorità del bene.

Con il quinto e ultimo motivo di ricorso, i ricorrenti hanno dedotto che l’intervento del legislatore federale rischierebbe di produrre l’effetto contrario rispetto all’esigenza che lo fonda: Filmauro S.r.l., preso atto che, al 30 giugno 2024, l’alternativa resterebbe la dissoluzione dell’investimento o la vendita del bene a condizioni sfavorevoli, potrebbe interrompere o drasticamente ridurre gli investimenti nella S.S.C. Bari S.p.a. fino a determinare una deminutio notevole in termini di competitività del campionato, di regolarità della competizione e di livello del prodotto offerto.

La revoca del titolo sportivo da parte della FIGC pregiudicherebbe, in definitiva, la stessa integrità delle competizioni, oltre alla Società Filmauro S.r.l., alla città di Bari e al settore calcistico.

 

La memoria difensiva della Lega Nazionale Professionisti Serie B

 

Per la Lega Nazionale Professionisti Serie B, si è costituito l’Avv. Andrea Magnanelli del Foro di Milano.

Ha, anzitutto, eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti e incompetenza dell’organo adito.

In particolare, dal combinato disposto degli artt. 84, c. 1, e 86 C.G.S., deriverebbe l’impossibilità di adire, in relazione alle doglianze in questa sede formulate, un grado interno di giustizia federale, conseguentemente al più radicandosi la competenza del Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI.

Parte convenuta ha, quindi, eccepito l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del primo motivo di ricorso.

La censura sarebbe inammissibile, non risultando i ricorrenti provvisti di un interesse diretto e qualificato a sollevarla né potendo ritenersi che gli stessi vantino un generale potere di valutazione della legittimità delle scelte operate dal Consiglio Federale.

La doglianza sarebbe, in ogni caso, infondata, posto che il dott. Lotito avrebbe spontaneamente deciso di abbandonare la seduta a seguito di uno scambio dialettico avvenuto con il Presidente Gravina, fermo rimanendo che la legittimità della delibera conseguirebbe alla sua avvenuta adozione all’unanimità.

Quindi, la Lega Nazionale Professionisti Serie B ha eccepito che l’operato del Consiglio Federale non potrebbe, in ogni caso, considerare irragionevole e contraddittorio, risultando lo stesso “atto a regolamentare la vita associativa all’esito di un percorso democratico di formazione dell’impianto normativo regolamentare.

Il Consiglio Federale gestirebbe, in condizione di autonomia, la disciplina dell’affiliazione alla FIGC, la determinazione dei criteri di ammissione ai Campionati, nonché la disciplina dei conflitti di interessi e dei requisiti di compatibilità all’interno del settore sportivo.

Rileverebbe, in proposito, il dettato dell’art. 8, c. 7 ( rectius 7, c. 7), dello Statuto FIGC, che non ammette partecipazioni, gestioni o situazioni di controllo, in via diretta o indiretta, di più società del settore professionistico da parte del medesimo soggetto.

Con l’intervento normativo operato con la delibera oggi impugnata, il Consiglio Federale avrebbe unicamente adeguato il piano regolamentare (le NOIF) a quello statutario.

Neppure avrebbe fondamento la censura di asserita violazione del principio di affidamento incolpevole, posta la riconducibilità dell’affidamento alla colpevole imprudenza dei ricorrenti, che ben erano consapevoli dell’impianto normativo di fonte statutaria.

Il motivo basato sulla violazione del principio di libertà di iniziativa economica troverebbe, poi, smentita nel dato per cui scopo principale delle società calcistiche sarebbe, in ogni caso, quello della partecipazione a una competizione sportiva, la cui regolarità dipende anzitutto dalla garanzia della par condicio dei partecipanti (che verrebbe alterata dalla simultanea proprietà di più società da parte dello stesso soggetto).

L’invocato rischio di “dissoluzione del patrimonio sportivo” sarebbe, poi, meramente teorico, futuro ed eventuale, anche considerata la ragionevolezza del termine del 30 giugno 2024 previsto dalla gravata delibera.

Non si sono costituite le altre parti convenute.

 

La riunione del giorno 25 novembre 2021

 

Il giudizio è stato chiamato alla riunione del giorno 25 novembre 2021, alla quale sono comparsi, per i ricorrenti, l’Avv. Grassani e, per la convenuta Lega Nazionale Professionisti Serie B, l’Avv. Magnanelli.

