Decisione C.F.A. – Sezione IV : Decisione pubblicata sul CU n. 0114/CFA del 5 Giugno 2023 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il CR Veneto di cui al Com. Uff. n. 107 del 10.5.2023 e notificata in data 11.5.2023
Impugnazione – istanza: A.C.D. Oppeano/Procura Federale Interregionale
Massima: Il ricorso proposto dalla sola società e non anche dai tesserati è ammissibile. L’eccezione di inammissibilità del gravame e conseguente passaggio in giudicato in parte qua della decisione di I grado, perché appellata dalla sola società e non dagli atleti è infondata e come tale va respinta. Invero il CGS della Figc sul punto così dispone: la società ex art. 47, comma 2, CGS L'azione è esercitata soltanto dal titolare di una posizione soggettiva rilevante per l’ordinamento federale che abbia subito una lesione o un pregiudizio. ex art. 49, comma 1, CGS Sono legittimati a proporre ricorso innanzi agli organi di giustizia di primo grado e reclamo innanzi agli organi di giustizia di secondo grado, le società e i soggetti che abbiano interesse diretto al ricorso o al reclamo stesso. Per i ricorsi o i reclami in ordine allo svolgimento di gare, sono titolari di interesse diretto soltanto le società e i loro tesserati che vi hanno partecipato. Da ciò consegue che la società è pienamente legittimata ad agire ed impugnare la decisione, anche in relazione alle sanzioni che colpiscono i propri atleti e tesserati in quanto palesemente interessata alla fruizione sportiva dell’apporto dei 3 ragazzi per le partite successive alla squalifica disposta. D’altra parte i tempi strettissimi prescritti per le impugnazione, renderebbero anche più complesso raccogliere le firme dei genitori esercenti la potestà genitoriale, altrimenti richiesta ove non fosse applicabile il suddetto art 49, comma 1, CGS. La stessa Sezione della Corte Federale d’Appello ha così richiamato in una precedente pronuncia (N. 74/CFA/2019-2020): Oltre che al richiamo ai principi del giusto processo ex art. 44, comma 1, CGS, l’applicabilità delle norme del c.p.c. rinviene anche dal combinato disposto dell’art. 3, comma 2, CGS FIGC e dell’art. 2, comma 6, CGS CONI. Invero, la prima disposizione recita “Per tutto quanto non previsto dal Codice, si applicano le disposizioni del Codice CONI e la seconda che “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia sportiva conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”. Dalla disposizione del CGS CONI deriva che l’applicabilità del c.p.c. ha natura residuale (“Per quanto non disciplinato…”) e che tale applicabilità deve comunque confrontarsi, cedendo ad esso, con “..il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”. Venendo, allora, alle disposizioni del CGS FIGC, oltre all’art. 47, cha appare di carattere generale, trova applicazione l’art.49, comma 1, che legittima alla proposizione del ricorso o del reclamo “le società e i soggetti che abbiano interesse diretto al ricorso o al reclamo stesso” Al riguardo, appare alla Sezione che la disposizione, parlando di interesse diretto, non abbia riferimento esclusivo al solo interesse proprio ma a un interesse che può pure andare al di là del proprio, purché sia diretto; cioè, riguardi aspetti che incidono direttamente sulla società, sulla sua organizzazione, sulla sua attività sportiva. Se così è, come appare fondatamente sostenibile, c’è allora da chiedersi se la società abbia interesse diretto a non aver sanzionati i propri tesserati. A parere della Sezione, la risposta a tale quesito appare positiva. Invero, ogni società sportiva appare avere interesse diretto a che tutti i propri dirigenti svolgano la loro funzione nell’interesse dell’organizzazione della società e avere interesse diretto a che tutti i calciatori per la stessa tesserati svolgano la loro funzione al fine del migliore risultato sportivo. Di tal che, a titolo di meri esempi, l’inibizione al Presidente comporta la perdita della rappresentanza in ambito federale e la squalifica di un calciatore, magari del migliore, comporta un indebolimento della capacità della squadra. Ciò, pur valido per ogni settore e livello calcistico atteso che la disposizione non fa eccezioni, appare evidente nel settore dilettantistico o in quello di puro settore giovanile, nei quali le limitate capacità finanziarie o talvolta di cultura o di numero limitato di calciatori appaiono rendere più evidente il danno diretto che la società subisce dai provvedimenti sanzionatori che colpiscono i suoi tesserati., con inerente suo interesse diretto a chiederne la modificazione in ambito di giustizia sportiva, anche alla luce del carattere di informalità che a quest’ultima riconosce il CGS CONI. Da ultimo ma non per ultimo, violazioni quale quella di cui al presente procedimento comportano il deferimento e la sanzione della società quale inevitabilmente discendente dalla responsabilità dei suoi tesserati, trattandosi di responsabilità diretta e/od oggettiva. Onde, appare quasi evidente l’interesse proprio, prima ancora che diretto, della società a contestare in sede di giustizia sportiva la responsabilità dei propri tesserati, potendo, quindi, agire con ricorso o reclamo anche nel loro nome.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0099/CFA del 8 Maggio 2023 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale-Sezione Disciplinare di cui al Com. Uff. n 141 del 27.03.2023
Impugnazione – istanza: – Sig. A.T.- Procura Federale
Massima: Le dimissioni non producono effetto sull’interesse al reclamo…Assumendo su di sé la responsabilità “politica” della sciagurata nomina del Omissis, il reclamante T. ha rassegnato in data 18 dicembre 2022 le proprie dimissioni da Presidente dell’AIA, che sono state ratificate nella seduta del Consiglio Federale FIGC del giorno successivo. Tale circostanza può semmai valere a connotare la personalità del reclamante ma non consente di desumere il difetto di interesse all’azione, non sussistendo le condizioni che renderebbero la decisione nel merito del reclamo inutiliter data. Nel processo sportivo (art. 47 CGS) la legittimazione attiva è caratterizzata dalla presenza degli stessi requisiti che qualificano l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del reclamante e dall’effettiva utilità che potrebbe derivare a quest’ultimo dall’accoglimento del gravame. L’esistenza di un interesse individuale idoneo a legittimare l’impugnazione va quindi correlata al catalogo del diritto della persona, inteso nella sua più ampia accezione. Nel caso in esame, l’azione proposta è sorretta dall’interesse, appartenente all’ordine morale, a tutelare la reputazione professionale del reclamante, che chiede di rimuovere la portata mortificante della propria dignità, siccome lesa dalla sanzione ricevuta.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0098/CFA del 8 Maggio 2023 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare n. 0140/TFNSD-2022-2023 (registro proc. 0076/TFNSD/2022-2023) del 27/03/2023
Impugnazione – istanza: – Procuratore Federale/E.M., S.C., G.M., G.S.V. e D.O.
