Decisione C.F.A. – Sezione III : Decisione pubblicata sul CU n. 0120/CFA del 17 Maggio 2024 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Puglia, comunicata con Comunicato Ufficiale n. 180 del 05.04.2024

Impugnazione – istanza: PFI/Sig. W.R. - Sig. A.C. - A.S.D. Real Carovigno

Massima: In specie l’art. 4, comma 1, CGS (Doveri di lealtà, correttezza e probità), si connota, nei confronti dei soggetti dell’ordinamento sportivo, in maniera più intensa rispetto agli altri soggetti dell’ordinamento. Infatti, detta disposizione non si risolve in una norma di tipo residuale, alla cui applicazione dovrebbe ricorrersi in mancanza di previsioni specifiche, ma costituisce, al contrario, una “clausola generale” al cui contenuto precettivo i soggetti dell’ordinamento sportivo devono ineludibilmente conformare la propria condotta. I principi di correttezza e lealtà sportiva rinviano a norme sociali o di costume da autorevole dottrina paragonate a una sorta di “organi respiratori” che consentono di adeguare costantemente la normativa all’evoluzione della realtà sociale di riferimento e di recepire e salvaguardare i valori comunemente avvertiti come irrinunciabili dalla comunità degli sportivi (cfr. CFA, sezione I, n. 682022/2023). La disposizione, la cui violazione è stata formalmente contestata ai deferiti rileva in maniera pregnante nel presente giudizio in ordine al quantum della sanzione, che non può avere “natura e funzione residuale”, ma come ripetutamente chiarito da questa Corte: “l’art. 4, comma 1, del CGS, lungi dal costituire una norma in bianco, non può essere ricostruito e applicato secondo i canoni propri del diritto penale e, in specie, di quelli di determinatezza e tassatività. Le connotazioni proprie del diritto sportivo e la libera adesione a esso dei soggetti che ne fanno parte consentono di aderire a una diversa prospettiva e di dare maggior rilievo a profili valoriali di cui la disposizione in questione si fa portatrice, introiettando nell’ordinamento sportivo positivo principi che debbono ispirare la stessa pratica sportiva e, inevitabilmente, i comportamenti posti in essere da tutti i soggetti che di quell’ordinamento fanno parte. Si spiega così la presenza di disposizioni, quale l’art. 4, comma 1, del CGS, caratterizzate dalla enunciazione di principi e da un certo grado di flessibilità, tale da consentire al giudice di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e da rendere possibili decisioni che, secondo l’evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza. L’art. 4, comma 1, redatto secondo la tecnica della normazione sintetica, sfugge a una descrizione puntuale delle singole tipologie di comportamento, che presenterebbe l’inconveniente dell’eccesso casistico, per ricorrere a elementi normativi che rinviano a una fonte esterna come parametro per la regola di giudizio da applicare al caso concreto (la lealtà, la probità, la correttezza) secondo il prudente apprezzamento del giudice. Si tratta (per utilizzare una classificazione propria del diritto penale, senz’altro riferibile anche all’illecito sportivo) di elementi normativi extragiuridici che rinviano a norme sociali o di costume e da autorevole dottrina paragonati a una sorta di “organi respiratori” che consentono di adeguare costantemente la disciplina trattata all’evoluzione della realtà sociale di riferimento in questo caso, alla realtà propria dell’ordinamento sportivo” (cfr. CFA, S.U., n. 90- 2022/2023; sez. I, n. 52-2022/2023; S.U., n. 1102022-2023). Ora non essendo dubbia l’oggettiva gravità dei fatti, va affrontato il tema dell’afflittività delle sanzioni sportive, principio ritenuto dalla Procura violato. A tal riguardo va detto che le sanzioni afflittive (cfr. Cons. St., 24/6/2020, n. 4068), sono quelle definite dal diritto europeo e, in particolare, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che ha contributo a configurare uno statuto di regole fondato su garanzie convenzionali di natura sostanziale e processuale (artt. 6 e 7). I criteri per individuare tale tipologia di sanzioni sono costituiti: i) dalla qualificazione giuridica dell’illecito; ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione, di carattere generale, della norma che lo prevede (deve essere rivolto alla generalità dei consociati) e dallo scopo perseguito che deve essere non risarcitorio ma afflittivo; iii) dal grado di severità della sanzione, che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata (Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri c. Bassi). Il principio va poi temperato con quello di proporzionalità, sempre di derivazione europea, che impone di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato, e di ragionevolezza quale criterio al cui interno convergono altri principi generali (imparzialità, uguaglianza, buon andamento): il giudicante in forza di tale principio, deve rispettare una direttiva di razionalità operativa al fine di evitare decisioni arbitrarie od irrazionali. Facendo corretta applicazione dei suddetti principi, in un’ottica di contemperamento dei diversi interessi contrapposti, la sanzione, deve poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, deve necessariamente essere proporzionale al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo e da ultimo deve essere suscettibile anche di una valutazione di natura equitativa (CFA, S.U. n. 67-2022/2023). Tanto premesso, ritiene il Collegio che le sanzioni da applicare al caso in esame debbano essere diversificate, come statuito anche dal Giudice di prime cure, ma in diversa misura.

