Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0126/CFA del 30 Maggio 2024 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Campania della F.I.G.C. – L.N.D., di cui al C.U. n. 36 del 18.4.2024
Impugnazione – istanza: – PFI/sig. A.S.-sig. C.S.
Massima: Accolto il reclamo della procura federale e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata – che aveva prosciolto i deferiti sulla base del decreto di archiviazione del GIP - irrogata ai deferiti la squalifica per mesi 8 per la violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, sia in via autonoma che in relazione a quanto previsto e disposto dall’articolo 84, comma 1, delle N.O.I.F. “per avere gli stessi, con decorrenza dalla stagione sportiva 2019 – 2020, in concorso con un sodalizio costituito tra terzi soggetti, posto in essere una condotta finalizzata ad ottenere la non spettante erogazione a proprio favore della cd. “indennità collaboratori sportivi”, sovvenzione pubblica erogata dalla società Sport e Salute S.p.A. ed inizialmente normativamente prevista dal D.L. 17 marzo 2020 n. 10, c.d. “Decreto Cura Italia”, nell’ambito dei provvedimenti emergenziali assunti dal Governo al fine di mitigare l’impatto economico dell’emergenza epidemiologica da Covid 19”…..Sul principio di autonomia dell’ordinamento sportivo, questa Corte federale ha già avuto modo di pronunciarsi ed anche in questa sede ritiene opportuno richiamare il principio secondo il quale “la peculiarità degli obiettivi da perseguire in ambito sportivo porta ad affermare che una determinata condotta o dichiarazione possa essere diversamente valutata a fini sportivo-disciplinari, rispetto alla sede ordinaria, e, pertanto, non è detto che l’eventuale decisione resa dall’Autorità giudiziaria [ordinaria] possa utilmente riflettersi sul piano del procedimento disciplinare […]. È, infatti, conseguenza naturale dell’autonomia dell’ordinamento sportivo la capacità dello stesso di munirsi, in via indipendente, di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare, in linea generale, la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un lato, è estraneo alle previsioni normative generli che nasonocon riguadoad mbiti tipicamente ed esclusivamente statali (come ilprocedimento penale e l regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti, siano essi civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altra parte, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva – nei confronti dei propri appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti dell’ordinamento settoriale – con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva la garanzia del diritto di difesa, costituzionalmente protetto” (ex plurimis Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 13/2012-2013). Il giudice, in altri termini, è perfettamente libero di valutare le prove allegate dalle parti secondo l’ampia previsione dettata dall’art. 57 CGS (in argomento si veda da ultimo Corte federale d’appello, SS.UU., n. 14/2023-2024). Ed anche la ‘verifica dell’attendibilità delle fonti di prova ricade nella attività di valutazione e selezione delle risultanze istruttorie affidata al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento della decisione una fonte di prova non incontra alcun limite se non quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere [neppure] tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare ogni deduzione difensiva (così Corte federale d’appello, Sez. I, n. 5/2020-2021)” (cfr. CFA SS.UU. decisione n. 36/CFA/2023-2024). E, sempre in questo contesto, appare corretta la decisione della Procura federale di procedere in data 6.10.2023 alla notifica dell’atto di deferimento nonostante la pendenza del procedimento penale nei confronti di quasi tutti gli interessati (eccetto ….., per il quale era intervenuto un provvedimento di archiviazione in data 2.8.2023), considerato che, per giurisprudenza costante del Collegio di garanzia dello sport e anche di questa Corte federale, nell’ordinamento processuale sportivo non esiste una norma che imponga la sospensione del procedimento disciplinare fino alla definizione di quello penale avviato per il medesimo fatto, né tantomeno che consenta al soggetto tesserato - anche se sottoposto ad indagini - di non collaborare con gli organi di giustizia sportiva nell’accertamento dei fatti: “Se esistesse