CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 39 del 13/06/2022 – CR Lombardia / FIGC 

Decisione n. 39
Anno 2022
IL COLLEGIO DI GARANZIA
PRIMA SEZIONE
composta da
Manuela Sinigoi - Presidente
Giuseppe Andreotta - Relatore
Marcello de Luca Tamajo
Piero Floreani
Alessandra Pandarese - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 133/2021, presentato, in data 17 dicembre 2021, dalla A.S. Virtus Abbiatense, rappresentata e difesa dagli avv.ti Virginio Tagliabue e Beatrice Poggi,
contro
il  Comitato Regionale  Lombardia  della  Lega  Nazionale Dilettanti  (LND)  -  Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituita in giudizio,
avverso
la decisione emessa dalla Corte Sportiva d'Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Lombardia della Lega Nazionale Dilettanti, di cui al C.U. n. 17 del 18 novembre 2021, con la quale è stato respinto il reclamo presentato dalla suddetta ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo della Delegazione di Milano, di cui al C.U. n. 15 del 4 novembre 2021.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalla parte ricorrente;
uditi, nell’udienza del 1° aprile 2022, anche tramite la piattaforma Microsoft Teams, il difensore della parte ricorrente - A.S. Virtus Abbiatense - avv. Virginio Tagliabue, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. prof. Maria Elena Castaldo, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Giuseppe Andreotta.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso del 17 dicembre 2021, la A.S. Virtus Abbiatense ha adito il Collegio di Garanzia al fine di ottenere l’annullamento della decisione emessa dalla Corte Sportiva d'Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Lombardia della Lega Nazionale Dilettanti, di cui al C.U. n. 17 del 18 novembre 2021, con la quale è stato respinto il reclamo presentato dalla suddetta ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo della Delegazione di Milano, di cui al C.U. n. 15 del 4 novembre u.s., e, per l'effetto, sono state confermate, a carico della medesima A.S. Virtus Abbiatense, le sanzioni della perdita della gara disputata contro la società Real Trezzano, in data 30 ottobre u.s., con il risultato di 0-3 e dell'ammenda pari ad € 1.000,00, a titolo di responsabilità oggettiva derivante dalla condotta di un suo tesserato, nonché la sanzione della squalifica a carico del calciatore Gabriele Di Benedetto sino al 31 ottobre 2022.
Oggetto del ricorso, è esclusivamente l’ammenda di euro 1.000,00 e la sanzione della squalifica a carico del tesserato, non risultando impugnata la decisione di merito nella parte che dichiara inammissibile il reclamo proposto avverso la comminata perdita della gara.
La vicenda trae origine dai fatti accaduti durante la partita Real Trezzano/Virtus Abbiatense del 30 ottobre 2021, valevole per il campionato Juniores U19 Provinciale, Girone A.
Nella specie, il Giudice Sportivo rilevava che “Dalla lettura del rapporto ufficiale della gara si rileva che al 47° del 2° tempo il calciatore n. 3 signor DI BENEDETTO GABRIELE della società VIRTUS ABBIATENSE  si  dirigeva  verso  l'Arbitro  rivolgendogli  frase  offensiva.  Alla  notifica  del provvedimento disciplinare di espulsione colpiva il Direttore di gara con una ginocchiata nella parte lombare della schiena facendolo accasciare a terra. A questo punto il signor Di Benedetto Gabriele accusava l'Arbitro di simulare la violenza subita sostenendo che lo stesso era protagonista di una "sceneggiata" confortato anche da/l'atteggiamento dei propri compagni e Dirigenti presenti che tenevano nei confronti del Direttore di gara un comportamento gravemente omissivo e offensivo. La grave violenza subita ha determinato nell'Arbitro la decisione di sospendere definitivamente la gara al 4 7° del 2° tempo, non essendo più in condizioni fisiche e psicologiche da proseguirne la direzione”.
