Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 142/TFN - SD del 29 Marzo 2023  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: Deferimento n. 21273/68pf22-23/GC/CAMS/ep del 9 marzo 2023, depositato il 13 marzo 2023, nei confronti della società SSDRL Cattolica Calcio 1923 SG - Reg. Prot. 138/TFN-SD

Massima: A seguito di patteggiamento ex art. 127 CGS la società è sanzionata con punti 1 di penalizzazione in classifica, da scontarsi nel corso della corrente stagione sportiva ed € 400,00 a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell'art. 6, comma 1 del CGS, per il comportamento posto in essere dal proprio presidente

Decisione C.F.A. – Sezione I: Decisione pubblicata sul CU n. 0080/CFA del 13 Marzo  2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato regionale Campania, pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 27 del 26.1.2023 e notificata in data 27.1.2023

Impugnazione – istanza:  – Procura Federale Interregionale/sig. A.M.- A.S.D. Atletico Faiano

Massima: L’accertamento della responsabilità del sig. …, al tempo tesserato della A.S.D. Atletico Faiano, impone ora di esaminare la sussistenza dei presupposti per affermare, come richiede il reclamo della Procura Federale Interregionale reiterando quanto già richiesto in primo grado, la responsabilità della A.S.D. Atletico Faiano ai sensi dell’art. 6, 2° co., C.G.S. In base a tale norma, relativa alla responsabilità dei sodalizi sportivi, la società – termine che alla luce dell’art. 1, 2° co., C.G.S. indica sia le società che le associazioni sportive – «risponde ai fini disciplinari dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 2, comma 2». Si tratta, alla luce dei testi degli artt. 6 e 7 del vigente C.G.S., non già di una responsabilità oggettiva come prospettano la decisione di primo grado e il reclamo della Procura Federale Interregionale, ma di un’ipotesi di responsabilità aggravata, dal momento che la società secondo l’art. 7 può fornire, al fine di escludere o attenuare la propria responsabilità, la prova di aver adottato le misure preventive a cui la norma, mediante rinvio all’art. 7, 5° co., dello Statuto FIGC, fa riferimento (e la cui valutazione è rimessa all’Organo di giustizia). Come è stato più volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il nuovo C.G.S. della FIGC ha segnato, attraverso i nuovi artt. 6 e 7, il passaggio dal precedente sistema della responsabilità oggettiva (che già aveva incontrato alcuni temperamenti, cfr. CFA, SS.UU., n. 13/2019-2020; CFA, Sez. III, n. 124/2015-2016; CFA, Sez. I, n. 21/2014-2015), a quello della responsabilità aggravata o presunta (cfr. CFA, SS.UU., n. 58/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 77/2021-2022; CFA, Sez. III, n. 82/2021-2022). L’art. 4, 2° co., del previgente C.G.S. prevedeva la responsabilità oggettiva della società, perché prescindeva dall’accertamento dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa e si fondava, da un lato, sul principio ubi commoda, ibi et incommoda (CFA, SS.UU., n. 101/2017-2018), che comporta la responsabilità della società «per la semplice ricorrenza del nesso formale che lega il tesserato responsabile di un’infrazione dei precetti disciplinari e la società cui è contrattualmente legato, all’accertata condizione che l’infrazione stessa sia commessa durante, o trovi causa o possibilità di esplicazione nella prestazione sportiva cui il tesserato è tenuto» (Corte di giustizia federale, SS.UU., n. 43/2011-2012); e dall’altro, sull’esigenza di rendere effettivo l’impegno delle società nel garantire il corretto svolgimento delle competizioni e prevenire il compimento di illeciti che alterino lo svolgimento della competizione sportiva (Corte Sportiva d’Appello Nazionale, Sez. III, n. 102/2019-2020). Sotto il vigente C.G.S., la responsabilità della società ex art. 6, 2° co., configura, invece, una fattispecie di responsabilità aggravata, che si affianca alla responsabilità dell’autore materiale dell’atto, quando la condotta disciplinarmente rilevante del tesserato è stata tenuta nell’ambito della sfera di azione della società, dunque in un ambito riconducibile all’espletamento di attività sportiva. La responsabilità ex art. 6, 2° co., si fonda su un criterio di imputazione che, a differenza di quanto avveniva nel sistema previgente, non prescinde dall’elemento soggettivo ma determina soltanto una presunzione di responsabilità per colpa. In questo mutato contesto la società può provare la scriminante o l’attenuante di cui all’art. 7 C.G.S. (cfr. CFA, SS.UU., n. 58/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 77/2021-2022). Nel caso di specie, tuttavia, la A.S.D. Atletico Faiano nulla ha dedotto al riguardo nella memoria difensiva di primo grado; e nel presente grado di giudizio la volontaria contumacia ha precluso alla stessa di fornire la eventuale prova di cui all’art. 7 C.G.S., volta a superare la presunzione di colpa o ad attenuare gli effetti della responsabilità. La A.S.D. Atletico Faiano, qualora si fosse costituita e difesa, avrebbe potuto produrre nel giudizio di reclamo, in forza dell’art. 101, 3° co., C.G.S., i documenti utili ai fini dell’art. 7 C.G.S. Una produzione documentale non preclusa, sia perché nel precedente grado di giudizio la A.S.D. Atletico Faiano si era costituita e non era rimasta del tutto inerte, ma si era comunque difesa seppure sulla base della qualificazione della responsabilità come oggettiva (cfr. sulla preclusione per la parte rimasta inerte nel precedente grado CFA, SS.UU., n. 115/20202021; CFA, Sez. I, n. 62/2019-2020); sia perché nel caso di specie non avrebbe operato il divieto dei nova, dal momento che l’eccezione fondata sull’art. 7 C.G.S. non avrebbe rappresentato un’eccezione nuova, ma un’eccezione conseguente alla diversa qualificazione giuridica della responsabilità da oggettiva, come era stata qualificata in primo grado e nello stesso atto di deferimento, ad aggravata, come è stata ritenuta da questa Corte. Soltanto dopo quella allegazione e prova la Corte avrebbe potuto, come richiede l’art. 7 C.G.S., valutare l’adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all’art. 7, 5° co, dello Statuto FIGC (cfr. CFA, SS.UU., n. 58/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 77/2021-2022). In mancanza non si può ritenere superata la presunzione di colpa. Anche se nel caso di specie non è stata superata, per le ragioni appena chiarite, la presunzione di colpa che discende dall’art. 6, 2° co., C.G.S. a carico della A.S.D. Atletico Faiano, la Corte al fine individuare la sanzione, in mancanza della determinazione edittale della stessa, deve operare secondo il criterio dell’equità (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n. 50/2016) ed osservare, nella sua concreta determinazione, i criteri della gradualità e della proporzionalità della pena, senza operare una mera trasposizione sulla A.S.D. Atletico Faiano della responsabilità del tesserato. Già nel sistema della responsabilità oggettiva delle società si richiedeva la graduazione della pena e non la mera trasposizione della responsabilità nei confronti della società responsabile (cfr., ex multis, CFA, Sez. I, n. 77/2021-2022; Id., n. 114/2019-2020; Id., n. 90/2019-2020). Tale criterio, quale principio generale, deve tanto più valere nell’attuale sistema della responsabilità aggravata (o della colpa presunta) e resta chiaramente distinto dalla riconoscibilità della scriminante o dell’attenuante di cui all’art. 7, che nel caso in esame non risulta eccepita e provata né in primo grado, né nel presente grado di giudizio, vista la contumacia della A.S.D. Atletico Faiano. Per le ragioni appena indicate, questa Corte ritiene equa e proporzionata la irrogazione alla A.S.D. Atletico Faiano della sanzione dell’ammenda pari ad € 800,00

