F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 079/CFA del 10 Febbraio 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 127/CFA del 19 Maggio 2016 e su www.figc.it 1. RICORSO DELL’A.C. CESENA S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: – INIBIZIONE PER MESI 6 AL SIG. LUGARESI GIORGIO, ALL’EPOCA DEI FATTI AMMINISTRATORE UNICO E LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE DELLA SOCIETÀ; – PENALIZZAZIONE DI 1 PUNTO ALLA RECLAMANTE, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA EX ART. 4 COMMA 1 C.G.S., RISPETTIVAMENTE INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 10, COMMA 3, C.G.S. IN RELAZIONE AL TITOLO I), PARAGRAFO I), LETTERA B), PUNTO 1) DEL C.U. N. 238/A DEL 27.4.2015 AI FINI DEL RILASCIO DELLA LICENZA NAZIONALE PER L’AMMISSIONE AL CAMPIONATO PROFESSIONISTICO DI SERIE B 2015/2016 – NOTA N. 2733/40 PF 15-16 SP/BLP DEL 22.09.2015 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 42/TFN del 9.12.2015)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 079/CFA del 10 Febbraio 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 127/CFA del 19 Maggio 2016 e su www.figc.it 1. RICORSO DELL’A.C. CESENA S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: - INIBIZIONE PER MESI 6 AL SIG. LUGARESI GIORGIO, ALL’EPOCA DEI FATTI AMMINISTRATORE UNICO E LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE DELLA SOCIETÀ; - PENALIZZAZIONE DI 1 PUNTO ALLA RECLAMANTE, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA EX ART. 4 COMMA 1 C.G.S., RISPETTIVAMENTE INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 10, COMMA 3, C.G.S. IN RELAZIONE AL TITOLO I), PARAGRAFO I), LETTERA B), PUNTO 1) DEL C.U. N. 238/A DEL 27.4.2015 AI FINI DEL RILASCIO DELLA LICENZA NAZIONALE PER L’AMMISSIONE AL CAMPIONATO PROFESSIONISTICO DI SERIE B 2015/2016 - NOTA N. 2733/40 PF 15-16 SP/BLP DEL 22.09.2015 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 42/TFN del 9.12.2015) Il Tribunale Federale Nazionale, con decisione resa pubblica mediante Com. Uff. n. 42/TFN del 9.12.2015, si è pronunciato sul deferimento elevato in data 22.9.2015 dal Procuratore Federale nei confronti del sig. Giorgio Lugaresi, amministratore unico e legale rappresentante dell’A.C. Cesena S.p.A. (di seguito anche Cesena), e della stessa società del Cesena, quanto al primo, per la violazione di cui all’art. 10, comma 3, C.G.S. in relazione al titolo I), paragrafo I), lettera B), punto 1) del Com. Uff. n. 238/A del 27.4.2015 ai fini del rilascio della Licenza Nazionale per l’ammissione al Campionato Professionistico di Serie B 2015/2016, e, quanto alla predetta società, dell’art. 4, comma 1, C.G.S.. Segnatamente, l’imputazione contestata al Lugaresi, nella qualità suddetta, aveva ad oggetto il suddetto addebito “..per non aver provveduto, entro il termine del 7 luglio 2015, al ripianamento complessivo della carenza patrimoniale risultante dal parametro PA al 31 dicembre 2014”. Nel costrutto accusatorio dagli addebiti mossi al suddetto dirigente conseguiva, in ragione del rapporto di immedesimazione organica con la società di appartenenza, la responsabilità diretta del Cesena, cui veniva contestata, come sopra anticipato, la violazione di cui all’art. 4 comma 1 C.G.S.. Nel corso del procedimento di primo grado iI Tribunale riteneva necessario un approfondimento istruttorio e, dunque, con decisione interlocutoria, invitava i deferiti a produrre documentazione avente data certa idonea a dimostrare la validità e la tempestività delle cessioni dei crediti e di tutte le operazioni volte al ripianamento del parametro PA alla data del 7.7.2015, nonché ad indicare quali fossero le cessioni dí credito escluse nella lettera del 9 luglio rispetto a quella del 6.7.2015. All’esito del dibattimento, il giudice di prime cure applicava le seguenti sanzioni: al sig. Giorgio Lugaresi l’inibizione di mesi 