Il Giudice Sportivo, pertanto, “ritenuto per i motivi su esposti di condividere la decisione dell'Arbitro, (…), visti gli art. 6, 9, 35 comma 7 del C.G.S.”, deliberava: “a) di comminare alla società VIRTUS ABBIATENSE la perdita della gara per 0 - 3 in quanto oggettivamente responsabile del comportamento del proprio calciatore, signor DI BENEDETTO GABRIELE, che ha colpito l'Arbitro con una violenta ginocchiata nella parte lombare della schiena facendolo accasciare a terra al 4 7° del 2° tempo, provocandogli un danno fisico che gli ha impedito di proseguire l'incontro (art. 10, comma 1 C.G.S.); b) di squalificare fino al 31/10/2022 il calciatore DI BENEDETTO GABRIELE per aver colpito l'Arbitro con una violenta ginocchiata nella parte lombare della schiena facendolo accasciare a terra al 47° del 2°tempo; c) di comminare l'ammenda di Euro 1.000,00= alla società VIRTUS ABBIATENSE per responsabilità oggettiva per il comportamento del proprio tesserato, signor DI BENEDETTO GABRIELE nei confronti dell'arbitro e per l'atteggiamento dei propri calciatori e dei Dirigenti presenti che tenevano nei confronti del Direttore di gara un comportamento gravemente omissivo e offensivo; d) di dare altresì atto che il comportamento sopra riportato configura una condotta violenta da parte di un tesserato, condotta che rientra tra quelle che, tra l'altro, determinano l'applicazione delle sanzioni previste dal C.U. della FIGC n. 104/A del 2014 e per tale motivo la presente sanzione va considerata ai fini dell'applicazione delle misure amministrative come previste dall'articolo 35, comma 7 del CGS….”.
La Virtus Abbiatense proponeva, dunque, reclamo alla Corte Sportiva di Appello Territoriale contestando, in punto di fatto, che il calciatore Di Benedetto aveva solo “appoggiato una mano sulla spalla del direttore di gara al fine di attirarne l'attenzione e ricevere delucidazioni su una decisione presa”. Secondo la Abbiatense, perciò, il Direttore di Gara si era indotto ad insinuare una violenza, nel suo rapporto riferendo di “una violenta ginocchiata nella parte lombare della schiena”.
Gestualità per altro mai avvenuta.”
La Corte Sportiva Territoriale, con la decisione qui impugnata, così disponeva: “La Corte Sportiva di Appello Territoriale rilevato che il reclamo, proposto nei termini previsti dal CGS, non è stato inviato alla squadra avversaria così come previsto dall’Art. 49 comma 4 del CGS, deve essere dichiarato inammissibile con riferimento alla sanzione della perdita della gara per 0-3. Con riferimento all’impugnazione proposta avverso la squalifica del calciatore DI BENEDETTO Gabriele, all’ammenda si osserva quanto segue. Dal rapporto arbitrale fonte primaria e privilegiata di prova emerge chiaramente che il calciatore DI BENEDETTO ha sferrato all’arbitro una violenta ginocchiata sulla schiena facendolo accasciare a terra. Tale grave comportamento giustifica sia l’ammenda comminata alla società  reclamante  sia la squalifica comminata  al calciatore  DI BENEDETTO Gabriele. Da ciò consegue che merita di essere confermata la decisione del Giudice Sportivo. Per quanto sopra esposto e ritenuto, la Corte Sportiva di Appello dichiara inammissibile il reclamo proposto avverso la sanzione della perdita della gara per 0-3 e RIGETTA per il resto il reclamo proposto…”.
2. La Virtus Abbiatense ha, dunque, presentato ricorso al Collegio di Garanzia, articolando i seguenti due motivi (oltre ad uno per la mera ricostruzione delle circostanze di fatto):
- “Violazione e mancata applicazione degli art. 50, 60 del CGS FIGC in ordine alla mancata attività di indagine su un punto decisivo ai fini del decidere”.
La ricorrente, ribadendo che, a suo dire, i fatti si sarebbero svolti in maniera differente, e che l’accaduto era stato visto da numerosi testimoni, lamenta la mancata integrazione istruttoria, anche d’ufficio, non compiuta dalla CSA, la quale si sarebbe illegittimamente basata esclusivamente sul referto arbitrale.
A sostegno di tale asserto, identifica alcuni testimoni (l’allenatore della Virtus, sig. Matteo Sazio, il dirigente della stessa, sig. Gianni Mantovani, il Presidente della squadra ospitante, sig. Marco Serviddio e lo spettatore, sig. Massimo Amodeo) e produce alcune loro deposizioni rese in forma scritta.
