Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 48/TFN - SD del 25 Ottobre 2021  (motivazioni)

Impugnazione - Deferimento n. 1635/754pf20-21/GC/ac del 14 settembre 2021 nei confronti della società USD Virtus Mandrio - Reg. Prot. 29/TFN-SD

Massima: La società va prosciolta perché non può essere ritenuta oggettivamente responsabile del comportamento del proprio tecnico che ha partecipato al corso UEFA C pur non avendo i requisiti prescritti dal bando, non essendo questo comportamento riferibile alla stessa…. a parere del Collegio, in conformità alla più recente giurisprudenza endofederale formatasi sul punto, non sussistono nel caso in esame quegli elementi, anche minimi, di riconducibilità oggettiva nella sfera dell’ente necessari per giungere a una affermazione di responsabilità obiettiva ai sensi dell’art. 6, comma 2, del CGS. Ciò può affermarsi in considerazione del fatto che, dai riscontri probatori acquisiti, è emerso come la condotta imputata al sig. S. sia stata posta in essere in completa autonomia e al di fuori del controllo della società di appartenenza. Peraltro, che tale condotta non sia stata svolta nell’interesse della società odierna incolpata, è confermato dall’assenza di qualunque vantaggio riscontrabile a favore di quest’ultima; tanto più se si considera che il sig. S. aveva assunto l’impegno di allenare le giovanili del Carpi (incarico effettivamente iniziato in data 4 settembre 2020) e non le squadre della USD Virtus Mandrio. Pertanto, in assenza di qualsivoglia profilo di riferibilità dei fatti oggetto di deferimento alla società incolpata risulta necessario escludere l’operatività dell’art. 6, comma 2, CGS. Tale conclusione è corroborata tanto dall’introduzione nel riformato Codice di Giustizia Sportiva della scriminante di cui all’art. 7 volta a “mitigare gli effetti distorsivi di una applicazione rigida ed acritica delle disposizioni in tema di responsabilità oggettiva dell’ente, attraverso l’introduzione di quel giudizio strettamente normativo sulla idoneità astratta e concreta del modello organizzativo adottato” (Decisione n. 33 TNF del 20.9.2021), quanto da  quell’orientamento della Giustizia sportiva secondo il quale “il principio della responsabilità oggettiva necessita di temperamenti, sia pure rigorosamente interpretati, avuto riguardo ad un esame non formalistico ma sostanziale dell’effettivo legame tra il fatto avvenuto e le specifiche responsabilità della società” (C.U. n. 21/CFA del 19 gennaio 2015; C.U. n. 14/CFA del 25 ottobre 2019; Decisione n. 33 TFN del 20.9.2021).

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 44/TFN del 11.11.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n.4167/1041 pf 19 20 LDF/GC/am del 05.10.2020 nei confronti della società ASD Nibionnoggiono - Reg. Prot. n. 29/TFN-SD)

Massima: La società è sanzionata con l’ammenda di € 800,00 per il fatto del suo calciatore per un post discriminatorio

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE IV:  DECISIONE N. 036 CFA del 27 Ottobre 2020

Decisione Impugnata:  Decisione pubblicata con C.U. n. 13 in data 17/09/2020 del Comitato Regionale Liguria, con la quale il Tribunale Federale Territoriale proscioglieva la Società deferita dalla incolpazione di violazione degli artt. 4, comma 1, e 28 CGS vigente.

Impugnazione – istanza: Procura federale interregionale/SSD Sanremese calcio srl

Massima: Confermata la decisione del TFT che ha prosciolto la società per il fatto che un suo sostenitore abbia profferito all’indirizzo di un calciatore avversario un insulto costituente espressione di discriminazione per insussistenza della violazione contestata ex art. 28 CGS,,Nella concreta fattispecie all’esame della Corte, si è in presenza, come detto, di un solo insulto, non urlato e non udito da coloro che stavano in campo, neppure dal soggetto passivo dell’insulto. Non può, quindi, certamente parlarsi di cori o grida. E neppure di “manifestazione” che, per dimensione e percezione reale del fenomeno, sia espressione di discriminazione. Ben vero, come dedotto nel reclamo, che il fatto va contestualizzato rispetto al luogo in cui si è verificato, ma permane risolutiva in senso negativo la constatazione che, va ribadito, si è trattato di un solo insulto, udito da poche persone e solo in tribuna e nelle sue immediate vicinanze dall’assistente di linea. Dunque, non si è realizzata la fattispecie sanzionata dalla citata norma federale.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE III:  DECISIONE N. 003 CFA del 4 Settembre  2020

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale Federale Territoriale del Comitato Regionale del Lazio pubblicata con C.U. n. 25 del 6/8/2020;

Impugnazione – istanza: Procuratore Federale e Procuratore Federale Aggiunto/A.S.D. Real Ciampino CA5

Massima: Su ricorso della Procura Federale viene riformata la decisione del TFNT - che aveva prosciolto la società sul presupposto che il comportamento disciplinarmente rilevante tenuto dal proprio presidente in tribuna rispendesse ad esigenze – e per l’effetto inflitta l‘ammenda di € 200,00 La responsabilità oggettiva, così come disciplinata dal vigente Codice di Giustizia Sportiva all’art. 6) comma 2 del CGS, stabilisce che “la società risponde ai fini disciplinari dell'operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all'art. 2, comma 2”. La disposizione dell’art. 6 comma e CGS non permette margini di interpretazioni; è una disposizione precettiva e vale per ogni violazione commessa dai soggetti che rappresentano o appartengono a società affiliate alla FIGC. L’unica scriminante per la non applicabilità è prevista dall’art. 7) del CGS il quale stabilisce che “al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all'art. 6, così come anche prevista e richiamata nel Codice, il giudice valuta la adozione, l'idoneità, l'efficacia e l'effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all'art. 7, comma 5 dello Statuto”. Ma nella specie è evidente che nessuna scriminante possa essere invocata concernendo questa l’adozione di un modello organizzativo da parte della società e non le caratteristiche della condotta posta in essere dal tesserato. E’ pacifico che la responsabilità oggettiva della società cui appartiene il tesserato discende – una  volta  provata  la  riferibilità  della  condotta  illecita  al  tesserato  -    dal  rapporto  di tesseramento. La responsabilità oggettiva disciplinata dall’art. 6 comma 2 del CGS ha come unico presupposto l’elemento di connessione tra la condotta illecita e la società, e cioè il rapporto di tesseramento. L’Istituto della responsabilità oggettiva risponde all’ esigenza di tutela dei terzi e la ratio è quella di indurre le società sportive a porre in essere tutti gli accorgimenti necessari ad evitare l’accadimento di certi fatti. E’ in altri termini manifestazione peculiare ed insopprimibile dell’ordinamento sportivo e ne rappresenta un architrave giacché l’impiego nell’ordinamento sportivo del modello della responsabilità oggettiva addebitabile - pur in difetto del criterio di collegamento rappresentato dal dolo e dalla colpa o di quello connesso alla concreta (i.e. processuale) possibilità di perseguire e/o punire il suo autore materiale - è volto ad assicurare la salvaguardia delle finalità istituzionali dello sport e contestualmente impedire che determinati eventi rimangano, quantomeno sotto il profilo disciplinare, privi di conseguenza. Pertanto, vista l’incontestabilità dei fatti ed attesa l’impossibilità di una diversa interpretazione delle norme, confortata da una conforme e consolidata giurisprudenza che questo Collegio condivide (Cfr , da ultimo, CFA – Sezioni Unite in C.U. n. 122/CFA - 2018/2019- e, prima, ex multis CAF C.U. N. 10/C - Riunione del 23 Settembre  2004 - Figc c. Grosseto ; lodo Atalanta Bergamasca c. FIGC, 26 Marzo  2012 ed altre anche citate in reclamo), ne discende che la società risponde disciplinarmente indipendentemente dalla colpa o dal dolo, poiché si tratta per le società di una responsabilità senza colpevolezza ed imputata per fatto altrui. In tal senso l’infrazione disciplinare posta in essere dal F. si riverbera sulla società di tesseramento e cioè la ADS Real Ciampino Calcio a 5, a nulla valendo la circostanza che nell’occasione si fosse presentato falsamente come rappresentante della Futsal Lazio Accademy, la cui eventuale ed ulteriore responsabilità è comunque fuori del perimetro delle valutazioni di questo Collegio.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE III:  DECISIONE N. 002 CFA del 4 Settembre  2020

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale della Campania, di cui al Comunicato Ufficiale n. 6 del 24/07/2020 e della successiva errata corrige di cui al Comunicato Ufficiale n. 7 del 27/07/2020 a carico della Società ASD Torre del Greco Futsal;

Impugnazione – istanza: Procuratore Federale/A.S.D. Torre del Greco Futsal

Massima: Su ricorso della Procura Federale viene riformata la decisione del TFNT - che aveva prosciolto la società sul presupposto della mancanza di attività per i fatti commessi dai suoi tesserati – e per l’effetto inflitta l‘ammenda di € 600,00 …la responsabilità oggettiva, così come disciplinata dal vigente Codice di Giustizia Sportiva all’art. 6 comma 2 del Codice di Giustizia Sportiva, stabilisce che “la società risponde ai fini disciplinari dell'operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all'art. 2, comma 2”. La disposizione dell’art. 6 comma 2 Codice di Giustizia Sportiva non permette margini di interpretazione trattandosi di una disposizione precettiva valida per ogni violazione commessa dai soggetti che rappresentano o appartengono a società affiliate alla Federazione Italiana Giuoco Calcio. L’unica scriminante per la non applicabilità è prevista dall’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva il quale stabilisce che “al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all'art. 6, così come anche prevista e richiamata nel Codice, il giudice valuta la adozione, l'idoneità, l'efficacia e l'effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all'art. 7, comma 5 dello Statuto”. Ma nella specie è evidente che nessuna scriminante possa essere invocata concernendo questa l’adozione di un modello organizzativo da parte della società e non le caratteristiche della condotta posta in essere dal tesserato. E’ pacifico che la responsabilità oggettiva della società cui appartiene il tesserato discende – una volta provata la riferibilità della condotta illecita al tesserato - dal rapporto di tesseramento. La responsabilità oggettiva disciplinata dall’art. 6 comma 2 del Codice di Giustizia Sportiva ha come unico presupposto l’elemento di connessione tra la condotta illecita e la società, e cioè il rapporto di tesseramento. Occorre a questo punto analizzare gli effetti, sotto il profilo del Codice di giustizia Sportiva, della dichiarazione di inattività di una società sportiva. La mancata attività deve essere interpretata quale temporanea sospensione, più o meno lunga, delle prestazioni sportive; attività che potrebbe essere ripresa in qualsiasi momento da parte dell’affiliata senza eliminare e neppure affievolire il vincolo che la lega alla Federazione sportiva con conseguente assoggettamento all’obbligo di osservanza dei precetti normativi– regolamentari imposti a tutti gli associati. Il quadro degli Statuti vigenti consente di affermare che per non essere soggetti alle norme della Federazione Italiana Gioco Calcio e quindi venir meno la sanzionabilità – in questo caso di una società -, occorre che vi sia stato un provvedimento di decadenza e/o revoca della affiliazione da parte del Presidente Federale (art. 16, comma 1, lett. a) NOIF). Tale principio è ulteriormente chiarito dallo Statuto della Lega Nazionale Dilettanti, anch’esso applicabile alla ASD Torre del Greco Futsal, laddove all’ art. 5 come 2 si dispone “Alla decadenza o revoca dell’ affiliazione, oppure alla affiliazione ad altra Lega delle Federazione Italiana Giuoco calcio, consegue la perdita automatica della qualità di associata da parte della società, …. “ Al riguardo anche la giurisprudenza delle Corti federali, ampiamente e puntualmente richiamata dalla Procura, conferma che le società inattive sino alla revoca o alla decadenza dell’affiliazione restano soggette alla Giustizia sportiva essendo di conseguenza sanzionabili. Neppure il vigente, e recente, Codice di Giustizia Sportiva richiama l’inattività della società affiliata quale esclusione dell’ambito applicativo soggettivo delle norme Federali trovando, quindi, piena applicazione, in ipotesi di violazione, le sanzioni previste dall’ art. 8 dello stesso codice.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I:  DECISIONE N. 006 CFA del 9 Settembre  2020

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale Federale Territoriale del Comitato Regionale del Lazio, pubblicata con C.U. n. 25 del 6/8/2020;

Impugnazione – istanza: Procuratore Federale Interregionale/A.S.D. Atletico 2000/calc. N.F..

Massima:  Ridotta a 10 giornate di gara la squalifica al calciatore per la violazione degli artt. art. 4 co. 1 e 28 co.1 e 2 del C.G.S. ma esclusa l’aggravante di cui all’art. 14 co. 1 lett. n) stesso codice che prevede un aggravamento della sanzione per “ aver tenuto una condotta che comporti in ogni caso offesa, denigrazione o ingiuria per motivi di razza, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica” per aver al termine della gara tenuto un comportamento gravemente antisportivo e discriminatorio nei confronti di un tesserato (calciatore) della squadra ospite più̀ precisamente per aver, al termine dell’anzidetta gara e nel mentre le squadre si accingevano a fare rientro negli spogliatoi, rivolto ad alta voce (così da renderla udibile nitidamente a quanti nelle vicinanze) all’indirizzo del calciatore (di colore) la seguente frase: “negro di merda mangia banane”. € 1.000,00 alla società a titolo di responsabilità oggettiva. Si tratta non di circostanze apprese de relato ma di frasi percepite in maniera diretta e personale da ciascuno dei predetti: il che attribuisce al ricordo ed alla successiva propalazione un tasso elevato di credibilità, non su una circostanza marginale, ma sul punto centrale della vicenda. Opinare diversamente significa ipotizzare un comportamento calunniatorio, frutto di un accordo, che certamente nella vicenda è escluso perché da subito e cioè nei momenti successivi al comportamento tenuto dal N., il F. ed i suoi compagni, che avevano percepito l’insulto ed avevano accennato ad una reazione, ne avevano riferito ai dirigenti della società che avevano immediatamente protestato e fatto presente la questione sia all’arbitro che ai dirigenti A.S.D. Atletico 2000. In tal senso convergono in maniera univoca le dichiarazioni contenute nei verbali delle audizioni ..E’ vero che l’arbitro ha ritenuto di non darne conto nel referto ma solo perché non aveva percepito direttamente le frasi discriminatorie e contrariamente a quel che aveva riferito il F. non stava con questi parlando all’uscita del campo quando era stato insultato ed è anche vero che sussistono le contraddizioni rilevate in prime cure e sulle quali si è anche soffermata la difesa dei deferiti, che sulla base di questi elementi, è pervenuta alla conclusione che i fatti non si sono verificati.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I : DECISIONE N. 114 CFA del 10 Agosto 2020

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale (Sezione CR Lombardia) pubblicata nel C.U. n. 4 del 16/07/2020

Impugnazione Istanza: Procura Federale Interregionale S.S.D. Città di Vigevano S.r.l.

