Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Terza: Decisione n. 115 del 20/12/2021
Decisione impugnata: Delibera della Commissione di Disciplina d’Appello (CDA) dell’Associazione Italiana Arbitri n. 5 del 2020, dispositivo dell’11 settembre 2020 e motivazione comunicata il 30 settembre 2020, con la quale, in reiezione dell’appello proposto dal suddetto ricorrente avverso la decisione della Commissione di Disciplina Regionale AIA n. 43 del 23 dicembre 2019, è stato confermato, a carico dello stesso ricorrente, il provvedimento disciplinare del ritiro della tessera, per una serie di contestazioni tutte attinenti alla violazione degli artt. 40 del Regolamento AIA, nonché Premessa, commi 2 e 3, e 6.1, 6.3 e 6.4 del Codice Etico e di Comportamento AIA, con l’aggravante di cui all’art. 7, n. 4, lett. B), delle Norme Disciplina.
Impugnazione Istanza: C. G./Associazione Italiana Arbitri/Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima:….l’eccezione di incompetenza (o “carenza di legittimazione”) della Commissione di Disciplina Regionale (a favore, invece, della Commissione di Disciplina Nazionale) non risulta sufficientemente chiarita in questa sede di legittimità dal ricorrente, che si duole piuttosto del presunto difetto di motivazione della decisione della Commissione di Disciplina d’Appello, che non l’aveva accolta. In particolare, la censura rivolta dal ricorrente alla motivazione della decisione della CDA consisterebbe nel rilievo secondo cui alcune delle (ben più ampie) contestazioni, e segnatamente due delle interviste specificate alla lettera D delle contestazioni disciplinari (rilasciate, rispettivamente, in data 11 marzo 2019, al Messaggero e, in data 2 aprile 2019, al Corriere dello Sport) sono avvenute nel breve periodo compreso tra il 1° febbraio 2019 (giorno nel quale la Corte d’Appello Federale aveva annullato la dismissione del ricorrente dal ruolo CAN A) e il 2 aprile 2019 (giorno in cui il Collegio di Garanzia, a sua volta, aveva annullato la suddetta delibera della Corte Federale). Di talché, poiché, ai sensi dell’art. 3 NDA, la competenza in materia disciplinare avviene sulla base dell’inquadramento associativo del deferito al momento della commissione dell’infrazione, ne deriverebbe che, in quel breve periodo, il ricorrente avrebbe dovuto considerarsi come arbitro CAN A e, in quanto tale, soggetto alla competenza della Commissione di Disciplina Nazionale in luogo di quella Regionale. Tuttavia, anche a prescindere dalla considerazione che la conseguenza pretesa sarebbe limitata solo alle due interviste indicate e non anche alle altre (successive) specificate nella suddetta lettera D e a tutte le altre contestazioni oggetto del giudizio, in ogni caso l’annullamento disposto in via definitiva dal Collegio di Garanzia travolge retroattivamente gli effetti interinali della decisione endofederale riformata, con la conseguenza che tutte le infrazioni devono reputarsi commesse in un periodo successivo al transito del ricorrente nel ruolo sezionale, e dunque attribuite alla competenza della Commissione di Disciplina Regionale, così come correttamente è avvenuto.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: C.U. n. 53/TFN-SD del 27 Marzo 2018 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: DI F.R.(Arbitro effettivo della Sezione AIA di Bra - CN) - (nota n. 7521/246 pf17-18GT/ag del 19.02.2018).
Massima: Per quanto non oggetto di contestazione, va premesso che nessun dubbio può sussistere in ordine all'appartenenza in capo agli Organi di giustizia federale dell'azione disciplinare anche nei confronti del, tesserato A.I.A., in forza del combinato disposto degli artt. 32, co. 7° e 33, co. 6 Statuto FIGC. La giustizia domestica, di carattere residuale, è operativa "nei limiti stabiliti dalle norme federali e unicamente con riguardo ad aspetti strettamente interni alle categorie". L'art. 3 Reg. A.I.A., nel recepire tali prescrizioni, prevede al co. 1° che "gli arbitri sono sottoposti alla potestà disciplinare degli Organi della giustizia sportiva della FIGC per la violazione delle norme federali" e, al co. 2°, che "Sono sempre sottoposti alla giurisdizione domestica dell'A.I.A. per la violazione agli obblighi associativi specificatamente disciplinati dall'art. 40, commi 3° e 4°, del presente regolamento e per la violazione delle norme secondarie interne, purché le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o Società della FIGC". Orbene, nel caso di specie l' a.e. è deferito per la violazione dell'art. 1 bis CGS, da ritenere assorbente e comunque prevalente rispetto alla violazione dell'art. 40, co. 1°, Reg. A.I.A. ed inoltre l'asserita infrazione vede coinvolti altri tesserati di una Società calcistica (destinatari di altri provvedimenti emessi dagli Organi di giustizia sportiva).
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.050/TFN del 31 Gennaio 2017 - www.figc.it
Impugnazione Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: A.S.(all’epoca dei fatti Arbitro benemerito della Sezione AIA di Salerno), V.A.(all’epoca dei fatti Arbitro benemerito della Sezione AIA di Sala Consilina), C.M.(all’epoca dei fatti Presidente della Società FC Hermes Casagiove), Società FC HERMES CASAGIOVE - (nota n. 5023/17 pf16-17 GT/cf del 10.11.2016).
