Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0040/CFA del 21 Ottobre 2024 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 0044/TFNSD-2024-2025, pubblicata in data 6 settembre 2024
Impugnazione – istanza: – Sig.ra R.A. - Cosenza Calcio S.r.l.
Massima: Questa Corte non ritiene di discostarsi dall’orientamento che, ancora di recente, ha ammesso l’applicabilità dell’istituto della continuazione alle sanzioni disciplinari sportive (cfr. in particolare Corte federale d’appello, Sez. Unite, n. 21/2024-2025 del 27 agosto 2024). Tuttavia, come precisato dalla stessa giurisprudenza appena richiamata, l’istituto presuppone il collegamento tra “diverse condotte volte alla esecuzione di un medesimo disegno criminoso (cfr. CFA, Sez. I, n. 55/2022-2023)”, risultando così incompatibile con una condotta colposa. Vero è che “costituisc[e] preciso onere della parte provare la sussistenza dell’elemento dell’univocità del disegno criminoso (CFA, Sez. II, n. 39/2022-2023). In questo senso, la giustizia sportiva è allineata alla giurisprudenza statuale di legittimità, che da sempre ritiene che l'imputato che invochi la continuazione fra i vari reati per i quali è sottoposto a giudizio abbia l'onere di allegare gli specifici elementi dai quali possa desumersi l'identità del disegno criminoso (Cass. Pen., Sez. III, n. 41063/2019; Cass. Pen., Sez. II, n. 2224/2018; Cass. Pen. Sez. VI, n. 43441/2010; Cass. Pen. Sez. V, n. 18586/2004)” (così Corte federale d’appello, Sez. Unite, n. 21/2024-2025 del 27 agosto 2024). Ma una simile dimostrazione, nel caso di specie, è senz’altro mancata. La circostanza che un medesimo comportamento o più comportamenti contestuali o tenuti in sequenza possano violare più volte la stessa norma o più norme contemporaneamente non si traduce automaticamente nella sussistenza di un medesimo disegno criminoso. Non è l’occasionalità delle condotte a creare la continuazione tra esse ma, piuttosto, il vincolo soggettivo che unisce le diverse violazioni; violazioni che, in tal modo, devono risultare conseguenza di uno stesso progetto illecito. Per questo, “l’identità del disegno criminoso deve essere negata, qualora - malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici - la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto l'occasionalità di uno di essi. Inoltre, l’accertamento di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse azioni e/o omissioni - tale da escludere una successione di autonome risoluzioni criminose, in quanto avente ad oggetto la valutazione dell’atteggiamento intellettivo del soggetto agente desumibile da indici rivelatori tratti dalle condotte realizzate - è compito specifico del giudice di merito il cui apprezzamento, qualora correttamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (ex plurimis Cass. Pen., sez. I, 27/11/1996, n. 6248; Cass. Pen., sez. I, 12/03/2015, n. 24873; Cass. Pen., sez. VI, n. 35805 del 24/05/2007)” (Cfr. decisione Corte federale d’appello, Sez. I, n. 55/2022-2023 del 14 dicembre 2022). Peraltro, l’istituto della continuazione non sembra poter portare a conseguenze favorevoli per l’avv. …, il cui reclamo rischia persino di essere, sul punto, privo di interesse. Ove pure le condotte contestate all’avv. …. fossero reputate unificate dal vincolo della continuazione ex art. 81 c.p., il risultato concreto della sanzione applicabile alla reclamante non muterebbe. Le due decisioni del Tribunale di primo grado – la n. 0044/TFNSD-2024-2025 qui reclamata e la parallela n. 0045/TFNSD-20242025 oggetto di separato giudizio – che hanno portato ad una sanzione di 9 mesi di inibizione per ciascun procedimento disciplinare, andrebbero comunque confermate nell’esito complessivo. La sanzione unica, infatti, ben potrebbe essere calcolata applicando la sanzione più grave aumentata sino al triplo. Esattamente come previsto dall’art. 81 c.p.. Ma posto che la sanzione più grave, sia pure considerata nel minimo edittale, è, nel caso che occupa, pari a sei mesi (ex art. 31, comma 7, C.G.S.), il conteggio finale porterebbe comunque ai medesimi 18 mesi che la reclamante considera frutto di errore e di duplicazione della pena (recte di cumulo materiale delle sanzioni). La continuazione, in altri termini, non appare strumento idoneo a consentire all’avv. …. una riduzione della sanzione ad essa irrogata.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0039/CFA del 21 Ottobre 2024 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 0045/TFNSD-2024-2025, pubblicata in data 6 settembre 2024
Impugnazione – istanza: – Sig.ra R.A. - Cosenza Calcio S.r.l.
Massima: Questa Corte non ritiene di discostarsi dall’orientamento che, ancora di recente, ha ammesso l’applicabilità dell’istituto della continuazione alle sanzioni disciplinari sportive (cfr. in particolare Corte federale d’appello, Sez. Unite, n. 21/2024-2025 del 27 agosto 2024). Tuttavia, come precisato dalla stessa giurisprudenza appena richiamata, l’istituto presuppone il collegamento tra “diverse condotte volte alla esecuzione di un medesimo disegno criminoso (cfr. CFA, Sez. I, n. 55/2022-2023)”, risultando così incompatibile con una condotta colposa. Vero è che “costituisc[e] preciso onere della parte provare la sussistenza dell’elemento dell’univocità del disegno criminoso (CFA, Sez. II, n. 39/2022-2023). In questo senso, la giustizia sportiva è allineata alla giurisprudenza statuale di legittimità, che da sempre ritiene che l'imputato che invochi la continuazione fra i vari reati per i quali è sottoposto a giudizio abbia l'onere di allegare gli specifici elementi dai quali possa desumersi l'identità del disegno criminoso (Cass. Pen., Sez. III, n. 41063/2019; Cass. Pen., Sez. II, n. 2224/2018; Cass. Pen. Sez. VI, n. 43441/2010; Cass. Pen. Sez. V, n. 18586/2004)” (così Corte federale d’appello, Sez. Unite, n. 21/2024-2025 del 27 agosto 2024). Ma una simile dimostrazione, nel caso di specie, è senz’altro mancata. La circostanza che un medesimo comportamento o più comportamenti contestuali o tenuti in sequenza possano violare più volte la stessa norma o più norme contemporaneamente non si traduce automaticamente nella sussistenza di un medesimo disegno criminoso. Non è l’occasionalità delle condotte a creare la continuazione tra esse ma, piuttosto, il vincolo soggettivo che unisce le diverse violazioni; violazioni che, in tal modo, devono risultare conseguenza di uno stesso progetto illecito. Per questo, “l’identità del disegno criminoso deve essere negata, qualora - malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici - la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto l'occasionalità di uno di essi. Inoltre, l’accertamento di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse azioni e/o omissioni - tale da escludere una successione di autonome risoluzioni criminose, in quanto avente ad oggetto la valutazione dell’atteggiamento intellettivo del soggetto agente desumibile da indici rivelatori tratti dalle condotte realizzate - è compito specifico del giudice di merito il cui apprezzamento, qualora correttamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (ex plurimis Cass. Pen., sez. I, 27/11/1996, n. 6248; Cass. Pen., sez. I, 12/03/2015, n. 24873; Cass. Pen., sez. VI, n. 35805 del 24/05/2007)” (Cfr. decisione Corte federale d’appello, Sez. I, n. 55/2022-2023 del 14 dicembre 2022). Peraltro, l’istituto della continuazione non sembra poter portare a conseguenze favorevoli per l’avv. …, il cui reclamo rischia persino di essere, sul punto, privo di interesse. Ove pure le condotte contestate all’avv. …. fossero reputate unificate dal vincolo della continuazione ex art. 81 c.p., il risultato concreto della sanzione applicabile alla reclamante non muterebbe. Le due decisioni del Tribunale di primo grado – la n. 0045/TFNSD-2024-2025 qui reclamata e la parallela n. 0044/TFNSD-20242025 oggetto di separato giudizio – che hanno portato ad una sanzione di 9 mesi di inibizione per ciascun procedimento disciplinare, andrebbero comunque confermate nell’esito complessivo. La sanzione unica, infatti, ben potrebbe essere calcolata applicando la sanzione più grave aumentata sino al triplo. Esattamente come previsto dall’art. 81 c.p.. Ma posto che la sanzione più grave, sia pure considerata nel minimo edittale, è, nel caso che occupa, pari a sei mesi (ex art. 31, comma 7, C.G.S.), il conteggio finale porterebbe comunque ai medesimi 18 mesi che la reclamante considera frutto di errore e di duplicazione della pena (recte di cumulo materiale delle sanzioni). La continuazione, in altri termini, non appare strumento idoneo a consentire all’avv. … una riduzione della sanzione ad essa irrogata.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0021/CFA del 27 Agosto 2024 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare n. 0013 del 17.7.2024 e n. 0015 del 22.7.2024
Impugnazione – istanza: – Brindisi F.C. s.r.l.