Massima: Accolto il ricorso della Procura Federale e per l’effetto inflitta alla società l’ammenda di e 250,00 per la violazione dell’art. 4, comma 2, nella formulazione ratione temporis vigente, e dell’art. 5, comma 2, C.G.S., per responsabilità oggettiva per aver autorizzato il tesseramento del calciatore sulla base della dichiarazione mendace di non essere mai stato tesserato in Federazione estera, contrariamente a quanto poi comunicato dalla Federazione Albanese…Orbene ritiene il Collegio, in questa sede, di riaffermare (cfr. 90/2019-2020 CFA Sez. 1^). i principi consolidati ai quali si è ispirata recentemente questa Corte su tale forma di responsabilità. In particolare è stato considerato che: la responsabilità oggettiva è l’architrave della giustizia sportiva; tale responsabilità è posta alla base di numerose decisioni emesse dagli Organi di Giustizia Sportiva e la sua caratteristica è rappresentata dal fatto che la società di calcio risponde, disciplinarmente, a prescindere dalla colpa o dal dolo (CFA n. 124/2015-2016); nell’ambito dell’ordinamento sportivo la larga utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlata a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti; l’ordinamento sportivo, del resto, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie (CGF n.56/2011-2012; CFA n.78/2017-2018; CFA n. 33/2017- 2018); tale responsabilità opera, per sua natura, per la semplice ricorrenza del nesso formale che lega il tesserato responsabile di un’infrazione dei precetti disciplinari e la società cui è contrattualmente legato, all’accertata condizione che l’infrazione stessa sia commessa durante, o trovi causa o possibilità di esplicazione nella prestazione sportiva cui il tesserato è tenuto; nessuna delle forme di elemento soggettivo (dolo o colpa) necessarie per integrare le figure tipiche della responsabilità previste da altri rami dell’ordinamento di diritto comune è prevista in ambito sportivo; del resto, lo  stesso  ordinamento  civilistico  conosce  fattispecie  di  affermazione  di  responsabilità prescindendo dal dolo o dalla colpa, in considerazione del bene protetto o della natura intrinsecamente rischiosa dell’attività imprenditoriale esercitata (CGF n. 43/2011/2012); la responsabilità oggettiva trova fondamento nella centralità assunta nel diritto sportivo dal principio di precauzione, che impone l’adozione delle misure idonee, prima che a sanzionare, a prevenire la possibilità di commissione di illeciti che influiscano negativamente sul corretto svolgimento dell’attività sportiva; non trattandosi di culpa in vigilando è irrilevante che la società non abbia potuto impedire in alcun modo il fatto dannoso o che il relativo autore non abbia, in astratto, alcun collegamento con la squadra; la responsabilità non è esclusa anche nel caso in cui i comportamenti ritenuti illeciti siano stati commessi da un proprio tesserato in assenza di un coinvolgimento della stessa e per fatti riguardanti l’attività di altre società, anche laddove i medesimi comportamenti illeciti siano stati addirittura controproducenti per le sorti della società stessa; nella responsabilità oggettiva vale infatti anche il cd. principio di prevenzione, per cui l’esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è prevalente rispetto al criterio di imputazione della responsabilità a carico della società calcistica; tali assiomi svolgono altresì il compito di responsabilizzare le società in modo che pongano in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare che accadano fatti reputati illeciti dall’ordinamento sportivo e scelgano con accortezza i propri tesserati, al fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi (CFA nn. 68 e 69/2019-2020); la sussistenza di tale responsabilità non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati; e questo soprattutto in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato (CGF n.56/2011-2012). Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, non può dubitarsi che debba essere dichiarata la responsabilità della società in relazione al fatto contestato ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del CGS, a nulla rilevando la circostanza, di mero fatto, del non essersi il sodalizio sportivo avvalso della prestazione sportiva del calciatore, ciò potendo al più incidere in relazione alla graduazione della sanzione. Nel caso di specie può invero comunque individuarsi un profilo di responsabilità colposa in capo alla società, consistente nel non avere operato il controllo sulla dichiarazione del calciatore, come invece, rileva la Procura, sarebbe stato ben possibile interpellando “preventivamente gli uffici della F.I.G.C, territoriali o nazionali, prima di richiedere il tesseramento del calciatore”. In senso conforme questa CFA ha già avuto modo di pronunciarsi, proprio con i due precedenti citati in precedenza (CFA nn. 68 e 69/2019-2020), con i quali è stato rilevato (con riferimento a vicende sostanzialmente corrispondenti a quella ora in discussione), che “l’onere di verifica richiesto alla società” non fosse “inesigibile o di impossibile adempimento, posto che la società avrebbe potuto chiedere informazioni alle federazioni nazionali per ottenere informazioni o una verifica istruttoria sullo status del calciatore”. In ciò risiede dunque, e in ogni caso, la responsabilità colposa della società, che ha dato corso alla richiesta di tesseramento del calciatore senza avere previamente verificato che la situazione dell’atleta fosse effettivamente quella dichiarata ai sensi dell’articolo 40, comma 6, delle NOIF. In punto di congruità della sanzione deve osservarsi che avuto riguardo alla condotta del calciatore connotata dalla sua scarsa comprensione della lingua italiana nonché al comportamento, ancorché omissivo, di buona fede della società e, infine, in relazione alla limitata rilevanza del fatto, si ritiene congrua l’applicazione della sanzione di euro 250,00.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE IV : DECISIONE N. 0069 del 12 Giugno 2020

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale del Comitato Regionale Emilia Romagna di cui al C.U. n. 32 del 19 Febbraio  2020

Impugnazione Istanza: PROCURA FEDERALE INTERREGIONALE-DRAGONS RIMINI CA5 ASD

Massima: Accolto il ricorso della procura federale e per l’effetto riformata la decisione del TFT che pur ritenendo sussistente la violazione commessa dal calciatore, aveva ritenuto non sussistente la responsabilità oggettiva della società perché il tesseramento era avvenuto sulla base di una dichiarazione mendace del calciatore di non essere mai stato tesserato in Federazione estera, contrariamente a quanto poi comunicato dalla Federazione peruviana…L’articolo 4, rubricato responsabilità delle società, del codice previgente, al comma 2 (oggi trasfuso nell’art. 6, comma 2 del vigente codice), prevede che le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1 bis, comma 5. Il giudizio di imputazione soggettiva della sanzione sportiva diverge da quello tipico della sanzione penale in quanto soltanto nel primo risulta pacificamente ammessa la possibilità di configurare una forma di responsabilità oggettiva. Tale conclusione trova fondamento nella centralità assunta nel diritto sportivo dal principio di precauzione, che impone l’adozione delle misure idonee, prima che a sanzionare, a prevenire la possibilità di commissione di illeciti che influiscano negativamente sul corretto svolgimento dell’attività sportiva. In particolare, a carico della società sportiva, è stato riconosciuto un intenso obbligo di prevenzione degli illeciti inerenti alle manifestazioni sportive, la cui violazione risulta sufficiente a giustificare l’irrogazione di un provvedimento sanzionatorio, sulla sola base del giudizio di causalità tra gli effetti pregiudizievoli o pericolosi cagionati e la condotta attiva o omissiva tenuta dalla società. In questo senso, il Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, con la decisione 8 Settembre  2015, n. 42, ha ritenuto che costituisce carattere essenziale della responsabilità oggettiva – sia in ambito civilistico che in quello sportivo – la circostanza per la quale determinati soggetti rispondono di illeciti altrui pur in assenza di propria colpevolezza. Nella responsabilità oggettiva vale il cd. principio di precauzione, in forza del quale l'esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è talmente forte che il criterio di imputazione della responsabilità, a carico della società calcistica, consente di irrogare sanzioni oltre e al di là di ogni individuazione di colpevolezza. Non trattandosi di culpa in vigilando è irrilevante che la società non abbia potuto impedire in alcun modo il fatto dannoso o che il relativo autore non abbia, in astratto, alcun collegamento con la squadra. Sempre con riferimento alla responsabilità oggettiva delle società, è stato anche osservato che la responsabilità non è esclusa anche nel caso in cui i comportamenti ritenuti illeciti siano stati commessi da un proprio tesserato in assenza di un coinvolgimento della stessa e per fatti riguardanti l’attività di altre società, anche laddove i medesimi comportamenti illeciti siano stati addirittura controproducenti per le sorti della società stessa. Nella responsabilità oggettiva vale infatti il cd. principio di prevenzione, per cui l’esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è prevalente rispetto al criterio di imputazione della responsabilità a carico della società calcistica. Tali assiomi svolgono altresì il compito di responsabilizzare le società in modo che pongano in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare che accadano fatti reputati illeciti dall’ordinamento sportivo e scelgano con accortezza i propri tesserati, al fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 24 Novembre 2015, n. 58). In una circostanza in parte analoga alla decisione impugnata, il Tribunale federale territoriale, nella riunione del 13.12.2018, con riferimento a una vicenda che coinvolto la società ASD Pescatori Ostia ha ritenuto congrua e conseguentemente irrogato un’ammenda, alla società stessa per il comportamento posto in essere da un calciatore che aveva reso una dichiarazione mendace di tenore analogo a quella oggetto del presente giudizio (conclusione opposta è stata al contrario resa con riferimento alla società Arce 1932 in situazione analoga argomentando sulla buona fede della stessa società). La decisione del TNAS del 28 Ottobre 2010, resa dall’arbitro unico Coccia, in relazione al procedimento che ha interessato la S.S.D. Vigor Cisterna e richiamata nel reclamo solo in parte riguarda la questione oggetto di lite, vertendosi in una ipotesi in cui l’oggetto del giudizio era limitato alla sola congruità e proporzionalità della sanzione irrogata, mentre non era in contestazione l’an (cfr. § 19 ove si precisa testualmente “L’Arbitro Unico rileva come l’unica questione da risolvere in questo arbitrato attenga alla congruità e proporzionalità della sanzione da infliggere all’Istante”). In tale pronuncia è stato in particolare precisato (§ 28) che non è condivisibile l’opinione secondo cui in tutti i casi di irregolare tesseramento occorra sempre irrogare una sanzione consistente in uno o più punti di penalizzazione, vista la gravità della violazione, in quanto posto che tale orientamento debba essere condiviso per la grande maggioranza dei casi, “in via eccezionale e limitatamente alle competizioni regionali, possa invece considerarsi congruo comminare la sola sanzione dell’ammenda – prevista come minimo edittale dall’art. 10, comma 3, del C.G.S. – quando concorrano cumulativamente le seguenti circostanze: a) la comprovata buona fede della società responsabile della violazione; b) la induzione in errore da parte di altri affiliati o tesserati che siano i principali responsabili dell’irregolarità del tesseramento; c) una situazione di nulla o molto limitata influenza sui risultati agonistici (al più una gara, come nel caso di specie); d) la comprovata esistenza di ulteriori conseguenze negative già subite dalla società sanzionata (nella fattispecie, il mancato tesseramento del Calciatore per molti mesi”. Per quanto riguarda il § 17, ove si rappresenta l’omessa verifica presso gli uffici competenti della posizione dell’istante, questione sulla quale l’arbitro unico si esprime incidentalmente, deve osservarsi nel caso deciso effettivamente vi era una richiesta di trasferimento non ancora autorizzata di un soggetto ancora tesserato presso altra società. Nel lodo del 30.01.2012 (Benevento S.p.A/ F.I.G.C.), il Tnas ha evidenziato che, in materia di illecito sportivo, spicca la tassativa e perentoria distinzione della responsabilità delle Società in tre tipologie: la diretta, quando la condotta vietata sia commessa da persona che abbia la legale rappresentanza del club coinvolto; l'oggettiva, quando il comportamento sia ascrivibile ad un dirigente privo di legale rappresentanza, ad un tesserato ovvero ad uno dei soggetti di cui all'art. 1 comma 5 del C.G.S.; la presunta, quando l'illecito sia posto in essere, a vantaggio della Società, da un estraneo alla stessa. Nel caso di specie, si riscontra il secondo tipo di responsabilità che prescinde dall’analisi del nesso eziologico e deriva dalla condotta posta in essere da un tesserato; vi è un soggetto che ha dichiarato di non essere stato mai tesserato all’estero il cui tesseramento è stato autorizzato da parte della Federazione e poi revocato in seguito alla comunicazione della Federazione peruviana, del quale a titolo di responsabilità oggettiva risponde anche la società. In ogni caso, fermi i descritti principi in tema di responsabilità oggettiva e per fatto altrui, l’onere di verifica richiesto alla società non appare inesigibile o di impossibile adempimento, posto che la società avrebbe potuto chiedere informazioni alle federazioni nazionali per ottenere informazioni o una verifica istruttoria sullo status del calciatore. La questione in esame, pertanto, non si discosta dai principi costantemente affermati dalla giustizia sportiva in tema di responsabilità oggettiva, con conseguente accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I : DECISIONE N. 090 CFA del 13 Luglio 2020

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Marche di cui al C.U. n. 183 del 9 Giugno 2020

Impugnazione Istanza: Procura Federale Interregionale/ U.P. Arzilla

Massima: Accolto il ricorso dalla Procura Federale, annullata la decisione TFT e per l’effetto inflitta l’ammenda di € 250,00a titolo di responsabilità oggettiva, ex art. 6, comma 2 del C.G.S., per il comportamento tenuto dal calciatore alla quale apparteneva al momento della commissione dei fatti e, comunque, nei cui confronti o nel cui interesse era espletata l’attività sopra contestata, ai sensi dell’art. 2 comma 2 C.G.S.”. Tanto in relazione al tesseramento del calciatore …, autorizzato in data 6 Dicembre  2019 e poi revocato, in base al combinato disposto degli articoli 40 e art. 42 delle NOIF, dall’Ufficio Tesseramento centrale della FIGC, dopo che la federazione albanese aveva comunicato il precedente tesseramento dell’atleta, nonostante la dichiarazione di quest’ultimo “di non essere mai stato tesserato in una Federazione estera”. Infatti, erronea è la decisione del TFN … la violazione contestata non” fosse “comunque ascrivibile alla Società, la cui richiesta di tesseramento del calciatore si era fondata sulla dichiarazione del medesimo”, controfirmata dal “di lui tutore, di per sé sufficientemente idonea a far ritenere soddisfatte le condizioni del tesseramento…..Orbene ritiene il Collegio, in questa sede, di riaffermare i principi consolidati ai quali si è ispirata questa Corte su tale forma di responsabilità. In particolare è stato considerato che: la responsabilità oggettiva è l’architrave della giustizia sportiva; tale responsabilità è posta alla base di numerose decisioni emesse dagli Organi di Giustizia Sportiva e la sua caratteristica è rappresentata dal fatto che la società di calcio risponde, disciplinarmente, a prescindere dalla colpa o dal dolo (CFA n. 124/2015-2016); nell’ambito dell’ordinamento sportivo la larga utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlata a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti; l’ordinamento sportivo, del resto, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie (CGF n.56/2011- 2012; CFA n.78/2017-2018; CFA n. 33/2017-2018); tale responsabilità opera, per sua natura, per la semplice ricorrenza del nesso formale che lega il tesserato responsabile di un’infrazione dei precetti disciplinari e la società cui è contrattualmente legato, all’accertata condizione che l’infrazione stessa sia commessa durante, o trovi causa o possibilità di esplicazione nella prestazione sportiva cui il tesserato è tenuto; nessuna delle forme di elemento soggettivo (dolo o colpa) necessarie per integrare le figure tipiche della responsabilità previste da altri rami dell’ordinamento di diritto comune è prevista in ambito sportivo; del resto, lo stesso ordinamento civilistico conosce fattispecie di affermazione di responsabilità prescindendo dal dolo o dalla colpa, in considerazione del bene protetto o della natura intrinsecamente rischiosa dell’attività imprenditoriale esercitata (CGF n. 43/2011/2012); la responsabilità oggettiva trova fondamento nella centralità assunta nel diritto sportivo dal principio di precauzione, che impone l’adozione delle misure idonee, prima che a sanzionare, a prevenire la possibilità di commissione di illeciti che influiscano negativamente sul corretto svolgimento dell’attività sportiva; non trattandosi di culpa in vigilando è irrilevante che la società non abbia potuto impedire in alcun modo il fatto dannoso o che il relativo autore non abbia, in astratto, alcun collegamento con la squadra; la responsabilità non è esclusa anche nel caso in cui i comportamenti ritenuti illeciti siano stati commessi da un proprio tesserato in assenza di un coinvolgimento della stessa e per fatti riguardanti l’attività di altre società, anche laddove i medesimi comportamenti illeciti siano stati addirittura controproducenti per le sorti della società stessa; nella responsabilità oggettiva vale infatti anche il cd. principio di prevenzione, per cui l’esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è prevalente rispetto al criterio di imputazione della responsabilità a carico della società calcistica; tali assiomi svolgono altresì il compito di responsabilizzare le società in modo che pongano in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare che accadano fatti reputati illeciti dall’ordinamento sportivo e scelgano con accortezza i propri tesserati, al fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi (CFA nn. 68 e 69/2019-2020); la sussistenza di tale responsabilità non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati; e questo soprattutto in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato (CGF n.56/2011-2012). Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, non può dubitarsi che debba essere dichiarata la responsabilità della società in relazione al fatto contestato ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del CGS, a nulla rilevando la circostanza, di mero fatto, del non essersi il sodalizio sportivo avvalso della prestazione sportiva del calciatore, ciò potendo al più incidere in relazione alla graduazione della sanzione. Non si giungerebbe a conclusioni diverse da quelle dianzi esposte nemmeno a volere valorizzare, nell’attuale formulazione dell’articolo 6, commi 2 e 3 del CGS (pur nell’ambito di una disciplina, per il resto, sostanzialmente sovrapponibile a quella di cui al previgente articolo 4, commi 2 e 3, del CGS), il dato testuale dell’eliminazione dell’avverbio “oggettivamente” come indice di una attenuazione dell’automatica attribuzione di responsabilità in capo alla Società. Nel caso di specie può invero comunque individuarsi un profilo di responsabilità colposa in capo alla società, consistente nel non avere operato il controllo sulla dichiarazione del calciatore, come invece, rileva la Procura, sarebbe stato ben possibile interpellando “preventivamente gli uffici della F.I.G.C, territoriali o nazionali, prima di richiedere il tesseramento del calciatore”. In senso conforme questa CFA ha già avuto modo di pronunciarsi, proprio con i due precedenti citati in precedenza (CFA nn. 68 e 69/2019-2020), con i quali è stato rilevato (con riferimento a vicende sostanzialmente corrispondenti a quella ora in discussione), che “l’onere di verifica richiesto alla società” non fosse “inesigibile o di impossibile adempimento, posto che la società avrebbe potuto chiedere informazioni alle federazioni nazionali per ottenere informazioni o una verifica istruttoria sullo status del calciatore”. In ciò risiede dunque, e in ogni caso, la responsabilità colposa della società, che ha dato corso alla richiesta di tesseramento del calciatore senza avere previamente verificato che la situazione dell’atleta fosse effettivamente quella dichiarata ai sensi dell’articolo 40, comma 6, delle NOIF.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE IV : DECISIONE N. 0068 dell' 11 Giugno 2020