6 (sei) e al Cesena la penalizzazione di punti 1 (uno) in classifica, da scontarsi nella corrente Stagione Sportiva. Avverso la suindicata decisione i soggetti deferiti hanno interposto reclamo, all’uopo deducendo l’erroneità e l’ingiustizia del provvedimento di prime cure sulla scorta dei motivi di appello di seguito sintetizzati e che saranno in prosieguo passati in rassegna: 1) Con un primo gruppo di censure la società ricorrente evidenzia le pretese incongruenze su cui, a suo dire, riposerebbe la decisione di prime cure: - nell’impianto argomentativo del Tribunale Federale Nazionale la "libera scelta" dell'A.C. Cesena S.p.a. di effettuare un aumento di capitale il 09 luglio 2015 avrebbe superato e sostituito quanto precedentemente disposto dal Club, ai fini del ripianamento del parametro P/A, sino al 06 luglio 2015. Secondo il TFN tale condotta, impropriamente ritenuta di valore confessorio, confermerebbe di per se stessa gli addebiti; - nell'erronea interpretazione della disciplina di riferimento offerta dall'organo di prime cure il ripianamento del parametro P/A sarebbe ammissibile solo "mediante effettivo apporto di capitale nelle casse societarie", assunto questo che, secondo i ricorrenti, risulterebbe smentito per tabulas dagli stessi successivi sviluppi del procedimento di rilascio della licenza. Ed, infatti, la stessa COVISOC avrebbe ritenuto ammissibili anche numerose operazioni di trasformazioni di preesistenti poste creditorie in finanziamento soci; - andrebbe poi sconfessato, siccome disancorato dalle risultanze istruttorie, anche l’ulteriore postulato secondo cui i crediti impiegati nelle operazioni di trasformazione e postergazione non sarebbero, in parte, neppure iscritti al bilancio 2014. 2) Il Giudice di prime cure avrebbe omesso qualsivoglia motivazione in ordine alla dedotta genericità delle contestazioni elevate dalla Procura Federale: l'A.C. Cesena S.p.a. si sarebbe avvalsa per ripianare la rilevata carenza patrimoniale di più strumenti economico-finanziari entro il 7.7.2015, che sarebbero stati riproposti (almeno in parte) anche nella comunicazione del 9.7.2015, a cui si sarebbe aggiunta, in tale ultimo invio, la documentazione dell'aumento di capitale di € 1.750.000,00. Risulterebbero, pertanto, non chiarite le ragioni per cui tali strumenti (consistenti nella conversione dei debiti verso soci in finanziamenti soci infruttiferi e postergati e, dunque, riconducibili tutte al medesimo istituto giuridico-contabile) siano stati ritenuti ammissibili il 9.7.2015 ma non il 07 luglio 2015. L’atto di deferimento recherebbe come addebito il mancato ripianamento complessivo della carenza patrimoniale PA al 31 dicembre 2014, senza indicare, però, rispetto all’originario ammontare di € 16.432.012,00, la quota parte non ancora sanata alla data del 7.7.2015; 3) La società del Cesena, in linea con quanto previsto dal Com. Uff. n. 238/A del 27.4.2015, al Titolo I), Capo I), lett. B) voce a), il 6.7.2015, avrebbe inoltrato, a mezzo pec, alla Co.Vi.So.C., la documentazione inerente il ripianamento integrale per € 16.432.012,00 del disavanzo P/A al 31.12.2014. Con successiva nota del 9 luglio il Cesena avrebbe integrato la documentazione di riferimento prevedendo aggiuntive operazioni di rifinanziamento; 4) le sanzioni applicate non troverebbero riscontro nella disciplina di settore sia per quanto attiene alla società’ che per quanto riguarda il suo legale rappresentante. I medesimi motivi di gravame sono stati ribaditi dai reclamanti nel corso dell’udienza. Da parte sua la Procura Federale ha, invece, insistito per la reiezione del ricorso. La Corte Federale di Appello, nella composizione a Sezioni Unite, a seguito dell’udienza del 10.2.2016 e della successiva camera di consiglio, ha reso la seguente decisione. Motivi della decisione Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto. Segnatamente, ritiene