- “Violazione e mancata applicazione dell’art. 61 del CGS FIGC. Sul valore probatorio del referto arbitrale e la necessità di integrazione istruttoria”.
A detta della ricorrente, sulla base delle predette circostanze, stante il tenore del comma 1 della disposizione citata (“I rapporti degli ufficiali di gara o del Commissario di campo e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa i fatti accaduti e il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare. Gli organi di giustizia sportiva possono utilizzare, altresì, ai fini di prova gli atti di indagine della Procura federale”), la stessa dovrebbe in ogni caso essere letta in combinato disposto con il citato art. 60, che prevede la possibilità di testimonianza quando, dal materiale acquisito, emerga la necessità di provvedere in tal senso, e perciò ne deduce la violazione.
- Conclude la ricorrente, A.S. Virtus Abbiatense, chiedendo al Collegio di Garanzia, “di accogliere il presente ricorso per i motivi esposti in narrativa e, conseguentemente, di disporre l'annullamento e/o la revoca e/o di dichiarare inefficaci la sanzione disciplinare irrogata, a carico del sig. Di Benedetto (calciatore tesserato con l’odierna ricorrente), con la decisione impugnata, nonché la sanzione amministrativa dell'ammenda pari ad € 1.0000,00, irrogata a suo carico, a titolo di responsabilità oggettiva derivante dalla condotta del suo tesserato; per l'effetto, di disporre il rinvio degli atti alla Corte Sportiva d'Appello Territoriale presso il C.R. Lombardia della FIGC-LND, affinché, in diversa composizione, svolga un nuovo esame del merito, applicando il principio di diritto dichiarato dal Collegio”.
3. Nessuno si è costituito per la Lega Nazionale Dilettanti, Comitato Regionale Lombardia, né per la FIGC, cui il ricorso è stato trasmesso dalla Segreteria del Collegio di Garanzia a mente dell’art. 59, comma 2, CGS CONI.
Considerato in diritto
I. Va preliminarmente valutata l’ammissibilità del ricorso, che, non investendo la decisione della CSA circa la perdita della gara, correttamente non è stato notificato a A.S.D. Real Trezzano.
Per quanto concerne, però, il gravame avverso la sanzione dell’ammenda, va esclusa la competenza del Collegio di Garanzia, risolvendosi questa in una questione di rilievo bagatellare, per la quale, a mente dell’art. 54, comma 1, CGS CONI, il ricorso è improponibile.
Al contempo, in ordine alla sanzione disciplinare irrogata al Di Benedetto, va riaffermato il principio secondo cui "Il procedimento disciplinare ha ad oggetto le legittimità di una pretesa punitiva nei confronti di un soggetto; ha struttura strettamente binaria nella quale si contrappongono due sole posizioni: quella dell’organo che esercita l’azione disciplinare e quella del soggetto destinatario della pretesa sanzionatoria. Nessun altro soggetto è legittimato ad intervenire, né per sostenere le ragioni dell’una o dell’altra parte, né per far valere un proprio autonomo interesse (interesse che, del resto, proprio perché autonomo risulterebbe necessariamente indipendente dal procedimento disciplinare e dunque estraneo ad esso)” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 6 settembre 2019, n. 71).
Orbene, il Di Benedetto non risulta, almeno per quanto si evince dagli atti sottoposti a questo Collegio, aver proposto alcuna impugnativa, né innanzi ai Giudici Federali e, tanto meno, innanzi a questo Collegio. Perciò, la Virtus Abbiatense era onerata, al fine di legittimarsi all’impugnazione della squalifica del proprio atleta, di dedurre, sia la sussistenza di un proprio interesse autonomamente tutelabile, sia di prospettare le ragioni per le quali la innanzi citata giurisprudenza a Sezioni Unite di questo Collegio potesse eventualmente essere riconsiderata al fine di mutarne l’orientamento.
In proposito, è utile ricordare che il procedimento innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport si svolge secondo le regole proprie, se e in quanto applicabili, del procedimento innanzi alla Corte di Cassazione (per effetto del rinvio di cui all’art. 2, comma 6, CGS CONI, come affermato da costante giurisprudenza di questo Collegio).
Pertanto, circa l’interesse della parte all’accoglimento del proprio gravame, lo scrutinio dello stesso da parte del Collegio Giudicante è indefettibile anche per rilevarne la correlazione (necessaria) con i motivi di gravame.
