Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 058/TFN - SD del 25 Settembre 2023  (motivazioni) –

Impugnazione –  Istanza: Deferimento n. 982/816 pf 22-23 GC/CASM/ep del 10 luglio 2023, depositato il 12 luglio 2023, nei confronti del sig. F.D.P. - Reg. Prot. 14/TFN-SD

Massima: Il Tribunale Federale, dichiara la propria incompetenza funzionale in favore del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio – LND, cui rimette gli atti del procedimento, con salvezza dei diritti di prima udienza, in merito al deferimento dell’associato AIA, arbitro effettivo in forza alla Sezione AIA di Tivoli, per rispondere della violazione dell’art. 42 del Regolamento AIA, “per avere lo stesso, in data 12.3.2023, al termine della gara A.S.D. Belmonte Castello - A.S.D. Principato dei Colli valevole per il girone I del campionato di Prima Categoria del Comitato Regionale Lazio, nel mentre si dirigeva verso la propria autovettura per lasciare l’impianto sportivo, profferito all’indirizzo di sostenitori della società A.S.D. Belmonte Castello l’espressione “Siete proprio dei napoletani”; successivamente, nel mentre l’autovettura sulla quale aveva preso posto si allontanava dal predetto parcheggio, abbassava il finestrino ed effettuava all’indirizzo dei medesimi sostenitori dell’A.S.D. Belmonte Castello il cd. gesto del “dito medio” consistente nell’estendere il dito medio verso l’alto tenendo contemporaneamente strette alla mano le altre dita”…Il Tribunale ritiene sussistere la propria incompetenza a decidere il presente procedimento, essendo competente il Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio – LND. Come già evidenziato in precedenti decisioni (n. 190/TFNSD dell’1.6.2023, n. 47/ TFNSD del 12.9.2023 e n. 57/TFNSD del 21.09.2023) l’orientamento del Tribunale, dal quale non si crede sussistano ragioni per discostarsi, è quello di ritenere comunque applicabili, nelle fattispecie in cui deve essere valutata la condotta disciplinare tenuta da un associato AIA, anche alla luce dell’art. 62 del nuovo Regolamento AIA, gli artt. artt. 84 e 92 del CGS. Con la conseguenza che, laddove si sia in presenza, come nel caso di specie, di un procedimento a carico di un arbitro che esercita la propria attività a livello territoriale, la competenza a decidere è del Tribunale Federale Territoriale. Le motivazioni per cui, a parere del Tribunale, a fronte del nuovo articolo 62 del Regolamento AIA, che sottopone alla potestà disciplinare del TFN tutti gli associati AIA, a prescindere dalla territorialità o meno dell’attività esercitata, debbano continuare a trovare applicazione, in tema di competenza a giudicare gli associati AIA in ambito disciplinare, gli artt. 84 e 92 CGS, sono riportate nel precedente di questo Tribunale (decisione n. 57/TFNSD-2023-2024 del 21 settembre 2023), secondo cui: Il tema del riparto delle competenze a giudicare gli associati AIA in ambito disciplinare, tra gli organi di giustizia sportiva di livello nazionale e quelli di livello territoriale, successivamente alle modifiche apportate al Regolamento AIA, è stato già affrontato sia dal Tribunale Federale e sia dalla Corte Federale di Appello, con esiti opposti. Il contrasto interpretativo insorto tra i due organi di giustizia sportiva attiene, in particolare, al criterio da adottare per risolvere l’antinomia, venutasi a creare a seguito della modifica del Regolamento AIA, tra l’art. 62 di detto Regolamento, che prevede l’assoggettamento di tutti gli associati AIA esclusivamente alla potestà disciplinare degli organi giudicanti della FIGC di livello nazionale, e gli artt. 84 e 92 del Codice di Giustizia Sportiva, i quali, invece, operano, per ciò che concerne il riparto delle competenze, una distinzione tra Tribunale Nazionale e Tribunale Territoriale, a seconda se l’attività degli associati AIA sia svolta a livello nazionale o territoriale. Secondo il Tribunale, difatti, la suddetta antinomia deve risolversi facendo ricorso al criterio gerarchico delle fonti, che, quindi, determinerebbe la prevalenza e, pertanto, l’applicazione delle norme contenute nel Codice di giustizia sportiva (nella specie gli artt.84 e 92) rispetto alle norme contenute nel Regolamento AIA e, dunque, rispetto all’art. 62 dello stesso Regolamento. Secondo la Corte Federale di Appello, invece, l’antinomia tra le succitate norme deve risolversi applicando il criterio cronologico in virtù del quale lex posterior derogat priori, con la conseguenza che, essendo la fonte che ha riconosciuto la competenza del TFN a decidere sulle condotte degli associati AIA successiva nel tempo rispetto alle disposizioni del Codice di giustizia sportiva in questione, tale fonte debba prevalere sulle stesse, radicando, in tal modo, la competenza del Tribunale Nazionale Federale a decidere le vertenze disciplinari di tutti gli associati AIA, senza tener conto della territorialità o meno dell’attività svolta. 2. Ciò premesso, il Collegio ritiene di dover dare continuità all’orientamento espresso dal Tribunale con le decisioni n. 190/TFNSD dell’1.6.2023 e n. 47/ TFNSD del 12.9.2023. La Corte Federale di Appello, come innanzi detto, ritenendo applicabile il criterio cronologico, afferma la prevalenza dell’art. 62 Regolamento AIA rispetto agli articoli 84 e 92 CGS (cfr. decisione n. 9/CFA del 17.7.2023). La Corte, per giungere a tali conclusioni, parte da uno specifico presupposto: la equiordinazione tra il Codice di Giustizia Sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio Federale. In particolare, la Corte Federale di Appello sostiene sussistere tale equiordinazione tra il Codice di giustizia sportiva e il Comunicato ufficiale del Consiglio Federale n. 74/A, con il quale quest’ultimo manifesta la scelta di attribuire al Tribunale nazionale la competenza a decidere le controversie di tutti gli associati AIA. Nella succitata decisione, difatti, la Corte Federale di Appello afferma: per individuare tale gerarchia delle fonti nell’ordinamento sportivo federale occorrerebbe fare riferimento all’art. 2 dello Statuto F.I.G.C., rubricato «Principi fondamentali», il quale, al comma 6, prevede che «Le fonti dell’ordinamento federale sono nell’ordine: 1) lo Statuto federale; 2) le Norme organizzative interne federali, il Codice di giustizia sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio federale; 3) gli Statuti e i regolamenti delle Leghe, delle Componenti Tecniche, dell’AIA, del Settore Tecnico e del Settore Giovanile» (Corte sportiva d’appello nazionale, SS.UU., n. 90/2017/2018), là dove la disposizione statutaria evidenzia – con una scelta forse opinabile ma chiara – la equiordinazione tra Codice di giustizia sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio federale. Orbene, il comunicato ufficiale del Consiglio federale n. 74/A, nelle premesse, dispone: “ravvisata l’esigenza di prevedere che gli associati dell’AIA siano assoggettati esclusivamente alla potestà disciplinare degli Organi della FIGC con attribuzione delle funzioni disciplinari rispettivamente alla Procura federale FIGC e agli Organi Giudicanti della FIGC di livello nazionale di primo e secondo grado”. Appare evidente, pertanto, la scelta inequivoca del Legislatore federale, nell’assegnare “all’AIA il termine del 15 dicembre 2022, per adeguare il proprio Regolamento ai “Principi informatori dei Regolamenti della Associazione Italiana Arbitri”, di attribuire la competenza, in primo grado a “livello nazionale” e, quindi, al Tribunale federale nazionale. Senonché, a parere del Tribunale, non può ritenersi condivisibile la fonte (il CU n. 74/A del Consiglio federale) indicata e posta dalla Corte di appello in relazione al Codice di giustizia sportiva al fine di individuare quale norma sia da ritenere applicabile e, quindi, quale criterio della gerarchia delle fonti sia utilizzabile. La fonte da prendere in considerazione è, difatti, solo ed esclusivamente il Regolamento AIA e, in particolare, l’art. 62 di detto Regolamento. È tale norma, invero, che dispone, in contrasto con gli artt. 84 e 92 CGS, che gli associati AIA siano sottoposti alla potestà disciplinare del Tribunale Federale Nazionale. Come correttamente evidenziato dal Tribunale con la decisione n. 47 del 12.9.2023, il Regolamento AIA non viene emanato dal Consiglio Federale, bensì dalla stessa AIA. La circostanza che il Consiglio Federale detti i principi informatori cui le Leghe e l’AIA devono adeguarsi non può certo comportare una identificazione del Consiglio Federale con l’organo che ha emanato l’atto che recepisce tali principi, nella specie il Regolamento AIA. Il Consiglio Federale si limita ad approvare, successivamente all’emanazione, il Regolamento. Il comma 3 dell’art. 32 dello Statuto FIGC, difatti, recita: “L’AIA adotta i propri regolamenti che sono inviati alla FIGC, la quale valuta, per l’approvazione, la conformità alla legge, alle disposizioni del CONI e della stessa Federazione. In caso di mancata approvazione, la FIGC rinvia entro novanta giorni il regolamento all’AIA per le opportune modifiche, indicandone i criteri. Qualora l’AIA non intenda modificare il regolamento nel senso indicato, la FIGC o l’AIA possono sollevare il conflitto innanzi alla Corte federale di appello”. Né può ritenersi che attraverso tale approvazione si attribuisca al Consiglio Federale la paternità dell’atto. Come noto, difatti, e come meglio si specificherà in seguito, l’approvazione di un atto non rientra nella fase costitutiva dell’atto, ma serve esclusivamente ad attribuire all’atto stesso, una volta verificatane la legittimità, efficacia. In definitiva, la fonte dell’ordinamento sportivo da prendere in considerazione al fine della risoluzione dell’antinomia determinatasi a seguito dell’introduzione del nuovo Regolamento AIA è proprio tale ultimo atto. Nella scala gerarchica delle fonti dell’ordinamento sportivo detto atto è certamente subordinato rispetto al Codice di Giustizia Sportiva, con la conseguenza che il criterio da applicare al fine della risoluzione dell’antinomia determinatasi a seguito dell’introduzione del nuovo Regolamento AIA non è quello cronologico, non essendo le due fonti equiordinate, bensì quello gerarchico. In altri termini, utilizzando il criterio gerarchico, ossia l’unico a cui poter far ricorso non essendo le fonti in questione, come detto, equiordinate, ne consegue che le uniche norme applicabili in tema di competenza a decidere sugli illeciti disciplinari degli associati AIA sono gli artt. 84 e 92 CGS. 3. Il motivo per cui le uniche norme applicabili in tema di competenza a giudicare, sotto il profilo disciplinare, gli associati AIA sono quelle del Codice di giustizia sportiva, trova fondamento anche in ulteriori circostanze. In primo luogo, l’art. 33, comma 7, dello Statuto FIGC stabilisce che: “Le competenze degli Organi della giustizia sportiva e le relative procedure sono stabilite dal Codice di giustizia sportiva federale, in conformità con quanto previsto dai Principi di Giustizia Sportiva emanati dal Consiglio Nazionale del CONI e dal Codice della giustizia sportiva adottato dal CONI, nonché dalle disposizioni degli articoli 12 bis, 12 ter, 12 quater dello Statuto del CONI”. Alla luce di tale disposizione, ammettere la prevalenza dell’art. 62 del Regolamento AIA rispetto agli artt. 84 e 92 del CGS significherebbe consentire che una norma del Regolamento AIA possa incidere sulla materia processuale e sulla competenza degli organi di giustizia sportiva, ossia su questioni la cui disciplina è statutariamente riservata al Codice di Giustizia Sportiva. 3.1 Non solo. La circostanza che lo Statuto riservi al Codice di Giustizia Sportiva la disciplina delle competenze degli organi di giustizia sportiva consente di risolvere l’antinomia creatasi tra le succitate disposizioni in virtù anche di un ulteriore criterio risolutivo, diverso da quello gerarchico e cronologico: il criterio della competenza. Tale criterio, difatti, prevede che qualora l’ordinamento riservi ad una fonte la competenza a regolare una determinata materia, questa stessa fonte prevalga su ogni altra, a prescindere dal grado gerarchico di appartenenza e dal fattore cronologico. È evidente, dunque, che se lo Statuto riserva esclusivamente al Codice di Giustizia Sportiva la competenza a regolare la materia processuale e, in particolare, la competenza degli organi di giustizia sportiva, tale fonte debba prevalere sulle altre, sia che si tratti del Regolamento AIA sia che si tratti del Comunicato Ufficiale del Consiglio Federale. 4. Da ultimo, come correttamente evidenziato dal Tribunale federale nella decisione innanzi citata, lo Statuto del CONI, all’art. 7, comma 5, lettera L), prevede che la Giunta Nazionale di tale organismo: “l) approva, ai fini sportivi, gli statuti, i regolamenti per l’attuazione dello statuto, i regolamenti di giustizia sportiva e i regolamenti antidoping delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate, valutandone la conformità alla legge, allo Statuto del CONI, ai principi fondamentali, agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale, rinviandoli eventualmente entro il termine di novanta giorni alle Federazioni sportive nazionali ed alle Discipline sportive associate per le opportune modifiche”. A sua volta, il secondo comma dell’art. 27 dello Statuto FIGC, prevede che: “Il Consiglio Federale emana: le norme organizzative interne; il Codice di giustizia sportiva e la disciplina antidoping, da trasmettere alla Giunta nazionale del CONI, per l’esame di cui allo Statuto del CONI”. 4.1. Ne consegue che, laddove si volesse anche ammettere la possibilità per l’art. 62 del Regolamento AIA di incidere sulle norme del Codice di Giustizia Sportiva, addirittura disapplicandole, lo stesso avrebbe dovuto essere preventivamente sottoposto all’attenzione della Giunta Nazionale del CONI per la sua approvazione, come richiesto dall’art. 7 dello Statuto del CONI. La carenza di tale necessario e inderogabile passaggio rende la norma inefficace, con la conseguenza che le uniche norme di riferimento sono e restano quelle di cui agli artt. 84 e 92 del CGS. L’applicabilità degli artt. 84 e 92 CGS comporta la declaratoria di incompetenza di questo Tribunale per essere competente il Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio – LND, essendo contestata la responsabilità disciplinare di un arbitro che esercita la propria attività a livello territoriale.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 057/TFN - SD del 21 Settembre 2023  (motivazioni) –

Impugnazione –  Istanza: Deferimento n. 31332/661pf22-23/GC/SA/mg del 26 giugno 2023, depositato il 27 giugno 2023, nei confronti del sig. G.Z. - Reg. Prot. 208/TFN-SD