il Collegio che l’imputazione elevata con l’atto di deferimento, erroneamente convalidata dal giudice di prime cure, rifletta, a cagione della sua genericità, un’obiettiva ed insanabile inidoneità strutturale a definire, in modo compiuto e certo, le condotte in addebito con conseguente negativa ricaduta sulla stessa perimetrazione del thema decidendum e, prima ancora, sulla concreta esplicazione delle incomprimibili facoltà difensive spettanti al deferito. Giusta quanto anticipato nella narrativa in fatto viene in rilievo la presunta violazione di cui all’art. 10, comma 3, C.G.S. in relazione al titolo I), paragrafo I), lettera B), punto 1) del Com. Uff. n. 238/A del 27.4.2015 ai fini del rilascio della Licenza Nazionale per l’ammissione al Campionato Professionistico di Serie B 2015/2016, “..per non aver provveduto, entro il termine del 7 luglio 2015, al ripianamento complessivo della carenza patrimoniale risultante dal parametro PA al 31 dicembre 2014”. Orbene, appare di tutta evidenza come l’imputazione recepita nell’atto di deferimento faccia riferimento ad una (presunta) fattispecie di illecito già consumata al 7.7.2015. Per il resto, l’addebito in questione ricalca pedissequamente, quanto al contenuto, la lettera della norma di riferimento, senza provvedere ad attualizzarne (tutti) gli elementi qualificanti, ossia a descriverne specificamente la condotta e gli altri elementi costitutivi in concreto verificatisi. Era, viceversa, onere dell’organo requirente descrivere compiutamente, ed alla suddetta data, la consistenza della contestata omissione indicando l’ammontare del ripianamento non eseguito e le ragioni della pretesa inconferenza delle operazioni di regolarizzazione fino a quel momento poste in essere dal Cesena. Ciò viepiù in considerazione del fatto che, entro la suddetta data, vale a dire il 6.7.2015, il Cesena aveva trasmesso alla Covisoc la documentazione afferente le operazioni correttive adottate proprio in vista del suddetto ripianamento, di talchè avrebbero dovuto essere agevolmente arguibili dagli atti del procedimento, e dallo stesso atto di deferimento, le ragioni per cui tale intervento di finanziamento dovesse reputarsi, alla suddetta data, in tutto o in parte insufficiente. E ciò, come sopra anticipato e di seguito meglio evidenziato, non può dirsi riscontrabile nel caso qui in rilievo. A tal riguardo deve preliminarmente rilevarsi che non può essere di certo condivisa l’impostazione argomentativa privilegiata dal giudice di prime cure che, ribaltando l’ordinaria sequenza della meccanica processuale, ha desunto la sussistenza della omissione contestata dalla successiva presentazione (in data 9.7.2015), da parte del Cesena, di una documentazione integrativa, cui ha, pertanto, attribuito, senza fondamento diretto, la valenza di una implicita condotta confessoria. Ed, invero, nella metodica euristica privilegiata dal Tribunale Federale Nazionale la successiva "libera scelta" dell'A.C. Cesena S.p.a. di effettuare (nonostante i pregressi adempimenti perfezionati il 6 luglio 2015) un aumento di capitale il 9 luglio 2015 costituirebbe, di fatto, un’implicita conferma dell’omissione contestata al 7 luglio 2015. Appare di contro di tutta evidenza l’erroneità di siffatta metodica: ed, invero, il giudice di prime cure, piuttosto che verificare l’effettiva sussistenza della condotta omissiva asseritamente perfezionatasi al 7.7.2015, sembra dare per scontato tale evenienza desumendola, con pretesa di automaticità, da un post factum, vale a dire dalla circostanza che la stessa società aveva inteso, comunque, fornire alla Covisoc nuovi integrativi elementi, circostanza questa che, invece, avrebbe potuto astrattamente spiegarsi anche in via alternativa senza necessariamente implicare, con rapporto di stretta conseguenzialità logica, la necessità di porre riparo ad