Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0063/CFA del 30 Gennaio 2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione della Corte federale di Appello, Sezioni Unite, n. 0089/CFA-2021-2022 del 27 maggio 2022

Impugnazione – istanza:  –  Procura Federale-F.C. Juventus S.p.a. e altri

Massima: Infondata è l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni nell’ottica di ritenere che l’art. 270 c.p.p. impedisca di fondare su di esse la contestazione disciplinare qui esercitata oltre al dubbio di parzialità del relativo riversamento in trascrizioni, di una non corretta acquisizione e rappresentazione delle registrazioni audio. La giurisprudenza di questa Corte è però granitica in senso opposto. Le intercettazioni telefoniche costituiscono, del tutto legittimamente, materiale probatorio acquisibile al procedimento, dovendo le intercettazioni medesime essere considerate nella loro fenomenica consistenza e nella loro capacità rappresentativa di circostanze storiche rilevanti, senza neppure possibilità di sindacare la loro origine e il modo della loro acquisizione (ex plurimis Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 32/2011-2012; e nello stesso senso: Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 43/2011-2012; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 46/2015-2016; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 10/2016-2017; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 12/2016-2017; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 96/2016-2017; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 102/20162017). Del resto, un identico orientamento è perfettamente coerente con plurime decisioni della Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, SS.UU., sent. del 15.01.2019 n. 741; Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., 29.09.2022, n. 28398 e Corte di Cassazione 15 dicembre 2022, n. 36861). Esula poi dai poteri del giudice sportivo ogni valutazione sulla legittimità dell’operato dell’autorità giudiziaria in ordine all’acquisizione stessa delle intercettazioni. E ciò è vero, vuoi in riferimento al potere speso, vuoi in riferimento al dibattito odierno sulla opportunità di aumentare o ridurre l’ambito assoggettabile ad un tale mezzo di prova. Ai fini del processo sportivo, rileva esclusivamente la provenienza istituzionale del materiale ricevuto. E da tale provenienza discende la presunzione di legittimità, autenticità e genuinità degli atti (Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 48/2011-2012; Corte federale d’appello n. 122/2018-2019; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 55/2019-2020; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 95/2019-2020). Le obiezioni proposte nei confronti della documentazione proposta all’esame di questa Corte federale, dunque, non hanno pregio. Le intercettazioni sono per certo utilizzabili (peraltro non costituendo neppure l’unico elemento decisivo ai fini della formazione del nuovo quadro fattuale di riferimento, giacché da affiancare alle acquisizioni documentali), mentre il divieto di un utilizzo a fini penali per reati diversi da quelli che hanno dato luogo alle intercettazioni stesse (argomento ex art. 270 c.p.p.) non trova alcuna applicazione al procedimento disciplinare (Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 48/2011-2012; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 10/2016-2017; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 122/2018-2019; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 55/2019-2020; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 95/2019-2020). Semmai è doveroso sottolineare che, nel caso specifico, le intercettazioni esaminate da questa Corte federale consentono di raggiungere una organica rappresentazione dei fatti sottoposti a giudizio (in argomento Corte federale d’appello, SS.UU., n. 122/2018-2019; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 55/2019-2020; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 95/2019-2020). Meglio ancora, non vi è modo di non considerare la rilevanza delle “dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate” (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 1/2020-2021). Ritenuto dunque meritevole di accoglimento il giudizio rescindente, e dichiarata la revocazione della decisione n. 0089/CFA/20212022, può essere esaminato il merito rescissorio dell’impugnazione svolta dalla Procura federale.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. N. 030/CFA DEL 25 Ottobre 2019 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL Comunicato n. 018/CFA - (Sez. Unite) 08/08/2019

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 8/TFN del 19.7.2019

Impugnazione Istanza: RECLAMO DEL SIG. Z.M. (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA SINO AL 7.3.2017 E SUCCESSIVAMENTE CONSIGLIERE CDA SINO AL 3.5.2018) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE EX ART. 19, COMMA 3 C.G.S. INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 8, COMMA 4 C.G.S., IN RELAZIONE AGLI ARTT.  84,  COMMI  1  E  3  E  85  NOIF  SEGUITO  DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019

Massima:è possibile disattendere anche l’eccezione di inutilizzabilità delle «intercettazioni contenute nel fascicolo delle indagini del parallelo procedimento penale» Occorre, a tal riguardo, osservare che, ai fini delle decisioni degli organi di giustizia sportiva, rileva unicamente la provenienza istituzionale di tali risultanze istruttorie, da cui discende la presunzione di legittimità, autenticità e genuinità degli  atti  stessi. Infatti, l’acquisizione e  dell’utilizzo delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e ambientali presuppone, in termini di sufficienza, la provenienza delle stesse dall’Autorità Giudiziaria, da ciò derivando la presunzione iuris tantum di conformità. A tal riguardo, peraltro, la stessa Corte di Cassazione ha affermato che il divieto di utilizzazione di intercettazioni in procedimenti diversi da quello in cui le intercettazioni stesse sono state disposte non è applicabile ai procedimenti disciplinari (cfr. Cass. S.S. U.U., 29 maggio 2009, n. 12717). Ciò premesso, sul piano della valenza probatoria «ciò che rileva è l’esame critico delle conversazioni intercettate che tenga conto nella valutazione del loro contenuto della conoscenza, diretta o indiretta, che gli intercettati dimostrano di avere delle situazioni sulle quali s’intrattengono, quando tali situazioni non si riferiscono a comportamenti propri, e di altri elementi, quali il contesto fattuale, logico e temporale, in cui le conversazioni sono avvenute, tenuto conto dell’ambiente del quale fanno parte gli intercettati, operando comunque valutazioni complessive delle conversazioni  intercettate senza interpretazioni conseguenti ad indebite estrapolazioni» (CAF, C.U. n. 7/C del 2004). In conclusione, le risultanze delle captazioni telefoniche sono pienamente utilizzabili – in funzione degli elementi suscettibili di valutazione che le stesse sono in grado di fornire – nei procedimenti disciplinari di ambito sportivo, ferma restando e premessa la necessaria attenta lettura delle conversazioni intercettate e della loro meditata valutazione nell’ambito del contesto logico- temporale nel quale le stesse si inseriscono, allo scopo di raggiungere una organica rappresentazione dei fatti sottoposti a giudizio.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 122 CFA DEL 18 Giugno 2019 CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 108/CFA DEL 29 Maggio 2019

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019

Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ US CITTA’ DI PALERMO SPA AVVERSO LA SANZIONE DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO DEL CAMPIONATO DI SERIE B STAGIONE SPORTIVA 2018/19 INFLITTA ALLA RECLAMANTE A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. G.G.(ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA DALL’8.11.2017 ALL’8.8.2018) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 2 INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 8  C.G.S.,  NONCHÉ  ART.  85  NOIF  SEGUITO  DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. M.A. (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL COLLEGIO SINDACALE DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE EX ART. 19, COMMA 3 C.G.S. INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 8 C.G.S., NONCHÉ ARTT. 84, COMMI 1 E 3 E 85 NOIF SEGUITO DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  NOTA  12055/816 PF  18-19  GP/GC/BLP  DEL  29.4.2019

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL DEFERIMENTO NEI CONFRONTI DEL SIG. Z.M. ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA SINO AL 7.3.2017 E, SUCCESSIVAMENTE, CONSIGLIERE CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA SINO AL 3.5.2018 SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019

Massima:… è possibile disattendere anche l’eccezione di inutilizzabilità delle «intercettazioni contenute nel fascicolo delle indagini del parallelo procedimento penale, qualificandole come “prove”» Occorre, a tal riguardo, osservare come i relativi assunti non siano proponibili nell’ambito dei procedimenti che si svolgono innanzi al giudice sportivo, anche considerato che esula dai poteri dello stesso ogni valutazione sulla legittimità dell’operato dell’autorità giudiziaria, alla cui esclusiva competenza è rimesso il controllo tanto formale, quanto sostanziale degli atti trasmessi, rilevando unicamente, ai fini delle decisioni degli organi di giustizia sportiva, la provenienza istituzionale, da cui discende la presunzione di legittimità, autenticità e genuinità degli atti stessi. Correttamente, ad avviso di questo Collegio, è stata evidenziata la specialità del procedimento per illecito sportivo nell’ambito del più ampio genus disciplinare, «correlata alla natura - parimenti speciale – dettata dalla legge n. 401/1989: sia sufficiente richiamare, sotto questo profilo, l’esclusione di ogni pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello disciplinare sportivo (art.2) e – per quanto più direttamente rileva in questa sede – la stessa possibilità di attingere dal primo atti ritenuti rilevanti ai fini del secondo (art. 2, comma 3)» (CDN, C.U. n. 13/CDN del 9 agosto 2011. In termini analoghi, v. CAF, C.U. n. 1/C del 14 luglio 2006, n. 5/C e 6/C del 17 agosto 2006; CF, C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006, 6/C e 7/C del 1 settembre 2006; CDN, C.U. n. 10 del 27 luglio 2005). Infatti, l’acquisizione e dell’utilizzo delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e ambientali presuppone, in termini di sufficienza, la provenienza delle stesse dall’Autorità Giudiziaria, da ciò derivando la presunzione iuris tantum di conformità. A tal riguardo, peraltro, la stessa Corte di Cassazione ha affermato che il divieto di utilizzazione di intercettazioni in procedimenti diversi da quello in cui le intercettazioni stesse sono state disposte non è applicabile ai procedimenti disciplinari (cfr. Cassazione, sezioni unite, 29 maggio 2009, n. 12717). Anche secondo i giudici amministrativi le decisioni degli organi di giustizia sportiva rappresentano «l’epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che non possono ritenersi presidiati dalle garanzie del processo. In particolare, alla “giustizia sportiva” si applicano, oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, per analogia, quelle dell’istruttoria procedimentale, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi». Con la conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione della prova in contraddittorio, tipiche specialmente  del processo penale. Peraltro, in tema di rapporti fra processo penale e procedimento disciplinare, gli eventuali errori nella procedura di acquisizione delle prove da parte dell'autorità giudiziaria che rendano le stesse inutilizzabili nel procedimento penale non ne comportano l'automatica inutilizzabilità in sede amministrativa: «pertanto, le intercettazioni telefoniche, ancorché conseguite nell'ambito di un processo concluso con il patteggiamento, nel quale quindi nemmeno sia stato affrontato il problema della loro corretta acquisizione, devono ritenersi utilizzabili nel procedimento disciplinare» (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 dicembre 2009, n. 7703). Ciò premesso in punto, sul piano della valenza probatoria «ciò che rileva è l’esame critico delle conversazioni intercettate che tenga conto nella valutazione del loro  contenuto  della  conoscenza, diretta o indiretta, che gli intercettati dimostrano di avere delle  situazioni  sulle  quali  s’intrattengono, quando tali situazioni non si riferiscono a comportamenti propri, e di altri elementi, quali il contesto fattuale, logico e temporale, in cui le  conversazioni  sono  avvenute,  tenuto  conto  dell’ambiente  del quale fanno parte gli intercettati, operando comunque valutazioni complessive delle conversazioni intercettate senza interpretazioni conseguenti ad indebite estrapolazioni» (CAF, C.U. n. 7/C del 2004). Considerazioni, queste, anche in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche  possono  costituire  fonte diretta di prova della colpevolezza e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni qualora siano gravi, e cioè consistenti e resistenti alle obiezioni, precisi, e cioè non generici e non suscettibili di diverse interpretazioni, concordanti, e cioè non contrastanti tra loro. In diversi termini, «per ritenere provato l'illecito sportivo contestato al dirigente di una società calcistica, gli organi  di  giustizia  sportiva  possono  basarsi  sulle  intercettazioni  telefoniche  raccolte  in un procedimento penale, a prescindere dalla loro utilizzabilità in quella sede, ove il contenuto delle conversazioni intervenute tra il soggetto deferito e i suoi  interlocutori  sia  stato  sottoposto  a  vaglio critico e venga considerato espressivo di un comune intento fraudolento» (così TAR Lazio, Roma, sez. III, 19 marzo 2008, n. 2472). Pertanto, a prescindere che si tratta essenzialmente di conversazioni telefoniche non disconosciute dai deferiti diretti interessati ed al di là degli eventuali riscontri esterni, si pone solo una questione di attendibilità, che impone all’organo di giustizia sportiva un attento controllo dei contenuti delle conversazioni, avuto riguardo alla tipicità del settore disciplinare-sportivo di riferimento. Controllo, questo, che deve essere effettuato secondo una triplice prospettiva: «rileva, innanzi tutto, la necessaria distinzione tra circostanze riferite dall’interlocutore per cognizione diretta e circostanze riferite de relato. Non può escludersi infatti che la circolarizzazione delle informazioni assunte, caratterizzate da linguaggio criptico e da accentuata gergalità, possa alterare il contenuto e significato della conversazione stessa. Rileva altresì la collocazione dell’interlocutore telefonico nella catena conoscitiva organizzata per l’acquisizione e l’utilizzo di notizie per scopi illeciti. E’ evidente infatti la diversa valenza probatoria tra quanto promana da soggetti estranei al mondo del calcio e tesserati, dirigenti ovvero calciatori, direttamente partecipi all’evento agonistico, nonché tra meri collettori di informazioni e soggetti abitualmente dediti alle scommesse e, quindi, portatori di interessi economici personali. Rileva, infine, la necessità di una lettura delle conversazioni telefoniche intercettate non avulsa dal contenuto logico e temporale di riferimento, al fine di una valutazione complessiva e non parcellizzata» (CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 48/CGF del 27 settembre 2011). In conclusione, le risultanze delle captazioni telefoniche sono pienamente utilizzabili – in funzione degli elementi suscettibili di valutazione che le stesse sono in grado di fornire – nei procedimenti disciplinari di ambito sportivo, ferma restando e premessa la necessaria attenta lettura delle conversazioni intercettate e della loro meditata valutazione nell’ambito del contesto logico- temporale nel quale le stesse si inseriscono, allo scopo di raggiungere una organica rappresentazione dei fatti sottoposti a giudizio. È forse, a questo, opportuno, dunque, ribadire che esula, dal presente procedimento disciplinare, ogni eventuale rilevanza di natura civilistica o penalistica, dei fatti contestati, essendo ovvio che l’accertamento dell’eventuale sussistenza di un reato o di violazioni connesse al diritto societario ed alla redazione tecnico-formale dei bilanci sono assegnati ai competenti organi della giustizia ordinaria.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezioni Unite : Decisione n. 62 del 13/12/2016 – www.coni.it