Massima: Il Tribunale Federale, dichiara la propria incompetenza funzionale in favore del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Veneto – LND, cui rimette gli atti del procedimento, con salvezza dei diritti di prima udienza, in merito al deferimento dell’associato AIA, Osservatore arbitrale iscritto alla sezione AIA di Bassano del Grappa, per le violazioni: dell’art. 42 n. 1 e n. 4 lett. d) del Regolamento AIA per aver, in data 1.02.2023, pubblicato sul social network “Facebook”, sulla pagina "Venetogol Calcio Dilettanti", pagina che conta venticinquemila iscritti e potenziali lettori, in commento al post titolato “Eccellenza: le decisioni del giudice. Plateola-Clivense è sub iudice" un post dal seguente contenuto: “Perdi 3 a 0 e ti attacchi a questa baggianata? (Tanto confermeranno il risultato) Ma questi si ritengono grandi senza rendersi conto di quanto sono piccoli. Va beh dai .... ricordatevi che se prima giocarci contro era un conflitto .... oggi diventa una guerra", in evidente violazione del divieto disposto dall’art. 42, n. 4, lett. d) del Regolamento AIA che vieta agli appartenenti alla classe arbitrale di “fare dichiarazioni pubbliche in qualsiasi forma, anche a mezzo siti internet, articoli di stampa, attività e collaborazioni giornalistiche o la partecipazione a gruppi di discussione, posta elettronica, forum, blog, social network o simili, che attengano le gare dirette e gli incarichi espletati da ogni associato” ed in mancanza di una espressa autorizzazione del Presidente dell’AIA.…Il tema del riparto delle competenze a giudicare gli associati AIA in ambito disciplinare, tra gli organi di giustizia sportiva di livello nazionale e quelli di livello territoriale, successivamente alle modifiche apportate al Regolamento AIA, è stato già affrontato sia dal Tribunale Federale e sia dalla Corte Federale di Appello, con esiti opposti. Il contrasto interpretativo insorto tra i due organi di giustizia sportiva attiene, in particolare, al criterio da adottare per risolvere l’antinomia, venutasi a creare a seguito della modifica del Regolamento AIA, tra l’art. 62 di detto Regolamento, che prevede l’assoggettamento di tutti gli associati AIA esclusivamente alla potestà disciplinare degli organi giudicanti della FIGC di livello nazionale, e gli artt. 84 e 92 del Codice di Giustizia Sportiva, i quali, invece, operano, per ciò che concerne il riparto delle competenze, una distinzione tra Tribunale Nazionale e Tribunale Territoriale, a seconda se l’attività degli associati AIA sia svolta a livello nazionale o territoriale. Secondo il Tribunale, difatti, la suddetta antinomia deve risolversi facendo ricorso al criterio gerarchico delle fonti, che, quindi, determinerebbe la prevalenza e, pertanto, l’applicazione delle norme contenute nel Codice di giustizia sportiva (nella specie gli artt. 84 e 92) rispetto alle norme contenute nel Regolamento AIA e, dunque, rispetto all’art. 62 dello stesso Regolamento. Secondo la Corte Federale di Appello, invece, l’antinomia tra le succitate norme deve risolversi applicando il criterio cronologico in virtù del quale lex posterior derogat priori, con la conseguenza che, essendo la fonte che ha riconosciuto la competenza del TFN a decidere sulle condotte degli associati AIA successiva nel tempo rispetto alle disposizioni del Codice di giustizia sportiva in questione, tale fonte debba prevalere sulle stesse, radicando, in tal modo, la competenza del Tribunale Nazionale Federale a decidere le vertenze disciplinari di tutti gli associati AIA, senza tener conto della territorialità o meno dell’attività svolta. 2. Ciò premesso, il Collegio ritiene di dover dare continuità all’orientamento espresso dal Tribunale con le decisioni n. 190/TFNSD dell’1.6.2023 e n. 47/ TFNSD del 12.9.2023. La Corte Federale di Appello, come innanzi detto, ritenendo applicabile il criterio cronologico, afferma la prevalenza dell’art. 62 Regolamento AIA rispetto agli articoli 84 e 92 CGS (cfr. decisione n. 9/CFA del 17.7.2023). La Corte, per giungere a tali conclusioni, parte da uno specifico presupposto: la equiordinazione tra il Codice di Giustizia Sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio Federale. In particolare, la Corte Federale di Appello sostiene sussistere tale equiordinazione tra il Codice di giustizia sportiva e il Comunicato ufficiale del Consiglio Federale n. 74/A, con il quale quest’ultimo manifesta la scelta di attribuire al Tribunale nazionale la competenza a decidere le controversie di tutti gli associati AIA. Nella succitata decisione, difatti, la Corte Federale di Appello afferma: per individuare tale gerarchia delle fonti nell’ordinamento sportivo federale occorrerebbe fare riferimento all’art. 2 dello Statuto F.I.G.C., rubricato «Principi fondamentali», il quale, al comma 6, prevede che «Le fonti dell’ordinamento federale sono nell’ordine: 1) lo Statuto federale; 2) le Norme organizzative interne federali, il Codice di giustizia sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio federale; 3) gli Statuti e i regolamenti delle Leghe, delle Componenti Tecniche, dell’AIA, del Settore Tecnico e del Settore Giovanile» (Corte sportiva d’appello nazionale, SS.UU., n. 90/2017/2018), là dove la disposizione statutaria evidenzia – con una scelta forse opinabile ma chiara – la equiordinazione tra Codice di giustizia sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio federale. Orbene, il comunicato ufficiale del Consiglio federale n. 74/A, nelle premesse, dispone: “ravvisata l’esigenza di prevedere che gli associati dell’AIA siano assoggettati esclusivamente alla potestà disciplinare degli Organi della FIGC con attribuzione delle funzioni disciplinari rispettivamente alla Procura federale FIGC e agli Organi Giudicanti della FIGC di livello nazionale di primo e secondo grado”. Appare evidente, pertanto, la scelta inequivoca del Legislatore federale, nell’assegnare “all’AIA il termine del 15 dicembre 2022, per adeguare il proprio Regolamento ai “Principi informatori dei Regolamenti della Associazione Italiana Arbitri”, di attribuire la competenza, in primo grado a “livello nazionale” e, quindi, al Tribunale federale nazionale. Senonché, a parere del Tribunale, non può ritenersi condivisibile la fonte (il CU n. 74/A del Consiglio federale) indicata e posta dalla Corte di appello in relazione al Codice di giustizia sportiva al fine di individuare quale norma sia da ritenere applicabile e, quindi, quale criterio della gerarchia delle fonti sia utilizzabile. La fonte da prendere in considerazione è, difatti, solo ed esclusivamente il Regolamento AIA e, in particolare, l’art. 62 di detto Regolamento. È tale norma, invero, che dispone, in contrasto con gli artt. 84 e 92 CGS, che gli associati AIA siano sottoposti alla potestà disciplinare del Tribunale Federale Nazionale. Come correttamente evidenziato dal Tribunale con la decisione n. 47 del 12.9.2023, il Regolamento AIA non viene emanato dal Consiglio Federale, bensì dalla stessa AIA. La circostanza che il Consiglio Federale detti i principi informatori cui le Leghe e l’AIA devono adeguarsi non può certo comportare una identificazione del Consiglio Federale con l’organo che ha emanato l’atto che recepisce tali principi, nella specie il Regolamento AIA. Il Consiglio Federale si limita ad approvare, successivamente all’emanazione, il Regolamento. Il comma 3 dell’art. 32 dello Statuto FIGC, difatti, recita: “L’AIA adotta i propri regolamenti che sono inviati alla FIGC, la quale valuta, per l’approvazione, la conformità alla legge, alle disposizioni del CONI e della stessa Federazione. In caso di mancata approvazione, la FIGC rinvia entro novanta giorni il regolamento all’AIA per le opportune modifiche, indicandone i criteri. Qualora l’AIA non intenda modificare il regolamento nel senso indicato, la FIGC o l’AIA possono sollevare il conflitto innanzi alla Corte federale di appello”. Né può ritenersi che attraverso tale approvazione si attribuisca al Consiglio Federale la paternità dell’atto. Come noto, difatti, e come meglio si specificherà in seguito, l’approvazione di un atto non rientra nella fase costitutiva dell’atto, ma serve esclusivamente ad attribuire all’atto stesso, una volta verificatane la legittimità, efficacia. In definitiva, la fonte dell’ordinamento sportivo da prendere in considerazione al fine della risoluzione dell’antinomia determinatasi a seguito dell’introduzione del nuovo Regolamento AIA è proprio tale ultimo atto. Nella scala gerarchica delle fonti dell’ordinamento sportivo detto atto è certamente subordinato rispetto al Codice di Giustizia Sportiva, con la conseguenza che il criterio da applicare al fine della risoluzione dell’antinomia determinatasi a seguito dell’introduzione del nuovo Regolamento AIA non è quello cronologico, non essendo le due fonti equiordinate, bensì quello gerarchico. In altri termini, utilizzando il criterio gerarchico, ossia l’unico a cui poter far ricorso non essendo le fonti in questione, come detto, equiordinate, ne consegue che le uniche norme applicabili in tema di competenza a decidere sugli illeciti disciplinari degli associati AIA sono gli artt. 84 e 92 CGS. 3. Il motivo per cui le uniche norme applicabili in tema di competenza a giudicare, sotto il profilo disciplinare, gli associati AIA sono quelle del Codice di giustizia sportiva, trova fondamento anche in ulteriori circostanze. In primo luogo, l’art. 33, comma 7, dello Statuto FIGC stabilisce che: “Le competenze degli Organi della giustizia sportiva e le relative procedure sono stabilite dal Codice di giustizia sportiva federale, in conformità con quanto previsto dai Principi di Giustizia Sportiva emanati dal Consiglio Nazionale del CONI e dal Codice della giustizia sportiva adottato dal CONI, nonché dalle disposizioni degli articoli 12 bis, 12 ter, 12 quater dello Statuto del CONI”.  Alla luce di tale disposizione, ammettere la prevalenza dell’art. 62 del Regolamento AIA rispetto agli artt. 84 e 92 del CGS significherebbe consentire che una norma del Regolamento AIA possa incidere sulla materia processuale e sulla competenza degli organi di giustizia sportiva, ossia su questioni la cui disciplina è statutariamente riservata al Codice di Giustizia Sportiva. 3.1 Non solo. La circostanza che lo Statuto riservi al Codice di Giustizia Sportiva la disciplina delle competenze degli organi di giustizia sportiva consente di risolvere l’antinomia creatasi tra le succitate disposizioni in virtù anche di un ulteriore criterio risolutivo, diverso da quello gerarchico e cronologico: il criterio della competenza. Tale criterio, difatti, prevede che qualora l’ordinamento riservi ad una fonte la competenza a regolare una determinata materia, questa stessa fonte prevalga su ogni altra, a prescindere dal grado gerarchico di appartenenza e dal fattore cronologico. È evidente, dunque, che se lo Statuto riserva esclusivamente al Codice di Giustizia Sportiva la competenza a regolare la materia processuale e, in particolare, la competenza degli organi di giustizia sportiva, tale fonte debba prevalere sulle altre, sia che si tratti del Regolamento AIA sia che si tratti del Comunicato Ufficiale del Consiglio Federale. 4. Da ultimo, come correttamente evidenziato dal Tribunale federale nella decisione innanzi citata, lo Statuto del CONI, all’art. 7, comma 5, lettera L), prevede che la Giunta Nazionale di tale organismo: “l) approva, ai fini sportivi, gli statuti, i regolamenti per l’attuazione dello statuto, i regolamenti di giustizia sportiva e i regolamenti antidoping delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate, valutandone la conformità alla legge, allo Statuto del CONI, ai principi fondamentali, agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale, rinviandoli eventualmente entro il termine di novanta giorni alle Federazioni sportive nazionali ed alle Discipline sportive associate per le opportune modifiche”. A sua volta, il secondo comma dell’art. 27 dello Statuto FIGC, prevede che: “Il Consiglio Federale emana: le norme organizzative interne; il Codice di giustizia sportiva e la disciplina antidoping, da trasmettere alla Giunta nazionale del CONI, per l’esame di cui allo Statuto del CONI”. 4.1 Ne consegue che, laddove si volesse anche ammettere la possibilità per l’art. 62 del Regolamento AIA di incidere sulle norme del Codice di Giustizia Sportiva, addirittura disapplicandole, lo stesso avrebbe dovuto essere preventivamente sottoposto all’attenzione della Giunta Nazionale del CONI per la sua approvazione, come richiesto dall’art. 7 dello Statuto del CONI. La carenza di tale necessario e inderogabile passaggio rende la norma inefficace, con la conseguenza che le uniche norme di riferimento sono e restano quelle di cui agli artt. 84 e 92 del CGS. 5. A quanto sin qui argomentato, il Collegio ritiene, altresì, utile di svolgere le ulteriori, seguenti riflessioni. L’art. 2 dello Statuto della FIGC (approvato dal CONI in data 2 dicembre 2020, con deliberazione n. 404 della Giunta nazionale) così recita al comma 6: “Le fonti dell’ordinamento federale, nel rispetto dei Principi Fondamentali, sono nell’ordine: 1) lo Statuto federale; 2) le Norme organizzative interne federali, il Codice di Giustizia Sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio Federale; 3) gli Statuti e i regolamenti delle Leghe, delle Componenti Tecniche, dell’AIA, del Settore Tecnico e del Settore Giovanile”. Il Regolamento AIA è stato adottato dall’organo arbitrale, titolare della competenza, e successivamente approvato ( id est, emanato) dal Consiglio Federale della FIGC nell’esercizio della sua funzione di controllo (in modo analogo a quanto avviene per lo Statuto Federale e il Codice di Giustizia Sportiva, adottati dall’organo titolare della competenza – Consiglio Federale – e soltanto approvati, ovvero emanati dalla Giunta Nazionale del CONI). Come innanzi detto, con l’atto di approvazione, il Consiglio Federale valuta la legittimità e/o l’opportunità dell’atto emesso dall’AIA ed esprime un giudizio che, se favorevole, consente all’atto approvato, mercé la sua emanazione mediante la pubblicazione del comunicato ufficiale, di produrre tutti i suoi effetti, rimasti sospesi in attesa del giudizio favorevole dell’autorità controllante. L’atto di approvazione non fa parte, dunque, della fase costitutiva dell’atto controllato, ma rientra piuttosto nella fase cosiddetta integrativa dell’efficacia di quest’ultimo, vale a dire nella fase in cui un atto, già perfetto e completo in tutte le sue parti, è temporaneamente privo dell’idoneità a espletare i suoi effetti e si iscrive perciò tra le condiciones iuris. Rebus sic stantubus, il Regolamento AIA si pone, nell’ambito della gerarchia formale delle fonti del diritto sportivo della FIGC, in posizione subordinata rispetto al Codice di Giustizia Sportiva e allo Statuto Federale (art. 32, co. 6, n. 3 dello Statuto Federale). L’apparente antinomia tra la lettera 2) e la lettera 3) del citato comma 6, si risolve agevolmente laddove tenendo conto della titolarità della competenza ad adottare l’atto in questione, (attribuzione riservata all’AIA) nonché della natura giuridica dell’atto di emanazione riservato invece al Consiglio Federale, incidente esclusivamente sulla efficacia del regolamento e giammai sulla fase costitutiva. Postulare che con l’atto di approvazione, ovvero della emanazione del comunicato ufficiale, il Regolamento AIA si porrebbe sullo stesso piano ordinamentale del Codice di Giustizia Sportiva significa qualificare il Regolamento AIA come un atto complesso cui partecipa in via costitutiva anche il Consiglio Federale. Sennonché, una tale conclusione stride con i principi ordinamentali e con la volontà del legislatore sportivo che ha, invece, tenute separate, nella fattispecie de qua, la fase costitutiva del regolamento (di spettanza dell’AIA) dalla fase integrativa della sua efficacia (attribuita al Consiglio Federale). Diversamente opinando, peraltro, si generebbe una aporia tra norme, ovvero tra la lettera 2) - che sembrerebbe porre il Regolamento AIA sullo stesso piano formale del Codice di Giustizia Sportiva e dello Statuto Federale laddove contempla la sua emanazione da parte del Consiglio - e la lettera 3) del comma 6 in esame, ove invece il Regolamento viene posto tra le fonti subordinate al Codice di Giustizia Sportiva e allo Statuto Federale, come tale inidonea a modificare la fonte superiore. Aporia che invece può essere risolta collocando correttamente le fonti secondo il loro ordine gerarchico, così come indicato testualmente dalle norme e applicate dall’interprete secondo il criterio di cui all’art. 12 delle preleggi al codice civile. In definitiva, il Regolamento in questione è atto proprio ed esclusivo dell’AIA che lo adotta nell’esercizio della propria funzione di titolare della competenza. Tale Regolamento resta soltanto inefficace fino al momento della sua emanazione da parte del Consiglio Federale. Ma tale adempimento, svolto in funzione di mero controllo, non consente al Regolamento di porsi sullo stesso piano del Codice di giustizia sportiva e dello Statuto Federale, altrimenti dovendosi ammettere che con la sua approvazione tale atto diventa proprio anche del Consiglio Federale, di cui parteciperebbe la fase costitutiva. Sovvengono al riguardo, in funzione rafforzativa delle suesposte argomentazioni, le gerarchie delle fonti del diritto materiali e assiologiche in grado di affrontare la criticità di relazione tra due norme secondo il criterio della preferibilità dell’una rispetto all’altra, in ragione ora della competenza per materia (riserva di titolarità delle attribuzioni), ora di un giudizio di valore da parte dell’interprete basato su una valutazione comparativa sostanziale dell'importanza delle norme coinvolte, funzionale alla individuazione della esatta fonte da applicare alla fattispecie. Orbene, gli artt. 82 e 83 del Codice di Giustizia Sportiva e 2 dello Statuto Federale, adottati dal Consiglio Federale, regolano il riparto di competenza tra Tribunale Federale Nazionale e Tribunali Territoriali. Si tratta di norme di natura processuale sulle quali esiste una riserva di titolarità in favore dell’organo deliberante competente, espressamente individuato dal legislatore nella figura del Consiglio Federale, non derogabile alla luce dei principi ordinamentali in assenza di una precisa fonte normativa che ne autorizzasse la modifica da parte di altro organo dell’ordinamento sportivo sprovvisto di titolarità. Il Regolamento AIA è atto privo di capacità innovativa dell’ordinamento sportivo in materia processuale. Né il sol fatto della sua emanazione da parte del Consiglio Federale (che ha funzione di mero controllo e di natura di condiciones iuris di efficacia) consente di ammettere una tale interferenza. Consegue a tanto che, il Regolamento AIA è inidoneo a modificare le norme in materia di competenza (funzionale o territoriale degli organi sportivi giudicanti), spostandone la titolarità e il riparto da un organo all’altro dell’ordinamento sportivo. Questo giudicante, pertanto, alla stregua delle nozioni che informano le gerarchie normative - non solo strutturali, bensì, anche materiali e assiologiche - è tenuto ad individuare e ad applicare alla fattispecie in esame le fonti pertinenti gerarchicamente sovraordinate, nonché  preferibili per importanza oltre che conferenti all’esito di una valutazione comparativa sostanziale, tali risultando lo Statuto Federale (art. 2) e il  Codice di Giustizia Sportiva (artt. 83 e 84) per le ragioni sopra esposte, e a disapplicare contemporaneamente (non disponendo di poteri annullatori) quelle ritenute non pertinenti (id est, il Regolamento AIA) all’esito del medesimo giudizio di valore condotto secondo i criteri di soluzione delle antinomie normative fra fonti del diritto.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 047-48/TFN - SD del 12 Settembre 2023  (motivazioni) – errata corrige