un precedente illecito. Occorre, viceversa, recuperare sintonia con le categorie logiche e giuridiche che reggono il procedimento giustiziale e verificare se il suddetto procedimento, a partire dall’atto di deferimento, conclami effettivamente una forma di sicuro inadempimento, alla data di riferita consumazione del 7.7.2015, degli obblighi prescritti al titolo I), paragrafo I), lettera B), punto 1) del Com. Uff. n. 238/A del 27.4.2015. Ai fini di una compiuta percezione delle ragioni su cui riposa tale assunto, giova ripercorrere lo sviluppo degli eventi che hanno caratterizzato il procedimento di iscrizione del Cesena al campionato di serie B, muovendo dalla riproposizione dell’imputazione qui in discussione, alla cui stregua i suddetti eventi andranno considerati. Orbene, nella detta prospettiva deve preliminarmente rilevarsi come le società, nei termini previsti per il bilancio e la semestrale, debbano depositare presso la Co.Vi.So.C., unitamente al bilancio d’esercizio e alla semestrale, il Prospetto P/A con l’indicazione del rapporto Patrimonio Netto Contabile/Attivo Patrimoniale riferito alla data di chiusura dell’esercizio o del semestre, calcolato sulla base delle risultanze del bilancio e della semestrale approvati e la cui misura minima è stabilita annualmente dal Consiglio Federale su proposta della Co.Vi.So.C. Nel caso qui in rilievo, a seguito del deposito del suddetto report, la Co.Vi.So.C., con comunicazione del 30.6.2015, rilevava una carenza patrimoniale di € 16.432.012,00 e, per l’effetto, invitava l'A.C. Cesena S.p.a. a colmare la suddetta mancanza entro il termine del 7.7.2015, con avvertenza che l'omesso adempimento di quanto sopra avrebbe impedito il rilascio della Licenza Nazionale per la partecipazione al Campionato di Serie B 2015/2016. Vale precisare che, in base alle disposizioni compendiate al titolo I), paragrafo I), lettera B), punto 1) del C.U. 238/A del 27 aprile 2015, il ripianamento delle carenze eventualmente rilevate poteva essere effettuato, entro il termine del 7 luglio 2015, mediante le seguenti modalità: a) con finanziamenti postergati ed infruttiferi dei soci; b) con versamenti in conto futuro aumento di capitale. , c) con aumento di capitale integralmente sottoscritto e versato, ovvero, nel caso in cui il versamento non fosse stato effettuato contestualmente alla delibera, lo stesso avrebbe dovuto essere completato entro il 31.12.2015, previo rilascio di fideiussione bancaria a prima richiesta da depositarsi alla Co.Vi.So.C., entro il medesimo termine del 7.7.2015. Alla stregua del mentovato comunicato l'importo da versare secondo le modalità previste dalle precedenti lettere a), b), e c) poteva, inoltre, essere ridotto mediante l'utilizzo del saldo attivo finanziario al 5.7.2015 e del saldo attivo finanziario della precedente sessione invernale, derivanti dalle operazioni di trasferimento dei calciatori per le quali risultassero già effettuati gli adempimenti previsti dal Comunicato Ufficiale riguardante la campagna trasferimenti. Tanto premesso, e venendo alla ricostruzione degli elementi di fatto della res controversa, non fatti oggetto di contestazione da parte dell’organo requirente, mette conto evidenziare che, in riscontro alla suddetta contestazione, l'A.C. Cesena S.p.a. trasmetteva, a mezzo pec, in data 6.7.2015, la documentazione attestante l’intervenuta copertura delle carenze patrimoniali contestate. Segnatamente, ai fini in questione, venivano utilizzati due distinti strumenti di finanziamento: 1. Quanto a € 10.446.432,72, a mezzo saldo attivo della campagna trasferimenti, derivante dal conteggio della Lega Nazionale Professionisti Serie B del 6.7.2015, su un totale disponibile di € 11.369.220,00; 2. Quanto a € 5.985.579,28 tramite trasformazione di crediti di soci dell'A.C. Cesena S.p.a., compresenti nel bilancio 2014, in finanziamenti soci