Massima: L’eccezione di inammissibilità del reclamo della procura federale alla CFA per difetto di interesse ad impugnare non è meritevole di accoglimento….La percezione del difetto di interesse all’impugnazione, in particolare, è generata dalla dichiarazione della Procura – nel prologo (o premessa) al vero e proprio atto di reclamo (p. 3 del reclamo) – di aver, come risulta dagli atti, proposto nella fase delle indagini l’archiviazione, ma di essere stata “sollecitata” al deferimento dalla richiesta pervenuta dalla Procura Generale, contrariamente al consolidato indirizzo della Procura Federale di ritenere «insussistente la potestà disciplinare degli organi di giurisdizione domestica in tutti quei casi come quello in esame in cui difetti la riferibilità o riconducibilità delle condotte ad un’attività propriamente sportiva»; ed inoltre dall’affermazione della Procura che «il presente gravame non deve apparire come un improvviso revirement sul punto ma piuttosto, stante il diverso parere della Procura Generale dello Sport, come una richiesta di ulteriore autorevole arresto sul tema che possa fungere da linea guida e indirizzo ermeneutico capace di orientare le scelte dell’Ufficio per i futuri atti di esercizio o meno dell’azione disciplinare di propria competenza». Anche l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse ad impugnare non è meritevole di accoglimento. Pur osservando che le affermazioni poco sopra riportate non sono tipiche di un atto di reclamo e possono indurre, come hanno indotto, le difese delle parti deferite ad eccepire prima il difetto di specificità dei motivi e poi il difetto di interesse ad impugnare, bisogna correttamente collocare le affermazioni poco sopra riportate. Esse in realtà, come lo stesso reclamo chiarisce, sono collocate in una vera e propria premessa al reclamo e costituiscono, come dichiara la Procura nel reclamo, soltanto un «prologo» volto a «ripercorrere sinteticamente il dipanarsi delle vicende processuali che hanno caratterizzato il procedimento disciplinare». Ferma la peculiarità della struttura del reclamo, l’interesse ad impugnare emerge però ben evidente dalle seguenti considerazioni. Al fine di valutare l’interesse ad impugnare bisogna tener conto della posizione assunta dalla parte nel precedente grado di giudizio e dell’esito di tale giudizio. L’interesse ad impugnare, infatti, si fonda, da un lato, sulla soccombenza in ordine a domande (nella specie l’atto di deferimento) o eccezioni proposte nel precedente grado di giudizio e, dall’altro, sulla richiesta, attraverso il mezzo di impugnazione, di un risultato – in un processo civile e non disciplinare si discorrerebbe di “bene della vita”, ma qui è più adeguato il più generico termine “risultato” – non ottenuto nel precedente grado di giudizio. Alla luce della precisazione appena compiuta, risulta chiaro l’interesse ad impugnare della Procura se si considera: a) che nel precedente grado di giudizio dinanzi al Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare la Procura aveva chiesto l’affermazione della responsabilità disciplinare dei soggetti deferiti in relazione ai fatti di cui all’atto di deferimento; b) che il Tribunale Federale Nazionale ha disatteso la richiesta dichiarando il difetto di giurisdizione; c) che la Procura ha impugnato la decisione di primo grado chiedendo, a questa Corte con l’atto di reclamo, di affermare la giurisdizione sportiva (o, se si preferisce, la competenza degli organi giustizia sportiva) e, di conseguenza, di annullare la decisione impugnata con rinvio al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 106, comma 2, C.G.S. (così da garantire il doppio grado di giudizio di merito). Ricorre dunque, senza dubbio alcuno, lo schema soccombenza-interesse ad impugnare per ottenere quanto non riconosciuto dal giudice di primo grado. Ciò è reso palese sia dall’incipit del reclamo, poco sopra ricordato (supra § 4.1.1.); sia dall’enunciazione del motivo di reclamo, così individuato: Violazione ed erronea applicazione degli artt. 1, 2 e 4, comma 1, del C.G.S. Erronea motivazione. Erronea valutazione dei presupposti relativi all’ambito di applicazione oggettivo e soggettivo del Codice di Giustizia Sportiva e conseguente erronea declaratoria di difetto di giurisdizione»; sia, infine, dalle conclusioni formulate dalla Procura. Né a sostegno della eccepita carenza di interesse ad impugnare possono essere invocate le decisioni del Collegio di Garanzia CONI richiamate dalla difesa del sig. E.M., che non si riferiscono all’interesse ad impugnare quanto, piuttosto, alla legittimazione a proporre ricorso o reclamo (cfr. le richiamate Collegio di Garanzia, Sez. I, 18 luglio 2018, n. 40, Collegio di Garanzia, Sez. I, 3 settembre 2018 n. 50) e talvolta, ma soltanto parzialmente, anche all’interesse al ricorso (peraltro affermando, conformemente alla posizione qui assunta da questa Corte, che nel configurare l’interesse ad impugnare rileva anche il profilo del vantaggio pratico e concreto – poco sopra indicato come il “risultato” – che può derivare dall’accoglimento dell’impugnazione, cfr. Collegio di Garanzia, Sez. I, 3 settembre 2018 n. 50). Allo stesso rilievo si espone la invocata violazione dell’art. 49, comma 1, C.G.S., che attiene, appunto, non già all’interesse ad impugnare ma alla legittimazione, che non è controversa ai fini dell’ammissibilità del presente giudizio di reclamo. 5. Ciò chiarito in ordine alle questioni pregiudiziali, si può ora passare all’esame del “merito” del reclamo, che coinvolge una questione qualificata – sia nella sentenza di primo grado, sia nel reclamo, sia negli atti difensivi – per lo più in termini di “giurisdizione” e di “difetto di giurisdizione” degli organi di giustizia sportiva. Non mancano però, soprattutto negli atti difensivi, notazioni in ordine all’assenza di una norma disciplinare che consenta di sanzionare la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità anche in rapporti non riferibili all’attività sportiva. In concreto si prospetta un difetto di giustiziabilità della pretesa disciplinare, per insussistenza della fattispecie che consenta di attribuire rilevanza disciplinare ad indubbie violazioni dei principi cardine dell’ordinamento sportivo, ma accadute al di fuori di «ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva» (cfr. art. 4, comma 1, C.G.S.). Tale prospettiva può far mutare la qualificazione della questione ora in esame, da questione di giurisdizione a questione di merito. È noto, infatti, che secondo la Corte di Cassazione il difetto di giustiziabilità della pretesa non configura una questione di giurisdizione ma di merito (cfr., rispetto al rapporto con la giustizia sportiva, Cassazione civile, sez. un., 16/01/2015, n.647; e, da ultimo ma in una materia diversa, Cassazione civile, sez. un., 05/09/2022, n. 26038). Un’affermazione che seppur compiuta rispetto alla giurisdizione statale (e dalla prospettiva del giudice statale), può essere applicata anche agli organi di giustizia sportiva, ma chiaramente mutatis mutandis (in particolare per la necessità di riferire la questione della giustiziabilità alla pretesa di sanzionare disciplinarmente condotte che senza dubbio violano radicalmente i principi di lealtà, correttezza e probità, ma siano state realizzate al di fuori di un rapporto riferibile all’attività sportiva). Alla luce di tali precisazioni, questa Corte intende subito evidenziare, seppure anticipando l’esito del giudizio (di seguito compiuto funditus), che nel decidere il caso in esame si potrà continuare a discorrere, per chiarezza della decisione qui assunta, di difetto di giurisdizione (o, qualora si sostenga la tesi del monopolio statale della giurisdizione, più genericamente di difetto di competenza degli organi di giustizia sportiva), ma con la precisazione che il difetto di giurisdizione (o di competenza) dipende dal difetto di giustiziabilità della pretesa disciplinare dinanzi agli organi di giustizia sportiva per mancanza di una fattispecie disciplinare sanzionatrice. In questo modo si esclude sin da ora il rischio di ritenere che l’ambito di autonomia dell’ordinamento sportivo in rapporto a quello statale comporti il difetto di giurisdizione della giustizia sportiva ogni volta che non sia possibile «l’effettiva riferibilità al contesto domestico del fatto oggetto dell’addebito disciplinare», come sembra sostenere la decisione di primo grado (v. infra § 5.2.2.). Non si tratta infatti, nel caso di esame, come meglio sarà chiarito in seguito nell’analisi dei motivi di reclamo e delle difese, del confine tra la giustizia sportiva e la giurisdizione statale o dei limiti dell’autonomia dell’ordinamento sportivo in rapporto all’autonomia dell’ordinamento statale, ma soltanto dell’assenza, almeno de iure condito, di una pretesa alla sanzione disciplinare che sia deducibile dinanzi agli organi di giustizia sportiva. Tale situazione può essere sintetizzata come difetto di giurisdizione (o di competenza), ma purché ne sia chiaro il concreto significato, lasciando pieno spazio a possibili diverse scelte de iure condendo, che non trovano, per quanto si dirà (infra §§ 5.2.2.), un ostacolo nell’ambito di autonomia proprio dell’ordinamento sportivo.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0041/CFA del 15 Dicembre 2021 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Liguria n. 32/TFT, pubblicata il 5 novembre 2021
Impugnazione – istanza: sig. M.S.