Nessuno è comparso per le convenute FIGC e Lega Nazionale Professionisti Serie A.

Il Presidente ha rappresentato la necessità, ai fini del decidere, di acquisire il verbale del Consiglio Federale del 30 settembre 2021, approvato dal medesimo Consiglio il 4 novembre 2021.

LAvv. Grassani ha rappresentato che, in data 23 novembre 2021, la Segreteria Generale FIGC ha trasmesso alle parti ricorrenti il detto verbale, impegnandosi al deposito di quest’ultimo al termine della riunione.

Il Tribunale, preso atto dell’impegno dell’Avv. Grassani, ha rinviato la trattazione del ricorso all’udienza del 20 gennaio 2022, concedendo, su istanza delle parti, termine sino al 15 gennaio 2022 per l’eventuale deposito di memorie.

 

La memoria di replica dei ricorrenti

 

I ricorrenti hanno depositato memoria autorizzata, anzitutto osservando come la Lega Nazionale Professionisti Serie B rivesta la natura di soggetto controinteressato, posta l’avvenuta adozione della delibera da parte di un organo FIGC.

Hanno, quindi, dedotto che l’impugnativa della delibera avrebbe, come fondamento, non l’art. 84 CGS, richiamato dalla convenuta, ma l’art. 30 CGS CONI.

Con riferimento al primo motivo di ricorso, la parte ha precisato che, dal verbale del Consiglio Federale, pervenuto solo successivamente alla proposizione dell’impugnazione, emergerebbe che il dott. Lotito non avrebbe spontaneamente lasciato la riunione, ma che lo avrebbe fatto dopo espresso invito del Presidente Federale.

In relazione alla doglianza fondata sulla contraddittorietà del provvedimento impugnato rispetto alla delibera del 7 maggio 2021, i ricorrenti hanno fatto rilevare come oggetto di contestazione sia la modifica - ritenuta ingiustificata - della normativa transitoria. Hanno, poi, insistito anche nei motivi fondati sull’avvenuta violazione dell’affidamento incolpevole (pp. 9-11 della memoria) e sulla lesione del principio di libertà di iniziativa economica (pp. 11-13 della stessa memoria).

Infine, anche con riferimento all’ultimo motivo articolato nell’atto introduttivo, le parti hanno ribadito che il thema decidendum investirebbe la legittimità della sola disciplina transitoria riguardante le situazioni preesistenti, che obbligherebbe a dismettere la partecipazione entro la fine della stagione 2023-2024, a pena di totale dissoluzione dellasset patrimoniale.

 

La riunione del 4 maggio 2022

 

È seguita una nuova riunione, svoltasi il 4 maggio 2022, in ragione del rinvio della prevista riunione del 20 gennaio 2022 all’esito dell’apposita istanza di differimento depositata dall’Avv. Mattia Grassani onde conseguire la trattazione della causa in presenza.

È comparso, per i ricorrenti, l’Avv. Mattia Grassani, insieme all’Avv. Federico Menichini, e, per la convenuta Lega Nazionale Professionisti Serie B, l’Avv. Andrea Magnanelli.

Sono, altresì, comparsi i ricorrenti Aurelio De Laurentiis e Luigi De Laurentiis. Nessuno è comparso per le convenute FIGC e Lega Nazionale Professionisti Serie A. Le parti si sono riportate ai rispettivi atti, insistendo nelle conclusioni ivi rassegnate.

 

I motivi della decisione

 

È anzitutto d’uopo delibare l’eccezione di inammissibilità formulata alle pagg. 6-7 della memoria della Lega Nazionale Professionisti Serie B.

L’eccezione è infondata.

L’odierna impugnativa affonda, infatti, le radici nel dettato dell’art. 30, c. 1, CGS CONI (secondo cui  “Per la tutela di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento federale, quando per i relativi fatti non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva, è dato ricorso dinanzi al Tribunale federale) e, più in generale, nel canone di effettività della tutela che informa il sistema di giustizia sportiva (si vedano, in tale ottica, App. fed., Sez. un., 6 agosto 2018, n. 008/CFA; Coll. gar. sport, Sez. un., 30 novembre 2018, n. 77).