il principio che in pendenza di processi e/o di inchieste penali il tesserato possa in qualche modo sottrarsi alle responsabilità nascenti dal rapporto di affiliazione con una federazione sportiva, invocando la conclusione delle stesse, si andrebbe a svuotare di ogni significato la giurisdizione del CONI e di tutte le entità giuridiche ad esso affiliate, quali, in primis, le federazioni sportive” (Collegio di garanzia dello sport, Sez. IV, n. 93/2015; Collegio di garanzia dello sport, SS. UU, n. 10/2024). Ed ancora: “L’articolo 39 del Codice della giustizia sportiva del Coni, evidenzia che, salve eccezioni tassativamente individuate, gli organi di giustizia sportiva “...conoscono di ogni questione pregiudiziale o incidentale, pur quando riservata per legge all’Autorità giudiziaria, la cui risoluzione sia rilevante per pronunciare sull’oggetto della domanda, incluse le questioni relative alla capacità di stare in giudizio e all’incidente di falso” (cfr. comma 6). Il successivo comma 7 prevede poi che “In nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento salvo che, per legge, debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all’Autorità giudiziaria”. Le suddette disposizioni risultano replicate all’articolo 111 del Codice della giustizia sportiva della FIGC. È di tutta evidenza, alla stregua del chiaro significato letterale delle disposizioni sopra richiamate, come la mera pendenza di un procedimento penale, nemmeno approdato alla fase processuale, non possa costituire valida causa di giustificazione della richiesta di sospensione” (C.F.A., Sez. III, n. 22/2019-2020). Fatta questa doverosa premessa, cade in errore il reclamante nel ritenere che il Tribunale federale territoriale si sia limitato ad “appiattirsi” sulle motivazioni in forza delle quali il Pubblico Ministero ha richiesto al G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere lo stralcio della posizione dei signori Salomone e Scialla rispetto agli altri indagati e l’archiviazione del procedimento penale nei loro confronti. La richiesta di archiviazione del procedimento penale parte infatti dal presupposto che gli indagati abbiano prodotto documentazione e testimonianze che avrebbero attestato la loro effettiva collaborazione con la A.S.D. Macerata Campania Academy. Sebbene tuttavia non fosse stata rinvenuta agli atti della società, né la documentazione necessaria per l’ottenimento del contributo economico, né qualsiasi comunicazione agli enti preposti circa l’assunzione di … e ….da parte dei responsabili della A.S.D., a detta del Pubblico Ministero gli elementi prodotti dagli indagati indurrebbero a escludere - o quantomeno mettere in dubbio - la loro consapevolezza “e quindi l’elemento soggettivo” circa il carattere indebito della richiesta economica. Il Tribunale federale territoriale della Campania, invece, fonda la propria pronuncia di proscioglimento sulla considerazione che: a) dagli atti del procedimento penale emerge senza ombra di dubbio che il …e lo … abbiano prodotto documentazione e testimonianze attestanti la loro effettiva collaborazione con la A.S.D. Macerata Campania Academy; b) la documentazione risulta incompleta “e quindi che gli elementi prodotti consentono comunque di escludere o quantomeno mettere in dubbio il carattere improbito della richiesta” (sic!); c) la Procura federale non ha ritenuto di svolgere autonome e ulteriori indagini per accertare i fatti in maniera diversa rispetto a come dedotto dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. E’ evidente la apparente analogia, ma anche la sostanziale differenza tra i due percorsi motivazionali che hanno indotto il Pubblico Ministero a chiedere l’archiviazione del procedimento penale e il T.F.T. Campania a disporre il proscioglimento dei due deferiti in sede di giudizio sportivo: - la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere fa riferimento a documenti e testimonianze - di cui non si rinviene traccia agli atti del procedimento sportivo - che avrebbero una valenza probatoria tale da escludere o comunque mettere in dubbio la sussistenza della coscienza e volontà degli indagati di porre in essere la fattispecie di reato originariamente ipotizzata (anche) nei loro confronti; - il T.F.T. Campania ritiene invece assodato che la documentazione e le testimonianze prodotte da … e … nel procedimento penale, solo genericamente