Massima: Non trova applicazione il principio della continuazione per le contestazioni relative al mancato pagamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps e per il mancato pagamento degli emolumenti…A giudizio del Collegio ciò è innegabilmente vero, e difatti anche di recente questa Corte federale si è già espressa in questo senso: “La continuazione ex art. 81 c.p., istituto di diritto comune, sebbene non espressamente contemplato dall’art. 9 CGS, trova applicazione nell’ordinamento federale (CFA, Sez. III, n. 1/2019-2020; n. 68/2021-2022)” (CFA, Sez. IV, decisione n. 0038/CFA/2022-2023). Va rammentato tuttavia che la ratio di tale istituto è da rinvenirsi nell'apprezzamento del minor disvalore sociale che connota più illeciti che non scaturiscano da altrettanti diversi progetti, ma che invece conseguano ad un'unica determinazione; il più mite trattamento sanzionatorio risiede pertanto nella minore riprovevolezza complessiva dell'agente - che cede ai motivi a commettere l’illecito una sola volta, quando concepisce il disegno criminoso - e nella conseguente opportunità di mitigare l'effetto del cumulo delle pene, al quale viene sostituito un cumulo giuridico (in questo senso: Cass. Pen., SS.UU. 28.2.2013 n. 25939). E’ stato già rilevato da questa Corte federale, peraltro, che l’istituto della continuazione presuppone la sussistenza di una serie di elementi costitutivi, ossia: 1) una pluralità di azioni o omissioni, compiute anche in tempi diversi; 2) una pluralità di violazioni di legge (della medesima o di diverse norme); 3) il collegamento tra le diverse condotte volte alla esecuzione di un “medesimo disegno criminoso” (cfr. CFA, Sez. I, decisione n. 0055/CFA/2022-2023) e che, con particolare riferimento a tale ultimo elemento, costituisca preciso onere della parte provare la sussistenza dell’univocità del disegno criminoso (CFA, Sez. II, decisione n. 0039/CFA/2022-2023). In questo senso, la Giustizia sportiva allineata alla giurisprudenza statuale di legittimità, che da sempre ritiene che l'imputato che invochi la continuazione fra i vari reati per i quali è sottoposto a giudizio abbia l'onere di allegare gli specifici elementi dai quali possa desumersi l'identità del disegno criminoso (tra le tante: Cass. Pen., Sez. III, n. 41063/2019; Cass. Pen., Sez. II, n. 2224/2018; Cass. Pen. Sez. VI, n. 43441/2010; Cass. Pen. Sez. V, n. 18586/2004). Nel caso in esame, non può non rilevarsi, in primo luogo, che dai verbali del procedimento davanti al Tribunale federale nazionale non emerge che sia stata avanzata dalla difesa della società F.C. Brindisi s.r.l. alcuna richiesta di continuazione, la cui sollecitazione in secondo grado è quindi una assoluta novità. Ma soprattutto, tale richiesta non è fondata sul supporto probatorio circa l’identità del disegno nella commissione dei fatti ascritti nei due procedimenti. Dai due reclami, cioè, non emerge in alcun modo da quali elementi possa trarsi argomento per sostenere che le due condotte ascritte all’odierno reclamante siano state poste in essere in esecuzione di un medesimo disegno teso a violare la normativa vigente. Ma anche nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere applicabile ai fatti in questione l’istituto della continuazione - come detto non codificato dall’ordinamento federale, ma rinvenibile nell’art. 81 c.p. - ciò sarebbe ininfluente ai fini del presente giudizio. Con l'art. 5 della legge n. 251/2005, infatti, il Legislatore ha introdotto all'art. 81 c.p. un quarto comma che ha aggravato il trattamento sanzionatorio per i recidivi reiterati, disponendo che in tali casi la pena non possa essere inferiore ad un terzo di quella stabilita per il reato più grave. Ora, ritenuto che delle due fattispecie contestate alla reclamante, quella sanzionata in modo più grave sia stata certamente l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, in relazione alla quale è stata inflitta la sanzione di quattro punti di penalizzazione, e considerato che nei confronti della società è stata contestata la recidiva di cui all’art. 18, comma 1, C.G.S., l’aumento per un eventuale riconoscimento della continuazione non avrebbe potuto comunque ridursi al di sotto dei due punti di penalizzazione. Infatti, come già precisato da questa Corte federale, esiste una differenza sostanziale tra le sanzioni a carico delle persone e quelle a carico delle società, con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di punti negativi in classifica. Le prime, connotate da finalità essenzialmente retributive, ma anche con funzione general-preventiva, devono essere calibrate in ragione della gravità dell’infrazione, ma anche della personalità dell’agente, desumibile da molteplici indicatori: intensità del dolo, grado della colpa, eventuale recidiva, comportamento post factum ecc.; le seconde non possono non tener conto dell’immanente conflitto agonistico di interessi tra i vari attori della competizione. Conseguentemente mentre, nel primo caso, il giudicante certamente può determinare in concreto la sanzione facendo largo uso delle circostanze - tanto aggravanti quanto attenuanti - aumentando notevolmente o diminuendo, anche al di sotto del minimo, la sanzione in concreto da applicare, nel secondo, viceversa, tale potere discrezionale egli deve necessariamente contenere in limiti più angusti, potendo senza dubbio esercitarlo nell’ambito della gamma sanzionatoria prevista dai limiti edittali, ma non oltre, salva esplicita, eventuale (e derogatoria) previsione normativa. Ciò in quanto la sanzione della penalizzazione in termini di punti di classifica viene certamente ad incidere nella sfera del sanzionato, ma ha un immediato riflesso nei confronti dei competitori, che potranno essere più o meno avvantaggiati dall’handicap che il giudice ha decretato nei confronti del trasgressore. E proprio perché, in tal caso, la sanzione si traduce in un danno, in termini di classifica, per una squadra e, conseguentemente, in un vantaggio per le altre, essa deve essere assistita da un maggior grado di certezza in riferimento alla sua graduazione; il che comporta la insormontabilità dei limiti edittali (CFA, SS.UU., decisione n. 0078/CFA/2022-2023 che conferma CFA, SS.UU., n. 89/CFA/20192020; n. 88/CFA/2019-2020/B). Conseguentemente, nel caso in esame, l’eventuale applicazione dell’istituto della continuazione - che, come detto, per effetto di quanto previsto dal comma 4 dell’art. 81 c.p. non può essere inferiore ad un terzo della pena stabilita per l’illecito più grave - non potrà mai determinare una sanzione al di sotto di due punti di penalizzazione, ché altrimenti violerebbe il principio di insormontabilità dei limiti edittali in caso di irrogazione di punti di penalizzazione in classifica.
Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0042/CFA del 2 Ottobre 2023 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 43/TFNSD del 30.08.2023
Impugnazione – istanza: Procuratore federale e del Procuratore federale aggiunto/Sigg.ri L.G.-D.B.-AS Costalunga
Massima: Accolto il reclamo della procura federale avverso la decisione del TFN che aveva prosciolto i deferiti, in quanto in assenza di diversa prescrizione da parte delle autorità decidenti – le due diverse sanzioni non potevano temporalmente sommarsi o cumularsi poichè la sanzione della squalifica irrogata dal Giudice sportivo, essendo il relativo periodo di esecuzione interamente ricompreso nel periodo più ampio di esecuzione della sanzione della squalifica irrogata dal Tribunale federale, alla scadenza di tale ultimo termine (2 marzo 2023) era già stata interamente scontata…. Come esattamente posto in luce dal Tribunale, in tema di concorso di reati il vigente sistema penale è ispirato – sia pure con alcuni incisivi temperamenti – al criterio del cumulo materiale, secondo il quale il colpevole soggiace a tante pene quante sono le violazioni commesse: di regola, quindi, e salvi i suddetti temperamenti, alla persona responsabile di più reati viene applicata la somma delle pene stabilite per ciascuna infrazione (secondo il brocardo tot delicta, tot poenae). In tal senso, esemplare è ad esempio l’art. 73, primo comma, c.p. a tenore del quale “Se più reati importano pene temporanee detentive della stessa specie, si applica una pena unica, per un tempo uguale alla durata complessiva delle pene che si dovrebbero infliggere per i singoli reati.” Per quanto riguarda il sistema di Giustizia sportiva in effetti mancano, come rilevato dal Tribunale, disposizioni espresse volte a disciplinare il problema dell’eventuale cumulo di sanzioni inflitte allo stesso soggetto con decisioni distinte o comunque relative a diverse violazioni disciplinari. Tuttavia, come ha già chiarito la giurisprudenza di questa Corte, l’ordinamento della Giustizia federale – pur in mancanza di espressa previsione – risulta non equivocamente orientato in favore del criterio del cumulo materiale, ferma la possibilità che il Giudice ne temperi l’asprezza ove sussistano ragioni equitative (cfr. CFA n. 67 del 10/2/2023 al punto 28 della motivazione). In ambito federale, dunque, il sistema del cumulo materiale si impone per concorrenti ragioni di ordine sia sistematico che logico. In tal senso deve innanzi tutto ricordarsi che, come esattamente posto in evidenza dalla reclamante Procura federale, l’art. 44 del Codice di giustizia sportiva (il quale detta proprio i principi fondanti del processo sportivo) espressamente prevede, al comma 5, che “Tutte le sanzioni inflitte dagli organi di giustizia sportiva devono avere carattere di effettività e di afflittività". Trattasi – con evidenza - di previsione espressamente volta all’intento di rafforzare la repressione delle infrazioni disciplinari al fine di garantire una migliore disciplina federale, dalla quale consegue che ogni sanzione disciplinare deve essere scontata in modo effettivo per raggiungere quello scopo. Ne deriva sul piano logico che il criterio dell’effettività della sanzione preclude ogni ricorso a quel diverso sistema - in sede penale denominato dell’assorbimento - secondo il quale nel caso di una molteplicità di violazioni commesse dallo stesso soggetto si applica la pena stabilita per l’infrazione più grave. Ed in effetti nel caso all’esame, nell’ottica non condivisibilmente privilegiata dal Tribunale, il sig. …, pur avendo ricevuto due diverse sanzioni, finirebbe per scontare solo la maggiore di esse, restando la minore sostanzialmente assorbita, con radicale e non accettabile vanificazione dei criteri di effettività e afflittività. Del resto, sempre sul piano logico, appare evidente che la teoria dell’assorbimento nel caso di cumulo di sanzioni, ove trasportata nell’ordinamento federale, condurrebbe a conseguenze paradossali, conferendo una sorta di sostanziale immunità disciplinare al soggetto che abbia ricevuto una sanzione significativa: tale maggiore sanzione sarebbe infatti destinata – come correttamente osserva la reclamante Procura – ad assorbire e quindi sostanzialmente a vanificare ogni altra e diversa sanzione che possa essere inflitta a quel soggetto per infrazioni disciplinari diverse commesse nel periodo di riferimento. Anche l’analisi condotta dal punto di vista sistematico corrobora le conclusioni ora raggiunte. In tal senso si deve evidenziare come secondo la giurisprudenza federale costituisce un dato ormai acquisito nell’ordinamento sportivo il riconoscimento dell’illecito continuato, ancorché – anche in questo caso – l’istituto della continuazione non sia espressamente disciplinato dal Codice di giustizia sportiva (C.F.A., Sez. I, n. 55/2022-2023; C.F.A., Sez. II, n. 39/2022-2023; C.F.A., Sez. IV, n. 38/2022-2023; C.F.A., Sez. III, n. 68/2021-2022; C.F.A., Sez. II, n. 114/2018-2019; Coll. gar. Sport, SS.UU., n. 9/2016). Ora, la continuazione è istituto ispirato al principio del favor rei e si risolve nella concessione di un calcolo della pena complessiva più favorevole di quello derivante dal cumulo materiale allorché le molteplici violazione della stessa o di diversa disposizione di legge costituiscano espressione di un medesimo disegno criminoso. (cfr. art. 81 c.p.). Da quanto ora rilevato possono agevolmente trarsi due conseguenze sistematiche. In primo luogo, il riconoscimento giurisprudenziale della continuazione quale istituto volto a temperare il rigore del cumulo materiale in casi particolari postula a contrario, con tutta evidenza, la vigenza nell’ordinamento sportivo della regola generale appunto fondata sul criterio del cumulo materiale delle varie sanzioni ricevute dal medesimo soggetto. In secondo luogo, se la continuazione è istituto di favore nel calcolo delle pene riferibili a violazioni diverse ma frutto del medesimo disegno, sarebbe del tutto irrazionale postulare che in generale – e cioè nel caso di infrazioni diverse e non legate dal vincolo ideativo – possa valere la regola dell’assorbimento, alla stregua della quale solo la sanzione maggiore va scontata effettivamente. Ne consegue, secondo questa Corte federale, che il sistema della Giustizia sportiva è in generale ispirato al criterio del cumulo materiale delle sanzioni, in base al quale il soggetto destinatario di sanzioni relative a violazioni disciplinari distinte deve scontarle interamente, con sommatoria delle stesse, salvo le possibilità cui si è fatto cenno di temperamento da parte del Giudice ove ne ricorrano i presupposti. Le conclusioni ora raggiunte non risultano infirmate, al contrario di quanto ritenuto dal Tribunale, dal disposto degli artt. 19 e 21 del Codice secondo i quali le sanzioni irrogate dagli organi di giustizia sono immediatamente esecutive e le squalifiche vanno scontate dal giorno successivo a quello di pubblicazione della decisione. Le disposizioni in parola, infatti, si limitano a sancire il principio dell’esecutività della decisione disciplinare che va immediatamente scontata, a prescindere dalla eventuale presentazione di gravami, ma non incidono sul regime sostanziale applicabile nel caso in cui sanzioni diverse vengano potenzialmente a sovrapporsi sul piano temporale. In termini piani, le sanzioni disciplinari sono immediatamente esecutive ma se una seconda sanzione colpisce un soggetto che già ne sta scontando una precedente, la seconda sanzione sarà materialmente scontata – onde non vanificarne l’effettività - solo al termine della prima. Non decisivo, a giudizio di questa Corte, è il fatto che, nel caso all’esame, il Giudice sportivo abbia determinato la seconda sanzione indicandone la data di scadenza, invece di quantificare la stessa con riferimento alle giornate di squalifica inflitte: è evidente, infatti, che, nel caso all’esame, il Giudice sportivo ha squalificato l’allenatore sig. … per cinque giornate, da sommare alla squalifica di un mese in precedenza inflitta. Tuttavia, a giudizio di questa Corte, è credibile che le modalità di definizione della seconda sanzione fossero latamente suscettibili di concorrere a determinare un qualche fraintendimento o incertezza in capo agli incolpati: il che induce a ridurre, in un’ottica equitativa, le sanzioni richieste dalla Procura federale le quali vanno per l’effetto determinate come da dispositivo.