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 107/TFN - SD del 23 Gennaio 2023  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: Deferimento n. 14632/581bis pf21-22/GC/CAMS/mg del 16 dicembre 2022 nei confronti del sig. P.A. - Reg. Prot. 100/TFN-SD

Massima: Prosciolto il Vice Presidente della società dall’accusa di “violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità stabiliti dall’art. 4, comma 1, del CGS, in relazione agli articoli 37, comma 1, delle N.O.I.F., e 32, comma 2, del CGS., per aver consentito o comunque non impedito al Sig. P., già Presidente per la SSDARL Aprilia Calcio, di rivestire nelle stagioni sportive 2018/19, 2019/20 e 2020/21, il ruolo di “Presidente di fatto” in favore della Società ASD Aprilia Racing, nonostante il ruolo di “Presidente ufficiale” rivestito dal sig. M. R., consentendo o comunque non impedendo al … di provvedere in tale veste fattuale ad assumere ogni decisione finale relativa all’organizzazione societaria, e, tra l’altro, anche quelle relative agli accordi economici ed al tesseramento delle calciatrici ….., di conseguenza personalmente consentendo o comunque non impedendo, peraltro, l’alterazione in sfavore delle atlete della documentazione depositata in Federazione e riferibile a tali attività per le predette, anche nei contenuti economici, rispetto a quella inizialmente dalle stesse visionata, approvata e sottoscritta, financo per mezzo di firme apocrife riferibili alle posizioni delle calciatrici ……”….Infatti, nel procedimento originario, dal quale il presente è stato stralciato, in relazione al medesimo atto d’incolpazione il segretario dell’ASD Aprilia Racing è stato prosciolto, sia perché “la condotta che sarebbe stata omessa non è prevista da alcuna norma”, sia in quanto in capo allo stesso non sarebbe stata configurabile “una posizione di garanzia, tale da individuare, in capo allo stesso, un obbligo giuridico di impedire l’evento”, ovvero “un potere impeditivo dell’evento” (TFN, 22.12.2022, n. 102 del 2022-2023). In particolare, con quest’ultima sentenza è stato condivisibilmente affermato: “L’imputazione è, dunque, stata formulata in termini di condotta omissiva. È noto che una condotta omissiva potrà aver rilievo solo nel caso in cui, indipendentemente dal verificarsi di un determinato evento, a carico del soggetto che ha posto in essere detta condotta, sussista un obbligo giuridico di intervenire, in altri termini, la condotta si sostanzia nel non compimento, da parte di un soggetto, di una determinata azione, che era da attendersi in base ad una norma (omissione propria); ovvero allorquando il soggetto abbia in capo a sé la cd. "posizione di garanzia", ossia, in ragione della sua prossimità con il bene da tutelare, sia titolare di poteri ed obblighi che gli consentano e gli impongano di attivarsi onde evitare la lesione o messa in pericolo del bene giuridico la cui integrità lo stesso è tenuto a garantire (omissione impropria). Ciò in virtù dell'art. 40, comma 2, c.p., secondo cui "non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. La posizione di garanzia può avere la sua fonte in una legge, in un contratto e può essere generata non solo da un'investitura formale, ma anche dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente, consistente nella presa in carico del bene protetto (Cass. 12 gennaio 2016, n. 20050). La posizione di garanzia richiede, inoltre, l'esistenza in capo al garante di concreti poteri impeditivi dell'evento. Va evidenziato, inoltre, che, proprio nel caso di omissione impropria, non solo è necessario il verificarsi dell’evento dannoso, ma deve sussistere una rigorosa prova in ordine al rapporto di causalità, nel senso che occorre dimostrare che l’evento non si sarebbe verificato laddove l’agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli. Alla stregua di tali principi, il Tribunale ritiene non sussistere, a carico del sig. …, una responsabilità per i fatti contestati con il primo capo di incolpazione”. Orbene sulla base dei seguenti principi appare evidente che alcuna responsabilità può essere imputata al sig. …. per i fatti contestati con il deferimento. Sotto un primo profilo, infatti, la condotta che sarebbe stata omessa non è imposta, né prevista da alcuna norma federale. In secondo luogo, non è stato dimostrato (né dedotto) dalla Procura Federale, nonostante il precedente richiamato, che in capo al deferito sia configurabile una posizione di garanzia. Il vice presidente, infatti, ha ordinariamente un mero ruolo vicario del Presidente, che sostituisce soltanto in caso di sua assenza. Né la Procura Federale ha dedotto (o dimostrato) che nel caso di specie il sig. …. avrebbe avuto un potere impeditivo degli eventi oggetto di contestazione, di cui non è stata neppure provata la conoscenza. Per i motivi sopra esposti il deferimento non può essere accolto.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 121/TFN - SD del 2 Febbraio 2023  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: Deferimento n. 13962/43pf 22-23/GC/SA/mg del 7 dicembre 2022, nei confronti del sig. S.C. e della società AC Prato - Reg. Prot. 97/TFN-SD