Decisione impugnata: decisione della Corte Federale d'Appello FIGC, adottata a Sezioni Unite in data 19 aprile 2016 e pubblicata, in motivazione, con C.U. n. 010/CFA del 22 luglio u.s., che ha irrogato, in capo al ricorrente, la sanzione dell'inibizione per 5 anni, con la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, più l'ammenda pari ad € 50.000,00

Parti: F. A. A./Federazione Italiana Giuoco CalcioG. L. I./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Non spetta, infatti, agli organi della Procura federale effettuare valutazioni sulla correttezza delle modalità con le quali sono state effettuate intercettazioni ambientali delle quali è venuta legittimamente in possesso. Peraltro, come ha ricordato la difesa della F.I.G.C., non vi è dubbio che gli organi della giustizia sportiva possano utilizzare, per effettuare le proprie autonome valutazioni su fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo, le intercettazioni che gli siano state trasmesse dagli organi della giustizia statale.Si deve poi anche aggiungere che, come si evince dagli atti, l’eventuale non utilizzabilità delle intercettazioni avrebbe riguardato solo un limitato periodo di tempo, tale da non incidere sul complesso delle valutazioni effettuate dagli organi di giustizia federale.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.065/TFN del 24 Marzo 2016 - www.figc.it

Impugnazione Istanza:

(13) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: F.A.A. (Agente di Calciatori fino al 31.3.2015) - (nota n. 1244/1064 p f14-15 SP/ac del 28.7.2015).

Massima: In merito a tali intercettazioni va tuttavia osservato che come risulta dal C.U. n. 53/TFN del 15 febbraio 2016 , col quale è stata pubblicata la decisione di questa Sezione Disciplinare nel procedimento disciplinare a carico del … e dell'…., il Tribunale del Riesame di Catania ha in data 17.4.2015 dichiarato l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte ed eseguite sull'utenza cellulare del P. fra la data del 26 marzo 2015 e quella del 10 aprile 2015, che erano state acquisite sulla base di una diversa “notitia criminis” basata su fatti storici differenti rispetto a quelli oggetto del primo procedimento a carico di ignoti. Alla luce di quanto precede , questa Sezione Disciplinare ritiene , come peraltro si è già espresso in precedenza il Tribunale Federale Nazionale, che tutte le altre intercettazioni telefoniche e ambientali sulle utenze degli altri soggetti coinvolti (…...) sono perfettamente valide e pienamente utilizzabili, mentre quelle sull'utenza cellulare del P. sono utilizzabili pienamente tutte, ad eccezione di quelle del periodo fra il 26 marzo 2015 e il 10 aprile 2015. Peraltro il divieto di utilizzazione riguarda solo il procedimento penale nel quale esse sono poi confluite, quello cioè per il reato associativo e per le varie ipotesi di frodi sportive a carico del P., perché l'art. 270 comma 1 c.p.p. limita il divieto di utilizzazione ad altri procedimenti penali che siano strutturalmente diversi da quello in cui le intercettazioni erano state disposte. Nulla vieta pertanto che esse siano invece utilizzabili nel presente procedimento disciplinare, anche tenuto conto che il Codice di Giustizia Sportiva non contiene una specifica indicazione dei mezzi di prova utilizzabili nel procedimento disciplinare, limitandosi a dichiarare all'art. 35 comma 4 che “i procedimenti si svolgono sulla base degli elementi contenuti nel deferimento e nelle deduzioni difensive”, non escludendo alcun elemento che possa essere utilizzato come mezzo di prova. Sicché, anche se si volesse ritenere operante il divieto di utilizzazione nel presente procedimento disciplinare - divieto che è stato tuttavia escluso - , bisogna tuttavia convenire che nell'ambito del procedimento disciplinare ben possono essere ritenute utilizzabili le singole conversazioni, costituenti un fatto storico diverso dalle modalità della loro acquisizione, specie quando, come nel caso di specie, uno degli interlocutori come il P. le ha poi confermate, rendendo ampia confessione. Alle citate intercettazioni telefoniche e ambientali si sono poi aggiunti altri elementi probatori , come le risultanze dei servizi di pedinamento e osservazione con i rilievi video e fotografici, gli esiti di alcune perquisizioni, i tabulati telefonici e soprattutto le dichiarazioni largamente confessorie rilasciate dal P., che hanno contribuito ad attribuire un valore di alta attendibilità al dato probatorio delle intercettazioni, il cui significato si presenta pertanto inequivocabile e non suscettibile di interpretazioni diverse. D'altra parte, un esame complessivo di tutta la mole delle conversazioni intercettate , in cui gli interlocutori spesso fanno ricorso a un linguaggio criptico convenzionale (il numero del binario, l'orario dei treni, le udienze in tribunale, le parcelle legali etc.) rivela l'esistenza di una fitta rete di rapporti fra tutti i soggetti coinvolti, finalizzata proprio all'alterazione delle gare disputate dal Catania Calcio Spa e all'effettuazione di scommesse dall'esito certo con l'investimento di rilevanti somme di denaro, che esclude in radice la possibilità di una spiegazione alternativa di tipo goliardico o di millanteria. Ma sono state soprattutto le dichiarazioni confessorie del P. a escludere la possibilità di una diversa lettura delle conversazioni intercettate, avendo egli esplicitamente ammesso nell'interrogatorio al P.M. di Catania del 29.6.2015

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 9 Novembre 2011 –  www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U.n.30/CGF del 19.8.2011

Parti: U.S. ALESSANDRIA 1912 Srl/FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO e A.C. MONZA BRIANZA 1912

Massima TNAS: (3) E’ ritenuto legittimo dalla giurisprudenza del TNAS l’uso a fini probatori delle intercettazioni telefoniche allorquando queste siano state acquisite ai sensi dell’art. 2, comma 3, L. n. 401/89.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 09 novembre 2011 – www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U.n.30/CGF del 19.8.2011

Parti: U.S. ALESSANDRIA 1912 Srl / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO e MONZA BRIANZA SpA (parte interventrice ad opponendum)

Massima TNAS: (3) Le intercettazioni telefoniche, il cui uso a fini probatori è ritenuto legittimo dalla giurisprudenza consolidatasi presso il TNAS (allorquando queste siano state acquisite ai sensi dell’art. 2, comma 3, l. n. 401/89).

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 6 dicembre 2011 –  www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera dellaCorte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U. n.30/CGF del 19.8.2011

Parti: ASCOLI CALCIO 1898 SpA/FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS:  (1) E’ ritenuto legittimo dalla giurisprudenza del TNAS l’uso a fini probatori delle intercettazioni telefoniche allorquando queste siano state acquisite ai sensi dell’art. 2, comma 3, L. n. 401/89.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 12 Dicembre 2011 –  www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U.n.30/CGF del 19.8.2011

Parti: SIG. V.S./FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (2) E’ ritenuto legittimo dalla giurisprudenza del TNAS l’uso a fini probatori delle intercettazioni telefoniche allorquando queste siano state acquisite ai sensi dell’art. 2, comma 3, L. n. 401/89.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 27 febbraio 2012– www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U. 30/CGF del 19.8.2011

Parti: Sig. M.P. / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (1) E’ormai ius receptum nella giurisprudenza del T.N.A.S. che le intercettazioni telefoniche acquisite nell’ambito del processo penale possono essere utilizzate nel procedimento disciplinare promosso nei confronti di soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 16 aprile 2012– www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U. n. 30/CGF del 19 agosto 2011

Parti: Sig. G.S. / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (3) Nell’ambito del giudizio disciplinare sportivo e di quello innanzi al Collegio arbitrale del TNAS le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche effettuate nell’ambito di inchieste giudiziarie - nella specie quella scaturita nell’ordinanza di custodia cautelare del GIP di Cremona sul calcio scommesse - sono pienamente utilizzabili in sede di giustizia sportiva, anche al di là delle preclusioni processuali previste nel codice di rito penale.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 16 aprile 2012– www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U. n. 30/CGF del 19 agosto 2011

Parti: Sig. G.S. / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (6) Non può invocarsi un inconsapevole coinvolgimento nella frode sportiva per effetto di semplice millanteria posta in essere dai veri autori dell’accordo fraudolento da parte di chi viene ripetutamente nominato nel corso di numerose intercettazioni telefoniche non come ignaro referente autorevole, ma come effettivo partecipante all’organizzazione truffaldina, al quale riferire proposte o sviluppi delle vicende ovvero quale soggetto da ristorare per scommesse fallite a causa di qualche giocatore “ infedele”.

 

Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n.  081/CFA del 14 Dicembre  2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 096/CFA del 30 Gennaio 2017  e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 92/TFN del 30.6.2016

Impugnazione – istanza: RICORSO Dott. D.I.V.(ALL’EPOCA DEI FATTI AGENTE DI CALCIATORI) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE DI ANNI 2 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS COMMA 1, ANCHE IN RELAZIONE ALL’ART. 10, COMMI 2 E 6 C.G.S.- NOTA N. 12810/24 PF14-15 AM/SP/MA DELL’11.5.2016

Massima: L’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche non è fondata e va respinta, alla luce del consolidato principio, più volte ribadito e dal quale questa Corte non intende discostarsi, di libera e legittima utilizzazione in sede sportivo-disciplinare degli elementi di prova raccolti in procedimenti diversi ed in particolare, per quanto qui rileva, delle risultanze dell’attività captativa posta in essere dagli organi inquirenti della Procura della Repubblica di – omissis -, indipendentemente dalle modalità di relativa acquisizione e fermo restando che tali risultanze investigative devono essere autonomamente valutate dagli organi della giustizia sportiva “nella loro fenomenica consistenza e nella loro capacità rappresentativa di circostanze storiche rilevanti, senza necessità (e perfino di possibilità giuridica, sottratta al Giudice sportivo a fronte di fonti probatorie formatesi nell’ambito della giurisdizione statale) di sindacato sulla loro origine e sul modo della loro acquisizione” (Corte di Giustizia Federale, Sezioni Unite, 18 agosto 2011, C.U. 043/CGF del 19 settembre 2011).