richiamate nella richiesta del P.M. di archiviazione, dimostrino senza ombra di dubbio l’effettiva attività di collaborazione di costoro per la società, e che in ogni caso gli elementi prodotti nel procedimento sportivo portino a escludere o comunque a mettere in dubbio la sussistenza degli addebiti mossi dalla Procura federale. Mentre quindi nel procedimento penale gli esiti dell’attività di indagine non hanno portato a ritenere, al di là di ogni ragionevole dubbio, la sussistenza dell’elemento soggettivo integrante la fattispecie di reato ipotizzata, in sede sportiva il T.F.T. Campania è pervenuto al convincimento che gli elementi forniti dagli interessati conducessero inequivocabilmente al proscioglimento dei due deferiti. Alla luce di quanto sopra, il reclamo è da ritenersi fondato nei seguenti termini. Questa Corte ha già avuto modo di affermare, e non ritiene in questa sede di doversi discostare, dal principio secondo cui il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio, come invece è previsto nel processo penale. Nel giudizio sportivo, non è cioè richiesta la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento del ragionevole dubbio - così come previsto nel processo penale - essendo, invece, sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, tali da condurre ad un ragionevole affidamento in ordine alla sussistenza della violazione contestata. In questi termini, la ragionevole certezza in ordine alla commissione dell'illecito ben potrà essere provata anche mediante indizi gravi, precisi e concordanti e la prova del nesso causale tra la condotta dell'agente e la violazione della fattispecie regolamentare potrà essere raggiunta sulla base della regola della preponderanza del ragionevole dubbio o del più probabile che non (CFA, SS.UU., n. 14/2023-2024 e conformi ad essa anche le più recenti SS.UU., n. 2/CFA/2023-2024; CFA, Sez. I, n. 24/2022-2023; Sez. IV, n. 18/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 87/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 81/2021-2022; CFA, sez. I, n. 76/2021-2022; CFA, Sez. III, n. 68/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 35/2021-2022), ma tali indizi devono corrispondere a dati di fatto certi e pertanto non consistenti in mere ipotesi, congetture o giudizi di verosimiglianza. Ebbene, nella fattispecie in esame, il Tribunale federale territoriale ha erroneamente fondato la propria decisione su un dato probatorio - la produzione di documentazione e testimonianze da parte dei signori … e … nel corso del procedimento penale - che in realtà non è riscontrabile in concreto, giacché di tali elementi probatori non si rinviene traccia agli atti del presente giudizio sportivo, né i due deferiti ne hanno fatto mai cenno nelle loro prospettazioni difensive. E oltre tutto, non sfugga la circostanza che tali documenti e testimonianze sono stati ritenuti sufficienti dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere per dubitare non già della sussistenza del fatto nella sua materialità, quanto piuttosto della consapevolezza da parte degli indagati circa la illiceità del loro operato. La decisione del T.F.T. Campania, in altri termini, si è basata su un elemento probatorio soltanto indirettamente richiamato nella richiesta di archiviazione del procedimento penale, senza alcuna possibilità di verifica sostanziale e quindi di autonoma valutazione nel giudizio sportivo. Ora, secondo quanto disposto dal vigente art. 57 C.G.S., “gli organi di giustizia sportiva possono liberamente valutare le prove fornite dalle parti e raccolte in altro giudizio, anche dell'ordinamento statale”, potendo così porre a base del proprio convincimento anche prove atipiche, atteso che manca nel processo sportivo (come del resto nel processo civile e in quello penale) una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova, per cui il giudicante ben potrà avvalersi, ai fini del decidere, delle risultanze derivanti dagli atti delle indagini preliminari svolte in sede penale. Ciò non toglie, però, che tali elementi debbano essere autonomamente e direttamente posti al vaglio del giudice sportivo ai fini dell’accertamento della sussistenza degli addebiti contestati nel deferimento, che solo eventualmente possono coincidere con analoghe contestazioni in ambito penalistico; il che, nel caso in esame, non è avvenuto essendosi il