postergati. Successivamente, il 9 luglio 2015, il Cesena, non avendo avuto positivo riscontro la precedente comunicazione del 6.7.2015 ed in ragione di non meglio individuate criticità informalmente apprese presso gli uffici della Covisoc, inoltrava, ad integrazione dell'invio effettuato il 6.7.2015, ulteriore documentazione, rivedendo la composizione degli interventi di ripianamento funzionali al conseguimento dell’iscrizione al campionato. Segnatamente, nella documentazione trasmessa il successivo 9.7.2016 gli interventi finanziari venivano così ricomposti: a) per € 11.098.113,72 utilizzando il saldo attivo della campagna trasferimenti; b) per € 230.135,00 quale credito già postergato ed utilizzato per l'iscrizione al Campionato di Serie B 2013/2014; c) per € 1.750.000,00 con aumento di capitale sottoscritto e versato il 09 luglio 2015; d) per € 3.323.763,28 a mezzo postergazione di finanziamenti dei soci. Nello specifico: o € 2.262.931,59 a mezzo postergazione di finanziamenti dei soci già fruttiferi; o € 444.000,00 a mezzo postergazione di finanziamenti dei soci già infruttiferi; o € 646.831,69, a mezzo postergazione di finanziamenti dei soci, poi soci Cesena 1940 ora ex. In data 10.8.2015, la Co.Vi.So.C. rilevava che "la società ha documentato, in data 10 luglio 2015, il completamento del ripianamento della suddetta carenza patrimoniale mediante versamenti in c/Aumento capitale per € 1.750.000,00 effettuati in data 9.7.2015 a seguito di delibera assembleare tenutasi in pari data". Di qui il deferimento per cui è processo. Orbene, ad una piana lettura della cronologia degli eventi come sopra ricostruiti, deve rilevarsi come siano effettivamente rimaste oscure, sia nel procedimento per l’iscrizione al campionato sia in quello giustiziale, a seguito del deferimento, le ragioni per cui è stato reputato inidoneo, ai fini del ripianamento delle carenze patrimoniali precedentemente registrate, il finanziamento di cui alla documentazione trasmessa dal Cesena il 6.7.2015 all’organo di controllo. Tale documentazione, come sopra già anticipato, utilizzava due distinti strumenti di finanziamento: 1. Quanto a € 10.446.432,72, a mezzo saldo attivo della campagna trasferimenti, derivante dal conteggio della Lega Nazionale Professionisti Serie B del 6.7.2015, su un totale disponibile di € 11.369.220,00; 2. Quanto a € 5.985.579,28 tramite trasformazione di crediti di soci dell'A.C. Cesena S.p.a., compresenti nel bilancio 2014, in finanziamenti soci postergati. Ed, invero, alcun formale riscontro è pervenuto dalla Covisoc quanto alla correttezza e completezza delle operazioni poste in essere dal Cesena alla data del 7.7.2015 che valesse a smentirne la riconducibilità, per forma e contenuti, alla tipologia delle operazioni esplicitamente ammesse dal Com. Uff. n. 238/A del 27.4.2015, come sopra ricostruite. Peraltro, la rilevata lacuna permane anche in prosieguo e non è stata colmata nemmeno nel procedimento svoltosi innanzi a questa Corte. Ed, invero, i contenuti del rapporto finale trasmesso, in data 10.8.2015, dall’organo di controllo alla Procura federale accrescono il tasso di equivocità che, ab imis, ha caratterizzato la vicenda qui in rilievo. In siffatta nota la Covisoc si limita, infatti, a rilevare che: - la società del Cesena non ha provveduto, entro il termine del 7.7.2015, al ripianamento complessivo della carenza patrimoniale risultante dal parametro PA al 31.12.2014, di cui al Titolo I), par. I), lett. B), punto 1) del citato Comunicato Ufficiale, come comunicato con nota Co.Vi.So.C. del 25.6.2015; - la suddetta società ha documentato, in data 10 luglio 2015, il completamento del ripianamento della suddetta carenza patrimoniale mediante versamenti in c/aumento capitale per € 1.750.000,00 effettuati in data 9 luglio 2015 a seguito di delibera assembleare tenutasi in pari data. Resta, dunque, confermata, anzitutto, la