Massima: Il reclamo alla CFA proposto dal vicepresidente della società avverso la sua condanna emessa dal TFT che per l’effetto ha sanzionato anche la società a titolo di responsabilità diretta, produce effetti anche come reclamo per conto della società… La Corte Federale osserva, in primo luogo, che il reclamo è presentato dal signor M., ai sensi dell’art. 101 del CGS, senza che sia stato precisato che viene presentato anche per conto della società calcistica di cui, come evidenzia la decisione impugnata, ha la rappresentanza in qualità di Vicepresidente. Può comunque essere ammessa la domanda di annullamento dell’intera decisione del Tribunale sia perché si può assumere che l’interessato, in ragione della sua qualifica, abbia presentato il reclamo anche per conto della società ma ancor prima perché l’eventuale accoglimento del reclamo con riguardo alla condanna del signor M. comporterebbe la caducazione della condanna della società, la cui responsabilità non presenta un’autonoma consistenza rispetto alla responsabilità attribuita al Vicepresidente.
DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I : DECISIONE N. 62CFA del 6 Marzo 2020
Decisione Impugnata: Decisione n. 68/TFT–SS, 2019/2020, pronunciata dal Tribunale Federale Territoriale, assunta all’esito dell’udienza del 27.1.2020 e pubblicata il 28 Gennaio 2020
Impugnazione Istanza: A.S.D. OSTUNI 1945/PROCURA FEDERALE INTERREGIONALE
Massima: Il dirigente con poteri di firma può conferire incarico all’avvocato per la rappresentanza della società in giudizio. Si osserva, innanzitutto, che le associazioni dilettantistiche sportive, siano esse dotate di personalità giuridica ovvero configurate quali meri enti di fatto, possono stare in giudizio per mezzo del legale rappresentante o di coloro che sono autorizzati per statuto o in base all’atto costitutivo a rappresentare l’associazione. In assenza di una specifica norma sul punto è possibile richiamare, l’art. 75 c.p.c. ed i generali principi in tema di capacità e legittimazione processuale sia sotto il profilo della legittimazione a presentare reclamo che della possibilità di conferire al difensore un valido mandato ai fini della difesa in giudizio. Nel caso in esame, il reclamo risulta proposto da “….., in qualità di Dirigente Segretario per l’ASD Ostuni 1945 delegato a rappresentare la società sportiva” che “conferisce e nomina difensore di fiducia del presente procedimento, l’Avv. …, del foro di Brindisi”. Al rilievo di inammissibilità del reclamo formulato dalla Procura federale, il difensore della società sportiva, nel corso della discussione, ha rappresentato che risulta depositata presso la Lega-Comitato Regionale Puglia, ad inizio stagione, la delega di firma da parte del legale rappresentante, ai fini della iscrizione al campionato e che il segretario risulta tra i delegati alla firma. Tale delega, in quanto depositata presso il Comitato regionale e condizione per l’iscrizione al Campionato, è pertanto accessibile a chiunque vi abbia interesse. La Corte ritiene l’eccezione superabile sulla base delle seguenti considerazioni. Nel caso delle società sportive, intese, al di là della specifica forma giuridica adottata, quali “enti a struttura associativa” che svolgono l'attività sportiva del giuoco del calcio, condizione per l’affiliazione alla F.I.G.C. è data dalla presentazione, per il tramite dei rispettivi Comitati regionali, di apposita domanda, sottoscritta dal legale rappresentante e corredata tra l’altro dell’atto costitutivo dello statuto sociale e dell’elenco nominativo dei componenti oltre che dell'organo o gli organi direttivi (art. 15 delle N.O.I.F.). Per le società sportive dilettantistiche, inoltre, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. c) del D.Lgs. 23 Luglio 1999, n. 242, è istituito presso il CONI un apposito Registro pubblicato sul sito del Coni e liberamente accessibile da tutti gli interessati, da cui risultano sia le cariche rappresentative che le relative modifiche. In presenza di tale regime di pubblicità è possibile richiamare la giurisprudenza civile di legittimità che, con specifico riferimento alla rappresentanza processuale, ha operato una distinzione tra onere di indicazione della fonte del potere rappresentativo e onere della relativa dimostrazione. In particolare, le Sezioni Unite (SS.UU. sentenza 1 Ottobre 2007, n. 20596) hanno chiarito che, in tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall’atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa. Alla luce della giurisprudenza sopra richiamata, configura un onere per la parte che formula l’eccezione di difetto di rappresentanza processuale dare prova della carenza del difetto di rappresentanza della società. Nel caso di specie, pertanto - in cui la Procura si è limitata a formulare la relativa eccezione e, comunque, anche a fronte del principio di prova fornito dal difensore della società che ha rimandato ad atti che rientrano nella disponibilità della Lega e facilmente consultabili da chiunque - è possibile, in assenza di prova contraria e considerata anche la presenza in udienza del Presidente della Associazione reclamante, presumere l’esistenza, in capo al “dirigente segretario” che ha agito in nome e per conto dell’associazione sportiva reclamante, di poteri di rappresentanza processuale, oltre che il conseguente legittimo conferimento del mandato difensivo all’Avv. ….Quanto sopra, anche in ragione del carattere di maggiore informalità del processo sportivo (recentemente ribadito nella pronuncia a SSUU della Corte federale n. 55/2019-2020, del 4 Marzo 2020), nonché dell’ampia possibilità di sanare le irregolarità formali relative sia alla sottoscrizione dei ricorsi e dei reclami che alla eventuale delega, contemplata dall’art. 49 del C.G.S.