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 28 gennaio 2010 - www.coni.it Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009

Parti: Sig. P. G. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)

Massima: Nel procedimento sportivo sono utilizzabili le intercettazioni penali a norma dell'art. 271 comma 1 c.p.p. Ha precisato la Corte che “al di là della espressione \"divieti di utilizzazione\" usata nell'art. 271 c.p.p. con riferimento alla categoria della inutilizzabilità, creata dal legislatore (art. 191 c.p.p.) come sanzione processuale in conseguenza della violazione di espressi divieti di acquisizione probatoria, si è in presenza di violazione di regole poste a garanzia della segretezza e della libertà delle comunicazioni, costituzionalmente presidiata e cioè della libertà dei cittadini (art. 15 Cost.), che la stessa Corte Costituzionale ha ritenuto debba essere assicurata attraverso il rispetto di precise disposizioni, avuto riguardo alla particolare invasività del mezzo della intercettazione telefonica o ambientale, attinenti pure alla loro esecuzione presso impianti della Procura della Repubblica, con una deroga in casi eccezionali specificamente motivati (v. Corte Costituzionale 19.07.2000 n. 304)” (Cass. Pen. n. 29688/2007). La citata giurisprudenza non solo non offre spunti idonei a suffragare la tesi della difesa attrice, poiché nella specie non si contesta la legittimità e l’esistenza delle prove assunte nella fase delle indagini preliminari, ma, addirittura, conferma l’impostazione dell’autonomia degli ordinamenti processuali, su cui si fonda la motivazione della CGF. La stessa Cassazione penale ribadisce, infatti, che “costituisce principio consolidato e pacifico quello per cui la prova nel procedimento di prevenzione è autonoma e non deve rispecchiare i principi e le regole probatorie propri del processo penale di cognizione, potendo trattarsi, stante la peculiarità di tale tipo di procedimento, sia sul piano sostanziale che su quello processuale (v. sentenza della Corte Costituzionale n. 321 del 2004), anche di elementi meramente investigativi. Il giudice della prevenzione può quindi ritenere fondata la prova anche sulla base degli elementi emersi nell'ambito di un procedimento penale poi definito, in ipotesi, con il proscioglimento dell'imputato, poichè la diversità della struttura dei due procedimenti, in punto di prova, può comportare una diversa valutazione degli stessi elementi in sede di giudizio di prevenzione, essendo in particolare il giudice della prevenzione autorizzato a servirsi di elementi di prova tratti da procedimenti penali, anche se non ancora definiti”.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 28 gennaio 2010 - www.coni.it Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009 Parti: Sig. A. M.  contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) Massima: Nel procedimento sportivo sono utilizzabili le intercettazioni penali a norma dell'art. 271 comma 1 c.p.p. Ha precisato la Corte che “al di là della espressione \"divieti di utilizzazione\" usata nell'art. 271 c.p.p. con riferimento alla categoria della inutilizzabilità, creata dal legislatore (art. 191 c.p.p.) come sanzione processuale in conseguenza della violazione di espressi divieti di acquisizione probatoria, si è in presenza di violazione di regole poste a garanzia della segretezza e della libertà delle comunicazioni, costituzionalmente presidiata e cioè della libertà dei cittadini (art. 15 Cost.), che la stessa Corte Costituzionale ha ritenuto debba essere assicurata attraverso il rispetto di precise disposizioni, avuto riguardo alla particolare invasività del mezzo della intercettazione telefonica o ambientale, attinenti pure alla loro esecuzione presso impianti della Procura della Repubblica, con una deroga in casi eccezionali specificamente motivati (v. Corte Costituzionale 19.07.2000 n. 304)” (Cass. Pen. n. 29688/2007). La citata giurisprudenza non solo non offre spunti idonei a suffragare la tesi della difesa attrice, poiché nella specie non si contesta la legittimità e l’esistenza delle prove assunte nella fase delle indagini preliminari, ma, addirittura, conferma l’impostazione dell’autonomia degli ordinamenti processuali, su cui si fonda la motivazione della CGF. La stessa Cassazione penale ribadisce, infatti, che “costituisce principio consolidato e pacifico quello per cui la prova nel procedimento di prevenzione è autonoma e non deve rispecchiare i principi e le regole probatorie propri del processo penale di cognizione, potendo trattarsi, stante la peculiarità di tale tipo di procedimento, sia sul piano sostanziale che su quello processuale (v. sentenza della Corte Costituzionale n. 321 del 2004), anche di elementi meramente investigativi. Il giudice della prevenzione può quindi ritenere fondata la prova anche sulla base degli elementi emersi nell'ambito di un procedimento penale poi definito, in ipotesi, con il proscioglimento dell'imputato, poichè la diversità della struttura dei due procedimenti, in punto di prova, può comportare una diversa valutazione degli stessi elementi in sede di giudizio di prevenzione, essendo in particolare il giudice della prevenzione autorizzato a servirsi di elementi di prova tratti da procedimenti penali, anche se non ancora definiti”.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 28 gennaio 2010 - www.coni.it Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009

Parti: Sig. F. Z. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)

Massima: Nel procedimento sportivo sono utilizzabili le intercettazioni penali a norma dell'art. 271 comma 1 c.p.p. Ha precisato la Corte che “al di là della espressione \"divieti di utilizzazione\" usata nell'art. 271 c.p.p. con riferimento alla categoria della inutilizzabilità, creata dal legislatore (art. 191 c.p.p.) come sanzione processuale in conseguenza della violazione di espressi divieti di acquisizione probatoria, si è in presenza di violazione di regole poste a garanzia della segretezza e della libertà delle comunicazioni, costituzionalmente presidiata e cioè della libertà dei cittadini (art. 15 Cost.), che la stessa Corte Costituzionale ha ritenuto debba essere assicurata attraverso il rispetto di precise disposizioni, avuto riguardo alla particolare invasività del mezzo della intercettazione telefonica o ambientale, attinenti pure alla loro esecuzione presso impianti della Procura della Repubblica, con una deroga in casi eccezionali specificamente motivati (v. Corte Costituzionale 19.07.2000 n. 304)” (Cass. Pen. n. 29688/2007). La citata giurisprudenza non solo non offre spunti idonei a suffragare la tesi della difesa attrice, poiché nella specie non si contesta la legittimità e l’esistenza delle prove assunte nella fase delle indagini preliminari, ma, addirittura, conferma l’impostazione dell’autonomia degli ordinamenti processuali, su cui si fonda la motivazione della CGF. La stessa Cassazione penale ribadisce, infatti, che “costituisce principio consolidato e pacifico quello per cui la prova nel procedimento di prevenzione è autonoma e non deve rispecchiare i principi e le regole probatorie propri del processo penale di cognizione, potendo trattarsi, stante la peculiarità di tale tipo di procedimento, sia sul piano sostanziale che su quello processuale (v. sentenza della Corte Costituzionale n. 321 del 2004), anche di elementi meramente investigativi. Il giudice della prevenzione può quindi ritenere fondata la prova anche sulla base degli elementi emersi nell'ambito di un procedimento penale poi definito, in ipotesi, con il proscioglimento dell'imputato, poichè la diversità della struttura dei due procedimenti, in punto di prova, può comportare una diversa valutazione degli stessi elementi in sede di giudizio di prevenzione, essendo in particolare il giudice della prevenzione autorizzato a servirsi di elementi di prova tratti da procedimenti penali, anche se non ancora definiti”.

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 30/CDN  del 19 Ottobre 2009 n. 4  - www.figc.it Impugnazione - istanza: (325) – Deferimento del Procuratore Federale a carico di: S. C. (dirigente Genoa Cricket and FC SpA), F. A. H.(Presidente AS Lucchese Libertas Srl) e delle società AS Lucchese Libertas Srl e Genoa Cricket And FC SpA (nota n. 4074/602sexies pf06- 07/SP/ad del 10.4.2008). Massima: Le intereccetazioni telefoniche nell’amnbito del procedimento penale sono fonte di prova nel procedimento sportivo quando dimostrano che il trasferimento del calciatore è avvenuto ad opera di un soggetto inibito.

 

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 55/CDN del 16 maggio 2008 n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:- Deferimento del Procuratore Federale a carico di: D.R. (allenatore SS Lazio SpA) per violazione art. 1 comma 1 CGS e della società SS Lazio SpA per violazione art. 2 comma 4 CGS vigente all’epoca dei fatti, oggi trasfuso nell’art. 4 comma 2 CGS (nota n. 680/460pf06-07/sp/ma dell’8.10.2007).

Massima: Con riferimento all’eccezione di inutilizzabilità della intercettazione della conversazione telefonica, eseguita nell’ambito del procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica, si rileva che, secondo l’orientamento consolidato degli Organi della giustizia sportiva, ai fini dell’acquisizione e dell’utilizzo delle intercettazioni telefoniche e/o delle loro trascrizioni, è sufficiente la provenienza delle stesse dalla Autorità giudiziaria, dovendosi presupporre da tale derivazione la legittimità della loro assunzione in conformità dell’art. 268 c.p.p. Nel caso di specie, nessuna limitazione all’utilizzo di un simile materiale processuale può derivare né dal disposto dell’art. 270 c.p.p., in quanto siffatta limitazione opera soltanto nell’ambito del processo penale ai sensi del relativo codice di rito, non essendo invece preclusa la utilizzazione di trascrizioni, legittimamente acquisite, in procedimenti diversi da quello penale stesso, come è appunto quello disciplinare (trattasi di interpretazione già da tempo condivisa anche dal Garante per la protezione dei dati personali, come da provvedimento del 27.6.2001, in Bollettino n. 21/2001, p. 18); né dalla circostanza che l’intercettazione avrebbe potuto essere espunta dal processo in quanto non attinente; né dalla circostanza che la sua pubblicazione sugli organi di stampa sarebbe avvenuta in modo illecito. In particolare, nella fattispecie opera il combinato disposto degli articoli 2, comma 3, della legge n. 401/1989 e 24 e 27 (ed eventualmente anche 21) del d.lgs. n. 196/2003: tale articolato normativo realizza una evidente disciplina di settore, configurando una regola di carattere speciale che – per quanto qui rileva – legittima gli organi della disciplina sportiva a richiedere (e, conseguentemente, a utilizzare) copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell’art. 116 c.p.p. Ne consegue che la previsione limitativa derivante, con effetti endoprocessuali in ambito penale, dall’art. 270 c.p.p. trova deroga ampliativa proprio in forza del principio – contenuto in fonte legislativa di pari rango - secondo cui “il trattamento di dati giudiziari da parte di privati o di soggetti pubblici è consentito soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge”, quale appunto quella del citato art. 2, comma 3, della legge n. 401/1989.

 

Decisione C.G.F. – Sezioni Unite: Comunicato Ufficiale n. 156/CGF Riunione del 9 aprile 2008 n. 9,10 con motivazione sul Comunicato Ufficiale n. 186/CGF Riunione del 23 maggio 2008 n. 9,10 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera Commissione Disciplinare Nazionale - Com. Uff. n.40/CDN del 19.3.2008

Impugnazione - istanza:Ricorso del Procuratore Federale avverso l’incongruità della sanzione della sospensione dall’attività fino al 15.4.2008 inflitta al sig. S.R., arbitro fuori quadro, a seguito di proprio deferimento del 28.12.2007 – 1828/552-553/pf06/07/sp/en per violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S. Ricorso del sig. S.R., arbitro fuori quadro, avverso la sanzione della sospensione dall’attività fino al 15.4.2008 inflitta dalla Commissione Disciplinare Nazionale a seguito deferimento del Procuratore Federale del 28.12.2007 – 1828/552- 553/pf06/07/sp/en per violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S.

Massima: Quando la telefonata intercettata dall’A.G.O. ai fini penali attiene a una conversazione privata, essa pertanto, pur coinvolgendo due tesserati, non concreta la violazione dell’articolo del C.G.S:, e cioè dei principi di lealtà, correttezza e probità. La norma infatti impone il rispetto di tali principi in “ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva” e tale non può considerarsi un colloquio destinato, per sua natura e nelle intenzioni dei soggetti coinvolti, a rimanere riservato.

 

Decisione C.G.F.: Comunicato Ufficiale n. 14/CGF Riunione del 30 agosto 2007 n. 1, 2 con motivazione sul Comunicato Ufficiale n. 101/CGF Riunione del 5 febbraio 2008 n. 1,2 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 136 del 28.11.2006

Impugnazione - istanza:Ricorso del calciatore S.G. già tesserato F.C. Crotone S.r.l. ed attualmente tesserato per la società Genoa Cricket And Football Slub S.p.A., avverso la sanzione della squalifica inflittagli per mesi otto, per violazione degli artt. 1, comma 1 e 6, comma 7 C.G.S., a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo per violazione dell’art. 6, commi 1 e 5 C.G.S. ricorso del Procuratore Federale avverso l’incongruità della sanzione inflitta al calciatore S.G., già tesserato F.C. Crotone S.r.l. ed attualmente tesserato per la società Genoa Cricket And Football Club S.p.A.; ed il proscioglimento dei signori: C.R., allenatore all’epoca dei fatti tesserato per la società Cesenatico Calcio A.S.; C.L., calciatore all’epoca dei fatti tesserato per la società F.C. Messina Peloro S.r.l.; S.N., dirigente all’epoca dei fatti della società F.C. Messina Peloro S.r.l.; V.R., presidente della società F.C. Crotone S.r.l. a seguito di proprio deferimento per illecito sportivo in violazione dell’art. 6, comma 1 e 5 del C.G.S.

Massima: Sono ammissibili le intercettazioni telefoniche eseguite in ambito di procedimento penale ed acquisite al processo sportivo e non può dubitarsi della loro correttezza, essendo assistite da specifica presunzione in tal senso per il semplice fatto di essere state trascritte da agenti di polizia giudiziaria, ai quali devesi riconoscere l’ontologica capacità di poter imprimere pubblica fede.