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale del Comitato Regionale Emilia Romagna di cui al C.U. n. 31 del 12 Febbraio  2020

Impugnazione Istanza: PROCURA FEDERALE INTERREGIONALE-ASD PROGETTO AURORA

Massima: Accolto il ricorso della procura federale e per l’effetto riformata la decisione del TFT che pur ritenendo sussistente la violazione commessa dal calciatore, aveva ritenuto non sussistente la responsabilità oggettiva della società perché il tesseramento era avvenuto sulla base di una dichiarazione mendace del calciatore di non essere mai stato tesserato in Federazione estera, contrariamente a quanto poi comunicato dalla Federazione Albanese…L’articolo 4, rubricato responsabilità delle società, del codice previgente, al comma 2, prevede che le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1 bis, comma 5. Il giudizio di imputazione soggettiva della sanzione sportiva diverge da quello tipico della sanzione penale in quanto soltanto nel primo risulta pacificamente ammessa la possibilità di configurare una forma di responsabilità oggettiva. Tale conclusione trova fondamento nella centralità assunta nel diritto sportivo dal principio di precauzione, che impone l’adozione delle misure idonee, prima che a sanzionare, a prevenire la possibilità di commissione di illeciti che influiscano negativamente sul corretto svolgimento dell’attività sportiva. In particolare, a carico della società sportiva, è stato riconosciuto un intenso obbligo di prevenzione degli illeciti inerenti alle manifestazioni sportive, la cui violazione risulta sufficiente a giustificare l’irrogazione di un provvedimento sanzionatorio, sulla sola base del giudizio di causalità tra gli effetti pregiudizievoli o pericolosi cagionati e la condotta attiva o omissiva tenuta dalla società. In questo senso, il Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, con la decisione 8 Settembre  2015, n. 42, ha ritenuto che costituisce carattere essenziale della responsabilità oggettiva – sia in ambito civilistico che in quello sportivo – la circostanza per la quale determinati soggetti rispondono di illeciti altrui pur in assenza di propria colpevolezza. Nella responsabilità oggettiva vale il cd. principio di precauzione, in forza del quale l'esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è talmente forte che il criterio di imputazione della responsabilità, a carico della società calcistica, consente di irrogare sanzioni oltre e al di là di ogni individuazione di colpevolezza. Non trattandosi di culpa in vigilando è irrilevante che la società non abbia potuto impedire in alcun modo il fatto dannoso o che il relativo autore non abbia, in astratto, alcun collegamento con la squadra. Sempre con riferimento alla responsabilità oggettiva delle società, è stato anche osservato che la responsabilità non è esclusa anche nel caso in cui i comportamenti ritenuti illeciti siano stati commessi da un proprio tesserato in assenza di un coinvolgimento della stessa e per fatti riguardanti l’attività di altre società, anche laddove i medesimi comportamenti illeciti siano stati addirittura controproducenti per le sorti della società stessa. Nella responsabilità oggettiva vale infatti il cd. principio di prevenzione, per cui l’esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è prevalente rispetto al criterio di imputazione della responsabilità a carico della società calcistica. Tali assiomi svolgono altresì il compito di responsabilizzare le società in modo che pongano in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare che accadano fatti reputati illeciti dall’ordinamento sportivo e scelgano con accortezza i propri tesserati, al fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 24 Novembre 2015, n. 58). In una circostanza in parte analoga alla decisione impugnata, il Tribunale federale territoriale, nella riunione del 13.12.2018, con riferimento a una vicenda che coinvolto la società ASD Pescatori Ostia ha ritenuto congrua e conseguentemente irrogato un’ammenda, alla società stessa per il comportamento posto in essere da un calciatore che aveva reso una dichiarazione mendace di tenore analogo a quella oggetto del presente giudizio (conclusione opposta è stata al contrario resa con riferimento alla società Arce 1932 in situazione analoga argomentando sulla buona fede della stessa società). La decisione del TNAS del 28 Ottobre 2010, resa dall’arbitro unico Coccia, in relazione al procedimento che ha interessato la S.S.D. Vigor Cisterna e richiamata nel reclamo solo in parte riguarda la questione oggetto di lite, vertendosi in una ipotesi in cui l’oggetto del giudizio era limitato alla sola congruità e proporzionalità della sanzione irrogata, mentre non era in contestazione l’an (cfr. § 19 ove si precisa testualmente “L’Arbitro Unico rileva come l’unica questione da risolvere in questo arbitrato attenga alla congruità e proporzionalità della sanzione da infliggere all’Istante”). In tale pronuncia è stato in particolare precisato (§ 28) che non è condivisibile l’opinione secondo cui in tutti i casi di irregolare tesseramento occorra sempre irrogare una sanzione consistente in uno o più punti di penalizzazione, vista la gravità della violazione, in quanto posto che tale orientamento debba essere condiviso per la grande maggioranza dei casi, “in via eccezionale e limitatamente alle competizioni regionali, possa invece considerarsi congruo comminare la sola sanzione dell’ammenda – prevista come minimo edittale dall’art. 10, comma 3, del C.G.S. – quando concorrano cumulativamente le seguenti circostanze: a) la comprovata buona fede della società responsabile della violazione; b) la induzione in errore da parte di altri affiliati o tesserati che siano i principali responsabili dell’irregolarità del tesseramento; c) una situazione di nulla o molto limitata influenza sui risultati agonistici (al più una gara, come nel caso di specie); d) la comprovata esistenza di ulteriori conseguenze negative già subite dalla società sanzionata (nella fattispecie, il mancato tesseramento del Calciatore per molti mesi”. Per quanto riguarda il § 17, ove si rappresenta l’omessa verifica presso gli uffici competenti della posizione dell’istante, questione sulla quale l’arbitro unico si esprime incidentalmente, deve osservarsi nel caso deciso effettivamente vi era una richiesta di trasferimento non ancora autorizzata di un soggetto ancora tesserato presso altra società. Nel lodo del 30.01.2012 (Benevento S.p.A/ F.I.G.C.), il Tnas ha evidenziato che, in materia di illecito sportivo, spicca la tassativa e perentoria distinzione della responsabilità delle Società in tre tipologie: la diretta, quando la condotta vietata sia commessa da persona che abbia la legale rappresentanza del club coinvolto; l'oggettiva, quando il comportamento sia ascrivibile ad un dirigente privo di legale rappresentanza, ad un tesserato ovvero ad uno dei soggetti di cui all'art. 1 comma 5 del C.G.S.; la presunta, quando l'illecito sia posto in essere, a vantaggio della Società, da un estraneo alla stessa. Nel caso di specie, si riscontra il secondo tipo di responsabilità che prescinde dall’analisi del nesso eziologico e deriva dalla condotta posta in essere da un tesserato; vi è un soggetto che ha dichiarato di non essere stato mai tesserato all’estero il cui tesseramento è stato autorizzato da parte della Federazione e poi revocato in seguito alla comunicazione della Federazione Albanese, del quale a titolo di responsabilità oggettiva risponde anche la società. In ogni caso, fermi i descritti principi in tema di responsabilità oggettiva e per fatto altrui, l’onere di verifica richiesto alla società non appare inesigibile o di impossibile adempimento, posto che la società avrebbe potuto chiedere informazioni alle federazioni nazionali per ottenere informazioni o una verifica istruttoria sullo status del calciatore.La questione in esame, pertanto, non si discosta dai principi costantemente affermati dalla giustizia sportiva in tema di responsabilità oggettiva, con conseguente accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale. In punto di congruità della sanzione deve osservarsi che la condotta del calciatore e il comportamento in buona fede della società, sia in relazione alle difficoltà dirette ad osservare al precetto sia in relazione alla limitata rilevanza del fatto, consentono di ritenere congrua la sanzione di euro 250,00.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 62/TFN del 28.11.2019

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 5221/1296 pf18-19 GP/AA/mg del 24.10.19 a carico del sig. A.B. e della società Ascoli Picchio FC 1898 Spa - Reg. Prot. 82/TFN-SD)

Massima: Con il patteggiamento ex art. 127 CGS, il calciatore è sanzionato con 2 giornate di squalifica per la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità e di osservanza delle norme federali, di cui all’art. 1 bis, comma 1, CGS vigente ratione temporis nonché dell’art. 12, comma 8, del CGS vigente ratione temporis, perché mentre si trovava in tribuna per squalifica ad assistere all’incontro Ascoli – Benevento che si disputava in data 30.03.19, interloquiva con un sostenitore del Benevento che esultava dopo la rete del pareggio della propria squadra, dirigendosi in maniera minacciosa verso lo stesso, che poco prima aveva avuto un diverbio con altra persona, e lo colpiva con un pugno/schiaffo al volto senza riuscire a colpirlo nuovamente per il pronto intervento degli stewards presenti e tenendo, quindi, un comportamento suscettibile di determinare ulteriori episodi di violenzaAlcuna responsabilità oggettiva a carico della società che va prosciolta. Invero non può essere invocata dalla Procura Federale la responsabilità in toto della società in relazione a delle condotte tenute da propri tesserati anche nell’ambito della propria vita privata, oltretutto condotte verificatesi al di fuori dei rapporti riconducibili all’attività sportiva espletata dai tesserati medesimi. Al fine di individuare l’esatto perimetro nel quale l’istituto della responsabilità oggettiva può trovare applicazione è necessario richiamare, alla luce dei principi e dei canoni civilistici, il rapporto di occasionalità che inevitabilmente deve intercorrere tra l’attività illecita commessa dal tesserato e la relazione tra lo stesso e la società di appartenenza. Nel caso di specie, come riconosciuto dalla stessa procura Federale, l’A. era allo stadio per assistere alla partita in quanto squalificato, e pertanto, nel momento in cui ha agito, ha espletato la sua azione a titolo meramente personale, non rivestendo in quel frangente in alcun modo la qualità di tesserato, né potendo la condotta censurata essere riconducibile per qualsivoglia motivo alla società deferita. Sul punto, come d’altronde compiutamente evidenziato dalla difesa dell’Ascoli Picchio FC 1898 Spa, si palesa ictu oculi la mancanza dei requisiti necessari affinché l’istituto della responsabilità oggettiva possa trovare applicazione alla fattispecie oggetto del presente procedimento, laddove tale istituto, giova ricordarlo, ha carattere eccezionale proprio al fine di non consentirne un utilizzo abnorme o comunque ingiustificato nell’ambito di una corretta valutazione a cui è chiamato il Collegio il quale, pur dinanzi ad un generale dovere di comportarsi anche nella vita quotidiana secondo i principi ispiratori del CGS, non può ritenere la società responsabile per una condotta di un tesserato non riconducibile all’espletamento di attività sportiva. Infine, anche riguardo alla presunta violazione ex art. 12, comma 5, CGS vigente ratione temporis non si evidenzia alcun elemento probatorio che il diverbio in questione, peraltro di breve durata, abbia contribuito a determinare fatti di violenza all’interno dello stadio né può ipotizzarsi che qualunque litigio o alterco isolato verificatosi all’interno dello stadio medesimo possa condurre alla conseguente responsabilità della società alla luce della predetta norma, anche in assenza di conseguenti fatti di violenza.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE II : DECISIONE N. 0014/CFA del 25 Ottobre 2019

Decisione Impugnata: Decisione n. 4/TFN 2019/2020 del 6.9.2019 pubblicata con comunicato ufficiale n. 4/TFN in pari data, con la quale il Tribunale Federale Nazionale – Sez. Disciplinare proscioglieva la società Piacenza Calcio 1919 S.r.l. e irrogava la sanzione della squalifica per 20 giorni al calc. M.G. in seguito al deferimento di cui alla nota n. 1941/1136 pf 18-19 GP/GT/ag del 7.8.2019,

Impugnazione Istanza: PROCURATORE FEDERALE / PIACENZA CALCIO /CALC. M.G.) n. 35/2019 – 2020 Registro Reclami

Massima: Confermata la decisione del TFN che pur sanzionando il calciatore con 20 giorni di squalfiica ha escluso la responsabilità oggettiva della società…Quanto alla responsabilità oggettiva della Società, la tenuità del fatto addebitato al giocatore M., valutato dalla stessa Procura come infrazione disciplinare, e la sanzione di appena 20 giorni di sospensione irrogatagli dal Tribunale federale non potevano avere altro effetto che il proscioglimento del Piacenza Calcio, conformemente al consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale la responsabilità oggettiva necessita di un’applicazione non acritica e meccanica, ma informata a criteri di equità e gradualità per evitare conseguenze abnormi e ingiuste. A detto orientamento si ispira anche la previsione dell’art. 7 de vigente CGS in tema di esimente e attenuanti della responsabilità oggettiva.Passando all’esame di merito del reclamo, non può essere condivisa la prospettazione della Procura federale nazionale, la quale avanza il dubbio che il Tribunale abbia inteso applicare la scriminante introdotta dall’art. 7 del riformato CGS sulla responsabilità oggettiva a fattispecie verificatesi in vigenza del precedente codice. Sul punto si considera che, benché l’art. 142, comma 1, del vigente CGS preveda tra le disposizioni transitorie che i procedimenti pendenti innanzi agli organi del sistema della giustizia sportiva al momento dell’entrata in vigore del Codice continuano a svolgersi in base alle disposizioni previgenti, l’indubbia natura afflittiva della sanzione disciplinare potrebbe indurre a sostenere l’applicabilità del principio generale del favor rei anche all’ordinamento sportivo, non rilevando al riguardo il suo carattere settoriale a fronte di una primaria esigenza di parità ̀ sostanziale, costituzionalmente garantita, tra soggetti incolpati. Detto principio peraltro è operante anche in altri ordinamenti di settore quale ad esempio quello forense (vedasi in proposito l’art. 65, comma 5, della legge n. 247/2012 per ci che concerne il Codice deontologico forense e la Regolamentazione del procedimento disciplinare). Tuttavia, nel caso di cui ci si occupa, la questione dell’applicazione della norma più favorevole non si pone, considerato che il giudice di prime cure, nel dichiarare il Piacenza Calcio esente da responsabilità oggettiva per il comportamento pur sanzionato del giocatore M., ha esplicitamente fatto riferimento all’art. 4, comma 2, del CGS vigente all’epoca di avvio del procedimento disciplinare e, in base a una valutazione di merito, non ha rinvenuto alcun nesso di causalità necessaria tra il comportamento tenuto dal suddetto giocatore e la responsabilità oggettiva del Piacenza Calcio. Orbene l’impugnata decisione del Tribunale, che ha escluso la “riconducibilità” e la “rimproverabilità dei fatti oggetto di deferimento alla Società”, appare condivisibile anche sul piano della ragionevolezza, sia perché coerente con la sanzione disciplinare di soli 20 giorni di squalifica irrogata al calciatore M., non impugnata dalla Procura federale e verosimilmente correlata a una iniziativa personale ed estemporanea di nessun vantaggio concreto per il Piacenza Calcio; sia perché sostenuta dall’accertata adeguatezza delle misure preventive predisposte dalla Società, in ossequio alle disposizioni legislative (art. 6, comma 1, del d.lgs. 8 Giugno 2001, n. 231) e statutarie (art. 7, comma 5, dello Statuto FIGC). Per ultimo va posto in evidenza che la decisione oggetto del ricorso non pone in discussione l’istituto della responsabilità oggettiva delle Società, ma s’informa a un orientamento sostanzialmente nomofilattico della Giustizia sportiva, espresso anche da questa Corte in vigenza dell’abrogato  CGS,  secondo il quale  “il principio  della responsabilità oggettiva necessita di temperamenti, sia pure rigorosamente interpretati, avuto riguardo ad un esame non formalistici ma sostanziale dell’effettivo legame tra il fatto avvenuto e le specifiche responsabilità della società” (C.U. n. 021/CFA del 19 Gennaio  2015).