Impugnazione – Istanza: Deferimento n. 3666/866 pf 22-23/GC/SA/ep dell'8 agosto 2023, depositato il 9 agosto 2023, nei confronti dell'O.A. G.D.L. - Reg. Prot. 29/TFN-SD

Massima: Il Tribunale Federale, dichiara la propria incompetenza funzionale in favore del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Calabria – LND, cui rimette gli atti del procedimento, con salvezza dei diritti di prima udienza, in merito al deferimento dell’associato AIA con la qualifica di Osservatore Arbitrale, appartenente alla Sezione AIA di Paola (CS), chiamato a rispondere della violazione dell'art. 42, commi 1 e 3 lett. a), b), e c) del Regolamento dell'Associazione Italiana Arbitri, sia in via autonoma che in relazione agli articoli 4, 5 e 6 del Codice Etico e di Comportamento dell'Associazione Italiana Arbitri, in quanto in occasione della gara di II Categoria della Delegazione Distrettuale di Rossano (CS), Nuova Grisolia Calcio - Virtus Cavoleto, disputatasi a Grisolia (CS) in data 18.3.2023, nell'intervallo della stessa, è entrato all'interno dello spogliatoio dell'arbitro, (insieme ad altro soggetto, suo amico e non tesserato), chiedendogli di favorire la squadra del Grisolia. Sussiste la competenza del TFT Calabria perché l’Osservatore Arbitrale Regionale (OTR), appartiene alla Sezione AIA di Paola (CS), che svolge attività in ambito territoriale….Ritiene il Tribunale, in limine litis, di dover dichiarare la propria incompetenza territoriale a decidere il presente procedimento pur non ignorando quanto affermato dalla Corte Federale d’Appello, a Sezioni Unite, con la decisione n. 0009/CFA/2023-2024, assunta all’udienza del 5.07.2023 e pubblicata il 17.07.2023, con la quale, in accoglimento del gravame proposto dalla Procura Federale, è stata integralmente riformata la decisione di questo Tribunale n. 190 TFNSD 2022-23 che aveva anch’essa declinato la competenza del Tribunale Nazionale in favore del Tribunale territorialmente competente trattandosi di questione attinente ad attività di tesserati AIA svolta in ambito regionale e non a livello nazionale. Al fine di meglio comprendere la valutazione del Collegio occorre avere ben presente il quadro normativo di riferimento. Il primo comma, lettera a), dell’art. 83 del CGS, sotto la rubrica “Competenza e composizione del Tribunale federale a livello nazionale”, così recita: ”1. Il Tribunale federale a livello nazionale è giudice di primo grado in ordine: a) ai procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore federale per i campionati e le competizioni di livello nazionale, per le questioni che riguardano più̀ ambiti territoriali, ai procedimenti riguardanti i dirigenti federali e gli appartenenti all’AIA che svolgono attività̀ in ambito nazionale, nonché ai procedimenti riguardanti tutti i Tecnici inquadrati nell’Albo e nei Ruoli del Settore Tecnico e alle altre materie contemplate dalle norme federali”. Il successivo art. 84, sotto la rubrica “Competenza e composizione della Sezione Disciplinare del Tribunale federale a livello nazionale”, al primo comma, lettera a), riporta pedissequamente il primo comma, lettera a), dell’art. 83 del CGS senza nessuna variazione premettendo che “1. Il Tribunale federale a livello nazionale, Sezione disciplinare, è giudice di primo grado in ordine: …”. E ancora, l’art. 92, primo comma, lettera a), del CGS, in tema di “Competenza e composizione del Tribunale federale a livello territoriale”, precisa che “1. Il Tribunale federale a livello territoriale è giudice di primo grado in ordine: a) ai procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore federale per i campionati e le competizioni di livello territoriale, ai procedimenti riguardanti gli appartenenti all’AIA che svolgono attività in ambito territoriale e alle altre materie previste dalle norme federali”. Infine, l’art. 62 del Regolamento dell’Associazione Italiana Arbitri, così come riformato con C.U. 97/A del 23.12.2022, sotto la rubrica “Competenza degli Organi di giustizia sportiva federale” stabilisce che “1. Il Tribunale federale a livello nazionale- sezione disciplinare- è giudice di primo grado anche in ordine ai procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore federale nei confronti degli appartenenti all’AIA per le violazioni delle norme del presente regolamento e delle norme secondarie dell’AIA. 2. Avverso la decisione del Tribunale federale può essere presentato reclamo alla Corte federale d’appello. 3. Ai procedimenti di cui ai commi precedenti si applicano le disposizioni del Codice di Giustizia Sportiva, fatto salvo quanto previsto nel successivo art. 63 e 64”. A mente di quanto sopra il Collegio ritiene di non poter condividere i principi di diritto enunciati dalla CFA nella citata decisione, in virtù delle seguenti, dirimenti, considerazioni. 1 – La CFA ritiene di dover risolvere l’antinomia determinatasi tra l’art. 62 del nuovo Regolamento AIA, che trasferirebbe alla Sezione Disciplinare del TFN l’intero “pacchetto giustizia” relativo ai tesserati AIA senza distinzione tra attività a livello nazionale e attività a livello regionale, e gli artt. 83, 84 e 92 CGS, che invece operano tale distinzione sotto il profilo della competenza, “non nella relazione gerarchica tra le due fonti, ma in quello della successione temporale delle disposizioni, avuto riguardo alla sovrapponibilità (sia pure in contrasto) del loro contenuto precettivo, assegnando prevalenza alla fonte entrata in vigore in epoca successiva (art.62 del nuovo Regolamento AIA, lex posterior derogat priori)”. Affermato tale principio, la CFA si fa scrupolo di esaminare, in via subordinata data l’affermata prevalenza “ della successione temporale delle disposizioni”, anche la relazione gerarchica fra le norme affermando “Se anche se si volesse accedere al criterio della gerarchia delle fonti (Collegio di garanzia dello sport, Sez. I, n. 35/2017), gli esiti non cambierebbero: l’art. 2 dello Statuto FIGC, prevede la equiordinazione tra Codice di giustizia sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio federale. E poiché il Comunicato ufficiale del Consiglio federale n. 74/A, nelle premesse, dispone per gli associati AIA la potestà disciplinare degli Organi Giudicanti della FIGC “di livello nazionale di primo e secondo grado”, la scelta inequivoca del Legislatore federale è stata quella di attribuire la competenza, in primo grado a “livello nazionale” e, quindi, al Tribunale federale nazionale”. Ad avviso del Tribunale, così operando, la decisione della CFA non convince alla luce delle considerazioni che seguono. 1a) Il criterio di gerarchia delle fonti non può essere considerato un criterio secondario per risolvere un conflitto fra due norme. Ammesso e non concesso che le due fonti normative possano considerarsi equiordinate, il che non è nel caso di specie come vedremo a breve, si potrebbe anche sostenere che prevalga la successione temporale delle disposizioni ma solo e solamente se le due fonti siano effettivamente paritetiche. Ne consegue che il primo criterio da adottare, per valutare la prevalenza di due norme antitetiche l’una sull’altra è, senza ombra di dubbio, quello di natura gerarchica. D’altronde tale principio è stato affermato proprio dalla decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI che il Giudice del gravame cita nella propria decisione e cioè nella sentenza n. 35/2017 che, in conformità a precedenti univoci, afferma che “… non v’è dubbio che, anche in materia di diritto sportivo, si debba far governo della cosiddetta gerarchia delle fonti…” e che “Pertanto, … dette disposizioni primarie, così come contenute nel Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, prevalgono sulle circolari applicative, in caso di conflitto tra le due previsioni …”. 1b) Se poi si opera una la valutazione del criterio delle fonti dell’ordinamento federale, a mente del sesto e ultimo comma dell’art. 2 dello Statuto federale, fonte primaria, è agevole rilevare che al secondo posto, in posizione paritaria, vengono collocate le norme contenute nelle NOIF, quelle del CGS e “le altre disposizioni emanate dal Consiglio Federale”. In posizione più graduata sono posti “gli Statuti e i regolamenti delle Leghe, delle Componenti Tecniche, dell’AIA, del Settore Tecnico e del Settore Giovanile”. Il Regolamento AIA è quindi in posizione subordinata rispetto al CGS. A questo punto occorre osservare che l’art. 62 del Regolamento AIA non è una disposizione emanata dal Consiglio Federale ma è una disposizione emanata dall’AIA stessa che, sulla sollecitazione operata dal Consiglio Federale nell’esercizio della funzione di controllo finalizzata all’eventuale approvazione delle modifiche normative richieste come da C.U. n. 74/A, ha dovuto modificare il proprio Regolamento che è poi stato approvato dal citato organo federale con C.U. 97/A del 23.12.2022. La valutazione gerarchica delle fonti va quindi operata fra le norme contenute nel CGS e quelle, sia pure posteriori ma cedevoli nel rango, del nuovo Regolamento AIA non “emanato” dal Consiglio Federale, che si è limitato ad approvarlo. D’altra parte, non può essere un caso che il legislatore statutario, sia al già citato ultimo comma dell’art. 2 dello Statuto, laddove si parla delle “altre disposizioni emanate dal Consiglio Federale”, sia all’art. 27, comma 2, che a proposito delle funzioni del Consiglio Federale prevede che “emana le norme organizzative interne; il Codice di giustizia sportiva e la disciplina antidoping, da trasmettere alla Giunta nazionale del CONI, per l’esame di cui allo Statuto del CONI” usi il verbo “emanare”, nel mentre alla lettera m) del terzo comma del medesimo articolo stabilisce che tale organo “ approva gli Statuti e i regolamenti delle Leghe, dell’AIA, del Settore tecnico e del Settore per l’attività giovanile e scolastica”. È, quindi, di tutta evidenza che il Consiglio federale detta gli indirizzi ma non emana i “regolamenti” con la conseguenza che le modifiche del Regolamento AIA sono state certamente sollecitate dal Consiglio Federale ma emanate dall’AIA e quindi approvate dal Consiglio Federale. In carenza, dunque, di equiordinazione fra le norme, certamente non può operare il criterio della successione temporale delle disposizioni, con la conseguenza che gli articoli del CGS che regolano la competenza del TFN e dei TFT in materia di tesserati AIA prevalgono sul dettato del Regolamento AIA. 2 – Ma vi è di più. Lo Statuto del CONI, all’art. 7, comma 5 lettera L), prevede che la Giunta Nazionale di tale organismo “l) approva, ai fini sportivi, gli statuti, i regolamenti per l’attuazione dello statuto, i regolamenti di giustizia sportiva e i regolamenti antidoping delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate, valutandone la conformità alla legge, allo Statuto del CONI, ai principi fondamentali, agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale, rinviandoli eventualmente entro il termine di novanta giorni alle Federazioni sportive nazionali ed alle Discipline sportive associate per le opportune modifiche”. A sua volta, il secondo comma del già citato art. 27 dello Statuto FIGC, prevede che “2. Il Consiglio Federale emana: le norme organizzative interne; il Codice di giustizia sportiva e la disciplina antidoping, da trasmettere alla Giunta nazionale del CONI, per l’esame di cui allo Statuto del CONI”. Non è revocabile in dubbio che le norme contenute nel nuovo Regolamento AIA, relative alla modifica della competenza a giudicare, sotto il profilo disciplinare, i tesserati della predetta Associazione, sottratti alla loro giustizia domestica, siano certamente incisive e assolutamente innovative in tema di giustizia sportiva e pertanto, in ossequio alle norme dianzi evidenziate si sarebbe dovuto provvedere a sottoporle all’attenzione della Giunta Nazionale del CONI per la loro approvazione. La carenza di tale necessario e inderogabile passaggio rende le norme innovative inefficaci sino alla loro approvazione da parte della Giunta Nazionale del CONI con la conseguenza che le uniche norme di riferimento sono e restano, per l’appunto, quelle di cui agli artt. 83, 84 e 92 del CGS. 3 – Il Tribunale intende, infine, offrire altri due brevi spunti di riflessione. 3a) Il legislatore federale, nello stilare il Codice di Giustizia Sportiva, ha inteso stabilire un preciso e generale criterio di competenza territoriale stabilendo che il TFN, Sezione disciplinare, sia giudice Nazionale di primo grado per quelle che in linea di massima siano le attività di livello nazionale nel mentre ai vari TFT, territorialmente competenti, è devoluta la competenza per le attività di livello regionale, provinciale e comunale. Conferendo al TFN la competenza sui tesserati AIA, indistintamente di qualsiasi livello, si opererebbe una ingiustificata deroga ai principi generali enunciati, collaudati e consolidati nel tempo. 3b) Non solo. Operando in conformità al dettato normativo così come interpretato dalla CFA si sottrarrebbero i tesserati AIA che operano a livello locale al loro “giudice naturale” e si creerebbe un’insanabile disparità di trattamento tra i vari tesserati per cui, a mero titolo esemplificativo, in caso di violazione disciplinare commessa da un giocatore di seconda categoria lo stesso sarebbe giudicato dal TFT territorialmente competente nel mentre la violazione commessa dall’arbitro della stessa gara di seconda categoria verrebbe valutata a livello nazionale.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 00009/CFA del 17 Luglio  2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n.190/TFNSD – 2022-2023 dell’1.06.2023