Decisione C.F.A. – Sezione I: Decisione pubblicata sul CU n. 0070/CFA del 22 Febbraio 2023 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Marche, pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 127 del 10.1.2023
Impugnazione – istanza: Procuratore Federale Interregionale-A.S.D. Nuova Aquila e altri
Massima: Con particolare riguardo alla concreta determinazione della misura della sanzione, le Sezioni Unite hanno affermato che, nonostante la presenza di più partite giocate dal calciatore in posizione irregolare, non si può applicare l’istituto penalistico della continuazione, ove non sia stata accertata – né prima ancora allegata, come appunto nella vicenda in oggetto, in cui gli incolpati non si sono costituiti in giudizio – la presenza di un unico disegno criminoso. Ciò posto, come pure hanno rammentato le citate Sezioni Unite di questa Corte, conviene rilevare che l’art. 12, comma 1, C.G.S., attribuisce agli organi della giustizia sportiva un potere ampiamente discrezionale nella determinazione della tipologia e della misura della sanzione disciplinare da comminare. La disposizione, che apre la Sezione II del Capo II del Codice, si raccorda all’elenco delle sanzioni enumerato dalla precedente Sezione I, dove si distingue fra sanzioni a carico della società (art. 8), sanzioni a carico di dirigenti, soci e tesserati della società (art. 9), sanzione della perdita della gara (art. 10) e sanzioni inerenti alla disputa delle gare (art.11). Questa lata discrezionalità di valutazione attribuita al giudice è del tutto coerente con i caratteri di informalità e di orientamento alla giustizia sostanziale che sono propri del processo sportivo. E ciò, tanto più in caso di incontri disputati in campionati dilettantistici. Nella vicenda in esame, la questione dei criteri di esercizio della discrezionalità del giudice nella scelta della misura della sanzione si pone anzitutto con riguardo alla penalizzazione di uno o più punti in classifica che, per consolidato indirizzo della giurisprudenza endo ed esofederale, rappresenta - insieme con quella pecuniaria, e in disparte la perdita della gara - la sanzione tipica per le società che schierino in campo giocatori privi dei titoli necessari (tesseramento, assenza di squalifiche, età prescritta, ecc.). Diversamente da quanto riguarda la sanzione della perdita della gara, cui è dedicato l’art. 10 C.G.S., nel Codice i presupposti della penalizzazione sono definiti solo episodicamente (ad es. art. 10, commi 2 e 9, e art. 11, comma 2). Ecco perché le Sezioni Unite di questa Corte, in applicazione del principio del c.d. gradualismo sanzionatorio, che postula una proporzione tra il fatto e la relativa sanzione (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 7 febbraio 2022, n. 862), ed in omaggio a un onere di coerenza, hanno ritenuto che ci si debba porre in sostanziale continuità con quanto deciso in una recente decisione relativa a una fattispecie analoga, in cui l’utilizzo in cinque gare di un calciatore squalificato ha comportato la penalizzazione di cinque punti in classifica e l’ammenda di euro 550,00 (C.F.A., Sez. I, n.7/2022-2023).
Massima: A fronte di violazioni commesse nell’area del dilettantismo, hanno perciò affermato il principio che la società che faccia partecipare ad una gara un calciatore privo dei titoli e dei requisiti necessari incorre, per ciascun incontro giocato in posizione irregolare, nella sanzione della penalizzazione di 1 punto in classifica, oltre che nell’ammenda di euro 100,00. Tale principio, peraltro, trova un significativo riscontro sul piano codicistico nella previsione dell’art. 11, comma 2, in cui l’utilizzazione di un calciatore non legittimato (sia pure per la particolare ragione di avere avuto il tesseramento revocato per irregolarità imputabile alla stessa società) è sanzionata con la penalizzazione di 1 punto in classifica per ciascuna gara cui abbia partecipato il giocatore. Riguardo agli altri deferiti, a partire dal presidente della società, le Sezioni Unite hanno sottolineato che lo status di questi “si caratterizza non solo quale espressione della rappresentanza della società stessa nei confronti di tutti gli altri soggetti dell’ordinamento sportivo con cui essa è destinata ad entrare in contatto (secondo un logico criterio di imputazione dei fatti e degli effetti, anche con funzione di semplificazione dei rapporti stessi), ma anche quale funzione di garanzia che la figura del presidente assume nei confronti dell’ordinamento sportivo tutto (e dei suoi soggetti), del rispetto da parte dei tesserati della società (e di coloro che agiscono per conto e/o nell’interesse della società, anche senza esserne tesserati) degli obblighi di lealtà, correttezza e probità” (C.F.A., sez. I, n.7/2022-2023; CFA,, sez. I, n. 63/2021-2022). Hanno pertanto affermato che il presidente è responsabile con riguardo a tutte le partite segnate dalla illecita utilizzazione del giocatore deferito, mentre per gli altri esponenti della società occorre considerare il numero delle gare nelle quali la rispettiva condotta illecita è stata perpetrata. Infine, per quanto concerne il calciatore, le Sezioni Unite, nel solco di precedenti pronunce della Giustizia Sportiva, hanno escluso che la sua responsabilità sia sostanzialmente assorbita da quella della società e dei soggetti operanti per questa, posto che non si vede come si possa ritenere quasi inesigibile da parte del giocatore l’obbligo (o l’onere) di osservare una sia pur minima diligenza nell’accertare la sussistenza dei requisiti che l’ordinamento federale richiede per la partecipazione alle singole gare, anche nel rispetto della parità di situazione con le altre società e gli altri giocatori in competizione, di tal che spetta al tesserando verificare, presso la società che si occupa delle relative procedure, l’effettivo buon esito (e a fortiori l’esistenza) delle pratiche di tesseramento che lo riguardano (C.F.A., Sez. I, n. 58/2022-2023; C.F.A., Sez. IV, n. 20 e n. 22/2021-2022).
Massima: Per tutti gli incolpati, è stata affermata la irrilevanza della circostanza che l’illecito sia stato commesso in una stagione sportiva ormai decorsa. Rispetto a tutti i soggetti concorrenti nell’illecito, diversi dalle società, è stato affermato il criterio per cui, per ciascuna violazione accertata, va applicata la sanzione della inibizione di un mese per il presidente e per i dirigenti, e della squalifica di una giornata per il calciatore. Si ritiene di aderire ai criteri enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte, con specifico riguardo ai campionati dilettantistici. La decisione del Tribunale Federale Territoriale di cui all’odierno reclamo va dunque confermata soltanto in relazione alla inibizione di due mesi al presidente, mentre per gli altri incolpati va riformata. Sanzioni, tutte, che nel caso di specie vanno applicate cumulativamente fra loro, non ricorrendo infatti i presupposti per un apprezzamento equitativamente riduttivo, dal momento che le gare disputate senza tesseramento sono state due, ed avendo affermato le riferite Sezioni Unite che la mitigazione equitativa possa effettuarsi unicamente per le violazioni ulteriori a cinque.
Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0055/CFA del 14 Dicembre 2022 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, n. 67/TFNSD del 2 novembre 2022
Impugnazione – istanza: – Sig. A.A./Procura Federale
Massima:….Sebbene l’istituto della continuazione ex art. 81 c.p., ancorché non espressamente contemplato dall’art. 9 CGS, trovi applicazione anche nell’ordinamento federale (Corte federale d’appello, Sez. IV, n. 38/2022-2023), esso presuppone l’unicità dell’azione o dell’omissione ovvero che il fatto sia stato commesso in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. (Corte federale d’appello, Sez. II, n. 114/2018-2019). Come rilevato da questa Corte d’Appello Federale (Sez. III, n. 68/2021-2022) l’istituto, ispirato al principio del favor rei, presuppone la sussistenza cumulativa dei seguenti elementi costitutivi: 1) una pluralità di azioni o omissioni, compiute anche in tempi diversi; 2) una pluralità di violazioni di legge (della medesima o di diverse norme); 3) il collegamento tra le diverse condotte volte alla esecuzione di un “medesimo disegno criminoso”. Tale ultimo presupposto distingue la fattispecie del reato continuato da quella del concorso materiale di reati, di talché se le violazioni sono commesse sulla base di un disegno complessivo e unitario, trova applicazione la pena prevista per il reato più grave, aumentata fino al triplo; viceversa se trattasi di concorso materiale si applica il cumulo delle sanzioni per ogni violazione accertata. E’ onere della parte provare la sussistenza dell’elemento dell’univocità del disegno criminoso (Corte federale d’appello, Sez. II, n. 39/2022-2023) Inoltre, come evidenziato dalla Corte di Cassazione, l’identità del disegno criminoso deve essere negata, qualora - malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici - la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto l'occasionalità di uno di essi. Inoltre, l’accertamento di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse azioni e/o omissioni - tale da escludere una successione di autonome risoluzioni criminose, in quanto avente ad oggetto la valutazione dell’atteggiamento intellettivo del soggetto agente desumibile da indici rivelatori tratti dalle condotte realizzate - è compito specifico del giudice di merito il cui apprezzamento, qualora correttamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (ex plurimis Cass. Pen., sez. I, 27/11/1996, n. 6248; Cass. Pen., sez. I, 12/03/2015, n. 24873; Cass. Pen., sez. VI, n. 35805 del 24/05/2007). Ciò precisato, nel caso di specie non sussistono i presupposti per l’applicazione della continuazione, atteso che tra gli episodi contestati al sig. …., ancorché succedutisi a distanza di breve tempo, non è dato scorgere alcun nesso tale da poterli considerare frutto di un unico progetto violativo delle norme del CGS; né dell’esistenza di una simile programmazione ha fornito prova o qualche elemento indiziario il reclamante. Il fatto che essi si siano verificati nel corso della stessa partita ovvero che siano stati occasionati dal concreto svolgimento della stessa gara non è sufficiente a unificarli nell’ambito di un unico disegno disciplinarmente rilevante, essendo al contrario in presenza di due autonomi episodi, caratterizzati – questo sì – da un’eccezionale gravità e da un inaudito disprezzo delle elementari norme di probità e lealtà che devono caratterizzare le condotte degli operatori sportivi.