Massima: Il TFN rimette gli atti alla Procura Federale in quanto dichiara la propria incompetenza e la competenza del Tribunale Federale Territoriale Campania in ordine al deferimento degli arbitri benemeriti (Consiglieri del CR Campania) e del presidente della società appartenente al CR Campania per aver redatto un documento definito “Comunicato”, che a loro richiesta era stato pubblicato sul sito internet e che era stato ripreso, da altri siti, contenenti espressioni incontestabilmente diffamatorie indirizzate ai singoli componenti della gestione commissariale del Comitato Regionale Campania, nonché al complessivo sistema di giustizia sportiva, ai suoi componenti ed alla stessa Procura Federale, il tutto in violazione dell’art. 1 bis comma 1 CGS e degli artt. 40 commi 1, 2, 3 lett. a), c), e) e 4 lett. e) del Regolamento AIA, per quanto concerne gli arbitri ed in violazione dell’art. 1 bis CGS per la posizione del presidente della società. È in atti, perché prodotta dai due deferiti, la lettera 13 settembre 2013 a firma del Presidente AIA, che attestava l’inquadramento dei suddetti con la qualifica di arbitri fuori ruolo e che specificava che, nella stagione immediatamente successiva alla cessazione dell’incarico presso il Comitato Regionale Campania, avrebbero dovuto partecipare al corso di aggiornamento per osservatori arbitrali al fine di riprendere la normale attività. A ciò consegue che, per quel che interessa il presente procedimento, l’attività facente capo ai Sig.ri – omissis - e – omissis -, esclusa la loro appartenenza alla categoria degli arbitri benemeriti, deve essere necessariamente ricondotta nell’ambito della carica di consiglieri del Comitato Regionale Campania, avente una ricaduta territoriale e che, ancorché cessata in epoca precedente la data di pubblicazione del “Comunicato”, rende gli attuali deferiti sottoposti alla giustizia Federale perché comunque riferibile ad una attività di contenuto sportivo. Pacifica è inoltre la rilevanza territoriale della posizione del – omissis - sotto il duplice aspetto della già espletata carica di consigliere del Comitato Regionale campano e di Presidente della Società FC Hermes Casagiove, partecipante al campionato Regionale campano di Eccellenza. Ciò posto, evidenziato che questo Tribunale Federale Nazionale è giudice di primo grado nei procedimenti instaurati su deferimento del Procuratore Federale per i campionati e le competizioni di livello nazionale, per le questioni che riguardano più ambiti territoriali, nei procedimenti riguardanti i dirigenti federali nonché gli appartenenti all’AIA che svolgono attività in ambito nazionale e nelle altre materie contemplate dalle norme federali e che i Tribunali Federali a livello territoriale sono altresì giudici di primo grado nei procedimenti di uguale natura instaurati per i campionati e le competizioni di livello territoriale, nei procedimenti riguardanti gli appartenenti all’AIA che svolgono attività in ambito territoriale e nelle altre materie ad essi attribuiti dalle norme federali (art. 29 CGS), in applicazione di siffatto principio di ripartizione delle competenze, va affermata l’incompetenza di questo Tribunale e la competenza del Tribunale Federale Territoriale Campano, a cui il procedimento andrà rimesso a cura della Procura Federale.
Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 070/CFA del 22 Gennaio 2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 076/CFA del 28 Gennaio 2016 e su www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 44/TFN del 15.12.2015
Impugnazione – istanza: 1. RICORSO PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI INCOMPETENZA PRONUNCIATA DAL TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – SEZIONE DISCIPLINARE – IN FAVORE DEL GIUDICE SPORTIVO PRESSO LA LEGA ITALIANA CALCIO PROFESSIONISTICO IN ORDINE ALLA POSIZIONE DI: - SIG. F.A., ASSISTENTE DI GARA; - SIG. M.A., ALLENATORE DELLA SOCIETA’ U.C. ALBINOLEFFE; - SOCIETÀ U.C. ALBINOLEFFE, PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, EX ART. 4 COMMA 2 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA CONDOTTA ASCRITTA AL SUO ALLENATORE, SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS COMMA 1 C.G.S. (IN OCCASIONE DELLA GARA DI LEGA PRO, ALBINOLEFFE/CREMONESE DEL 12.1.2015) - NOTA N. 4203/516PF14-15/MS/VDB DEL 30.10.2015
Massima: La Corte annulla la decisione del TFN che si era dichiarato incompetente a decidere in merito al deferimento dell’assistente arbitrale e dell’allenatore per il comportamento da questi tenuto in occasione della gara e per il quale sono stati chiamati a rispondere della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS ritenendo, erroneamente, sussistente la competenza del Giudice Sportivo. Occorre preliminarmente evidenziare come si tratti di fattispecie, per i riflessi “procedurali” della stessa qui in rilievo, alquanto peculiare. Infatti, né il direttore di gara, né il commissario di campo della Lega Pro hanno segnalato i fatti oggetto del deferimento nelle proprie rispettive relazioni. Di conseguenza, peraltro, il GS non avrebbe comunque potuto valutare i medesimi. Il Procuratore Federale è, invece, venuto a conoscenza dei fatti per effetto di una relazione fatta pervenire da un collaboratore federale presente alla partita Nel ritenere ed affermare il proprio difetto di competenza il T.F.N. ha osservato come sussista un radicato orientamento della giurisprudenza di settore secondo cui le violazioni intervenute sul campo di gioco, durante il corso dello svolgimento della gara, sono di competenza del Giudice sportivo. Lo stesso art. 29, comma 2, C.G.S. dispone, del resto, che “I Giudici Sportivi giudicano in prima istanza in ordine ai fatti, da chiunque commessi, avvenuti nel corso di tutti i campionati e le competizioni organizzate dalle Leghe e dal Settore per l'attività giovanile e scolastica, sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali e dei mezzi di prova di cui all’art. 35”. La decisione del T.F.N. non convince. Occorre muovere dalla considerazione preliminare che, pur costituendo un unicum, la vicenda che ci occupa deve essere sezionata in due diversi momenti episodici: la risposta dell’assistente arbitrale all’allenatore; ciò che, al termine della gara, l’allenatore ha detto al direttore di gara con riferimento al comportamento dell’assistente. Quanto al primo frammento dell’episodio di cui trattasi, deve ritenersi accertato che al 26° minuto del secondo tempo di gioco, quando un calciatore della Cremonese si rivolgeva in modo irriguardoso nei confronti del direttore di gara, l’allenatore dell’Albinoleffe, sig. - omissis- , si è rivolto al primo assistente arbitrale, sig. - omissis- , così urlando: “assistente non ha sentito …. si è sentito fino a qui . E l’arbitro non fa niente?”. A questo punto l’assistente sig. - omissis- rispondeva, a voce alta, al predetto allenatore, dicendo: “non vi basta ancora? Volete vedere come ci divertiamo adesso?”