Impugnazione – istanza:  –  Procura Federale/sig. L.Z.

Massima: Accolto l’appello della Procura Federale e per l’effetto riformata la decisione del TFN che aveva declinato la propria competenza in favore del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale del Veneto e nel merito sanzionato con la sospensione per mesi 3 l’arbitro deferito in quanto ritenuto responsabile della violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S., anche in relazione all’art. 42, comma 1 e 3, lett. b - g) del Regolamento Associazione Italiana Arbitri - per non aver osservato i principi di lealtà, correttezza e probità durante lo svolgimento della gara di juniores regionali Oppeano - Cadore del 14 gennaio 2023, in particolare per avere, al termine della prima frazione di giuoco a seguito delle proteste da parte del pubblico, assunto nei confronti di questi un atteggiamento di sfida mostrando loro con la mano alzata il dito medio, invitando chi protestava con gesti plateali a raggiungerlo in campo, nonché per non aver mantenuto rapporti epistolari secondo i principi di rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti e per non aver osservato il principio dell’assoluta insindacabilità delle decisioni di natura tecnica, in particolare per avere, a seguito del provvedimento sanzionatorio riguardante il fermo tecnico di sospensione per mesi uno comminatogli per le inadempienze comportamentali verificatesi nel corso della predetta gara, inviato in data 18-01-2023 un messaggio al suo Organo Tecnico a mezzo WhatsApp, recante le seguenti frasi: “Nonostante sia Procura federale dall’abolizione del tribunale dell’inquisizione (quindi più di 400 anni fa) che è l’accusa che deve portare prove sensate se vuole incriminare qualcuno e non il 'mi è sembrato che..' a parole….…Ancora una volta ti comporti nei peggiori dei modi nei miei confronti, ti riempi la bocca di belle parole come onore della divisa, rispetto e fiducia ma quando tocca a te la tagli corto con un semplice 'io mi fido dei miei osservatori', di conseguenza non degli associati? O solo non di me? Mi aspetto come minimo scuse da parte tua e da parte di Z.e la cancellazione della sospensione……”…l’art. 4, comma 1, del CGS, lungi dal costituire una norma in bianco, non può essere ricostruito e applicato secondo i canoni propri del diritto penale e, in specie, di quelli di determinatezza e tassatività. Le connotazioni proprie del diritto sportivo e la libera adesione a esso dei soggetti che ne fanno parte consentono di aderire a una diversa prospettiva e di dare maggior rilievo a profili valoriali di cui la disposizione in questione si fa portatrice, introiettando nell’ordinamento sportivo positivo principi che debbono ispirare la stessa pratica sportiva e, inevitabilmente, i comportamenti posti in essere da tutti i soggetti che di quell’ordinamento fanno parte. Si spiega così la presenza di disposizioni, quale l’art. 4, comma 1, del CGS, caratterizzate dalla enunciazione di principi e da un certo grado di flessibilità, tale da consentire al giudice di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e da rendere possibili decisioni che, secondo l’evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza. L’art. 4, comma 1, redatto secondo la tecnica della normazione sintetica, sfugge a una descrizione puntuale delle singole tipologie di comportamento, che presenterebbe l’inconveniente dell’eccesso casistico, per ricorrere a elementi normativi che rinviano a una fonte esterna come parametro per la regola di giudizio da applicare al caso concreto (la lealtà, la probità, la correttezza) secondo il prudente apprezzamento del giudice. Si tratta (per utilizzare una classificazione propria del diritto penale, senz’altro riferibile anche all’illecito sportivo) di elementi normativi extragiuridici che rinviano a norme sociali o di costume e da autorevole dottrina paragonati a una sorta di “organi respiratori” che consentono di adeguare costantemente la disciplina trattata all’evoluzione della realtà sociale di riferimento (in questo caso, alla realtà propria dell’ordinamento sportivo” (Corte federale d’Appello, sez. I, decisione n. 70/CFA – 2021-2022; Id., sez. I, decisione n. 74/CFA2021-2022).

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 00009/CFA del 17 Luglio  2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n.190/TFNSD – 2022-2023 dell’1.06.2023

Impugnazione – istanza:  –  Procura Federale/sig. L.Z.

Massima: Il TFN è competente a giudicare in primo grado l’arbitro deferito violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S., anche in relazione all’art. 42, comma 1 e 3, lett. b - g) del Regolamento Associazione Italiana Arbitri - per non aver osservato i principi di lealtà, correttezza e probità durante lo svolgimento della gara di juniores regionali Oppeano - Cadore del 14 gennaio 2023, in particolare per avere, al termine della prima frazione di giuoco a seguito delle proteste da parte del pubblico, assunto nei confronti di questi un atteggiamento di sfida mostrando loro con la mano alzata il dito medio, invitando chi protestava con gesti plateali a raggiungerlo in campo, nonché per non aver mantenuto rapporti epistolari secondo i principi di rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti e per non aver osservato il principio dell’assoluta insindacabilità delle decisioni di natura tecnica, in particolare per avere, a seguito del provvedimento sanzionatorio riguardante il fermo tecnico di sospensione per mesi uno comminatogli per le inadempienze comportamentali verificatesi nel corso della predetta gara, inviato in data 18-01-2023 un messaggio al suo Organo Tecnico a mezzo WhatsApp, recante le seguenti frasi: “Nonostante sia Procura federale dall’abolizione del tribunale dell’inquisizione (quindi più di 400 anni fa) che è l’accusa che deve portare prove sensate se vuole incriminare qualcuno e non il 'mi è sembrato che..' a parole….…Ancora una volta ti comporti nei peggiori dei modi nei miei confronti, ti riempi la bocca di belle parole come onore della divisa, rispetto e fiducia ma quando tocca a te la tagli corto con un semplice 'io mi fido dei miei osservatori', di conseguenza non degli associati? O solo non di me? Mi aspetto come minimo scuse da parte tua e da parte di Z.e la cancellazione della sospensione……”  Il T.F.N. – S.D. ha ritenuto di dichiarare la propria incompetenza in favore del Tribunale territorialmente competente (nel caso, il Tribunale federale territoriale presso il Comitato Regionale del Veneto), sulla base dei seguenti rilievi: 1) sebbene l’atto di deferimento faccia riferimento all’art. 62 del nuovo Regolamento dell’AIA, il quale afferma che “il Tribunale federale a livello nazionale -Sezione disciplinare – è giudice di primo grado anche in ordine ai procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore federale nei confronti degli appartenenti all’AIA per le violazioni delle norme del presente regolamento e delle norme secondarie dell’AIA”, detta disposizione va letta in rapporto a quanto disposto dal Codice di giustizia sportiva, nei confronti del quale risulta comunque cedevole nel rispetto del rango superiore ad esso spettante; 2) al riguardo, l’art. 84 C.G.S. affida (tra altro) al Tribunale federale nazionale i procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore federale "per le questioni che riguardano ….. gli appartenenti all’AIA che svolgono attività in ambito nazionale”; laddove l’art. 92 affida al Tribunale federale a livello territoriale i “procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore federale …. riguardanti gli appartenenti all’AIA che svolgono attività in ambito territoriale”; 3) nella vicenda in esame, risulta evidente che il deferito, da un lato, ha violato l’art. 4 CGS mentre dirigeva una gara di juniores regionali; d’altro lato, ha rivolto le frasi contestate con il deferimento al Presidente della Sezione di appartenenza e, quindi, in ambito evidentemente territoriale; 4) tale ultima circostanza vale a radicare la competenza del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Veneto – LND, dinanzi al quale il T.F.N. – S.D. vanno rimessi gli atti “facendo salvi per le parti i diritti di prima udienza”. La Corte rileva che, a seguito della novella del regolamento AIA, emanato dalla Federazione nella nuova versione con il comunicato n. 97/A del 23 dicembre 2022, l’art. 62 di detto regolamento, ora vigente e applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, rubricato “Competenza degli Organi di giustizia sportiva federale”, dispone: “1. Il Tribunale federale a livello nazionale- sezione disciplinare è giudice di primo grado anche in ordine ai procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore federale nei confronti degli appartenenti all’AIA per le violazioni delle norme del presente regolamento e delle norme secondarie dell’AIA. 2. Avverso la decisione del Tribunale federale può essere presentato reclamo alla Corte federale d’appello. 3. Ai procedimenti di cui ai commi precedenti si applicano le disposizioni del Codice di giustizia sportiva, fatto salvo quanto previsto nel successivo art. 63 e 64”, e che, inoltre, la norma sostanziale di cui al previgente art. 40 risulta trasposta nell’attuale art. 42, rubricato “Doveri degli Arbitri”, nel quale sono elencate le regole cui gli associati AIA devono improntare la loro condotta. La Corte rileva, altresì, che il T.F.N. - S.D., nel riconoscere la sopravvenuta antinomia, a seguito della appena riferita novella del regolamento AIA, tra l’art. 62 di detto regolamento e le disposizioni di cui agli artt. 84 e 92 del C.G.S., le quali dettano il criterio di riparto delle competenze tra il Tribunale federale nazionale Sezione disciplinare e i Tribunali Federali Territoriali, ha adottato, per la risoluzione della ravvisata antinomia tra le due fonti normative, il criterio gerarchico, individuando nella disposizione regolamentare, temporalmente successiva alle disposizioni codicistiche, la disposizione “cedevole nel rispetto del rango superiore” spettante alla fonte codicistica. Nel proporre reclamo avverso la decisione del T.F.N. – S.D., il cui contenuto argomentativo è stato appena riportato nei suoi tratti essenziali, la Procura federale ha evidenziato come le modifiche apportate al regolamento AIA siano da ascriversi all’inequivoca volontà della Federazione di sottrarre gli associati AIA al previgente sistema di giurisdizione domestica e di accentrare la cognizione delle relative impugnative in materia disciplinare dinanzi agli organi di giustizia sportiva federale di livello nazionale di primo e di secondo grado, secondo quanto emerge dal C.U. n.74/A del 15 novembre 2022. Ritiene ancora la Procura federale che, in ragione della riforma del Regolamento AIA, si siano verificate, sul pianto del riparto delle competenze tra gli organi di giustizia sportiva di livello nazionale e di livello territoriale, l’attrazione e la concentrazione, in maniera esclusiva in capo al T.F.N. – S.D. della competenza a giudicare tutti gli associati AIA per le violazioni previste dal Regolamento arbitrale, trattandosi di “una competenza funzionale del Tribunale federale nazionale prevista per le violazioni di cui all’art. 42 del Nuovo Regolamento AIA poste in essere da (tutti) gli associati AIA, che dunque elimina qualunque collegamento – in punto di competenza – col territorio di appartenenza del soggetto deferito e con il criterio del locus commissi delicti (ovvero il luogo in cui si sia realizzata la condotta)” e che, alla luce della richiamata riforma della giustizia sportiva, vada interpretato “il C.G.S., il quale prevede (e mantiene), agli artt. 84 e 92, una competenza residuale dei Tribunali Nazionali e Territoriali FIGC, per le violazioni poste in essere dagli appartenenti AIA che svolgono attività, rispettivamente, in ambito nazionale e territoriale che non rientrano nel Nuovo Regolamento AIA, ma che siano sussumibili esclusivamente negli illeciti previsti dal medesimo CGS (ad esempio nel caso in cui un arbitro abbia posto in essere un illecito sportivo di cui all’art. 30 del CGS, o abbia concorso in una violazione gestionale ed economica posta in essere da tesserati FIGC di cui all’art. 31 del CGS)”. Ciò posto, la Corte osserva che, accedendo all’opzione ermeneutica prescelta dal T.F.N. – S.D. per risolvere l’antinomia tra le fonti normative determinatasi in seguito all’adozione del nuovo regolamento AIA, in punto di riparto delle competenze degli organi di giustizia sportiva di livello nazionale e di livello territoriale in ambito disciplinare e, dunque, argomentando solo in termini di relazione gerarchica tra le fonti, si perviene al sostanziale svuotamento della portata precettiva dell’art.62 del nuovo regolamento AIA, laddove avrebbero dovuto essere apprezzati e focalizzati, anche alla luce delle premesse e della finalità sottese alla riforma in parola, sia il dato temporale della sopravvenienza del nuovo precetto sia la sua generale portata applicativa, quale essa emerge dalla formulazione letterale della disposizione, che oblitera del tutto il riferimento alla rilevanza territoriale della condotta della quale sia ravvisato un profilo disciplinare e, conseguentemente, sul piano processuale sportivo, il radicamento della competenza del giudice sportivo in ambito territoriale. Ad ogni buon conto, se anche se si volesse accedere al criterio ermeneutico che fa riferimento, anche in materia di diritto sportivo, alla gerarchia delle fonti (Collegio di garanzia dello sport, Sez. I, n. 35/2017), gli esiti non cambierebbero. Difatti, per individuare tale gerarchia delle fonti nell’ordinamento sportivo federale occorrerebbe fare riferimento all’art. 2 dello Statuto F.I.G.C., rubricato «Principi fondamentali», il quale, al comma 6, prevede che «Le fonti dell’ordinamento federale sono nell’ordine: 1) lo Statuto federale; 2) le Norme organizzative interne federali, il Codice di giustizia sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio federale; 3) gli Statuti e i regolamenti delle Leghe, delle Componenti Tecniche, dell’AIA, del Settore Tecnico e del Settore Giovanile» (Corte sportiva d’appello nazionale, SS.UU.,  n. 90/2017/2018), là dove la disposizione statutaria evidenzia – con una scelta forse opinabile ma chiara – la equiordinazione tra Codice di giustizia sportiva e le altre disposizioni emanate dal Consiglio federale. Orbene, il comunicato ufficiale del Consiglio federale n. 74/A, nelle premesse, dispone: “ravvisata l’esigenza di prevedere che gli associati dell’AIA siano assoggettati esclusivamente alla potestà disciplinare degli Organi della FIGC con attribuzione delle funzioni disciplinari rispettivamente alla Procura federale FIGC e agli Organi Giudicanti della FIGC di livello nazionale di primo e secondo grado”. Appare evidente, pertanto, la scelta inequivoca del Legislatore federale, nell’assegnare “all’AIA il termine del 15 dicembre 2022, per adeguare il proprio Regolamento ai “Principi informatori dei Regolamenti della Associazione Italiana Arbitri”, di attribuire la competenza, in primo grado a “livello nazionale” e, quindi, al Tribunale federale nazionale. In definitiva questa Corte federale, nella odierna composizione a Sezioni Unite, è dell’avviso che il criterio risolutore della antinomia determinatasi tra le fonti normative in esame debba essere individuato in quello della successione temporale delle disposizioni, avuto riguardo alla sovrapponibilità (sia pure in contrasto) del loro contenuto precettivo, assegnando prevalenza alla fonte entrata in vigore in epoca successiva (lex posterior derogat priori), ciò non senza evidenziare, però, l’opportunità che il legislatore federale intervenga espressamente per ricondurre ad un’unità, con un insieme di disposizioni tra loro coerenti anche dal punto di vista formale, il sistema di riparto delle competenze tra i diversi livelli, nazionale e federale, della giustizia sportiva. Va, perciò, affermata la prevalenza del criterio di radicamento, a livello nazionale, della competenza del giudice sportivo con riguardo all’ambito disciplinare delle condotte dei tesserati AIA, rilevando, al contempo, alla luce dell’ampiezza e della puntualità delle previsioni di cui all’art.42 del Regolamento AIA, in punto di comportamenti che possono assumere rilevanza disciplinare, e diversamente da quanto opinato dalla Procura federale in sede di reclamo, l’oggettiva difficoltà di rinvenire condotte riconducibili ad una residuale area di competenza, in ambito disciplinare, dei Tribunali Federali Territoriali. Affermata, in riforma della decisione impugnata e in accoglimento del reclamo, la competenza del T.F.N. – S.D., non può però farsi luogo al chiesto rinvio al primo giudice, non ravvisandosi in nessuna delle (invero, poche), previsioni di rinvio di cui all’art.106, comma 2, la riconducibilità della fattispecie in esame ad una delle ipotesi di rinvio ivi contemplate. Di recente, al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte, con la decisione/0002/CFA-2023-2024 hanno precisato che “sebbene il quarto periodo del secondo comma dell’art. 106 C.G.S. (“Pronuncia della Corte federale di appello) disponga che quest’ultima “Se ritiene insussistente la inammissibilità o la improcedibilità dichiarata dall’organo di primo grado o rileva la violazione delle norme sul contraddittorio, annulla la decisione impugnata e rinvia, per l’esame del merito, all’organo che ha emesso la decisione”, deve rilevarsi che una corretta interpretazione di tale disposizione, conforme peraltro al principio della ragionevole durata del processo sportivo - posto a presidio del fondamentale interesse del regolare svolgimento delle competizioni sportive e dell’ordinato andamento dell’attività federale (art. 44, comma 2, C..G.S.) - impone che le fattispecie di inammissibilità e di improcedibilità dichiarate dall’organo di primo grado che legittima l’annullamento della decisione con rinvio siano solo quelle di mero rito, per effetto delle quali non via stato alcun ingresso alla valutazione del merito delle questioni e per le quali è pertanto mancata al riguardo una qualsiasi parvenza di contraddittorio…A tanto consegue l’obbligo di questa Corte, non essendovi stata neppure alcuna violazione del principio del contraddittorio o del diritto di difesa, di procedere all’esame del merito del deferimento.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 190/TFN - SD del 1 Giugno 2023  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: Deferimento n. 25766/603pf22-23/CAMS/CG/ep del 26 aprile 2023, depositato il 28 aprile 2023, nei confronti del sig. L.Z. - Reg. Prot. 170/TFN-SD