Massima: ….deve rilevarsi, come rilevato anche in alcuni precedenti della Corte Federale d’Appello, che la responsabilità imputata al Presidente di una società per il fatto commesso da un componente della stessa compagine sociale non è una responsabilità oggettiva in senso stretto, prescindente, in quanto tale, da qualsiasi nesso di causalità con il fatto illecito e dall’elemento soggettivo del dolo o della colpa (CFA, decisione n. 63/CFA/2021-2022). Ed invero, onde evitare forme di pura responsabilità di posizione (ammissibili, a tutto voler concedere, solo nell’ambito dell’illecito civilistico) è necessario che, in relazione a fatti da cui sia scaturita la violazione delle norme dell’ordinamento federale commessi da parte di esponenti della società, possa affermarsi, quale elemento minimo di imputazione della responsabilità disciplinare in capo al legale rappresentante della società, la conoscenza o, quanto meno, la colpevole ignoranza degli stessi fatti da parte di quest’ultimo, con conseguente violazione degli obblighi di garanzia del rispetto dei principi di lealtà, probità e correttezza da parte dei componenti della società derivanti proprio dall’assunzione della funzione di Presidente della compagine sociale (cfr. CFA, decisione n. 63/CFA/2021-2022).

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n.85/TFN - SD del 21 Novembre 2022  (motivazioni)

Impugnazione –   Deferimento n. 9731/44pf22-23 GC/SA/mg depositato il 21 ottobre 2022 nei confronti della società ASD Città di Varese - Reg. Prot. 72/TFN-SD

Massima: La società va prosciolta per la condotta ascitta al proprio tesserato che aveva falsamente attestato, all’atto della richiesta di iscrizione nel Registro dei Collaboratori della gestione sportiva presentata il 3.5.2022, di non aver riportato condanne a pena detentiva per delitto non colposo, mentre aveva riportato una condanna per il reato di istigazione a delinquere per cui gli era stata inflitta la pena di nove mesi di reclusione….Costituiscono elementi di fatto pacificamente acquisiti al procedimento che il sig. …, già ammesso a partecipare al corso per l’abilitazione quale Collaboratore della gestione sportiva per la Regione Lazio, acquisita l’abilitazione, abbia successivamente richiesto l’iscrizione nell’apposito Registro presso la Commissione Dirigenti e Collaboratori Sportivi. Sia al momento della richiesta di partecipazione al corso, che al momento della richiesta di iscrizione nell’apposito Registro, così come previsto dai CC.UU. nn. 255 e 285/2021-2022, il … autocertificava di non avere riportato condanne a pene detentive per reati non colposi e, comunque, allegava ad entrambe le richieste, formalità pure prevista dai citati CC.UU., il certificato del casellario giudiziario da cui risultava la precedente condanna.Il … accedeva al corso nel momento in cui era già tesserato per la soc. ASD Città di Varese (v. all.to Procura federale n. 2- pagg. 34-35). La richiesta di partecipazione al corso avveniva su segnalazione della società, cui il … prestava adesione; tale modalità era consentita dal CU n. 255/2021-2022 in quanto, stante il limitato numero di posti disponibili, il tesseramento in corso sarebbe stato considerato titolo preferenziale, a parità di altri titoli, per l’ammissione al corso. Il …, dunque, avrebbe potuto accedere al corso anche in assenza di segnalazione della società e, per quanto qui possa occorrere, nella specie non è stato dedotto o allegato che ove il suo nominativo non fosse stato segnalato dalla società l’accesso gli sarebbe stato precluso, in quanto non è dato sapere il numero di richieste di partecipazione pervenute. Ad ogni modo, alla società non era richiesta alcuna attività di controllo preventivo.  Ed infatti, per l’omessa dichiarazione in ordine alla esistenza di una condanna in sede penale, pur in presenza del certificato rilasciato dal casellario giudiziario, il procedimento avviato nei confronti del … (che ha chiesto l’applicazione di una sanzione ai sensi dell’art. 126, CGS-FIGC) vede oggi coinvolta la società, non per responsabilità diretta, perché omessa una qualunque attività di vigilanza e/o controllo, bensì per responsabilità oggettiva ex art. 6, comma 2, CGS-FIGC secondo cui “la società risponde ai fini disciplinari dell'operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all'art. 2, co. 2”. A ben vedere, però, la mancanza della qualità di tesserato tra le condizioni richieste per accedere al corso evidenzia già la mancanza di un collegamento necessario tra il comportamento del …e la sua qualità di tesserato. Ad ogni buon conto, il capo d’incolpazione attiene alla condotta del sig. … in sede di richiesta di iscrizione nel Registro dei Collaboratori della gestione sportiva, non già alla condotta di questi al momento della richiesta di ammissione al Corso, circostanza che accentua la mancanza di un qualunque collegamento necessario tra il comportamento del tesserato e l’attività propria della società e dunque l’assenza, per quest’ultima, di ogni genere di commoda e/o incommoda connessi al comportamento del predetto. Affinché del comportamento del tesserato la società possa essere chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva, in disparte ogni meccanico automatismo, invero, si richiede “che quel comportamento afferisca al ruolo del tesserato nell’ambito proprio della Società, nel senso che ne costituisca esplicazione, oppure che quel ruolo abbia rappresentato causa necessaria o quanto meno occasione necessaria del comportamento, ovvero che, sussistendo quel comportamento tenuto nell’esercizio del ruolo come sopra delineato, esso si sia risolto in un vantaggio per la società” (Decisione n. 93/TFN-SD-2021-2022). Tanto, non perché nell’attuale previsione dell’art. 6, co. 2, CGS in cui è stato parzialmente trasfuso il precedente art. 4, co. 2, non vi è più l’espresso riferimento alla responsabilità oggettiva (le società rispondono oggettivamente…), continuando questo istituto a rappresentare un caposaldo dell’ordinamento sportivo, quanto perché, come evidenziato anche dalla Dottrina, ferma “la tradizionale ripartizione tra responsabilità diretta, oggettiva e presunta”, stante l’afflittività delle sanzioni comminabili, occorre “interrogarsi, oltre che sulla loro utilità in funzione di prevenzione degli illeciti, trattandosi di ipotesi di responsabilità automatica che operano a prescindere dall’accertamento di una colpevolezza e, quindi, di una rimproverabilità dell’ente, sulla loro compatibilità con principi e valori cardine del sistema ordinamentale, in particolare, il principio di colpevolezza (art. 27 cost.), il diritto di difesa e di azione (art. 24 cost.) e le garanzie del giusto processo (art. 11 cost.)”. A tale proposito, specie con riferimento al principio della colpevolezza, questo Collegio non ignora quanto affermato da CFA-S.U. con la decisione n. 58/2021-2022, secondo cui la fattispecie della responsabilità oggettiva deve ritenersi integrata tutte le volte in cui il fatto sia previsto e punito dal codice di giustizia sportiva, sia stato commesso da parte dei tesserati dirigenti, soci, sostenitori, ecc. della società e sia imputabile al suo autore a titolo di colpa o dolo. Pur tuttavia, nella fattispecie in esame, siamo in presenza di una scelta individuale del soggetto, idonea a produrre effetti unicamente nell’ambito della sfera personale dello stesso, senza ripercussioni di sorta sulla società, non potendosi quindi nemmeno presumere la “ricorrenza del nesso eziologico, quale vincolo di occasionalità necessaria tra il fatto dannoso e le mansioni […]” (CFA-S.U., cit.), presunzione che, ove ritenuta sussistente, avrebbe richiesto la prova da parte dell’ASD Città di Varese che il fatto commesso dal tesserato “non era in rapporto neppure di occasionalità con le mansioni da lui svolte” (CFA-S.U., cit.).