primo giudice limitato a richiamare e fare propri elementi probatori solo genericamente menzionati nella richiesta di archiviazione del procedimento penale, ma non facenti parte del proprio bagaglio conoscitivo. Non esiste, insomma, agli atti del presente giudizio sportivo alcun documento o testimonianza attestante una effettiva collaborazione di … e …per la società, ma solo la menzione dell’esistenza di tali elementi probatori in un differente contesto investigativo, non certo sufficiente a fondare un giudizio in ambito sportivo. Del complessivo compendio probatorio fornito al Giudice di prime cure, invece, fanno parte una serie di atti contenuti nel fascicolo del procedimento penale aperto alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere e distinto con il n. 8585/21 R.N.R., primo tra tutti il decreto di sequestro preventivo del G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, emesso in data 25.1.2023 e riguardante tutti gli originari indagati, tra i quali appunto i signori …. e ….Ebbene, da tale documento emergono una serie di comunicazioni tra il presidente della società A.S.D. Macerata Campania Academy e i due deferiti, nei quali viene fatto esplicito riferimento a un contratto di collaborazione con la società, stipulato in vista di una richiesta di erogazione della cosiddetta “indennità collaboratori sportivi” prevista dal D.L. 17.3.2020 n. 10. In particolare, nella sintesi della conversazione Whatsapp… Considerato che, ai sensi dell’art. 96 del D.L. cosiddetto “Cura Italia”, era stata estesa anche ai rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche già in essere alla data del 23.2.2020, l’indennità di € 600,00 prevista per professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, è evidente che la stipula di contratti di collaborazione nel mese di aprile 2020 non può non far ritenere che le conseguenti richieste di contributo economico fossero in realtà illegittime. E per quanto riguarda i signori Salomone e Scialla, il contributo da loro percepito è stato della ragguardevole cifra complessiva di € 6.000,00 ciascuno. Sotto il profilo probatorio, va rilevato, inoltre, che sempre dall’esame degli atti del procedimento penale forniti dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, emerge che nel corso di una perquisizione da parte della Guardia di finanza nella sede della A.S.D. Macerata Campania Academy e a casa del presidente …., non è stato rinvenuto neppure un documento riguardante la collaborazione dei signori Salomone e Scialla (nonché degli altri 97 presunti collaboratori che hanno percepito contributi economici da Sport e Salute s.p.a.), se non giusto quelli relativi alla richiesta di contributo. Non solo, ma il presidente …. e il dirigente Salomone, nel corso della loro audizione davanti ai collaboratori della Procura federale, non hanno mai fatto cenno, né tanto meno documentato, dell’esistenza di rapporti contrattuali di collaborazione con la società in data antecedente al febbraio 2020. Si tratta, insomma, di un quadro indiziario grave, preciso e concordante, in alcun modo inficiato da elementi probatori di segno contrapposto, tale da indurre a un ragionevole affidamento in ordine alla sussistenza della violazione contestata ed alla prova del nesso causale tra la condotta dell'agente e la violazione della fattispecie regolamentare, che nel processo sportivo - come detto - può essere raggiunta sulla base della regola della preponderanza del ragionevole dubbio o del più probabile che non (v. Collegio di garanzia del CONI, Sezioni Unite, nn. 63/2018 e 65/2018). Tale comportamento è stato posto in essere in un contesto certamente riferibile all’attività sportiva, considerato che la condotta appropriativa è stata perpetrata in seno ad un rapporto di presunta collaborazione con una associazione sportiva dilettantistica, in danno della società Sport e Salute s.p.a. e, oltre tutto, in un momento di particolare emergenza socio-economica in cui erano state impegnate ingentissime risorse finanziarie proprio a sostegno dei lavoratori del sistema Sport. Non vi è dubbio quindi che sussista la violazione dell’art. 4, comma 1, C.G.S.. E con riferimento a tale norma, questa Corte non ritiene di doversi discostare dal principio ormai consolidato secondo cui “in ambito sportivo, l’ampio e generalizzato consenso che ricevono le clausole generali di lealtà