Massima: Il TFN non è competente a decidere in ordine al deferimento che coinvolge colui che all’epoca dei fatti svolgeva attività rilevante ai sensi dell’art. 2, comma 1, del vigente CGS all’interno e nell’interesse della AIA, quale arbitro effettivo della sezione di Legnago per cui gli atti vanno rimessi al CR Veneto…Al riguardo, ancorché l’atto di deferimento faccia riferimenti all’art. 62 del nuovo Regolamento dell’AIA che effettivamente afferma che “Il Tribunale Federale a livello nazionale -sezione disciplinare – è giudice di primo grado anche in ordine ai procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore federale nei confronti degli appartenenti all’AIA per le violazioni delle norme del presente regolamento e delle norme secondarie dell’AIA”, la disposizione va letta in rapporto a quanto disposto dal Codice di Giustizia Sportiva, nei confronti del quale risulta comunque cedevole nel rispetto del rango superiore ad esso spettante. Al riguardo, l’art. 84 CGS affida (tra altro) a questo Tribunale i procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore federale “per le questioni che riguardano ….. gli appartenenti all’AIA che svolgono attività in ambito nazionale ”; laddove l’art. 92 affida al Tribunale federale a livello territoriale i “procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore federale …. riguardanti gli appartenenti all’AIA che svolgono attività in ambito territoriale”. Nella fattispecie oggetto di procedimento, risulta evidente che il deferito, da un lato, ha violato l’art. 4 CGS mentre dirigeva una gara di juniores regionali; d’altro lato, ha rivolto le frasi contestate con il deferimento al Presidente della Sezione di appartenenza e, quindi, in ambito evidentemente territoriale.

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Terza: Decisione n. 115 del 20/12/2021

Decisione impugnata: Delibera della Commissione di Disciplina d’Appello (CDA) dell’Associazione Italiana Arbitri n. 5 del 2020, dispositivo dell’11 settembre 2020 e motivazione comunicata il 30 settembre 2020, con la quale, in reiezione dell’appello proposto dal suddetto ricorrente avverso la decisione della Commissione di Disciplina Regionale AIA n. 43 del 23 dicembre 2019, è stato confermato, a carico dello stesso ricorrente, il provvedimento disciplinare del ritiro della tessera, per una serie di contestazioni tutte attinenti alla violazione degli artt. 40 del Regolamento AIA, nonché Premessa, commi 2 e 3, e 6.1, 6.3 e 6.4 del Codice Etico e di Comportamento AIA, con l’aggravante di cui all’art. 7, n. 4, lett. B), delle Norme Disciplina.

Impugnazione Istanza: C. G./Associazione Italiana Arbitri/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima:….l’eccezione di incompetenza (o “carenza di legittimazione”) della Commissione di Disciplina Regionale (a favore, invece, della Commissione di Disciplina Nazionale) non risulta sufficientemente chiarita in questa sede di legittimità dal ricorrente, che si duole piuttosto del presunto difetto di motivazione della decisione della Commissione di Disciplina d’Appello, che non l’aveva accolta. In particolare, la censura rivolta dal ricorrente alla motivazione della decisione della CDA consisterebbe nel rilievo secondo cui alcune delle (ben più ampie) contestazioni, e segnatamente due delle interviste specificate alla lettera D delle contestazioni disciplinari (rilasciate, rispettivamente, in data 11 marzo 2019, al Messaggero e, in data 2 aprile 2019, al Corriere dello Sport) sono avvenute nel breve periodo compreso tra il 1° febbraio 2019 (giorno nel quale la Corte d’Appello Federale aveva annullato la dismissione del ricorrente dal ruolo CAN A) e il 2 aprile 2019 (giorno in cui il Collegio di Garanzia, a sua volta, aveva annullato la suddetta delibera della Corte Federale). Di talché, poiché, ai sensi dell’art. 3 NDA, la competenza in materia disciplinare avviene sulla base dell’inquadramento associativo del deferito al momento della commissione dell’infrazione, ne deriverebbe che, in quel breve periodo, il ricorrente avrebbe dovuto considerarsi come arbitro CAN A e, in quanto tale, soggetto alla competenza della Commissione di Disciplina Nazionale in luogo di quella Regionale. Tuttavia, anche a prescindere dalla considerazione che la conseguenza pretesa sarebbe limitata solo alle due interviste indicate e non anche alle altre (successive) specificate nella suddetta lettera D e a tutte le altre contestazioni oggetto del giudizio, in ogni caso l’annullamento disposto in via definitiva dal Collegio di Garanzia travolge retroattivamente gli effetti interinali della decisione endofederale riformata, con la conseguenza che tutte le infrazioni devono reputarsi commesse in un periodo successivo al transito del ricorrente nel ruolo sezionale, e dunque attribuite alla competenza della Commissione di Disciplina Regionale, così come correttamente è avvenuto.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: C.U. n. 53/TFN-SD del 27 Marzo 2018 (motivazioni) - www.figc.it

Impugnazione Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: DI F.R.(Arbitro effettivo della Sezione AIA di Bra - CN) - (nota n. 7521/246 pf17-18GT/ag del 19.02.2018).

Massima: Per quanto non oggetto di contestazione, va premesso che nessun dubbio può sussistere in ordine all'appartenenza in capo agli Organi di giustizia federale dell'azione disciplinare anche nei confronti del, tesserato A.I.A., in forza del combinato disposto degli artt. 32, co. 7° e 33, co. 6 Statuto FIGC. La giustizia domestica, di carattere residuale, è operativa "nei limiti stabiliti dalle norme federali e unicamente con riguardo ad aspetti strettamente interni alle categorie". L'art. 3 Reg. A.I.A., nel recepire tali prescrizioni, prevede al co. 1° che "gli arbitri sono sottoposti alla potestà disciplinare degli Organi della giustizia sportiva della FIGC per la violazione delle norme federali" e, al co. 2°, che "Sono sempre sottoposti alla giurisdizione domestica dell'A.I.A. per la violazione agli obblighi associativi specificatamente disciplinati dall'art. 40, commi 3° e 4°, del presente regolamento e per la violazione delle norme secondarie interne, purché le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o Società della FIGC". Orbene, nel caso di specie l' a.e. è deferito per la violazione dell'art. 1 bis CGS, da ritenere assorbente e comunque prevalente rispetto alla violazione dell'art. 40, co. 1°, Reg. A.I.A. ed inoltre l'asserita infrazione vede coinvolti altri tesserati di una Società calcistica (destinatari di altri provvedimenti emessi dagli Organi di giustizia sportiva).

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.050/TFN del 31 Gennaio 2017 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: A.S.(all’epoca dei fatti Arbitro benemerito della Sezione AIA di Salerno), V.A.(all’epoca dei fatti Arbitro benemerito della Sezione AIA di Sala Consilina), C.M.(all’epoca dei fatti Presidente della Società FC Hermes Casagiove), Società FC HERMES CASAGIOVE - (nota n. 5023/17 pf16-17 GT/cf del 10.11.2016).

Massima: Il TFN rimette gli atti alla Procura Federale in quanto dichiara la propria incompetenza e la competenza del Tribunale Federale Territoriale Campania in ordine al deferimento degli arbitri benemeriti (Consiglieri del CR Campania) e del presidente della società appartenente al CR Campania per aver redatto un documento definito “Comunicato”, che a loro richiesta era stato pubblicato sul sito internet e che era stato ripreso, da altri siti, contenenti espressioni incontestabilmente diffamatorie indirizzate ai singoli componenti della gestione commissariale del Comitato Regionale Campania, nonché al complessivo sistema di giustizia sportiva, ai suoi componenti ed alla stessa Procura Federale, il tutto in violazione dell’art. 1 bis comma 1 CGS e degli artt. 40 commi 1, 2, 3 lett. a), c), e) e 4 lett. e) del Regolamento AIA, per quanto concerne gli arbitri ed in violazione dell’art. 1 bis CGS per la posizione del presidente della società. È in atti, perché prodotta dai due deferiti, la lettera 13 settembre 2013 a firma del Presidente AIA, che attestava l’inquadramento dei suddetti con la qualifica di arbitri fuori ruolo e che specificava che, nella stagione immediatamente successiva alla cessazione dell’incarico presso il Comitato Regionale Campania, avrebbero dovuto partecipare al corso di aggiornamento per osservatori arbitrali al fine di riprendere la normale attività. A ciò consegue che, per quel che interessa il presente procedimento, l’attività facente capo ai Sig.ri – omissis - e – omissis -, esclusa la loro appartenenza alla categoria degli arbitri benemeriti, deve essere necessariamente ricondotta nell’ambito della carica di consiglieri del Comitato Regionale Campania, avente una ricaduta territoriale e che, ancorché cessata in epoca precedente la data di pubblicazione del “Comunicato”, rende gli attuali deferiti sottoposti alla giustizia Federale perché comunque riferibile ad una attività di contenuto sportivo. Pacifica è inoltre la rilevanza territoriale della posizione del – omissis - sotto il duplice aspetto della già espletata carica di consigliere del Comitato Regionale campano e di Presidente della Società FC Hermes Casagiove, partecipante al campionato Regionale campano di Eccellenza. Ciò posto, evidenziato che questo Tribunale Federale Nazionale è giudice di primo grado nei procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore Federale per i campionati e le competizioni di livello nazionale, per le questioni che riguardano più ambiti territoriali, nei procedimenti riguardanti i dirigenti federali nonché gli appartenenti all’AIA che svolgono attività in ambito nazionale e nelle altre materie contemplate dalle norme federali e che i Tribunali Federali a livello territoriale sono altresì giudici di primo grado nei procedimenti di uguale natura instaurati per i campionati e le competizioni di livello territoriale, nei procedimenti riguardanti gli appartenenti all’AIA che svolgono attività in ambito territoriale e nelle altre materie ad essi attribuiti dalle norme federali (art. 29 CGS), in applicazione di siffatto principio di ripartizione delle competenze, va affermata l’incompetenza di questo Tribunale e la competenza del Tribunale Federale Territoriale Campano, a cui il procedimento andrà rimesso a cura della Procura Federale.