Massima: In base alle intercettazioni telefoniche il calciatore è responsabile della violazione di cui agli artt. 1 comma 1 e 6 comma 7 C.G.S. Ed invero, mentre una carente attività istruttoria non ha consentito di poter accertare (con conseguente sanzione per i responsabili), un ‘ attività diretta ad alterare lo svolgimento della gara, dalle intercettazioni telefoniche, sia pur per riferimento di terze persone, appare plausibile ritenere che il detto accordo, ci possa ipoteticamente essere stato. Con riferimento al detto accordo, però, certamente può escludersi che il calciatore, prima della partita, e fino alla fine del primo tempo della medesima, possa avervi preso parte. Nel caso di specie dopo la fine del primo tempo qualcosa può essere cambiato, sia perché emerge che dopo il goal segnato dal calciatore nel primo tempo, lo stesso sia stato raggiunto da calciatori avversari negli spogliatoi e nell’ambito di episodi piuttosto concitati e forse anche violenti, appare plausibile ritenere che delle utilità, in precedenza negate, siano state promesse allo stesso in via diretta, sia perché è lo stesso calciatore a riferire nel corso di altra telefonata posteriore alla gara, che si sarebbe adoperato per mantenere un risultato favorevole alla squadra del avversaria. Pertanto, il calciatore sicuramente ha avuto notizia di atti posti in essere da terzi per alterare lo svolgimento di una gara e/o del conseguente risultato, ed anzi, pur non riuscendovi, ha tentato di inserirsi nelle relative trattative, per cui certamente deve essere riconosciuta la sua responsabilità per omessa denunzia, così come allo stesso deve essere riconosciuta la contestuale responsabilità di cui all’art. 1 comma 1 C.G.S., ricomprendendo in detta fattispecie il comportamento di chi in astratto avrebbe potuto alterare il risultato di una gara, ma non ha avuto la possibilità di influirvi in termini concreti, oggettivi e diretti, ravvisandosi comunque anche in detti fatti un comportamento antisportivo.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 13 giugno 2007 – www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte Federale (FIGC) pubblicata sul C.U. n. 1/CF del 25 luglio 2006  - www.figc.it

Parti: Dott. T.L. contro F.I.G.C.

Massima: Le intercettazioni telefoniche acquisite in altro procedimento sono utilizzabili, poichè l’art. 270 c.p. esprime un principio nell’ambito del processo penale la cui applicazione non è estensibile ad altri procedimenti e, in particolare, a quelli disciplinari.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 1 giugno 2007– www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte Federale pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 7/Cf del 01.9.2006 - www.figc.it

Parti: G.M. contro F.I.G.C

.Massima: Sono utilizzabili nei procedimenti per illecito sportivo le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche ricadenti fra gli atti del procedimento penale acquisiti ai sensi dell’art. 2, comma 3, legge 13 dicembre 1989 n. 401. Si osserva, infatti, che l’art. 270 del codice di procedura penale esprime un principio generale che spiega la sua validità unicamente nell’ambito del processo penale. Il divieto di utilizzare i risultati delle intercettazioni telefoniche acquisiti nell’ambito di un procedimento penale riguarda, infatti, esclusivamente “altri” procedimenti penali. La disposizione processuale, invece, non preclude – né potrebbe – l’utilizzabilità dei medesimi risultati in procedimenti diversi da quello penale, come ad esempio quello disciplinare. Ne discende, dunque, che - al fine della ricognizione storica delle condotte e degli eventi rilevanti per il presente procedimento - possano essere legittimamente utilizzate e valutate le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche provenienti dall’indagine penale.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 13/CDN  del 06 agosto 2008  n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: (302) – Deferimento del Procuratore Federale a carico di: L.M. (all’epoca dei fatti tesserato Juventus FC SpA), M.F. (all’epoca dei fatti dirigente FC Messina Peloro Srl), P.F. (presidente FC Messina Peloro Srl), M.B. (all’epoca dei fatti tesserato quale dirigente FC Messina Peloro Srl), G.P. (arbitro effettivo associato presso la sezione AIA di Bari), R.P. (all’epoca dei fatti arbitro benemerito) T.P. (arbitro effettivo associato presso la sezione AIA di Lucca), S.R. (già arbitro effettivo), S.C. (già arbitro effettivo), A.D. (già arbitro effettivo), P.B.(arbitro effettivo associato presso la sezione AIA di Arezzo), M.G. (già arbitro effettivo), M.D.S. (già arbitro effettivo), M.A. (assistente associato presso la sezione AIA di Torre del Greco Na), e delle società Juventus FC SpA e FC Messina Peloro Srl (nota n. 4349/602quinviciespf06-07/sp/ad del 23.4.2008)

Massima: Sulla inutilizzabilità degli atti di indagine del procedimento penale pendente avanti il Tribunale ed in particolare delle conversazioni telefoniche intercettate, la Commissione rileva che trattasi di documentazione pervenuta dall’Autorità Giudiziaria, acquisita dalla Procura Federale ai sensi dell’art. 2, comma 3, della Legge n. 401 del 13 dicembre 1989, trattandosi di attività relativa alla fase delle indagini preliminari, la cui utilizzabilità è stata costantemente affermata dagli Organi di Giustizia Sportiva, con orientamento al quale questa Commissione ritiene di aderire. Quanto agli asseriti vizi dei provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche ed alle conseguenti operazioni di Polizia Giudiziaria, nonché alla ritenuta inutilizzabilità degli atti del procedimento penale per violazione degli articoli 114 e 116 c.p.p., è da ritenere sufficiente la provenienza ed il deposito degli atti da parte dell’Autorità Giudiziaria, dovendosi necessariamente presupporre da tale derivazione la legittimità, autenticità e genuinità degli atti stessi, della loro assunzione e della loro conoscibilità, restando ovviamente precluso ogni controllo sia formale che sostanziale in questa sede degli atti trasmessi.