e correttezza si ricava agevolmente dalla lettura di un dato normativo che, ripetutamente, si richiama a principi etici di rilevanza giuridica e morale […]. La difficoltà di offrire una definizione esaustiva dei doveri di lealtà, correttezza, probità non impedisce di considerarne la rilevanza dal punto di vista giuridico”. Pertanto, “l’assimilabilità concettuale della lealtà ai principi generali di correttezza e buona fede (Galgano) induce a ritenere che essa debba considerarsi clausola di chiusura del sistema, poiché evita di dover considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio. [Del resto,] nel caso dell’ordinamento sportivo, gli obblighi di lealtà, correttezza, non violenza, non discriminazione, appaiono interpretare l’essenza stessa dell’ordinamento, al punto che la loro violazione si traduce nella negazione stessa dei fini cui è rivolta l’attività sp rtiva” (cfr. il parere n. 5/2017 del Collegio di garanzia dello Sport, in sede consultiva; nello stesso senso: Collegio di garanzia dello sport, parere n. 7/2016; Collegio di garanzia dello sport dello sport, Sez. II, n. 8/2015; Corte federale d’appello, Sez. I, n. 38/2019-2020; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 69/2021-2022; Corte federale d’appello, Sez. IV, n. 54/2019-2020; Corte federale d’appello, Sez. I, n. 29/2021-2022). Rilevata pertanto la violazione dell’art. 4, comma 1, C.G.S. nei termini che sono stati indicati nell’atto di deferimento, occorre a questo punto rimarcare che, a mente di quanto previsto dall’art. 12 C.G.S., gli organi di giustizia sportiva sono tenuti a modulare l’afflittività delle sanzioni tenendo conto della natura e della gravità dei fatti, giacché solo se l’entità della sanzione è concretamente commisurata alla gravità dell'illecito - nel quadro delle circostanze di fatto - essa potrà avere una effettiva efficacia deterrente ed un adeguato effetto dissuasivo, atteso che la sanzione, per poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, deve necessariamente essere proporzionale al disvalore sociale della condotta (cfr. C.F.A., SS.UU., n. 28/2023-24; C.F.A. SS.UU. n. 22/2023-2024; CFA, Sez. I, n. 31/2022-2023; CFA, Sez. IV, n. 55/2020-2021). Nel caso in esame va quindi considerata, ai fini della irrogazione della sanzione, da un lato la circostanza che le somme indubbiamente rilevanti - sono state percepite dai signori …. e … mediante una condotta che ha materialmente impedito a Sport e Salute s.p.a. di verificare l’effettiva legittimità delle richieste, dall’altro la contingente situazione di difficoltà economica e la posizione sostanzialmente marginale dei due deferiti rispetto a quella di gran lunga predominante degli artefici e organizzatori dell’operazione stessa.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 0165/TFN - SD del 4 Marzo 2024 (motivazioni) –
Impugnazione – Istanza: Deferimento n. 24841/1026pf16-17/GC/blp del 14 aprile 2023 nei confronti dei sigg.ri D.N.A. + altri - Reg. Prot. 157/TFN-SD
Massima: Il Tribunale prende atto, condividendone i presupposti, della richiesta della Procura Federale che, alla luce della più volte citata sentenza assolutoria intervenuta in sede penale, ha formalmente concluso per il proscioglimento dei deferiti in ordine alle ipotesi di illecito sportivo contestate in deferimento, anche in ragione di quanto espressamente previsto dall’art. 111, comma 3 del CGS-FIGC.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0072/CFA del 28 Dicembre 2023 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Reclamo numero 0064/CFA/2023-2024 proposto dal Procuratore Federale Interregionale in data 27.11.2023 e il reclamo incidentale numero 0072/CFA/2023-2024 proposto in data 04.12.2023
Impugnazione – istanza: – PFI e altri