 

Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 070/CFA del 22 Gennaio 2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 076/CFA del 28 Gennaio 2016 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 44/TFN del 15.12.2015

Impugnazione – istanza: 1. RICORSO PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI INCOMPETENZA PRONUNCIATA DAL TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – SEZIONE DISCIPLINARE – IN FAVORE DEL GIUDICE SPORTIVO PRESSO LA LEGA ITALIANA CALCIO PROFESSIONISTICO IN ORDINE ALLA POSIZIONE DI: - SIG. F.A., ASSISTENTE DI GARA; - SIG. M.A., ALLENATORE DELLA SOCIETA’ U.C. ALBINOLEFFE; - SOCIETÀ U.C. ALBINOLEFFE, PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, EX ART. 4 COMMA 2 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA CONDOTTA ASCRITTA AL SUO ALLENATORE, SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS COMMA 1 C.G.S. (IN OCCASIONE DELLA GARA DI LEGA PRO, ALBINOLEFFE/CREMONESE DEL 12.1.2015) - NOTA N. 4203/516PF14-15/MS/VDB DEL 30.10.2015

Massima: La Corte annulla la decisione del TFN che si era dichiarato incompetente a decidere in merito al deferimento dell’assistente arbitrale e dell’allenatore per il comportamento da questi tenuto in occasione della gara e per il quale sono stati chiamati a rispondere della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS ritenendo, erroneamente, sussistente la competenza del Giudice Sportivo. Occorre preliminarmente evidenziare come si tratti di fattispecie, per i riflessi “procedurali” della stessa qui in rilievo, alquanto peculiare. Infatti, né il direttore di gara, né il commissario di campo della Lega Pro hanno segnalato i fatti oggetto del deferimento nelle proprie rispettive relazioni. Di conseguenza, peraltro, il GS non avrebbe comunque potuto valutare i medesimi. Il Procuratore Federale è, invece, venuto a conoscenza dei fatti per effetto di una relazione fatta pervenire da un collaboratore federale presente alla partita Nel ritenere ed affermare il proprio difetto di competenza il T.F.N. ha osservato come sussista un radicato orientamento della giurisprudenza di settore secondo cui le violazioni intervenute sul campo di gioco, durante il corso dello svolgimento della gara, sono di competenza del Giudice sportivo. Lo stesso art. 29, comma 2, C.G.S. dispone, del resto, che “I Giudici Sportivi giudicano in prima istanza in ordine ai fatti, da chiunque commessi, avvenuti nel corso di tutti i campionati e le competizioni organizzate dalle Leghe e dal Settore per l'attività giovanile e scolastica, sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali e dei mezzi di prova di cui all’art. 35”. La decisione del T.F.N. non convince. Occorre muovere dalla considerazione preliminare che, pur costituendo un unicum, la vicenda che ci occupa deve essere sezionata in due diversi momenti episodici: la risposta dell’assistente arbitrale all’allenatore; ciò che, al termine della gara, l’allenatore ha detto al direttore di gara con riferimento al comportamento dell’assistente. Quanto al primo frammento dell’episodio di cui trattasi, deve ritenersi accertato che al 26° minuto del secondo tempo di gioco, quando un calciatore della Cremonese si rivolgeva in modo irriguardoso nei confronti del direttore di gara, l’allenatore dell’Albinoleffe, sig. - omissis- , si è rivolto al primo assistente arbitrale, sig. - omissis- , così urlando: “assistente non ha sentito …. si è sentito fino a qui . E l’arbitro non fa niente?”. A questo punto l’assistente sig. - omissis- rispondeva, a voce alta, al predetto allenatore, dicendo: “non vi basta ancora? Volete vedere come ci divertiamo adesso?”. Lo scambio sopra sintetizzato è stato chiaramente udito dal commissario di campo delegato dalla Lega Pro e dal collaboratore della Procura Federale e da questi riferito, con apposita specifica segnalazione, al Procuratore Federale. Orbene, questa Corte ritiene che si tratti di comportamento disciplinarmente rilevante che attiene non già al profilo della competizione tecnico-agonistica in senso stretto considerata, bensì al più vasto ambito dei rapporti tra i soggetti appartenenti all’ordinamento federale. L’accaduto si sostanzia in un colorito ed acceso diverbio tra un tesserato dell’area Aia ed un tesserato dell’area tecnica, entrambi appartenenti alla Figc. E, come noto, tutti coloro che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale, compresi, quindi, gli ufficiali di gara, sono tenuti a comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva. Ritenuto, dunque, che la condotta di cui trattasi non appare riferibile ad una espressione di gioco, né appare riferibile alla gara in senso proprio intesa, questa Corte ritiene che il T.F.N. abbia errato laddove ha dichiarato il proprio difetto di competenza. Del resto, diversamente opinando, comportamenti come questi rischierebbero di rimanere inevitabilmente fuori dalle aule della giustizia federale e privati di una possibile valutazione da parte di alcun organo di giustizia sportiva. Affermata, dunque, la propria competenza, considerato accertato il comportamento tenuto, nell’occasione, dall’assistente sig. - omissis-, valutata la gravità delle espressioni utilizzate dallo stesso, specie in relazione al ruolo ed alla funzione propria degli ufficiali di gara, questa Corte considera correttamente determinata la sanzione richiesta dalla Procura Federale e, pertanto, dispone la sospensione dello stesso predetto sig. - omissis- per mesi tre. Profili di maggiore problematicità si rinvengono in ordine alla posizione dell’allenatore dell’U.C. Albinoleffe, tanto sulla competenza, quanto eventualmente in relazione al merito. In questo caso, infatti, si tratta di espressioni riferite direttamente dal sig. - omissis-  al direttore di gara e da questi non inserite in rapporto. Se, infatti, le espressione del sig. - omissis-, asseritamente offensive o irriguardose nei confronti dell’assistente sig. - omissis-, fossero state annotate e segnalate dal direttore di gara nel proprio referto ufficiale, indubbiamente sarebbe rimasta radicata la competenza del Giudice Sportivo. Nel caso di specie, invece, nessuna traccia di tali affermazioni si rinviene nel rapporto del direttore di gara e, dunque, occorre chiedersi se già solo questo, essendo poi le stesse state invece segnalate dal collaboratore della Procura, sia sufficiente o idoneo a radicare la competenza degli organi di giustizia federale. A ciò si aggiungano, inoltre, le esigenze, anche rappresentate dalla Procura federale nell’atto di appello, di conservare l’unitarietà, sotto il profilo delle valutazioni proprie degli organi di giustizia sportiva in senso lato inteso, delle due condotte disciplinarmente rilevanti, tra loro indiscutibilmente collegate. Come detto, infatti, si tratta di due frammenti di un unico episodio o, secondo l’espressione usata dalla Procura Federale, “di un singolo fatto a formazione progressiva”. Da qui, dunque, l’opportunità, se non la necessità, di sottoporre la vicenda nel suo complesso considerata, al medesimo Giudice, solo così potendosi meglio cogliere i vari profili della stessa e adeguatamente valutare e soppesare i comportamenti tenuti dai due deferiti di cui trattasi. Tutte queste considerazioni conducono questa Corte, avuto anche riguardo alla particolarità della fattispecie, a preferire, tra le due possibili opzioni interpretative, quella volta a ritenere sussistente (lo si ribadisce, nel caso di specie) la competenza del Tribunale Federale.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.044/TFN del 15 Dicembre 2015 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: (84) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: A.F. (Assistente arbitrale), A.M. (allenatore della Società UC Albinoleffe Srl), Società UC ALBINOLEFFE Srl - (nota n. 4203/516 pf14-15 MS/vdb del 30.10.2015).

Massima: Il TFN non è competente a decidere in merito al deferimento dell’assistente arbitrale e dell’allenatore per il comportamento da questi tenuto in occasione della gara e per il quale sono stati chiamati a rispondere della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS essendo competente il Giudice Sportivo. Il fatto: Al 26’ minuto del secondo tempo un giocatore della Cremonese proferiva “parole irriguardose” nei confronti del direttore di gara n, il quale non assumeva provvedimenti in merito. A quel punto l’allenatore dell’Albinoleffe si rivolgeva al primo assistente arbitrale, che si trovava nei pressi della linea di centrocampo, gridando: “Assistente non ha sentito? Si è sentito fino a qui, e l’arbitro non fa niente”. L’assistente rispondeva all’allenatore dicendo a voce alta: “Non vi basta ancora? Volete vedere come ci divertiamo adesso?” A quel punto l’allenatore rispondeva all’assistente dicendo: “Cos’è una minaccia? Lei ci sta minacciando!” Al termine della partita l’allenatore si avvicinava all’Arbitro e, riferendosi all’assistente, proferiva le seguenti parole: “É un deficiente. La prossima volta che si comporta così gliela faccio pagare! Deve avere rispetto. Fa il fenomeno solo perché ha la casacca gialla. L’arbitro rispondeva all’allenatore di non avere visto cosa fosse successo perché era in mezzo al campo e non aveva sentito nulla. Premesso il singolare svolgimento degli eventi processuali, osserva il TFN-SD che in tema di competenza sussiste un radicato orientamento, peraltro assunto in plurime occasioni, secondo il quale le violazioni intervenute sul campo di gioco durante il corso dello svolgimento della gara sono di competenza del Giudice Sportivo tranne i peculiari casi previsti all’art. 35 CGS e norme collegate. Escludendo quindi che la specie preveda condotta violente o gravemente antisportiva, o espressioni blasfeme, ovvero le evenienze riconducibili alla citata norma, vige dunque la competenza del Giudice Sportivo ai fini del corretto assetto procedurale, trattandosi appunto di alterco intervenuto al minuto 26 del secondo tempo dell’incontro di calcio. Non mancano precedenti in senso convergente. La riapertura del procedimento in fase postuma e successiva allo svolgimento della gara, non costituisce dunque una corretta applicazione del principio normativo dettato dal legislatore al momento in cui ha inteso attribuire i fatti attinenti al gioco, alla sola competenza del Giudice Sportivo, proprio in onore ai principi tipici del Diritto sportivo, quali la immediatezza della decisione per la regolarità dello svolgimento dei campionati. Ne deriva che devolvere la materia riferita al mero svolgimento di una gara alla Procura Federale, e alla successiva competenza del TFN-SD, costituisce difetto di competenza, essendo la materia ascritta alla competenza del Giudice Sportivo in ossequio alle norme di relazione e al menzionato costante orientamento.

 

Decisione C.F.A. : Comunicato ufficiale n. 036/CFA del 15 Ottobre 2015 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 124/CFA del 19 Maggio 2016 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 35/LND del 11.9.2015

Impugnazione – istanza: 4. RICORSO SIG. C.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE DI MESI 3 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS COMMA 1 C.G.S. E DELL’ART. 40 COMMA 1 DEL VIGENTE REGOLAMENTO A.I.A. (NOTA N. 10671/457 PF 14-15 DEL 19.5.2015) -

Massima: Il TFN in primo grado è competente a decidere in merito al deferimento dell’arbitro effettivo per violazione dell’art. 1 bis C.G.S. comma 1 e dell’art. 40 comma 1 Reg.to AIA. perché postava sul proprio profilo “facebook”, – subito dopo aver diretto la gara – un messaggio visibile a tutti gli utenti, dai connotati volgari ed irrispettosi nei confronti di atleti e Società

 

Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 015/CFA del 18 Dicembre 2014 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 030/CFA del 03 Marzo 2015 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso C.R. Lazio – Com. Uff. n. 83/LND del 7.11.2014

Impugnazione – istanza: 3. RICORSO DEL SIG. A.S. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE PER ANNI 3 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI AGLI ARTT. 1 COMMA 1 C.G.S. E 40 COMMI 1, 2, 3 LETT. A) ED H) REGOLAMENTO A.I.A. – NOTA 608/1153 PF 13 14/MS/VDB DEL 30.7.2014