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 marzo 2007– www.coni.it Decisione impugnata:  Delibera dellaCorte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006  - www.figc.it Parti: D.D.V. contro F.I.G.C.  Massima: Non è accoglibile la censura di illegittimità della decisione impugnata per indebita utilizzazione di intercettazioni telefoniche acquisite in altro procedimento, poiché l’art. 270 c.p. esprime un principio nell’ambito del processo penale la cui applicazione non è estendibile ad altri procedimenti, e in particolare in quelli disciplinari.Non è accoglibile, la censura mossa alla decisione impugnata sotto il profilo della violazione dei diritti della difesa cagionata da una asserita «selezione a “senso unico” delle intercettazioni telefoniche operata nel giudizio» innanzi agli organi di giustizia federale, tenuto conto che al ricorrente incombeva comunque l’onere di offrire un principio di prova in ordine all’esistenza di ulteriori conversazioni telefoniche tra i propri dirigenti e terzi idonee a fornire elementi probatori a favore della società medesima.  Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 marzo 2007– www.coni.it Decisione impugnata: Delibera dellaCorte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006  - www.figc.it Parti: A.D.V. contro F.I.G.C.  Massima: Non è accoglibile la censura di illegittimità della decisione impugnata per indebita utilizzazione di intercettazioni telefoniche acquisite in altro procedimento, poiché l’art. 270 c.p. esprime un principio nell’ambito del processo penale la cui applicazione non è estendibile ad altri procedimenti, e in particolare in quelli disciplinari.Non è accoglibile, la censura mossa alla decisione impugnata sotto il profilo della violazione dei diritti della difesa cagionata da una asserita «selezione a “senso unico” delle intercettazioni telefoniche operata nel giudizio» innanzi agli organi di giustizia federale, tenuto conto che al ricorrente incombeva comunque l’onere di offrire un principio di prova in ordine all’esistenza di ulteriori conversazioni telefoniche tra i propri dirigenti e terzi idonee a fornire elementi probatori a favore della società medesima.  Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 marzo 2007– www.coni.it Decisione impugnata: Delibera dellaCorte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006  - www.figc.it Parti: S.M. contro F.I.G.C.  Massima: Non è accoglibile la censura di illegittimità della decisione impugnata per indebita utilizzazione di intercettazioni telefoniche acquisite in altro procedimento, poiché l’art. 270 c.p. esprime un principio nell’ambito del processo penale la cui applicazione non è estendibile ad altri procedimenti, e in particolare in quelli disciplinari.Non è accoglibile, la censura mossa alla decisione impugnata sotto il profilo della violazione dei diritti della difesa cagionata da una asserita «selezione a “senso unico” delle intercettazioni telefoniche operata nel giudizio» innanzi agli organi di giustizia federale, tenuto conto che al ricorrente incombeva comunque l’onere di offrire un principio di prova in ordine all’esistenza di ulteriori conversazioni telefoniche tra i propri dirigenti e terzi idonee a fornire elementi probatori a favore della società medesima.  Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 8 marzo 2007– www.coni.it Decisione impugnata: Delibera della Corte Federale pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 6/Cf del 26.08.2006- www.figc.it Parti: P.F. contro F.I.G.C. Massima: Ai sensi dell’art. 267, requisito di legittimità delle captazioni è la sussistenza dei «gravi indizi di reato» che - come più volte precisato dalla giurisprudenza di legittimità - non attengono alla colpevolezza di un determinato soggetto bensì alla esistenza dell’illecito. Ne segue che il ricorso alle intercettazioni può essere validamente disposto anche qualora gli indizi in parola (nel caso di specie, relativi al delitto di cui all’art. 416 c.p.) non siano posti a carico di una persona determinata o della persona “intercettata” (cfr. Cass., Sez. II, 19 Ottobre 2005, n. 39275, Zito; Sez. V, 7 Febbraio 2003, n. 38413, Alvaro e altri, Rv. 227413; Sez. VI, 18 Giugno 1999, n. 9428, Patricelli, Rv. 214127). Sussiste, in sintesi, la legittimità del mezzo di ricerca della prova e, dunque, la sussumibilità tra i «mezzi di accertamento legali» di cui all’art. 36 C.G.S., stante che soltanto con prognosi ex ante può affermarsi la legalità della prova. Residua, invece, un problema di utilizzabilità attuale, che impone la tecnica della c.d. prognosi postuma, suscitando il bisogno della verifica ex post. Qui è indispensabile precisare che non è della utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni contro l’indagato nel procedimento penale che mette conto occuparsi [il che rimane - a quanto consta - attualmente sub judice], tanto più considerando che in rapporto alla fattispecie penale addebitabile al ricorrente vige un esplicito principio di non interferenza dei procedimenti di giustizia sportiva e penale, secondo l’art. 2, commi 2 e 3, L. n. 401/89: «L'inizio del procedimento per i delitti [di frode in competizioni sportive] non preclude il normale svolgimento secondo gli specifici regolamenti del procedimento disciplinare sportivo (comma 2). Gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell’articolo 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all'articolo 114 dello stesso codice (comma 3)». È noto che l’art. 270 c.p.p., nell’imporre il generale divieto di utilizzabilità degli esiti delle intercettazioni in procedimenti diversi da quello nel quale sono state disposte, esprime l’esigenza di evitare - secondo l’autorevole insegnamento della Corte Costituzionale - che l’autorizzazione del mezzo di ricerca della prova, difettando, con riferimento al fatto diverso, la garanzia del previo intervento del giudice, diventi «un’inammissibile autorizzazione in bianco» (C.C. nn. 63/1994 e 366/1991). Orbene, la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che le limitazioni probatorie di cui alla norma su richiamata, inerenti a un «procedimento diverso», si riferiscono a procedimenti nascenti da una nuova notitia criminis e aventi a oggetto un diverso fatto di reato (cfr., di recente, Cass. pen., Sez. II, 2.02.2006, P.), in cui, dunque, si richiede la valutazione della responsabilità penale del soggetto. Come già rilevato nel citato giudizio Meani c/F.I.G.C., «persino verso altri procedimenti in senso lato restrittivi di libertà garantite viene affermata la possibilità di far migrare in utilibus le intercettazioni (benché) inutilizzabili allo scopo di accertamento dei reati, come nel caso di procedimento di applicazione di misure di prevenzione che tragga fondamento da risultati (benché) non spendibili nel giudizio di responsabilità penale contro la stessa persona (cfr., tra varie, Cass. pen., VI, 29 aprile 1999, n. 718, Contino)». L’art. 270 c.p.p. sancisce, pertanto, «un principio nell’ambito del processo penale la cui applicazione non è estensibile ad altri procedimenti, come quelli disciplinari, e in particolare, a quelli che si svolgono nell’ambito di un ordinamento di giustizia privato come quello sportivo» (cfr, tra gli altri, Lodo arbitrale del 12.12.2006 in Reggina Calcio c/F.I.G.C.), e che dunque non costituisce ostacolo all’utilizzazione degli esiti delle intercettazioni contro l’indagato. Nella vicenda che occupa il Collegio, occorre piuttosto accertare se, pur non trattandosi di intercettazioni disposte «fuori dei casi consentiti dalla legge», possa comunque assumere rilievo, nell’ambito del presente arbitrato, la circostanza che i risultati di quelle intercettazioni appaiono, in rapporto alla parte promotrice, esorbitanti ab origine i “limiti di ammissibilità” dal momento che l’unica ipotesi di reato prevista a carico del l’indagato non ne avrebbe consentito - per ragioni di pena edittale - l’impiego in funzione di prova (art. 266 c.p.p.). In altri termini, si richiede di considerare la sorte, qui e ora, di risultati di intercettazioni legittime ex ante che siano però - almeno astrattamente - esposte alla sanzione di inutilizzabilità già nell’ambito del procedimento per il quale le intercettazioni sono state disposte. La giurisprudenza di legittimità, invero, ritiene inutilizzabili i risultati quante volte le intercettazioni, pur nell’ambito di un procedimento formalmente unico, vengano spese come prova di altri reati (non semplicemente derubricati all’esito delle indagini preliminari, bensì sin dall’iniziale ipotesi) insuscettibili, quoad poenam, di essere provati con siffatti mezzi di ricerca. Perciò, si rinviene sancito expressis verbis che «in tema di intercettazione di comunicazioni o conversazioni, la circostanza che non possano considerarsi pertinenti a "diverso procedimento" risultanze concernenti fatti strettamente connessi a quello cui si riferisce l'autorizzazione giudiziale, e che dunque non rilevino i limiti di utilizzabilità fissati all'art. 270 cod. proc. pen., non esclude che siano applicabili, anche a tale proposito, le condizioni generali cui la legge subordina l'ammissibilità delle intercettazioni. Ne consegue che, quando nel corso di intercettazioni autorizzate per un dato reato emergono elementi concernenti fatti strettamente connessi al primo, detti elementi possono essere utilizzati solo nel caso in cui, per il reato cui si riferiscono, il controllo avrebbe potuto essere autonomamente disposto a norma dell'art. 266 cod. proc. pen.» (Cass. pen., Sez. VI, 6 febbraio 2004, n. 4942, Kolakowska, in Arch. nuova proc. pen., 2004, 423; e conf. Id., Sez. I, 23 dicembre 1999, n. 14595, Toscano, dove si afferma il principio generale che «l’inutilizzabilità dei risultati illegittimamente acquisiti non consente nessuna differenza nel regime sanzionatorio in relazione alla utilizzazione delle intercettazioni nello stesso procedimento ne quale sono state disposte, ovvero in altro procedimento:in entrambi i casi il divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni deve intendersi sussistente […] quando esse siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge»). La presente sede di giustizia è non soltanto diversa da quelle propriamente disciplinari e collocate a livello della singola Federazione, ma anche certamente diversa da una sede di giustizia connotata da pubblicità: l’arbitrato è fenomeno privato, non autoritativo, la cui natura rende naturalmente applicabile alla disciplina che l’ordinamento vi riserva - come sostenuto anche in dottrina (cfr. Riv. dir. proc., 2002, 1142 ss.) – la necessaria integrazione della tutela della riservatezza delle parti, ovvero, altrimenti dicendo, della necessaria cogenza del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196). Nel “trattamento” dei dati personali dell’indagato, cui il Collegio è chiamato sì «per ragioni di giustizia» ma senza integrare alcun «uffici[o] giudiziari[o]» (artt. 8, comma 2, lett. g, e 47), appaiono, allora, esercitabili dall’“interessato” vuoi i poteri di «blocco» vuoi quelli di «oppo[sizione]» rispettivamente previsti dai commi 3, lett. b, e 4, lett. a, dell’art. 7 del Codice. Premesso che la difesa del ricorrente ha dato conto delle ragioni che integrerebbero “violazione di legge” ove i risultati delle intercettazioni fossero utilizzati ulteriormente contro l’indagato nell’ambito del procedimento penale in cui quelle intercettazioni sono state disposte (ove, seppur legittimo il mezzo, appaiono comunque esposti alla sanzione di inutilizzabilità i relativi risultati per le viste ragioni di pena corrispondente alla ipotesi di reato), ricorre nella presente sede di giustizia (almeno) un caso di esercizio del diritto di opposizione dell’interessato (art. 8, comma 1) «per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta» (art.7, comma 4, lett. a). In breve, in relazione all’indagato, e limitatamente alla peculiare conformazione del presente giudizio arbitrale, non sarebbe conforme alle «regole per tutti i trattamenti» - le quali impongono ai «titolari» e agli «incaricati» di conformarsi al principio di c.d. «non ecceden[za]» (art. 11, comma 1, lett. d), e cioè di adottare soluzioni che concretino un uso non esuberante dei dati personali «rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o successivamente trattati» - l’utilizzazione di quegli stessi dati che appaiono di insicura utilizzabilità già “in relazione agli scopi [di giustizia penale] per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati» (art. 7, comma 3, lett. b). Questo Collegio, che non è un soggetto dotato di supremazia né è titolare di alcun procedimento ratione obiecti assolto dall’osservanza dei principi in materia di privacy e la cui decisiva natura privata riesce oltremodo esaltata dalla connotazione irrituale del presente giudizio (cfr. art. 52, comma 6, Cod. privacy), non può, insomma, utilizzare i risultati delle intercettazioni che lo stesso procedimento entro il quale sono state disposte appare ancora capace di obliterare. In altri termini, poiché non deve al contempo garantire una finalità di giustizia rilevante per l’ordinamento generale (finalità alla quale è costantemente dato altro statuto disciplinare), questo Collegio, ove non ritenesse – allo stato - inutilizzabili ai sensi dell’art. 11, comma 2, Cod. privacy i dati contenuti nelle trascrizioni delle «chiamate» (art. 4, comma 2 lett. b) dell’indagato, potrebbe sostanziare una «violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali», con eventuali sequele anche in termini di responsabilità (art. 15). Tanto premesso, venendo a esaminare nel merito la responsabilità dell’indagato, si rileva anzitutto che, anche nell’ottica di un giudizio equitativo, permane la necessità di analizzare gli specifici comportamenti tenuti dal ricorrente e, più in generale, le circostanze di fatto della vicenda che lo ha visto coinvolto e, su cui, quindi, si incentra il thema decidendum. Al Collegio, infatti, pur quando a esso sia tolta la diretta possibilità di attingere alla trascrizione delle intercettazioni telefoniche acquisite non è inibita la cognizione dei fatti riconosciuti, anche nella stessa istanza di arbitrato, dall’indagato. Si tratta, invero, quanto alla presente sede, di un giudizio civile entro il quale la sostanziale disponibilità della situazione reclamata in causa appare pienamente compatibile col valore legale di verità della affermazione di fatti contra se e favorevoli all’altra parte (art. 2730 c.c.). Ebbene, il contenuto delle conversazioni, appreso pur tramite la mediazione degli atti del presente procedimento che risultano sottoscritti dalla parte personalmente, rende ammissibile un giudizio di disvalore rispetto alla condotta dell’indagato in contrasto coi doveri generali di lealtà e probità sportiva, che il Collegio ritiene sussistente. Si condivide, pertanto, la ricostruzione dei fatti svolta dagli organi della giustizia sportiva che - esclusa la perpetrazione dell’illecito sportivo di cui all’art. 6 CGS – hanno ravvisato nel comportamento dell’indagato plurime violazioni dei doveri di lealtà, correttezza e probità ai sensi dell’art. 1 CGS. In particolare nelle condotte ascritte al ricorrente, afferma la Corte Federale, «si ravvisano in modo grave, ripetuto e irriducibile una concezione strumentale del rapporto di consuetudine con Bergamo, la cinica volontà di approfittarne per ottenere informazioni o indicazioni ad altre società precluse, il disinvolto proponimento di effettuare “raccomandazioni” nella piena consapevolezza che proprio la cordiale conoscenza con il designatore avrebbe escluso le sue rimostranze o reazioni che impedissero l’ostinata prosecuzione delle postulazioni, la ricerca di indebiti privilegi rispetto ad altre società» C.U. n. 6/Cf). Il carattere sleale e scorretto dell’attività sportiva espletata dall’allora Presidente della Reggina non può non essere ravvisato nell’instaurazione di un canale diretto con soggetti deputati alla designazione della terna arbitrale e capaci pertanto di condizionare direttamente l’atteggiamento di gara della medesima, pur nella almeno putativa convinzione di dover reagire a “torti” subiti e di poterlo fare avviando contatti non trasparenti e oggettivamente ambigui diretti a ottenere impropriamente “attenzione” da parte degli arbitri. Il punctum pruriens dell’intera vicenda, dunque, è che l’indagato non si è limitato a dolersi - in particolar modo con il designatore arbitrale Bergamo - di puntuali contestazioni relative a fatti di gara pregressi, ma si è spinto ben oltre, avanzando continue richieste di ‘rassicurazione’ sulla composizione della terna arbitrale e la successiva direzione di gara. Sicché i contatti avviati, per la loro plurima e costante reiterazione, hanno travalicato i limiti di «una comunque superflua e sicuramente anomala sollecitazione all’esercizio di un potere-dovere del designatore arbitrale in merito alla formazione di terne arbitrali adeguate e alla preparazione tecnica, fisica e psicologica delle direzioni di gara, assumendo un carattere anche solo oggettivamente discriminatorio in assenza di analoga ‘sollecitazione’ da parte della squadra di volta in volta avversaria» (cfr. Lodo Reggina Calcio c/F.I.G.C.). In proposito, non riveste rilevanza decisiva la considerazione secondo cui il suddetto contatto sarebbe stato istituzionalmente sollecitato dagli stessi designatori arbitrali, atteso che non risultano agli atti provvedimenti formali o comunicati ufficiali che, allora come ora, individuino nei designatori i soggetti preposti alla ricezione di reclami delle società per presunti torti arbitrali. Né tanto meno tali soggetti potevano istituzionalmente considerarsi destinatari di raccomandazioni preventive circa la composizione della terna arbitrale o lo svolgimento della direzione di gara.   Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 19 febbraio e 8 marzo 2007– www.coni.it Decisione impugnata: Delibera della Corte Federale pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 1/Cf del 25.07.2006 - www.figc.it Parti: L.M. contro F.I.G.C. Massima: Le intercettazioni telefoniche, disposte per fini di indagini preliminari nell’ambito del procedimento penale, possono trovare ingresso nei diversi gradi di giustizia disciplinare presso gli organi della Federazione. L’eccezione della difesa, secondo cui ricorre nella fattispecie un’ipotesi in cui opera il divieto di utilizzazione per essere state le intercettazioni disposte “fuori dei casi consentiti dalla legge” (art. 271.1 c.p.p.), non è fondata in assoluto. Le intercettazioni sono state, infatti, disposte entro i limiti di ammissibilità sanciti dall’art. 266 c.p.p., nulla valendo - a tal fine - che in relazione alla specifica ipotesi di reato specificamente ascritta all’indagato - la “frode in competizioni sportive” di cui all’art. 1 l. 13.12.1989, n. 401 – non sussistono i limiti di pena edittale che, in relazione ad altri reati perseguiti nell’ambito del medesimo procedimento, viceversa appaiono pienamente rispettati. E’ noto che presupposto di un’intercettazione legittima sono “i gravi indizi di reato” (art. 267.1 c.p.p.), non anche l’ascrivibilità del reato medesimo alla persona in relazione alla quale il mezzo di ricerca della prova viene disposto (che, pertanto, ben può essere diversa dal soggetto sottoposto a indagini). Dunque, poiché nel procedimento in questione si danno, almeno stando alle autorizzazioni del G.I.P., gravi indizi di reato che rendono ammissibili l’intercettazione (art. 416 c.p.), non rileva pure che questa specifica ipotesi di reato risulti mai stata, in concreto, ascritta anche all’indagato, il quale ben potrebbe riuscire finanche estraneo all’azione penale del P.M. (com’è d’abitudine, per esempio, nelle indagini preliminari in cui il mezzo di ricerca della prova sia attivato su utenze nella disponibilità della persona offesa dal reato) senza che la legittimità del mezzo ne riesca in alcun modo compromessa. Sussiste, in sintesi, la legittimità del mezzo e, pertanto, la sussumibilità tra i “mezzi di accertamento legali” di cui all’art. 36 C.G.S., stante che soltanto con prognosi ex ante può affermarsi la legalità della prova. Residua, invece, un problema di utilizzabilità attuale, che impone la tecnica della c.d. prognosi postuma, suscitando il bisogno della verifica ex post. Qui è indispensabile precisare che non è della utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni contro l’indagato nel procedimento penale che mette conto occuparsi [il che rimane - a quanto consta - attualmente sub judice], tanto più considerando che in rapporto alla fattispecie penale addebitabile all’indagato vige un esplicito principio di non interferenza dei procedimenti di giustizia sportiva e penale, secondo l’art. 2, commi 2 e 3, l. 13.12.1989, n. 401, per cui “L'inizio del procedimento per i delitti [di frode in competizioni sportive] non preclude il normale svolgimento secondo gli specifici regolamenti del procedimento disciplinare sportivo.|| Gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell’articolo 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all'articolo 114 dello stesso codice”. E neppure dai limiti di “utilizzazione in altri procedimenti”, ai sensi dell’art. 270 c.p.p., mette conto ricavare l’eventuale ostacolo all’uso dei risultati delle intercettazioni contro l’indagato; e ciò in quanto la giurisprudenza della Corte di cassazione (e, per quanto possa valere, di questa stessa Camera) appare attestata sull’opinione che rende cogenti i limiti dell’art. 270 c.p.p. ai soli giudizi in cui si controverta della responsabilità penale dell’imputato, tant’è che persino verso altri procedimenti in senso lato restrittivi di libertà garantite viene affermata la possibilità di far migrare in utilibus le intercettazioni (benché) inutilizzabili allo scopo di accertamento dei reati, come nel caso di procedimento di applicazione di misure di prevenzione che tragga fondamento da risultati (benché) non spendibili nel giudizio di responsabilità penale contro la stessa persona (cfr., tra varie, Cass. pen., VI, 29 aprile 1999, n. 718, Contino). Nella vicenda che occupa il Collegio, in estrema sintesi, c’è piuttosto bisogno di accertare se, pur non trattandosi di intercettazioni disposte “fuori dei casi consentiti dalla legge”, possa comunque assumere rilievo nell’ambito del presente arbitrato, la circostanza che i risultati di quelle intercettazioni appaiono, in rapporto alla parte promotrice (l’indagato), esorbitanti ab origine i “limiti di ammissibilità” dal momento che l’unica ipotesi di reato da sempre coltivata a carico dell’indagato non ne avrebbe consentito -per ragioni di pena edittale - l’impiego in funzione di prova (art. 266 c.p.p.); in altri termini, occorre considerare la sorte, qui e ora, di risultati di intercettazioni legittime ex ante che siano però -almeno astrattamente- esposte alla sanzione di inutilizzabilità già nell’ambito del procedimento per il quale le intercettazioni sono state disposte. Invero, la giurisprudenza di legittimità ritiene inutilizzabili i risultati quante volte le intercettazioni, pur nell’ambito di un procedimento formalmente unico, vengano spese come prova di altri reati (non semplicemente derubricati all’esito delle indagini preliminari, bensì sin dall’iniziale ipotesi) insuscettibili, quoad poenam, di essere provati con siffatti mezzi di ricerca. Perciò, si rinviene sancito expressis verbis che “in tema di intercettazione di comunicazioni o conversazioni, la circostanza che non possano considerarsi pertinenti a "diverso procedimento" risultanze concernenti fatti strettamente connessi a quello cui si riferisce l'autorizzazione giudiziale, e che dunque non rilevino i limiti di utilizzabilità fissati all'art. 270 cod. proc. pen., non esclude che siano applicabili, anche a tale proposito, le condizioni generali cui la legge subordina l'ammissibilità delle intercettazioni. Ne consegue che, quando nel corso di intercettazioni autorizzate per un dato reato emergono elementi concernenti fatti strettamente connessi al primo, detti elementi possono essere utilizzati solo nel caso in cui, per il reato cui si riferiscono, il controllo avrebbe potuto essere autonomamente disposto a norma dell'art. 266 cod. proc. pen.” (Cass pen., VI, 6 febbraio 2004, n. 4942, Kolakowska, in Arch. nuova proc. pen., 2004, 423; e conf. Id., I, 23 dicembre 1999, n. 14595, Toscano, dove si afferma il principio generale che “l’inutilizzabilità dei risultati illegittimamente acquisiti non consente nessuna differenza nel regime sanzionatorio in relazione alla utilizzazione delle intercettazioni nello stesso procedimento nel quale sono state disposte, ovvero in altro procedimento: in entrambi i casi il divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni deve intendersi sussistente […] quando esse siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge”). La presente sede di giustizia è (non soltanto diversa da quelle propriamente disciplinari e collocate a livello della singola Federazione, ma anche) certamente diversa da una sede di giustizia connotata di pubblicità: l’arbitrato è fenomeno privato, non autoritativo, la cui natura rende naturalmente applicabile alla disciplina che l’ordinamento vi riserva -come sostenuto anche in dottrina (cfr. Riv. dir. proc., 2002, 1142 s.)- la necessaria integrazione della tutela della riservatezza delle parti, ovvero, altrimenti dicendo, della necessaria cogenza del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 30.6.2003, n. 196). Nel “trattamento” dei dati personali dell’indagato, cui il Collegio è chiamato sì “per ragioni di giustizia” ma senza integrare alcun “uffici[o] giudiziari[o]” (art. 8, comma 2, lett. g); 47), appaiono, allora, esercitabili dall’ “interessato” vuoi i poteri di “blocco” vuoi quelli di “opposizione]” rispettivamente previsti dai commi 3 - lett. b)- e 4 - lett. a)- dell’art. 7 del Codice. Premesso che la difesa dell’indagato ha dato conto delle ragioni che integrerebbero “violazione di legge” ove i risultati delle intercettazioni fossero utilizzati ulteriormente contro il proprio assistito nell’ambito del procedimento penale in cui quelle intercettazioni sono state disposte (ove, seppur legittimo il mezzo, appaiono comunque esposti alla sanzione di inutilizzabilità i relativi risultati per le viste ragioni di pena corrispondente alla ipotesi di reato), ricorre nella presente sede di giustizia (almeno) un caso di esercizio del diritto (art. 8.1) di opposizione dell’interessato “per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta” (art.7, comma 4,lett. a). In breve, in relazione all’indagato, e limitatamente alla peculiare conformazione del presente giudizio arbitrale, non sarebbe conforme alle “regole per tutti i trattamenti” -le quali impongono ai “titolari” e agli “incaricati” di conformarsi al principio di c.d. “non eccedenza]” (art. 11, comma 1, lett. d), e cioè di adottare soluzioni che concretino un uso non esuberante dei dati personali “rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o successivamente trattati”- l’utilizzazione di quegli stessi dati che appaiono di insicura utilizzabilità già “in relazione agli scopi [di giustizia penale] per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati” (art. 7, comma 3, lett. b). Questo Collegio, che non è un soggetto dotato di supremazia né è titolare di alcun procedimento ratione obiecti assolto dall’osservanza dei principi in materia di privacy e la cui decisiva natura privata riesce oltremodo esaltata dalla connotazione irrituale del presente giudizio (cfr. art. 52, comma 6, Cod. privacy), non può, insomma, utilizzare i risultati delle intercettazioni che lo stesso procedimento entro il quale sono state disposte appare ancora capace di obliterare. In altri termini, poiché non deve al contempo garantire una finalità di giustizia rilevante per l’ordinamento generale (finalità alla quale è costantemente dato altro statuto disciplinare), questo Collegio, ove non ritenesse -allo stato- inutilizzabili ai sensi dell’art. 11, comma 2, Cod. privacy i dati contenuti nelle trascrizioni delle “chiamate” (art. 4.2.b) dell’indagato, potrebbe sostanziare una “violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali”, con eventuali sequele anche in termini di responsabilità (art. 15). Di qui, evidentemente, scaturisce anche la mancata ammissione della prova testimoniale dedotta dalla parte attrice, la cui rilevanza presuppone l’attingimento diretto delle trascrizioni delle conversazioni da parte di questo Collegio, il che, viceversa, rimane, per quanto detto, da escludere. 2. Tanto premesso, al Collegio non rimane inibita la cognizione dei fatti confessati dall’indagato, pur quando a esso sia tolta la diretta possibilità di attingere alla trascrizione delle intercettazioni telefoniche acquisite. Si tratta, invero, quanto alla presente sede, di un giudizio civile entro il quale la sostanziale disponibilità della situazione reclamata in causa appare pienamente compatibile col valore legale di verità della affermazione di fatti contra se e favorevoli all’altra parte (art. 2730 c.c.). Ebbene, il contenuto delle conversazioni, appreso pur tramite la mediazione degli atti del presente procedimento che risultano sottoscritti dalla parte personalmente, rende ammissibile quel giudizio di disvalore che, peraltro, la stessa difesa della parte attrice ha ammesso - almeno in astratto – come possibile a norma dell’art.1, comma 1, C.G.S., vale a dire per contrasto della condotta dell’indagato coi doveri generali di “lealtà e probità sportiva”, contrasto che il Collegio ritiene, infatti, integrato nella fattispecie.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006– www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera dellaCorte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006  - www.figc.it