Si tratta di questione di non poco conto, atteso quanto la Suprema Corte ha più volte ritenuto inammissibili quei ricorsi che, pur se proposti adducendo censure condivisibili, non consentono di escludere la possibilità che la decisione gravata resti, comunque, valida, quando, ad esempio, si fondi su plurime argomentazioni, ovvero su distinte motivazioni atte a giustificare autonomamente il rigetto di ogni singola eccezione.
Perciò, come detto, va ritenuto che, pur se la norma di cui all’art. 360 bis, co. 1, n. 1, c.p.c. dispone espressamente l’inammissibilità del ricorso solo laddove non ricorrano elementi per mutare l’orientamento della giurisprudenza  sulla base della quale  è stata  pronunciata la decisione impugnata, non sembra potersi dubitare che detto principio valga anche ai fini del decidere sull’ammissibilità (nel caso di specie sulla legittimazione attiva) del ricorso proposto innanzi al Collegio di Garanzia senza tener conto del consolidato orientamento del Collegio stesso.
II. Nel caso che ci occupa, poi, la decisione assunta dalla CSA Territoriale l’11 novembre 2021 si fonda sull’asserto per cui “il rapporto arbitrale” è “fonte primaria e privilegiata di prova”, vale a dire quanto ritenuto da questo Collegio di Garanzia con plurime decisioni (Sez. II, decisione n. 84/2017; Sez. II, decisione n. 9/2021; Sez. I, n. 23/2021).
Ne consegue che il proposto ricorso, limitandosi in buona sostanza a censurare la mancata verifica in punto di fatto di quanto asserito nel referto del direttore di gara, senza dedurre le ragioni in punto di diritto per cui detta fede privilegiata potesse essere vinta nel caso che ci occupa, è comunque inammissibile a mente dell’art. 360 bis, primo comma, n.1, c.p.c.
III. In base alla medesima premessa, viene, di più, in evidenza altro profilo di inammissibilità del proposto ricorso, in relazione al requisito di autosufficienza, che, a mente dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non appare soddisfatto con la sola deduzione a mezzo della quale, sia a sostegno del primo motivo di censura, che del secondo (nel ricorso identificati sub n. 2 e n. 3), si pone la doglianza per cui i giudici di merito, in particolare la Corte Territoriale, non avrebbe dato seguito a pur sollecitati approfondimenti istruttori.
Orbene, nella prospettazione dei detti motivi, la parte ricorrente non si fa in alcun modo carico di “localizzare” il come, il dove e il quando delle richieste istruttorie prospettate in sede di merito (cfr., Cass., 6 ottobre 2017, n. 23452; Cass., 27 dicembre 2019, n. 34496), onde consentire al Collegio di Garanzia di ricostruire l’esatta dinamica processuale (cfr., Cass., 4 febbraio 2022, n. 3612).
Si tratta di difetto del requisito di autosufficienza che questo Collegio ha ritenuto più volte dovuto anche nel processo sportivo (cfr., decisioni n. 25/2021 e 107/2021), così pervenendo a ritenere generico il ricorso non assistito dalla produzione degli atti tutti dei gradi di merito: “Né, a tal fine, può sopperire la circostanza che taluni fatti storici, ovvero processuali, risultino incontroversi tra le parti, atteso il dovuto controllo che il Giudice di legittimità deve poter effettuare senza dover ricercare addendi estranei al ricorso introduttivo. Invero, “il principio di autosufficienza che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre a specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata «localizzazione» del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza del versante «contenutistico»” (cfr., Cass., Sez. I - Ordinanza n. 28184 del 10 dicembre 2020 (Rv.660090-01))” (cfr. Collegio Garanzia dello Sport Sez. I n. 107/2021).
Dunque, detta insufficienza preclude, di principio, l’esame di tutte le questioni che il ricorrente assume di aver già prospettato in quel grado, non consentendo, ad esempio, di poter stabilire se vi sono eccezioni nuove e perciò inammissibili.
Si aggiunga a ciò che, nel caso che ci occupa, il Collegio si è comunque fatto carico di ricercare, negli atti proposti a sostegno del ricorso, l’istanza processuale tesa a istruire nei gradi di merito le ragioni in punto di fatto.