. Lo scambio sopra sintetizzato è stato chiaramente udito dal commissario di campo delegato dalla Lega Pro e dal collaboratore della Procura Federale e da questi riferito, con apposita specifica segnalazione, al Procuratore Federale. Orbene, questa Corte ritiene che si tratti di comportamento disciplinarmente rilevante che attiene non già al profilo della competizione tecnico-agonistica in senso stretto considerata, bensì al più vasto ambito dei rapporti tra i soggetti appartenenti all’ordinamento federale. L’accaduto si sostanzia in un colorito ed acceso diverbio tra un tesserato dell’area Aia ed un tesserato dell’area tecnica, entrambi appartenenti alla Figc. E, come noto, tutti coloro che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale, compresi, quindi, gli ufficiali di gara, sono tenuti a comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva. Ritenuto, dunque, che la condotta di cui trattasi non appare riferibile ad una espressione di gioco, né appare riferibile alla gara in senso proprio intesa, questa Corte ritiene che il T.F.N. abbia errato laddove ha dichiarato il proprio difetto di competenza. Del resto, diversamente opinando, comportamenti come questi rischierebbero di rimanere inevitabilmente fuori dalle aule della giustizia federale e privati di una possibile valutazione da parte di alcun organo di giustizia sportiva. Affermata, dunque, la propria competenza, considerato accertato il comportamento tenuto, nell’occasione, dall’assistente sig. - omissis-, valutata la gravità delle espressioni utilizzate dallo stesso, specie in relazione al ruolo ed alla funzione propria degli ufficiali di gara, questa Corte considera correttamente determinata la sanzione richiesta dalla Procura Federale e, pertanto, dispone la sospensione dello stesso predetto sig. - omissis- per mesi tre. Profili di maggiore problematicità si rinvengono in ordine alla posizione dell’allenatore dell’U.C. Albinoleffe, tanto sulla competenza, quanto eventualmente in relazione al merito. In questo caso, infatti, si tratta di espressioni riferite direttamente dal sig. - omissis- al direttore di gara e da questi non inserite in rapporto. Se, infatti, le espressione del sig. - omissis-, asseritamente offensive o irriguardose nei confronti dell’assistente sig. - omissis-, fossero state annotate e segnalate dal direttore di gara nel proprio referto ufficiale, indubbiamente sarebbe rimasta radicata la competenza del Giudice Sportivo. Nel caso di specie, invece, nessuna traccia di tali affermazioni si rinviene nel rapporto del direttore di gara e, dunque, occorre chiedersi se già solo questo, essendo poi le stesse state invece segnalate dal collaboratore della Procura, sia sufficiente o idoneo a radicare la competenza degli organi di giustizia federale. A ciò si aggiungano, inoltre, le esigenze, anche rappresentate dalla Procura federale nell’atto di appello, di conservare l’unitarietà, sotto il profilo delle valutazioni proprie degli organi di giustizia sportiva in senso lato inteso, delle due condotte disciplinarmente rilevanti, tra loro indiscutibilmente collegate. Come detto, infatti, si tratta di due frammenti di un unico episodio o, secondo l’espressione usata dalla Procura Federale, “di un singolo fatto a formazione progressiva”. Da qui, dunque, l’opportunità, se non la necessità, di sottoporre la vicenda nel suo complesso considerata, al medesimo Giudice, solo così potendosi meglio cogliere i vari profili della stessa e adeguatamente valutare e soppesare i comportamenti tenuti dai due deferiti di cui trattasi. Tutte queste considerazioni conducono questa Corte, avuto anche riguardo alla particolarità della fattispecie, a preferire, tra le due possibili opzioni interpretative, quella volta a ritenere sussistente (lo si ribadisce, nel caso di specie) la competenza del Tribunale Federale.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.044/TFN del 15 Dicembre 2015 - www.figc.it
Impugnazione Istanza: (84) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: A.F. (Assistente arbitrale), A.M. (allenatore della Società UC Albinoleffe Srl), Società UC ALBINOLEFFE Srl - (nota n. 4203/516 pf14-15 MS/vdb del 30.10.2015).
Massima: Il TFN non è competente a decidere in merito al deferimento dell’assistente arbitrale e dell’allenatore per il comportamento da questi tenuto in occasione della gara e per il quale sono stati chiamati a rispondere della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS essendo competente il Giudice Sportivo. Il fatto: Al 26’ minuto del secondo tempo un giocatore della Cremonese proferiva “parole irriguardose” nei confronti del direttore di gara n, il quale non assumeva provvedimenti in merito. A quel punto l’allenatore dell’Albinoleffe si rivolgeva al primo assistente arbitrale, che si trovava nei pressi della linea di centrocampo, gridando: “Assistente non ha sentito? Si è sentito fino a qui, e l’arbitro non fa niente”. L’assistente rispondeva all’allenatore dicendo a voce alta: “Non vi basta ancora? Volete vedere come ci divertiamo adesso?” A quel punto l’allenatore rispondeva all’assistente dicendo: “Cos’è una minaccia? Lei ci sta minacciando!” Al termine della partita l’allenatore si avvicinava all’Arbitro e, riferendosi all’assistente, proferiva le seguenti parole: “É un deficiente. La prossima volta che si comporta così gliela faccio pagare! Deve avere rispetto. Fa il fenomeno solo perché ha la casacca gialla. L’arbitro rispondeva all’allenatore di non avere visto cosa fosse successo perché era in mezzo al campo e non aveva sentito nulla. Premesso il singolare svolgimento degli eventi processuali, osserva il TFN-SD che in tema di competenza sussiste un radicato orientamento, peraltro assunto in plurime occasioni, secondo il quale le violazioni intervenute sul campo di gioco durante il corso dello svolgimento della gara sono di competenza del Giudice Sportivo tranne i peculiari casi previsti all’art. 35 CGS e norme collegate. Escludendo quindi che la specie preveda condotta violente o gravemente antisportiva, o espressioni blasfeme, ovvero le evenienze riconducibili alla citata norma, vige dunque la competenza del Giudice Sportivo ai fini del corretto assetto procedurale, trattandosi appunto di alterco intervenuto al minuto 26 del secondo tempo dell’incontro di calcio. Non mancano precedenti in senso convergente. La riapertura del procedimento in fase postuma e successiva allo svolgimento della gara, non costituisce dunque una corretta applicazione del principio normativo dettato dal legislatore al momento in cui ha inteso attribuire i fatti attinenti al gioco, alla sola competenza del Giudice Sportivo, proprio in onore ai principi tipici del Diritto sportivo, quali la immediatezza della decisione per la regolarità dello svolgimento dei campionati. Ne deriva che devolvere la materia riferita al mero svolgimento di una gara alla Procura Federale, e alla successiva competenza del TFN-SD, costituisce difetto di competenza, essendo la materia ascritta alla competenza del Giudice Sportivo in ossequio alle norme di relazione e al menzionato costante orientamento.