Parti: Juventus F.C. S.p.A. contro F.I.G.C.

Massima: Possono essere utilizzate nel processo sportivo le intercettazioni telefoniche acquisite in altro procedimento, poiché l’art. 270 c.p. esprime un principio nell’ambito del processo penale la cui applicazione non è estensibile ad altri procedimenti, e in particolare, in quelli disciplinari.

Decisione C.A.F.: Delibera della CAF n. 5 – Riunione del 13 agosto 2006 – www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento della Procura Federale della F.I.G.C. a carico di: 1) P.F., Presidente della Reggina Calcio S.p.A.; 2) Reggina Calcio S.p.A.; 3) P.D., Arbitro effettivo; 4) T..P. Arbitro effettivo. Per rispondere delle seguenti

Massima: Per ciò che riguarda, le eccezioni relative alla utilizzazione di intercettazioni telefoniche, disposte ed eseguite nel corso di procedimenti innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, giova in sintesi ricordare che, secondo la Corte federale, l’ordinamento costituzionale italiano contempla una significativa limitazione al divieto di violare la libertà e segretezza di ogni forma di comunicazione attraverso la previsione all’art. 15, secondo comma, in base alla quale la limitazione deve avvenire, come nella specie, attraverso atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge la cui concreta ricorrenza ha per costante giurisprudenza dei Giudici della legittimità delle leggi esonerato da dubbi di illegittimità la normativa processuale penalistica, nonché le disposizioni rivolte alla tutela dei valori dello sport. Proprio il carattere strumentale al perseguimento di scopi costituzionalmente congrui consente – continua la Corte federale – di ritenere privo di decisività il riferimento effettuato da alcune difese alla normativa racchiusa nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo del 1950, tenuto conto che il relativo art. 8 espressamente coordina la tutela del valore della riservatezza con quella altrettanto essenziale in una società democratica della repressione dei fatti illeciti penalmente rilevanti. La natura stessa del procedimento disciplinare come regolato dal C.G.S. non prevede, poi, né implicitamente né esplicitamente la possibilità che l’organo di giustizia sportivo, nel caso in cui siano stati acquisiti atti di procedimenti di competenza dell’Autorità giudiziaria ordinaria, verifichi - ai fini della loro ammissibilità od utilizzabilità - il rispetto delle relative norme processuali e ciò per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, perché nessuna norma del C.G.S. attribuisce siffatta “funzione” – sia pure in via incidentale - al giudice sportivo; in secondo luogo, perché da un punto di vista sostanziale, l’Autorità giudiziaria ordinaria non è tenuta ad esibire, “in qualunque momento”, a quella sportiva gli atti di indagine assunti e meno ancora quelli processualmente prodromici.

 

Decisione C.A.F.: Delibera della CAF n. 1/C – Riunione del 14 luglio 2006 – www.figc.it 

Impugnazione - istanza:Deferimento della Procura Federale della F.I.G.C. A carico di: 1) L.M., all’epoca dei fatti Amministratore e Direttore Generale Juventus F.C. S.p.A.;2) A.G., Amministratore Delegato F. C. Juventus S.p.A.; 3) F. C. Juventus S.p.A.; 4) A.G. all’epoca dei fatti Vice Presidente ed Amministratore Delegato della A. C. Milan S.p.A., nonché Presidente della L.N.P.; 5) L.M., Dirigente Addetto Arbitro A.C. Milan S.p.A.; 6) A.C. Milan S.p.A.;7) A.D.V., Presidente della A.C.F. Fiorentina S.p.A.; 8) D.D.V, Presidente Onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A.; 9) S.M., Amministratore Delegato della A.C.F. Fiorentina S.p.A.; 10) A.C.F. Fiorentina S.p.A.; 11) C.L., Presidente del Consiglio di Gestione S.S. Lazio S.p.A.; 12) S.S. Lazio S.p.A.; 13) C.M.F., all’epoca dei fatti Dirigente Federale; 14) F.C. all’epoca dei fatti Presidente F.I.G.C.; 15) I.M., all’epoca dei fatti Vice Presidente F.I.G.C.; 16) T.L., Presidente A.I.A.; 17) P.B., Commissario CAN A e B; 18) P.P., Commissario CAN A e B; 19) G.M., Vice Commissario CAN A e B; 20) P.I., Osservatore CAN A e B; 21) P.B., Arbitro effettivo; 22) M.D.S., Arbitro CAN; 23) P.D., Arbitro effettivo; 24) F.B., Arbitro benemerito; 25) D.M., Arbitro CAN A e B; 26) G.P., Arbitro effettivo CAN A e B; 27) G.R. Arbitro CAN A e B; 28) P. R., Arbitro effettivo CAN A e B; 29) P.T., Arbitro CAN A e B; 30) C.P., Arbitro benemerito; per rispondere di quanto appresso.