È tale disposto, vera e propria clausola di salvezza, ad accordare la facoltà di ricorrere al Tribunale federale per la tutela di situazioni giuridicamente protette dall’ordinamento federale, allorché, per il relativo fatto, non risulti essere stato incardinato un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva.

Se, del resto, si negasse la facoltà della parte gravata di impugnare le delibere del Consiglio Federale - beninteso in presenza di un interesse ad agire diretto ed attuale - si finirebbe per obliterare il diritto a conseguire un primo stadio di tutela endofederale e, solo all’esito, un secondo stadio di protezione innanzi al Collegio di Garanzia.

Tra più interpretazioni possibili non può non optarsi per quella che meglio garantisca la tutela piena delle situazioni protette che la Costituzione e il diritto sovranazionale impongono (artt. 6 e 13 CEDU; art. 47 Carta di Nizza-Strasburgo; artt. 24 e 111 Cost.); fermo rimanendo che l’art. 54, c. 3, CGS CONI (“Il Collegio di Garanzia dello Sport giudica altresì le controversie ad esso devolute dalle altre disposizioni del presente Codice, nonché dagli Statuti e dai Regolamenti federali sulla base di speciali regole procedurali definite d’intesa con il Coni. In tali casi il giudizio può essere anche di merito e in unico grado) prevede un circoscritto e tassativo ambito di ipotesi (evidentemente, di stretta interpretazione ex art. 14 Preleggi) in cui il Collegio di Garanzia può decidere in unico grado.

Nel merito, il ricorso non può essere accolto.

Con il primo motivo, i ricorrenti nella sessione del Consiglio Federale che ha approvato la norma impugnata, non avrebbe potuto partecipare il consigliere Claudio Lotito, che sarebbe stato “illegittimamente escluso perché ritenuto portatore di un provvedimento di inibizione in realtà annullato dal Collegio di Garanzia dello Sport del CONI con decisione n. 85/2021, pubblicata nel dispositivo il 7 settembre 2021 e in forma integrale il 29 settembre 2021”.

Il motivo è infondato.

Premessa la dubbia sussistenza dello stesso interesse a ricorrere della parte (che non ha subito dirette e immediate lesioni per effetto della mancata partecipazione del dott. Lotito alla delibera, né ha assolto alla prova di resistenza cui sarebbe stata onerata, ai sensi e per gli effetti dell’art. 100 c.p.c. e dell’art. 2388, c. 4, c.c., con riferimento al suo rinvio all’art. 2377, c. 5, c.c. sul carattere “determinante” della partecipazione), il verbale del 30 settembre 2021 è stato ritualmente acquisito agli atti, all’esito dell’apposito ordine di esibizione formulato in seno alla riunione del 25 novembre 2021; e, dal tenore motivo dell’acquisito verbale, chiaramente emerge che il dott. Lotito abbia deliberatamente scelto di allontanarsi dalla seduta, a fronte della testuale dichiarazione del Presidente Gravina per cui lo stesso Lotito avrebbe potuto assistere.

Parimenti infondate sono le ulteriori doglianze veicolate con l’atto introduttivo.

Infatti, con queste ultime, che si prestano a una trattazione congiunta (per lo stretto nesso logico-giuridico che le avvince), le parti fanno valere l’illegittimità dell’impugnata delibera, che, a loro giudizio, si sarebbe posta in contraddizione con il precedente provvedimento del maggio 2021, vulnerando i principi di ragionevolezza e affidamento incolpevole.

Occorre premettere che non ha positiva cittadinanza un divieto di mutare le regole che disciplinino rapporti di durata.

Come hanno sostenuto, a più riprese, la Corte europea dei diritti dell’uomo - sin dalla nota sentenza sentenza  National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society c. Regno Unito del 23 ottobre 1997 - e la Corte costituzionale, non è impedito a chi legifera di emanare disposizioni che mutino in peius la morfologia dei rapporti di durata, anche  a fronte di diritti acquisiti in forza delle regole previgenti.

Il punto di sintesi tra presidio dell’affidamento dei consociati e garanzia della flessibilità dell’assetto di regole si rinviene nella protezione di interessi generali che ragionevolmente giustifichino l’incidenza su acquisite posizioni di vantaggio.