Decisione C.F.A. : Comunicato ufficiale n. 036/CFA del 15 Ottobre 2015 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 124/CFA del 19 Maggio 2016 e su www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 35/LND del 11.9.2015
Impugnazione – istanza: 4. RICORSO SIG. C.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE DI MESI 3 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS COMMA 1 C.G.S. E DELL’ART. 40 COMMA 1 DEL VIGENTE REGOLAMENTO A.I.A. (NOTA N. 10671/457 PF 14-15 DEL 19.5.2015) -
Massima: Il TFN in primo grado è competente a decidere in merito al deferimento dell’arbitro effettivo per violazione dell’art. 1 bis C.G.S. comma 1 e dell’art. 40 comma 1 Reg.to AIA. perché postava sul proprio profilo “facebook”, – subito dopo aver diretto la gara – un messaggio visibile a tutti gli utenti, dai connotati volgari ed irrispettosi nei confronti di atleti e Società
Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 015/CFA del 18 Dicembre 2014 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 030/CFA del 03 Marzo 2015 e su www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso C.R. Lazio – Com. Uff. n. 83/LND del 7.11.2014
Impugnazione – istanza: 3. RICORSO DEL SIG. A.S. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE PER ANNI 3 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI AGLI ARTT. 1 COMMA 1 C.G.S. E 40 COMMI 1, 2, 3 LETT. A) ED H) REGOLAMENTO A.I.A. – NOTA 608/1153 PF 13 14/MS/VDB DEL 30.7.2014
Massima: Gli Organi di giustizia sportiva sono competenti a decidere in merito al deferimento dall’arbitro effettivo per la violazione di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S. e 40, commi 1, 2, 3, lett. A), B), C), F), H), del Regolamento AIA per aver refertato, contrariamente a quanto poi effettivamente accertato, di essere stato aggredito più volte dal calciatore in occasione della gara, causando allo stesso un’ingiusta sanzione di quattro anni di squalifica; di aver ingiustamente accusato, in sede di audizione presso la Commissione Disciplinare del Lazio, l’organizzazione arbitrale; di non essersi presentato, sebbene ritualmente convocato, per ben tre volte innanzi agli organi competenti della Procura Federale. A tal proposito, non nutre dubbio alcuno, questo Collegio, sul fatto che non sia rinvenibile, nella fattispecie, alcun problema in ordine al rapporto sussistente tra la giurisdizione domestica, propria dell’A.I.A., e quella della FIGC, che ha competenza su tutti i tesserati ad essa afferenti, compresi gli arbitri. Sotto tale profilo è possibile, in primo luogo, osservare come residui, in ordine ai fatti contestati al reclamante, una competenza di questa Corte (e, dunque, del Tribunale di primo grado), considerato che le contestazioni di cui trattasi non hanno natura squisitamente disciplinare. Non può, dunque, trovare adesione l’assunto difensivo secondo cui non sussisterebbe alcuna “giurisdizione” degli organi di giustizia sportiva della FIGC. Il ricorrente, infatti, se è vincolato, nei limiti della giurisdizione domestica, alle regole proprie specificamente dettate per gli arbitri, deve, in quanto arbitro e tesserato FIGC, ritenersi anche assoggettato alla normativa in materia di giustizia sportiva dettata dalla Federcalcio. Occorre muovere, anzitutto, da una lettura attenta dell’invocato dato normativo di cui all’art. 3 del Regolamento AIA, che così testualmente recita: «1. Gli arbitri sono sottoposti alla potestà disciplinare degli Organi della giustizia sportiva della FIGC per le violazioni delle norme federali. 2. Sono invece sottoposti alla giurisdizione domestica dell’AIA per la violazione agli obblighi associativi specificatamente disciplinati dall’art. 40 commi terzo e quarto del presente regolamento e per la violazione delle norme secondarie interne, purché le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o società della FIGC. 3. La Procura arbitrale deve segnalare alla Procura Federale ogni notizia di presunta violazione di norme federali commesse da arbitri, nonché ogni presunta violazione di qualsiasi norma, anche associativa, commessa da arbitri in concorso con altro tesserato o società della FIGC, nonché trasmettere alla stessa copia di eventuali atti di indagine già compiuti e di quanto comunque in suo possesso». Muovendo dal citato dato positivo non si può che constatare come le incolpazioni oggetto del presente procedimento integrano fattispecie di carattere non meramente tecnico e comportamentali per le quali è sottratta la più ampia competenza giurisdizionale della FIGC. In particolare, il sopra richiamato art. 40, sempre del Regolamento AIA, dopo aver imposto agli arbitri di «svolgere le proprie funzioni con lealtà sportiva, in osservanza dei principi di terzietà, imparzialità ed indipendenza di giudizio, nonché a comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile alla attività sportiva, con trasparenza, correttezza e probità» (comma 1), e averli richiamati all’obbligo «di osservare lo Statuto e le altre norme della FIGC, nonché ogni altra direttiva e disposizione emanata dagli organi federali» (comma 2), al terzo comma, lettere prima menzionate, così testualmente dispone: «Gli arbitri, in ragione della peculiarità del loro ruolo, sono altresì obbligati: a) ad osservare il presente Regolamento, le norme secondarie ed ogni altra direttiva e disposizione emanata dai competenti organi associativi, nonché a rispettare il codice di etica e di comportamento; b) a mantenere tra loro rapporti verbali ed epistolari secondo i principi di colleganza e di rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti; c) ad improntare il loro comportamento, anche estraneo allo svolgimento dell’ attività sportiva nei rapporti con colleghi e terzi, rispettoso dei principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale; d) a non adire qualsiasi via legale nei confronti di altri tesserati FIGC e associati per fatti inerenti e comunque connessi con l’attività tecnica sportiva e la vita associativa, senza averne fatto preventiva richiesta scritta al Presidente dell’AIA e senza aver poi ottenuto dal Presidente FIGC la relativa autorizzazione scritta a procedervi nei confronti di altri tesserati e direttamente dal Presidente AIA nei confronti di altri associati, salvo dopo il decorso di 60 giorni dalla richiesta in assenza di risposta; e) ad accettare, in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo e dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, rinunciando ad adire qualsiasi Autorità Giudiziaria, la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC o dall’AIA, dai suoi Organi o soggetti delegati nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale, nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico; f) a collaborare fattivamente e lealmente con gli Organi disciplinari, nonché ad accettare il principio dell’assoluta insindacabilità delle decisioni di natura tecnica; g) a compilare con assoluta veridicità la propria scheda anagrafica personale tenuta dal Presidente di Sezione ed a segnalare immediatamente eventuali variazioni, compresi cambi di residenza e/o domicilio; h) ad assolvere con tempestività e con la massima fedeltà al potere referendario ed alle eventuali richieste di integrazione; […]». Orbene, nel caso di specie vengono in rilievo non già (rectius: non solo) mere violazioni delle predette prescrizioni, nel senso che non ci trova di fronte a contestazioni di ordine tecnico-disciplinare attinenti alla funzione arbitrale, ma si è (quantomeno, anche) in presenza di violazioni comportamentali rilevanti ex art. 1 (ora 1 bis) C.G.S., norma, questa, posta infatti alla base della contestazione mossa dalla Procura Federale. Si aggiunga, poi, in ogni caso, che la condotta contestata all’arbitro – omissis - ha avuto indiscutibile influenza su terzi soggetti (calciatore – omissis -) e società della FIGC (Real Casilina). Per l’effetto, alla luce del combinato disposto delle norme di cui agli artt. 3, comma 2, e 40 Regolamento A.I.A. e delle norme di cui agli artt. 1 bis e 30, comma 3, C.G.S., la fattispecie dedotta in giudizio rimane, comunque, assoggettata agli Organi di giustizia della FIGC.
Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.86/CDN del 29 Maggio 2014 - www.figc.it
Impugnazione Istanza: (304) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: S.D.E. (Arbitro Effettivo CRA Emilia Romagna) (nota n. 5296/544 pf11-12/MS/vdb del 27.3.2014)
Massima: La CDN è competente a decidere sul deferimento dell’arbitro facente parte del CRA per la violazione dell’art. 1, comma 1 CGS in relazione all’art. 40, comma 1 e 3 lett. c), del Regolamento AIA per aver posto in essere un comportamento scurrile e volgare “toccandosi i testicoli”, in segno di scherno verso la tribuna in occasione di una contestazione, nel corso della partita ed altresì per aver contattato la giocatrice della società, scrivendo sul profilo facebook della stessa la seguente frase “Ciao, sono l’arbitro di ieri complimenti sei stata la migliore in campo…giuoco maschio e tante botte…”, così non rispettando i principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del ruolo arbitrale.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 8 maggio 2014 – www.coni.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione di Disciplina d’Appello dell’A.I.A. n. 7 del 20 settembre 2013
Parti: Dott. A.D.M. / Associazione Italiana Arbitri e Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Gli Organi disciplinari dell’A.I.A. sono competenti a decidere in merito al deferimento dell’arbitro resosi responsabile di molteplici violazioni ex art. 40, numeri 1, 3 e 4 del Regolamento A.I.A. La ripartizione della potestà disciplinare e dettata dall’art. 3 del Regolamento A.I.A., il quale prevede espressamente che “1. Gli arbitri sono sottoposti alla potesta disciplinare degli Organi della giustizia sportiva della FIGC per le violazioni delle norme federali. 2. Sono invece sottoposti alla giurisdizione domestica dell’AIA per la violazione agli obblighi associativi specificatamente disciplinati dall’art. 40 commi terzo e quarto del presente regolamento e per la violazioni delle norme secondarie interne, purche le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o societa della FIGC”. Ebbene, il ricorrente e stato deferito per le molteplici violazioni a lui ascritte ex art. 40 comma 1, comma 3 lett. b), c), o) e comma 4 lett. n) del Regolamento A.I.A. Le soprarichiamate violazioni, atteso il chiaro disposto dell’art. 3 del Regolamento A.I.A., sono assoggettate alla disciplina domestica dell’Associazione stessa, perche attinenti a obblighi specifici che debbono essere rispettati dai membri dell’Associazione. Inoltre, le violazioni per cui e stato deferito il Dott. – omisssis - non coinvolgono alcun tesserato esterno all’Associazione; anzi, le violazioni riguardano attività e questioni squisitamente interne all’A.I.A. perche attinenti all’attività elettore in seno alla Sezione di Foggia. Sul punto, l’Arbitro Unico condivide quanto affermato dalla Commissione di Disciplina di Appello dell’A.I.A., secondo la quale “le violazioni per cui si procede attengono esclusivamente ad obblighi e divieti caratteristici della posizione dell’Arbitro, e non integrano quella “violazione delle norme federali” che ai sensi dell’art. 3 comma 1 del Regolamento Associativo attribuirebbero la giurisdizione agli Organi della Giustizia della Federazione Italiana Giuoco Calcio”.
Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.72/CDN del 23 Aprile 2014 - www.figc.it
Impugnazione Istanza:(280) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: G.D.O. (Arbitro effettivo Sezione AIA Finale Emilia) - (nota n. 5026/248 pf 13- 14/AM/ma del 13.3.2014).
Massima: La CDN è competente a decidere sul deferimento dell’arbitro per falsa refertazione in violazione dell’art. 1, comma 1 CGS e dell’art. 40, comma 1, 2 e 3 lett. a) e h) del Regolamento A.I.A.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 14 dicembre 2010 – www.coni.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello AIA, n. 002 del 16 luglio 2010
Parti: Sig. A.B. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio e Associazione Italiana Arbitri
Massima: Gli organi disciplinari dell’AIA sono competenti a decidere il comportamento dell’arbitro per la violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a), b), e c) del Regolamento AIA. Tra i motivi di carattere procedurale fatti valere dal Ricorrente in questo arbitrato il primo che, seguendo un ordine logico, deve essere esaminato attiene alla dedotta violazione delle regole che presiedono alla ripartizione della potestà disciplinare tra organi dell’AIA (c.d. giustizia domestica) ed organi della FIGC (c.d. giustizia federale). Sostiene l’arbitro effettivo, infatti, che le violazioni contestategli rientravano nella competenza degli organi di giustizia federale. Dunque i provvedimenti adottati dagli organi di giustizia domestica devono essere annullati. La potestà disciplinare sugli associati nell’AIA è ripartita tra organi della FIGC e organi dell’AIA secondo le regole dettate dall’art. 3 del Regolamento AIA, come segue: “1. Gli arbitri sono sottoposti alla potestà disciplinare degli Organi della giustizia sportiva della FIGC per le violazioni delle norme federali. 2. Sono invece sottoposti alla giurisdizione domestica dell’AIA per la violazione agli obblighi associativi specificatamente disciplinati dall’art. 40 commi terzo e quarto del presente regolamento e per la violazione delle norme secondarie interne, purché le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o società della FIGC”. Ebbene, l’Arbitro Unico rileva che l’arbitro è stato deferito dalla Procura Arbitrale agli organi disciplinari dell’AIA ed è stato da questi sanzionato per violazioni dell’art. 40, comma 4, lett. d) ed e) e dell’art. 40, comma 3, lett. a), b), e c) del Regolamento AIA. Ossia per violazioni che, anche sotto il profilo della contravvenzione ai “principi di lealtà, correttezza e probità e al rispetto dei ruoli istituzionali” imputata all’arbitro nell’atto di deferimento, sono sottoposte, secondo la chiara lettera dell’art. 3 del Regolamento AIA, alla giurisdizione domestica dell’AIA, in quanto riferite ad obblighi associativi specificatamente disciplinati dall’art. 40, commi terzo e quarto del regolamento stesso.