Massima: Sono utilizzabili nel procedimento per illecito sportivo le intercettazioni telefoniche acquisite in un procedimento penale. In particolare sono utilizzabili nei procedimenti per illecito sportivo, le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche ricadenti fra gli atti del procedimento penale acquisiti ai sensi dell’art. 2, comma 3, legge 13 dicembre 1989, n. 401 (v., ex pluribus e da ultimo, C.U. n. 6/C 2005-2006). Lo stesso art. 15 Cost., dopo aver sancito nel primo comma che sono inviolabili la libertà e la segretezza di ogni <forma di comunicazione>, prevede nel capoverso la possibilità della loro limitazione purché <per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge>. E la normativa codicistica penale che vige nella materia de qua è stata ritenuta costituzionalmente legittima in quanto diretta al concreto soddisfacimento di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante (v. Corte Cost. n. 34 del 1973, n. 223 del 1987 e n. 346 del 1991). Interesse, che ricorre con riguardo alla repressione di reati (v. Corte Costituzionale n. 366 del 1991 cit. e n 63 del 1994), in relazione alla quale sono state operate le intercettazioni nei processi i cui atti risultano acquisiti al presente procedimento, istituzionalmente volto a salvaguardare, nel campo dello sport, <quel valore fondamentale che  è la correttezza nello svolgimento delle competizioni agonistiche> (A.C. 909, X Legislatura), di certo anch’esso costituzionalmente rilevante al fine di giustificare le limitazioni, contemplate nell’art. 15, cpv., Cost., derivanti dall’utilizzo – ove ritenuto necessario- delle menzionate intercettazioni.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 10 ottobre 2005– www.coni.it 

Decisione impugnata Delibera della Commissione d’Appello Federale (F.I.G.C.) pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 7/C del 7-8-9 settembre 2004. - www.figc.it

Parti: S.S. Antonio Marasco contro F.I.G.C.

Massima: Le intercettazioni telefoniche effettuate sulle utenze di alcuni giocatori tesserati FIGC, nell’ambito di un’inchiesta della D.D.A. presso la Procura del Tribunale, che senza aver completato le indagini, ha inviato solo parte delle trascrizioni delle intercettazioni alla Procura Federale con richiesta di perseguire gli indagati nell’ambito disciplinare, sono mezzi di prova a fondare idonei a perseguire i tesserati, per violazione dell’art. 6 C.G.S. (illecito sportivo). Massima: Elementi di prova dell’illecito sportivo sono rappresentati dalla gran mole di sms (nei gironi precedenti la gara), nonché dai colloqui in codice intercettati dalla Procura intercorsi tra il calciatori di due diverse società dai quali emerge che essi ancoravano i loro pronostici sull’esito della partita.

 

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 6/C Riunione del 5-6 agosto 2005 n. 1-2-3-4-5– 6- 7- 8- www.figc.it

 Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 10 del 27.7.2005

Impugnazione - istanza:Reclamo del sig. D.C.F. avverso la sanzione della inibizione per anni cinque (art. 6, commi 1, 5 e 6, C.G.S.), con proposta al Presidente Federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C. (art. 14, comma 2, C.G.S.), per illecito sportivo, in relazione alla gara Genoa/Venezia dell’11.6.2005, a seguito di deferimento del Procuratore Federale .Reclamo del sig. D.C.M., avverso la sanzione della inibizione per anni tre e mesi uno, (art. 6 commi 1, 5 e 6 C.G.S.), per illecito sportivo, in relazione alla gara Genoa/Venezia dell’11.6.2005, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del sig. P.G., avverso la sanzione dell’inibizione per anni cinque, (art. 6, commi 1, 5 e 6 e art. 14, comma 2, C.G.S.), per illecito sportivo, in relazione alla gara Genoa/Venezia dell’11.6.2005, a seguito di deferimento del Procuratore Federale Reclamo del sig. P.E. avverso la sanzione dell’inibizione per anni cinque, (art. 6, commi 1, 5 e 6, C.G.S.) con proposta al Presidente Federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., (art. 14, comma 2, C.G.S.), per illecito sportivo, in relazione alla gara Genoa/Venezia dell’11.6.2005, a seguito di deferimento del Procuratore FederaleReclamo del sig. C.S., avverso la sanzione dell’inibizione per anni cinque, (art. 6, commi 1, 5 e 6 e art. 14, comma 2, C.G.S.), per illecito sportivo, in relazione alla gara Genoa/Venezia dell’11.6.2005, a seguito di deferimento del Procuratore FederaleReclamo del Genoa Cricket And F.C., avverso la sanzione della retrocessione all’ultimo posto del campionato di serie B per la stagione agonistica 2004/2005 (art. 13, lett. g), C.G.S.) e quella della penalizzazione di tre punti in classifica da scontare nella stagione agonistica 2005/2006 (art. 6, commi 1 e 6, e art. 13, lett. f), C.G.S.), per illecito sportivo, in relazione alla gara Genoa – Venezia dell’11.6.2005, a seguito di deferimento del Procuratore FederaleReclamo del calciatore L.M. avverso la sanzione della squalifica per mesi sei (art. 6, commi 1, 5 e 6, art.14, comma 1 , lett. g) e comma 5 C.G.S.), per illecito sportivo, in relazione alla gara Genoa/Venezia dell’11.6.2005, a seguito di deferimento del Procuratore FederaleReclamo del calciatore B.M., avverso la sanzione della squalifica per mesi cinque (art. 6, comma 7, e art. 14, comma 1, lett. g) C.G.S.), in relazione alla gara Genoa/Venezia dell’11.6.2005, a seguito di deferimento del Procuratore Federale

Massima: Dall’esame dell’art. 270 c.p.p. non può trarsi una regola di carattere generale di divieto assoluto di “trasferimento” delle intercettazioni “in qualsiasi altro procedimento”,diverso da quello di natura penale. Va chiarito che, nel codice di procedura penale, l’uso del termine “procedimento” riguarda , a volte, l’intera vicenda processuale dal suo inizio alla sua conclusione e a volte e in modo più specifico, la fase che termina con la fine delle indagini preliminari e ciò, proprio, per distinguere questa fase dalla successiva fase propriamente processuale. In realtà, la deroga all’utilizzazione delle intercettazioni, contenuta nell’art. 270 comma 1 c.p.p., per “l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza”, non consente di pervenire alla conclusione che, al di fuori di questo caso, “le intercettazioni non possono essere utilizzate fuori dal procedimento penale nel quale sono state raccolte” e per quello che qui interessa nel procedimento sportivo. Ne consegue che l’art. 270 c.p.p. non può essere interpretato nel senso che “il divieto di utilizzazione riguarda tutti i procedimenti diversi da quello in cui l’intercettazione è stata disposta, quale ne sia la loro natura”. La sentenza della Corte Costituzionale (decisione n. 63 del 1994) non cambia i termini della questione, in quanto “sottolinea la eccezionalità e la tassatività della deroga introdotta dalla legge al divieto di utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi e la individuazione di tale deroga esclusivamente nei casi di accertamento di categorie predeterminate di reati presuntivamente capaci di destare particolare allarme sociale” affrontando e dichiarando inammissibile, esclusivamente, la questione, sollevata dal giudice di merito, “circa la legittimità costituzionale dell’art. 270 comma 1 c.p.p., nella parte in cui consente l’utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in altri procedimenti solo limitatamente ai procedimenti relativi ai reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza” senza affrontare la problematica dei procedimenti diversi da quello penale e tanto meno, quella dell’art.2 comma 3 della legge 401 del 1989.  Massima: L’art. 2 comma 3 della legge 401 del 1989, al fine di contrastare il fenomeno delle frodi sportive, prevede che “gli organi della disciplina sportiva, ai fini della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell’art. 116 del c.p.p., fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all’art. 114 dello stesso codice”. La norma, sul punto, non può che essere interpretata, sotto il profilo sistematico, logico e letterale, nel senso che gli organi della giustizia sportiva possono richiedere, ricevere ed utilizzare a trecentosessanta gradi, gli atti del procedimento penale, ricevuti dall’autorità giudiziaria, dopo il vaglio discrezionale circa la loro possibilità di trasmissione e la conseguente acquisizione. Tra i predetti atti devono essere compresi, ovviamente, anche quelli relativi alle intercettazioni telefoniche ed ambientali. Il predetto art.2, in sostanza, consente, che gli organi della giustizia sportiva “utilizzino” gli atti e quindi, anche le intercettazioni, nell’ambito della “propria competenza funzionale” e cioè, ai fini del procedimento sportivo (non solo, giova ribadirlo, come “notitia criminis” ma, anche, nelle successive fasi dell’ammissione, della formazione (se del caso) e della valutazione della prova.

Massima: L’art. 2 comma 3 della legge 401 del 1989, regola la possibilità del passaggio di atti dal procedimento penale a quello sportivo. In questo contesto, l’utilizzazione delle intercettazioni, in quest’ultimo procedimento, “ai fini esclusivi della propria competenza funzionale” deve essere considerato un portato dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, positivamente sancita dall’art. 1 della legge 280 del 2003 e dalla settorialità riconosciuta dall’ordinamento generale. Questa conclusione non è superata dall’osservazione difensiva concernente l’asserita esistenza “all’interno dell’ordinamento sportivo di norme che escludono l’utilizzabilità del materiale frutto di intercettazioni”. L’art. 1 comma 2 della legge 280 del 2003 prevede, “l’autonomia tra ordinamento sportivo e ordinamento della Repubblica, fatti salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”. Da ciò la difesa fa conseguire che “nessuno può seriamente dubitare che il diritto alla libertà ed alla segretezza delle comunicazioni non rappresenta espressione costituzionalmente protetta di una situazione giuridica soggettiva, tanto rilevante per l’ordinamento statuale da essere compressa solo sussistendo quelle condizioni e quelle finalità tassativamente previste dal codice di procedura penale agli art. 266 e seguenti c.p.p.” e su questa conclusione, in via generale e astratta, non si può non convenire. Ma , in realtà, l’assunto non risolve il problema in quanto ci riporta, come in un discorso circolare che si morde la coda, alla predetta problematica relativa al rapporto tra gli art. 270 c.p.p. e 2 legge 401 del 1989 e all’utilizzazione delle intercettazioni nel procedimento sportivo, in ordine alla quale non vi è nulla da aggiungere a quanto detto in precedenza. Ad analoga conclusione e per le stesse motivazioni, deve pervenirsi anche per quanto concerne l’ art. 36 comma 1 C.G.S. (sempre citato dalle predette difese) nella parte in cui si prevede la possibilità di utilizzare “tutti i mezzi di accertamento legale ritenuti opportuni”. In conclusione, sul punto, non può essere condivisa l’argomentazione difensiva circa il fatto che “il rispetto del principio di legalità esclude la possibilità che tra i mezzi di accertamento possano ricomprendersi le intercettazioni telefoniche ed ambientali essendo mezzo e prova non previsto dall’ordinamento sportivo”, in quanto quest’ultima affermazione, per le considerazioni sopra esposte, non corrisponde a verità e ciò, a prescindere dal notorio principio della non tassatività dei mezzi di prova (e quindi, anche delle modalità di ricerca della stessa). La conclusione non muta anche alla luce dell’art. 27 dei principi fondamentali degli statuti delle federazioni sportive nazionali (citato nei motivi) (“le federazioni sportive ….devono adeguare gli statuti e i regolamenti ed i principi di giustizia emanati dalla Giunta Nazionale e per quanto non espressamente previsto, ai principi del diritto processuale penale”, sempre, per quanto detto a proposito della legge 401 del 1989. La sentenza n. 5895/1998 delle Sezioni Unite civili nell’affermare (per la verità, in modo incidentale e marginale rispetto al diverso nucleo della decisione) il principio della non utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche nel procedimento a carico del magistrato (sottoposto anche a procedimento penale, nel corso del quale erano state disposte le intercettazioni) davanti alla commissione disciplinare del C.S.M., afferma, che questa regola va affermata “salve eccezioni, nella specie non ricorrenti”. Una di queste “eccezioni” è costituita, per le suesposte considerazioni, certamente, proprio dal disposto dell’art. 2 comma 3 legge 401 del 1989. Può, quindi, affermarsi, riassumendo, che il più volte ricordato divieto di utilizzazione può, eventualmente, trovare applicazione in altri procedimenti, civili e amministrativi, come, ad esempio, quello disciplinare, appena citato, davanti al C.S.M. o quello amministrativo contabile ma non nel caso che ci occupa per l’eccezione costituita dal disposto dell’art. 2 comma 3 legge 401 del 1989. In conclusione, va ribadito che l’utilizzazione degli atti e quindi, anche delle intercettazioni telefoniche “ai fini esclusivi della propria competenza funzionale”, così come previsto dall’art. 2 comma 3 legge 401 del 1989, costituisce espressione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, sancito, tra l’altro, dall’art. 1 della legge 280 del 2003 e dalla settorialità riconosciuta dall’ordinamento generale. Tornando al rapporto esistente tra la legge 401 del 1989 e la legge 280 del 2003, va ribadito che la prima contiene, un’eccezione al principio della non utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi da quelli in cui le stesse, originariamente, sono state disposte ed acquisite. Il procedimento di giustizia sportiva, in sostanza, si inquadra, nella sua autonomia, per quanto fin qui detto, nell’ordinamento generale senza creare antinomie e conflitti, in quanto, come più volte evidenziato, il divieto posto dall’art. 270 comma 1 c.p.p. non viene in conflitto con la legge 401 del 1989. La citata legge 280 del 2003 ha chiarito, infatti, dopo un lungo periodo di tempo nel corso del quale si sono alternati differenti prese di posizione dello stato sulla problematica, l’effettiva natura giuridica del fenomeno sportivo e cioè, il suo essere un ordinamento giuridico settoriale dotato di una propria autonomia dall’ordinamento generale. L’art. 1 comma 1 della predetta legge prevede, come è noto, che “la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale, facente capo al Comitato Olimpico Nazionale” e il comma 2 afferma che “i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”. L’art. 2 comma 1 della legge in esame dispone che “in applicazione dei principi di cui all’art.1, è riservato all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione e l’applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”. Ne consegue, secondo il senso letterale, logico e sistematico della norma che il procedimento disciplinare sportivo è di spettanza dell’ordinamento sportivo (v. il predetto art.2 comma 1 lettera b). Il riferimento fatto dall’art.1 comma 2 “ai casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo” non muta i termini della questione, in quanto, esula dalla “giudicanda” (limitata alla applicabilità a questo procedimento del divieto ex art. 270 comma 1 c.p.p.) investendo la diversa questione relativa al “vincolo di giustizia”, previsto dall’ art. 27 comma 2 dello Statuto della F.I.G.C. (che implica l’impossibilità di accesso per i soggetti indicati nel comma 1 del predetto articolo, all’autorità statale ordinaria o amministrativa, pena le relative sanzioni) e le sue implicazioni, anche, con il disposto dell’art. 24 della Costituzione. Consegue il principio dell’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, effettuate in un procedimento penale, nel giudizio sportivo.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 aprile 2005– www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello Federale (F.I.G.C.) pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 10/C del 23 settembre 2004 - www.figc.it

Parti: A.P. e U.S. SCALEA 1912 contro F.I.G.C.