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezioni Unite - Decisione n. 40 del 08/05/2023

Decisione impugnata: decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig. F.B. e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti della ricorrente, F.C. Juventus S.p.A., la sanzione della penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva, nei confronti del ricorrente, dott. A.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. F.P., la sanzione della inibizione temporanea di 30 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. F.C., la sanzione della inibizione temporanea di 16 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. E.V., la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti di tutti i suddetti ricorrenti (P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M., F.R.), la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. M.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

Impugnazione Istanza: F.C. Juventus S.p.A. / FIGC /  Procura Federale FIGC - dott. A.A. / FIGC /  Procura Federale FIGC - sig. F.P. / FIGC /  Procura Federale FIGC

Massima: Infondato è il motivo con il quale si impugna la decisione sostenendo la violazione di norme di diritto (ex art. 54 CGS CONI) in relazione agli artt. 25 Cost., 7 C.E.D.U. nonché 4, 30 e 31 CGS FIGC, per violazione del principio di materialità e del principio di legalità, con l’affermazione di un illecito non previsto dall’ordinamento sportivo…L’art. 4 del CGS della FIGC, come si è già detto, è una norma di carattere generale nell’ambito della quale la Corte Federale d’Appello riconduce correttamente il comportamento tenuto dai deferiti, contrario ai principi della leale partecipazione alle competizioni sportive, diretto intenzionalmente a “evitare di dover verificare, volta per volta, l’effettiva applicabilità per FC Juventus S.p.A. di eventuali limiti contabili alla legittimità della plusvalenza (o delle immobilizzazioni ottenute per lo scambio”. La sentenza si sofferma diffusamente, descrivendolo in dettaglio, sul comportamento societario che “integra l’illecito disciplinare sportivo”, sottolineando correttamente come la valutazione di esso “implica un percorso probatorio e argomentativo in parte diverso rispetto a un giudizio concentrato sulla esatta violazione delle regole puramente societarie”, costruendo una nozione di lealtà sportiva in linea con i principi giurisprudenziali elaborati in materia. Del resto, dai nuovi elementi acquisiti nel giudizio, a seguito della trasmissione degli atti da parte della Procura della Repubblica di Torino, è emerso con chiarezza, come si è già detto esaminando il secondo motivo di ricorso, che le alterazioni dei valori dei calciatori (e, quindi, le plusvalenze fittizie) non erano frutto di operazioni isolate, ma che vi era una preordinata sistematicità delle condotte e, quindi, l’esistenza di comportamenti non corretti “sistematici e ripetuti”, frutto di un disegno preordinato, che hanno prodotto chiari effetti (voluti dagli stessi attori) sui documenti contabili della società e, quindi, in definitiva, anche sulla sua leale partecipazione alle competizioni sportive, con la conseguente coerente applicazione, ai fini della fattispecie sanzionabile, dell’art. 4, comma 1, del CGS della FIGC. Nessuna ibridazione, quindi, di illecito disciplinare sportivo che mescoli la fattispecie prevista dall’art. 31, comma 1 (“Costituisce illecito amministrativo la mancata produzione, l’alterazione o la falsificazione materiale o ideologica, anche parziale, dei documenti richiesti dagli organi di giustizia sportiva, dalla Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche (COVISOC) e dagli altri organi di controllo della Federazione nonché dagli organismi competenti in relazione al rilascio delle licenze UEFA e FIGC, ovvero il fornire informazioni mendaci, reticenti o parziali”), con quella disciplinata dall’art. 30 (Costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica). La Corte Federale, esercitando i suoi poteri di esatta qualificazione giuridica dei fatti contestati e di applicazione delle relative sanzioni, ha ritenuto, infatti, sulla base dei nuovi fatti emersi che hanno giustificato la revocazione della sua precedente decisione, che risultava violato anche e soprattutto l’art. 4, comma 1, del CGS, per le ragioni che sono state ampiamente esposte, con coerenza logica, nelle pagine 32 e 33 della sentenza impugnata. Le sanzioni sono state poi correttamente applicate con riferimento agli articoli 8 e 9 del CGS, che sono richiamati espressamente dall’art. 4, come sarà più ampiamente esposto in seguito.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0064/CFA del 30 Gennaio 2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il CR Veneto pubblicata con il Com. Uff. n. 61 del 21 dicembre 2022