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 12/TFN - SD del 1 Agosto 2022  (motivazioni)

Impugnazione - Deferimento n. 762/568pf 21-22/GC/SA/mg dell'8 luglio 2022 nei confronti del sig. O.K. e della società USD Brianza Olginatese - Reg. Prot. 5/TFN-SD

Massima: La società è sanzionata con l’ammonizione per la violazione ascritta al proprio calciatore (non giudicato per difetto di notifica) ritenuto responsabile della violazione di cui agli artt. 4, comma 1 e 32 CGS in relazione all’art. 40, comma 6, NOIF, perché, in occasione della richiesta di tesseramento in favore della Società USB Brianza Olginatese, aveva rilasciato una dichiarazione mendace in punto di non essere mai stato tesserato per una Federazione estera….Occorre, tuttavia, valutare la condotta del sig. O., sebbene in via incidentale, per poter sindacare la contestata responsabilità oggettiva alla società USB Brianza Olginatese.

Decisione C.F.A. – Sezione I: Decisione pubblicata sul CU n. 0007/CFA del 18 Luglio 2022 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Toscana di cui al Com. Uff. n. 94 del 1.06.2022

Impugnazione – istanza: Sig. R.F. - Sig. A.A. - Sig. A.R. - Sig. L.V./Procura Federale

Massima: Ritiene il Collegio, al riguardo, di confermare la statuizione di condanna resa dal Tribunale, sia pure dovendo modificare il titolo di responsabilità, che effettivamente non va individuato nell’articolo 6 CGS, impropriamente richiamato nella decisione reclamata, ma nell’articolo 4 CGS, in relazione ai doveri di lealtà, correttezza e probità. Si richiama, sul punto, il precedente costituito dalla decisione n. 63/CFA/2021-2022, con la quale questa stessa Sezione I della Corte d’Appello Federale ha avuto modo di affermare il principio secondo cui “La responsabilità imputata al Presidente di una società… non è una responsabilità oggettiva in senso stretto, che prescinde cioè da qualsiasi nesso di causalità con il fatto illecito dall’elemento soggettivo del dolo o della colpa. Lo status di Presidente di una società si caratterizza non solo quale espressione della rappresentanza della società stessa nei confronti di tutti gli altri soggetti dell’ordinamento sportivo con cui essa è destinata ad entrare in contatto (secondo un logico criterio di imputazione dei fatti e degli effetti, anche con funzione di semplificazione dei rapporti stessi), ma anche quale funzione di garanzia che la figura del Presidente assume nei confronti dell’ordinamento sportivo tutto (e dei suoi soggetti) del rispetto da parte dei tesserati della società (e di coloro che agiscono per conto e/o nell’interesse della società, anche senza esserne tesserati) degli obblighi di lealtà, correttezza e probità. La responsabilità del Presidente non è pertanto una responsabilità oggettiva in senso stretto, priva cioè di qualsiasi elemento soggettivo, ma è piuttosto una responsabilità in cui l’elemento soggettivo è agevolmente rinvenibile non tanto nella c.d. culpa in eligendo (nella scelta di fatto di un soggetto che ha agito nell’interesse della società) o nella c.d. culpa in vigilando (nel non aver controllato che il comportamento dell’extraneus fosse conforme e coerente con la disciplina dell’ordinamento sportivo, nel caso di specie per la carenza di un contratto formale di sponsorizzazione, per la mancanza di documenti contabili idonei a dar conto della corretta gestione del rapporto contrattuale con il tecnico), quanto piuttosto nella violazione degli obblighi di garanzia del rispetto dei principi di lealtà, probità e correttezza da parte dei componenti della società (e di coloro, anche non tesserati, che hanno agito in nome o nell’interesse della stessa) derivanti proprio dall’assunzione della predetta funzione di Presidente”.

Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0077/CFA del 21 Aprile 2022 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Marche Com. Uff. n. 181, pubblicato il 14.03.2022

Impugnazione – istanza: A.S.D. Pinturetta Falcor

Massima: Orbene, l’articolo 6 del codice, rubricato responsabilità delle società, al comma 2, prevede che le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 2, comma 2. Ritiene, pertanto, il Collegio, di poter riaffermare i principi consolidati ai quali si è ispirata, anche recentemente, questa Corte su tale forma di responsabilità (cfr. Corte federale d’appello, Sez. 1^, n. 90/2019-2020 e, da ultimo, Sez. Un. n. 58/2021-2022). In particolare è stato considerato che: - la responsabilità oggettiva è l’architrave della giustizia sportiva; tale responsabilità è posta alla base di numerose decisioni emesse dagli Organi di Giustizia Sportiva e la sua caratteristica è rappresentata dal fatto che la società di calcio risponde, disciplinarmente, a prescindere dalla colpa o dal dolo (CFA n. 124/2015-2016); - nell’ambito dell’ordinamento sportivo la larga utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlata a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti; l’ordinamento sportivo, del resto, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie (CGF n. 56/2011-2012; CFA n. 78/2017-2018; CFA n. 33/2017-2018); - tale responsabilità opera, per sua natura, per la semplice ricorrenza del nesso formale che lega il tesserato responsabile di un’infrazione dei precetti disciplinari e la società cui è contrattualmente legato, all’accertata condizione che l’infrazione stessa sia commessa durante, o trovi causa o possibilità di esplicazione nella prestazione sportiva cui il tesserato è tenuto; nessuna delle forme di elemento soggettivo (dolo o colpa) necessarie per integrare le figure tipiche della responsabilità previste da altri rami dell’ordinamento di diritto comune è prevista in ambito sportivo; del resto, lo stesso ordinamento civilistico conosce fattispecie di affermazione di responsabilità prescindendo dal dolo o dalla colpa, in considerazione del bene protetto o della natura intrinsecamente rischiosa dell’attività imprenditoriale esercitata (CGF n. 43/2011/2012); - la responsabilità oggettiva trova fondamento nella centralità assunta nel diritto sportivo dal principio di precauzione, che impone l’adozione delle misure idonee, prima che a sanzionare, a prevenire la possibilità di commissione di illeciti che influiscano negativamente sul corretto svolgimento dell’attività sportiva; non trattandosi di culpa in vigilando è irrilevante che la società non abbia potuto impedire in alcun modo il fatto dannoso o che il relativo autore non abbia, in astratto, alcun collegamento con la squadra; la responsabilità non è esclusa anche nel caso in cui i comportamenti ritenuti illeciti siano stati commessi da un proprio tesserato in assenza di un coinvolgimento della stessa e per fatti riguardanti l’attività di altre società, anche laddove i medesimi comportamenti illeciti siano stati addirittura controproducenti per le sorti della società stessa; nella responsabilità oggettiva vale infatti anche il cd. principio di prevenzione, per cui l’esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è prevalente rispetto al criterio di imputazione della responsabilità a carico della società calcistica; tali assiomi svolgono altresì il compito di responsabilizzare le società in modo che pongano in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare che accadano fatti reputati illeciti dall’ordinamento sportivo e scelgano con accortezza i propri tesserati, al fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi (CFA nn. 68 e 69/2019-2020); - la sussistenza di tale responsabilità non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati; e questo soprattutto in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato (CGF n.56/2011-2012); - dal confronto tra l’art. 4, commi 2 e 3 del soppresso CGS e l’art. 6, commi 2 e 3 del CGS in vigore emerge la soppressione del termine “oggettivamente”; il nuovo art. 7 del CGS, che si applica a tutte le ipotesi di cui all’art. 6, rubricato “Scriminante o attenuante della responsabilità della società”, prevede che il Giudice Sportivo, al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società, valuti l’adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all’art. 7, comma 5 dello Statuto FIGC. In attuazione di tale ultima disposizione, il Consiglio Federale ha approvato le linee guida (C.U. n. 131/L del 4 ottobre 2019), dettando una serie principi ai quali le società dovranno attenersi nell’adozione di c.d. “Modelli di prevenzione”. Il rispetto delle linee guida consente di accertare un’assenza di colpa in capo alle società. Queste ultime dovranno, dunque, provare di aver attivato ed effettivamente, correttamente ed appropriatamente utilizzato un modello organizzativo ed un organismo di vigilanza, controllo e prevenzione tali, da consentire da un esame concreto della fattispecie un esimente o attenuazione di responsabilità. Si tratta di un modello di responsabilità (che ha riscontri anche nell’ordinamento civile ex artt. 2047 e 2048 c.c. al pari della responsabilità della PA per atto illegittimo) in cui si presume la sussistenza dell’elemento soggettivo fino a prova contraria fornita dalla società. Si verifica, quindi, un’inversione dell’onere della prova, atteso che non è l’organo inquirente a dover provare la colpa della società, ma è quest’ultima, che per andare esente da responsabilità, deve provare l’assenza di colpa. (CFA, Sez. Un. n. 58/2021-2022); - l’art. 6, commi da 2 a 4 del CGS in vigore configura un sistema basato su una forma di attribuzione della responsabilità meno rigida, ancorata alla c.d. “colpa organizzativa”. Il modello, sottoposto al vaglio del giudice, dovrà essere esaminato da quest’ultimo al fine di verificare se vi sia stata un’incapacità della società nel prevenire l’illecito che si è verificato. L’accertamento circa un eventuale deficit organizzativo rispetto ad un “modello di diligenza esigibile” configurerà quella rimproverabilità posta a fondamento della fattispecie sanzionatoria; si passa da una responsabilità oggettiva in senso stretto o assoluta a quella che si definisce “semi-oggettiva” o “aggravata”, perché a “colpa presunta”. La mancata adozione del modello organizzativo da parte della società, qualifica la sua responsabilità quale oggettiva in senso stretto, mentre laddove viene adottato se ne verifica un suo affievolimento, demandandosi agli organi di giustizia sportiva la verifica in concreto se il modello adottato e le relative cautele prese possano costituire un esimente o un’attenuazione della responsabilità ex art. 7 CGS. Ove tale accertamento risulti negativo, riespande anche in tal caso la responsabilità di tipo oggettivo. (CFA, Sez. Un. n. 58/2021-2022); Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, non può dubitarsi che debba essere dichiarata la responsabilità della società in relazione al fatto contestato ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del CGS, a nulla rilevando la circostanza, di mero fatto, del non essersi il sodalizio sportivo avvalso della prestazione sportiva del calciatore, ciò potendo al più incidere in relazione alla graduazione della sanzione. In ogni caso, fermi i descritti principi in tema di responsabilità oggettiva o semi-oggettiva, nel caso di specie può invero comunque individuarsi un profilo di responsabilità colposa in capo alla società, consistente nel non avere operato il controllo sulla dichiarazione del calciatore, come invece, rileva la Procura, sarebbe stato ben possibile interpellando “preventivamente gli uffici della F.I.G.C, territoriali o nazionali, prima di richiedere il tesseramento del calciatore”. In senso conforme questa CFA ha già avuto modo di pronunciarsi, proprio con i due precedenti citati in precedenza (CFA nn. 68 e 69/2019-2020), con i quali è stato rilevato (con riferimento a vicende sostanzialmente corrispondenti a quella ora in discussione), che “l’onere di verifica richiesto alla società” non fosse “inesigibile o di impossibile adempimento, posto che la società avrebbe potuto chiedere informazioni alle federazioni nazionali per ottenere informazioni o una verifica istruttoria sullo status del calciatore”. In ciò risiede dunque, e in ogni caso, la responsabilità colposa della società, che ha dato corso alla richiesta di tesseramento del calciatore senza avere previamente verificato che la situazione dell’atleta fosse effettivamente quella dichiarata ai sensi dell’articolo 40, comma 6, delle NOIF.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0058/CFA del 17 Gennaio 2022 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare n. 66 del 02.12.2021