Massima: Gli Organi di giustizia sportiva sono competenti a decidere in merito al deferimento dall’arbitro effettivo per la violazione di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S. e 40, commi 1, 2, 3, lett. A), B), C), F), H), del Regolamento AIA per aver refertato, contrariamente a quanto poi effettivamente accertato, di essere stato aggredito più volte dal calciatore in occasione della gara, causando allo stesso un’ingiusta sanzione di quattro anni di squalifica; di aver ingiustamente accusato, in sede di audizione presso la Commissione Disciplinare del Lazio, l’organizzazione arbitrale; di non essersi presentato, sebbene ritualmente convocato, per ben tre volte innanzi agli organi competenti della Procura Federale. A tal proposito, non nutre dubbio alcuno, questo Collegio, sul fatto che non sia rinvenibile, nella fattispecie, alcun problema in ordine al rapporto sussistente tra la giurisdizione domestica, propria dell’A.I.A., e quella della FIGC, che ha competenza su tutti i tesserati ad essa afferenti, compresi gli arbitri. Sotto tale profilo è possibile, in primo luogo, osservare come residui, in ordine ai fatti contestati al reclamante, una competenza di questa Corte (e, dunque, del Tribunale di primo grado), considerato che le contestazioni di cui trattasi non hanno natura squisitamente disciplinare. Non può, dunque, trovare adesione l’assunto difensivo secondo cui non sussisterebbe alcuna “giurisdizione” degli organi di giustizia sportiva della FIGC. Il ricorrente, infatti, se è vincolato, nei limiti della giurisdizione domestica, alle regole proprie specificamente dettate per gli arbitri, deve, in quanto arbitro e tesserato FIGC, ritenersi anche assoggettato alla normativa in materia di giustizia sportiva dettata dalla Federcalcio. Occorre muovere, anzitutto, da una lettura attenta dell’invocato dato normativo di cui all’art. 3 del Regolamento AIA, che così testualmente recita: «1. Gli arbitri sono sottoposti alla potestà disciplinare degli Organi della giustizia sportiva della FIGC per le violazioni delle norme federali. 2. Sono invece sottoposti alla giurisdizione domestica dell’AIA per la violazione agli obblighi associativi specificatamente disciplinati dall’art. 40 commi terzo e quarto del presente regolamento e per la violazione delle norme secondarie interne, purché le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o società della FIGC. 3. La Procura arbitrale deve segnalare alla Procura Federale ogni notizia di presunta violazione di norme federali commesse da arbitri, nonché ogni presunta violazione di qualsiasi norma, anche associativa, commessa da arbitri in concorso con altro tesserato o società della FIGC, nonché trasmettere alla stessa copia di eventuali atti di indagine già compiuti e di quanto comunque in suo possesso». Muovendo dal citato dato positivo non si può che constatare come le incolpazioni oggetto del presente procedimento integrano fattispecie di carattere non meramente tecnico e comportamentali per le quali è sottratta la più ampia competenza giurisdizionale della FIGC. In particolare, il sopra richiamato art. 40, sempre del Regolamento AIA, dopo aver imposto agli arbitri di «svolgere le proprie funzioni con lealtà sportiva, in osservanza dei principi di terzietà, imparzialità ed indipendenza di giudizio, nonché a comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile alla attività sportiva, con trasparenza, correttezza e probità» (comma 1), e averli richiamati all’obbligo «di osservare lo Statuto e le altre norme della FIGC, nonché ogni altra direttiva e disposizione emanata dagli organi federali» (comma 2), al terzo comma, lettere prima menzionate, così testualmente dispone: «Gli arbitri, in ragione della peculiarità del loro ruolo, sono altresì obbligati: a) ad osservare il presente Regolamento, le norme secondarie ed ogni altra direttiva e disposizione emanata dai competenti organi associativi, nonché a rispettare il codice di etica e di comportamento; b) a mantenere tra loro rapporti verbali ed epistolari secondo i principi di colleganza e di rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti; c) ad improntare il loro comportamento, anche estraneo allo svolgimento dell’ attività sportiva nei rapporti con colleghi e terzi, rispettoso dei principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale; d) a non adire qualsiasi via legale nei confronti di altri tesserati FIGC e associati per fatti inerenti e comunque connessi con l’attività tecnica sportiva e la vita associativa, senza averne fatto preventiva richiesta scritta al Presidente dell’AIA e senza aver poi ottenuto dal Presidente FIGC la relativa autorizzazione scritta a procedervi nei confronti di altri tesserati e direttamente dal Presidente AIA nei confronti di altri associati, salvo dopo il decorso di 60 giorni dalla richiesta in assenza di risposta; e) ad accettare, in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo e dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, rinunciando ad adire qualsiasi Autorità Giudiziaria, la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC o dall’AIA, dai suoi Organi o soggetti delegati nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale, nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico; f) a collaborare fattivamente e lealmente con gli Organi disciplinari, nonché ad accettare il principio dell’assoluta insindacabilità delle decisioni di natura tecnica; g) a compilare con assoluta veridicità la propria scheda anagrafica personale tenuta dal Presidente di Sezione ed a segnalare immediatamente eventuali variazioni, compresi cambi di residenza e/o domicilio; h) ad assolvere con tempestività e con la massima fedeltà al potere referendario ed alle eventuali richieste di integrazione; […]». Orbene, nel caso di specie vengono in rilievo non già (rectius: non solo) mere violazioni delle predette prescrizioni, nel senso che non ci trova di fronte a contestazioni di ordine tecnico-disciplinare attinenti alla funzione arbitrale, ma si è (quantomeno, anche) in presenza di violazioni comportamentali rilevanti ex art. 1 (ora 1 bis) C.G.S., norma, questa, posta infatti alla base della contestazione mossa dalla Procura Federale. Si aggiunga, poi, in ogni caso, che la condotta contestata all’arbitro – omissis - ha avuto indiscutibile influenza su terzi soggetti (calciatore – omissis -) e società della FIGC (Real Casilina). Per l’effetto, alla luce del combinato disposto delle norme di cui agli artt. 3, comma 2, e 40 Regolamento A.I.A. e delle norme di cui agli artt. 1 bis e 30, comma 3, C.G.S., la fattispecie dedotta in giudizio rimane, comunque, assoggettata agli Organi di giustizia della FIGC.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.86/CDN del 29 Maggio 2014 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: (304) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: S.D.E. (Arbitro Effettivo CRA Emilia Romagna) (nota n. 5296/544 pf11-12/MS/vdb del 27.3.2014) 

Massima: La CDN è competente a decidere sul deferimento dell’arbitro facente parte del CRA per la violazione dell’art. 1, comma 1 CGS in relazione all’art. 40, comma 1 e 3 lett. c), del Regolamento AIA per aver posto in essere un comportamento scurrile e volgare “toccandosi i testicoli”, in segno di scherno verso la tribuna in occasione di una contestazione, nel corso della partita ed altresì per aver contattato la giocatrice della società, scrivendo sul profilo facebook della stessa la seguente frase “Ciao, sono l’arbitro di ieri complimenti sei stata la migliore in campo…giuoco maschio e tante botte…”, così non rispettando i principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del ruolo arbitrale.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 8 maggio 2014 – www.coni.it   

Decisione impugnata: Delibera della Commissione di Disciplina d’Appello dell’A.I.A. n. 7 del 20 settembre 2013

Parti: Dott. A.D.M. / Associazione Italiana Arbitri e Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Gli Organi disciplinari dell’A.I.A. sono competenti a decidere in merito al deferimento dell’arbitro resosi responsabile di molteplici violazioni ex art. 40, numeri 1, 3 e 4 del Regolamento A.I.A. La ripartizione della potestà disciplinare e dettata dall’art. 3 del Regolamento A.I.A., il quale prevede espressamente che “1. Gli arbitri sono sottoposti alla potesta disciplinare degli Organi della giustizia sportiva della FIGC per le violazioni delle norme federali. 2. Sono invece sottoposti alla giurisdizione domestica dell’AIA per la violazione agli obblighi associativi specificatamente disciplinati dall’art. 40 commi terzo e quarto del presente regolamento e per la violazioni delle norme secondarie interne, purche le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o societa della FIGC”. Ebbene, il ricorrente e stato deferito per le molteplici violazioni a lui ascritte ex art. 40 comma 1, comma 3 lett. b), c), o) e comma 4 lett. n) del Regolamento A.I.A. Le soprarichiamate violazioni, atteso il chiaro disposto dell’art. 3 del Regolamento A.I.A., sono assoggettate alla disciplina domestica dell’Associazione stessa, perche attinenti a obblighi specifici che debbono essere rispettati dai membri dell’Associazione. Inoltre, le violazioni per cui e stato deferito il Dott. – omisssis - non coinvolgono alcun tesserato esterno all’Associazione; anzi, le violazioni riguardano attività e questioni squisitamente interne all’A.I.A. perche attinenti all’attività elettore in seno alla Sezione di Foggia. Sul punto, l’Arbitro Unico condivide quanto affermato dalla Commissione di Disciplina di Appello dell’A.I.A., secondo la quale “le violazioni per cui si procede attengono esclusivamente ad obblighi e divieti caratteristici della posizione dell’Arbitro, e non integrano quella “violazione delle norme federali” che ai sensi dell’art. 3 comma 1 del Regolamento Associativo attribuirebbero la giurisdizione agli Organi della Giustizia della Federazione Italiana Giuoco Calcio”.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.72/CDN  del 23 Aprile 2014 - www.figc.it

Impugnazione Istanza:(280) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: G.D.O. (Arbitro effettivo Sezione AIA Finale Emilia) - (nota n. 5026/248 pf 13- 14/AM/ma del 13.3.2014).

Massima: La CDN è competente a decidere sul deferimento dell’arbitro per falsa refertazione in violazione dell’art. 1, comma 1 CGS e dell’art. 40, comma 1, 2 e  3 lett. a) e h) del Regolamento A.I.A.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 14 dicembre 2010 – www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello AIA, n. 002 del 16 luglio 2010

Parti: Sig. A.B. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio e Associazione Italiana Arbitri

Massima: Gli organi disciplinari dell’AIA sono competenti a decidere il comportamento dell’arbitro per la violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a), b), e c) del Regolamento AIA. Tra i motivi di carattere procedurale fatti valere dal Ricorrente in questo arbitrato il primo che, seguendo un ordine logico, deve essere esaminato attiene alla dedotta violazione delle regole che presiedono alla ripartizione della potestà disciplinare tra organi dell’AIA (c.d. giustizia domestica) ed organi della FIGC (c.d. giustizia federale). Sostiene l’arbitro effettivo, infatti, che le violazioni contestategli rientravano nella competenza degli organi di giustizia federale. Dunque i provvedimenti adottati dagli organi di giustizia domestica devono essere annullati. La potestà disciplinare sugli associati nell’AIA è ripartita tra organi della FIGC e organi dell’AIA secondo le regole dettate dall’art. 3 del Regolamento AIA, come segue: “1. Gli arbitri sono sottoposti alla potestà disciplinare degli Organi della giustizia sportiva della FIGC per le violazioni delle norme federali. 2. Sono invece sottoposti alla giurisdizione domestica dell’AIA per la violazione agli obblighi associativi specificatamente disciplinati dall’art. 40 commi terzo e quarto del presente regolamento e per la violazione delle norme secondarie interne, purché le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o società della FIGC”. Ebbene, l’Arbitro Unico rileva che l’arbitro è stato deferito dalla Procura Arbitrale agli organi disciplinari dell’AIA ed è stato da questi sanzionato per violazioni dell’art. 40, comma 4, lett. d) ed e) e dell’art. 40, comma 3, lett. a), b), e c) del Regolamento AIA. Ossia per violazioni che, anche sotto il profilo della contravvenzione ai “principi di lealtà, correttezza e probità e al rispetto dei ruoli istituzionali” imputata all’arbitro nell’atto di deferimento, sono sottoposte, secondo la chiara lettera dell’art. 3 del Regolamento AIA, alla giurisdizione domestica dell’AIA, in quanto riferite ad obblighi associativi specificatamente disciplinati dall’art. 40, commi terzo e quarto del regolamento stesso.

 

Decisione C.G.F. - Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 200/CGF del 19 Marzo 2009 n.1 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 247/CGF del 03  Maggio 2010 n. 1 e  su  www.figc.it

Impugnazione – istanza:  1) Ricorso del sig. P.G., tendente ad ottenere: a) declaratoria di incompetenza della commissione di  disciplina nazionale A.I.A. nel procedimento avviato con atto di  contestazione prot. 06/pda/is ruolo 06/2009-2010 datato 18.9.2009 e  spedito il 25.9.2009;  b) interpretazione dell’art. 52, comma 4 del regolamento A.I.A.

Massima: E’ inammissibile il ricorso proposto dall’arbitro alla CGF con il quale avanza istanza di regolamento di  competenza/giurisdizione, relativamente al procedimento iniziato dalla Commissione di disciplina  nazionale dell’AIA, in base all’atto di contestazione inviato dalla procura dell’AIA e chiedeva, inoltre, alla CGF, in sede contenziosa, la corretta  interpretazione, ovvero la declaratoria di illegittimità dell’art. 52, comma 4, del Regolamento dell’AIA il quale prevede che “le norme di disciplina assicurano che  l’associato deferito abbia la possibilità di essere ascoltato, di indicare mezzi di prova a discarico e di  depositare memorie già nella fase delle indagini;  possa acquisire copia di tutti gli atti, dopo il  deferimento, e disporre di un tempo congruo per preparar la propria difesa; abbia la facoltà di essere  sentito presso le Commissioni di Disciplina eventualmente con l’assistenza di un altro associato non  rivestente cariche associative”. Infatti, da un lato, il ricorso tendente ad ottenere il regolamento di competenza deve essere dichiarato inammissibile non essendo  stato proposto dal Presidente Federale, come prescrive l’art. 34 dello Statuto Federale, dall’altro deve essere dichiarato irricevibile in quanto la competenza ad  interpretare le norme non spetta alla Corte Federale, investita dei poteri giurisdizionali, ma tale  competenza è attribuita, dall’art. 34, comma 12, dello Statuto, alla stessa Corte Federale, ma con  funzioni consultive, ed è, pertanto, ad essa, con le modalità previste dalla normativa, che deve  essere proposto il quesito, non esistendo il potere di trasmettere d’ufficio la questione all’attenzione  della sezione consultiva di questa stessa Corte Federale.

Decisione C.G.F. - Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 200/CGF del 19 Marzo 2009 n.1 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 247/CGF del 03  Maggio 2010 n. 1 e  su  www.figc.it

Impugnazione – istanza:  1) Ricorso del sig. P.G., tendente ad ottenere: a) declaratoria di incompetenza della commissione di  disciplina nazionale A.I.A. nel procedimento avviato con atto di  contestazione prot. 06/pda/is ruolo 06/2009-2010 datato 18.9.2009 e  spedito il 25.9.2009;  b) interpretazione dell’art. 52, comma 4 del regolamento A.I.A.

