Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0058/CFA del 23 Novembre 2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Campania, di cui al Com. Uff. n. 6 del 12 ottobre 2023

Impugnazione – istanza: –  PPFI-Sig. D.V.E. -A.S.D. Sporting Club Ercolanese

Massima: La persona offesa, per il tramite del suo Presidente ha fatto pervenire una mail, inviata dal suo indirizzo personale di posta elettronica ed accompagnata dalla copia del proprio documento di identità, nella quale ha precisato di essersi trasferito in Francia, di non essere intenzionato a rientrare in Italia, di essere stato insultato con la frase “nero di m…..” dal giocatore avversario, …, durante il secondo tempo di gioco. Non vi è motivo di eliminare tale dichiarazione dal compendio indiziario, posto che, in tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, "il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime” (v. Cass. 11606/2018) e che la semplice generica contestazione del documento non è sufficiente per inficiarne la validità probatoria, atteso che "il disconoscimento, da effettuare nel rispetto delle preclusioni processuali, anche di documenti informatici aventi efficacia probatoria ex art. 2712 CC, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell'allegazione di elementi attestanti la non rispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta" (Cass. 19155 del 13/6/2019; Cass. 5141/2019 e n. 1/CFA/2019-2020/A sull'analogo tema dell'utilizzazione e valore probatorio dei messaggi whatsapp). Se ne deve quindi trarre la piena utilizzabilità della dichiarazione della persona offesa trasmessa agli inquirenti via mail, posto che la provenienza dall'account personale del giocatore e il contestuale invio di copia del documento di identità costituiscono sufficienti garanzie circa il mittente e che né la decisione impugnata né la difesa dell'incolpato hanno addotto alcun elemento concreto per indurre a dubitare della paternità di tale dichiarazione. Quanto alla regola di giudizio valida nell'ambito che qui ci occupa, vale la pena di ricordare la costante giurisprudenza di questa Corte federale, secondo cui il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio, come invece è previsto nel processo penale, nel senso che è necessario e sufficiente acquisire - sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti - una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito ( a partire da Collegio di garanzia CONI, SS.UU., n. 13/2016; per tutte, da ultimo, CFA, Sez. III, n. 68/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 35/2021-2022; dettagliatamente, CFA, SS. UU., n. 105/2020-2021, n.76/CFA/2021-2022/C). In tale ambito, vi è stata adesione alla giurisprudenza penale in tema di valore probatorio da attribuire alle dichiarazioni della persona offesa, nel senso che il fatto contestato può essere ritenuto provato anche se il quadro probatorio sia formato dalle sole dichiarazioni della persona offesa, purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità della presenza di riscontri esterni (cfr. Cass. pen., Sezione 5, 13 febbraio 2020, n. 12920; Sezioni unite, 19 luglio 2012, n. 41461; CFA Sezione IV, n. 66-2019/2020; Sezione I, n. 118-2019/2020) a condizione che siano positivamente verificate la credibilità soggettiva del dichiarante e l'attendibilità intrinseca del suo racconto. Val la pena di sottolineare come, sul punto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione sia granitica, sino dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 41461/2012 “le regole dettate dall'art. 192 comma 3 c.p.p. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone” ripresa, appunto, dalla giurisprudenza di questa Corte Federale “Le dichiarazioni della persona offesa non rappresentano una prova secondaria, ma onerano di una verifica più intensa circa la credibilità del soggetto e l’attendibilità del racconto” -(CFA, Sez. I, n. 52/2022-2023; Id., Sez. I, n. 92/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 114 /2020-2021 e più di recente n. 116/CFA/2022-2023/B) Si può cogliere, nella giurisprudenza sopra citata, il principio per cui la possibilità di valutare l’attendibilità estrinseca della testimonianza dell’offeso attraverso la individuazione di precisi riscontri si esprime in termini di “opportunità” e non di “necessità”, essendo lasciato al giudice di merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalità di controllo della attendibilità nel caso concreto. Le dichiarazioni della persona offesa devono, in conclusione, ritenersi da sole sufficienti a fondare l'affermazione di responsabilità, purché siano valutate con particolare rigore e purchè, dall'esame critico delle risultanze processuali, non emergano elementi in grado di smentirle, cioè di inficiarne il contenuto rappresentativo. Si può, allora, ritenere che le dichiarazioni del sig. … diano conto con chiarezza dell'insulto pronunciato al suo indirizzo, dell'autore del gesto e delle circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificato. Il contenuto di tali dichiarazioni non è smentito da altre risultanze di indagine e non sono emersi motivi di astio o rancore che avrebbero potuto indurre la parte offesa ad accusare falsamente l'incolpato.

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