Impugnazione – istanza: ASD CORMAR FUTSAL POLISTENA

Massima: Il “thema decidendum” ruota intorno al ruolo ed alla natura della responsabilità della società come declinata dagli artt. 6 e 7 CGS, ragion per cui si impone un’analisi di dettaglio delle suddette disposizioni. L’art. 6 del Codice assurge a referente di carattere generale per quanto concerne la responsabilità disciplinare dei sodalizi sportivi scaturente dalla inosservanza dei comportamenti imposti dalla normativa di settore per assicurare la salvaguardia e la conservazione dei valori fondamentali che informano lo sport e la sua pratica. Sotto il profilo soggettivo la norma si impone non solo alle società sportive che militano nei campionati professionistici aventi la forma di società di capitali con finalità lucrative, ma anche le società dilettantistiche ed amatoriali, aventi generalmente la forma di associazioni non riconosciute. 1) Il primo comma, configura la responsabilità c.d. “diretta” della società la quale “risponde direttamente dell’operato di chi la rappresenta ai sensi delle norme federali”. Essa trova in tutta evidenza fondamento nel rapporto di immedesimazione organica che lega il sodalizio sportivo a (colui o) coloro che, al suo interno, sono investiti del potere di agire in nome di questo. Affinché la responsabilità possa trasmettersi e risalire dal rappresentante al rappresentato non è necessaria alcuna indagine circa l’effettiva utilità per l’ente della condotta antisportiva (che si presume iuris et de iure). Tale ipotesi di responsabilità è stata sempre inquadrata dalla giurisprudenza sportiva come ipotesi di responsabilità oggettiva, salvo quanto si dirà in seguito in ordine all’art. 7 del CGS, sulla scorta del fatto che essa derivava automaticamente e oggettivamente da quella personale dell’autore materiale dell’infrazione, per di più senza che si dessero margini per dimostrare l’assenza di profili di colpa. 2) Le tre ipotesi distribuite nei commi 2, 3 e 4, sono state tradizionalmente attratte al modello della “responsabilità oggettiva” in quanto esponevano il sodalizio a conseguenze sanzionatorie per atti o fatti riferibili a soggetti «interni» o «esterni» alla propria struttura/organizzazione senza però riconoscere rilievo alcuno all’elemento soggettivo. 3) Infine, ai sensi del comma 4, i club calcistici sono tenuti a garantire e, in difetto, a rispondere della violazione delle norme in materia di ordine e sicurezza per fatti accaduti prima, durante e dopo lo svolgimento della gara, sia all’interno del proprio impianto sportivo, sia nelle aree esterne immediatamente adiacenti. Tale ipotesi delinea una fattispecie di responsabilità c.d. “presunta”, connotata da una presunzione di tipo relativo, superabile quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito. Premesso questo inquadramento, in relazione al giudizio di che trattasi, appare necessario un approfondimento in ordine all’ipotesi di responsabilità della società ex comma 2 dell’art. 6, CGS. Il ricorso al regime della responsabilità oggettiva (a sostegno della legittimità del quale si invoca anche il principio ubi commoda, ibi et incommoda), nell’ordinamento sportivo muove dall’intenzione di indurre le società a porre in essere tutti quegli accorgimenti che possano essere considerati idonei a prevenire il verificarsi di fatti pregiudizievoli. Si rammenta che anche l’ordinamento civilistico conosce varie fattispecie di affermazione di responsabilità che prescindono dal dolo o dalla colpa, in considerazione del bene protetto o della natura intrinsecamente rischiosa dell’attività imprenditoriale esercitata. Ebbene, nell’ordinamento sportivo tale scelta scaturisce dall’esigenza di proteggere gli scopi fondamentali verso i quali è indirizzato lo sport, così da assicurare il pacifico svolgimento dell’attività sportiva e al tempo stesso garantire la regolarità delle competizioni agonistiche. Non si persegue, dunque, uno scopo punitivo, bensì il giusto equilibrio dei valori che determinano il risultato sportivo; la sanzione disciplinare non è rivolta a colpire soggettivamente la società, ma a mutare oggettivamente una situazione di fatto verificatasi contro e nonostante le regole dell’ordinamento sportivo. A tale proposito, il Collegio di Garanzia dello Sport ha richiamato il “principio di precauzione”, in forza del quale l’esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è così forte che “il criterio di imputazione della responsabilità, a carico della società calcistica, è talmente severo e rigoroso da consentire di irrogare sanzioni oltre e al di là di ogni individuazione di colpevolezza” (Cfr. Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 8 settembre 2015, n. 42). La responsabilità ex art. 6, commi 2, 3  viene quindi attribuita a seguito dell’accertamento delle condotte soggettive per: violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità (art. 4); dichiarazioni lesive rilasciate da un tesserato (art. 23); violazione del divieto di scommesse (art. 24); inosservanza degli obblighi inerenti alle misure di prevenzione di fatti violenti (art. 25); fatti violenti dei sostenitori (art. 26); comportamenti discriminatori (art. 28); illecito sportivo (art. 30, comma 4); inottemperanza all’obbligo di denuncia in materia d’illecito sportivo (art. 30, comma 7:); violazioni in materia gestionale ed economica (art. 31); violazioni in materia di tesseramento (art. 32). In sostanza, si configura un trasferimento, anche in capo alla società di calcio, della responsabilità soggettiva di tutte le persone che, a vario titolo, agiscono nell’interesse della società, o che comunque svolgono un ruolo rilevante nell’ambito dell’attività sportiva, prescindendo da qualunque valutazione in merito all’antigiuridicità della condotta nonché da qualsivoglia giudizio di colpevolezza in capo alla società. Si