Ed è ragionevole che, nell’ecosistema di un ordinamento sportivo, l’interesse generale si indentifichi nel corretto svolgimento delle gare, che, a propria volta, presuppone la massima garanzia del principio di pari trattamento dei contendenti; principio che il divieto di simultaneo controllo di più società inevitabilmente preserva.

Come si legge, a chiare lettere, nel verbale del Consiglio Federale del 30 settembre 2021, un esteso divieto di multiproprietà valorizza la competizione sportiva, nell’ottica di un rigore etico che viene appieno promosso in forza della piena operatività della regola non solo rispetto a squadre che partecipano allo stesso campionato ma anche a società che appartengono a categorie diverse (così incidendo, ad esempio, sulla quaestio del trasferimento dei calciatori).

La norma limitativa contenuta nella delibera impugnata appare, in tale ottica, ragionevole; ragionevolezza che, invero, sussiste sia in sé sia alla luce di un bilanciamento in concreto del richiamato interesse generale con i cosiddetti diritti quesiti.

Va, infatti, ricordato che l’art. 7, c. 7, dello Statuto FIGC non ammette partecipazioni, gestioni o situazioni di controllo, in via diretta o indiretta, di più società del settore professionistico da parte del medesimo soggetto (Non sono ammesse partecipazioni, gestioni o situazioni di controllo, in via diretta o indiretta, in più società del settore professionistico da parte del medesimo soggetto); che il disposto non contiene distinguo tra ‘multiproprietà’ in campionati diversi o in uno stesso campionato; che il principio di gerarchia delle fonti impone che le norme regolamentari siano sempre subordinate a quelle statutarie.

Null’altro ha fatto la FIGC se non adeguare l’assetto regolamentare a quello statutario (il nuovo art. 16- bis NOIF, come introdotto nell’ottobre 2021, reca un dettato del tutto sovrapponibile, quanto alla presente fattispecie, a quello che caratterizza l’art. 7, c. 7, dello Statuto FIGC); obiettivo che la Federazione ha, coerentemente, perseguito sia con la delibera del maggio 2021 sia con quella dell’ottobre 2021 (delibere che, siccome attuative della stessa norma dello Statuto ed espressive di uno stesso, omogeneo, principio, non appaiono antinomiche).

Lungi dall’esservi contraddizioni tra i due provvedimenti, gli stessi riposano su una ratio del tutto uniforme: allineare le NOIF alla sovraordinata norma statutaria nel segno della serietà della competizione sportiva, in un’ampia accezione che ricomprenda anche categorie diverse (per la legittimità dell’adeguamento di regole sottordinate, nell’ottica dei principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, v., ad es., la citata sentenza Corte Edu, National & Provincial Building Society , Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society c. Regno Unito, par. 90).

E se è vero che il dettato che i ricorrenti contestano era già esistente prima della delibera di cui chiedono la caducazione, e che dunque dovevano conoscerlo (non essendo scusabile lignorantia legis), non può dirsi che, prima del provvedimento dell’ottobre 2021, sussistessero diritti quesiti né affidamenti meritevoli di tutela.

Perché l’affidamento, pur centrale nell’ordinamento giuridico (anche nell’ottica del diritto unionale e internazionale), meriti di essere considerato, deve essere legittimo; e non è tale la (solo presunta) sicurezza giuridica che discenda da disposizioni contrarie a norme sovraordinate.

In ogni caso, ferme la rilevanza dell’interesse generale e l’insussistenza di posizioni di oggettivo vantaggio meritevoli di protezione, non può stimarsi arbitrario lagere della Federazione, che non ha comunque mancato di pesare l’impatto della sua delibera, delineando misure sufficientemente adeguate a garanzia dei soggetti incisi.

Va, anzitutto, posto l’accento sull’inequivoco preambolo della delibera del maggio 2021, che, testualmente recitando “ritenuto, allo stato, di dover regolare le situazioni preesistenti con la disciplina transitoria riportata nel testo allegato sub A), riservando ulteriori approfondimenti, con eventuali interventi modificativi all’esito degli stessi” (p. 1 del Comunicato Ufficiale n. 231/A), evidentemente apre a possibili revisioni; ben poteva, dunque, la Federazione, al cospetto delle chiare precisazioni contenute della delibera del maggio 2021, mutare orientamento in relazione alla stagione successiva (cosa che ha, legittimamente, fatto rispetto alla disciplina transitoria delineata nel primo provvedimento).