Decisione C.G.F. - Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 200/CGF del 19 Marzo 2009 n.1 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 247/CGF del 03 Maggio 2010 n. 1 e su www.figc.it
Impugnazione – istanza: 1) Ricorso del sig. P.G., tendente ad ottenere: a) declaratoria di incompetenza della commissione di disciplina nazionale A.I.A. nel procedimento avviato con atto di contestazione prot. 06/pda/is ruolo 06/2009-2010 datato 18.9.2009 e spedito il 25.9.2009; b) interpretazione dell’art. 52, comma 4 del regolamento A.I.A.
Massima: E’ inammissibile il ricorso proposto dall’arbitro alla CGF con il quale avanza istanza di regolamento di competenza/giurisdizione, relativamente al procedimento iniziato dalla Commissione di disciplina nazionale dell’AIA, in base all’atto di contestazione inviato dalla procura dell’AIA e chiedeva, inoltre, alla CGF, in sede contenziosa, la corretta interpretazione, ovvero la declaratoria di illegittimità dell’art. 52, comma 4, del Regolamento dell’AIA il quale prevede che “le norme di disciplina assicurano che l’associato deferito abbia la possibilità di essere ascoltato, di indicare mezzi di prova a discarico e di depositare memorie già nella fase delle indagini; possa acquisire copia di tutti gli atti, dopo il deferimento, e disporre di un tempo congruo per preparar la propria difesa; abbia la facoltà di essere sentito presso le Commissioni di Disciplina eventualmente con l’assistenza di un altro associato non rivestente cariche associative”. Infatti, da un lato, il ricorso tendente ad ottenere il regolamento di competenza deve essere dichiarato inammissibile non essendo stato proposto dal Presidente Federale, come prescrive l’art. 34 dello Statuto Federale, dall’altro deve essere dichiarato irricevibile in quanto la competenza ad interpretare le norme non spetta alla Corte Federale, investita dei poteri giurisdizionali, ma tale competenza è attribuita, dall’art. 34, comma 12, dello Statuto, alla stessa Corte Federale, ma con funzioni consultive, ed è, pertanto, ad essa, con le modalità previste dalla normativa, che deve essere proposto il quesito, non esistendo il potere di trasmettere d’ufficio la questione all’attenzione della sezione consultiva di questa stessa Corte Federale.
Decisione C.G.F. - Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 200/CGF del 19 Marzo 2009 n.1 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 247/CGF del 03 Maggio 2010 n. 1 e su www.figc.it
Impugnazione – istanza: 1) Ricorso del sig. P.G., tendente ad ottenere: a) declaratoria di incompetenza della commissione di disciplina nazionale A.I.A. nel procedimento avviato con atto di contestazione prot. 06/pda/is ruolo 06/2009-2010 datato 18.9.2009 e spedito il 25.9.2009; b) interpretazione dell’art. 52, comma 4 del regolamento A.I.A.
Massima: La Commissione Disciplinare dell’AIA è competente a decidere in merito al deferimento nei confronti dell’arbitro per la violazione dell’art. 40 commi 3 e 4 del Regolamento dell’A.I.A e non anche per le violazioni di cui al comma 1 dello stesso articolo salvo che le stesse siano attuativamente coordinate a quelle dei commi terzo e quarto. Il ricorrente, in quanto arbitro risulta a tutti gli effetti assoggettato alla normativa di Giustizia Sportiva propria della Federcalcio ed, inoltre, è vincolato, nei limiti della giurisdizione domestica, alle regole proprie dettate, per gli arbitri dal regolamento di disciplina loro proprio. Il tema che discende da questo stato di cose è quello di comprendere quali siano, in concreto, i comportamenti asseritamene “illeciti” posti in essere dal ricorrente e verificare se gli stessi siano assoggettati alla giustizia domestica dell’A.I.A. o a quella, estesa a tutti i tesserati, della Federazione. Va, preliminarmente, verificato se la Corte di Giustizia ha tale potere. Appare evidente che, anche nella non chiarissima formulazione della normativa, contenuta nel Codice di Giustizia Sportiva della Federcalcio, il compito di effettuare la verificazione della giurisdizione spetta alle Sezioni Unite della Corte di Giustizia Federale, che costituiscono l’organo di vertice della Giustizia sportiva endo-federale ed in quanto tale sono investite della regolamentazione della giurisdizione all’interno della Federcalcio; tuttavia l’art. 34 dello Statuto della F.I.G.C., garantisce la regolamentazione interna della “giurisdizione” solo a seguito di un atto di impulso del Presidente Federale, che nel caso in esame non è stato posto in essere. Pertanto, pur palesandosi l’inammissibilità del ricorso appare opportuno, per ragioni sistematiche, procedere all’analisi della normativa interna all’A.I.A che, con l’art. 3, comma 1, del Regolamento, chiarisce che “gli arbitri sono sottoposti alla potestà disciplinare degli Organi della Giustizia Sportiva della F.I.G.C. per la violazione delle norme federali”. Il successivo comma, dello stesso art. 3, integra la prima affermazione e puntualizza che gli arbitri “sono sottoposti alla giurisdizione domestica dell’A.I.A. per le violazioni degli obblighi associativi specificamente disciplinati dall’art. 40, commi terzo e quarto del presente regolamento e per la violazione delle norme secondarie interne, purchè le questioni non riguardino, in alcun modo, altri tesserati o società”. Dalla analisi di queste prime norme, che regolano i rapporti tra la giurisdizione domestica dell’A.I.A. e la restante giurisdizione della Federazione, emerge che esclusivamente per la violazione degli obblighi previsti dai commi terzo e quarto, dell’art. 40 del Regolamento dell’A.I.A, gli arbitri possono essere sottratti alla più ampia competenza giurisdizionale della F.I.G.C ed essere giudicati dagli organi di giustizia interni all’A.I.A., tale eccezione, peraltro, non opera nell’ipotesi in cui il comportamento del arbitro, pur lesivo dell’art. 40 del Regolamento A.I.A. o delle norme interne di carattere secondario, coinvolga anche altri tesserati o società. Fatta questa premessa è necessario verificare quali siano gli obblighi associativi previsti dal terzo e dal quarto comma dell’art. 40 (doveri degli arbitri), la cui violazione legittima la competenza propria degli organi di giustizia interna all’A.I.A. Invero, i due commi dell’art. 40, richiamati dall’art. 