Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0051/CFA del 24 Novembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Lazio, pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 92 del 3.10.2025 e notificata il 6.10.2025

Impugnazione – istanza: OMISSIS

Massima: E’ impugnabile innanzi alla Corte l’abnormità dell’ordinanza con la quale il TFT sospeso il procedimento sportivo in attesa del giudicato del procedimento penale relativo ai medesimi fatti…Secondo la prospettazione del reclamante, l’atto in questione sarebbe impugnabile, facendo richiamo ad una risalente decisione della S.C.  secondo la quale “Al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di sentenza o di ordinanza, è decisiva non già la forma adottata ma il suo contenuto (cosiddetto principio della prevalenza della sostanza sulla forma), di modo che allorquando il giudice, ancorché con provvedimento avente veste formale di ordinanza, abbia, senza definire il giudizio, deciso una o più delle questioni di cui all'art. 279 cod. proc. civ. - in particolare affermando la propria giurisdizione - a detto provvedimento va riconosciuta natura di sentenza non definitiva ai sensi dell'art. 279, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ.: con l'ulteriore conseguenza - riguardo alla sentenza del giudice di pace secondo equità - che, a norma dell'art. 361 cod. proc. civ., avverso la stessa va fatta riserva di ricorso per cassazione o deve essere proposto ricorso immediato, determinandosi, in difetto, il passaggio in giudicato della decisione, senza che rilevi in contrario che, nella sentenza definitiva, lo stesso giudice abbia poi ribadito la propria giurisdizione” (Cass. Civ. S.U., sentenza n. 20470 del 24/10/2005). A ben vedere si tratta di un orientamento consolidato, come dimostrato da una recentissima pronuncia della S.C. secondo la quale ”Per stabilire se un provvedimento costituisce sentenza o ordinanza endoprocessuale è necessario avere riguardo non alla sua forma esteriore o all'intestazione adottata, bensì al suo contenuto e, conseguentemente, all'effetto giuridico che esso è destinato a produrre, sicché hanno natura di sentenze - come tali, soggette agli ordinari mezzi di impugnazione e suscettibili, in mancanza, di passare in giudicato - i provvedimenti che, ai sensi dell'art. 279 c.p.c., contengono una statuizione di natura decisoria (sulla giurisdizione, sulla competenza, ovvero su questioni pregiudiziali del processo o preliminari di merito), anche quando non definiscono il giudizio (Cass. Civ. Sez. 3^ 8.7.2025 n. 18603). Ritiene il Collegio che tale impostazione non sia persuasiva nella misura in cui la tesi della impugnabilità risulta strettamente collegata al disposto di cui all’art. 279 c.p.c. il cui contenuto si reputa utile riportare in questa sede, per la parte che qui può rilevare. “Il collegio pronuncia ordinanza quando provvede soltanto su questioni relative all'istruzione della causa, senza definire il giudizio, nonché quando decide soltanto questioni di competenza. In tal caso, se non definisce il giudizio, impartisce con la stessa ordinanza i provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa. Il collegio pronuncia sentenza: 1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione [o di competenza]; 2) quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito; 3) quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito; 4) quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1, 2 e 3, non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione della causa [125 bis, 129, 129 bis, 133 bis disp. att.]; 5) quando, valendosi della facoltà di cui agli articoli 103, secondo comma, e 104, secondo comma , decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite, e con distinti provvedimenti dispone la separazione delle altre cause e l'ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al giudice inferiore delle cause di sua competenza.”OMISSIS.  Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, il provvedimento reclamato non abbia natura sostanziale di sentenza, in carenza dei presupposti richiesti tassativamente dai nn. 1-5 del secondo comma dell’art. 279 c.p.c., bensì di ordinanza, proprio perché il giudizio non solo non risulta definito, ma addirittura rimesso alla definitività di altro giudizio pendente davanti all’Autorità giudiziaria. Tale conclusione dovrebbe inevitabilmente condurre alla non impugnabilità della decisione adottata dal Tribunale federale territoriale. Senonchè tale provvedimento, per le caratteristiche peculiari che lo connotano, può – ed anzi deve – qualificarsi quale “abnorme” e, come tale suscettibile di impugnazione, ma per ragioni diverse da quelle ipotizzate dalla Procura federale interregionale. Il concetto di abnormità del provvedimento giurisdizionale, sebbene conosciuto nei vari settori del diritto (civile, amministrativo e penale), ha formato oggetto di una ricca elaborazione giurisprudenziale da parte della Suprema Corte, soprattutto in ambito penale, cui viene tradizionalmente accostato proprio per la progressiva e sempre più affinata elaborazione operata dai giudici di legittimità.  