Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0064/CFA del 30 Gennaio 2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il CR Veneto pubblicata con il Com. Uff. n. 61 del 21 dicembre 2022

Impugnazione – istanza:  –  Procuratore federale interregionale/Sigg.ri M.S.-O.N.-A.S.D. Lions Villanova

Massima: ….il disposto dell’art. 4, comma 1, CGS (secondo cui “I soggetti di cui all'art. 2 sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva.”),  “[…] appare astrattamente distinguibile in due parti. Una prima parte con la quale il legislatore si è limitato a prevedere l’obbligatorietà, per i soggetti di cui all’art. 2, delle norme dello Statuto, del Codice, delle NOIF nonché delle altre norme federali. In questo caso occorre individuare la norma dell’ordinamento sportivo violata. Una seconda parte in cui si fa invece riferimento ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva. Con tale riferimento il legislatore sportivo ha voluto introdurre una norma di chiusura onde poter sanzionare ogni comportamento contrario ai citati principi. La maggiore ampiezza dell’ambito applicativo dell’illecito sportivo rispetto all’illecito penale è funzionale a perseguire lo scopo specifico della sanzione disciplinare sportiva, ossia la generica prevenzione di condotte suscettibili di alterare il buon andamento della competizione atletica. Il perseguimento di tale obiettivo comporta non soltanto una compressione dei principi di materialità e colpevolezza, ma anche una declinazione maggiormente flessibile del principio di legalità, con particolare riguardo ai corollari della tassatività e determinatezza della disposizione sanzionatoria. L’ordinamento sportivo impone a tutti i soggetti appartenenti allo stesso l’osservanza dei principi etici, quali l’obbligo di lealtà, il fair play, la correttezza e la probità, nonché l’adozione di una condotta rispondente alla dignità dell’attività sportiva. La violazione di tali principi costituisce un grave inadempimento, meritevole di adeguate sanzioni e di importanza tale da colpire anche soggetti non più appartenenti all’ordinamento sportivo, per violazioni commesse in costanza di tesseramento. L’inosservanza dei principi etici costituisce quindi un potenziale presupposto di un procedimento disciplinare. Ne discende la configurabilità di una sanzione disciplinare anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico inadempimento ad una disposizione espressa. L’attività sportiva si fonda sul rispetto di canoni comportamentali di correttezza e lealtà, principi questi ultimi non suscettibili di essere circoscritti all’interno di fattispecie descritte secondo i criteri della precisione e della determinatezza”. (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 12/2021-2022). Con il che “La violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, il rispetto dei quali è imposto dall’art. 1 bis del Codice di giustizia sportiva della FIGC in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva, determina un’ipotesi di responsabilità residuale, a prescindere sia da uno specifico inadempimento dei doveri previsti dall’ordinamento sportivo, sia da un nesso di causalità tra il comportamento del deferito e specifici eventi dannosi” (Collegio di garanzia dello sport, Sez. II, n. 49/2016). Peraltro, l’autonoma portata precettiva dell’art. 4, comma 1, CGS relativamente all’obbligo di osservanza dei principi di lealtà, correttezza e probità si desume anche sulla base di una analisi meramente letterale del testo della disposizione la quale, diversamente da quanto ritenuto dalla decisione gravata (secondo cui “Nel Caso di specie, i dirigenti sono tenuti, in particolare, all’osservanza delle NOIF e delle direttive contenute nel C.U. n. 1 del Settore Giovanile e Scolastico con lealtà, correttezza e probità ”), utilizza significativamente la congiunzione “e” (e non già “con” come invece erroneamente affermato dal Tribunale), proprio a valorizzare l’enunciazione di un autonomo e concorrente obbligo per i soggetti parte dell’ordinamento giuridico federale di conformare le proprie condotte non soltanto ai puntuali precetti derivanti dalle disposizioni di settore ma anche ai generali predetti principi etici connotanti l’agere nell’ambito dell’ordinamento federale (in questo senso, si veda, ex multis, Corte federale d’appello, Sez. I, n. 38/2019-2020; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 69/2021-2022, secondo cui “Il dovere di comportarsi secondo il principio della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, rappresenta il principale parametro di condotta per tutti coloro che, a qualsiasi titolo, siano sottoposti all’ordinamento federale. L’obbligo in esame, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva (c.d. fair play), già sotto il vigore del Codice previgente ha assunto una dimensione più ampia, riferibile anche al di là dell’ambito della competizione sportiva e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una più generale regola di condotta in ambito associativo, alla cui osservanza sono tenuti tutti i soggetti comunque facenti parte dell’ordinamento federale, e tale da ricomprendere in essa ogni violazione delle generali regole di correttezza e di lealtà da parte di coloro che, a qualsiasi titolo, entrino in contatto con l’ordinamento federale”).

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0053/CFA del 03 Gennaio 2022 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione Tribunale Federale Nazionale della FIGC-Sezione Disciplinare n. 0057/TFNSD-2021-2022

Impugnazione – istanza: A.S. Sambenedettese S.r.l. – R.R. – G.C./Procura federale

Massima: L’art. 4, comma 1, C.G.S. è norma perfettamente autosufficiente. Come ampiamente motivato dal Tribunale di primo grado e dalla stessa giurisprudenza di questa Corte, richiamata solo parzialmente dai reclamanti, essa opera da norma di chiusura del sistema. La stessa decisione numero 47/CFA 2020-2021 del 9 settembre 2020 citata nel reclamo non porta alle conclusioni sostenute dai reclamanti, bensì esattamente a quelle opposte, là ove chiarisce che “il dovere di tenere una condotta rigorosamente ispirata ai principi della lealtà, della correttezza e della probità, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva in senso stretto (c.d. “fair play”), ha assunto una dimensione più ampia, che si estende anche oltre l’ambito della competizione sportiva in sé e per sé considerata e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all’attività sportiva (CFA, sez. I, n. 38- 2019/2020)”. L’esito della citata decisione è dunque nel principio per cui la “lealtà sportiva” costituisce “una clausola generale che si sostanzia, da un lato, in una regola di comportamento oggettivamente valutabile e, dall’altro, in un parametro di legittimità del comportamento in concreto tenuto da ciascun associato e affiliato all’ordinamento sportivo”. Non è dunque necessaria alcuna concorrente violazione di altra norma del C.G.S. perché possa dirsi violato il dovere di lealtà e correttezza. Un tale dovere è autonomamente e oggettivamente valutabile. E tanto più ciò è vero là ove, come nel caso in esame, sono anche direttamente violate norme di diritto comune che sono poste a presidio della corretta esecuzione della compensazione tra debiti e crediti di carattere fiscale o contributivo.

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