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 3/TFN del 10.09.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 2325/744 pf 19-20/LDF/GC/am del 13.08.2020 nei confronti della società AC Coiano Santa Lucia ASD - Reg. Prot. n. 213/TFN-SD

Massima: Con il patteggiamento ex art. 127, comma 1 CGS - FIGC la società è sanzionata con l’ammenda di € 667,00 in relazione ai fatti contestati al rispettivo legale rappresentante pro-tempore

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 19/FTN del 08 Agosto 2019 con riferimento al C.U. n. 17/FTN del 06 Agosto 2019 (dispositivo)

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: O.T. (calciatore), F.M. (Presidente della Società SS Arezzo Srl fino al 07.12.2017), M.M. (Presidente della Società SS Arezzo Srl dal 07.12.2017), G.E. (Dirigente della Società SS Arezzo Srl), D.A. (Dirigente della Società SS Arezzo Srl), O.C.(Dirigente della Società SS Arezzo Srl), SOCIETÀ SS AREZZO SRL - (nota n. 942/1049 pf18-19 GP/jg del 18.7.2019).

Massima: La nuova società non risponde delle violazioni commesse dalla precedente società fallita…Risulta dal provvedimento del Commissario Straordinario FIGC 29 giugno 2018, pubblicato sul CU n. 85 di pari data, che la SS Arezzo Srl aveva acquisito il complesso aziendale della fallita US Arezzo Srl, comprensivo del parco tesserati e che, su parere favorevole della Co.Vi.So.C., aveva ottenuto il trasferimento del titolo sportivo, il tutto in applicazione dell’art. 52 comma 3 NOIF, escludendosi così che essa dovesse rispondere di fatti ascrivibili alla responsabilità della precedente Società (cfr. in analoga fattispecie, CDN decisione 9.10.2008 CU n. 24). La norma richiamata prevede infatti che il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione può essere attribuito ad altra società a condizione che quest’ultima dimostri di aver acquisito l’intera azienda sportiva della società in stato di insolvenza, di essersi accollata e di avere assolto tutti i debiti sportivi della società revocata dell’affiliazione, di possedere un adeguato patrimonio e risorse sufficienti a garantire il soddisfacimento degli oneri relativi al campionato di competenza; ma non prevede che la nuova società debba rispondere delle violazioni commesse dalla precedente società, fallita e non più affiliata.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 12/FTN del 26 Luglio 2019 con riferimento al C.U. n. 9/FTN del 18 Luglio 2019 (dispositivo)

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: N.D.S. (all’epoca dei fatti Presidente con poteri di rappresentanza della società SSD Albalonga), SOCIETÀ SSD ALBALONGA - (nota n. 15136/1117 pf18-19 GC/GP/ma del 26.6.2019).

Massima:  Il presidente non risponde della violazione dell’art. 1, comma 1bis, del CGS (quale vigente all’epoca dei fatti in contestazione), ovvero, stante il principio di immedesimazione organica esistente tra esso e la Società da egli rappresentata, di fatti - rilevanti ex art. 11, comma 3, del CGS vigente “ratione temporis” - occorsi durante la gara - quali concretatisi nell’aver un gruppo di tifosi della squadra ospitante (SSD Albalonga) presenti sulla tribuna dell’impianto sportivo teatro dell’evento (Stadio Comunale di Albano Laziale) preso di mira, per tutta la durata della gara, l’Assistente arbitrale Sig.ra … della Sez. A.I.A. di Piacenza, rivolgendo all’indirizzo della stessa, ogniqualvolta il gioco si spostava nella zona di propria pertinenza, grida dal contenuto offensivo ed espressione di discriminazione di genere in quanto arrecanti insulto per motivi di sesso (ripetutamente la stessa veniva apostrofata con l’epiteto “m…….”, appellativo sicuramente integrante e costituente insulto di natura sessista in quanto volto ad evocare una caratteristica negativa considerata tipica del sesso femminile)…Va ricordato, infatti, che l’art.11, comma 3 del Codice di giustizia Sportiva della FIGC in vigore al momento dei fatti contestati, punisce, a titolo di responsabilità oggettiva, la società per i comportamenti dei propri sostenitori nei casi di cori discriminatori, come quelli in esame. Tale responsabilità è correlata, pertanto, alla violazione di specifiche condotte imputate a soggetti non facenti parte dell’ordinamento sportivo e per i quali si ritiene che la società debba esercitare un doveroso dovere di vigilanza, tanto è vero che sono anche previste delle forme di attenuazione e/o esenzione di responsabilità nel caso in cui la società ponga in essere misure idonee a far cessare le condotte censurabili. Nel caso di specie, invece, la Procura Federale ha deferito il Presidente della S.S.D, Albalonga ex art.1, comma 1 bis del codice di Giustizia sportiva FIGC per fatti e comportamenti che lo stesso non ha commesso, né che possono essere allo stesso in alcun modo imputabili. Alcun ruolo attivo nell’esecuzione dei presunti cori, infatti, risulta allo stesso addebitabile…Pur a voler ammettere, in linea astratta, configurabile una sua condotta omissiva per aver evitato di porre in essere, nell’immediatezza degli eventi, le misure idonee a far cessare i presunti cori sessisti, nel caso di specie è sufficiente rilevare che tale condotta non è mai stata censurata, né potrebbe allo stesso essere addebitato alcunché, giacché, dagli atti in giudizio non sembra evincersi che il commissario di campo abbia sollecitato una tale iniziativa ed abbia fatto rilevare, nel corso della gara, la sussistenza dei cori incriminati. Ne deriva che, anche la responsabilità diretta della società, per effetto della condotta del proprio presidente, è insussistente; né sarebbe ipotizzabile ritenere configurabile la responsabilità oggettiva della società in quanto, non sarebbe ammessa in tale sede una riqualificazione della fattispecie sanzionatoria, atteso che nel deferimento la condotta della società viene contestata soltanto in relazione alla condotta posta in essere dal proprio Presidente.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 15/TFN del 4.10.2019

Impugnazione - Istanza: Deferimento del Procuratore Federale n. 11506/365 pf18-19 MS/AS/mm del 12.4.2019 a carico della Società ASD SC Castiadas Calcio - Reg. Prot. 235/TFN-SD)

Massima: Atteso che la CFA ha prosciolto il deferito anche la società va prosciolta…È pacifico, perché è frutto di un consolidato orientamento interpretativo della norma (art. 4 comma 2 CGS - FIGC), che la responsabilità oggettiva si sostanzia nel trasferimento in capo alla società di quella responsabilità contratta da tutte le persone che a vario titolo agiscono nel suo interesse; da essa, definita mediata, si distingue la responsabilità non mediata, che è ascrivibile esclusivamente al legale rappresentante della società e che comporta la responsabilità diretta di quest’ultima. A ciò consegue che, qualora venga accertata e dichiarata dagli organi di giustizia sportiva l’assenza di responsabilità in capo alle persone deferite, riconducibili alla società anch’essa deferita per responsabilità oggettiva, siffatta responsabilità viene conseguentemente a mancare ed il conseguente proscioglimento della società costituisce un atto dovuto.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 71/FTN del 26 Giugno 2019

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  A  CARICO  DI:  B.O. (Amministratore Unico e legale rappresentante p.t. della società AC Cuneo 1905 Srl), L.M.R. (Procuratore Speciale e Legale rappresentante p.t. della società AC Cuneo 1905 Srl), SOCIETÀ AC CUNEO 1905 SRL - (nota n. 13558/1192 pf18-19 GP/GC/blp del 29.5.2019).

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  A  CARICO  DI:  B.O. (Amministratore Unico e legale rappresentante p.t. della società AC Cuneo 1905 Srl), L.M.R. (Procuratore Speciale e Legale rappresentante p.t. della società AC Cuneo 1905 Srl), SOCIETÀ AC CUNEO 1905 SRL - (nota n. 13557/1191 pf18-19 GP/GC/blp del 29.5.2019).

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  A  CARICO  DI:  B.O. (Amministratore Unico e legale rappresentante p.t. della società AC Cuneo 1905 Srl), L.M.R. (Procuratore Speciale e Legale rappresentante p.t. della società AC Cuneo 1905 Srl), SOCIETÀ AC CUNEO 1905 SRL - (nota n. 13559/1193 pf18-19 GP/GC/blp del 29.5.2019).

Massima: …. non si ritiene che la procura speciale conferita dall’Amministratore Unico al sig. L. possa far venire meno gli obblighi di controllo e vigilanza sull’operato del soggetto delegato da parte del delegante sebbene inibito. In tal senso, si richiamano i principi di ordine generale affermati dalla Suprema Corte in tema di delega di funzioni e di applicazione di quanto statuito sul punto dall’art. 16 del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro anche al di fuori di tale specifico  settore. La Cassazione ha chiarito come “la disciplina della delega di funzioni  prevista dall'art. 16 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, sebbene espressamente dettata per la materia della sicurezza del lavoro, si estende anche alla delega conferita in altri settori” (Cass. pen. Sez. III Sent. 27/03/2018, n. 31421). Il comma 3 dell’art. 16 espressamente prevede che “la delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite”. Pertanto, non solo in tema di infortuni sul lavoro ma quale normativa idonea a fissare principi di natura ordinamentale, la delega di funzioni - ora disciplinata precipuamente dall'art. 16 T.U. sulla sicurezza - non esclude l'obbligo di vigilanza del delegante in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite (Cass. pen. Sez. IV Sent. 21/04/2016, n. 22837). Per quanto qui ci occupa ed alla luce dei richiamati principi, il mero conferimento della delega di poteri gestori da parte del sig. .. in capo al sig. … non ha fatto venire meno quegli obblighi di vigilanza e controllo sul corretto adempimento degli stessi da parte del primo, il quale avrebbe dovuto monitorare che l’attività amministrativa e di gestione interna connaturata al ruolo aziendale di Amministratore Unico e Legale Rappresentante rivestito, e come detto non oggetto di provvedimento inibitorio, venisse dallo stesso puntualmente portata avanti. Tanto vale ad affermare la responsabilità disciplinare della società, del procuratore speciale e dell’Amministratore p.t. per le condotte ascritte.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 122 CFA DEL 18 Giugno 2019 CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 108/CFA DEL 29 Maggio 2019

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 63/TFN del 13.5.2019

Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ US CITTA’ DI PALERMO SPA AVVERSO LA SANZIONE DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO DEL CAMPIONATO DI SERIE B STAGIONE SPORTIVA 2018/19 INFLITTA ALLA RECLAMANTE A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. G.G.(ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA DALL’8.11.2017 ALL’8.8.2018) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 2 INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 8  C.G.S.,  NONCHÉ  ART.  85  NOIF  SEGUITO  DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. M.A. (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DEL COLLEGIO SINDACALE DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE EX ART. 19, COMMA 3 C.G.S. INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 8 C.G.S., NONCHÉ ARTT. 84, COMMI 1 E 3 E 85 NOIF SEGUITO DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  NOTA  12055/816 PF  18-19  GP/GC/BLP  DEL  29.4.2019

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL DEFERIMENTO NEI CONFRONTI DEL SIG. Z.M. ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA SINO AL 7.3.2017 E, SUCCESSIVAMENTE, CONSIGLIERE CDA DELLA SOCIETÀ US CITTÀ DI PALERMO SPA SINO AL 3.5.2018 SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO NOTA 12055/816 PF 18-19 GP/GC/BLP DEL 29.4.2019

Massima: …. in ordine alla impossibilità di sanzionare la società nell’ipotesi di mancato giudizio nei confronti del suo dirigente apicale e di un accertamento della sua responsabilità, lo stesso appare infondato, sotto un duplice ordine di profili. Anzitutto, occorre rammentare che, ai sensi dell’art. 4, comma 1, CGS «Le società rispondono direttamente dell'operato di chi le rappresenta, anche per singole questioni, ai sensi delle norme federali», mentre, ai sensi del successivo comma 2, «Le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell'operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1 bis, comma 5». Ne consegue che la circostanza che il presidente della società che ha agito – in maniera antidoverosa per l’ordinamento federale – per conto della stessa non sia perseguibile o concretamente punibile, per vicende legate ad aspetti procedimentali, processuali o a ragioni strettamente personali, non significa che la società medesima debba andare esente da sanzione. Proprio, appunto, perché la società risponde, in questi casi, in via propria e diretta. La speciale architettura della giustizia sportiva, alla luce delle finalità istituzionali assegnate dall’ordinamento generale a quello settoriale sportivo e, segnatamente, federale, inducono ad affermare l'autonoma possibilità di procedere nei confronti della società a prescindere dal materiale accertamento della responsabilità, personale, dell'autore del reato (i.e. illecito) presupposto o correlato, essendo, questa, evenienza in cui è anzi più forte l'esigenza di sancire la responsabilità dell'ente. La responsabilità diretta e quella oggettiva, nel nostro ordinamento settoriale, non si traducono in una responsabilità sussidiaria per il fatto altrui, sulla falsariga della responsabilità civile ordinaria da reato del dipendente o proposto, ovvero di quella delineata dall'art. 197 cod. penale. La società è, invece, punita per il fatto proprio, e a radicare la “personalità” della sua responsabilità, sta la necessità di poter muovere “direttamente” alla stessa un rimprovero fondato sul fatto che l’illecito contestato possa considerarsi espressione di una gestio aziendale deviante o frutto di una colpa d'organizzazione o difetto di adeguato controllo. Per inciso ed  al  fine di evitare possibili letture strumentali della presente decisione, questa Corte tiene qui a ribadire, ancora una volta, come il principio della responsabilità diretta ed oggettiva costituisca un pilastro sul quale l’ordinamento federale poggia le proprie fondamenta. Come già da tempo affermato dalla giustizia sportiva la responsabilità oggettiva consegue in termini automatici e legali a quella materiale (e non necessariamente “processuale”) del responsabile fisico, «e non può, quindi, in nessun caso, essere elusa, ma solo graduata e misurata nei suoi limiti quantitativi sanzionatori» (cfr. Corte appello federale, C.U. n. 30/c del 18 giugno 1985). Istituto, quello della responsabilità oggettiva («esigenza di tutela dei terzi», la cui ratio è quella «di indurre le società sportive a porre in  essere  tutti  gli  accorgimenti  necessari  ad  evitare l’accadimento di certi fatti. La scelta di una simile adozione deriva  da una chiara  scelta  politica  per porre freno  a  determinati  comportamenti  che  potrebbero  causare  seri  danni  all’incolumità  delle persone e compromettere la regolarità dei campionati», così, ad esempio, A. VALORI, Il diritto nello sport. Principi, soggetti, organizzazione, Torino, 2009) è manifestazione peculiare ed insopprimibile dell’ordinamento sportivo e, ad avviso di questa Corte, ne rappresenta un architrave. Del resto, «la fattispecie della responsabilità oggettiva, dunque, non è altro che una conseguenza dell’organizzazione della società moderna, in cui, specie nell’ambito delle attività imprenditoriali e delle c.d. attività rischiose, si preferisce utilizzare criteri di imputabilità della responsabilità che non richiedano analisi complesse, ma che rendano conoscibile a priori il soggetto che deve essere tenuto al risarcimento» (M. SANINO, Diritto sportivo, Padova, 2002, p. 445). L’impiego, dunque, nell’ordinamento sportivo del modello della responsabilità addebitale pur in difetto del criterio di collegamento rappresentato dal dolo e dalla colpa o di quello connesso alla concreta (i.e. processuale) possibilità di perseguire e/o punire il suo autore materiale, è volto ad impedire che determinati eventi rimangano, quantomeno sotto il profilo disciplinare che qui rileva, privi di conseguenza. Nel contempo, lo stesso è diretto ad assicurare salvaguardia al perseguimento delle finalità istituzionali dello sport, in generale, e del giuoco del calcio, in particolare, garantendo la regolarità delle competizioni sportive. Si tratta, come anche osservato in dottrina, di responsabilità la cui natura esula da una dimensione meramente “punitiva”, mirando, invece, a dare giusto equilibrio ai valori che determinano il risultato sportivo (cfr. F. PAGLIARA, Ordinamento giuridico sportivo e responsabilità oggettiva, in Rivista diritto sportivo, 1989, p. 158). In ogni caso, poi, è corretta la decisione del Tribunale con riferimento alla possibilità di accertare e dichiarare la responsabilità amministrativa degli enti anche a carico delle società sportive. A tal riguardo – lo si rammenta – il TFN ha ritenuto «che conformemente a quanto previsto in ordine alla cd. responsabilità amministrativa degli enti, che la stessa, qualora si qualifichi come diretta, sia del tutto autonoma rispetto alla responsabilità dell’autore materiale dell’illecito e, pertanto, che l’ente debba esserne chiamato a risponderne autonomamente, previa verifica incidentale delle condotte illecite realizzate».

