LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI – STAGIONE SPORTIVA – 2005/2006 – Decisione pubblicata sul sito web: www.lega-calcio.it e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 220 DEL 23 gennaio 2006 DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE Reclamo della Soc. LAZIO avverso l’ammenda di € 10.000,00 inflitta dal Giudice Sportivo (gara Lazio-Juventus del 17/12/05 – C.U. n. 186 del 19/12/05). Reclamo del sig Paolo DI CANIO, calciatore della Soc. LAZIO avverso l’ammenda di € 10.000,00 inflitta dal Giudice Sportivo (gara Lazio-Juventus del 17/12/05 – C.U. n. 186 del 19/12/05).

LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI – STAGIONE SPORTIVA – 2005/2006 – Decisione pubblicata sul sito web: www.lega-calcio.it e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 220 DEL 23 gennaio 2006 DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE Reclamo della Soc. LAZIO avverso l’ammenda di € 10.000,00 inflitta dal Giudice Sportivo (gara Lazio-Juventus del 17/12/05 – C.U. n. 186 del 19/12/05). Reclamo del sig Paolo DI CANIO, calciatore della Soc. LAZIO avverso l’ammenda di € 10.000,00 inflitta dal Giudice Sportivo (gara Lazio-Juventus del 17/12/05 – C.U. n. 186 del 19/12/05). Il procedimento Avverso il provvedimento del Giudice Sportivo dd. 19/12/05 con cui è stata inflitta al calciatore Di Canio Paolo la squalifica per una giornata effettiva di gara e l’ammenda di € 10.000,00, ed alla Soc. Lazio, a titolo di responsabilità oggettiva, l’ammenda di € 10.000,00 per il comportamento tenuto dal Di Canio nel corso della gara, avendo egli - subito dopo la sua sostituzione, mentre si trovava nei pressi della panchina - preso a salutare i propri tifosi con entrambe le braccia tese ed alzate, e poi, in rapida successione, abbassato il braccio sinistro, lasciando alzato e teso quello destro per qualche secondo insieme alla mano (gesto “..certamente da interpretare come un “saluto romano”, quantomeno nella fase in cui egli ha tenuto il braccio e la mano destra tese”, e dunque costituente violazione di norme regolamentari “..in quanto lesivo del dovere di correttezza imposto dall’art. 1 CGS, non essendo consentito ai tesserati sfruttare lo svolgimento delle gare per evocare un qualsiasi tipo di ideologia e/o appartenenza politica con gesti plateali”, ed “..evocativo, in termini di identificazione in esso da parte dell’autore, del regime fascista, caratterizzato da violenza verso gli oppositori e discriminazione razziale”) – tanto il Di Canio quanto la Soc. Lazio hanno proposto, con distinti atti, rituale reclamo, svolgendo confluenti e concordanti doglianze di carattere procedurale e di merito volte all’annullamento del reclamato provvedimento. In particolare, il Di Canio rileva l’errata ricostruzione del fatto e l’ingiusta attribuzione al medesimo di significati e valenze insussistenti, nonché la violazione dei principi fondamentali in tema di espressione del pensiero e di libertà di opinione, e censurando comunque in via preliminare l’illegittimità ed il contrasto con l’art. 111 Costituzione delle norme dell’ordinamento sportivo – segnatamente di quelle dell’art. 24, comma 2, e 32, comma 9, C.G.S. – che negano il necessario contraddittorio processuale prodromico alla irrogazione della sanzione disciplinare e che limitano l’impugnabilità di tali provvedimenti. A tale proposito il reclamante sollecita la rimessione degli atti alla Corte Federale affinché questa – ai sensi dell’art. 22, comma 1 lett, a), C.G.S. – sancisca la disapplicazione delle disposizioni del C.G.S. che, consentendo l’irrogazione di una sanzione senza che vengano rispettati i principi costituzionali del contraddittorio e della piena impugnabilità di tutti i provvedimenti disciplinari, si pongono in insanabile contrasto con i principi costituzionali in materia di giusto processo. La Soc. Lazio, del pari, nell’evidenziare come il contenuto della relazione del collaboratore dell’Ufficio Indagini richiamata nella decisione del Giudice Sportivo non consenta affatto – quanto all’obiettiva e diretta percezione dell’episodio – di ritenere inequivocabilmente provato il significato del gesto del Di Canio quale “saluto romano”, nega comunque