DECISIONE C.F.A. – SEZIONE III: DECISIONE N. 69CFA DEL 30/01/2019 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 006/CFA DEL 31 LUGLIO 2018
Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 72/TFN del 19.6.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DEL CALC. T.N. (ALL’EPOCA DEI FATTI TESSERATO PER LA SOCIETÀ POL. FIRENZE OVEST ASD) AVVERSO LE SANZIONI DELLA SQUALIFICA PER ANNI 2 E DELL’AMMENDA DI € 10.000,00 INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 10192/9 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 16.4.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ ASD GRASSINA AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 1.000,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 1 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 10192/9 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 16.4.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. Z.T.(ALL’EPOCA DEI FATTI CO-PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETÀ ASD GRASSINA) AVVERSO LE SANZIONI DELL’INIBIZIONE PER ANNI 1 E DELL’AMMENDA DI € 30.000,00 INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 10192/9 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 16.4.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. C.M.(ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETÀ ASD GRASSINA) AVVERSO LE SANZIONI DELL’INIBIZIONE PER ANNI 1 E DELL’AMMENDA DI € 30.000,00 INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 7 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 10192/9 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 16.4.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. C.P. (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETÀ POL. FIRENZE OVEST ASD) AVVERSO LE SANZIONI DELL’INIBIZIONE PER ANNI 2 E MESI 6 E DELL’AMMENDA DI € 35.000,00 INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 10192/9 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 16.4.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ POL. FIRENZE OVEST ASD AVVERSO LE SANZIONI DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO IN CLASSIFICA DEL CAMPIONATO S.S. 2017/18 E DELL’AMMENDA DI € 2.000,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 7, COMMA 2 E 4, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 10192/9 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 16.4.2018
Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. G.E. (ALL’EPOCA DEI FATTI ALLENATORE TESSERATO PER LA SOCIETÀ SESTESE CALCIO SSD ARL) AVVERSO LE SANZIONI DELLA SQUALIFICA PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE ALLA PERMANENZA NEI RANGHI FEDERALI OLTRE ALL’ULTERIORE SQUALIFICA DI MESI 6 E DELL’AMMENDA DI € 70.000,00 INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 7, COMMI 1, 2, 6 E 7 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA 10192/9 PF 17-18 GP/GT/AG DEL 16.4.2018
Massima: E’ inammissibile il reclamo della società firmato da persona inibita con lo stesso provvedimento impugnato.. Lo stesso, infatti, risulta formulato dalla società, “nella persona di M. C., non in proprio ma quale Presidente e Legale rappresentante della A.S.D. Grassina”; lo stesso Colucci, poi, ha provveduto a rilasciare e sottoscrivere la procura alle liti al difensore nominato. Poiché, tuttavia, al C. è stata irrogata con il provvedimento impugnato - immediatamente esecutivo - la sanzione dell’inibizione per anni uno (quindi sino al 19.6.2019), allo stesso, ai sensi dell’art. 19, comma 2, C.G.S., è fatto divieto fino alla predetta data di rappresentare la società medesima e di compiere per essa attività rilevanti per l’ordinamento sportivo. Secondo la costante giurisprudenza sul punto di questa Corte, pertanto, il proposto gravame va dichiarato inammissibile per difetto di rappresentanza.
DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I : DECISIONE N. 62CFA del 6 Marzo 2020
Decisione Impugnata: Decisione n. 68/TFT–SS, 2019/2020, pronunciata dal Tribunale Federale Territoriale, assunta all’esito dell’udienza del 27.1.2020 e pubblicata il 28 Gennaio 2020
Impugnazione Istanza: A.S.D. OSTUNI 1945/PROCURA FEDERALE INTERREGIONALE
Massima: E’ inammissibile il ricorso proposto dalla sola società con il quale si impugna la sanzione inflitta anche al presidente…Sebbene nelle conclusioni del reclamo si chieda genericamente alla Corte Federale adita, di annullare sia le sanzioni addebitate alla società a titolo di responsabilità oggettiva (di un punto di squalifica e di ammenda) che quella (di inibizione) irrogata personalmente al …, il reclamo risulta proposto dalla sola società come sopra rappresentata. Si riscontra, in tal caso, un difetto di legittimazione, intesa come carenza di legitimatio ad causam - consistente, per consolidato orientamento giurisprudenziale, nella titolarità del potere di promuovere un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato secondo la prospettazione offerta dall'attore ed indipendentemente dalla effettiva titolarità (dal lato attivo o passivo) del rapporto stesso (ex multis, Cass. civ. Sez. III, Sent., 2012, n. 2091; Cass. 23 Novembre 2005, n. 24594, Cass., 7 Ottobre 2005, n. 19647; Cass., 3 Luglio 1999, n. 6894) - in quanto la società reclamante non è titolata ad agire in nome e per conto del Presidente per le sanzioni al medesimo irrogate a titolo personale in conseguenza delle violazioni addebitate e riscontrate in primo grado. Il richiamo ai principi del giusto processo di cui all’art. 44, comma 1, del C.G.S, consentono di considerare applicabili al processo sportivo anche i generali principi ricavabili dall’art. 81 c.p.c. che, nel sancire che, al di fuori dei casi previsti dalla legge, nessuno può agire in giudizio per far valere in nome proprio un diritto altrui, stabilisce la necessaria coincidenza tra il soggetto titolare del diritto fatto valere in giudizio e il soggetto legittimato ad agire in giudizio per la tutela del diritto stesso. Inoltre, l’art. 47 del CGS, rubricato “Diritto di agire innanzi agli organi di giustizia sportiva”, ribadisce, in termini chiari, il principio dell’interesse ad agire per cui l’azione è esercitata soltanto dal titolare di una posizione rilevante per l’ordinamento federale che abbia subito una lesione o un pregiudizio. Nel caso in esame, con riferimento alle sanzioni irrogate al Presidente della società, si riscontra la mancanza di entrambe le condizioni, sia dal punto di vista del difetto della necessaria identità tra chi esperisce l’azione e colui al quale la legge riconosce il potere di proporla sia della carenza di interesse ad ottenere la tutela giurisdizionale richiesta. D’altra parte, non è meritevole di seguito la considerazione del difensore dell’Associazione reclamante che, nel rispondere all’eccezione formulata in udienza dal rappresentante della Procura federale, ha addotto, quale impossibilità per il Calò di proporre reclamo per quanto di proprio interesse, lo stato di inibizione in cui versa il medesimo in conseguenza della sanzione irrogata (inibizione per sei mesi). Tale status, infatti, se ai sensi dell’art. 8 del C.G.S. è ostativo all’esercizio dei poteri conferiti in ambito associativo, e comporta, tra l’altro, il divieto di rappresentare la società di appartenenza in attività rilevanti per l’ordinamento sportivo nazionale e internazionale (art 8, lett. a), del CGS), per contro, non può essere ritenuto di impedimento, per il soggetto sanzionato, ad esperire i necessari mezzi di reclamo presso i competenti Organi di giustizia sportiva al fine di ottenerne la relativa riforma o l’annullamento, in conformità ai principi del giusto processo richiamati dal vigente Codice di Giustizia sportiva ed i virtù del superiore interesse alla difesa in giudizio espresso, anche a livello costituzionale, dall’art. 24 Cost. Di qui l’inammissibilità del reclamo quanto alla sanzione di sei mesi di inibizione inflitta al Sig. …
Decisione C.F.A.: C. U. n. 65/CFA del 06 Dicembre 2017 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 12/TFN del 27.9.2017
Impugnazione – istanza: RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECISIONE PRONUNCIATA NEI CONFRONTI DEL SIG. P. V.(ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL COMITATO REGIONALE CAMPANIA – LND) SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 17 C.G.S. - NOTA N. 734/1037 PF16-17 GP/CS/GB DEL 24.7.2017 - RICORSO DEL SIG. P. V. (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL COMITATO REGIONALE CAMPANIA - LND) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 18 INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 17 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 734/1037 PF16-17 GP/CS/GB DEL 24.7.2017 - RICORSO DELLA LND EX ART. 42 C.G.S. AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLA SANZIONE INFLITTA AL SIG. V. P. PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 17 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 734/1037 PF16-17 GP/CS/GB DEL 24.7.2017