In un recente arresto delle Sezioni unite penali, la Suprema Corte (Cass. Pen. SS.UU. 28.4.2022 n. 37502) ha analiticamente passato in rassegna l’istituto – ma sarebbe più corretto definirlo, il “fenomeno” – della abnormità, muovendo dalla definizione concettuale, per poi pervenire alla bipartizione tra abnormità cd. “strutturale” ed abnormità cd. “funzionale” dell’atto giurisdizionale. Secondo l’impostazione seguita nella menzionata sentenza, l’abnormità - oggetto nel tempo di numerose pronunce da parte delle Sezioni Unite - afferisce ad una particolare e grave patologia dell’atto, pur se non specificamente individuata e definita dal codice di rito. La mancanza di una classificazione delle ipotesi di abnormità è frutto di una precisa scelta del legislatore penale che, ben consapevole della estrema difficoltà di una possibile tipizzazione dei casi di abnormità, ha sostanzialmente rimesso alla giurisprudenza il compito di rilevare, di volta in volta, l’esistenza di un atto abnorme e di fissarne le caratteristiche ai fini della impugnabilità, come peraltro emerge dalla Relazione al progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale.  Muovendo da tale considerazione, la giurisprudenza ha fornito una nozione dell’atto abnorme progressivamente precisata nel tempo: e così alla abnormità derivante da un provvedimento che, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulta avulso dall’intero ordinamento processuale - tanto da legittimare il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. quale unico strumento processuale utilizzabile per rimuoverne gli effetti - si è aggiunta, nella progressiva elaborazione giurisprudenziale, la figura del provvedimento che, seppur astrattamente inquadrabile nell’ordinamento, in quanto manifestazione di legittimo potere, si esplica al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. Da qui la distinzione tra una abnormità cd. “strutturale”, che si collega alla non inquadrabilità dell’atto nel sistema processuale, e una abnormità cd. “funzionale”, che si verifica quando, pur non essendo l’atto estraneo al sistema normativo, esso determini la stasi del processo e la impossibilità di proseguirlo. Tali tipologie non sono estranee all’ambito civile e all’ambito amministrativo, sia pure con caratteristiche lievemente diverse. L’abnormità, quindi, si traduce in un vero e proprio sviamento della funzione giurisdizionale, che si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento, tanto nel caso della abnormità strutturale che in quello funzionale, con la conseguenza che entrambi le tipologie sono riconducibili ad un fenomeno unitario. La categoria dell’abnormità presenta carattere eccezionale e derogatorio al principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione, sancito dall’art. 568 cod. proc. pen., e consente, quindi, di porre rimedio, attraverso la sua impugnabilità, agli effetti pregiudizievoli connaturati ai provvedimenti non impugnabili, ma affetti da anomalie genetiche o funzionali che li rendono – per la loro eccentricità - inconciliabili con il sistema processuale. E’, dunque, alla stregua di tali principi ermeneutici che occorre fare riferimento per valutare – con riguardo al caso sottoposto al vaglio di questa Corte – la possibilità di impugnare l’ordinanza pronunciata dal Tribunale federale territoriale. Che si tratti di un atto abnorme, più che anomalo, lo si evince dal fatto che esso si pone in totale antinomia con il sistema elaborato dal Codice di giustizia CONI, successivamente ripreso dai regolamenti di giustizia delle singole federazioni.  Per quanto qui di interesse, e come esattamente osservato dal Procuratore federale reclamante, l’ordinanza in parola contrasta in modo evidente con il disposto di cui all’art. 111, comma 7, del CGS FIGC secondo il quale “In nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento salvo che, per legge, debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all’Autorità giudiziaria”.  Tale disposizione ripropone il testo contemplato dall’art. 39, comma 7, del CGS CONI, il quale disciplina l’istituto della sospensione del procedimento disciplinare, ponendo rigorosissimi limiti all’applicabilità dell’istituto. La ragione di fondo di tali disposizioni è da rinvenirsi nell’esigenza di celerità del procedimento sportivo che ha caratteristiche assolutamente peculiari rispetto ai procedimenti statuali, pur essi comunque assoggettati al principio di speditezza ex art. 111 Cost. (in termini CFA, SS.UU., n. 30/2017-2018). Come è agevole dedurre dal testo della disposizione in esame, gli spazi per una sospensione del procedimento disciplinare sportivo rispetto al parallelo procedimento penale sono davvero esigui. Alla reciproca autonomia tra i due procedimenti sotto un profilo diacronico, fa da pendant l’autonomia valutativa dell’organo di giustizia disciplinare rispetto a quello penale: con la conseguente limitazione al massimo della possibilità di sospensione del giudizio sportivo, circoscritta ad ipotesi assolutamente residuali. Sono note le ragioni di fondo per le quali è consentita – anzi, è imposta - una trattazione separata del giudizio disciplinare rispetto al processo penale: la giustizia sportiva è la forma più alta in cui si esprime l’autonomia dell’ordinamento sportivo, che si traduce, oltre che in via normativa con l’individuazione delle regole della vita dell’associazione, anche in via giustiziale, attraverso la predisposizione di organi e procedure diretti a garantire il rispetto di tali regole al suo interno. Da tempo, è stato ritenuto che è conseguenza naturale dell’autonomia dell’ordinamento sportivo la capacità dello stesso di munirsi, in via indipendente, di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare, in linea generale, la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie (ex plurimis: Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 13/2012-2013).  