che tale gesto possa assumere connotati di antisportività ovvero, ancor peggio, di istigazione alla violenza, di apologia o di discriminazione razziale, ed osserva altresì – per escludere la sussistenza dei presupposti della responsabilità oggettiva a proprio carico - che alla società sportiva non é consentito adottare misure limitative del diritto dei propri tesserati alla libera manifestazione del pensiero (anche di “credo” politico) ove questo – come appunto è a dirsi nel caso in esame – non sfoci in comportamenti violenti o apologetici della violenza, ovvero non leali, non probi, non corretti. A sostegno dei propri assunti la reclamante chiede inoltre, sotto il profilo istruttorio, che si faccia luogo alla visione del filmato televisivo riproducente l’episodio incriminato. All’odierna seduta sono comparsi i difensori dei reclamanti, i quali hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive e ribadito le proprie richieste assolutorie. I motivi della decisione Il reclamo proposto dal Di Canio è infondato, imponendosi dunque – in parte qua - la conferma del provvedimento del Giudice Sportivo. La Commissione osserva preliminarmente che non sussistono i presupposti per una rimessione degli atti alla Corte Federale ai sensi dell’art. 22 C.G.S., in quanto le questioni evidenziate dalla difesa del Di Canio in relazione alle implicazioni di ordine costituzionale connesse alle limitazioni del previo contraddittorio e della piena impugnabilità dei provvedimenti disciplinari portanti la squalifica ad una sola giornata di gara rivestono bensì una innegabile importanza nell’ambito dell’Ordinamento della Giustizia Sportiva, ma non implicano l’interpretazione di norme statutarie o regolamentari (comma 1, lett. a) né la valutazione della legittimità di norme federali rispetto allo Statuto (comma 1, lett. c), presentando piuttosto un rilievo che spetta semmai al legislatore sportivo voler valutare ed eventualmente diversamente disciplinare. Nel merito, la Commissione ritiene che la condotta del calciatore – al di là ed a prescindere dalle motivazioni di ordine ideale o “di appartenenza” che possano aver ispirato il gesto da lui posto in essere – presenta oggettivamente i connotati dell’illecito disciplinare ascrittogli, nei termini già ben evidenziati nel provvedimento del Giudice Sportivo. Fermo restando, infatti, che non può seriamente dubitarsi che il gesto da lui compiuto sia effettivamente qualificabile quale “saluto romano” (una diversa lettura di esso, del resto, finirebbe con il mortificare quello stesso senso di “appartenenza” che il Di Canio vuole coerentemente rivendicare), devesi ribadire il principio secondo cui ai tesserati, in occasione di una manifestazione agonistica, non è consentito tenere comportamenti ovvero comunque esprimere, con platealità immediatamente percepibile dagli astanti, atteggiamenti che evochino una ideologia o una appartenenza politica – qualunque essa sia – e che siano dunque potenzialmente idonei a provocare reazioni violente ed incontrollate. Parzialmente fondato, per contro, risulta il reclamo proposto dalla S.S. Lazio. Infatti, premessa l’evidente inaccoglibilità della richiesta istruttoria volta alla visione del filmato televisivo riproducente l’episodio incriminato, attesi i limiti normativi in tema di “prova televisiva” posti dall’art. 31 C.G.S, la Commissione reputa - pur a fronte dell’ineludibile operare del principio della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2, commi 3 e 4, C.G.S. - di dover positivamente apprezzare il fattivo impegno che tale Società ha profuso nell’evidenziare pubblicamente il disvalore sportivo di ogni atteggiamento “politico” che venga a sovrapporsi alle manifestazioni sportive. Sanzione equa, pertanto, risulta quella della ammenda nella minor somma di € 2.000,00. Il dispositivo Per tali motivi, la Commissione delibera di respingere il reclamo proposto dal calciatore Paolo Di Canio e di disporre l’incameramento della relativa tassa; delibera altresì di ridurre la sanzione irrogata a carico della Soc. Lazio nell’ammenda di € 2.000,00, disponendo a favore di quest’ultima la restituzione della tassa.
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