Dall’esame, però, di detti atti è emerso solo il reclamo proposto in data 8 novembre 2021, laddove, oltre a chiedersi un mero “riesame” della decisione del Giudice Sportivo, anzi “della vicenda”, si afferma che, per la stessa, è “possibile anche convocare “dei” testimoni che hanno assistito all’evento, compresi i dirigenti ed il Presidente appunto della società ospitante”.
Si tratta, all’evidenza di una deduzione istruttoria assolutamente generica, priva, invero, di qualsivoglia specificità perfino sulle distinte circostanze di fatto da comprovarsi.
IV. È vero, poi, che la Corte Sportiva di Appello, nella decisione gravata, non dà conto della suddetta istanza istruttoria, ma ciò non basta per censurare quanto ritenuto da detto giudice in termini di prevalenza della fonte di prova munita di rilevanza legale (in argomento, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, decisione n. 69/2018; Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. Unite, decisione n. 89/2019; Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. Un., decisione n. 71/2021).
La semplice contestazione della verità dei fatti, così come risultante dal referto del Direttore di Gara, non consentiva, del resto, né in quella sede né, a maggior ragione, innanzi a questo Collegio, di indagare sulla attendibilità del referto, in assenza di una precisa ed adeguata istanza istruttoria, per l’ovvia ragione che non è neppure immaginabile di travolgere tutti i presidi processuali posti a garanzia dell’acquisizione e valutazione delle prove, a maggior ragione quando si tratti di decidere in materia disciplinare e di porre in discussione prove aventi l’efficienza propria della “prova legale”.
Ciò vale, a maggior ragione, quando si pretende di porre in discussione un referto arbitrale che, per orientamento consolidato, gode di efficacia probatoria privilegiata ai sensi dell’art. 35, comma 11 (oggi confluito nell’art. 61 CGG FIGC), circa il comportamento tenuto dai tesserati in occasione dello svolgimento delle gare. Tale disposizione attribuisce, invero, ai referti arbitrali un valore probatorio simile a quello riservato dall’art. 2700 c.c. agli atti pubblici. Questa efficacia probatoria si estende non solo al tempo e al luogo della gara strettamente intesi (ossia tempo di gara e rettangolo di gioco), ma a tutti gli eventi che siano collegati alla gara stessa, atteso che l’espressione “in occasione dello svolgimento della gara”, contenuta nell’art. 35, comma 11, si riferisce chiaramente a tutte le circostanze che, trovando “occasione” nella gara, assumono rilevanza per l’ordinamento sportivo (cfr.,“Collegio” n. 23/2021).
E, ancor di più, è a dirsi “proprio, in relazione ai procedimenti disciplinari, se è vero che vanno osservate e verificate, con rigore, tutte le garanzie previste in sede ordinamentale per l’incolpato, nondimeno proprio detto rigore comporta, al contempo, il doversi esigere il massimo rispetto, anche dal punto di vista formale, dei principi che regolano il processo, a maggior ragione innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, e quindi non ci si può esimere, come è giurisprudenza più che consolidata di questo Giudice, da uno stringente scrutinio di ammissibilità, quale quello che domina la presente decisione.” (Prima Sezione, n. 107/2021).
Invero, per la tenuta complessiva dell’Ordinamento Sportivo, non è neppure immaginabile che la semplice negatoria di un fatto possa assumere rilievo processuale senza che sia consentito al giudice di effettuare uno scrutinio sulla ammissibilità, rilevanza, inerenza di una deduzione istruttoria apparentemente efficiente allo scopo e, nel caso si tenda a confutare la prova costituente fonte privilegiata, di poter formulare un giudizio preliminare sulla verosimiglianza di quanto possa risultare dalla prova stessa.
“L’assunto appena citato trova conferma nella giurisprudenza di legittimità, laddove si chiarisce che nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice (art. 116 c.p.c.), non esiste, al di fuori dei casi di cd. prove legali (cfr., in specie, gli artt. 2700, 2702, 2709, 2733, 2738 c.c.), una gerarchia delle fonti di prova, così che tutte le prove sono liberamente valutabili dal giudice che può porre a fondamento del suo convincimento anche (e solo) quelle di natura presuntiva (qualora ritenute maggiormente attendibili), purché la scelta e la valutazione del materiale probatorio sia sorretta da adeguata, e logicamente non contraddittoria, giustificazione (cfr., ex multiis, Cass. Civ., sez. VI, 24 luglio 2017, n. 18259).” (cfr., Collegio di Garanzia, Prima Sezione, n. 23/2021).