Tale autonomia – come è noto – è stata confermata dalla Corte costituzionale che, nella decisione n. 49/2011, ha ritenuto che l’autonomia dell’ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 della Costituzione, dato che non può porsi in dubbio che le associazioni sportive siano tra le più diffuse «formazioni sociali dove [l’uomo] svolge la sua personalità». E ancora nella decisione n. 160/2019, la Corte ha affermato che “Nel quadro della struttura pluralista della Costituzione, orientata all'apertura dell'ordinamento dello Stato ad altri ordinamenti, anche il sistema dell'organizzazione sportiva, in quanto tale e nelle sue diverse articolazioni organizzative e funzionali, trova protezione nelle previsioni costituzionali che riconoscono e garantiscono i diritti dell'individuo, non solo come singolo, ma anche nelle formazioni sociali in cui si esprime la sua personalità  (art. 2 Cost.) e che assicurano il diritto di associarsi liberamente per fini che non sono vietati al singolo dalla legge penale (art. 18).”.  Pertanto, l’unica ipotesi di possibile sospensione del giudizio è quella che ha come suo presupposto “la risoluzione di una questione pregiudiziale di merito” (Collegio di garanzia dello sport, n. 63/2021). E su questo stesso filone interpretativo si collocano numerose decisioni dagli organi di giustizia federali (tra le più recenti si segnalano: TFN FIGC, Sezione disciplinare, n.73/TFN del 9 ottobre 2024; TFN FIGC, Sezione disciplinare, n. 168 del 3 maggio 2023) con le quali, oltre a riaffermarsi la piena indipendenza dell’azione disciplinare sportiva rispetto a quella penale per i medesimi fatti, si ribadisce il divieto di sospensione ex art. 39, comma 7, tranne che per legge debba essere decisa una pregiudiziale di merito già sottoposta alla cognizione dell’Autorità giudiziaria, facendosi richiamo ai principi in tal senso affermati dal Collegio di garanzia dello sport con la decisione della sez. IV, n. 16 /2016 e a quelli espressi dalla Sezione consultiva del Collegio di garanzia con il parere n. 1/2016. Risultano ispirate ai medesimi principi ermeneutici la decisione della Corte federale d’appello FIGC a Sezioni Unite n. 30 del 25 ottobre 2019, in cui si ribadisce il principio dell’autonomia del giudizio sportivo che consente una trattazione separata del giudizio disciplinare rispetto ad analoga vicenda processuale e, ancora più distintamente, la decisione della Corte federale d’appello, sez. III, n. 22 del 25 novembre 2019, in cui si è escluso che la mera pendenza di procedimento penale, peraltro nemmeno approdato alla fase processuale, può giustificare una richiesta di sospensione del procedimento disciplinare. L’ abnormità – nel caso di specie - del provvedimento che sospende il giudizio sportivo in attesa degli esiti della pronuncia penale, è confermata anche – indirettamente ma chiaramente – da una disposizione dell’ordinamento generale. Difatti, l’art. 16, comma 5, del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39, prevede che i regolamenti delle Federazioni sportive nazionali devono prevedere sanzioni disciplinari a carico dei tesserati che “siano stati condannati in via definitiva” per i reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 604bis, 604-ter, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinques, 609-octies 609-undecies del codice penale. Dal che si evince che, anche per l’ordinamento generale, il potere del giudice sportivo di sospendere il giudizio in attesa che il tesserato sia condannato in via definitiva, è rigorosamente limitato alle fattispecie delittuose espressamente previste dalla disposizione sopra citata. In questi casi, difatti, il legislatore nazionale ha selezionato una serie di condotte penalmente rilevanti, di particolare gravità, per le quali il giudice sportivo deve attendere la condanna in via definitiva del giudice penale (per una applicazione, v. CFA, SS.UU., n. 100-2023/2024). Ne deriva, a contrario, che per tutte le altre fattispecie penali – come quella che viene qui in rilievo - non è consentita la sospensione del giudizio sportivo poiché, se esistesse il principio che in pendenza di processi penali il tesserato possa in qualche modo sottrarsi alle responsabilità nascenti dal rapporto di affiliazione con una federazione sportiva, invocando la conclusione delle stesse, si andrebbe a svuotare di ogni significato la giurisdizione del CONI e di tutte le entità giuridiche ad esso affiliate, quali, in primis, le federazioni sportive (Collegio di garanzia dello sport, n. 11/2016). Alla stregua di tali ragioni, ritiene il Collegio che l’ordinanza pronunciata dal Tribunale federale territoriale si ponga al di fuori del sistema ordinamentale sportivo, incentrato sul duplice tema dell’autonomia del procedimento disciplinare sportivo rispetto al parallelo procedimento penale e sulla celerità della decisione, che rischia di essere del tutto pretermessa là dove dovesse accedersi alla tesi della sospensione del procedimento disciplinare in attesa della definizione di quello penale. L’abnormità dell’ordinanza ne consente quindi l’impugnabilità dinnanzi a questa Corte.

Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0048/CFA del 14 Novembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato regionale Campania adottata in data 6 ottobre 2025

Impugnazione – istanza: Sig. L.C.

Massima: E’ inammissibile l’appello perché la decisione è stata impugnata avverso il solo dispositivo…La disciplina delle modalità con le quali si propone il reclamo innanzi alla Corte Federale d’Appello si rinviene negli artt. 48, 53 e 101 C.G.S. e nelle “Regole tecnico-operative del processo sportivo telematico della FIGC” approvate con delibera del Consiglio Federale e rese pubbliche con i Comunicati Ufficiali n.160/A del 1° febbraio 2021 e n. 166/A del 20 aprile 2023. Alla stregua della disciplina codicistica, il reclamo: a) va trasmesso agli organi competenti con le modalità di cui all’art. 53 (art. 49 C.G.S.); b) tutti gli atti del procedimento, per i quali non sia stabilita la partecipazione in forme diverse, sono comunicati a mezzo di posta elettronica certificata (art. 53, comma 1, C.G.S.); il reclamo deve essere depositato, unitamente al contributo, a mezzo di posta elettronica certificata, presso la segreteria della Corte federale di appello e trasmesso alla controparte, entro sette giorni dalla pubblicazione o dalla comunicazione della decisione che si intende impugnare (art. 101 C.G.S.). Ai sensi dell’art. 1 delle Regole tecnico-operative del processo sportivo telematico (d’ora in poi, anche P.S.T.): “1. Il processo sportivo telematico della Federazione italiana giuoco calcio - FIGC ha l’obiettivo di raccogliere e condividere informazioni e documenti nell’ambito dei procedimenti dinnanzi agli organi di Giustizia sportiva della Federazione, al fine di consentire la consultazione della documentazione dematerializzata e la gestione del processo sportivo mediante l’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La piattaforma informatica della Giustizia sportiva si applica al Tribunale federale nazionale, alla Corte federale d’appello ed alla Corte sportiva d’appello nazionale”. Il reclamo innanzi a questa Corte federale d’appello si propone, pertanto, avvalendosi del mezzo della posta elettronica certificata, mediante invio dell’atto introduttivo, degli allegati a questo e delle successive produzioni documentali alla piattaforma informatica della Giustizia sportiva, previa registrazione dell’utente presso la stessa, e solo nel compimento delle indicate formalità si realizza il deposito dell’atto introduttivo del reclamo e la conseguente pendenza del procedimento dinanzi all’organo giudicante del sistema della Giustizia sportiva. Ciò posto, la Corte osserva, nella delineata prospettiva di scrutinio dei segnalati profili preliminari, che:  1) l’odierno reclamo risulta essere stato proposto “avverso e per l’annullamento e/o riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale per la Campania di cui al Fasc. n. 084, adottata nella CD tenutasi in Napoli 6.10.2025 e comunicata in pari data, recante l’irrogazione della sanzione di mesi 4 (quattro) di inibizione a carico del …, nonché quella pecuniaria di .800,00 di ammenda alla società” (così letteralmente alla pag. 1 del reclamo); 2) il reclamo è stato inviato dalla difesa del reclamante in data 13 ottobre 2025 al seguente indirizzo p.e.c. legalefigc@pecfigc.it; 3) in data 16 ottobre 2025 la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) riscontrava la p.e.c. del 13 ottobre 