3 del regolamento A.I.A., contengono: il primo (terzo comma) un lungo elenco di prescrizioni cui gli arbitri “in ragione della pubblicità del loro ruolo” sono obbligati ad attenersi; il secondo (comma quarto) integra la descrizione puntuale (non a titolo meramente esemplificativo) dei divieti a cui gli arbitri devono assoggettarsi. Dall’analisi generale di detti rilievi (prescrizioni ed obblighi) emerge, chiaramente, che non ci si trova in presenza di divieti relativi ad attività di carattere squisitamente tecnico, attinenti alla funzione arbitrale, ma si è anche in presenza di violazioni comportamentali che impongono, però, il giudizio di organismi di Giustizia domestica altamente specializzati, come lo sono quelli previsti dall’art. 28 del Regolamento A.I.A., composti appunto da arbitri benemeriti o da arbitri fuori quadro (art. 29, comma 3) e, pertanto, particolarmente adatti a giudicare “mancanze” di ordine tecnico e/o comportamentale. Alla luce di quanto sopra occorre ora vedere, in dettaglio, quali siano state le doglianze mosse nei confronti del ricorrente. Come emerge dal deferimento formulato nei confronti dell’arbitro allo stesso viene contestata la violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a), nonchè dell’art. 40, comma 4, lett. d) ed e), del Regolamento A.I.A. “per avere rilasciato interviste senza le prescritte autorizzazioni del Presidente dell’A.I.A., pubblicate da organi di stampa e trasmesse da programmi televisivi”. Inoltre, al ricorrente viene contestata la violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a) e comma 4, lett. d), “per aver aperto senza la prescritta autorizzazione del Presidente A.I.A. il proprio sito internet contenente dichiarazioni e commenti sulle attività da lui svolte e sulla sua posizione arbitrale, all’interno del quale sito erano anche riportate interamente le interviste di cui alla contestazione precedente”. Allo stesso ricorrente si contesta la violazione dell’art 40, comma 1 e comma 3, lett. a), b) e c), per aver espresso e riportato nelle varie interviste, rese disponibili sul sito e negli articoli (di cui alle contestazioni precedenti) dichiarazioni e valutazioni lesive della credibilità e della immagine dell’A.I.A. e di alcuni suoi dirigenti ed associati. Infine, all’incolpato viene contestata la violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a ) ed e) per non aver accettato la decisione del Comitato nazionale dell’A.I.A. del 4 luglio 2008 ed aver presentato, nel dicembre 2008, un ricorso al TAR del Lazio, recando, in tal modo, “danno all’immagine della Associazione per la notorietà dei fatti”. In sostanza al ricorrente vengono, nelle diverse contestazioni a lui mosse, con il deferimento del 18 settembre 2009, imputate violazioni dell’art. 40, comma 3, lett. a) cioè l’obbligo di “osservare il presente regolamento, le norme secondarie ed ogni altra direttiva o disposizione emanata dai competenti organi associativi, nonché a rispettare il codice di etica e di comportamento”; dell’art. 40, comma 1, che prescrive che: “gli arbitri sono tenuti a svolgere le proprie funzioni con lealtà sportiva, in osservanza dei principi di terzietà, imparzialità ed indipendenza di giudizio, nonché a comportarsi in ogni rapporto, comunque riferibile alle attività sportive, con trasparenza, correttezza e probità”. Inoltre, al ricorrente viene imputata la violazione del terzo comma dell’art. 40 del Regolamento alle lett. b), c), d) ed e) che, per comodità di analisi, di seguito di trascrivono: b) a mantenere tra loro rapporti verbali ed epistolari secondo i principi di colleganza e di rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti; c) ad improntare il loro comportamento, anche estraneo allo svolgimento della attività sportiva nei rapporti con colleghi e terzi, rispettoso dei principio di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’A.I.A. e del loro ruolo arbitrale; d) a non adire qualsiasi via legale nei confronti di altri tesserati F.I.G.C. e associati per fatti inerenti e comunque connessi con l’attività tecnica sportiva e la vita associativa, senza averne fatto preventiva richiesta scritta al Presidente dell’A.I.A. e senza aver poi ottenuto dal Presidente F.I.G.C. la relativa autorizzazione scritta a procedervi nei confronti di altri tesserati e direttamente dal Presidente dell’AIA nei confronti di altri associati, salvo dopo il decorso di 60 giorni dalla richiesta in assenza di riposta; e) ad accettare, in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo e dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, rinunciando ad adire qualsiasi Autorità Giudiziaria, la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla F.I.G.C. o dall’AIA, dai suoi Organi o soggetti delegati nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale, nonché nelle relative vertenza di carattere tecnico, disciplinare ed economico. Viene, inoltre, contestata al ricorrente la violazione delle lett. d) ed e) del quarto comma dell’art. 40 che, sempre per comodità di indagine, di seguito di trascrivono: d) di fare dichiarazioni in luogo pubblico anche a mezzo e-mail o propri siti internet, di partecipare a gruppi di discussione, mailing list, forum, blog o simili, di fare dichiarazioni in qualsiasi forma e di rilasciare interviste, a qualsiasi mezzo di informazione, che attengano le gare dirette e gli incarichi espletati, salvo espressa autorizzazione del Presidente dell’A.I.A.. Gli arbitri possono liberamente rilasciare dichiarazioni ed interviste sulle prestazioni espletate, solo dopo che il Giudice Sportivo ha deliberato in merito alle gare, purchè consistano in meri chiarimenti o precisazioni e non comportino alcun riferimento alla valutazione del comportamento tecnico e disciplinare dei singoli tesserati; e) di intrattenere rapporti professionali e di collaborazione in qualsiasi forma anche occasionale e non continuativa con i mezzi di informazione su argomenti inerenti il giuoco del calcio. Gli arbitri, previa autorizzazione del Presidente dell’A.I.A. possono rilasciare dichiarazioni ed interviste si argomenti di carattere generale oppure riguardati l’attività dell’A.I.A. e della F.I.G.C. nel rispetto del Codice di Giustizia Sportiva. Pertanto, tutte le considerazioni mosse al ricorrente