Le espressioni “allo stato, “riservando ulteriori approfondimenti” ed “eventuali interventi modificativi all’esito degli stessi” non possono certo generare l’affidamento che i ricorrenti invocano nell’atto introduttivo. Radicano, piuttosto, un affidamento di segno contrario a quello fatto valere dall’attore: contengono un chiaro monito sulla concreta possibilità che la disciplina transitoria venga modificata.

Rileva, poi, massimamente il non irrilevante orizzonte temporale (individuato nei cinque giorni antecedenti il termine fissato dalle norme federali per il deposito della domanda di ammissione al campionato professionistico di competenza della stagione sportiva 2024/2025) che il provvedimento impugnato concede alle società per adeguarsi alle nuove previsioni. Si tratta di un termine, certamente non breve, che permette alle società di compiere ogni opportuna valutazione, rimodulando i propri investimenti.

Infine, posto che i ricorrenti - come hanno ribadito nella memoria autorizzata e in sede di dibattimento - lamentano il mutamento di assetto dalla delibera del maggio 2021 a quella dell’ottobre successivo, l’eventuale affidamento (lo si ripete, insussistente per come si è detto) si sarebbe radicato su un lasso temporale di soli cinque mesi; e, per come dimostrano il diritto sovranazionale e quello nazionale (per tutti, l’art. 21- nonies l. n. 241/1990 all’esito della l. n. 124/2015 e del d.l. n. 77/2021) l’elemento cronologico, rafforzando la convinzione della stabilità della posizione di oggettivo vantaggio, condiziona quella fede laica in cui l’affidamento si sostanzia.

In definitiva, non può dirsi che il provvedimento, per cui oggi è controversia, abbia violato il legittimo affidamento (il principio e il precetto di dettaglio fatti propri della delibera erano già iscritti nell’ordinamento federale - tanto da far lecitamente dubitare dello stesso interesse alla base dell’incoata azione, il cui positivo esito comunque osterebbe alla ‘multiproprietà’ del ricorrente); né che sia stato irragionevole (è, piuttosto, ragionevole il bilanciamento, contenuto nella delibera, tra l’interesse generale e le posizioni acquisite, invero prive di copertura positiva); né che sia immotivato (basti leggere il verbale del Consiglio Federale del 30 settembre 2021, agli atti, p. 3: “la proposta di modifica del nuovo art. 16 bis delle NOIF [] ribadisce il principio già previsto dall’art. 7, comma 7, dello Statuto Federale, per effetto del quale è vietata ogni forma di partecipazione, di qualunque entità (anche lo 0,1%) in più società professionistiche; “[] ritiene che la bozza in esame rappresenti un atto di grande rigore e chiarezza; inoltre si concede il tempo per risolvere positivamente la partecipazione. La modifica si muove nel senso di valorizzare il merito del Campionato e della competizione sportiva); né che abbia vulnerato gli ulteriori principi, evocati da parte ricorrente nei motivi sub nn. 4 e 5 del ricorso (ferme le misure - di cui si è detto - a tutela delle scelte imprenditoriali, appieno consentite dall’orizzonte temporale delineato nella delibera, la libertà di iniziativa economica non è, nel contesto sportivo, un valore assoluto, ma subordinato piuttosto alla preminente garanzia di correttezza e regolarità delle competizioni, promosse dall’intervento normativo per cui oggi è controversia).

Sarebbe, piuttosto, di dubbia ragionevolezza il, pur transitorio, mantenimento di controlli multipli alla (odiosa) condizione che le società controllate restino confinate nelle maglie di una stessa categoria; contrasterebbe con il canone, immanente al sistema sportivo, per cui chi meglio compete ha diritto a superare i confini della categoria di partenza, con la promozione alla serie superiore; per cui, in definitiva, è il migliore a dover vincere.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso.

 

 

Così deciso nella Camera di consiglio del 4 maggio 2022.

 

 

  

   IL RELATORE                                                 IL PRESIDENTE

Andrea Giordano                                     Carlo Sica

 

 

 

Depositato in data 13 maggio 2022. 

 

 

IL SEGRETARIO

Salvatore Floriddia

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