mancanza di una puntuale indicazione delle ragioni per cui una o più delle poste utilizzate dal Cesena, alla data del 6.7.2015, per ripianare le perdite contestate dovessero essere ritenute non valide al punto da far ritenere non ripianate ovvero ripianate solo in parte le carenze patrimoniali registrate. Di contro, è proprio su tale produzione documentale che avrebbe dovuto focalizzarsi l’attenzione dell’organo requirente così come del giudice di prime cure, atteso che l’imputazione recepita nell’atto di deferimento fa riferimento ad una (presunta) fattispecie di illecito già consumata al 7.7.2015. Era, dunque, onere dell’organo requirente descrivere compiutamente, ed alla suddetta data, la consistenza della contestata omissione indicando l’ammontare del ripianamento non eseguito e le ragioni della pretesa inconferenza delle operazioni fino a quel momento poste in essere dal Cesena. Né è possibile ricostruire, in via indiretta, le operazioni ritenute dalla Covisoc non idonee – e dunque le carenze ancora persistenti alla data del 7.7.2015 – utilizzando l’ulteriore proposizione contenuta nella nota in argomento, in cui si evidenzia come il completamento del ripianamento sia avvenuto solo in data 9.7.2015 per effetto di versamenti in c/aumento capitale per € 1.750.000,00. Ed, invero, appare di tutta evidenza come tale conferimento (per un ammontare di appena € 1.750.000,00 rispetto ad una carenza patrimoniale di ben 16.432.012,00 €) costituisca solo una quota parte del complessivo intervento di rifinanziamento, del quale, anche rispetto alla composizione offerta il 9.7.2015, positivamente valutata dalla Covisoc, continuavano a far parte, come concorrenti modalità di ripianamento, sia il saldo attivo della campagna trasferimenti che le operazioni di trasformazione di crediti verso l’A.C. Cesena S.p.a., prima rilevati dai soci e poi vincolati, per effetto di dichiarazione negoziale, in finanziamento soci postergato ed infruttifero. In ragione di ciò, ed in applicazione di elementari canoni di coerenza logica, sembrerebbe doversi inferire dalla nota in argomento che l’organo di controllo non abbia escluso, in apicibus, l’astratta attitudine della tipologia di operazioni poste in essere dal Cesena (id est saldo attivo della campagna trasferimenti ed operazioni di trasformazione di crediti già esistenti verso l’A.C. Cesena S.p.a. in forme di finanziamento soci postergato ed infruttifero) ad integrare forme di finanziamento consentite alla stregua del sopra richiamato comunicato ufficiale. Lo stesso positivo vaglio espresso rispetto alla documentazione trasmessa il 9.7.2015, che pur contemplava l’utilizzo dei medesimi schemi negoziali, consente di escludere, in radice, ogni diversa opzione ermeneutica. Resta, dunque, come unica opzione praticabile quella di ritenere che la Covisoc abbia reputato non idonee, ed in base ad una valutazione effettuata in concreto, solo alcune delle transazioni negoziali riconducibili al genus di operazioni suindicato. Tale conclusione, però, non è comunque di giovamento ai fini della ricostruzione degli specifici contenuti dell’omissione addebitata al Cesena perché mancherebbe, anche in siffatta evenienza, l’indicazione delle singole, specifiche transazioni negoziali, in via di mera tesi, ritenute carenti e l’esplicitazione delle relative ragioni a sostegno della pretesa invalidità. Le divisate lacune e contraddizioni sono poi confluite, addirittura amplificandosi, nell’imputazione compendiata nell’atto di deferimento che recepisce, in via di mera sintesi, le risultanze, già di per se stesse incomplete ed equivoche, della nota Covisoc sopra passata in rassegna. Ed, invero, l’atto di deferimento esaurisce il contenuto della contestazione nella seguente formula “..per non aver provveduto, entro il termine del 7.7.2015, al ripianamento complessivo della carenza patrimoniale risultante dal parametro PA al 31.12.2014”. Già a prima lettura appare di tutta evidenza la genericità dell’imputazione, fatta palese dalla mancata quantificazione, rispetto all’ammontare iniziale della carenza patrimoniale risultante dal parametro PA al 31.12.2014 (pari a € 16.432.012,00), delle carenze asseritamente non ripianate, che non vengono in alcun modo evidenziate e che non è evidentemente possibile ricostruire, limitandosi l’imputazione qui in rilievo a contestare, in modo evidentemente non appagante, il mancato “..ripianamento complessivo..”