Decisione C.F.A. – Sezione II: Decisione pubblicata sul CU n. 0039/CFA del 28 Ottobre 2022 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare n 0043/TFN-SD/2022-2023 del 23 settembre 2022
Impugnazione – istanza: Paganese calcio 1929 s.r.l.- Sig. F.R./Procura Federale
Massima: Non sono soggetti a continuazione le violazioni relative al mancato adempimento, dei seguenti impegni, assunti con la sottoscrizione della dichiarazione di cui al Titolo III – Criteri Sportivi e Organizzativi – capo A), n. 1), lett. e) e lett. f), del Sistema delle Licenze Nazionali per l’ammissione al Campionato Professionistico di Serie C 2021/2022, pubblicato con CU n. 253/A del 21 maggio 2021: a) tesserare, entro il 1° febbraio 2022, almeno 20 calciatrici di età compresa tra i 5 e i 12 anni, ai fini della partecipazione ai Campionati e/o Tornei Ufficiali Esordienti e/o Pulcini, all’interno del proprio settore giovanile (lett. e), capo A), Titolo III del Sistema delle Licenze Nazionali); b) partecipare al Campionato Under 15 con almeno una squadra di calcio femminile del proprio settore giovanile (lett. f), capo A), Titolo III del Sistema delle Licenze Nazionali…Parimenti non accoglibile appare il reclamo laddove viene richiesta l’applicazione del principio della continuazione ai fini della determinazione del quantum delle sanzioni applicabili. Anche su questo punto, pienamente condivisibile appare il percorso logico-giuridico sottostante la motivazione dell’impugnata decisione. Le due condotte poste in essere dagli attuali reclamanti sono da ritenersi assolutamente autonome e indipendenti: difatti, nel primo caso, l’obbligo inevaso consiste nell’impegno a tesserare almeno 20 calciatrici di età compresa tra i 5 e i 12 anni, mentre nel secondo caso, è stata contestata la violazione dell’impegno a partecipare al campionato Under 15 con almeno una squadra di calcio femminile. Pur trattandosi di obblighi che possono essere assolti contemporaneamente (attraverso la partecipazione al campionato Under 15 con almeno una squadra di calcio femminile che abbia tra le sue tesserate 20 calciatrici di età compresa tra i 5 e i 12 anni), ciò non toglie che le due prestazioni restino distinte l’una dall’altra, differendo tra loro sia sotto l’aspetto oggettivo (in un caso si richiede un tesseramento e nell’altro l’iscrizione ad un campionato) che soggettivo (in un caso parliamo di atlete di età compresa tra i 5 e i 12 anni e nell’altro di atlete che possono avere fino a 15 anni). Tale assoluta alterità emerge anche dall’’esame delle modalità alternative con le quali tali obbligazioni potevano essere soddisfatte, modalità tra loro non perfettamente sovrapponibili. Ciò posto, si ricorda che si può configurare la sussistenza del vincolo della continuazione laddove il soggetto, con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commetta, anche in tempi diversi, più violazione della stessa o di diverse disposizioni. Ovviamente, è onere della parte provare la sussistenza dell’elemento dell’univocità del disegno criminoso. Nel caso di specie, non solo tale onere non appare assolto ma, come si è detto, la piena alterità delle condotte non consente di ritenerne provata la sussistenza per tabulas.
DECISIONE C.F.A. – SEZIONE III : DECISIONE N. 0001/CFA dell’11 Settembre 2019
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione disciplinare – Com. Uff. N. 16/TFN del 7 Agosto 2019
Impugnazione Istanza: R.M., Sig. M.A. e Sig. M.L./Procura Federale) n. 25,27,28/2019 – 2020 Registro Reclami
Massima: Come noto, il reato continuato è previsto dal secondo comma dell’articolo 81 c.p., ai sensi del quale “chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge” è soggetto alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino al triplo (come stabilito dall’art. 81, primo comma, c.p.). Con parole semplici, la ratio del cosiddetto cumulo giuridico risiede nel fatto che chi commette più reati con uno scopo unico dimostra minore inclinazione criminale di colui che realizza più reati con più scopi diversi. Per l’applicazione dell’istituto della continuazione, ispirato al principio del favor rei, devono sussistere i seguenti elementi costitutivi: 1) una pluralità di azioni o omissioni, compiute anche in tempi diversi; 2) una pluralità di violazioni di legge (della medesima o di diverse norme); 3) il collegamento tra le diverse condotte volte alla esecuzione di un unico disegno criminoso. L’ultimo requisito citato consente di distinguere l'ipotesi del concorso materiale da quella del reato continuato. Infatti, in difetto di uno scopo unitario, il concorso materiale impone di applicare il cumulo delle sanzioni per ogni violazione accertata; se, invece, gli stessi reati sono commessi sulla base di un disegno complessivo e unitario, com’è il presente caso, trova applicazione la pena prevista per il reato più grave, aumentata fino al triplo. In proposito, secondo il costante insegnamento della Suprema Corte, l’accertamento di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse azioni e/o omissioni, tali da escludere una successione di autonome risoluzioni criminose, in quanto avente ad oggetto la valutazione dell’atteggiamento intellettivo del soggetto agente desumibile da indici rivelatori tratti dalle condotte realizzate, è compito specifico del giudice del merito il cui apprezzamento, qualora correttamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (Cass. Pen., Sez. I, 27/11/1996, n. 6248; Cass. Pen., sez. I, 12/03/2015, n. 24873; per Cass. Pen., Sez. VI, n. 35805 del 24/05/2007, Allegra, Rv. 237643 e Sez. 5, n. 1863/99 del 26/11/1998, Esposito, Rv. 212519, dove si precisa che l'identità del disegno criminoso deve essere negata, qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto l'occasionalità di uno di essi). Una volta accertato il vincolo della continuazione tra le diverse condotte, ai fini della concreta determinazione della pena complessiva, il giudice del merito è tenuto a valutare i singoli reati (nel caso in esame, le singole violazioni) autonomamente e ad individuare, tra essi, quello più grave, facendo riferimento alla pena comminata in astratto, sulla base del genere e dell’entità; individuata la violazione più grave, il giudice deve tener conto delle singole circostanze in cui il comportamento si è manifestato e quindi, salvo che specifiche disposizioni lo escludano, è tenuto ad effettuare il doveroso giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti con quelle aggravanti avendo cura, in caso di prevalenza delle prime, di calcolare nel minimo l’effetto di riduzione e, in caso di prevalenza delle aggravanti, di calcolare nel massimo l’aumento (Cass., Sez. Unite, 13/6/2013, n. 25939; Cass., Sez. Unite, 27/11/2008, n. 3286). Effettuate le esposte operazioni, le violazioni c.d. “satelliti” perdono autonomia sanzionatoria e il relativo trattamento confluisce nella sanzione unitaria ancorché il giudice sia tenuto a calcolare, secondo la più rigorosa giurisprudenza, l'aumento di sanzione per la continuazione in modo distinto per le singole violazioni “satellite” anziché unitariamente (Cass. Pen., sez. V, 18/02/2015, n. 16015). Va altresì tenuto conto dell’attenuante consistente nell’aver sì commesso più violazioni in esecuzione del medesimo contesto d’azione, ma, come emerge dalle dichiarazioni rese in sede di audizione di tecnici (ad es. S.), e dello stesso R., tali comportamenti tesi ad incassare i premi di preparazione sono stati finalizzati al primario scopo di pagare le spese per rimborsi o i lavoratori della Società (staff tecnico, custode del campo e ambulanza), come dimostrano le copie delle matrici degli assegni emessi a tal fine.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: C.U. n. 67/TFN-SD del 16 Maggio 2018 (motivazioni) - www.figc.it
Impugnazione Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: C.R. (Tecnico tesserato nella corrente s.s. per la Società ASD Pol. Calcio Budoni), SOCIETÀ ASD POL. CALCIO BUDONI - (nota n. 8474/840 pf 17-18 GP/GT/ag del 13.3.2018).
Massima: All’allenatore, in quanto tesserato per Società partecipante al campionato di Serie D, appartenente cioè alla sfera dilettantistica sotto l'egida della L.N.D., non sono irrogabili sanzioni a titolo di ammenda, ai sensi dell'art. 19, c. 6°, CGS (consentite solo nell'ipotesi, quivi non ricorrente, di condotte violente a danno degli arbitri).
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezione Seconda: Decisione n. 51 del 12/07/2017 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale di Appello della F.I.G.C., Sezioni Unite (disp. C.U. n. 103/CFA del 10 febbraio 2017 e motivazioni C.U. n. 112/CFA del17 marzo 2017), con la quale, in parziale accoglimento dei ricorsi riuniti, è stata rideterminata in mesi 21 la sanzione dell’inibizione comminata al dott. Pastore Vincenzo, già presidente del Comitato Regionale Campania L.N.D..
Parti: V. P./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Infine, quanto alla asserita erroneità nell’applicazione dell’istituto della continuazione, preliminarmente il Collegio ricorda la condivisibile impostazione, seguita da giurisprudenza consolidata, che pone i due rami dell’ordinamento (quello penale e quello sportivo) su piani del tutto autonomi e indipendenti fra loro (Cass. Pen., sez. III, 20 marzo 2013, n. 39071; id., sez. V, 11 marzo 2011, n. 21301). Ne discende che deve ritenersi inconferente, nel presente giudizio, la giurisprudenza della Cassazione, invocata dal ricorrente, secondo cui sarebbe possibile l'applicazione della continuazione anche nella fase esecutiva; ciò, peraltro, non solo per la richiamata autonomia dei due rami dell’ordinamento, ma anche per il dato, non meno rilevante, che il giudizio che si celebra innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport non è certamente un giudizio di esecuzione. Tanto chiarito, il Collegio rileva che la Corte Federale ha comunque esplicitato compiutamente e in modo assai convincente la tecnica giuridica adoperata, nel caso di specie, per l’applicazione dell’istituto della continuazione e, viepiù, le ragioni di diritto per le quali non ha potuto prendere in considerazione, ai suddetti fini, i fatti accertati con sentenze passate in giudicato. Afferma, infatti, la CFA: “Sotto tale profilo, deve precisarsi, con riferimento più generale all'applicazione dell'istituto della continuazione invocata dal reclamante, che questa Corte non conosce, né può comunque valutare, seppur al solo limitato scopo di stabilire l'eventuale ricorrenza della continuazione, fatti e violazioni contestate in separati e diversi giudizi e, segnatamente, nel procedimento di cui al deferimento n. 8999/90 (delibera TFN n. 68 del 12/04/2016, confermata dalla CFA n. 12 del 28/07/2016, annullata con rinvio CGS n. 49 del 18/10/16 e, quindi, riconfermata dalla CFA n. 73 del 1/12/2016) e nel procedimento di cui al deferimento n. 9363/246 (delibera TFN n. 93 del 30/06/16, confermata dalla CFA — Sez. Unite n, 48 del 14.10.16). Infatti, a prescindere dalla impossibilità, per così dire, tecnica, attesa la mancata conoscenza degli atti del diverso procedimento, vi osterebbe comunque l'autorità di giudicato acquisita, appunto, dalla predetta pronuncia. L'accertamento contenuto nella predetta decisione, infatti, una volta divenuto definitivo, non è più modificabile, né dal giudice che lo ha emesso, né dai giudici di grado superiore (c.d. inoppugnabilità) ed è incontestabile non solo sul piano sostanziale, ma, ad avviso di questa Corte, anche in ogni eventuale successivo processo, seppur in relazione ad effetti limitati (c.d. incontentabilità esterna del contenuto della decisione). Del resto, è noto che il giudicato formale, che esprime la definitività del provvedimento, e quello sostanziale, volto a rappresentare la vincolatività del contenuto dello stesso, sono considerati momenti fondamentali, se non indefettibili, del nostro ordinamento giuridico, anche in relazione alla tutela dei diritti ed alla certezza dei rapporti giuridici ed alla stabilità degli accertamenti giudiziari. Diversamente ritenendo si recherebbe, peraltro, un evidente vulnus allo stesso sistema della giurisdizione dichiarativa, che si svolge a cognizione piena, nell'ambito di processi dotati di specifico rigore formale, che si chiudono, appunto, con una decisione idonea al giudicato formale ed a quello materiale”.