osserva che tale modello viene applicato anche a livello internazionale (Cfr. art. 8 del codice disciplinare della FIFA). Affinché la fattispecie risulti integrata, si reputano dunque sufficienti i seguenti elementi: - la sussistenza del fatto previsto e punito dal codice di giustizia sportiva; - la commissione dello stesso da parte dei tesserati, dirigenti, soci, sostenitori, ecc., della società; - l’imputabilità, a titolo di colpa o di dolo, del fatto al suo autore. In sostanza, dunque, quella a carico delle società calcistiche risulta una responsabilità oggettiva assai rigorosa, operante non solo laddove la società abbia, anche inconsapevolmente, tratto un vantaggio dalle condotte illecite altrui, ma altresì in presenza di comportamenti che, al contrario, possano arrecare alla stessa un pregiudizio. Ferma la validità e l’irrinunciabilità del modello della responsabilità oggettiva, nel tempo si è avvertita, anche grazie all’opera della giurisprudenza sportiva, l’esigenza di una sua mitigazione soprattutto sotto il profilo del quantum della sanzione. Una prima apertura è stata individuata nell’introduzione di un sistema di attribuzione della responsabilità basato sui criteri del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, il quale attribuisce efficacia esimente all’adozione, da parte delle società, di un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire i reati espressamente previsti dal decreto. Il suddetto modello, nato per essere applicato in seno all’ordinamento statale, è stato effettivamente recepito dall’ordinamento sportivo e, più in particolare, da quello calcistico. Tale processo è iniziato con le modifiche dello Statuto federale deliberate il 22 gennaio 2007 dall’Assemblea Straordinaria FIGC, le quali prevedono, all’art. 7, comma 5, che il Consiglio federale, sentite le Leghe interessate, “emani le norme necessarie e vigili affinché le società che partecipano a campionati nazionali adottino modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire il compimento di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto”. È seguita poi l’introduzione, all’interno del previgente Codice di Giustizia FIGC, all’art. 13, di una specifica esenzione delle società da responsabilità per comportamenti dei propri tifosi, in base alla quale “La società non risponde per i comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione dell’articolo 12 se ricorrono congiuntamente tre delle seguenti circostanze: a) la società ha adottato ed efficacemente attuato, prima del fatto, modelli di organizzazione e di gestione della società idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatisi, avendo impiegato risorse finanziarie ed umane adeguate allo scopo; b) la società ha concretamente cooperato con le forze dell’ordine e le altre autorità competenti per l’adozione di misure atte a prevenire i fatti violenti o discriminatori e per identificare i propri sostenitori responsabili delle violazioni; c) al momento del fatto, la società ha immediatamente agito per rimuovere disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, o per far cessare i cori e le altre manifestazioni di violenza o di discriminazione; d) altri sostenitori hanno chiaramente manifestato nel corso della gara stessa, con condotte espressive di correttezza sportiva, la propria dissociazione da tali comportamenti; e) non vi è stata omessa o insufficiente prevenzione e vigilanza da parte della società […]”. Fino a poco tempo fa, dunque, l’adozione di un modello organizzativo virtuoso poteva avere efficacia esimente per le società, ma solo rispetto ai comportamenti posti in essere dai sostenitori, e in presenza congiunta di altre circostanze. In difetto della ricorrenza di tre delle circostanze elencate, se la società avesse dimostrato la sussistenza di “alcune” di esse, la responsabilità avrebbe potuto essere attenuata. Con la recente riforma della giustizia sportiva del calcio, il legislatore ha inteso compiere un passo ulteriore, in ordine al ruolo esimente e attenuante del modello di organizzazione, gestione e controllo, con la sua estensione a tutti i casi di responsabilità delle società previste dal novellato art. 6 del CGS, quindi anche in relazione alle infrazioni sportive commesse da dirigenti, tesserati, soci e non soci cui è riconducibile direttamente o indirettamente il controllo della società, dipendenti o persone comunque addette ai servizi della società. Infatti, dal confronto tra l’art. 4, commi 2 e 3 del soppresso CGS e l’art. 6, commi 2 e 3 del CGS in vigore emerge la soppressione del termine “oggettivamente”. Nello specifico, il nuovo art. 7 del CGS, rubricato “Scriminante o attenuante della responsabilità della società”, prevede che il Giudice Sportivo, al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società, valuti l’adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all’art. 7, comma 5 dello Statuto FIGC. In attuazione di tale ultima disposizione, il Consiglio Federale ha di recente approvato delle linee guida (C.U. n. 131/L del 4 ottobre 2019), dettando una serie principi ai quali le società dovranno attenersi nell’adozione di c.d. “Modelli di prevenzione”. Il rispetto delle suddette linee guida consentirà quindi di accertare un’assenza di colpa in capo alle società. Queste ultime dovranno, dunque, provare di aver attivato ed effettivamente, correttamente ed appropriatamente utilizzato un modello organizzativo ed un organismo di vigilanza, controllo e prevenzione tali da consentire da un esame concreto della fattispecie un esimente o attenuazione di responsabilità. Si configura così un sistema basato su una forma di attribuzione della responsabilità meno rigida, ancorata alla c.d. “colpa organizzativa”. In altri termini, il modello, sottoposto al vaglio del giudice, dovrà essere esaminato da quest’ultimo al fine di verificare