ed in precedenza esaminate rientrano tra quelle di competenza della giurisdizione domestica dell’A.I.A., anche se è necessario rilevare, che, in virtù di quanto ricordato, la giurisdizione dell’A.I.A. è limitata esclusivamente a quanto disposto dai commi terzo e quarto dell’art. 40 del regolamento, e non può, in alcun caso, conoscere delle violazioni al primo comma dello stesso art. 40, ovvero può farlo solo se le stesse sono attuativamente coordinate a quelle dei commi terzo e quarto, gli unici – come detto - che legittimano la competenza delle Commissioni di disciplina dell’A.I.A. Tuttavia, non ci si può esimere, nel caso in esame, che implica la valutazione della competenza giurisdizionale, da una analisi puntuale delle contestazioni mosse all’arbitro al fine di verificare se ci si trova in presenza di contestazioni di natura tecnica e comportamentale, che presuppongono la competenza degli organi di Giustizia interni all’A.I.A, oppure di contestazioni di carattere “deontologico”, che integrando le violazioni all’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva della Federcalcio non possono essere sottratte alla competenza della Giustizia Federale, che opera nei confronti di tutti i tesserati, senza alcuna possibile eccezione. Nel caso in esame, dunque, si è in presenza di contestazioni mosse al ricorrente squisitamente di natura disciplinare, in quanto allo stesso vengono addebitate “esternazioni”, quali il rilascio di interviste o la pubblicazione delle stesse interviste su di un sito, aperto dello stesso arbitro senza la prescritta autorizzazione, che implicano – come si è detto – possibili violazioni idonee ad intaccare la credibilità della funzione arbitrale. Invero, le incolpazioni mosse all’arbitro, rilevabili della Procura arbitrale, integrando fattispecie di carattere squisitamente tecnico e comportamentale danno luogo alla attenzione di un Giudice domestico, particolarmente qualificato, in quanto formato da ex arbitri, a valutare questo tipo di mancanze.
Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n.009/Cf del 30 ottobre 2006 n. 1,2 - www.figc.it
Decisione impugnata: - www.figc.it
Impugnazione - istanza: Ricorso dell’A.E. G.P., ai sensi dell’art. 32, comma 5, dello statuto della F.I.G.C., avverso il provvedimento di sospensione cautelativa di mesi due adottato dal presidente della Commissione Nazionale di Disciplina con delibera n. 13 del 4 luglio 2006. Ricorso ai sensi dell’art. 32, comma 6, statuto F.I.G.C. e art. 22, comma 1, lett. c) Codice di Giustizia Sportiva, dell’ A.E. G.P.
Massima: La Commissione Nazionale di disciplina non può adottare alcun provvedimento sanzionatorio nei confronti dell’arbitro, quando per la condotta da questi posta in essere, rientrante tra le violazioni del Regolamento A.I.A. (e quindi di per sé astrattamente soggette alla giurisdizione domestica) è stato sanzionato, in un maxi-procedimento dalla giustizia sportiva. Ciò è fondato in base a due principi fondamentali. Il primo si desume dal complesso delle disposizioni dello Statuto federale, del Codice di Giustizia Sportiva e dello stesso Regolamento A.I.A., nel senso che vanno riconosciute la preminenza e la prevalenza della giustizia federale, rispetto alla quale quella domestica dell’A.I.A. non può che essere soltanto complementare. L’altro principio, che ha carattere generale, in quanto operante in ogni ordinamento e per tutti i tipi di procedimenti sanzionatori, è quello del divieto del bis in idem.
Massima: E’ improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso proposto dall’arbitro alla Corte Federale quando, da un lato, il provvedimento impugnato (sospensione cautelativa per mesi due disposta dal Presidente della Commissione Nazionale di Disciplina di I grado dell’A.I.A.) risulta essere stato revocato e, dall’altro, perché il suo contenuto è assorbito dal provvedimento (definitivo) di sospensione per otto mesi oggetto del secondo ricorso.
Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n. 2/Cf del 22 novembre 1999 n. 1 – www.figc.it
Impugnazione - istanza:Deferimento del Procuratore Federale a carico del sig. D.T.O., Presidente del Comitato Provinciale di Isernia, per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S., per comportamento antiregolamentare posto in essere nell’esercizio delle sue funzioni.
Massima: La Commissione di Disciplina Nazionale dell’A.I.A. è l’organo di primo grado competente a giudicare sul comportamento dell'arbitro incolpato di aver indotto, avvalendosi del ruolo di componente del C.D.S. e di rappresentante A.I.A. presso il Giudice Sportivo del Comitato Provinciale F.I.G.C., gli AA..EE. appartenenti alla sua Sezione a modificare, falsificandone i contenuti, i referti di due gare del campionato Juniores provinciale, al fine di alleviare ed attenuare le responsabilità di giocatori resisi colpevoli, sul terreno di giuoco, di violenze consumate a danno loro e delle loro società di appartenenza, nonché a carico degli arbitri, incolpati di aver tardivamente confessato la modificazione dei loro referti di gara, falsificandone il contenuto - per effetto delle pressioni esercitate dall'A.F.Q. - al fine di alleviare ed attenuare le responsabilità di giuocatori rei di condotta violenta consumata ai loro danni e quelle delle Società di appartenenza. La Commissione di Disciplina di Appello è competente a decidere come organo di seconda istanza.
Decisione CF: Comunicato Ufficiale 2/CF Riunione del 18 novembre 1996 n. 2 – www.figc.it
Impugnazione - istanza: - Deferimento del Procuratore Federale a carico di diversi arbitri effettivi, per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S, per aver indotto, in occasione della loro audizione dinanzi l’inquirente federale, altri colleghi a mitigare la portata delle esternazioni effettuate, nel corso della riunione tecnica del 10.3.1996, dal vice-commissario della C.A.N., B.F..
Massima: La Corte Federale dichiara il proprio difetto di giurisdizione e dispone l'invio degli atti alla Procura Arbitrale per il deferimento alla Commissione di Disciplina competente, ai sensi dall'art. 23 Reg. AIA, quando è chiamata a decidere sul comportamento tenuto da alcuni arbitri effettivi, poiché gli incolpati non rivestono qualifica di dirigenti nominati dal Presidente Federale.