Massima: E’ inammissibile il ricorso proposto dalla LND con il quale intende contestare la decisione di primo grado, nella parte in cui essa, pur accogliendo, nella sostanza, l’impostazione accusatoria, ha riqualificato la natura dell’illecito e ha determinato la misura della sanzione applicata al P. in soli diciotto mesi, disattendendo le richieste della Procura, volte all’applicazione della sanzione della inibizione per cinque anni, accompagnata dal divieto di ricoprire cariche dirigenziali (preclusione da ogni rango e/o categoria della FIGC)…Il Collegio osserva al riguardo, che nel sistema della giustizia sportiva sanzionatoria, il rapporto processuale è caratterizzato, allo stato, da una chiara e tipizzata delimitazione dei soggetti legittimati a partecipare al giudizio. Il processo sportivo finalizzato all’accertamento di illeciti, infatti, è incentrato sulla dialettica – tipicamente bilaterale - tra l’esercizio dell’azione disciplinare, di cui è titolare esclusiva la Procura Federale, e lo svolgimento della difesa dei soggetti destinatari delle sanzioni e tenuti all’osservanza degli obblighi previsti dalla normativa di riferimento. Secondo il disegno normativo, quindi, il rapporto collegato all’applicazione dell’illecito non comprende la partecipazione di altri soggetti, siano essi altri tesserati vittime dei comportamenti illeciti sanzionati, oppure organi istituzionali dell’ordinamento sportivo. In questo senso, non è sufficiente il riferimento alla previsione dell’art. 3 dello Statuto della Lega ND, che pure definisce in senso molto ampio gli scopi dell’organismo, anche in funzione di tutela di ogni interesse collettivo di natura patrimoniale e non facente capo alle diverse società associate, e alle connesse disposizioni regolamentari. L’ampia e approfondita disamina della disciplina, prospettata dalla LND nel proprio atto di appello sottolinea correttamente il rilievo delle funzioni assegnate alla Lega e il conseguente danno di immagine correlato all’illecito contestato al Pastore, ma non altera il punto centrale riguardante l’individuazione degli strumenti processuali che l’ordinamento della giustizia sportiva prevede per sanzionare gli illeciti commessi dai tesserati. Nell’ambito di queste coordinate di fondo, è ipotizzabile che i comportamenti censurati con l’azione disciplinare siano idonei ad incidere, talvolta anche in modo assai significativo, sugli interessi sostanziali propri di altri soggetti dell’ordinamento sportivo e, in particolare, proprio sulle prerogative di organi istituzionali del sistema, quali le Leghe facenti parti della Federazione, titolari dell’interesse al regolare svolgimento delle competizioni sportive da esse organizzate e gestite. Ma questa circostanza, da sola, non basterebbe a giustificare il riconoscimento di un potere di iniziativa processuale, volto a rinnovare, in sede di appello, il deferimento proposto dalla Procura in primo grado. La LND, infatti, deduce che la condotta addebitata al P. abbia minato profondamente il funzionamento del Campionato e la credibilità degli stessi vertici della Lega. Da ciò discenderebbe il suo interesse a sostenere e coltivare l’azione disciplinare intrapresa dalla Procura, anche mediante l’impugnazione della sentenza di primo grado, che non ha accolto integralmente il deferimento, applicando una sanzione di gran lunga inferiore a quella richiesta dall’organo accusatorio. Ma, appunto, l’effetto dannoso dell’illecito disciplinare non potrebbe fondare, di per sé, alcuna speciale legittimazione processuale. Dal punto di vista meramente fattuale, riguardante la ricognizione degli interessi in gioco l’impostazione logica indicata dalla Lega è astrattamente percorribile. Sul piano giuridico, tuttavia, non possono essere alterati i principi cardine della giustizia sportiva, secondo cui la titolarità dell’azione disciplinare spetta esclusivamente alla Procura. In capo agli organi federali e delle altre istituzioni dell’ordinamento sportivo, resta ferma, ovviamente, la facoltà (e in molti casi il dovere) di segnalare eventuali illeciti e di contribuire, sul piano istruttorio, a delineare le conseguenze dannose di determinate condotte contrarie ai doveri sanciti dalla normativa. Questa facoltà di impulso, tuttavia, non può tradursi in una legittimazione ad agire in giudizio, esercitando poteri fisiologicamente intestati all’organo inquirente e requirente della giustizia sportiva. D’altro canto, nella concreta dinamica dell’effettuazione delle indagini e delle eventuali azioni disciplinari, la Procura adotta linee di condotta che valorizzano costantemente il ruolo delle “parti offese” dagli illeciti, tanto più quando esse esprimono interessi generali del movimento sportivo nel suo complesso. Detto potere di supporto e di sollecitazione – si ripete - non potrebbe mai tradursi, tuttavia, nella attribuzione della titolarità di una sorta di azione “surrogatoria”, diretta a sopperire alla eventuale carenza di iniziativa della Procura, né nella affermazione di una straordinaria legittimazione alla impugnazione delle decisioni del giudice sportivo che respingono, in tutto, o in parte, le ipotesi accusatorie formulate con il deferimento e i successivi atti della Procura. A tale riguardo, infatti, si deve evidenziare che l’esclusività del potere di iniziativa sanzionatoria compete in via esclusiva alla Procura, in relazione a tutti i gradi del giudizio. Non sarebbe in alcun modo sostenibile la tesi secondo cui, una volta esercitata l’azione in primo grado, qualsiasi soggetto interessato, titolare di una situazione giuridica differenziata lesa dalla commissione dell’illecito, potrebbe sollecitare lo sviluppo procedimentale del giudizio accusatorio nei successivi gradi del processo. Del resto, costituisce un criterio generale di ogni processo quello secondo cui (fatta eccezione per tassative ipotesi di opposizione di terzo o di impugnazioni straordinarie nell’interesse della legge) sussiste una piena corrispondenza tra la legittimazione all’azione di primo grado e quella alla impugnazione. Sicché, le regole del codice di giustizia sportiva che, eccezionalmente, prevedono l’appello di altri soggetti estranei al giudizio di primo grado, non sono suscettibili di interpretazione estensiva o analogica. Va aggiunto che, allo stato, non è esportabile nel processo sportivo la disciplina dell’azione civile innestata nel giudizio penale. Pertanto, l’asserita plurioffensività della condotta illecita dell’incolpato, seppure astrattamente plausibile, nella parte in cui evidenzia il rilievo delle conseguenze dannose provocate, non risulta idonea a determinare conseguenze sul piano delle regole processuali dell’appello. Eventuali ragioni di responsabilità intersoggettiva, attinenti alla lesione di interessi economici, personali, o morali riferibili alla Lega o ad altre istituzioni Federali potranno trovare ingresso in altre sedi procedimentali, ma non assumono diretto rilievo nel giudizio disciplinare. È appena il caso di osservare, comunque, che la regolamentazione attualmente vigente per la legittimazione nel processo sportivo disciplinare non appare manifestamente illogica o lesiva di superiori principi processuali generali. Infatti, la tipizzazione e delimitazione soggettiva dell’azione disciplinare determina una opportuna semplificazione dell’iter procedimentale, assicurandone la rapidità e l’efficacia. Di contro, una dilatazione delle parti del giudizio alimenterebbe il contenzioso, complicandone lo svolgimento veloce e puntuale e determinerebbe una sovrapposizione inopportuna tra i conflitti intersoggettivi e la repressione degli illeciti. Da ultimo, occorre stabilire se, appurato il difetto di legittimazione attiva della Lega, anche in relazione alla proposizione dell’appello, la sua iniziativa processuale possa essere convertita in un legittimo intervento processuale “ad adiuvandum”, considerando che la Procura Federale ha contestualmente - e tempestivamente - proposto appello avverso la decisione di primo grado, formulando richieste del tutto corrispondenti a quelle della Lega.