2025, evidenziando che “ormai da anni, ai sensi della vigente normativa federale, i reclami innanzi alla Corte di Appello Federale devono essere depositati attraverso il sistema informatico dedicato cui potrà accedere registrandosi al seguente link […]” (v. mail-p.e.c. inviata dall’indirizzo legalefigc@pec.figc.it in data 16 ottobre 2025 ore 17.35). A seguito di tale corrispondenza, il reclamo veniva proposto mediante inserimento sulla piattaforma del processo sportivo telematico (PST) in data 17 ottobre 2025, oltre il termine di giorni 7 (sette) giorni dall’asserita conoscenza della decisione impugnata, e, dunque, in maniera tardiva rispetto a quanto previsto dall’ art. 101, comma 2, C.G.S., a tenore del quale “Il reclamo deve essere depositato, unitamente al contributo, a mezzo di posta elettronica certificata, presso la segreteria della Corte federale di appello e trasmesso alla controparte, entro sette giorni dalla pubblicazione o dalla comunicazione della decisione che si intende impugnare”. Nelle more e, segnatamente, in data 14 ottobre 2025 il Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Campania inviava via p.e.c., tra gli altri, all’indirizzo della Vulcano Quarto ASD il Comunicato Ufficiale n. 2 del giorno 9 ottobre 2025, recante per esteso la decisione del 6 ottobre 2025, laddove - come è possibile verificare nella documentazione in atti - il precedente Comunicato Ufficiale emesso dal Comitato Regionale Campania in data 6 ottobre 2025 (C.U. n. 1 del 6 ottobre 2025) aveva ad oggetto solo i dispositivi delle decisioni ivi indicate (v. copia del documento in atti). Ciò posto, la Corte rileva che, alla luce della appena delineata ricostruzione, parte reclamante ha impugnato il solo dispositivo della decisione omettendo di impugnare la decisione per intero, composta da motivazione e dispositivo, come comunicata via p.e.c. solo in data 14 ottobre 2025. E questa circostanza conduce alla deduzione anche di un profilo di inammissibilità del ricorso per essere stato appunto proposto - per dir così, alla cieca - avverso il solo dispositivo, quando la motivazione della decisione non era stata ancora resa pubblica (Corte fed. app., Sez. I, n. 27/2023-2024) e, quindi, non aveva preso a decorrere il termine posto dall’art. 101, comma 2, C.G.S., che coincide, appunto, con la data di pubblicazione della decisione e non con quella di pubblicazione del dispositivo (Corte fed. app., Sez. IV, n. 116/2020-2021); nonché di un profilo di improcedibilità per omessa impugnazione della decisione nella sua interezza (oltre il già ricordato profilo di irricevibilità).

Decisione C.F.A.: Motivazione  pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CFA del 09 Ottobre 2015 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale    Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 21 /TFN del 14.9.2015

Impugnazione – istanza: 1. RICORSO PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L'ORDINANZA DECISORIA DEL TRIBUNALE  FEDERALE  NAZIONALE   PER  LA  RINNOVAZIONE  DEL DEFERIMENTO A CARICO DI: -  SIG.   S.C.,   ALL'EPOCA   DEI   FATTI   DIRETTORE   SPORTIVO DELLA SOCIETA U.S.D. CAVESE 1919; -  SIG. G.L., ALL'EPOCA DEI FATTI DIRETTORE GENERALE DELLA SOCIETA U.S.D. CAVESE 1919; -  SIG.  L.A.,  ALL'EPOCA  DEI  FATTI  ADDETTO  STAMPA-            COLLABORATORE DELLA SOCIETA U.S.D. CAVESE 1919: -  SOCIETA U.S.D. CAVESE 1919, NOTA N. 12535/1030 PF14-15 SP/MA DEL 23.6.2015