Massima: Infondata è l’eccezione secondo la quale in difetto di disciplina da parte dell’ordinamento sportivo – non possa essere applicata, alla fattispecie,  la  normativa  in materia di responsabilità amministrativa non ricorrendo i presupposti per applicare l’art. 5 del decreto legislativo n. 231/2001, che prevede che l’ente è responsabile “per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio”. Recita l’art. 5 del richiamato decreto: «1. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi». Precisa, poi, il successivo art. 8: «1. La responsabilità dell'ente sussiste anche quando: l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile; il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia. Salvo che la legge disponga diversamente, non si procede nei confronti   dell'ente quando è concessa amnistia per un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e l'imputato ha rinunciato alla sua applicazione. L'ente può rinunciare all'amnistia». Occorre, anzitutto, osservare come la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 231/2001  si applichi agli enti forniti di personalità giuridica e alle società, quale che sia la forma della sua costituzione e quale che sia l’attività svolta ed il suo oggetto sociale. Non vi è dubbio, dunque,  che anche la società U.S. Città di Palermo s.p.a. è destinataria delle norme di cui trattasi e che, nel caso di accertamento di una tale responsabilità, ne debba essere chiamata a rispondere anche nell’ambito dell’ordinamento sportivo, che, peraltro, non  esclude  l’ipotesi  della  responsabilità  delle  società  per fatti  connessi  all’organizzazione  gestionale  e finanziaria. La responsabilità (dell’ente) disegnata dal corpo normativo di cui trattasi è autonoma (e si aggiunge) rispetto alla responsabilità penale dell’agente. La responsabilità degli enti è configurata come derivante da fatto proprio degli stessi, dipendente da uno dei reati specificamente previsti nel catalogo normativo (cfr. Cassazione, sezioni unite, 24 aprile 2014, n. 38343). Danno luogo a responsabilità dell'ente i reati commessi, nel suo interesse o a suo vantaggio, da chi riveste posizione apicale di rappresentanza, amministrazione o direzione, anche di unità organizzativa dotata di  autonomia, o da persone sottoposte alla direzione o vigilanza di  uno  dei soggetti apicali. La dottrina ha precisato che l’interesse ricorre quando chi agisce lo fa con l’intenzione di procurare un arricchimento all’ente, mentre il vantaggio ricorre quando, dalla commissione del reato, l’ente consegua un effettivo beneficio. La responsabilità si fonda su una colpa di organizzazione, in senso normativo, correlata ai reati specificamente previsti (cfr. Cassazione, sezioni unite, 24 aprile 2014, n. 38343). Il sistema nel suo complesso, come posto in luce anche dalla dottrina, si basa, dunque, sulla concreta riconducibilità del fatto alla sfera di operatività e interesse dell'ente e ad un profilo di immedesimazione della responsabilità. La responsabilità di cui trattasi può essere contestata all’ente societario qualora si sia  in presenza di un fatto-reato che rientra nell’elenco di cui agli art. 24 e seguenti dello stesso decreto. Tra questi, anche i reati societari (tra cui, false comunicazioni sociali). L’impianto normativo di cui qui è cenno ha, dunque, consentito il superamento del (vecchio) principio della esclusione della responsabilità diretta delle persone giuridiche (“societas delinquere non potest”). Quanto, poi, alla eccezione svolta dalla società Palermo, secondo cui non può essere celebrato il processo a suo carico, senza che sia presente e punibile anche l’agente, è possibile ricordare come la stessa Corte di Cassazione, sez. III penale, 17 novembre 2017, n. 9072 ha avuto modo di affermare che, «anche nelle ipotesi di prescrizione del reato, l'accertamento della responsabilità dell'ente deve effettuarsi, sia pure con accertamento della sussistenza del reato: "In tema di responsabilità degli enti, in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice, ai sensi del D.Lgs. 231 del 2001, art. 8, comma 1, lett. b), deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l'illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato" (Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013 - dep. 17/05/2013, Barla e altri, Rv. 25536901)». Secondo Cassazione, sez. I penale, 2 luglio 2015, n.35818, «ai sensi dell’art. 8 d.lg. n. 231 del 2001, la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non sia stato identificato o non  sia  imputabile  e,  pertanto,  anche  nel  caso  in  cui  la  persona fisica cui  era  stata  attribuita  la responsabilità del reato presupposto venga assolta per non aver commesso il fatto». «In tema di responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato, in caso di prescrizione del reato presupposto commesso dall'amministratore, il giudice deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l'illecito è stato commesso, senza prescindere però da una verifica quantomeno incidentale della sussistenza del fatto reato» (Cassazione, sez. II penale, 19 ottobre 2018, n.52470). Insomma, il giudice deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio il reato fu commesso, anche considerato che la pratica o giuridica attribuibilità del reato al suo autore materiale non incide sulla natura e sull'ampiezza  dell'accertamento  incidentale in ordine all'esistenza  dello  stesso demandato al giudice, chiamato a pronunciarsi sulla sola responsabilità dell'ente sociale, nè risulta incidere sull'esercizio del diritto di difesa di questo, che, lungi dal risultarne menomato, ne è semmai agevolato.

Massima:  Con riferimento alla eccezione dell’US Palermo secondo cui il sig. …avrebbe, comunque, agito nel proprio interesse, visto che le quote societarie erano riferibili all’ambito suo e della propria famiglia, è possibile osservare, anzitutto, come il vantaggio dell’illecito contestato sia, comunque, andato a favore di soggetto giuridico (appunto, l’US Città di Palermo s.p.a.) diverso e distinto dall’agente …. e, ad ogni buon conto, come la responsabilità dell’ente sussista anche qualora l'autore del reato presupposto abbia agito per un interesse prevalentemente proprio (cfr. Cassazione, sez. VI penale, 25 settembre 2018, n. 54640). E' stato al riguardo affermato che la lettera della disposizione di  cui  all’art.  5,  comma  1,  del decreto legislativo n. 231  del 2001, non configura un'endiadi ma individua criteri alternativi e concorrenti tra loro, «in quanto il criterio dell'interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile "ex ante", cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente  soggettivo,  mentre  quello  del  vantaggio   ha   una   connotazione   essenzialmente oggettiva, come tale valutabile "ex post", sulla base  degli  effetti  concretamente  derivati  dalla realizzazione dell'illecito» (Cassazione, sezioni unite, 24 aprile 2014, n. 38343). Negli stessi termini Cassazione, sez. II penale, 27 settembre 2016, n.52316: «in tema di responsabilità amministrativa degli enti, l'articolo 5 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, che ne individua il presupposto nella commissione dei reati "nel suo interesse o a suo vantaggio ", non contiene un'endiadi, perché i predetti termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, ed evocano criteri concorrenti, ma alternativi: il richiamo all'interesse dell'ente valorizza una prospettiva soggettiva della condotta delittuosa posta in essere dalla persona fisica da apprezzare ex ante, per effetto di un indebito arricchimento prefigurato, ma non necessariamente realizzato, in conseguenza dell'illecito; il riferimento al vantaggio valorizza, invece, un dato oggettivo che richiede sempre una verifica ex post quanto all'obbiettivo conseguimento di esso a seguito della commissione dell'illecito presupposto, pur in difetto della sua prospettazione ex ante». Nel caso di specie, in disparte l’interesse personale del sig. …, non vi è dubbio che le condotte contestate – direttamente riferibili anche alla società US Città di Palermo s.p.a. – come qui accertate, hanno recato un sicuro vantaggio della società, anche secondo la valutazione ex post. Del resto, il riferimento all'interesse, pur caratterizzato da una prevalente connotazione soggettiva, implica nondimeno il confronto con un parametro oggettivo, non rimesso esclusivamente ad imperscrutabili intendimenti dell'agente. In ogni caso, come con sentenza di pochi giorni or sono ha avuto modo di chiarire la Suprema Corte di Cassazione, sezioni unite civili, (con principio di diritto di portata generale e di certo riferibile anche all’ambito degli enti con natura privatistica), anche «lo Stato o l’ente pubblico risponde civilmente del danno cagionato a terzi dal fatto penalmente illecito del dipendente anche quando questi abbia approfittato delle sue attribuzioni ed agito per finalità esclusivamente personali od egoistiche ed estranee a quelle dell’amministrazione di appartenenza, purchè  la  sua  condotta  sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri che il dipendente esercita o di cui è titolare, nel senso che la condotta illecita dannosa – e, quale sua conseguenza, il danno ingiusto a terzi – non sarebbe stata possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base ad un giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta, senza l’esercizio di quelle funzioni o poteri che, per quanto deviato o abusivo od illecito, non ne integri uno sviluppo oggettivamente anomalo» (cfr. Cassazione, sezioni unite civili, 9 aprile 2019, n. 13246, depositata 16 maggio 2019). In conclusione, il quadro della condotta complessiva della società U.S. Palermo denota una situazione che, anche a prescindere da un esame parcellizzato di singoli episodi, risulta palesemente incompatibile con qualsiasi concetto di etica sportiva e merita, perciò stesso, l’adozione di una sanzione adeguata e necessariamente afflittiva, anche a tutela della stessa ragione d’essere della Federazione calcio, il cui fine essenziale e, comunque, primario è quello di garantire la regolarità delle competizioni sportive che si svolgono sotto la sua egida e, con questa, la pubblica fede che vi ripongono i cittadini, in generale, nonché gli sportivi, tifosi ed appassionati, in particolare.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 16/TFN del 9.10.2019

Impugnazione - Istanza: Deferimento del Procuratore Federale n. 2860/149 pf18-19 GP/GC/blp del 6.9.2019 a carico del Sig. C.G., del Sig. B.G. e della società US Palmese ASD - Reg. Prot. 45/TFN-SD).

Massima: L’improcedibilità del deferimento nei confronti dei deferiti per omessa regolare notifica non incide sulla responsabilità della società. Ciò premesso ritiene il collegio che alcun problema invece si pone circa la piena ammissibilità del deferimento nei confronti della società deferita. Sul punto va ricordato che recentemente la Corte Federale d’appello, confermando l’orientamento di questo Tribunale ha statuito che “Anzitutto, occorre rammentare che, ai sensi dell’art. 4, comma 1, CGS «Le società rispondono direttamente dell'operato di chi le rappresenta, anche per singole questioni, ai sensi delle norme federali», mentre, ai sensi del successivo comma 2, «Le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell'operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1 bis, comma 5». Ne consegue che la circostanza che il presidente della società che ha agito – in maniera antidoverosa per l’ordinamento federale – per conto della stessa non sia perseguibile o concretamente punibile, per vicende legate ad aspetti procedimentali, processuali o a ragioni strettamente personali, non significa che la società medesima debba andare esente da sanzione. Proprio, appunto, perché la società risponde, in questi casi, in via propria e diretta. La speciale architettura della giustizia sportiva, alla luce  delle  finalità  istituzionali  assegnate  dall’ordinamento  generale  a  quello  settoriale  sportivo  e,  segnatamente, federale, inducono ad affermare l'autonoma possibilità di procedere nei confronti della società a prescindere dal materiale accertamento della responsabilità, personale, dell'autore del reato (i.e. illecito) presupposto o correlato, essendo, questa, evenienza in cui è anzi più forte l'esigenza di sancire la responsabilità dell'ente. La responsabilità diretta e quella oggettiva, nel nostro ordinamento settoriale, non si traducono in una responsabilità sussidiaria per il fatto altrui, sulla falsariga della responsabilità civile ordinaria da reato del dipendente o proposto, ovvero di quella delineata dall'art. 197 cod. penale. La società è, invece, punita per il fatto proprio, e a radicare la “personalità” della sua responsabilità, sta la necessità di poter muovere “direttamente” alla stessa un rimprovero fondato sul fatto che l’illecito contestato possa considerarsi espressione di una gestio aziendale deviante o frutto di una colpa d'organizzazione o difetto di adeguato controllo.” (CFA, SS.UU. CU 122/CFA, 18 giugno 2019) D’altronde, se così non fosse, la mancata comunicazione degli atti procedurali agli amministratori non più in carica da parte della Società potrebbe essere considerata un mezzo strumentale proprio per escludere la sindacabilità della stessa società deferita. Del tutto irrilevante è pertanto, la circostanza che siano mutati i vertici societari ovvero che la società di trovi in amministrazione giudiziaria, istituto volto a garantire proprio la continuità aziendale.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE II: DECISIONE N. 019 CFA DEL  20/08/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 105/CFA (STAGIONE SPORTIVA 2017/2018) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 114/CFA (STAGIONE SPORTIVA 2017/2018)

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 54/TFN del 27.3.2018

 Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ VICENZA CALCIO SPA AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 4 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA INFLITTA ALLA RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 4, COMMA 1 E 10, COMMA 3 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 85, LETTERA C), PARAGRAFI IV) E V) NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTE  NN. 8038/704  PF  17-18  GC/GP/BLP  DEL  5.3.2018  E  8139/705  PF  17-18  GP/GC/BLP  DEL5.3.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. F.M. AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 4 INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 10, COMMA 3 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 85, LETTERA C), PARAGRAFI IV) E V) NOIF SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTE NN. 8038/704 PF 17-18 GC/GP/BLP DEL 5.3.2018 E 8139/705 PF 17-

18 GP/GC/BLP DEL 5.3.2018

Massima: ….la responsabilità  diretta  (ma  anche  quella  oggettiva)  della società non  può  che  essere  direttamente discendente  dall’operato  di  taluno  che,  avendo  il  potere  di  agire  in  nome  e  per  conto  di  essa, contravvenga  al  correlato  dovere  e  ometta  di  assolvere  ad  adempimenti  che,  come  più  volte riconosciuto dalla giurisprudenza sportiva (cfr. Collegio di Garanzia Coni n. 9/2016), sono “elementi fondamentali per garantire la regolarità nello svolgimento delle competizioni sportive”. In questo la difesa dimostra piena condivisione all’enunciato di questa Corte, (dec. n. 126/CFA del 19 maggio 2016), ovvero che nessuna responsabilità diretta può riconoscersi in capo al sodalizio sportivo se essa non sia preceduta dall’accertamento di una violazione di norme da parte del suo legale rappresentante. Nel caso di specie, però e per le ragioni che seguono, è stata accertata (e sanzionata) la violazione di norme federali da parte del suo amministratore legale pro-tempore, per cui la sentenza impugnata non solo si muove in perfetta linea di continuità con la giurisprudenza richiamata ma si è nella piena e corretta applicazione dell’art. 4 commi 1 e 3 e dell’art. 10 comma 3 del CGS.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: C. U. n. 78/CFA del 22 Gennaio 2018 (motivazioni)  - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale – Sezione DisciplinareCom. Uff. n. 11/TFN del 25.9.2017