Decisione C.F.A.: C. U. n. 65/CFA del 06 Dicembre 2017 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 12/TFN del 27.9.2017
Impugnazione – istanza: RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECISIONE PRONUNCIATA NEI CONFRONTI DEL SIG. P. V.(ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL COMITATO REGIONALE CAMPANIA – LND) SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 17 C.G.S. - NOTA N. 734/1037 PF16-17 GP/CS/GB DEL 24.7.2017 - RICORSO DEL SIG. P. V. (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL COMITATO REGIONALE CAMPANIA - LND) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 18 INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 17 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 734/1037 PF16-17 GP/CS/GB DEL 24.7.2017 - RICORSO DELLA LND EX ART. 42 C.G.S. AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLA SANZIONE INFLITTA AL SIG. V. P. PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 17 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 734/1037 PF16-17 GP/CS/GB DEL 24.7.2017
Massima: Il tema generale della “continuazione” dell’illecito ha formato oggetto di una complessa e stratificata elaborazione teorica, parallela alla evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’istituto. In sintesi, pur in assenza di una disciplina specifica dell’ordinamento sportivo che preveda compiutamente la disciplina della continuazione, la Corte del Coni ha affermato il principio secondo cui, ai fini della concreta determinazione della misura della sanzione, pur nel rispetto dei limiti edittali (spesso caratterizzati da ampia flessibilità), il giudice debba tenere nel massimo conto la circostanza della connessione con altri addebiti, ancorché essi siano già stati accertati con precedenti pronunce definitive.. Il Collegio non ha motivo di discostarsi da questa impostazione di fondo, pur rilevando l’opportunità che, in prospettiva, l’ordinamento positivo definisca con maggiore chiarezza la rilevanza dei principi della continuazione, dosando in modo appropriato le esigenze garantiste ed equitative poste a base dell’istituto, con le caratteristiche proprie dell’ordinamento sportivo. In concreto, tuttavia, il Collegio ritiene che non vi siano elementi sufficienti per dimostrare la effettiva sussistenza dei presupposti per l’applicazione dei principi della continuazione dell’illecito.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 065/CFA del 23 Novembre 2016 e 074/CFA del 01 Dicembre 2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 089/CFA del 18 Gennaio 2017 e su www.figc.it
Decisione impugnata: Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Sezioni Unite - Decisione n. 46/2016 dell’11.10.2016
Impugnazione – istanza: 5. RICORSO DEL C.O.N.I. - COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT SU GIUDIZIO DI RINVIO EX ART. 62 COMMA 2 C.G.S. C.O.N.I. ED ART. 34BIS COMMA 3 C.G.S. F.I.G.C. IN ORDINE ALLA DETERMINAZIONE DELLE SANZIONI INFLITTE AI SIGG.RI S.A.E A.C. SEGUITO DECISIONI DELLA CORTE FEDERALE DI APPELLO – SEZIONI UNITE - COM. UFF. N. 105/CFA DEL 15.4.2015
Massima: A seguito del giudizio di rinvio disposto dal Collegio di Garanzia, la Corte in applicazione del principio della continuazione ridetermina la sanzione di anni 15 e mesi 6 di inibizione, con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., oltre a una ammenda pari a € 135.000,00 a carico di un incolpato sanzionato per una serie di illeciti sportivi in quella di anni 5 con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C., oltre all’ammenda di € 74.000,00, così come ridetermina la squalifica di 6 anni e mesi oltre € 60.000,00 a carico di altro incolpato sempre sanzionato per illecito sportivo in quella di anni 4, mesi 7, oltre all’ammenda di € 44.000,00…..questa Corte è tenuta a prendere atto della decisione del Collegio di Garanzia, ritenendo, tuttavia, sotto tale profilo, che il richiamo alla continuazione sia stato effettuato non tanto alla diretta ed integrale applicazione, al procedimento disciplinare sportivo, della disposizione codicistica di cui all’art. 81 c.p., quanto, ai principi generali dell’istituto medesimo. Del resto, ad una formale, diretta ed integrale applicazione, all’ordinamento federale, della disposizione di cui all’art. 81 si opporrebbe l’espresso richiamo fatto dalla norma di cui all’art. 2, comma 6, del codice di giustizia sportiva del Coni («Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva»). Sotto tale profilo, del resto, la giurisprudenza endo ed esofederale ha costantemente affermato la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come, appunto, il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti che si svolgono in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto. Quelle sottoposte alla giustizia sportiva sono controversie che vanno risolte alla luce delle norme poste nell’ambito dell’ordinamento sportivo, ordinamento che ha, conserva e deve conservare la capacità di regolare fattispecie generali ed astratte con valenza verso la generalità dei soggetti che spontaneamente aderiscono allo stesso ordinamento, in funzione del perseguimento di specifiche finalità, pur sempre rientranti nell’interesse generale in ragione del quale esso stesso è costituito. Non possono, pertanto, che nutrirsi dubbi sulla possibilità concettuale, prima ancora che normativa, di introdurre, nell’ambito del procedimento sportivo, specifiche regole di diritto sostanziale o di diritto procedurale proprie di altri sistemi di giustizia e, segnatamente, di quelle poste dal legislatore ordinario per il processo penale. Diverse sono le posizioni giuridiche coinvolte e la rilevanza delle stesse; diverse sono le finalità perseguite dall’ordinamento sportivo e da quello generale. Nel processo sportivo si ritiene debbano essere applicate le disposizioni dell’ordinamento federale e di quello generale sportivo, anche internazionale. Solo in via eccezionale e nella sola ipotesi di lacuna possono essere di ausilio le regole dettate per altri sistemi di giustizia e, in particolare, di quello civile, fermi restando, ovviamente, i principi inderogabili che presidiano il nostro ordinamento costituzionale, tra cui, in primo luogo, il diritto di difesa. Ciò osservato, in via incidentale ed al solo fine di offrire un possibile contributo alla ricostruzione interpretativa della fattispecie, questa Corte, come si diceva, è vincolata all’applicazione del principio di diritto affermato dal Collegio di Garanzia dello Sport del Coni e, dunque, a valutare se sussistono, nel caso di specie, i presupposti per applicare i principi propri dell’istituto della continuazione. Nell’ambito della prospettiva rivalutativa propria di questo giudizio di rinvio, ritiene, questa Corte, che, nel caso di specie, sia dimostrata l'esistenza di un articolato programma criminoso consistente non solo nell'alterazione di una serie di partite, tra cui quelle indicate in motivazione, ma anche nell'effettuazione di tutta una serie di scommesse sportive al fine della realizzazione di illeciti profitti. Gli atti acquisiti al procedimento hanno, come detto, evidenziato un quadro probatorio del tutto sufficiente in ordine all’affermazione della sussistenza della fattispecie disciplinare associativa contestata. Vi è in atti ampia prova dell'esistenza di uno stabile vincolo associativo tra alcuni dei soggetti deferiti, tra cui, appunto, C. ed A., con una precisa distribuzione di compiti e di ruoli, come, peraltro, già accertato con decisione che, sotto siffatto profilo, ha acquisito autorità di giudicato. Il materiale probatorio consente, insomma, di ritenere dimostrata l’esistenza di una vera e propria organizzazione, costituita da tesserati ed altri soggetti, preordinata ad alterare lo svolgimento e/o il risultato di competizioni sportive, al fine sia di effettuare scommesse dall’esito predeterminato e di ottenere illeciti profitti, sia di assicurare un vantaggio ad una data squadra. Del pari, dimostrato ed illustrato, anche dalle risultanze delle captazioni investigative, l'elemento soggettivo in ordine alla consapevolezza, in capo a ciascuno dei due ricorrenti, per quanto qui interessa, di partecipare e contribuire attivamente, alla vita dell’associazione, svolgendo il compito specifico assegnato per il conseguimento del comune (illecito) fine associativo. Nel caso di specie, le condotte degli associati di cui trattasi e, segnatamente, per quanto qui rileva, di A. e C., come già definitivamente riconosciuto, sono quelle tipiche della partecipazione associativa, per quanto sopra già evidenziato e in attuazione dei principi giurisprudenziali elaborati in materia, anche considerato che la distinzione tra la partecipazione ad una associazione ed il concorso esterno «non ha natura meramente quantitativa, ma è collegata alla organicità del rapporto tra il singolo e la consorteria, per cui deve essere qualificato come contributo di partecipazione quello del soggetto cui sia stato attribuito un ruolo nel sodalizio, anche se lo stesso non abbia mai avuto occasione di attivarsi, mentre, al contrario, va qualificato come contributo concorsuale “esterno” quello dell' “extraneus”, sulla cui disponibilità il sodalizio non può contare, che sia stato più volte contattato per tenere determinate condotte agevolative, concordate sulla base di autonome determinazioni» (Cassazione pen., sez. II, 30 aprile 2015, n. 34147). Del resto, «la differenza tra il concorso di persone nel reato e il reato di associazione per delinquere consiste nel fatto che, nel primo caso, l'accordo criminoso è circoscritto alla commissione di uno o più reati singolarmente individuali e si esaurisce dopo la loro commissione, mentre, nel secondo caso, il pactum sceleris prescinde dalla commissione dei singoli reati ed è caratterizzato dall'esistenza di una struttura organizzata più o meno complessa e dalla predisposizione di mezzi necessari all'attuazione del programma comune a tutti gli associati» (così Cass. pen., sez. I, 6 maggio 2003, n. 23455). Orbene, nel caso di specie il ruolo dei ricorrenti è organico all’associazione. Sono tutti e due, ciascuno in relazione ai propri compiti, essenziali alla realizzazione del programma illecito e ciascun aderente sa di poter contare sulla disponibilità degli altri associati ed è consapevole del ruolo da ciascuno di essi svolto in attuazione del vincolo associativo. E, come noto, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trova in rapporto di stabile ed organica compenetrazione con il tessuto organizzativo della associazione criminale, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l'interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (cfr., in siffatti termini, anche Cassazione pen., sez. II, 10 dicembre 2014, n. 53675). In tale quadro di riferimento ed anche alla luce di siffatta partecipazione alla associazione ex art. 9 CGS di cui trattasi deve, come detto, esaminarsi se le singole condotte contestate, nel presente procedimento disciplinare, ad A. e C., siano tutte correlate e poste in essere in esecuzione del medesimo disegno criminoso o, comunque, legate dal vincolo della continuazione. Esame, questo, come già più volte rilevato, funzionale alla sola determinazione della corretta retribuzione sanzionatoria. Come già evidenziato dal Collegio di Garanzia nella sua decisione di rinvio a questa Corte, ai sensi dell’art. 81 cpv. c.p. si ha reato continuato quando l’agente commette, anche in tempi diversi, con più azioni od omissioni, una pluralità di reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Nell’ambito tipicamente penalistico si specifica, poi, che gli elementi costitutivi del reato continuato sono tre: a) una pluralità di azioni od omissioni (pluralità, che non deve essere tale solo in senso naturalistico); b) più violazioni di legge; c) un medesimo disegno criminoso. La figura del reato continuato, insomma, viene in rilievo quando il soggetto agente compie più azioni destinate allo stesso fine reato o anche alla violazione di più precetti. Ora, non vi è dubbio che la circostanza che la pluralità di violazioni commesse dal medesimo soggetto sia attuazione di un medesimo disegno criminoso dimostra una minore riprovevolezza complessiva nel comportamento dell’agente e, di conseguenza, giustifica un trattamento sanzionatorio più mite rispetto alle normali ipotesi di concorso materiale. L’agente, in diversi termini, individuando ab initio le diverse condotte violative da porre in essere esprime una minore intensità di volontà criminosa globale. Orbene, ciò premesso sul piano generale, ed a prescindere