Massima: Il decreto di archiviazione del GIP non ha efficacia di giudicato…. deve essere affrontato in via preliminare è rappresentato dal valore che, nel presente procedimento, deve essere attribuito al decreto di archiviazione pronunciato nell’ambito del procedimento penale avanti alla giustizia minorile, avente ad oggetto i fatti denunziati dai genitori dei minori delle parti offese, sigg. omissis e omissis. In linea generale, si può osservare che “Il provvedimento di archiviazione, trattandosi di decisione adottata allo stato degli atti, non contiene alcun definitivo accertamento di fatto, potendo anche essere superato da un decreto motivato di autorizzazione alla riapertura delle indagini qualora si verifichi l’esigenza di nuove investigazioni in relazione al medesimo fatto art. 414 c.p.p.” (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 99/20192020) sicché appare inconferente il richiamo all’art. 39 CGS CONI il quale prevede al comma 3 che solo la sentenza penale irrevocabile di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, abbia efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare nei confronti dell’imputato quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, ferma restando l’autonomia dell’ordinamento sportivo nella definizione della fattispecie e nella qualificazione del fatto. Conclusione che appare evidente alla luce delle diverse cognizioni e regole di giudizio che presiedono all’emissione di un decreto di archiviazione piuttosto che di una sentenza assolutoria. Nel caso di specie, pertanto, nessuna efficacia di giudicato può darsi al citato decreto di archiviazione. Questo Collegio ritiene, oltretutto, che la questione sia stata ampiamente sopravvalutata nei reclami incidentali, se si pone mente al contenuto del decreto di archiviazione, dei capi di incolpazione e del reclamo della Procura federale interregionale. Nel provvedimento di archiviazione del GIP in data 4.7.2023, si è condivisa la richiesta del Pubblico ministero che conteneva le seguenti osservazioni: “...è emerso come i fatti non siano inquadrabili nell’ipotesi di cui all’art. 609 octies c.p. (eventualmente da intendersi quale tentativo inidoneo e quindi non punibile, non essendo stato posto a rischio il bene tutelato dalla norma, precisandosi come nessuna delle due parti offese è stata concretamente toccata nelle parti intime) difettando l’elemento psicologico del reato. In ogni caso la condotta degli indagati (in due distinte occasioni hanno afferrato le p.p.o.o. e le hanno condotte contro la loro volontà sotto una doccia fredda, colpendoli con degli asciugamani) maturata nell’ambito di uno scherzo di cattivo gusto, può essere sussunta nell’ipotesi di cui agli artt. 81 cpv, 110 e 610 c.p., in riferimento al quale, tuttavia difetta la condizione di procedibilità atteso che agli atti sono presenti due meri esposti privi di qualunque volontà punitiva…”. All’esito, quindi, di una pur sommaria cognizione, il giudice penale ha dato conto della circostanza che i fatti inizialmente sussunti nella grave ipotesi delittuosa di violenza sessuale di gruppo non già non siano accaduti, così come si pretenderebbe da parte delle difese, ma siano riconducibili al più nell’ambito dello scherzo di cattivo gusto ed all’ipotesi di violenza privata, reato improcedibile per difetto di querela. Non può sfuggire che il provvedimento non è entrato nel merito della valutazione delle prove, non ha proposto in termini positivi una ricostruzione dei fatti, si è limitato ad escludere la prospettabilità del grave reato inizialmente ipotizzato. A ben vedere, né i capi di incolpazione né il reclamo del Procuratore federale interregionale riprendono l’originaria e grave accusa formulata innanzi al Tribunale per i minorenni; diversamente, le pene richieste per i deferiti sarebbero state incomparabilmente più elevate. Si è escluso, sia in sede penale che in sede disciplinare, che le condotte ascritte ai signori omissis, omissis, omissis e omissis abbiano in qualunque modo invaso la sfera sessuale delle persone offese. Del resto, se si esaminano le richieste del Procuratore federale interregionale, appare evidente che l’entità delle sanzioni è commisurata al numero degli episodi ascritti a ciascuno degli incolpati, senza distinzioni di gravità fra i diversi fatti (cosa che non sarebbe stata consentita ove taluni di questi fossero stati ricondotti a violazioni della sfera sessuale). Rimossa, quindi, definitivamente l’ipotesi di abusi sessuali, ci troviamo a giudicare la fondatezza dell’accusa di condotte moleste ed antisportive accadute negli spogliatoi e a valutarne la gravità. E’ forse superfluo ricordare che una condotta disciplinarmente rilevante ai sensi dell’art. 4 comma 1, CGS, cioè contraria ai principi di lealtà e correttezza non necessariamente deve avere rilevanza penale, essendo differenti gli interessi tutelati e l’ambito di operatività dei due sistemi. Non pare, del resto, seriamente contestabile che il costringere