Impugnazione – istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ JUVENTUS FC SPA AVVERSO LE SANZIONI:INIBIZIONE PER ANNI 1 E AMMENDA DI20.000,00 INFLITTA AL SIG. AGNELLI ANDREA, ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 12, COMMI 1, 2, 3 E 9 C.G.S.;INIBIZIONE PER ANNI 1 E  AMMENDA  DI   20.000,00  INFLITTA  AL  SIG.  M.S., ALL’EPOCA DEI FATTI DIPENDENTE  RESPONSABILE  DEL  TICKET  OFFICE  DELLA  SOCIETÀ  RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 12, COMMI 1, 2 E 9 C.G.S.; INIBIZIONE PER ANNI 1 E MESI 3 E AMMENDA DI € 20.000,00 INFLITTA AL SIG. D.A.A.N., ALL’EPOCA DEI FATTI DIPENDENTE ADETTO ALLA SICUREZZA (SECURITY MANAGER) DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 12, COMMI 1, 2, 3 E 9 C.G.S.; AMMENDA DI € 300.000,00 INFLITTA ALLA SOCIE RECLAMANTE, AI SENSI DEGLI ARTT. 4, COMMI 1 E 2 E 12, COMMI 1, 2 E 3 C.G.S.; SEGUITO  DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE   NOTA  N.  10152/101  PF  16-17  GP/BLP  DEL 18.3.2017

Impugnazione – istanza: D.A.N.,  ALL’EPOCA DEI FATTI  DIPENDENTE ADETTO  ALLA SICUREZZA (SECURITY MANAGER) DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 12, COMMI 1, 2, 3 E 9 C.G.S.; E DELLA SOCIETÀ:

Impugnazione – istanza: JUVENTUS FC SPA PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 4, COMMI 1 E 2 E 12, COMMI 1, 2 E 3 C.G.S.;SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 10152/101 PF 16-17 GP/BLP DEL 18.3.2017

Massima: Per inciso ed al fine di evitare possibili letture strumentali della presente decisione, questa Corte tiene qui a ribadire, ancora una volta, come il principio della responsabilità oggettiva costituisca un pilastro sul quale l’ordinamento federale poggia le proprie fondamenta. Come già da tempo, in modo consolidato, affermato dalla giustizia sportiva «la responsabilità oggettiva consegue in termini automatici e legali a quella materiale del responsabile fisico, e non può, quindi, in nessun caso, essere elusa, ma solo graduata e misurata nei suoi limiti quantitativi sanzionatori» (cfr., ex multis, Corte appello federale, C.U. n. 30/c del 18 giugno 1985). Istituto, quello della responsabilità oggettiva, di natura senza dubbio eccezionale, laddove si consideri, che – ordinariamente – la  violazione  di  una  disposizione,  per  essere  punibile,  deve conseguire ad un comportamento attribuibile, per il tramite dei consueti canali del dolo o della colpa, al suo responsabile e deve, dunque, rispondere al principio della personalità della responsabilità ex art. 27 Costituzione, mentre, in ambito civilistico, opera, come noto, il «generale principio della colpa quale regola generale ispiratrice della responsabilità civile» (A. LEPORE, A. REDI, commento all’art. 4 CGS, in A. BLANDINI, P. DEL VECCHIO, A. LEPORE, U. MAIELLO (a cura di), Codice di giustizia sportiva FIGC – annotato con la dottrina e la giurisprudenza, Napoli, 2016, p. 87). Nel contempo, tuttavia, la responsabilità oggettiva («esigenza di tutela dei terzi», la cui ratio è quella «di indurre le società sportive a porre in essere tutti gli accorgimenti necessari ad evitare l’accadimento di certi fatti. La scelta di una  simile adozione deriva da una chiara scelta politica per porre freno a determinati comportamenti che potrebbero causare seri danni all’incolumità delle persone e compromettere la  regolarità  dei campionati», così, ad esempio, A. VALORI, Il diritto nello sport. Principi, soggetti, organizzazione, Torino, 2009) è manifestazione peculiare ed insopprimibile dell’ordinamento sportivo e, ad  avviso  di  questa Corte, ne rappresenta un architrave. Del resto, «la fattispecie della responsabilità oggettiva, dunque, non è altro che una conseguenza dell’organizzazione della società moderna, in cui, specie nell’ambito delle attività imprenditoriali e delle c.d. attività rischiose, si preferisce utilizzare  criteri  di  imputabilità  della  responsabilità  che  non richiedano analisi complesse, ma che rendano conoscibile a priori il soggetto che deve essere tenuto al risarcimento» (M. SANINO, Diritto sportivo, Padova, 2002, p. 445). Il corposo impiego, dunque, nell’ordinamento  sportivo  del  modello  della  responsabilità  addebitale  pur  in  difetto  del  criterio  di collegamento rappresentato dal dolo e dalla colpa, è volto ad impedire che determinati eventi rimangano, quantomeno sotto il profilo disciplinare che qui rileva, privi di conseguenza. Nel contempo, lo stesso è diretto ad assicurare salvaguardia al perseguimento delle finali istituzionali dello sport, in generale, e del giuoco del calcio, in particolare, garantendo la regolarità delle competizioni sportive. In definitiva, il principio della responsabilità oggettiva è funzionale all’attuazione dello stesso ordinamento sportivo. Si tratta, come anche osservato in dottrina, di responsabilità la cui natura esula da una dimensione meramente “punitiva”, mirando, invece, a dare giusto equilibrio ai valori che determinano il risultato sportivo (cfr. F. PAGLIARA, Ordinamento giuridico sportivo e responsabilità oggettiva, in Rivista diritto sportivo, 1989, p. 158). Scontata lobiezione in ordine allapparente paradosso dato dal fatto che una società che ben potrebbe sedere al tavolo della parte offesa sia, invece, chiamata a rispondere in sede sportivo- disciplinare. Ed in tal senso, devono anche far riflettere  le  osservazioni  della  Commissione parlamentare d’inchiesta, che ha avuto modo di evidenziare che «il principio della responsabilità oggettiva previsto dal codice di giustizia sportiva ha avuto indubbi meriti perché ha consentito, da un lato, di contenere gli episodi di violenza dei tifosi (in una fase storica in cui non vi erano i mezzi tecnici per identificare i colpevoli) e, dall’altro, in tema di match fixing, di funzionare da deterrente nei confronti dei giocatori intenzionati a commettere illeciti. Il miglioramento del sistema infrastrutturale sportivo e lo sviluppo di tecnologie di sicurezza sempre più sofisticate – già utilizzate in alcuni stadi, ma ancora pochiconsentono ormai l’individuazione e l’identificazione dei soggetti che mettono in atto comportamenti violenti o illeciti. Questi importanti progressi consentono dunque di immaginaresul solo versante degli  ultras e non  su quello  del match  fixingla mitigazione,  se non il superamento, della responsabilità oggettiva a carico  delle  società,  in  modo  da  recidere  alla  base  eventuali connivenze tra le stesse società e gli ultras, apportando importanti benefici al sistema. Ormai appare avere effetti quasi paradossali e contrari al  più  basilare  principio  di  giustizia  un  sistema  in  base  al quale si  comminano  sanzioni  alle società  per  responsabilità  oggettiva, quando  le  stesse  società  (pur non essendo riuscite a dimostrare l’esistenza delle esimenti di cui all’art. 13 CGS) sono riuscite a individuare e, collaborando con le forze dell’ordine, a far arrestare i responsabili  di  eventuali  azioni illegali». Tuttavia, premesso che, in via di principio ed allo stato della vigente disciplina federale, non ogni comportamento delle persone tesserate o aderenti al club sportivo è suscettibile di imputazione di responsabilità oggettiva a carico di quest’ultimo, bensì soltanto quello in cui è ravvisabile il requisito della coincidenza ed identità «del centro di interesse e di profitto tra l’operato del responsabile subiettivo e la sfera d’azione del responsabile obiettivo» (Corte appello federale, 30 gennaio 1985, in Rivista diritto sportivo, 1985, p. 556), occorre ricordare che la responsabilità oggettiva trova spiegazione anche in una prospettiva di qualificazione quale strumento di semplificazione: «poter prescindere dall’accertamento della sussistenza del c.d. elemento soggettivo doloso o colposo è inevitabile per ordinamenti che, come quello sportivo, non dispongono di sufficienti risorse, strutture, personale, non conoscono procedimenti cautelari e che tuttavia non possono permettersi di lasciare determinati eventi privi di conseguenze sanzionatorie» (M. SANINO, Diritto sportivo, Padova, 2002, p. 446). L’ampia utilizzazione, nell’ordinamento sportivo, in generale, e, nel calcio, in particolare, dei moduli della responsabilità oggettiva è, insomma, anche correlata alle necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile per venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e, quindi, con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le  varie  posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti (cfr. Corte appello federale, C.U. n. 7/C s.s. 2004/2005). «In altre più semplici parole, la ratio della responsabilità oggettiva, nell’ottica  dell’ordinamento  sportivo,  poggia  sulla  necessità  di  conseguire con immediatezza i fini che lo sport si prefigge, ossia il conseguimento del risultato sportivo, attraverso la regolarità della gara. Questa è la ragione prima sottesa alla scelta di utilizzare il modulo della responsabilità senza colp (P. SANDULLI, M. SFERRAZZA, Il giusto processo sportivo, Milano, 2015). In definitiva,  il principio generale della responsabilità oggettiva è immanente all’ordinamento sportivo e, allo stato, appare fondamentale per lo stesso: questo non significa  che  il  legislatore sportivo e quello federale non debbano avviare un percorso di riflessione sull’istituto, specie ed anche alla luce dei più recenti accadimenti legati al tifo organizzato più estremo ed al fenomeno del match- fixing e non possano rivalutare (ed eventualmente rimodulare) le ricadute dellistituto nell’ordinamento settoriale, specie avuto riguardo all’esigenza di attenuarne possibili distorsioni legate ad alcuni rigidi automatismi, nella prospettiva del perseguimento di un compromesso, sostenibile ed efficace, tra principio della responsabilità personale, da un lato, ed esigenza di regolarità delle gare e dei campionati, ai fini di fornire tutela ai fruitori del giuoco del calcio e di contribuire al perseguimento degli obiettivi di sicurezza ed ordine pubblico. Ciò in attesa che il legislatore statale, su un piano più vasto e  generale,  possa  eventualmente valutare l’opportunità di fornire un nuovo impianto normativo idoneo a contrastare, in modo  più efficace, quello che dalla stessa Commissione parlamentare d’inchiesta  è  stato  definito  «un  quadro molto preoccupante  di infiltrazione ndranghetista  nei gruppi di  tifosi  organizzati  della  Juventus,  che deve suonare come qualcosa di più di un campanello di allarme non solo per la società torinese ma anche per tutte le altre squadre e per i rappresentanti delle istituzioni del calcio», anche attesa la sostanziale incapacità (i.e. impreparazione) del mondo societario sportivo «a riconoscere le modalità dell’agire mafioso, sempre meno violente e sempre più mimetizzate nelle migliori realtà civili ed economiche», che «non è un’eccezione ma rappresenta oggi il maggiore e più diffuso fattore di debolezza di moltissimi soggetti politici, amministrativi e imprenditoriali, soprattutto al di  fuori  delle regioni di tradizionale insediamento delle mafie. La criminalità organizzata di tipo mafioso vede infatti nel settore calcistico “un’opportunità per ampliare non solamente il campo dei traffici illeciti e dei canali per il riciclaggio dei capitali sporchi, ma anche per insinuarsi in maniera strisciante e pervasiva nel tessuto sociale” (resoconto stenografico dell’audizione in Commissione del Capo della Polizia, Franco Gabrielli del 3 maggio 2017) e di questo tutti devono prendere  coscienza,  senza  sottovalutare  eventuali  parentele  o  frequentazioni  dei soggetti che si avvicinano all’ambiente societario». In questa direzione, la Commissione ribadisce la necessità di garantire il «rispetto delle regole … anche in quei settori nei quali oggi si lascia mano libera ai gruppi ultras» e, in tal senso, giudica positivamente la strada intrapresa con la sottoscrizione, da parte del Governo e di tutte le istituzioni calcistiche, di un apposito protocollo: «“Le società sportive organizzeranno le proprie Ticketing policies riservandosi l’opzione di condizionare l’acquisto del titolo di ammissione alla competizione (biglietti, abbonamenti) e/o la sottoscrizione di carte di fidelizzazione da parte dell’utente ad un’accettazione tacita di ‘condizioni generali di contratto’, consistenti in un codice etico predeterminato. La violazione di questo deve comportare, quale meccanismo di autotutela, la sospensione o il ritiro del gradimento della persona da parte della medesima società per una o più partite successive”. Progressivamente, si chiede alle società di introdurre una sorta di “DASPO interno”, un istituto di tipo privatistico, fondato sulla inosservanza di un patto disciplinato dalle norme di diritto civile, che porterebbe all’impossibilità di acquisto dei biglietti da parte del trasgressore destinatario della misura interdittiva, così come avviene per i DASPO disposti dal questore. Le società devono necessariamente essere supportate in quest’opera di “separazione” delle proprie sorti da quelle degli ultras, sia da parte delle istituzioni calcistiche sia da parte delle forze dell’ordine, ma devono altresì dimostrare – tutte insieme, valorizzando le sedi di rappresentanza comune – l’intenzione di perseguire questo obiettivo con coraggio, senza cercare di trovare strade più facili o “aggiustamenti” di qualche tipo con i propri tifosi».

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.089/TFN del 14 Giugno 2016 - www.figc.it

Impugnazione Istanza:  (183) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: D.B. (all’epoca dei fatti non tesserato per alcuna Società ed attualmente dirigente della Società Calcio Lecco 1912 Srl), L.C.(iscritto nell’Elenco Speciale dei Direttori Sportivi della FIGC), P.C. (Amministratore Unico della Società Calcio Lecco 1912 Srl sino al 08/08/2014), I.C. (Amministratore Unico della Società Calcio Lecco 1912 Srl dalla stagione sportiva 2014/2015), Società CALCIO LECCO 1912 Srl - (nota n. 10125/332 pf15- 16/MS/vdb del 24.03.2016).

Massima: Per ormai consolidato principio giurisprudenziale, fra le attività svolte “nell’interesse” di una Società”, quindi rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 1 bis, comma 5, CGS, non sono contemplate esclusivamente quelle svolte da coloro che operano “all’interno” (o alle dipendenze) di una Società, ma anche quelle poste in essere da parte di chi opera, appunto, “nell’interesse” della stessa sic et simpliciter. Il Legislatore sportivo ha inteso estendere l’area e il novero dei soggetti tenuti a uniformarsi alle regole di condotta di cui deve rispondere anche la Società a titolo oggettivo, al di là del ristretto ambito dei dipendenti o comunque dei soggetti che operano al suo interno; e ciò, proprio al fine di evitare che una determinata Società possa restare impunita qualora l’illecito venga commesso da soggetti “esterni”, ma comunque operanti nel suo interesse, nell’intento di garantire i valori di lealtà, correttezza e probità sportiva (si veda TNAS Lodo Reggina Calcio / FIGC del 10/12/2012 e del 18/01/2013).

Massima: Integra la violazione delle norme regolamentari pagare l’allenatore utilizzando n. 2 assegni postdatati, tratti sul conto corrente di un soggetto terzo e privi di provvista, ottenendo indebitamente il rilascio di quietanza liberatoria, da esibire al Collegio Arbitrale.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 065/CFA del 19 Gennaio 2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 126/CFA del 19 Maggio 2016 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 45/TFN del 17.12.2015

Impugnazione – istanza: 3. RICORSO PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI INAMMISSIBILITÀ DEL DEFERIMENTO DISPOSTO NEI CONFRONTI DELLA SOCIETÀ CALCIO CATANIA, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA, EX ART. 4 COMMA 1 C.G.S., PER IL COMPORTAMENTO POSTO IN ESSERE DAL SIG. P.G.C., ALL’EPOCA DEI FATTI LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE DELLA SOCIETÀ, PER VIOLAZIONE DI CUI ALL’ART. 10, COMMA 3, C.G.S. IN RELAZIONE AL TITOLO I) PARAGRAFO I) LETTERA C) PUNTO 1) DEL C.U. N. 238/A DEL 27 APRILE 2015 AI FINI DEL RILASCIO DELLA LICENZA NAZIONALE PER L’AMMISSIONE AL CAMPIONATO PROFESSIONISTICO DI SERIE B 2015/2016 - nota n. 5323/358pf15-16/SP/gb del 26.11.2015

Massima: Nessuna responsabilità diretta dei club sportivi può trovare luogo ed essere riconosciuta se non sia stata esaminata e valutata come posta in essere in violazione di norme di legge la condotta del relativo legale rappresentante. Nel caso di specie, non sono state poste in essere azioni dirette all’accertamento della responsabilità del legale rapp.te, in quanto, a monte, non risulta essere stato instaurato alcun procedimento nei confronti dello stesso. Tra l’altro, nel deferimento relativo alla Società, è lo stesso Procuratore a riferirsi alla posizione del legale rapp.te come “da definire”, con le conseguenza che nessuna condotta, ascrivibile al legale rapp.te stesso, che sia suscettibile di essere oggetto di sanzione, è stata accertata. Il caso: Il procedimento ha origine dal tentato deferimento, da parte del Procuratore Federale, del legale rapp.te, per la contestazione degli inadempimenti, deferimento mai perfezionatosi in ragione dell’impossibilità di individuare il luogo dell’attuale domicilio. Accertata, quindi, l’irreperibilità, il Procuratore Federale, ha disposto lo stralcio della posizione della Società ed ha instaurato il procedimento nei confronti della Società stessa ai sensi dell’art. 4, comma 1, C.G.S. per i fatti ascritti al proprio legale rappresentante.