Impugnazione – istanza:  –  Procuratore federale interregionale/Sigg.ri M.S.-O.N.-A.S.D. Lions Villanova

Massima: ….il disposto dell’art. 4, comma 1, CGS (secondo cui “I soggetti di cui all'art. 2 sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva.”),  “[…] appare astrattamente distinguibile in due parti. Una prima parte con la quale il legislatore si è limitato a prevedere l’obbligatorietà, per i soggetti di cui all’art. 2, delle norme dello Statuto, del Codice, delle NOIF nonché delle altre norme federali. In questo caso occorre individuare la norma dell’ordinamento sportivo violata. Una seconda parte in cui si fa invece riferimento ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva. Con tale riferimento il legislatore sportivo ha voluto introdurre una norma di chiusura onde poter sanzionare ogni comportamento contrario ai citati principi. La maggiore ampiezza dell’ambito applicativo dell’illecito sportivo rispetto all’illecito penale è funzionale a perseguire lo scopo specifico della sanzione disciplinare sportiva, ossia la generica prevenzione di condotte suscettibili di alterare il buon andamento della competizione atletica. Il perseguimento di tale obiettivo comporta non soltanto una compressione dei principi di materialità e colpevolezza, ma anche una declinazione maggiormente flessibile del principio di legalità, con particolare riguardo ai corollari della tassatività e determinatezza della disposizione sanzionatoria. L’ordinamento sportivo impone a tutti i soggetti appartenenti allo stesso l’osservanza dei principi etici, quali l’obbligo di lealtà, il fair play, la correttezza e la probità, nonché l’adozione di una condotta rispondente alla dignità dell’attività sportiva. La violazione di tali principi costituisce un grave inadempimento, meritevole di adeguate sanzioni e di importanza tale da colpire anche soggetti non più appartenenti all’ordinamento sportivo, per violazioni commesse in costanza di tesseramento. L’inosservanza dei principi etici costituisce quindi un potenziale presupposto di un procedimento disciplinare. Ne discende la configurabilità di una sanzione disciplinare anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico inadempimento ad una disposizione espressa. L’attività sportiva si fonda sul rispetto di canoni comportamentali di correttezza e lealtà, principi questi ultimi non suscettibili di essere circoscritti all’interno di fattispecie descritte secondo i criteri della precisione e della determinatezza”. (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 12/2021-2022). Con il che “La violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, il rispetto dei quali è imposto dall’art. 1 bis del Codice di giustizia sportiva della FIGC in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva, determina un’ipotesi di responsabilità residuale, a prescindere sia da uno specifico inadempimento dei doveri previsti dall’ordinamento sportivo, sia da un nesso di causalità tra il comportamento del deferito e specifici eventi dannosi” (Collegio di garanzia dello sport, Sez. II, n. 49/2016). Peraltro, l’autonoma portata precettiva dell’art. 4, comma 1, CGS relativamente all’obbligo di osservanza dei principi di lealtà, correttezza e probità si desume anche sulla base di una analisi meramente letterale del testo della disposizione la quale, diversamente da quanto ritenuto dalla decisione gravata (secondo cui “Nel Caso di specie, i dirigenti sono tenuti, in particolare, all’osservanza delle NOIF e delle direttive contenute nel C.U. n. 1 del Settore Giovanile e Scolastico con lealtà, correttezza e probità ”), utilizza significativamente la congiunzione “e” (e non già “con” come invece erroneamente affermato dal Tribunale), proprio a valorizzare l’enunciazione di un autonomo e concorrente obbligo per i soggetti parte dell’ordinamento giuridico federale di conformare le proprie condotte non soltanto ai puntuali precetti derivanti dalle disposizioni di settore ma anche ai generali predetti principi etici connotanti l’agere nell’ambito dell’ordinamento federale (in questo senso, si veda, ex multis, Corte federale d’appello, Sez. I, n. 38/2019-2020; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 69/2021-2022, secondo cui “Il dovere di comportarsi secondo il principio della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, rappresenta il principale parametro di condotta per tutti coloro che, a qualsiasi titolo, siano sottoposti all’ordinamento federale. L’obbligo in esame, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva (c.d. fair play), già sotto il vigore del Codice previgente ha assunto una dimensione più ampia, riferibile anche al di là dell’ambito della competizione sportiva e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una più generale regola di condotta in ambito associativo, alla cui osservanza sono tenuti tutti i soggetti comunque facenti parte dell’ordinamento federale, e tale da ricomprendere in essa ogni violazione delle generali regole di correttezza e di lealtà da parte di coloro che, a qualsiasi titolo, entrino in contatto con l’ordinamento federale”).