dagli specifici criteri dettati dall’art. 81 c.p., si ritiene che le condotte poste in essere dai sigg.ri C. ed A. costituiscano, nel caso di specie, una pluralità di azioni unificate dal vincolo della continuazione; qualificazione, questa, che rileva ai fini della riprova di un minor disvalore complessivo dell’agente e, di conseguenza, giustifica un trattamento sanzionatorio più mite rispetto all’ipotesi della mera somma delle diverse condotte antidoverose, come meglio in seguito precisato. Le complessive corpose emergenze istruttorie, nella decisione poi fatta oggetto del presente rinvio già dettagliatamente (si reputa) indicate (ed a cui si fa rinvio, anche al fine di non appesantire inutilmente la presente esposizione), denotano, con ogni evidenza, consentendo di affermarla, una rappresentazione unitaria sin già dal momento ideativo delle diverse condotte disciplinarmente rilevanti contestate ai sigg.ri A. e C., tali, in effetti, da escludere una successione di autonome risoluzioni illecite. La successione spazio-temporale degli illeciti perpetrati, con responsabilità ormai affermata con autorità di giudicato, nonché il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse condotte illecite e violative contestate, alla luce dell’unicità del disegno crimonoso ideato dall’associazione ex art. 9 CGS di cui trattasi – alla quale entrambi hanno, appunto, partecipato ed aderito – e in esecuzione del quale si inseriscono i singoli episodi illeciti, sono tali da escludere l'occasionalità degli stessi. C. è in continuo contatto con gli altri sodali al fine di reperire partite da combinare, seguirne le “trattative” e provvedere alle eventuali scommesse del caso. Conseguenza, per così dire, inevitabile quella dell’omissione della denuncia degli illeciti di cui lo stesso viene, ovviamente, a conoscenza. Nello stesso senso, accedono, per così dire, a questo illecito principale, per come pur sempre inserito nella partecipazione all’associazione ex art. 9 CGS e sostanziale attuazione della trama associativa, anche la condotta violativa del divieto di scommesse e quella, conseguente, dell’omissione di denuncia relativamente alla conoscenza delle scommesse (vietate) effettuate da altri, siano essi appartenenti o meno all’associazione di cui si è detto. A. è a disposizione dell’associazione e del duo C.-M., in particolare, sia in relazione alle combine delle gare, sia in relazione alle scommesse, e le condotte allo stesso ascritte sono, con ogni evidenza, anch’esse legate dal vincolo della continuazione, per essere singoli momenti attuativi di un predefinito comune programma illecito, pur privo di specifica originaria individuazione….Ebbene, le diverse violazioni, come detto, fanno parte di una fattispecie quantomeno assimilabile allo schema del reato continuato, poiché ci si trova in presenza di una pluralità di azioni e/o omissioni, poste in essere, nell’ambito di un programmato piano alterativo delle gare, anche ai fini di scommessa, in esecuzione di un disegno criminoso sostanzialmente unitario. Quest’ultimo, in generale, presuppone un elemento intellettivo, ossia la rappresentazione anticipata della successiva attività antidoverosa, ma anche un elemento “finalistico”, costituito dalla unicità dello scopo. Nel caso di specie, è individuabile, per quanto anche evidenziato nella motivazione della decisione di questa Corte pubblicata sul C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016, in capo ai sigg.ri A. e C., una decisione assunta ex ante, sin dal momento dell’adesione al sodalizio associativo di cui si tratta, di porre in essere diverse condotte idonee a violare le disposizioni di cui alle seguenti norme del codice di giustizia sportiva: art. 7, comma 1 e 2, (illecito sportivo); art. 7, comma 7, (obbligo di denuncia illecito sportivo); art. 6, comma 2, (divieto di scommesse); art. 6, comma 5, (obbligo di denuncia della violazione del divieto di scommesse). In tale prospettiva deve ritenersi che, ai fini della configurabilità della continuazione, la rappresentazione anticipata della futura attività criminosa, se deve, di certo, essere caratterizzata dalla unicità di scopo, non è, invece, necessario si risolva in una serie di episodi “delittuosi” dettagliatamente e concretamente programmati, essendo sufficiente che le condotte antidoverose costituenti violazioni di disposizioni federali si pongano in rapporto di interdipendenza funzionale rispetto al conseguimento di un unico fine. In altri termini, con riferimento all’ordinamento federale, affinchè sia riconosciuta la 54 continuazione, deve reputarsi necessario, ma anche sufficiente, una iniziale, pur generica, programmazione di compiere una pluralità di illeciti, in attuazione del mesedimo disegno criminoso ed in vista del conseguimento di un unico prefissato scopo, sufficientemente specifico. Diversamente opinando, del resto, laddove fosse richiesta, per poter riconoscere le attenuazioni sanzionatorie correlate all’applicazione dell’istituto della continuazione, una programmazione dettagliata delle varie condotte illecite, l’istituto resterebbe praticamente inapplicabile. ==> In sintesi, dunque, il sig. A. è stato chiamato a rispondere, per quanto concerne il presente procedimento disciplinare, di condotte, legate dal vincolo della continuazione, violative delle seguenti norme: - art. 9 CGS; - (n. 2) art. 7, comma 1 e 2, CGS (illecito sportivo), con aggravante comma 6; - (n. 3) art. 7, comma 7, CGS (obbligo di denuncia illecito sportivo); - (n. 4) art. 6, comma 2, CGS (divieto di scommesse); - (n. 4) art. 6, comma 5, CGS (obbligo di denuncia violazione del divieto di scommesse). ==> il sig. C. è stato, invece, chiamato a rispondere, per quanto concerne il presente procedimento disciplinare, di condotte, legate dal vincolo della continuazione, violative delle seguenti norme: - art. 9 CGS; - (n. 8) art. 7, comma 1 e 2, CGS (illecito sportivo), con aggravante comma 6; - (n. 1) art. 7, comma 7, CGS (obbligo di denuncia illecito sportivo); - (n. 4) art. 6, comma 2, CGS (divieto di scommesse); - (n. 4) art. 6, comma 5, CGS (obbligo di denuncia violazione del divieto di scommesse). Per tali ragioni, dunque, in ordine alla minore riprovevolezza o, meglio, al complessivo minor disvalore disciplinare-sportivo rinvenibile nella fattispecie della pluralità di condotte commissive e/o omissive legate dal requisito della continuazione, quali quelle, appunto, oggetto della fattispecie, il complessivo trattamento sanzionatorio infitto ai sigg.ri A. e C. deve essere ritederminato, in riduzione, alla luce dei criteri meglio di seguito illustrati ed in concreta attuazione dei relativi principi posti dal Collegio di Garanzia dello Sport del Coni. Ciò premesso, questa Corte, sulla base delle indicazioni fornite dal Collegio di Garanzia e fermo restando che, «con decisione insindacabile in sede di legittimità», come precisato dal predetto Collegio, tra le varie condotte dai sigg.ri C. ed A. poste in essere in violazione delle disposizioni federali, la CFA, con specifico riferimento alla particolarità del caso di specie, ha ritenuto di maggiore gravità l’illecito associativo ex art. 9 CGS, ritiene congruo complessivamente rideterminare il trattamento sanzionatorio degli stessi in applicazione dei seguenti criteri: pena base per l’illecito associativo: inibizione o squalifica anni tre e ammenda euroè trentamila, anche considerata l’appartenenza al settore dilettantistico; così aumentata in relazione alle ulteriori violazioni legate dal vincolo della continuazione: » per ciascun illecito ex art. 7, commi 1 e 2, CGS: inibizione / squalifica mesi quattro, oltre all’ammenda di euro cinquemila; la predetta sanzione deve essere aggravata, ai sensi dell’art. 7, comma 6, CGS, con l’applicazione di ulteriori mesi 1 di inibizione / squalifica; » per ciascuna violazione ex art. 7, comma 7, CGS: inibizione / squalifica mesi 1; » per ciascuna violazione ex art. 6, comma 2, CGS: inibizione / squalifica mesi 1, oltre all’ammenda di euro mille, anche considerata l’appartenenza al settore dilettantistico; » per ciascuna violazione ex art. 6, comma 5, CGS: inibizione / squalifica giorni 15. Appare opportuno precisare che i predetti criteri sono stati determinati in relazione alla specifica fattispecie oggetto del presente procedimento, avuto riguardo al complessivo contesto di riferimento e tenuto conto dell’appartenenza al settore dilettantisco dei deferiti. Ne consegue che detti criteri non sono suscettibili di immediata, automatica ed acritica estensione ad altri procedimenti e contesti disciplinarmente rilevanti. In applicazione dei suddetti criteri, la sanzione deve, dunque, essere così complessivamente rideterminata: A.: squalifica per anni 4, mesi sette, oltre ammenda euro 44.000,ooØ (quarantaquattromila), e precisamente: - art. 9 CGS: squalifica anni tre + ammenda euro trentamila; - (n. 2) art. 7, comma 1 e 2, CGS (con aggravante comma 6): squalifica mesi 10 + ammenda euro diecimila; - (n. 3) art. 7, comma 7, CGS: squalifica mesi tre; - (n. 4) art. 6, comma 2, CGS: squalifica mesi quattro + ammenda euro quattromila; - (n. 4) art. 6, comma 5, CGS: squalifica mesi due. > C.: inibizione anni sei, mesi undici, oltre ammenda euro 74.000,oo (settantaquattromila), e precisamente: - art. 9 CGS: inibizione anni tre + ammenda euro trentamila; - (n. 8) art. 7, comma 1 e 2, CGS (con aggravante comma 6): inibizione anni 3, mesi quattro + ammenda euro quarantamila; - (n. 1) art. 7, comma 7, CGS: inibizione mesi 1; - (n. 4) art. 6, comma 2, CGS: inibizione mesi quattro + ammenda euro quattromila; - (n. 4) art. 6, comma 5, CGS: inibizione mesi due. Così, dunque, rideterminata, in applicazione dell’istituto della continuazione ed alla luce dei principi posti dal Collegio di Garanzia, la concreta misura sanzionatoria, questa Corte è tenuta a contenere quella del sig. C. nei limiti della previsione di cui all’art. 19, comma 3, CGS («La sanzione prevista alla lettera h) non può superare la durata di cinque anni), come letteralmente interpretata dallo stesso predetto Collegio ed in applicazione, quindi, dell’altro principio di diritto enunciato nella decisione n. 46 del 2016 dall’Organo di vertice della giustizia sportiva italiana: «Dal chiarissimo tenore letterale della norma emerge che, sia in caso di unicità di condotta illecita che, per quanto osservato, di continuazione da sanzionare con la squalifica, la sanzione complessiva non può in nessun caso superare i cinque anni, tanto è vero che nelle ipotesi di particolare gravità – fermo restando il limite massimo anzidetto – alla misura massima edittale può semmai accompagnarsi soltanto l’applicazione della prevista sanzione accessoria». Per ragioni di completezza espositiva, questa Corte reputa opportuno evidenziare, seppur in via meramente incidentale, che appare del tutto corretto l’assunto della Procura federale secondo cui il tetto massimo della sanzione (5 anni + preclusione) previsto dal codice di giustizia sportiva può essere applicato a ciascun illecito, a ciascuna violazione e non costituisce certamente una soglia massima complessiva oltre cui il tesserato non è più soggetto ad alcuna pena disciplinare. Confortano, all’evidenza, una tale lettura sia una interpretazione di carattere letterale, sia uno sviluppo elaborativo di tipo logico. Sotto il primo profilo, occorre considerare che la norma fa testuale ed espresso riferimento alla (singola) “infrazione”. Così la stessa, infatti, recita: «La sanzione prevista alla lettera h) non può superare la durata di cinque anni. Gli Organi della giustizia sportiva che applichino la predetta sanzione nel massimo edittale e valutino l’infrazione commessa di particolare gravità possono disporre altresì la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC». Appare, dunque, evidente che la sanzione della inibizione o della squalifica, fino al massimo edittale di anni cinque, può essere applicata a ciascun illecito (i.e. per ogni “infrazione”). Sotto il secondo aspetto, una diversa interpretazione (anni 5 come tetto massimo complessivo per ciascun tesserato, per sempre e per tutte le violazioni dallo stesso commesse) condurrebbe alla paradossale conseguenza che un tesserato, in ipotesi ritenuto responsabile di un illecito considerato grave e punito con la sanzione massima di anni 5 più preclusione, non potrebbe più essere chiamato a rispondere e sanzionato per eventuali successive condotte illecite, così restando – in ordine alle stesse – impunito! In tale prospettiva, peraltro, occorre anche tenere presente che tra due possibili interpretazioni di una