Decisione C.F.A. : Comunicato ufficiale n. 036/CFA del 15 Ottobre 2015 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 124/CFA del 19 Maggio 2016 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso Comitato Regionale Veneto LND - Com. Uff. n. 25 del 2.09.2015

Impugnazione – istanza: RICORSO A.S.D. CAMPIGO AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 4.000,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA EX ART. 4, COMMA 2 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA CONDOTTA ASCRITTA AL SIG. D.A.G. SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE – PROC. N. 821 2014/2015

Massima: Quanto alla legittimità costituzionale della responsabilità oggettiva, questa Corte ricorda che l’ordinamento sportivo prevede tre forme di responsabilità a carico delle società di calcio: diretta, oggettiva e presunta. La responsabilità oggettiva è stata definita, a più riprese, come l’architrave della giustizia sportiva; siffatta responsabilità è posta alla base di numerose decisioni emesse dagli Organi di Giustizia Sportiva, e la sua caratteristica è rappresentata dal fatto che la società di calcio risponde, disciplinarmente, a prescindere dalla colpa o dal dolo. Si tratta, dunque, di una responsabilità senza colpevolezza imputata per fatto altrui, ed opera anche nell’ipotesi in cui dall’illecito commesso dal tesserato, derivi uno svantaggio in capo alla società di appartenenza dell’incolpato (vedi il caso Paoloni e il caso Napoli – Matteo Gianello). Dal punto di vista della operatività dell’istituto in esame, la società di calcio è oggettivamente responsabile dell’operato: dei dirigenti, dei tesserati, di ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale, o comunque rilevante per l’ordinamento federale, nonché dei soggetti di cui all’art. 1 bis, comma 5, C.G.S. (soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilavante per l’ordinamento federale), nonché del personale addetto ai servizi della società di calcio e infine, del comportamento dei propri sostenitori, sia sul proprio campo di gioco (compreso l’eventuale campo neutro) che in trasferta. Alla luce di quanto sinora esposto, l’articolo 4, comma 2, C.G.S. prevede un vero e proprio trasferimento, in capo alla società di calcio, della responsabilità soggettiva di tutte le persone che, a vario titolo, agiscono nell’interesse della medesima società, o comunque svolgono attività rilevante per l’ordinamento sportivo. Nell’ambito dell’autonomia riconosciuta all’ordinamento sportivo, la responsabilità oggettiva trova la sua ratio nell’opportunità di assicurare il pacifico svolgimento dell’attività sportiva e delle competizioni agonistiche, incentivando (o meglio responsabilizzando) le società di calcio ad un controllo sui propri tesserati (dirigenti, calciatori, soci e non soci, ecc.).

Massima: La giurisprudenza più recente, sia in ambito esofederale che in quello endofederale, ha affermato che la mancanza di elementi di colpevolezza da parte della Società, pur non rilevando sull’an della responsabilità, può eventualmente incidere sul quantum della sanzione da irrogare alla società di calcio, suo malgrado coinvolta nei fatti. Al proposito, si ricorda la decisione (lodo arbitrale del 20.01.2012 Benevento Calcio S.p.A./F.I.G.C.; caso Paoloni) emessa dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (di seguito T.N.A.S.), che è intervenuta sul quantum della penalizzazione irrogata ai danni della società del Benevento Calcio, non condividendo l’orientamento espresso dagli organi endofederali. L’organismo arbitrale esofederale del CONI – all’epoca in vigore - stabilì: “la sanzione relativa alla responsabilità oggettiva della società calcistica non deve essere applicata in maniera acritica e meccanica, bensì sulla base di criteri di equità e di gradualità, tali da evitare risultati abnormi e non conformi a giustizia” (una decisione simile fu emessa dal T.N.A.S., vedi lodo del 06.12.2011 Ascoli Calcio / F.I.G.C.). Il T.N.A.S. escludeva così, un’applicazione inflessibile, rigorosa quasi asettica della responsabilità oggettiva, ma, nel contempo, ravvisava un profilo di colpa in capo alla società campana per la condotta del proprio tesserato (anche se il comportamento di Paoloni era finalizzato a far perdere la squadra campana). La pronuncia dell’organo arbitrale del C.O.N.I. ha evidenziato la necessità di affrancarsi da una visione rigida della responsabilità oggettiva, aprendo alla possibilità di una contestualizzazione ovvero a un ridimensionamento della colpevolezza delle società di calcio, seppur procedendo ad una valutazione caso per caso, utilizzando principi di giustizia sostanziale e di ragionevolezza (per l’effetto i punti di penalizzazione irrogati al Benevento Calcio furono ridotti da 9 a 2). In ambito federale, si segnala la recente pronuncia dalla Prima Sezione di questa Corte Federale (vedi Com. Uff. n.21 del 19.01.2015), che ha deciso in ordine al reclamo proposto dal Bologna F.C. (cfr. deferimento Bagni / Innocenti / Bologna F.C.) Questa Corte, nell’accogliere, sebbene in parte, le richieste della società emiliana (mitigandone la sanzione) e procedendo nel solco tracciato dalla decisione del T.N.A.S. sopra ricordata, ha così statuito: “… il ricordato principio della responsabilità oggettiva necessità di temperamenti, sia pure rigorosamente interpretati, avuto riguardo ad un esame non formalistico, ma sostanziale dell’effettivo legame tra il fatto avvenuto e le specifiche responsabilità della società”. Per l’effetto, questa Corte ha attenuato la responsabilità oggettiva del Bologna F.C., considerando l’esistenza di due circostanze: la prima, che le condotte poste in essere da coloro che agivano nell’interesse della società emiliana, non erano finalizzate a far conseguire un vantaggio alla stessa società di calcio; la seconda, che i fatti disciplinarmente rilevanti, erano stati segnalati dal presidente della società del Bologna F.C.

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.038/CDN  del 3 Dicembre 2013 - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera CDT presso CR Veneto – CU n. 22 del 2.10.2013) - (nota n. 1034/1066 pf11-12/MS/vdb del 31.8.2012

Impugnazione Istanza:(86) – RICORSO IN APPELLO DEL SIG. G.G. (all’epoca dei fatti dirigente della Società Azzurra S. Anna 1970), avverso la propria inibizione di mesi 6, a decorrere dal primo tesseramento utile presso Società federale .

Massima: La Corte proscioglie il deferito dirigente dall’accusa di aver dato vita ad una iniziativa finalizzata, ad eludere le conseguenze della condotta discriminatoria posta in essere dai due calciatori e a far si che gli Organi di giustizia sportiva non avessero cognizione della vicenda. Si evince, invero, dagli atti che la Società sin dal  giorno successivo alla disputa della gara in questione, chiese agli organi federali di procedere nei confronti dei calciatori per accertarne la responsabilità in ordine agli atti di discriminazione agli stessi addebitati, peraltro sfuggiti alla percezione del direttore di gara, così dimostrando una volontà incompatibile con il tentativo di “insabbiare” la vicenda. Ora, è nozione comune che nell’ordinamento federale, una volta pervenuta agli organi competenti la denuncia contenente la notitia criminis, il potere di esercitare l’azione disciplinare e di darle impulso presso gli organi giudicanti spetta esclusivamente alla Procura federale; quest’ultima, nel caso di specie, ha in effetti proceduto alle indagini ed al deferimento, sfociato nel giudizio svoltosi in primo grado davanti alla C.D.T. presso il Comitato regionale Veneto. Ai denuncianti – parti lese, per contro, l’ordinamento non riconosce alcun potere di incidere sullo svolgimento del procedimento disciplinare, non essendo previsto un istituto analogo a quello della remissione della querela. E’, quindi, evidente che, anche nell’ipotesi di positiva conclusione dell’accordo transattivo promosso dal – omissis - e di successivo invio agli organi di disciplina del Comitato regionale Veneto da parte dei denuncianti di una richiesta scritta di archiviazione, tale iniziativa non avrebbe prodotto effetto alcuno sul prosieguo del procedimento disciplinare in corso.

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 10 febbraio 2012– www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U. n. 78/CGF del 10 novembre 2011Parti: Sig. R.A. e S.S. JUVE STABIA SpA / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (1) I rapporti sub iudice nella controversia realizzano “cause tra loro dipendenti” (art. 331 c.p.c.), nella fattispecie dovendosi postulare, almeno secondo logica, la simultaneità dei giudizi che hanno riguardo alla responsabilità personale del Tesserato senza della quale neppure può darsi quella oggettiva della Società. Si tratta infatti di cause sul modello di quelle che possono esigere la pluralità necessaria delle parti, cioè “che, riguardando due (o più) rapporti scindibili ma logicamente interdipendenti tra loro o dipendenti da un presupposto di fatto comune, meriterebbero, per ovvie esigenze di non contraddizione, l'adozione di soluzioni uniformi nei confronti delle diverse parti” (Cass., sez. trib., 19 gennaio 2007, n. 1225). Peraltro, la giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato (cfr. sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6537), non soltanto enfatizza la diversità dei contesti giudiziali civile e amministrativo, ma neppure preclude in via di principio di realizzare nello stesso processo amministrativo un cumulo vuoi soggettivo vuoi oggettivo al medesimo tempo. E ciò senza dire che il litisconsorzio facoltativo a latere actoris è acquisizione non certo recente anche nei giudizi civili tipicamente occasionati dall’ esigenza di rimozione di più atti autoritativi, in termini avendo la Corte suprema (cfr. sez. I, 10 gennaio 1991, n. 171) stabilito che, per esempio, “deve ritenersi consentito a più contribuenti di ricorrere, con unico atto, alla Commissione tributaria di primo grado, al fine di impugnare provvedimenti distinti dell'Amministrazione finanziaria implicanti questioni in tutto od in parte identiche”.

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 6 dicembre 2011 –  www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera dellaCorte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U. n.30/CGF del 19.8.2011

Parti: ASCOLI CALCIO 1898 SpA/FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS:  (3) E’ ineludibile la necessità di una applicazione della responsabilità oggettiva a carico delle Società non in maniera acritica e meccanica, bensì all’insegna di criteri di equità e di gradualità, tali da evitare risultati e conseguenze abnormi e non conformi a giustizia, soprattutto alla luce della mancanza di qualunque vantaggio, in termini di risultati e di classifica, per la società ricorrente.

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 4 Maggio 2011 –  www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della CGF pubblicata sul C.U. n. 232/CGF del 06.04.2011

Parti: U.S.D. NOTO CALCIO/FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO e LND

Massima TNAS:  (1) Diversa è la responsabilità diretta dalla responsabilità oggettiva: in quest’ultima non si è in presenza di una condotta senza colpa, bensì di una condotta la cui illiceità è affermata prescindendo dal requisito della colpa che non si atteggia ad elemento di struttura.

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 29 Luglio 2010   –  www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale, S.U., pubblicata su Com. uff. n. 20/CGF del 24.3.2010

Parti: SALERNITANA CALCIO 1919 SpA/FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS:  (1) La qualificazione della tipologia della responsabilità presunta porta ad escludere la configurabilità di un interesse anche solo di carattere morale da far valere in via arbitrale.

Massima TNAS:  (2) Si tratta, infatti, di una particolare e ben delineata ipotesi di responsabilità, scevra da qualsiasi connotato di disvalore etico o deontologico, nell’ambito della quale, alla parte istante, è riconosciuta la possibilità di fornire la prova liberatoria per affermarne, al contrario, la insussistenza; elemento, quest’ultimo, che costituisce, peraltro, la linea di demarcazione concettuale fra responsabilità presunta e responsabilità oggettiva.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 52/CDN  del 27 Gennaio 2010 n. 1 - www.figc.it Impugnazione - istanza:  (138) – Deferimento del Procuratore Federale a carico di: Alessandro Venezia (calciatore attualmente tesserato per la Soc. AS Cesenatico Chimicart AD), D. P. (collaboratore della Soc. FC Igea Virus Barcellona Srl) e della società AC Palazzolo e FC Neapolis Mugnano Srl (nota n. 3229/04pf09-10/SP/ma del 9.12.2009).

Massima: La società è sanzionata con la penalizzazione di punti (3) in classifica per la responsabilità presunta in illecito sportivo, non concretizzatosi, commessa da tesserato estraneo alla società e sulla base delle dichiarazioni testimoniali rese dai diretti interessati. Il caso di specie: Il deferimento prende le mosse dall’esposto inoltrato dal Direttore Generale della Società con cui egli denunciava che al suo tesserato, era stata offerta una somma di danaro, ad opera di persona tesserato per la altra società ed ex compagno di squadra, per “addomesticare” la gara di ritorno dei play out tra la pria squadra ed altra società.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 21/CDN  del 24 Settembre 2009 n. 4  - www.figc.it Decisione impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Abruzzo CU n. 5 del 30.7.2009 Impugnazione - istanza: (40) – Appello della Procura Federale avverso l’inconguita’ delle sanzioni inflitte alle società ASD Guardiagrele (Ammenda € 600,00) e SSD Gattopardo Palma (Ammenda € 500,00), a seguito di proprio deferimento

Massima: La responsabilità oggettiva, che riguarda la società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle due finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attiva sportiva. Ma ciò non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati. È questo, soprattutto, in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui, anzi, la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata, in definitiva, danneggiata sotto molteplici profili dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato. (vedi decisione pubblicata su C.U. N°. 12/C del 4.11.2002). Sulla scorta di detto precedente, non potendosi mettere in discussione la piena vigenza del sistema attuale dell’ordinamento sportivo, della responsabilità oggettiva, ma dovendosi dare rilievo, in ogni caso, alla assoluta e totale estraneità della Società ai fatti contestati e quindi alla violazione del vincolo commessa dal calciatore, non possono trovare applicazione ai soggetti giuridici che rispondono in via del tutto residuale a tale titolo, le sanzioni previste dall’art. 15, CGS, relative anche per le Società a “comportamenti comunque diretti alla elusione e/o violazione del vincolo di giustizia”. (C.U. N°. 264, C.G.F. SS 2008-2009) Appare di tutta evidenza come, nel caso in esame, le due Società, pur essendo chiamate a rispondere del fatto commesso dal loro tesserato, abbiano tuttavia, una responsabilità differenziata ma non tale da giustificare una sanzione cosi grave come la irrogazione di punti di penalizzazione in classifica generale.