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0053/CFA del 03 Gennaio 2022 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione Tribunale Federale Nazionale della FIGC-Sezione Disciplinare n. 0057/TFNSD-2021-2022

Impugnazione – istanza: A.S. Sambenedettese S.r.l. – R.R. – G.C./Procura federale

Massima: L’art. 4, comma 1, C.G.S. è norma perfettamente autosufficiente. Come ampiamente motivato dal Tribunale di primo grado e dalla stessa giurisprudenza di questa Corte, richiamata solo parzialmente dai reclamanti, essa opera da norma di chiusura del sistema. La stessa decisione numero 47/CFA 2020-2021 del 9 settembre 2020 citata nel reclamo non porta alle conclusioni sostenute dai reclamanti, bensì esattamente a quelle opposte, là ove chiarisce che “il dovere di tenere una condotta rigorosamente ispirata ai principi della lealtà, della correttezza e della probità, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva in senso stretto (c.d. “fair play”), ha assunto una dimensione più ampia, che si estende anche oltre l’ambito della competizione sportiva in sé e per sé considerata e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all’attività sportiva (CFA, sez. I, n. 38- 2019/2020)”. L’esito della citata decisione è dunque nel principio per cui la “lealtà sportiva” costituisce “una clausola generale che si sostanzia, da un lato, in una regola di comportamento oggettivamente valutabile e, dall’altro, in un parametro di legittimità del comportamento in concreto tenuto da ciascun associato e affiliato all’ordinamento sportivo”. Non è dunque necessaria alcuna concorrente violazione di altra norma del C.G.S. perché possa dirsi violato il dovere di lealtà e correttezza. Un tale dovere è autonomamente e oggettivamente valutabile. E tanto più ciò è vero là ove, come nel caso in esame, sono anche direttamente violate norme di diritto comune che sono poste a presidio della corretta esecuzione della compensazione tra debiti e crediti di carattere fiscale o contributivo.

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