Massima: Il Collegio ritiene che debba considerarsi inammissibile anche il mero intervento, per ragioni di carattere letterale e per motivi di ordine sistematico. Sul piano letterale, è sufficiente osservare che il giudizio disciplinare non prevede alcuna forma di allargamento del contraddittorio a parti diverse da quelle necessarie, né in primo, né in secondo grado. Il rinvio esterno compiuto dal codice di giustizia sportiva alla disciplina processuale statale vale solo per le regole compatibili e tra queste non possono annoverarsi le disposizioni concernenti l’allargamento dei protagonisti del rapporto disciplinare, necessariamente chiuso, per le ragioni esposte in precedenza. Dal punto di vista sistematico, poi, appare pienamente coerente l’impostazione seguita dal codice di giustizia sportiva, che intende preservare la linearità dell’azione disciplinare, evitando ogni possibile contaminazione con ulteriori conflitti “orizzontali” tra i tesserati (gli incolpati e le “vittime” degli illeciti). Altrettando logica risulta l’opzione di non inserire nel giudizio disciplinare le possibili contrapposizioni “verticali” tra gli organi federali e gli incolpati. Orbene, non vi è dubbio che la L.N.D. abbia o possa avere interesse all’esito del presente procedimento, ma altrettanto certo è che lo stesso non riverte natura di interesse giuridico qualificato e differenziato, come tale idoneo a consentire la partecipazione al procedimento e, segnatamente, per quel che in particolare qui rileva, a configurare una generale potestà d’impugnazione. Ciò detto in via generale, occorre, poi, osservare, con riferimento al caso di specie, che coglie nel segno la difesa del dott. P.quando eccepisce carenza di legittimazione ad impugnare da parte della L.N.D. Infatti, in virtù del combinato disposto delle norme di cui agli artt. 41, comma 7. CGS («I terzi portatori di interessi indiretti di cui all'art. 33, comma 3, che non abbiano esercitato la facoltà di reclamo, possono, prima dell'apertura del dibattimento, rivolgere istanza al Tribunale Federale per essere ammessi a partecipare al dibattimento. Il tribunale federale decide sull'istanza subito dopo l'apertura del dibattimento stesso. La reiezione dell'istanza per carenza di interesse non pregiudica la proponibilità dell'appello e la partecipazione al giudizio di seconda istanza») e 42 CGS («L'appello è proponibile dalle parti interessate, dalla Procura federale, dai terzi che abbiano un interesse, anche indiretto. Si applicano in quanto compatibili, le norme stabilite per il procedimento di prima istanza»), la L.N.D. non essendo parte del giudizio e non avendo proposto apposita istanza in prime cure, è priva di legittimazione ad impugnare. La decisione del TFN, oggetto di gravame, non è stata resa nei confronti della L.N.D. Del resto, il potere impugnatorio richiede e presuppone uno specifico interesse ad agire, indissolubilmente connesso alla soccombenza, ossia alla circostanza che sia stata accolta una domanda dell’avversario o sia stata rigettata una domanda propria. È, infatti, dalla soccombenza nel giudizio che promana un concreto pregiudizio che qualifica l’interesse a ricorrere della parte. In altri termini, soltanto chi è stato parte del giudizio o il soggetto nei confronti del quale è stata resa una decisione ha la potestà di impugnare la stessa, laddove dalla esecuzione della stessa possa derivarne un pregiudizio. Ebbene, la Lega non è mai stata, né doveva essere, parte del procedimento che la Procura federale ha correttamente instaurato nei confronti del deferito dott. P.. Sotto diverso più ampio profilo, poi, in via incidentale, deve osservarsi come, riconoscere un generico, quanto generalizzato potere di impugnativa delle Leghe, significherebbe, peraltro, far correre il rischio di minare quei principi di indipendenza ed autonomia degli organi di giustizia sportiva, affermati e ribaditi dallo stesso Ordinamento federale, che, già nello Statuto, all’art. 33, dispone che «Gli organi di giustizia sportiva agiscono in condizioni di piena indipendenza, autonomia, terzietà e riservatezza», come anche dall’Ordinamento sportivo nel suo complesso considerato (v., in tal senso, ad esempio, l’art. 3 dei Principi fondamentali degli Statuti delle Federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, secondo cui, «Gli Statuti devono prevedere la distinzione ed elencazione degli organismi federali ed indicare la separazione tra i poteri di gestione sportiva e di gestione della giustizia sportiva» e l’art. 3, comma 3, CGS CONI che così recita: «Gli organi di giustizia sportiva agiscono nel rispetto dei principi di piena indipendenza, autonomia e riservatezza»). Per quanto sopra, quindi, l’appello della LND deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente estromissione di tale parte dal presente giudizio disciplinare.
Decisione C.F.A.: C. U. n. 59/CFA del 14 Novembre 2017 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 1 del 3.7.2017
Impugnazione – istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ CALCIO LECCO 1912 SRL AVVERSO LE SANZIONI: - PENALIZZAZIONE IN CLASSIFICA DI PUNTI 1 DA SCONTARE NEL PRIMO CAMPIONATO CUI SI ISCRIVERÀ NELL’EVENTUALE CASO DI RIPRESA DELL’ATTIVITÀ AGONISTICA; - AMMENDA DI € 1.500,00; INFLITTE ALLA RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 1 DEL C.G.S., IN ORDINE ALLA CONDOTTA ASCRITTA AL PROPRIO LEGALE RAPPRESENTANTE ALL’EPOCA DEI FATTI SIG. MEREGALLI SANDRO – NOTA N. 11917/777 PF 16-17 GP/GC/MG DEL 2.5.2017
Massima: La Corte, dichiara improcedibile il ricorso proposto dalla società in fallimento in considerazione del fatto che l’intervenuta revoca, nelle more del procedimento disciplinare, dell’affiliazione alla Federazione la priva di qualsiasi legittimazione processuale in ambito Federale, trattandosi di soggetto estraneo allo stesso.
Decisione C.G.F. Comunicato ufficiale n. 177/CGF del 30 Aprile 2009 n.2 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 237/CGF del 8 Giugno 2009. n. 2 www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 80/CDN del 23.4.2009
Impugnazione - istanza: Ricorso dell’A.S.D. Atletico Teramo avverso l’incongruità della sanzione inflitta alla società calcio a 5 2007 a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 4, comma 2 C.G.S. per responsabilità oggettiva nelle violazioni ascritte ai propri tesserati con nota n. 6148/872pf08-09/aa/ac del 7.4.2009
Massima: E’ inammissibile il ricorso alla CGF avverso la decisione della CDN proposto da una società terza rispetto alle parti nei cui confronti si è svolto il procedimento. Infatti, il soggetto terzo rispetto alle parti in causa può impugnare solo in caso di illecito sportivo (artt. 33 comma e 42 C.G.S.), caso che però non ricorre nella fattispecie.
Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n. 13/Cf del 23 maggio 2003 n. 2,3,4,5,6,7,8,9 - www.figc.it
Impugnazione - istanza:Ricorso del Genoa Cricket F.C. in relazione alla decisione della C.A.F. del 28.4.2003 in merito alla gara Catania/Siena del 12.4.2003. Ricorso della S. S. Calcio Napoli in relazione alla decisione della C.A.F. del 28.4.2003 in merito alla gara Catania/Siena del 12.4.2003. Ricorso del F.C. Hellas Verona in relazione alla decisione della C.A.F. del 28.4.2003 in merito alla gara Catania/Siena del 12.4.2003. Ricorso dell’A.C. Venezia 1907 in relazione alla decisione della C.A.F. del 28.4.2003 in merito alla gara Catania/Siena del 12.4.2003. Ricorso dell’A.S. Bari in relazione alla decisione della C.A.F. del 28.4.2003 in merito alla gara Catania/Siena del 12.4.2003. Ricorso del F.C. Messina Peloro in relazione alla decisione della C.A.F. del 28.4.2003 in merito alla gara Catania/Siena del 12.4.2003. Ricorso dell’Ascoli Calcio 1898 in relazione alla decisione della C.A.F. del 28.4.2003 in merito alla gara Catania/Siena del 12.4.2003. Ricorso dell’A.C. Siena in relazione alla decisione della C.A.F. del 28.4.2003 in merito alla gara Catania/Siena del 12.4.2003.
Massima: L’Ordinamento Federale non prevede il rimedio generale – né rimedio assimilabile nella funzione e nei presupposti – che il diritto comune predispone a favore del terzo negativamente influenzato da una pronuncia ormai passata in giudicato che abbia in concreto disposto di un suo diritto. (Nel caso attuale tale diritto consiste nel mantenimento della situazione di classifica anteriore, nella quale la Società occupava una posizione meno vantaggiosa e, come tale, meno capace di esporre la ricorrente al rischio della retrocessione nella serie inferiore).
Massima: Trova applicazione all’interno dell’ordinamento sportivo la nota giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 177 del 1995) che – nel ritenere indispensabile consentire al terzo, toccato dal giudicato amministrativo, di far valere le sue ragioni dotandolo di uno strumento equivalente a quello che, in altri processi, consente di soddisfare le medesime esigenze - ha dichiarato illegittime le norme in materia di giudizio davanti agli Organi di giustizia amministrativa nella parte in cui non prevedono l’esperibilità davanti ad essi dell’opposizione di terzo ordinaria di cui all’articolo 404 Cod. Proc. Civ.
Massima: Nelle more dell’adeguamento dell’Ordinamento Federale a quello comune in punto di previsione del rimedio impugnatorio dell’opposizione di terzo ordinaria, non può che essere la Corte Federale ad intervenire, esercitando l’indeclinabile coppia di funzioni rescindente – rescissoria nei confronti della decisione che ha determinato la reazione del terzo ritenutosi da essa pregiudicato ed attraendo davanti a sé la materia, cioè svolgendo la funzione di giudice dell’opposizione. Ché, se ciò non avvenisse e la Corte si limitasse alla generica enunciazione della necessità di colmare normativamente la lacuna, declinando qualsiasi concreto e possibile, alla luce della stessa formulazione del potere straordinario ex art. 32 comma 5, intervento volto ad assicurare l’effettiva delibazione della fondatezza del ricorso, verrebbe irrimediabilmente frustrata la portata garantista della norma. Essa sarebbe, infatti, relegata all’immeritato rango di inconcludenti declamazioni, ciò che è l’esatto contrario del disegno riformatore obiettivato nella norma in questione.
Massima: Si è ormai consolidata la giurisprudenza (v. per tutti, CdS, VI, 3 aprile 2002 n. 1854 e, obiter, C. Cost. n. 177/1995 cit.) che considera legittimato all’appello chi, pur non avendo rivestito la qualità di parte nel procedimento di primo grado, veda compromesso il proprio interesse dagli effetti della sentenza impugnata.
Massima: Sono ammissibili i ricorsi alla Corte Federale, ai sensi dell’art. 32 Cod. Giust. Sport, proposti in via principale da soggetti estranei (per non esserne, comunque, stati parte) al procedimento all’esito del quale fu pronunciato il provvedimento delle cui conseguenze pregiudizievoli essi chiedono alla Corte l’eliminazione. Ciò ad esempio si verifica quando dalla decisione si verificano effetti incidenti sulla configurazione della classifica.
Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 5/C Riunione del 21 Luglio 2003 n. 1/2/3/4/5/6/7/8/9/10/11/12/13 – www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Divisione Calcio a Cinque - Com. Uff. n. 487 del 16.6.2003
Impugnazione - istanza: Reclamo dell’A.S. Calcio a Cinque Martina avverso la sanzione dell’esclusione dal campionato di competenza, con assegnazione al campionato di serie C per violazione degli artt. 1 e 8 C.G.S., nonché del presidente sig. G.R. avverso la sanzione dell’inibizione per la durata di anni 3 e mesi 6 per violazione degli artt. 1 e 8 C.G.S., a seguito di deferimenti diversi della Procura Federale. Reclamo dell’A.S. Marigliano 94 Calcio a Cinque avverso la penalizzazione di 6 punti da scontare nella classifica del campionato 2003/2004, per responsabilità oggettiva nella violazione di cui all’art. 8 C.G.S. commessa dal suo presidente M.O., a seguito di deferimenti diversi dalla Procura Federale. Reclamo del calciatore B.P. avverso la sanzione della squalifica per anni 3 per la violazione degli artt. 1 e 8 C.G.S., a seguito di deferimenti diversi del Procuratore. Reclamo del calciatore S.A.H. avverso la sanzione della squalifica per anni tre per violazione degli artt. 1 e 8 C.G.S., a seguito di deferimenti diversi della Procura Federale. Reclamo del calciatore M.J.J. avverso la sanzione della squalifica per anni tre per violazione degli artt. 1 e 8 C.G.S., a seguito di deferimenti diversi della Procura Federale. Reclamo del calciatore B.A. avverso la sanzione della squalifica per anni tre per violazione degli artt. 1 e 8 C.G.S., a seguito di deferimenti diversi della Procura Federale. Reclamo della S.S. Real Scafati Calcio a Cinque avverso la sanzione della penalizzazione di 6 punti in classifica da scontare nella stagione sportiva 2003/2004, per responsabilità oggettiva nella violazione di cui all’art. 8 C.G.S. commessa dal calciatore M.J.J. a seguito di deferimenti diversi della Procura Federale. Reclamo del calciatore D.R. avverso la sanzione della squalifica per la durata di anni 5 e del divieto di accedere agli stadi in cui si svolgono manifestazioni calcistiche organizzate dalla F.I.G.C. per la durata di anni cinque, per violazione degli artt. 1 e 8 C.G.S., con la proposta al Presidente Federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., a seguito di deferimento della Procura Federale del 18.2.2003. Reclamo del calciatore R.D.O. avverso la sanzione della squalifica per anni tre per violazione degli artt. 1 e 8 C.G.S., a seguito di deferimenti diversi della Procura Federale. Reclamo dell’Intesa Calcio a Cinque avverso la sanzione della penalizzazione di punti sei da scontare nella stagione sportiva 2003/2004, per violazione dell’art. 8 C.G.S. commessa dal calciatore B.A., a seguito di deferimenti diversi della Procura Federale. Reclamo dell’A.S. Forst Palermo Futsal avverso le sanzioni della penalizzazione di n. 6 punti nella classifica del campionato 2003/2004 inflitte all’Intesa Calcio a Cinque ed alla S.S. Real Scafati per violazione dell’art. 8 C.G.S., a seguito di deferimenti diversi della Procura Federale. Reclamo della S.C. Afragola Calcio a Cinque avverso le sanzioni della penalizzazione di n. 6 punti nella classifica del campionato 2003/2004 inflitte all’Intesa Calcio a Cinque ed alla S.S. Real Scafati per violazione dell’art. 8 C.G.S., a seguito di deferimenti diversi della Procura Federale
Massima: Non può trovare accoglimento il reclamo promosso dalla società terza interessa che richiede l’aggravamento della sanzione nei confronti di altra società, quando non specifica i motivi in base ai quali ritiene incongrua la sanzione dei punti di penalizzazione, né precisa l’entità della sanzione ritenuta congrua o quanto meno i criteri utilizzabili per determinare una diversa e maggiore quantificazione della penalizzazione da infliggere alle Società incolpate.