Massima: La Commissione Disciplinare dell’AIA è competente a decidere in merito al deferimento nei confronti dell’arbitro per la violazione dell’art. 40 commi 3 e 4 del Regolamento dell’A.I.A e non anche per le violazioni di cui al comma 1 dello stesso articolo salvo che le stesse siano  attuativamente coordinate a quelle dei commi  terzo e quarto. Il ricorrente, in quanto arbitro risulta a tutti gli  effetti assoggettato alla normativa di Giustizia Sportiva propria della Federcalcio ed, inoltre, è  vincolato, nei limiti della giurisdizione domestica,  alle regole proprie dettate, per gli arbitri dal  regolamento di disciplina loro proprio.  Il tema che discende da questo stato di cose è quello di comprendere quali siano, in concreto, i  comportamenti asseritamene “illeciti” posti in essere dal ricorrente e verificare se gli stessi siano  assoggettati alla giustizia domestica dell’A.I.A. o a quella, estesa a tutti i tesserati, della  Federazione.  Va, preliminarmente, verificato se la Corte di Giustizia ha tale potere.  Appare evidente che, anche nella non chiarissima formulazione della normativa, contenuta nel  Codice di Giustizia Sportiva della Federcalcio, il  compito di effettuare la verificazione della  giurisdizione spetta alle Sezioni Unite della Corte di Giustizia Federale, che costituiscono l’organo  di vertice della Giustizia sportiva endo-federale ed in quanto tale sono investite della  regolamentazione della giurisdizione all’interno della Federcalcio; tuttavia l’art. 34 dello Statuto  della F.I.G.C., garantisce la regolamentazione interna della “giurisdizione” solo a seguito di un atto  di impulso del Presidente Federale, che nel caso in esame non è stato posto in essere. Pertanto, pur palesandosi l’inammissibilità del ricorso appare opportuno, per ragioni  sistematiche, procedere all’analisi della normativa interna all’A.I.A che, con l’art. 3, comma 1, del  Regolamento, chiarisce che “gli arbitri sono sottoposti alla potestà disciplinare degli Organi della  Giustizia Sportiva della F.I.G.C. per la violazione delle norme federali”. Il successivo comma, dello stesso art. 3, integra la prima affermazione e puntualizza che gli  arbitri “sono sottoposti alla giurisdizione domestica dell’A.I.A. per le violazioni degli obblighi  associativi specificamente disciplinati dall’art. 40, commi terzo e quarto del presente regolamento e  per la violazione delle norme secondarie interne, purchè le questioni non riguardino, in alcun modo,  altri tesserati o società”.  Dalla analisi di queste prime norme, che regolano i rapporti tra la giurisdizione domestica  dell’A.I.A. e la restante giurisdizione della  Federazione, emerge che esclusivamente per la  violazione degli obblighi previsti dai commi terzo e quarto, dell’art. 40 del Regolamento dell’A.I.A,  gli arbitri possono essere sottratti alla più ampia competenza giurisdizionale della F.I.G.C ed essere  giudicati dagli organi di giustizia interni all’A.I.A., tale eccezione, peraltro, non opera nell’ipotesi  in cui il comportamento del arbitro, pur lesivo dell’art. 40 del Regolamento A.I.A. o delle norme  interne di carattere secondario, coinvolga anche altri tesserati o società.  Fatta questa premessa è necessario verificare quali siano gli obblighi associativi previsti dal  terzo e dal quarto comma dell’art. 40 (doveri degli arbitri), la cui violazione legittima la competenza  propria degli organi di giustizia interna all’A.I.A.  Invero, i due commi dell’art. 40, richiamati dall’art. 3 del regolamento A.I.A., contengono: il  primo (terzo comma) un lungo elenco di prescrizioni cui gli arbitri “in ragione della pubblicità del  loro ruolo” sono obbligati ad attenersi; il secondo (comma quarto) integra  la descrizione puntuale  (non a titolo meramente esemplificativo) dei divieti a cui gli arbitri devono assoggettarsi.  Dall’analisi generale di detti rilievi (prescrizioni ed obblighi) emerge, chiaramente, che non ci  si trova in presenza di divieti relativi ad attività di carattere squisitamente tecnico, attinenti alla  funzione arbitrale, ma si è anche in presenza di violazioni comportamentali che impongono, però, il giudizio di organismi di Giustizia domestica altamente specializzati, come lo sono quelli previsti  dall’art. 28 del Regolamento A.I.A., composti appunto da arbitri benemeriti o da arbitri fuori quadro  (art. 29, comma 3) e, pertanto, particolarmente adatti a giudicare “mancanze” di ordine tecnico e/o  comportamentale.  Alla luce di quanto sopra occorre ora vedere, in dettaglio, quali siano state le doglianze mosse  nei confronti del ricorrente.  Come emerge dal deferimento formulato nei confronti dell’arbitro allo stesso viene contestata  la violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a), nonchè dell’art. 40,  comma 4, lett. d) ed e), del  Regolamento A.I.A. “per avere rilasciato interviste senza le prescritte autorizzazioni del Presidente  dell’A.I.A., pubblicate da organi di stampa e trasmesse da programmi televisivi”. Inoltre, al ricorrente viene contestata la violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a)  e comma 4, lett. d), “per aver  aperto senza la prescritta autorizzazione del Presidente A.I.A. il proprio sito internet contenente dichiarazioni e commenti sulle attività  da lui svolte e sulla sua posizione arbitrale,  all’interno del quale sito erano anche riportate interamente le interviste di cui alla contestazione  precedente”.  Allo stesso ricorrente si contesta la violazione dell’art 40, comma 1 e comma 3, lett. a), b) e c),  per aver espresso e riportato nelle varie interviste, rese disponibili sul sito e negli articoli (di cui alle  contestazioni precedenti) dichiarazioni e valutazioni lesive della credibilità e della immagine  dell’A.I.A. e di alcuni suoi dirigenti ed associati.  Infine, all’incolpato viene contestata la violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a ) ed e) per non  aver accettato la decisione del Comitato nazionale dell’A.I.A. del 4 luglio 2008 ed aver presentato,  nel dicembre 2008, un ricorso al TAR del Lazio, recando, in tal modo, “danno all’immagine della  Associazione per la notorietà dei fatti”.  In sostanza al ricorrente vengono, nelle  diverse contestazioni a lui mosse, con il  deferimento del 18 settembre 2009, imputate violazioni dell’art. 40, comma 3, lett. a) cioè l’obbligo  di “osservare il presente regolamento, le norme  secondarie ed ogni altra  direttiva o disposizione  emanata dai competenti organi associativi,  nonché a rispettare il codice di etica e di  comportamento”; dell’art. 40, comma 1, che prescrive che: “gli arbitri sono tenuti a svolgere le  proprie funzioni con lealtà sportiva, in osservanza dei principi di terzietà, imparzialità ed  indipendenza di giudizio, nonché a comportarsi in ogni rapporto, comunque riferibile alle attività  sportive, con trasparenza, correttezza e probità”.  Inoltre, al ricorrente viene imputata la  violazione del terzo comma dell’art. 40 del  Regolamento alle lett. b), c), d) ed e) che, per comodità di analisi, di seguito di trascrivono:  b) a mantenere tra loro rapporti verbali ed epistolari secondo i principi di colleganza e di  rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti;  c) ad improntare il loro comportamento, anche  estraneo allo svolgimento della attività  sportiva nei rapporti con colleghi e terzi, rispettoso dei principio di lealtà, trasparenza, rettitudine,  della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’A.I.A. e del loro ruolo arbitrale;  d) a non adire qualsiasi via legale nei confronti di altri tesserati F.I.G.C. e associati per fatti  inerenti e comunque connessi con l’attività tecnica sportiva e la vita associativa, senza averne fatto  preventiva richiesta scritta al Presidente dell’A.I.A. e senza aver poi ottenuto dal Presidente  F.I.G.C. la relativa autorizzazione scritta a procedervi nei confronti di altri tesserati e direttamente  dal Presidente dell’AIA nei confronti di altri associati, salvo dopo il decorso di 60 giorni dalla  richiesta in assenza di riposta;  e) ad accettare, in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo e dei  vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, rinunciando ad adire qualsiasi Autorità  Giudiziaria, la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla F.I.G.C. o  dall’AIA, dai suoi Organi o soggetti delegati nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento  dell’attività federale, nonché nelle relative vertenza di carattere tecnico, disciplinare ed economico.  Viene, inoltre, contestata al ricorrente la violazione delle lett. d) ed e) del quarto comma dell’art. 40  che, sempre per comodità di indagine, di seguito di trascrivono:  d) di fare dichiarazioni in luogo pubblico anche a mezzo e-mail o propri siti internet, di  partecipare a gruppi di discussione, mailing list, forum, blog o simili, di fare dichiarazioni in  qualsiasi forma e di rilasciare interviste, a qualsiasi mezzo di informazione, che attengano le gare  dirette e gli incarichi espletati, salvo espressa autorizzazione del Presidente dell’A.I.A.. Gli arbitri  possono liberamente rilasciare dichiarazioni ed interviste sulle prestazioni espletate, solo dopo che  il Giudice Sportivo ha deliberato in merito alle  gare, purchè consistano in meri chiarimenti o  precisazioni e non comportino alcun riferimento alla valutazione del comportamento tecnico e  disciplinare dei singoli tesserati;  e) di intrattenere rapporti professionali e  di collaborazione in qualsiasi forma anche  occasionale e non continuativa con i mezzi di informazione su argomenti inerenti il giuoco del  calcio. Gli arbitri, previa autorizzazione del Presidente dell’A.I.A. possono rilasciare dichiarazioni  ed interviste si argomenti di carattere generale oppure riguardati l’attività dell’A.I.A. e della  F.I.G.C. nel rispetto del Codice di Giustizia Sportiva.  Pertanto, tutte le considerazioni mosse al ricorrente ed in precedenza esaminate rientrano tra  quelle di competenza della giurisdizione domestica dell’A.I.A., anche se è necessario rilevare, che,  in virtù di quanto ricordato, la giurisdizione dell’A.I.A. è limitata esclusivamente a quanto disposto  dai commi terzo e quarto dell’art. 40 del regolamento, e non può, in alcun caso, conoscere delle  violazioni al primo comma dello stesso art. 40, ovvero può farlo solo se le stesse sono  attuativamente coordinate a quelle dei commi  terzo e quarto, gli  unici – come detto - che  legittimano la competenza delle Commissioni di disciplina dell’A.I.A.  Tuttavia, non ci si può esimere, nel caso in esame, che implica la valutazione della  competenza giurisdizionale, da una analisi puntuale delle contestazioni mosse all’arbitro al fine di  verificare se ci si trova in presenza di contestazioni di natura tecnica e comportamentale, che  presuppongono la competenza degli organi di Giustizia interni all’A.I.A, oppure di contestazioni  di carattere “deontologico”, che integrando le violazioni all’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva  della Federcalcio non possono essere sottratte alla competenza della Giustizia Federale, che opera  nei confronti di tutti i tesserati, senza alcuna possibile eccezione.  Nel caso in esame, dunque, si è in presenza di contestazioni mosse  al ricorrente  squisitamente di natura disciplinare, in quanto allo stesso vengono addebitate “esternazioni”, quali il  rilascio di interviste o  la pubblicazione delle stesse interviste su  di un sito, aperto dello stesso  arbitro senza la prescritta autorizzazione, che implicano – come si è detto – possibili violazioni  idonee ad intaccare la credibilità della funzione arbitrale. Invero, le incolpazioni mosse all’arbitro, rilevabili della Procura arbitrale, integrando fattispecie di carattere squisitamente tecnico e  comportamentale danno luogo alla attenzione di un Giudice domestico, particolarmente qualificato,  in quanto formato da ex arbitri, a valutare questo tipo di mancanze.

 

Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n.009/Cf del 30 ottobre 2006 n. 1,2 - www.figc.it

Decisione impugnata: - www.figc.it

Impugnazione - istanza: Ricorso dell’A.E. G.P., ai sensi dell’art. 32, comma 5, dello statuto della F.I.G.C., avverso il provvedimento di sospensione cautelativa di mesi due adottato dal presidente della Commissione Nazionale di Disciplina con delibera n. 13 del 4 luglio 2006. Ricorso ai sensi dell’art. 32, comma 6, statuto F.I.G.C. e art. 22, comma 1, lett. c) Codice di Giustizia Sportiva, dell’ A.E. G.P.

Massima: La Commissione Nazionale di disciplina non può adottare alcun provvedimento sanzionatorio nei confronti dell’arbitro, quando per la condotta da questi posta in essere, rientrante tra le violazioni del Regolamento A.I.A. (e quindi di per sé astrattamente soggette alla giurisdizione domestica) è stato sanzionato, in un maxi-procedimento dalla giustizia sportiva. Ciò è fondato in base a due principi fondamentali. Il primo si desume dal complesso delle disposizioni dello Statuto federale, del Codice di Giustizia Sportiva e dello stesso Regolamento A.I.A., nel senso che vanno riconosciute la preminenza e la prevalenza della giustizia federale, rispetto alla quale quella domestica dell’A.I.A. non può che essere soltanto complementare. L’altro principio, che ha carattere generale, in quanto operante in ogni ordinamento e per tutti i tipi di procedimenti sanzionatori, è quello del divieto del bis in idem.

Massima: E’ improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso proposto dall’arbitro alla Corte Federale quando, da un lato, il provvedimento impugnato (sospensione cautelativa per mesi due disposta dal Presidente della Commissione Nazionale di Disciplina di I grado dell’A.I.A.) risulta essere stato revocato e, dall’altro, perché il suo contenuto è assorbito dal provvedimento (definitivo) di sospensione per otto mesi oggetto del secondo ricorso.

 

Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n. 2/Cf del 22 novembre 1999 n. 1 – www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento del Procuratore Federale a carico del sig. D.T.O., Presidente del Comitato Provinciale di Isernia, per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S., per comportamento antiregolamentare posto in essere nell’esercizio delle sue funzioni.

Massima: La Commissione di Disciplina Nazionale dell’A.I.A. è l’organo di primo grado competente a giudicare sul comportamento dell'arbitro incolpato di aver indotto, avvalendosi del ruolo di componente del C.D.S. e di rappresentante A.I.A. presso il Giudice Sportivo del Comitato Provinciale F.I.G.C., gli AA..EE. appartenenti alla sua Sezione a modificare, falsificandone i contenuti, i referti di due gare del campionato Juniores provinciale, al fine di alleviare ed attenuare le responsabilità di giocatori resisi colpevoli, sul terreno di giuoco, di violenze consumate a danno loro e delle loro società di appartenenza, nonché a carico degli arbitri, incolpati di aver tardivamente confessato la modificazione dei loro referti di gara, falsificandone il contenuto - per effetto delle pressioni esercitate dall'A.F.Q. - al fine di alleviare ed attenuare le responsabilità di giuocatori rei di condotta violenta consumata ai loro danni e quelle delle Società di appartenenza. La Commissione di Disciplina di Appello è competente a decidere come organo di seconda istanza.

 

Decisione CF: Comunicato Ufficiale 2/CF Riunione del 18 novembre 1996 n. 2 – www.figc.it

Impugnazione - istanza: - Deferimento del Procuratore Federale a carico di diversi arbitri effettivi, per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S, per aver indotto, in occasione della loro audizione dinanzi l’inquirente federale, altri colleghi a mitigare la portata delle esternazioni effettuate, nel corso della riunione tecnica del 10.3.1996, dal vice-commissario della C.A.N., B.F..

Massima: La Corte Federale dichiara il proprio difetto di giurisdizione e dispone l'invio degli atti alla Procura Arbitrale per il deferimento alla Commissione di Disciplina competente, ai sensi dall'art. 23 Reg. AIA, quando è chiamata a decidere sul comportamento tenuto da alcuni arbitri effettivi, poiché gli incolpati non rivestono qualifica di dirigenti nominati dal Presidente Federale.

 

 

 

 

 

 

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