Massima: E’ inammissibile il ricorso alla Corte da parte della Procura Federale avverso l’ordinanza con la quale il TFN ha disposto la restituzione degli atti alla Procura per la rinnovazione del deferimento, una volta individuati i corretti indirizzi cui effettuare la relativa notifica. Dirimente in tal senso si rivela lo scrutinio della ritualità del mezzo qui in rilievo che risulta proposto avverso un provvedimento di mera restituzione degli atti all'organo requirente di cui occorre chiarire la sostanziale natura giuridica. Tanto in ragione del fatto che restano conoscibili da parte di questa Corte i soli provvedimenti del Tribunale federale a livello nazionale concretanti delle "decisioni". Com'e  noto,  sul  piano dell'ordinamento  generale  e  possibile  tracciare  una netta demarcazione tra i provvedimenti che il giudice può assumere nel corso del processo, all'uopo distinguendosi le sentenze dalle ordinanze (inconferenti ai fini qui in rilievo sono i cd. decreti): la differenza sostanziale sta nel fatto che la decisione con sentenza (atto squisitamente decisorio) spoglia it giudice del potere di decidere la questione che ne e oggetto; mentre la decisione con ordinanza (tipico atto di natura ordinatoria o istruttoria) non priva il giudice del potere di ritornare sopra quanto già deciso. Da questa differenza sostanziale l'ordinamento fa discendere la diversità dei rimedi esperibili contro i due provvedimenti: i mezzi d'impugnazione (ordinari o straordinari) per la sentenza, la semplice richiesta di modifica o revoca per l'ordinanza, non essendo essa provvedimento idoneo al giudicato. Orbene, l'ordinamento federale, retto da una logica di semplificazione, non reca al proprio interno una disciplina minuziosa sulla tipologia delle pronunce degli organi di giustizia sportiva, ciò nondimeno e possibile anche in tale ambito replicare i postulati di ordine generale ed assegnare valenza di "decisioni" a quei provvedimenti che, indipendentemente dalla formula utilizzata, riflettono un'effettiva portata decisoria siccome idonei a produrre, con efficacia "di giudicato", effetti di diritto sostanziale (estinzione    modifica- costituzione di situazione giuridiche) nella sfera giuridica delle parti del procedimento. Tanto premesso, deve rilevarsi che il provvedimento qui in rilievo, piuttosto che recare statuizioni sulla res iudicanda,  si limita a prevedere disposizioni di carattere ordinatorio prescrivendo a carico dell'organo requirente adempimenti meramente funzionali all'ulteriore trattazione della causa. Viene cioè in rilievo una pronuncia volta unicamente a governare, a presidio della effettività del principio del contraddittorio, la corretta introduzione del procedimento senza in alcun modo statuire in via definitiva sullo stesso. Ciò nondimeno, l'opzione ermeneutica qui privilegiata non si risolve nella privazione delle facoltà di tutela spettanti alla parte che si ritenga pregiudicata da tale provvedimento, tutela che, a giudizio di questa Corte, ben può esplicarsi nella stessa sede in cui il provvedimento fu pronunciato in omaggio al  principio proprio del processo civile    alla cui logica e ispirato anche il procedimento sportivo - della modificabilità c/o revocabilità degli atti dell'organo decidente che non definiscono il procedimento. L'appellante - in aggiunta e/o alternativa alla puntuale cura dell'onere di adempimento dell'ordine del giudice di primo grado di rinnovare la notificazione dell'atto di deferimento - ben avrebbe potato, ed in astratto ricorrendone le condizioni potrebbe ancora, per le ragioni prima esposte estendibili alla fattispecie, promuovere un riesame del provvedimento qui (irritualmente) gravato dinanzi allo stesso giudice che l'aveva pronunciato.

 

Decisione C.G.F.: Comunicato ufficiale n. 273/CGF del 24 Aprile 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 293/CGF del 13 Maggio  2014  su  www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 – Com. Uff. n. 727 del 15.4.2014

Impugnazione – istanza: RICORSO A.S.D. ASTI CALCIO 5 AVVERSO DECISIONI MERITO GARA MARTINA/ASTI CALCIO A 5 DEL 12.4.2014

Massima: E’ inammissibile il ricorso alla Corte avverso il provvedimento del G.S. che ha rimesso gli atti alla Procura Federale affinchè svolgesse le relative, necessarie indagini

 

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2025 Dirittocalcistico.it