un compagno di squadra a subire azioni sgradite, quali l’essere messo sotto una doccia fredda o colpito con asciugamani bagnati o cinture o essere fatto segno di scherzi di cattivo gusto quali l’avvicinare una mano o un dito alle parti intime, sia pure coperte, siano condotte contrarie ai principi sanciti nell’art. 4 comma 1, CGS “Le clausole generali concernenti il principio di correttezza e lealtà sportiva rinviano a norme sociali o di costume da autorevole dottrina paragonate a una sorta di organi respiratori che consentono di adeguare costantemente la normativa all’evoluzione della realtà sociale di riferimento e di recepire e salvaguardare i valori comunemente avvertiti come irrinunciabili dalla comunità degli sportivi” (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 70/20212022; Sez. I, n. 16/2022-2023; Sez. I, n. 23/2022-2023; n. 68/CFA/2022-2023). Peraltro neppure le difese hanno insistito sul punto, contestando, piuttosto, il raggiungimento della prova dei fatti così come enunciati nei capi di incolpazione.
Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 15/CDN del 01 settembre 2008 n. 1,2,3,4,5,6,7,8,9 - www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Calabria - CU n. 78 del 28.12.2007
Impugnazione - istanza: (146) – Appello della società SS La Sammartinese avverso la sanzione della squalifica del campo per cinque giornate e tre punti di penalizzazione da scontare nella stagione sportiva 2007/2008 inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale (142) – Appello del dirigente F.S. (Presidente Pol. Cancellese 1991) avverso la squalifica per anni cinque con proposta al presidente federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria FIGC, inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale (149) – Appello del calciatore G.L. (tesserato Pol. Cancellese 1991) avverso la squalifica per anni cinque con proposta al presidente federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria figc, inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale (147) – Appello del calciatore D.B. (tesserato Pol. Cancellese 1991) avverso la squalifica di anni tre inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale (136) – Appello del calciatore F.T. (tesserato Pol. Cancellese 1991) avverso la squalifica di anni tre inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale (150) – Appello del calciatore Y.O.(tesserato Pol. Cancellese 1991) avverso la squalifica di anni tre inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale (144) – Appello del calciatore G.A. (tesserato SS La Sammartinese) avverso la squalifica di anni due e mesi sei inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale (143) – Appello del calciatore L.S. (tesserato SS La Sammartinese) avverso la squalifica di anni due e mesi sei inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale (145) – Appello del calciatore G.I. (tesserato AS Lattarico) avverso la squalifica di anni uno e mesi sei inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale
Massima: I provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria non sono vincolanti per gli Organi di Giustizia Sportiva, ben potendo però servire da supporto per le decisioni della stessa.
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 3/C Riunione del 17-18 Luglio 2001 n. 1/2/3 – www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 507 del 27.6.2001
Impugnazione - istanza: - Appello della S.S. Lazio avverso la sanzione dell’ammenda di L. 2.000.000.000, inflittale a seguito di deferimento del Procuratore Federale, per violazione dell’art. l, comma l, C.G.S., in relazione alla posizione di tesseramento del calciatore V.J.S.. Appello del sig. P.F.M. avverso la sanzione della inibizione fino al 30.6.2002, inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale, per violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S. Appello del Procuratore Federale avverso il proscioglimento del calciatore V.J.S., dei sigg.ri C.S. e G.N., nonchè avverso l’incongruità della sanzione dell’ammenda di L. 2.000.000.000 inflitta alla S.S. Lazio.
Massima: La decisione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale che ha disposto il rinvio a giudizio del calciatore deferito è un provvedimento al quale non può essere conferito alcun valore decisorio, pertanto, irrilevante nell’ambito della giustizia sportiva.