Nella specie, stride con evidenza il contrasto tra la prova avente valenza legale e la deduzione di una prova sommamente generica, oltreché non rispettosa dei canoni fissati dall’art. 244 c.p.c. Non a diversa conclusione, del resto, è possibile pervenire anche considerando taluni profili di assimilabilità del procedimento disciplinare a quello penale.
Infatti:
“Chiarisce bene tale concetto la giurisprudenza di legittimità, per la quale, “secondo la previsione dell'art. 192 c.p.p., comma 2, ciascuna circostanza di fatto assumibile come indizio deve essere connotata, in primo luogo, dal requisito, non espressamente richiamato ma fondante, della "certezza", che implica la verifica processuale della sua sussistenza (Cass., sez. 4, n. 39882 del 01/10/2008). L'indicato requisito non può assumersi in termini di assolutezza e di verità in senso ontologico, partecipando, invece, di quella specie di certezza che si forma nel processo attraverso il procedimento probatorio (Cass., sez. 1, n. 31456 del 21/05/2008); esso tuttavia conduce ad evitare che la prova critica (indiretta) possa fondarsi su di un fatto verosimilmente accaduto, supposto o intuito, inammissibilmente valorizzando - contro indiscutibili postulati di civiltà giuridica
- personali impressioni o immaginazioni del decidente o mere congetture (Cass., sez. 1, n. 18149 del 11/11/2015)”. (Collegio Garanzia, Prima Sezione, n. 23/2021).
Di qui l’inammissibilità, per le diverse ragioni evidenziate, del ricorso proposto da Virtus Abbiatense.
V. Solo per completezza si aggiunge che la tesi secondo cui sarebbe stato obbligo della CSA di disporre accertamenti di ufficio, a mente dell’art. 60 CGS FIGC, è infondata, atteso che detta disposizione rimanda ad una mera facoltà del Giudice e non ad un obbligo (cfr., Collegio di Garanzia dello Sport n. 70/2021, 73/2021, 94/2021).
Né, ovviamente, le lacune probatorie innanzi evidenziate possono dirsi colmate con la produzione, soltanto innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport - e quindi del tutto tardivamente ed inammissibilmente - di alcune dichiarazioni non verificate né verificabili (quanto alla loro storicità ed autenticità), che danno conto di una ricostruzione dei fatti in termini diversi da quelli attestati nel referto arbitrale, ma pur sempre in base a percezioni soggettive, che non sembrano, per di più,  superare in modo certo la soglia di una mera congettura.
VI. Ne consegue la inammissibilità del ricorso proposto e la conferma della decisione del Giudice Sportivo, come riprodotta in dispositivo, anche nella parte in cui dispone la perdita della gara, come già definito in grado di merito.
VII. La mancata costituzione di parti resistenti comporta il non doversi adottare decisione in termini di soccombenza della parte ricorrente nelle spese di lite.
PQM
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 133/2021, presentato, in data 17 dicembre 2021, dalla A.S. Virtus Abbiatense avverso la decisione emessa dalla Corte Sportiva d'Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Lombardia della Lega Nazionale Dilettanti (LND) in seno alla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), di cui al C.U. n. 17 del 18 novembre 2021, con la quale è stato respinto il reclamo presentato dalla suddetta ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo della Delegazione di Milano, di cui al C.U. n. 15 del 4 novembre u.s., e, per l'effetto, sono state confermate, a carico della medesima AS Virtus Abbiatense, le sanzioni della perdita della gara disputata contro la società Real Trezzano, in data 30 ottobre u.s., con il risultato di 0-3 e dell'ammenda pari ad € 1.000,00, a titolo di responsabilità oggettiva derivante dalla condotta di un suo tesserato, nonché la sanzione della squalifica, a carico  del calciatore  Gabriele Di Benedetto, sino al 31 ottobre 2022.
Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 1° aprile 2022
Il Presidente                    Il Relatore
F.to Manuela Sinigoi      F.to Giuseppe Andreotta
Depositato in Roma, in data 13 giugno 2022
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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