Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0028/CFA del 15 Settembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Veneto di cui al C.U. n. 14 dell’8 agosto 2025 con la quale veniva inflitta al giocatore Sig. N.B. la sanzione di 11 giornate di squalifica per violazione dell’art. 4 comma 1 e 28 comma 1 del CGS
Impugnazione – istanza: – Sig. N.B.
Massima:…in assenza di reclamo da parte della difesa sia in ordine alla responsabilità del calciatore sia in ordine alla entità della sanzione inflittagli, l’unico tema da approfondire è quello riguardante la dosimetria della pena, in modo da verificare se il Tribunale abbia rispettato il canone dell’afflittività in rapporto alle modalità commissive dei fatti e al principio di adeguatezza della sanzione.
Massima: L’indagine in parola riguarda quindi, da un lato, l’eventuale rispetto o meno del principio di afflittività della sanzione, immanente nel vigente Codice di giustizia FIGC e dall’altro, il tema generale dei criteri cui deve obbedire il trattamento sanzionatorio, il quale trova un preciso addentellato normativo nell’art. 12, comma 1, del CGS secondo il quale “Gli organi di giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché l’eventuale recidiva” (così anche Collegio di garanzia dello sport, Sez. II, n. 80/2018 che, nel fissare i criteri per la commisurazione delle sanzioni, ha fatto esplicito richiamo all’art. 16, comma 1, del CGS FIGC vigente ratione temporis e avente peraltro il medesimo contenuto dell’attuale disposizione). Si tratta di due principi generali non dissonanti tra loro e che vanno comunque coniugati tenendo conto di altre regole di carattere generale più “elastiche”, quali la proporzionalità e la ragionevolezza, le quali debbono guidare l’interprete nella ricerca di un punto comune che valga a contemperare le varie esigenze legate al rispetto di tali principi e/o regole generali. Ciò all’evidente fine di determinare, in un’ottica di contemperamento dei diversi interessi contrapposti, la sanzione, la quale deve poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, oltre a risultare proporzionale al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo e suscettibile anche di una valutazione di natura equitativa rispondente al criterio della ragionevolezza (CFA, S.U. n. 67/2022-2023; Collegio di garanzia dello sport, Sez. I, n. 25/2018, che ha ricollegato l’adeguatezza della sanzione disciplinare ai canoni di effettività, proporzionalità e ragionevolezza). I concetti di afflittività, proporzionalità e ragionevolezza in quanto di valenza generale sono declinabili in modo diverso secondo il settore ordinamentale di riferimento (penale, amministrativo, disciplinare, etc.): non è infrequente nel linguaggio comune l’accostamento della sanzione disciplinare sportiva alla pena vista quale sanzione penale. Ad avviso di questa Corte tale assimilazione si presta ad una serie di equivoci, in quanto non si tiene in debito conto della peculiarità dell’ordinamento sportivo ed in specie del sistema disciplinare interno ad esso che ha connotati e caratteristiche diverse dalla pena come viene comunemente intesa. In linea generale l’afflittività della sanzione sembra attribuire a questa una natura cd. “retributiva”, nel senso che la sanzione, nella sua essenza logica, viene concepita come castigo per un male commesso; ma alla natura cd. “retributiva” può associarsi la funzione rieducativa in coerenza con il dettato costituzionale di cui all’art. 27, comma 3, Cost. In questo senso si è più volte pronunciato il Collegio di garanzia dello sport in tema di sanzioni inflitte ad atleti di giovanissima età facendo proprio richiamo al principio costituzionale contenuto nel menzionato art. 27, comma 3, Cost. (Collegio di garanzia dello sport, SS.UU., n. 46/2017; Collegio di garanzia dello sport Sez. II, n. 3/2014). E ciò ancorché l’ordinamento sportivo, nella sua parte sanzionatoria, sia solo parzialmente e cum grano salis, assimilabile a quello penale. Invero, mentre per quest’ultimo, la funzione (non assorbente ma certamente) principale della pena è – per esplicito dettato costituzionale – la rieducazione (rectius: risocializzazione) del condannato, per l’ordinamento sportivo la sanzione ha essenzialmente scopo e funzione retributiva e restauratrice della par condicio nelle competizioni agonistiche (ex multis: CFA, Sez. I, n. 18/2024-2025). Quanto ai caratteri di proporzionalità e ragionevolezza (concetti che, oltre a contenere riferimenti costituzionali quali l’art. 3 in materia di uguaglianza e l’art. 27 Cost., sono mutuati dall’ordinamento eurounitario e dalla giurisprudenza della CEDU), si tratta di principi tra loro complementari che evocano la nozione di adeguatezza della sanzione da comminarsi tenendo conto di una serie di parametri quali la gravità del fatto in rapporto alla sua portata oggettiva; la natura e intensità dell'elemento psicologico nel comportamento contestato, unitamente ai motivi che l'hanno ispirato e, infine, la