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 13/C Riunione dell’11 novembre 2002 n. 1 – www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare del Comitato Provinciale Autonomo di Trento - Com. Uff. n. 14 del 3.10.2002
Impugnazione - istanza:Appello del calciatore B.R. avverso sanzioni a calciatori diversi in relazione alla gara Ortigara Grigno/Nordautovirtus del 25.7.2002, inflitte a seguito di deferimento del Procuratore Federale.
Massima: Il calciatore, quale parte offesa delle infrazioni asseritamente commesse da altri calciatori ai suoi danni, ai sensi dell’art. 29, comma 1, C.G.S., non risulta legittimato a proporre reclamo avverso le decisioni della Commissione Disciplinare assunte a seguito di deferimento del Procuratore Federale, con le quali sono stati assolti ovvero ritenuti non responsabili, per mancata identificazione, i calciatori presunti autori dell’atto di violenza.
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 3/C Riunione del 17-18 Luglio 2001 n. 30/31– www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 507 del 27.6.2001
Impugnazione - istanza:Appello della Reggina Calcio avverso le sanzioni inflitte all’Udinese Calcio, a suoi tesserati e a suoi calciatori, a seguito di deferimento del Procuratore Federale, per violazione dell'art. 1, comma 1, C.G.S. ed ai sensi dell’art. 6, comma 2, C.G.S. Appello della S.S.C. Napoli avverso le sanzioni inflitte all’Udinese Calcio, ai suoi tesserati e a isuoi calciatori, a seguito di deferimento del Procuratore Federale, per violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S. ed ai sensi dell’art. 6, comma 2, C.G.S.
Massima: E’ inammissibile il reclamo alla CAF, perché proposto al di fuori delle ipotesi degli artt. 23, 27 e 30 del Codice di Giustizia Sportiva, avverso la decisone della Commissione Disciplinare, da parte di una società estranea al giudizio disciplinare che chiede che il fatto, rubricato per la violazione dell’art. 1 C.G.S. venga sotto rubricato per la violazione di altra norma (art. 2 C.G.S.), con la conseguente applicazione di una sanzione maggiore a carico dei soggetti ritenuti responsabili all’esito del procedimento disciplinare. Infatti, l’art. 23 C.G.S., dopo aver stabilito che sono legittimati a proporre reclamo le società che abbiano interesse diretto al reclamo stesso, precisa, al comma 2 che per i reclami in ordine allo svolgimento di gare sono titolari di interesse diretto soltanto le società ed i loro tesserati che vi abbiano partecipato. Precisa inoltre, al comma 3, che “nei casi di illecito sportivo sono legittimati a proporre reclamo anche i terzi portatori di interessi indiretti, compreso l’interesse in classifica”. L’art. 30 comma 7 C.G.S. ribadisce anche che legittimati a rivolgere istanza alla Commissione Disciplinare per essere ammessi a partecipare al dibattimento sono solo i portatori di interessi indiretti ai sensi dell’art. 23 comma 3 C.G.S.
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 31/C Riunione del 10 maggio 2001 n. 4 – www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Divisione Calcio a Cinque - Com. Uff. n. 198 del 23.3.2001
Impugnazione - istanza:Appello del Procuratore Federale avverso decisioni a seguito di proprio deferimento a carico del C.U.S. Campobasso e tesserati diversi.
Massima: L‘appello del procuratore federale avverso la decisione della Commissione Disciplinare che ha assolto alcuni deferiti, non produce effetti nei confronti di coloro che sono stati, invece, condannati.
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 22/C Riunione del 10 febbraio 2000 n. 1, 2 – www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Puglia - Com. Uff. n. 16 del 25.11.1999
Impugnazione - istanza:Appello dell’Irium Sporting/Pro Carapelle avverso decisioni a seguito di deferimento del Procuratore Federale in relazione alla gara Irium Sporting/Pro Carapelle del 21.3.1999. Appello dell’Irium Sporting/Pro Carapelle avverso decisioni a seguito di deferimento del Procuratore Federale in relazione alla gara Irium Sporting/Pro Carapelle del 21.3.1999
Massima: Avverso la decisione della Commissione Disciplinare che ha sanzionato la società per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S., non può essere proposto appello da parte di una società estranea ai fatti (terza). Ciò in quanto essa è carente di interesse proprio relativamente al tipo e alla misura delle sanzioni inflitte (o non inflitte). Né un suo interesse può sorgere in relazione ad una ipotesi di illecito sportivo (che sola legittimerebbe l'intervento del terzo interessato), perché essa non è stata contestata, né appariva correttamente contestabile, in quanto la irregolarità della condotta dei calciatori è tipicizzata dal comma 1 dell'art. 1 C.G.S., non avendo attinenza con l'attività rivolta ad alterare lo svolgimento e il risultato di gare, prevista invece dall'art. 2 (e infatti, se riferita alla regolarità di svolgimento della gara in questione, avrebbe comportato le sanzioni previste dall'art 7 comma 5 lett. a C.G.S.).
Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 3/C Riunione del 27 luglio 1995 n. 6 – www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 196/C del 28 giugno 1995
Impugnazione - istanza: Appelli del Procuratore Federale e della S.S. Formia avverso decisioni a seguito di deferimento del Procuratore Federale medesimo a carico del Matera Sport S.p.A. e di tesserati vari per illecito amministrativo, di cui al Com. Uff. n 196/c del 28.6.1995 della Lega Professionisti Serie C.
Massima: E’ inammissibile l’appello da parte di una società portatrice di un interesse in classifica, che impugna la decisione della commissione disciplinare, che ha sanzionato in maniera meno grave la società concorrente, chiedendo l’applicazione dell'art. 3 comma 2 C.G.S. con la conseguente retrocessione della predetta società concorrente nel Campionato Nazionale Dilettanti. Ciò in quanto, ai sensi dell'art. 23 comma 3 C.G.S., l'interesse dedotto non riceve tutela nei casi di illecito amministrativo, e non legittima quindi l'impugnazione.