se vi sia stata un’incapacità della società nel prevenire l’illecito che si è verificato. L’accertamento circa un eventuale deficit organizzativo rispetto ad un “modello di diligenza esigibile” configurerà quella rimproverabilità posta a fondamento della fattispecie sanzionatoria, dovuta all’omissione delle doverose cautele organizzative e gestionali di fronte a circostanze ed eventi prevedibili. Per rifarsi alle categorie civilistiche, parrebbe quindi che si passi da una responsabilità oggettiva in senso stretto o assoluta a quella che si definisce “semi-oggettiva” o “aggravata”, perché a “colpa presunta”. In altri termini, la mancata adozione del modello organizzativo da parte della società, qualifica la sua responsabilità quale oggettiva in senso stretto, mentre laddove viene adottato se ne verifica un suo affievolimento, demandandosi agli organi di giustizia sportiva la verifica in concreto se il modello adottato e le relative cautele prese possano costituire un esimente o un’attenuazione della responsabilità ex art. 7 CGS. Ove tale accertamento risulti negativo, riespande anche in tal caso la responsabilità di tipo oggettivo. Si tratta di un modello di responsabilità (che ha riscontri anche nell’ordinamento civile ex artt. 2047 e 2048 c.c. al pari della responsabilità della PA per atto illegittimo) in cui si presume la sussistenza dell’elemento soggettivo fino a prova contraria fornita dalla società. Si verifica, quindi, un’inversione dell’onere della prova, atteso che non è l’organo inquirente a dover provare la colpa della società, ma è quest’ultima, che per andare esente da responsabilità deve provare l’assenza di colpa. Se la colpa non sussiste, ma la società non riesce a fornire la prova della sua insussistenza, la responsabilità si configura comunque. Si tratta di una forma intermedia di responsabilità, tra quella soggettiva e quella oggettiva, definita anche in dottrina per colpa presunta ovvero semi-oggettiva o aggravata, in forza della quale è sufficiente che la colpa della società sia dimostrata solo attraverso la prova del danno e del nesso eziologico. È opportuno evidenziare, tuttavia, che, con riferimento ai comportamenti dei sostenitori commessi in violazione degli artt. 25 (prevenzione di fatti violenti), 26 (fatti violenti dei sostenitori) e 28 (comportamenti discriminatori), il nuovo codice, all’art. 29, comma 1, prevede che:a) l’adozione del Modello assuma efficacia esimente solo laddove sussista congiuntamente ad almeno altre due tra le seguenti circostanze specificatamente previste dalla norma: “b) la società ha concretamente cooperato con le Forze dell’ordine e le altre Autorità competenti per l’adozione di misure atte a prevenire i fatti violenti o discriminatori, ponendo in essere gli atti di prevenzione e vigilanza concordati e prescritti dalle norme di settore; c) la società ha concretamente cooperato con le Forze dell’ordine e le altre Autorità competenti per identificare i propri sostenitori responsabili delle violazioni, anche mediante l’utilizzo a spese della società di tecnologie di video-sorveglianza; d) al momento del fatto, la società ha immediatamente agito per rimuovere disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, o per far cessare i cori e le altre manifestazioni di violenza o di discriminazione; e) altri sostenitori hanno chiaramente manifestato nel corso della gara stessa, con condotte espressive di correttezza sportiva, la propria dissociazione da tali comportamenti”. Il secondo comma prevede, poi, che la responsabilità sia attenuata “se la società prova la sussistenza di una o più circostanze di cui al comma 1”.  A ben vedere, con specifico riguardo alle fattispecie in esame, la nuova disciplina non cambia molto rispetto a quella previgente, dettata dal vecchio art. 13, considerato che l’adozione di un modello di prevenzione può avere efficacia esimente solo se ricorre con altre due circostanze; diversamente, può costituire un’attenuante. Premesso quanto sopra e facendo corretta applicazione dell’art. 6, comma 2, CGS alla fattispecie in esame, non si può non condividere, sia pur con diversa motivazione, la sentenza del TFN. La società reclamante non ha fornito alcun tipo di prova in ordine all’adozione dei citati modelli organizzativi ex art. 7 CGS, necessari, ma non sufficienti per escludere o attenuare la responsabilità. Atteso che, come detto, sarebbe poi stata necessaria una verifica, in concreto, da parte dell’organo giudicante se le precauzioni adottate potevano costituire un esimente ovvero un’attenuante. La responsabilità oggettiva della società sportiva risulta conseguentemente integrata nella ricorrenza dei seguenti elementi: - la sussistenza del fatto previsto e punito dal codice di giustizia sportiva; - la commissione dello stesso da parte dei tesserati, dirigenti, ecc., della società; - l’imputabilità, a titolo di colpa o di dolo, del fatto al suo autore (il calciatore); - la presunzione di ricorrenza del nesso eziologico, quale vincolo di occasionalità necessaria tra il fatto dannoso e le mansioni del calciatore (ex art. 2049 c.c.); presunzione superabile con la prova che il fatto dannoso commesso dal calciatore non era in rapporto neppure di occasionalità con le mansioni da lui svolte. Infatti, come correttamente osservato dal giudice di I° grado il calciatore ha consentito alla società un indebito vantaggio sportivo rispetto alle altre squadre partecipanti al campionato di serie A2 stagione 2020-2021. In buona sostanza, con il proprio comportamento vietato, il calciatore ha consapevolmente alterato il corretto svolgimento del Campionato di competenza in danno delle altre società ad esso partecipanti conseguendo, al termine dei play-off, la promozione della squadra per cui militava al Campionato di Serie A1”.

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