. Inoltre, nell’atto di contestazione, che sembra del tutto prescindere dagli adempimenti posti in essere dal Cesena alla data del 6.7.2015, alcun cenno vi è alla presunta invalidità, in tutto o in parte, per tipologia di schemi negoziali utilizzati ovvero per altre ragioni di forma e di contenuto, delle operazioni utilizzate dal Cesena per il ripianamento delle carenze patrimoniali effettuate, entro il 7.7.2015, in riscontro alle sollecitazioni della Covisoc. Le richiamate carenze strutturali dell’atto di deferimento non trovano, infine, composizione, come sopra già ampiamente evidenziato, nella documentazione ad esso allegata, di cui anzi mutuano il già rilevato deficit informativo. Orbene, all’interno della descritta, lacunosa cornice di riferimento, non è di certo consentito all’organo giudicante completare, sulla scorta di una propria soggettiva lettura dei fatti di causa, la descrizione dell’imputazione, individuando direttamente, nel ventaglio delle opzioni alternative astrattamente praticabili, la condotta in addebito ed incentrando su di essa le proprie valutazioni. Ed in tale non condivisibile metodica sembra giustappunto essere incorso l’organo di prime cure che, pur in assenza di puntuali indicazioni desumibili dall’atto di deferimento e dalle risultanze di causa, ha qualificato come non idonee le operazioni poste in essere dal Cesena consistenti in “acquisto e cessione di crediti (in parte neppure iscritti al bilancio 2014) e trasformazione di essi in finanziamento infruttifero dei soci”, ritenendo che “Questa valutazione assorbe ogni altra questione, pur sussistente, sulla effettività e tempestività delle dedotte operazioni”. E ciò sul presupposto che “allorché il titolo I) par I) lett. B punto 1 sub a) del Com. Uff. n. 238/A del 27.4.2015 fa riferimento a "finanziamenti postergati e infruttiferi dei soci' quale strumento per provvedere al richiesto ripianamento, si riferisce solo a effettivi conferimenti finanziari dei soci che immettano capitale nella Società”. Non è, infatti, dato comprendere da dove il giudice di prime cure abbia rilevato nell’atto di deferimento e negli atti di causa: - che la contestazione covisoc, poi confluita nell’atto di deferimento, facesse riferimento proprio alle operazioni sopra descritte. Tanto più che le medesime operazioni sono state successivamente validate, almeno in parte, siccome utilizzate dal Cesena per il ripianamento delle carenze patrimoniali, come da documentazione trasmessa il 9.7.2015; - che parte di tali operazioni (nemmeno individuate per quantum ovvero per singole transazioni ma genericamente indicate come in parte neppure iscritti al bilancio 2014) non fossero iscritte in bilancio; - che dovessero essere revocate in dubbio effettività e tempestività delle dedotte operazioni, senza peraltro chiarire i termini di tali rilievi. Vanno, dunque, condivise le censure mosse dai ricorrenti nella parte in cui si dolgono della genericità delle accuse lamentando, ex articolo 32 ter comma 4 C.G.S. e 2 comma 2 del Codice Coni, di non essere tuttora in grado di comprendere a quali operazioni si riferiscano e perché una o più operazioni sono state considerate non conformi ai fini del rilascio della licenza. E’, infatti, di tutta evidenza, come già sopra anticipato, che l’addebito