disposizione normativa, deve essere preferita quella che appare cosituzionalmente orientata. E, per quanto, seppur in rapida sintesi, appena detto, questa Corte non ritiene che la diversa lettura (impunità per gli illeciti successivi al primo – in ipotesi – sanzionato con il massimo edittale) possa dirsi costituzionalmente orientata, e, ancor prima, in linea e coerente con il sistema di principi e di valori su cui si fonda l’ordinamento sportivo. Da ultimo è anche possibile evidenziare che sul punto è rinvenibile, un consistente e pacifico contributo della giurisprudenza endofedereale, al quale il Collegio intende continuare a uniformarsi, che ha sempre affermato, quantomeno in via di prassi applicativa, il principio della possibilità di irrogare la sanzione della squalifica o della inibizione anche oltre il tetto di anni cinque nella ipotesi di infrazioni diverse. Ciò premesso sul piano astratto e dei principi, tornando alla concreta rideterminazione del giusto trattamento retributivo, oggetto del presente giudizio di rinvio, la sanzione da applicare al sig. Antonio C., in pratica attuazione della norma prima ricordata e del principio interpretativo posto dal Collegio di Garanzia, deve essere, pertanto, contenuta nel massimo edittale, ossia anni cinque di inibizione, ferma restando l’ulteriore sanzione dell’ammenda di euro 74.000,oo. Nel caso di specie, infatti, pur trattandosi di diverse violazioni (in teoria, quindi, suscettibili di essere nel complesso sanzionate con una pena superiore ai cinque anni di inibizione), le stesse sono, come detto, legate dal vincolo della continuazione e, dunque, in forza del principio di diritto posto dal Collegio di Garanzia dello Sport del Coni («Dal chiarissimo tenore letterale della norma emerge che, sia in caso di unicità di condotta illecita che, per quanto osservato, di continuazione da sanzionare con la squalifica, la sanzione complessiva non può in nessun caso superare i cinque anni») la sanzione come sopra quantificata in anni sei e mesi undici, deve essere limitata ad anni cinque. Alla predetta sanzione della inibizione per anni cinque deve, poi, tuttavia, essere aggiunta la sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC. Così, infatti, dispone la norma di cui al sopra riferito art. 19, comma 3, ultimo periodo, CGS: «Gli Organi della giustizia sportiva che applichino la predetta sanzione nel massimo edittale e valutino l’infrazione commessa di particolare gravità possono disporre altresì la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC». Sotto tale profilo, infatti, non nutre alcun dubbio, questa Corte, che le infrazioni commesse dal sig. C. siano non solo particolarmente gravi, ma anche ripetute con comportamento consolidato nel tempo e denotino un inequivoco disprezzo per le regole dell’ordinamento federale. Peraltro, dalla complessiva condotta di cui trattasi traspare, in modo inequivoco, la volontà del sig. C. di servirsi dell’appartenenza al mondo del calcio per fini personali e/o per ricercare illeciti profitti da realizzarsi in violazione delle norme dell’ordinamento federale e, più in generale, dei principi e dei valori propri del mondo dello sport e di quello dilettantisico, in particolare. Il complessivo comportamento del sig. C. si connota, in altri termini, per l’evidente disvalore rispetto all’ordinamento sportivo e merita specifica valutazione, anche a tutela dell’ordinato e regolare svolgimento dei campionati. In conclusione, la gravità e la intensità lesiva dei singoli episodi disciplinarmente contestati al sig. C., il rilevante grado di disvalore disciplinare-sportivo della condotta complessiva del medesimo e del suo stesso approccio al giuoco del calcio, inducono, questa Corte, a ritenere inevitabile infliggere allo stesso predetto sig. C. anche la sanzione della preclusione.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Sezioni Unite: Decisione n. 46 del 11/10/2016 – www.coni.it
Decisione impugnata: Decisione della Corte Federale d’Appello FIGC – Sezioni Unite – pubblicata, nelle motivazioni, con C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016, con la quale è stato rigettato il ricorso e, per l’effetto, è stata confermata la decisione assunta in primo grado, in virtù della quale il ricorrente sig. A. è stato sanzionato in continuazione con la squalifica di 3 anni per l’associazione ex art. 9 del Codice della Giustizia Sportiva, oltre, sempre in continuazione, alla squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni e all’ammenda pari ad € 60.000,00. Decisione della Corte Federale d’Appello FIGC – Sezioni Unite – pubblicata, nelle motivazioni, con C.U. n. 105/CFA del 15 aprile 2016, con la quale è stato rigettato il ricorso e, per l’effetto, è stata confermata la decisione assunta in primo grado, in virtù della quale il ricorrente sig. C. è stato sanzionato in continuazione con la inibizione a svolgere qualsiasi attività nell’ambito della FIGC per anni 5 (cinque), oltre, sempre in continuazione, la inibizione di ulteriori anni 5 e mesi 6 per le altre accertate violazioni e all’ammenda pari ad € 85.000,00
Parti: S. A./A. C./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Accolti i ricorsi e per l’effetto disposto il rinvio alla Corte affinchè rinnovi la sua valutazione, in ordine alla ravvisabilità della continuazione e alle conseguenze sulla quantificazione di tutte le sanzioni, fornendone adeguata motivazione…Come noto, il reato continuato è previsto dal secondo comma dell’articolo 81 c.p., ai sensi del quale “chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge” è soggetto alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino al triplo (come stabilito dall’art. 81, primo comma, c.p.). Con parole semplici, la ratio del cosiddetto cumulo giuridico risiede nel fatto che chi commette più reati con uno scopo unico dimostra minore inclinazione criminale di colui che realizza più reati con più scopi diversi. Per l’applicazione dell’istituto della continuazione, ispirato al principio del favor rei, devono sussistere i seguenti elementi costitutivi: 1) una pluralità di azioni o omissioni, compiute anche in tempi diversi; 2) una pluralità di violazioni di legge (della medesima o di diverse norme); 3) il collegamento tra le diverse condotte volte alla esecuzione di un unico disegno criminoso. L’ultimo requisito citato consente di distinguere l'ipotesi del concorso materiale da quella del reato continuato. Infatti, in difetto di uno scopo unitario, il concorso materiale impone di applicare il cumulo delle sanzioni per ogni violazione accertata; se, invece, gli stessi reati sono commessi sulla base di un disegno complessivo e unitario, trova applicazione la pena prevista per il reato più grave, aumentata fino al triplo. Secondo il costante insegnamento della Suprema Corte, l’accertamento di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse azioni e/o omissioni, tali da escludere una successione di autonome risoluzioni criminose, in quanto avente ad oggetto la valutazione dell’atteggiamento intellettivo del soggetto agente desumibile da indici rivelatori tratti dalle condotte realizzate, è compito specifico del giudice del merito il cui apprezzamento, qualora correttamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (Cass. Pen., Sez. I, 27/11/1996, n. 6248; Cass. Pen., sez. I, 12/03/2015, n. 24873; per Cass. Pen., Sez. VI, n. 35805 del 24/05/2007, Allegra, Rv. 237643 e Sez. 5, n. 1863/99 del 26/11/1998, E., Rv. 212519, dove si precisa che l'identità del disegno criminoso deve essere negata, qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto l'occasionalità di uno di essi). Una volta accertato il vincolo della continuazione tra le diverse condotte, ai fini della concreta determinazione della pena complessiva, il giudice del merito è tenuto a valutare i singoli reati (nel caso in esame, le singole violazioni) autonomamente e ad individuare, tra essi, quello più grave, facendo riferimento alla pena comminata in astratto, sulla base del genere e dell’entità, considerando il delitto sempre più grave della contravvenzione ancorché quest’ultima possa essere punita con una pena edittale maggiore di quella prevista per il delitto. Individuata la violazione più grave, il giudice deve tener conto delle singole circostanze in cui il reato si è manifestato e quindi, salvo che specifiche disposizioni lo escludano, è tenuto ad effettuare il doveroso giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti con quelle aggravanti avendo cura, in caso di prevalenza delle prime, di calcolare nel minimo l’effetto di riduzione e, in caso di prevalenza delle aggravanti, di calcolare nel massimo l’aumento (Cass., Sez. Unite, 13/6/2013, n. 25939; Cass., Sez. Unite, 27/11/2008, n. 3286). Effettuate le esposte operazioni, i reati satelliti perdono autonomia sanzionatoria e il relativo trattamento confluisce nella pena unitaria ancorché il giudice sia tenuto a calcolare, secondo la più rigorosa giurisprudenza, l'aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i singoli reati satellite anziché unitariamente (Cass. Pen., sez. V, 18/02/2015, n. 16015). Delineati i presupposti applicativi e le modalità di determinazione della sanzione nel reato continuato, il Collegio osserva che correttamente i ricorrenti lamentano la violazione del primo periodo del terzo comma dell’art. 19 CGS, in virtù del quale “La sanzione prevista alla lettera h) non può superare la durata di cinque anni”. Attraverso modalità non dissimili da quelle previste dai nn. 1, 2 e 3 del primo comma dell’art. 78 c.p., la citata disposizione introduce, per la sanzione della squalifica, il limite massimo di 5 anni disponendo espressamente, nel successivo periodo, che, qualora “gli Organi della giustizia sportiva … applichino la predetta sanzione nel massimo edittale e valutino l’infrazione commessa di particolare gravità, possono disporre altresì la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC”. Dal chiarissimo tenore letterale della norma emerge che, sia in caso di unicità di condotta illecita che, per quanto osservato, di continuazione da sanzionare con la squalifica, la sanzione complessiva non può in nessun caso superare i cinque anni, tanto è vero che nelle ipotesi di particolare gravità – fermo restando il limite massimo anzidetto - alla misura massima edittale può semmai accompagnarsi soltanto l’applicazione della prevista sanzione accessoria. Anche valorizzando la ratio dell’art. 78 c.p., cui appare ispirata la disposizione in esame, ben potrebbe sostenersi in termini generali che l’esposta conclusione resti valida anche in caso di cumulo materiale di violazioni e di concorso di illeciti concorrenti con altro continuato. Tanto premesso, nella odierna fattispecie la Corte Federale, pur seguendo l’impostazione fornita dal Tribunale Federale Nazionale nel provvedimento all’epoca reclamato e riconoscendo il vincolo della continuazione tra gli illeciti oggetto della decisione passata in giudicato del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, pubblicata sul C.U. n. 17 del 20 agosto 2015 (già sanzionati, per il sig. A., con la squalifica per anni 2 e mesi tre, oltre che con l’ammenda di euro 25.000), e quelli oggetto del presente giudizio, nell’applicare, in relazione a questi ultimi, “la squalifica di anni 3 per l’associazione ex art. 9 CGS e, sempre in continuazione, la squalifica di ulteriori anni 3 per le altre accertate violazioni, e ammenda di euro 60.000”, ha determinato complessivamente la sanzione della squalifica in anni 8 e mesi 3 (e l’ammenda in di 85.000 euro) in evidente violazione del citato primo periodo del terzo comma dell’art. 19 CGS, sia con riferimento ai fatti esaminati nel giudizio (n. 2 illeciti sportivi, n. 1 associazione, n. 4 omesse denunce di illecito, n. 4 divieto di scommesse e n. 4 omesse denunce di scommesse, per un totale di 6 anni di squalifica) che a tutti quelli avvinti dal vincolo della continuazione (8 anni di squalifica). La decisione impugnata è, inoltre, priva di qualsivoglia motivazione sia in ordine alla ravvisabilità della continuazione sia in ordine agli aumenti applicati per ciascun reato satellite in considerazione della pena prevista per il reato più grave. ….In altri termini, una volta ritenuto più grave il reato associativo – con decisione insindacabile in sede di legittimità - e considerata anche la precedente condanna (passata in giudicato) ritenuta in continuazione, la sanzione si sarebbe dovuta rideterminare analiticamente come analiticamente si sarebbe dovuto indicare l’aumento di pena per le altre violazioni accertate.
Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 027/CFA del 12 Febbraio 2015 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 038/CFA del 21 Ottobre 2015 e su www.figc.it
Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 27/TFN del 20.1.2015
Impugnazione – istanza: 2. RICORSO SOSTITUTO PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLE SANZIONI: - INIBIZIONE PER MESI 3 AL SIG. F.A. ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETÀ A.S.D. GINNASTICA E CALCIO SORA PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1, C.G.S. IN RELAZIONE AGLI ARTT. 94 TER, COMMA 11 N.O.I.F. E 8, COMMA 9 C.G.S. (VIGENTI ALL’EPOCA DEI FATTI); - INIBIZIONE PER MESI 3 AL SIG. A.P. ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETÀ A.S.D. GINNASTICA E CALCIO SORA PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1, C.G.S. IN RELAZIONE AGLI ARTT. 94 TER, COMMA 11 N.O.I.F. E 8, COMMA 9 C.G.S. (VIGENTI ALL’EPOCA DEI FATTI); - AMMENDA DI € 5.000,00 ALLA SOCIETÀ A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 1, C.G.S. (VIGENTE ALL’EPOCA DEI FATTI), SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO - NOTA 3755/87PF 14-15/DP/FDA DEL 27.11.2014 .
Massima: Contrariamente a quanto previsto dall’art. 10, comma 3, C.G.S., le infrazioni contestate [violazione dell’art. 1 bis, comma 1, C.G.S. vigente all’epoca (oggi trasfuso nell’art. 1 bis, comma 1, C.G.S.) in relazione all’art. 94 ter, comma 11, N.O.I.F. ed all’art. 8, comma 9, C.G.S., vigente all’epoca dei fatti (oggi trasfuso nell’art. 8, comma 9, C.G.S.)] non specificano e non prevedono la circostanza che il punto di penalizzazione debba essere irrogato per ciascun contestuale inadempimento. Nel caso di specie non vi è dubbio che i deferiti, come correttamente accertato dal T.F.N., abbiano commesso più violazioni della medesima norma federale con condotte collocabili in tempi diversi seppure molto ravvicinati. Al riguardo, per le considerazioni sopra espresse, può quindi essere condivisa, nel caso di specie, la ricostruzione operata dal T.F.N. secondo il quale l’istituto della continuazione possa essere preso in considerazione, coerentemente con altri precedenti della giustizia federale; la norma violata, infatti, non stabilisce espressamente l’applicazione del cumulo materiale; al tempo stesso è indubitabile che la riconduzione delle violazioni oggetto dei diversi deferimenti al medesimo ristretto ambito temporale e alla identità di cause (stato di palese difficoltà economica della società) consentono di individuare quell’unità di scopo presupposta dalla figura della continuazione. Si deve ritenere che, proprio alla luce di tali elementi oggettivi, la violazione reiterata della medesima norma federale sia frutto di una valutazione degli autori presupposta alla condotta stessa e quindi precedente la consumazione della violazione e sia da ritenere comune alla prima come alla successiva identica condotta, entrambe già programmate nelle loro linee fondamentali per fare fronte alla contingente situazione di difficoltà e quindi non in rapporto tra loro di mera occasionalità. Pertanto, premesso che la norma non consente di accedere al cumulo materiale e che debbano essere opportunamente valutati, in fatto, la condizione di difficoltà economica della società e la collocazione delle violazioni nel medesimo arco temporale, la Corte ritiene che sia corretta la rideterminazione della sanzione operata dal T.F.N. con conseguente rigetto del gravame.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.027/TFN del 20 Gennaio 2015 - www.figc.it
Impugnazione Istanza: (54) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: F.A. (all’epoca dei fatti Presidente e Legale rappresentante della Società ASDGinnastica e Calcio Sora), A.P.(all’epoca dei fatti Presidente eLegale rappresentante della Società ASD Ginnastica e Calcio Sora), Società ASDGINNASTICA E CALCIO SORA - (nota n. 3755/87 pf 14-15 DP/fda del 27.11.2014).
Massima: Il legale rapp.te è sanzionato con la inibizione di mesi 3 per la violazione dell’art. 1, comma 1, del CGS, e dell’art. 8, comma 9, CGS, in relazione all’art. 94 ter, comma 11, NOIF, per non aver ottemperato, nei termini previsti, alla decisione della CAE al pagamento nei confronti del calciatore. La società, a titolo di responsabilità diretta ex articolo 4 comma 1 del CGS per le violazioni ascritte al proprio legale rappresentante, è sanzionata con l’ammenda di Euro 5.000,00. Nella fattispecie in esame può essere preso inconsiderazione l’istituto della continuazione in adesione a quanto precisato dalla Corte di giustizia federale in precedenti casi (vedi da ultimo decisione n. 272 pubblicata in data 21maggio 2014) nei quali si è precisata la possibilità della applicazione di tale istituto laddove non sia prevista espressamente dalle norme l’applicazione di un cumulo materiale ovvero la penalizzazione di un punto in classifica generale per ciascun inadempimento;
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 12 giugno 2014– www.coni.it
Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C. U. n. 301/CGF del 21 maggio 2014
Parti:A.C. Siena SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Per quanto attiene all’eccepita applicabilità dell’istituto della continuazione, il Collegio osserva che nella fattispecie sussiste un primo inadempimento al preciso precetto di cui all’art.85 lett.B, par.VII° delle NOIF, ed un secondo successivo inadempimento di cui alla diversa disposizione di cui all’art.10 c.3 CGS in relazione al titolo 1, par. III punto 1 del C.U. n.167/A del 7.5.2013 e, pertanto, non può trovare applicazione l’istituto della continuazione permeato dal diritto penale. Gli inadempimenti sono distinti, i termini perentori violati sono distinti, le norme violate sono distinte, la collocazione temporale dei due eventi è duplice e, pertanto, non sussiste la previsione del cumulo formale eccepito dalla parte istante (lodi Aurora Pro Patria/FIGC; Juve Stabia/FIGC), mentre ciascun inadempimento maturato, deve dare luogo all’illecito rettamente sanzionato con un punto di penalizzazione ciascuno, (minimo edittale), perché autonomamente sanzionabile.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 10 giugno 2014– www.coni.it
Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C. U. n. 252/CGF del 2 aprile 2014
Parti:A.C. Siena SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio
Massima: Per quanto attiene all’eccepita applicabilità dell’istituto della continuazione, il Collegio osserva che nella fattispecie sussiste un primo inadempimento al preciso precetto di cui all’art.85 lett.B, par.VII° delle NOIF, ed un secondo successivo inadempimento di cui alla diversa disposizione di cui all’art.10 c.3 CGS in relazione al titolo 1, par. III punto 1 del C.U. n.167/A del 7.5.2013 e, pertanto, non può trovare applicazione l’istituto della continuazione permeato dal diritto penale.Gli inadempimenti sono distinti, i termini perentori violati sono distinti, le norme violate sono distinte, la collocazione temporale dei due eventi è duplice e, pertanto, non sussiste la previsione del cumulo formale eccepito dalla parte istante (lodi Aurora Pro Patria/FIGC;Juve Stabia/FIGC), mentre ciascun inadempimento maturato, deve dare luogo all’illecito rettamente sanzionato con un punto di penalizzazione ciascuno, (minimo edittale), perché autonomamente sanzionabile.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 4 Maggio 2011 – www.coni.it
Decisione impugnata: Delibera della CGF pubblicata sul C.U. n. 232/CGF del 06.04.2011
Parti: U.S.D. NOTO CALCIO/FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO e LND
Massima TNAS: (2) Una condotta illecita non riveste un grado di unicità se tale condotta è posta in essere in modo continuativo.
Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n. 7/Cf del 19 giugno 2000 n. 2 – www.figc.it
Impugnazione - istanza:Deferimento del Procuratore federale a carico del sig. F.R., consigliere della L.P.S.C. e amministratore unico dell’A.C. Juve Stabia, per violazione dell’art. 1 comma 3 C.G.S., per aver espresso, nel corso di dichiarazioni rese ad organi di informazione, giudizi lesivi della reputazione dell’arbitro della gara Ascoli Calcio/Juve Stabia del 12.12.1999, e dell’A.C. Juve Stabia, ai sensi dell’art. 6 comma 1 C.G.S., per responsabilità diretta nella violazione ascritta al proprio amministratore unico. Deferimento del Procuratore Federale a carico del sig. F.R., consigliere della L.P.S.C. e amministratore unico dell’A.C. Juve Stabia, per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S., per comportamento minaccioso, espressioni irriguardose ed offensive nei confronti dell’arbitro della gara Juve Stabia/Catania del 2.4.2000, nonché dell’A.C. Juve Stabia, ai sensi dell’art. 6 comma 1 C.G.S., per responsabilità diretta nella violazione ascritta al proprio amministratore unico.
Massima: L’organo di giustizia sportiva nella quantificazione della sanzione dovrà tenere conto della continuazione e della eventuale recidiva.