Massima: La Camera di Conciliazione annulla la decisione della CAF che ha sanzionato, per illecito sportivo, il direttore sportivo della società con la squalifica per 3 anni, quando dall’esame delle intercettazioni telefoniche, dall’interrogatorio dell’incolpato innanzi al Collegio della Camera e dalla ulteriore documentazione non è stata raggiunta una prova piena ed esauriente in relazione alla responsabilità ex art. 6, comma 2 C.G.S.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 31 marzo 2005– www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello Federale (F.I.G.C.) pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 7/C del 9 settembre 2004 - www.figc.it

 Parti: F.C. Modena S.P.A. contro F.I.G.C.

Massima: La prova dell’illecito sportivo può essere data attraverso il tenore delle conversazioni intercettate, l’arco temporale di riferimento dei molteplici contatti, la qualità dei soggetti coinvolti, l’incalzante numero dei messaggi spediti in prossimità della gara, le imprecise, non circostanziate e per certi aspetti inverosimili affermazioni difensive dello stesso calciatore. Affermata, dunque, la sussistenza dell’illecito sportivo commesso dal calciatore, sussiste, di conseguenza, ai sensi dell’art. 9 comma 1 in relazione all’art. 6 commi 1 e 4 c.g.s., la responsabilità oggettiva della società, quale società di appartenenza del tesserato.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 aprile 2005– www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello Federale (F.I.G.C.) pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 10/C del 23 settembre 2004 - www.figc.it

Parti: S.S. Vallatabagaladi S. Lorenzo contro F.I.G.C.

Massima: Quando dalle risultanze istruttorie considerate nel loro complesso conducono la Camera di Conciliazione a ritenere che la società istante non ha posto in essere – ed in ogni caso vi sono seri e fondati dubbi che lo abbia posto in essere - un comportamento sleale e antisportivo rientrante nella previsione dell’art. 9 comma 3 C.G.S. (illecito sportivo presunto), la società stessa deve essere assolta. Nel caso di specie dall’esame dei risultati dell’istruttoria svolta dall’Ufficio Indagini e degli elementi probatori acquisiti nel procedimento non può dirsi raggiunta una prova tale da fugare i dubbi in ordine alla partecipazione all’illecito da parte della società e neppure in ordine alla conoscenza di esso, nessuna rilevanza può essere attribuita alla circostanza che la società istante abbia comunque potuto trarre un qualche vantaggio dalla vicenda oggetto di indagine. Infatti, non sfugge di certo che la società abbia oggettivamente ricavato una certa utilità dall’episodio in questione, ma ciò non implica automaticamente la compartecipazione della stessa ad un illecito accordo. In altri termini, si vuole dire che, in via di mera deduzione logica, dall’utilità ricavata si potrebbe risalire a tale compartecipazione. Tuttavia, un simile procedimento logico deduttivo, in assenza di precisi riscontri, resta del tutto neutro e privo di rilievo sul piano processuale, non potendo assurgere al rango di prova della partecipazione della società alla commissione dell’illecito sportivo e non essendo neppure idoneo a dimostrare che la detta società ne fosse a conoscenza.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 10/C Riunione del 23 Settembre 2004 n. 12 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Calabria - Com. Uff. n. 18 del 9.9.2004

 Impugnazione - istanza:Reclamo del Procuratore Federale avverso: il proscioglimento del calciatore F.I. per violazione dell’art. 6 comma 7 e del sig. P.A. per violazione degli artt. 1 comma 1, 2 e 6 per illecito sportivo e della società U.S. Scalea 1912, per violazione degli artt. 6 comma 2, 4 e 6 e 2 comma 3 e 4 nonché della società V.B. per violazione dell’art. 9 comma 3 relativamente alla gara U.S. Scalea 1912/Vallata Bagaladi del 18.4.2004

Massima: Quando dalle intercettazioni telefoniche emerge che il calciatore non avrebbe “preso parte alla gara... in quanto la stessa era stata combinata”, lo stesso è responsabile di non aver denunziato l’illecito sportivo ed è punito con la squalifica. Massima: Il tenore letterale delle affermazioni del tesserato ricavante dalle intercettazione telefoniche messe a disposizione dalla procura della repubblica, sono idonee a fondare la responsabilità per illecito sportivo, quando sono fatte in un contesto di assoluta attendibilità, non sapendo certo il tesserato di essere intercettato.

 

Decisione C.A.F.:Comunicato Ufficiale 7/C Riunione del 7/8/9 settembre 2004n. 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14,15,16,17,18,19,20,21 www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004

Impugnazione - istanza:Reclamo F.C. Modena avverso la sanzione della penalizzazione di n. 5 punti, da scontarsi nella stagione sportiva 2004-2005, per violazione degli artt. 6 Commi 2 e 4 e 2 Commi 3 e 4 C.G.S., per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore M. A. per violazione dell’art. 6 Commi 1 e 2 C.G.S. per illecito sportivo, in relazione alla gara Modena/Sampdoria del 25.4.2004, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore M. A. avverso la sanzione della squalifica di anni 3 per violazione dell’art. 6 Commi 1 e 2 C.G.S., per illecito sportivo, in relazione alla gara Modena/Sampdoria del 25.4.2004, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della A.C. Siena avverso le sanzioni delle ammende rispettivamente inflitte per violazione dell’art. 2 Commi 3 e 4 C.G.S., per responsabilità oggettiva, di: € 7.000,00 in ordine alle sanzioni inflitte ai calciatori D’A.R. e R.G., per violazione degli artt. 5 e 1 Comma 1 C.G.S.; € 30.000,00 in ordine alle sanzioni inflitte ai sigg. P.G., O. S., R. N., per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S.; a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Sig. R.N. avverso la sanzione della inibizione di mesi 7 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore D’A.R. avverso la sanzione della squalifica di mesi 6 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore R.G. avverso la sanzione della squalifica di anni 1 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del sig. P.G. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del sig. O. S. avverso la sanzione della inibizione di mesi 6 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della U.C. Sampdoria avverso la sanzione dell’ammenda di € 15.000,00, per violazione dell’art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore B.S. per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S., a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore B.S. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S., a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Pescara Calcio avverso la sanzione dell’ammenda di € 5.000,00, per violazione dell’art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore C. M. per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore C. M. avverso la sanzione della squalifica di mesi 6 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calcio Como S.P.A. Avverso la sanzione dell’ammenda di € 3.000,00, per violazione dell’art. 2 comma 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore F.A. per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore F. A. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Procuratore Federale avverso: - i proscioglimenti dell’A.C. Chievo Verona, del sig. S.G., del Sig. D.N. L., dell’A.C. Siena, del Sig. R.N.; - avverso le rispettive sanzioni inflitte al calciatore B.S., squalifica per mesi 5, e all’U.C. Sampdoria, ammenda di € 15.000,00, a seguito di proprio deferimento. Reclamo dell’ U.S. Avellino avverso le decisioni adottate nei confronti del F.C. Modena, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della A.C. Perugia avverso le decisioni adottate nei confronti dell’ A.C. Siena, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della F.C. Empoli avverso le decisioni adottate nei confronti delle società A.C. Chievo Verona, A.C. Siena, F.C. Modena e U.C. Sampdoria, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore A.S. avverso la declaratoria d’incompetenza ex artt. 23 e 37 C.G.S. per le violazioni allo stesso ascritte, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della società F.C. Sporting Benevento avverso la declaratoria d’incompetenza ex artt. 23 e 37 C.G.S. per le violazioni alla stessa ascritta, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Procuratore Federale avverso le declaratorie: - di nullità della notifica del deferimento del Sig. L.M.; - di difetto di giurisdizione in ordine al deferimento dei Sigg. Z.E. e L.M. a seguito di proprio deferimento

Massima: In ordine alla validità probatoria delle intercettazioni telefoniche la giurisprudenza della Corte di Cassazione nella interpretazione dell’art. 268 c.p.p. che si occupa della materia, ha affermato che gli elementi desumibili dalle intercettazioni telefoniche, qualora siano gravi, precisi e concordanti assumono valore probatorio ex se senza la necessità di ulteriori riscontri esterni. Ciò che rileva è l’esame critico delle conversazioni intercettate che tenga conto nella valutazione del loro contenuto della conoscenza, diretta o indiretta, che gli intercettati dimostrano di avere delle situazioni sulle quali s’intrattengono, quando tali situazioni non si riferiscono a comportamenti propri, e di altri elementi, quali il contesto fattuale, logico e temporale, in cui le conversazioni sono avvenute, tenuto conto dell’ambiente del quale fanno parte gli intercettati, operando comunque valutazioni complessive delle conversazioni intercettate senza interpretazioni conseguenti ad indebite estrapolazioni. In tali limiti, che assicurano validità probatoria alle intercettazioni telefoniche nel processo penale, dette intercettazioni costituiscono piena prova anche nel presente procedimento. Quanto alla assenza dei provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche, va osservato che il deposito di tali atti ha rilievo esclusivamente nel processo penale, mentre, ai fini della acquisizione delle trascrizioni delle intercettazioni al presente procedimento con valore di prova, è da ritenere sufficiente la provenienza delle trascrizioni stesse dall’autorità giudiziaria dovendosi necessariamente presupporre da tale derivazione la legittimità in conformità al citato art. 268 c.p.p.,della loro assunzione.

Massima: Per quanto concerne la problematica relativa all’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche.in dispregio dei principi sanciti a pena di inutilizzabilità assoluta dall’art. 271 c.p.p., è sufficiente osservare che il C.G.S. non prevede il rispetto delle norme del codice di procedura penale, ma, esclusivamente, di quelle in esso contenute. Per mero scrupolo di completezza espositiva, va, poi, osservato che l’assenza dei decreti autorizzativi delle intercettazioni non comporterebbe, secondo l’orientamento della Corte di Cassazione (v. tra le altre, Cassazione, 6 sezione penale, 7.6.2001,X, n. 34400) nullità, neppure, in un procedimento penale.

Massima: La prova dell’illecito sportivo può essere fornita attraverso l’esame delle trascrizioni relative alle intercettazioni telefoniche messe a disposizione dalla Procura della Repubblica, che indaga nell’ambito penale. Nel valutare il contenuto dei colloqui telefonici ai fini del raggiungimento della prova dell’illecito, occorre attenersi a determinati criteri al fine di dare valenza probatoria alle intercettazioni telefoniche. Tali criteri prevedono: la necessità di distinguere tra circostanze riferite per cognizione diretta e circostanze riferite de relato; la rilevanza della collocazione dell’interlocutore telefonico nella catena conoscitiva organizzata per l’acquisizione e l’utilizzo di notizie per scopi illeciti, dovendosi attribuire diversa valenza probatoria a quanto proviene da soggetti estranei al mondo del calcio e tesserati, dirigenti ovvero calciatori, direttamente partecipi all’evento agonistico; infine la necessità di una lettura delle conversazioni telefoniche intercettate non avulsa dal contesto logico e temporale di riferimento.

Massima: I “brogliacci” delle intercettazioni telefoniche, sono elementi di prova utilizzabili ai fini della decisione (come, del resto, nel caso del giudizio abbreviato ordinario).

Massima: La C.A.F., esaminando preliminarmente la questione di ammissibilità della produzione di documenti effettuate dal Procuratore Federale, trascrizioni delle intercettazioni telefoniche da parte della Procura della Repubblica, in grado di appello, osserva che i nuovi documenti sono stati comunicati dal Procuratore Federale alle controparti con memoria aggiuntiva e non unitamente ai motivi di reclamo, come previsto per i procedimenti innanzi alla C.A.F. dall’art. 33 comma 4 del C.G.S. La produzione, pertanto, è tardiva e deve essere dichiarata inammissibile.

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it