contenuto nell’atto di deferimento abbia ricalcato pedissequamente la lettera della norma di riferimento, senza provvedere ad attualizzarne (tutti) gli elementi qualificanti ed omettendo di descriverne specificamente la condotta e gli altri elementi costitutivi in concreto verificatisi. Di contro, la specifica indicazione del fatto costituisce uno dei requisiti formali irrinunciabili dell’atto di deferimento, volto giustappunto a recepire la formalizzazione dell'enunciato che dovrà essere verificato nella dialettica delle parti davanti ad un organo decidente terzo (il cd. thema decidendum). Tale enunciato è dato dalla combinazione dell’astratta previsione normativa di un illecito con un concreto episodio di vita idoneo, nella prospettazione dell’organo d’accusa, ad integrare lo schema normativo di riferimento: la trama di vita cioè che, nell’impostazione dell’accusa, integra l’illecito. L’in sé dell’imputazione si coglie, dunque, nella descrizione del fatto storico qualificato giuridicamente secondo la traccia offerta dalla norma. E’ di tutta evidenza che, affinchè l'addebito sia sufficientemente differenziato, sì da consentirne l’apprezzamento nella sua unicità, si rende necessario descriverlo analiticamente: il quid ed il quomodo devono cioè essere riferiti con chiarezza e precisione. E’ questa, infatti, la pre – condizione irrinunciabile che, sul piano strutturale, consente all’atto di deferimento di assolvere, sul piano funzionale, alla sua intrinseca missione: la compiuta perimetrazione della successiva verifica dell’ipotesi accusatoria dinanzi ad un organo terzo. Dalla compiuta descrizione degli addebiti dipende, in definitiva, l’ammissibilità di un valido procedimento contenzioso, costituendo l’incolpazione la misura che governa, quale ineludibile paradigma di riferimento, ogni passaggio della successiva verifica giustiziale: dalla selezione delle prove ammissibili fino alla decisione finale che dovranno essere strettamente correlate all’incolpazione. D’altro canto, e sotto diverso profilo, appare di tutta evidenza che solo un’incolpazione chiara e precisa consente la piena espansione della garanzia del contraddittorio, precipitato tecnico dell’incomprimibile diritto di difesa che trova ampio riconoscimento anche all’interno dell’ordinamento federale. Non può, infatti, revocarsi in dubbio come l’atto di deferimento assolva, nell’economia della disciplina di settore, anche ad una funzione di garanzia nei confronti dell’incolpato consentendogli di orientare in modo utile le proprie difese rispetto al contenuto degli addebiti in esso compendiati. Appare, dunque, di tutta evidenza che, per il pieno conseguimento del fine cui è preordinato, l’atto di deferimento deve essere non generico ma contenere precisi riferimenti ad un’azione od omissione che deve, pertanto, essere chiaramente individuata e univocamente percepibile, nei suoi risvolti fattuali e giuridici, sia dall’incolpato che dall’organo decidente. I suddetti indefettibili predicati non sono, viceversa, riscontrabili, per tutte le ragioni suesposte, nel caso qui in rilievo. Occorre, in definitiva, prendere atto del fatto che, tanto rispetto all’atto di deferimento, che in via derivata rispetto alla decisione di prime cure, difettano quei requisiti descrittivi minimi che, sotto il profilo materiale e giuridico, consentono di individuare, in modo compiuto e sufficientemente intellegibile, la condotta in contestazione e la sua qualificazione giuridica in termini di illecito disciplinare. Tanto è sufficiente per l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento delle sanzioni inflitte. Per questi motivi la C.F.A. in accoglimento del ricorso come sopra proposto dalla società A.C. Cesena S.p.A. di Cesena annulla le sanzioni inflitte. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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