personalità dell'incolpato in relazione soprattutto al contesto ambientale e agli eventuali precedenti disciplinari. … più volte questa Corte si è pronunciata sul significato dei principi di afflittività, proporzionalità e ragionevolezza in tema di sanzioni sportive (da ultimo S.U. n. 4/CFA/2025-2026; ma vedi anche S.U. n. 110/CFA/20222023/I)affermando, quanto al primo, che sono afflittive quelle sanzioni che si riflettono sul soggetto che ha agito incidendo su di un bene giuridico del tutto diverso da quello oggetto dell'obbligo e che, come chiarito dalla massima giurisprudenza amministrativa interna (Consiglio di Stato sezione VI, 24 giugno 2020, n. 4068), sono quelle definite dal diritto europeo e, in particolare, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che ha contributo a configurare un complesso di regole fondato su garanzie convenzionali di natura sostanziale e processuale (artt. 6 e 7). I criteri per individuare tale tipologia di sanzioni sono costituiti: a) dalla qualificazione giuridica dell’illecito; b) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione, di carattere generale, della norma che lo prevede (deve essere rivolto alla generalità dei consociati) e dallo scopo perseguito che deve essere non risarcitorio ma afflittivo; c) dal grado di severità della sanzione, che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata (Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri c. Bassi). Quanto al secondo (proporzionalità), di derivazione europea, esso impone di adottare un provvedimento non eccedente quando è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. Alla luce di tale principio, nel caso in cui siano coinvolti interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile: in questo senso, il principio in esame rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi. Il principio in esame impone un’indagine trifasica che si articola nell’accertamento dell’idoneità della misura allo scopo da raggiungere, della necessità della misura stessa e della proporzionalità con il fine, riconoscendo preferenza alla misura più mite che permetta, comunque, il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla norma. Si tratta, appunto, del principio del minimo mezzo, che costituisce un importante parametro di riferimento per verificare la legittimità di un atto delle istituzioni. Irragionevole, e perciò sanzionabile sotto il profilo dell’eccesso di potere, sarebbe quindi una misura incidente nella sfera privata non giustificata da specifiche e motivate esigenze di interesse pubblico. Date tali premesse, la proporzionalità non deve essere considerata come un canone rigido ed immodificabile, ma si configura quale regola che implica la flessibilità dell’azione e, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità ed alla legalità. In definitiva, il principio di proporzionalità va inteso “nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale” (Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2015 n. 284). Quanto infine alla ragionevolezza, essa costituisce un criterio al cui interno convergono altri principi generali (imparzialità, uguaglianza, buon andamento): l’amministrazione e/o il giudicante, in forza di tale principio, deve rispettare una direttiva di razionalità operativa al fine di evitare decisioni arbitrarie od irrazionali. In virtù di tale principio, l’azione dei pubblici poteri non deve essere censurabile sotto il profilo della logicità e dell’aderenza ai dati di fatto risultanti dal caso concreto: da ciò deriva che l’amministrazione, nell’esercizio del proprio potere, non può applicare meccanicamente le norme, ma deve necessariamente eseguirle in coerenza con i parametri della logicità, proporzionalità ed adeguatezza (Consiglio di Stato, sezione V, 20 febbraio 2017, n. 746 e sezione IV, 22 maggio 2013, n. 964). Questa Corte poi, nell’affrontare il delicato tema della commisurazione delle sanzioni in correlazione con l’art. 12 del CGS e con l’art. 44 stesso Codice, ha sottolineato che tale disposizione impone di modulare l’afflittività delle sanzioni in base alla gravità dei fatti (Cfr. C.F.A, Sez. I, n. 7/CFA/2022-2023; idem 72/CFA/2023-2024/E). In questa prospettiva, l’effettività, l’afflittività e la deterrenza delle sanzioni irrogate debbono essere dunque adeguate alla gravità degli illeciti commessi e documentalmente provati, in linea con quanto prescritto dall’art. 44, comma 5, CGS, secondo il quale “tutte le sanzioni inflitte dagli organi di giustizia sportiva devono avere carattere di effettività e di afflittività”. Ne consegue che solo quando venga correttamente compiuta tale operazione può realizzarsi una effettiva efficacia deterrente ed un adeguato effetto dissuasivo, atteso che la sanzione – per poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita – deve necessariamente risultare proporzionale al disvalore sociale della condotta (cfr. CFA, Sez. I, n. 31/2022-2023; CFA, Sez. IV, n. 55/2020-2021; Sez. Unite, n. 0022/CFA/2023-2024).
Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0013/CFA del 1 Agosto 2025 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Sicilia, pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 595 TFT del 24/06/2025 e comunicata in pari data
Impugnazione – istanza: – PFI-Sig. G. G. A. -U.S.D. Tortorici
Massima:…questa Corte è legittimata a procedere ad un’autonoma valutazione di merito circa la correttezza o meno della quantificazione delle sanzioni operata dal Giudice di prime cure e alla loro eventuale, conseguente rideterminazione. Nel fare ciò la Corte federale, chiamata al difficile compito di svolgere funzione anche di giudice di equità (CFA, SS. UU., n. 63/2022-2023), deve attenersi, al pari degli altri organi di giustizia sportiva, ai criteri enucleati dagli artt. 12 e seguenti del Codice di giustizia sportiva. In primis, pertanto, deve commisurare l’entità della sanzione alla gravità dell’illecito - nel quadro delle circostanze di fatto accertate - in quanto la sua efficacia deterrente, per poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, deve necessariamente essere proporzionale al disvalore della condotta e provvista di un adeguato effetto dissuasivo (CFA, Sez. IV, n. 55/2020-2021; CFA, Sez. I, n. 31/2022-2023; CFA, SS.UU., n. 67/2022-2023; CFA, Sez. I. 70/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 41/2024-2025; CFA, SS. UU., n. 4/2025-2026). La sanzione irrogata deve essere altresì connotata dai caratteri di effettività ed afflittività, rivolti a perseguire il medesimo obiettivo, vale a dire evitare che la stessa risulti inutiliter data siccome inefficace o priva di conseguenze pratiche, in relazione ai suoi tempi e modalità di esecuzione. Come ha avuto modo di ribadire di recente questa Corte (CFA, Sez. I, n. 57/2024-2025; CFA, SS. UU., n. 121/2024-2025; CFA, SS. UU., n. 4/2025-2026), tali principi devono essere sempre coordinati e temperati con i principi di proporzionalità e di ragionevolezza, in un’ottica di contemperamento dei diversi interessi contrapposti.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 26/TFN - SD del 4 Agosto 2025 (motivazioni)
Impugnazione – Istanza: V.T. e ASD Ecocity Futsal Genzano - Reg. Prot. 3/TFN-SD
Massima: Quanto alle sanzione da irrogare nel caso specifico, il Collegio precisa che, “onde poter svolgere la funzione propria di prevenzione sociale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita”, la sanzione deve rispondere ai canoni di afflittività, proporzionalità e ragionevolezza richiesti dall’art. 44, comma 5, CGS ampiamente e diffusamente esplicitati da CFA S.U. n. 110-2022/2023 e che per tale ragione deve essere “necessariamente proporzionale al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo.” In applicazione dell’anzidetto principio, sanzione congrua da comminare al sig. …., tenuto conto della recidiva (art. 18 CGS ) e dell’aggravante [art. 14, comma 1, lett. m), del C.G.S.] contestate è quella di mesi 12 (dodici) di inibizione.