 

Decisione C.G.F.: Comunicato ufficiale n. 114/CGF del 19 febbraio 2009 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 298/CGF del 09 ottobre 2009 www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 58/CDN del 5.2.2009

Impugnazione - istanza: 8) Ricorso dell’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A. avverso la sanzione dell’ammenda di € 15.000,00 inflitta alla reclamante a seguito di deferimento del Procuratore Federale per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 4, comma 2 C.G.S. – nota 3559/320pf/08-09/sp/blp dell’8.1.2009

Massima: L’art. 4, comma 2, C.G.S. prevede che le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1, comma 5, C.G.S. Nell’ottica della particolare autonomia riconosciuta all’ordinamento sportivo, le ipotesi di responsabilità oggettiva coniate dalla legislazione di settore, che riguardano le società e non anche gli atleti, trovano infatti la loro giustificazione nell’esigenza di assicurare il pacifico svolgimento dell’attività sportiva. Come è stato anche osservato in dottrina, così come, in diritto comune, la previsione di forme di responsabilità oggettiva risponde a scelte di politica legislativa, tendenti ad una maggior protezione dei terzi, allo stesso modo, in materia sportiva, l’opportunità di simili forme di responsabilità sarebbe garantita dall’obiettivo di tutelare nel miglior modo possibile le competizioni sportive. In ambedue i casi, la logica ispiratrice si basa, secondo detto avviso interpretativo, sul contemperamento di opposti interessi, gli uni individuali e gli altri superindividuali, e sulla opportunità di accordare priorità a questi ultimi. Ancora a sostegno dell’esigenza di prevedere forme di responsabilità oggettiva, altra parte della dottrina invoca il principio dell’ubi commoda, ibi et incommoda: le società sportive, avvalendosi della prestazione del calciatore, sarebbero tenute a pagare sul piano disciplinare le conseguenze delle intemperanze di costoro.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 104/CDN  del 19 Giugno 2009  n. 1 - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Friuli V.G. CU n. 76 del 30.4.2009

Impugnazione – istanza: (280) – Appello della Procura Federale avverso la dichiarazione di non luogo a precedere nei confronti della società SSD Sacilese Calcio, emessa a seguito di proprio deferimento Massima: Ai sensi dell’art. 4 comma 2 CGS le società sono in ogni caso oggettivamente responsabili dei comportamenti antidisciplinari posti in essere da propri tesserati e ciò prescindendo da ogni considerazione relativa all’elemento psicologico ed addirittura alla concreta, conseguente lesione di interessi e diritti del sodalizio.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 98/CDN  del 05 Giugno 2009  n. 1 - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Puglia CU n. 68 del 7.5.2009

Impugnazione – istanza: (287) – Appello della Procura Federale avverso la dichiarazione di non responsabilità della soc. ASD Real Altamura e del sig. P.C., emessa a seguito di proprio deferimento Massima: Non ricorre la responsabilità oggettiva di una società per fatti commessi da un tesserato ai danni della società stessa sui quali l’incolpata non poteva intervenire in alcun modo essendo stati commessi proprio contro di lei.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 51/CDN  del 19 gennaio 2009  n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: (104) – Deferimento del Procuratore Federale a carico di: M. S. (calciatore della soc. Torino FC SpA) e della società Torino FC SpA (nota n. 3089/274pf/08-09/sp/blp del 4.12.2008)

Massima: La norma in tema di responsabilità oggettiva, di cui all’art. 4 comma 2 C.G.S., laddove stabilisce che le società sono oggettivamente responsabili agli effetti disciplinari dell’operato dei propri dirigenti, soci e tesserati (e comunque dei soggetti che da esse direttamente dipendono), pone, in concreto, un principio di carattere generale, pilastro fondamentale dell’ordinamento sportivo calcistico. La società, pertanto è responsabile del comportamento del proprio calciatore che durante la gara aveva rivolto ai propri tifosi della curva il gesto del “dito medio alzato” ed al termine della gara stessa  aveva tirato l’orecchio al dirigente, dopo che questi lo aveva invitato a partecipare al “terzo tempo” e che, al rifiuto del calciatore, gli aveva detto che si voleva sempre distinguere dagli altri.

 

 Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 42/CDN del 27 Marzo 2008 n. 1 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Calabria – CU n. 85 del 15.1.2008

Impugnazione - istanza: – Appello della società Pol. Cessaniti Dil. avverso la sanzione della penalizzazione di 15 punti da scontarsi nel campionato in corso a seguito di deferimento del Procuratore Federale

Massima: La società è oggettivamente responsabile dell’illecito sportivo posto in essere dal proprio consigliere che durante dell’intervallo della gara ha cercato di convincere la società avversaria di perdere la gara, indipendentemente dal fatto che tale scopo non è stato raggiunto. Consegue a carico della società la penalizzazione di punti (15) in classifica.   Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 aprile 2005– www.coni.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello Federale (F.I.G.C.) pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 10/C del 23 settembre 2004 - www.figc.itParti: A.P. e U.S. Scalea 1912 contro F.I.G.C.

Massima: L’art. 2, comma 3 C.G.S. recita: “Le società possono essere ritenute responsabili anche a titolo di responsabilità oggettiva o di responsabilità presunta nei casi previsti dal presente codice”. L’art. 2, comma 4 C.G.S. recita: “Le società . . . . sono oggettivamente responsabili agli effetti disciplinari dell’operato dei propri dirigenti, soci di associazione e tesserati”. Attraverso tali norme è stata introdotta nell’ordinamento sportivo un’ipotesi di responsabilità oggettiva delle società anche per illeciti sportivi commessi dai propri tesserati. Si tratta di una previsione che, seppur criticata da più parti, si giustifica sotto un duplice profilo: essa, infatti, da un lato, è diretta a presidiare la regolarità delle gare e, dall’altro, consente di sanzionare anche le società sul presupposto che negli sport di squadra, ove i valori delle singole compagini sono espressi in termini di punti e classifiche, la sanzione inflitta al solo dirigente o tesserato si rivelerebbe scarsamente efficace. In tale quadro normativo, la responsabilità oggettiva della società consegue automaticamente a quella personale dell’autore materiale e non può quindi essere in alcun modo esclusa, ma soltanto misurata e graduata. Da tale automaticità deriva altresì che l’accertamento di siffatta responsabilità postula criteri d’indagine meno rigorosi rispetto a quelli previsti in materia di responsabilità presunta (art. 9 comma 3 C.G.S.). Nel caso di specie, se non può dirsi accertata con sufficiente certezza l’esistenza di uno specifico accordo tra le due società teso ad alterare il risultato della gara, può invece ritenersi sufficientemente provato che il comportamento della squadra non sia stato in linea con i fondamentali principi di lealtà e correttezza cui deve essere ispirato l’esercizio dell’attività sportiva.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 24 novembre 2006– www.coni.it

Decisione impugnata:  Delibera dellaCorte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 7/CF del 1 settembre 2006  - www.figc.it

Parti: A.C. Arezzo Spa contro F.I.G.C.

Massima: L’art. 9 comma 3 del CGS introduce nell’ambito dell’ordinamento sportivo una particolare forma di responsabilità presunta delle società “per gli illeciti sportivi a loro vantaggio che risultino commessi da persone ad essa estranee”, allo scopo di evitare che le società possano ricorrere all’opera di terzi per commettere illeciti sportivi dai quali traggono vantaggio, così assicurandosi il rispetto dei principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva. Al fine di evitare applicazioni inique della norma, la disposizione prevede la possibilità della prova contraria, riconoscendo che la presunzione di responsabilità si abbia per superata se dalle prove fornite dalla società, dall’istruttoria svolta dall’Ufficio indagini o dal dibattimento, risulti anche in via di fondato e serio dubbio, che la società medesima non ha partecipato all’illecito o lo ha ignorato. La presunzione di responsabilità può essere quindi superata non solo quando si accerti l’estraneità della società a qualunque forma di partecipazione materiale o morale, ma anche nel caso in cui la prova di partecipazione sia insufficiente o contraddittoria. Un illecito sportivo sussiste a prescindere dalla effettiva alterazione del risultato di una gara, o dal conseguimento di un vantaggio in classifica (art. 6 comma 5 CGS), giacché, per precisa scelta ordinamentale, la soglia di punibilità della condotta antisportiva viene anticipata al livello del compimento degli atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica. La presunzione di responsabilità della società, a vantaggio del quale l’illecito è stato commesso, non può ritenersi superata, quando non sono emersi seri e fondati dubbi circa la sua partecipazione o anche la mera conoscenza dello stesso, come richiesto nella pur complessa formulazione della previsione del codice di giustizia. In particolare, non è stato fornito alcun argomento che evidenzi la contraddittorietà di tale conclusione, ovvero che l’illecito compiuto si sia svolto per interessi del tutto estranei alla società. La mancata individuazione del dirigente o funzionario o di altro soggetto contiguo alla società che possa aver funto da tramite nella realizzazione dell’illecito non esclude l’applicabilità del meccanismo di imputazione della responsabilità presunta, il quale, proprio in quanto tale, prescinde dall’individuazione di un autore materiale del fatto che sia organicamente ricollegabile alla società stessa (poiché, altrimenti, la responsabilità presunta non si distinguerebbe da quella oggettiva).

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 27 ottobre 2006– www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera dellaCorte Federale(FIGC) pubblicata sul C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006  - www.figc.it

Parti: Juventus F.C. Spa contro F.I.G.C.

Massima: La società deve considerarsi direttamente responsabile, ai sensi dell’art. 2 CGS, dei comportamenti tenuti dal amministratore delegato e direttore generale, in gravissima violazione dell’art. 6 CGS. Con riferimento al trattamento sanzionatorio, l’art. 6 comma 3 CGS prevede che, in caso di responsabilità diretta della società, il fatto è punito, in via alternativa (in tal senso la disgiuntiva “o”), con le sanzioni di cui all’art. 13 comma 1 lettere G (retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza, od H (esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria con assegnazione ad uno dei campionati di categoria inferiore); lo stesso art. 6 comma 3 fa salva la maggiore sanzione, in caso di pratica inefficacia di tale pena, ed al comma 6 stabilisce che, in caso di pluralità di illeciti oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate; è, quindi, consentito al giudice non solo aggravare il trattamento sanzionatorio stabilito per ciascuna violazione, ma anche ricorrere, in caso di inefficacia, alle altre sanzioni stabilite espressamente a carico delle società dal catalogo di cui all’art. 13 CGS.

Massima: In relazione alla gravità degli illeciti commessi dalla società, l’irrogazione di una soltanto delle sanzioni espressamente previste in caso di responsabilità diretta della società risulta, in concreto, del tutto inefficace.

Massima: L’illecito commesso dai legali rappresentanti è caratterizzato dall’attuazione di una condotta continuativa nel corso di tutto il campionato 2004-2005 e costituisce, dunque, fatto illecito più grave di quello che si realizza mediante la condotta diretta all’alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola partita. Molteplici poi sono gli episodi di cui la società deve direttamente rispondere, peraltro ulteriormente aggravati perché hanno determinato una situazione di obiettivo vantaggio della società rispetto alle altre squadre. Concorrono a qualificare ulteriormente in termini di gravità l’illecito commesso, anche le particolari modalità – “professionali”, “consuetudinarie” e “disinvolte” – delle azioni illecite commesse dai legali rappresentanti; l’incidenza concreta che queste hanno avuto sulla regolarità e l’esito del Campionato di Serie A 2004-2005; l’intensità della colpevolezza, apprezzata in rapporto alle posizioni apicali dei dirigenti protagonisti; l’entità dell’inquinamento causato all’ambiente calcistico e l’intento di mercimonio che ha anche animato la pluralità delle violazioni; l’assenza di qualsiasi strumento efficace di controllo interno volto a prevenire la commissione di illeciti.

 

Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n.007/Cf del 1° Settembre 2006 n. 1,2,3,4,5,6 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera C.A.F. Com. Uff. n. 6/C del 17 agosto 2006- www.figc.it

Impugnazione - istanza:Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva della A.C. Arezzo S.p.A. avverso la sanzione della penalizzazione di nove punti in classifica nella stagione sportiva 2006-2007 inflitta a seguito del deferimento del Procuratore Federale. Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva del sig. G.M. avverso la sanzione dell’inibizione per anni tre inflittagli a seguito del deferimento del Procuratore Federale. Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva del sig. T.S. avverso la sanzione dell’inibizione per anni tre inflittagli a seguito del deferimento del Procuratore Federale. Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva dell’ A.C. Milan avverso la sanzione dell’ammenda di € 10.000,00 (diecimila) inflitta a seguito del deferimento del Procuratore Federale. Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva del sig. L.M. avverso la sanzione dell’inibizione per mesi tre inflittagli a seguito del deferimento del Procuratore Federale. Ricorso di ultima istanza ai sensi dell’art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. e art. 38, Codice Giustizia Sportiva della società U.S. Avellino S.p.A. avverso decisioni a seguito del deferimento del Procuratore Federale a carico dell’A.C. Arezzo S.p.A. e altri

Massima: L’illecito sportivo ha ad oggetto il compimento di atti diretti alla alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara e che, per il relativo perfezionamento occorre la combinazione fra più segmenti di condotta (dal proponente il programma illecito e dell’appartenente alla sfera tecnica, di volta in volta, interveniente: calciatori, tecnici, componenti la terna arbitrale, ecc.) munita di adeguata capacità causale.

Massima: L’illecito previsto genericamente dall’art. 2, comma 3, CGS e punito ai sensi del combinato disposto degli articoli 6, comma 4, e 13, comma 1, lettere f, g, h ed i dello stesso codice, è descritto dall’articolo 9, comma 3, secondo cui la responsabilità deriva da illecito sportivo che risulti commesso da persone estranee alla società. Ora, il regime probatorio della norma da ultimo citata – che indubbiamente mira a punire gli illeciti vantaggi ovunque e comunque si annidino e da chiunque causati, a condizione che vi sia la prova della concreta configurazione del vantaggio, inteso quale beneficio sportivo indebitamente goduto dal destinatario, anche non autore della condotta che ne ha consentito il conseguimento – è concepito in modo tale che la mera produzione in capo ad una società calcistica di un vantaggio generato dall’altrui condotta illecita fa sorgere la previsione di responsabilità della beneficiaria, secondo un modello conosciuto anche dal diritto comune in materia di obbligazioni da fatto illecito collegate al fatto dei figli o dei dipendenti, salvo la prova di aver impartito una adeguata educazione o di aver fornito idonee istruzioni. A superare, nella logica dell’articolo 9, comma 3, in questione (che continua a costituire oggetto di dibattito per ciò che attiene alla sua capacità di esprimere genuine garanzie in termini di ragionevolezza di onere probatorio), la conseguente presunzione di responsabilità vale solo la prova, desumibile tanto dall’attività difensiva della parte quanto dalle acquisizioni istruttorie o dibattimentali, quanto dalla ricorrenza di fondato e serio dubbio, della mancata partecipazione della società all’illecito e della relativa ignoranza. La complessa struttura della norma, che sembra procedere con andamento discontinuo, alternando aperture garantiste (quali quella verso il serio e fondato dubbio quale criterio di scioglimento delle possibili ambiguità dei casi concreti) a chiusure penalizzanti (quali quella del necessario cumulo di risultanze probatorie, in punto di mancata partecipazione all’illecito e di connessa ignoranza), ha tradizionalmente indotto un orientamento giurisprudenziale che ha fatto riposare sulla accertata sussistenza del vantaggio un sufficiente elemento dirimente dei dubbi circa partecipazione e consapevolezza della società presunta responsabile, in omaggio al criterio del “cui prodest” come base logica di giustificazione di una responsabilità per la appropriazione dei risultati dell’opera di terzi, di cui sarebbe altrimenti inspiegabile (in alternativa, cioè, all’individuazione nella partecipazione all’illecito come plausibile movente) l’azione. E’ irrilevante, nella prospettiva del raffronto tra la concreta fattispecie e quella legale astratta di cui all’art. 9, comma 3, che il vantaggio ontologicamente insito in una predisposizione di prestazione tecnica artatamente favorevole ad una squadra da parte dell’estraneus produca l’ulteriore e non richiesto effetto del conseguimento di un risultato complessivamente favorevole della gara o competizione, ben potendo il vantaggio consistere in una alterazione, anche parziale e relativa alla quota di intervento riservata all’illecita condotta del terzo, dell’attività sportiva. La necessità o la possibilità che a realizzare il risultato globalmente favorevole concorrano altri soggetti, dotati di una posizione funzionale anche più idonea, può semmai provocare – come esattamente osservato dai primi giudici – l’eliminazione dell’aggravante della verificazione del vantaggio illecito ma non portare all’esclusione della figura antigiuridica in parola.

Massima:La società, a seguito di riforma in secondo grado da parte della Corte Federale della decisione della CAF è sanzionata con la penalizzazione di punti (6) in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2006-2007.

 

Decisione C.A.F.: Delibera della CAF n. 6 – Riunione del 14 agosto 2006 – www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento della Procura Federale della F.I.G.C. a carico di 1) G.M., all’epoca dei fatti Vice Commissario CAN; 2) S.T., all’epoca dei fatti assistente arbitrale; 3) A.C. Arezzo s.p.a.; 4) L.M., all’epoca tesserato della A.C. Milan s.p.a., quale addetto agli arbitri; 5) A.C. Milan s.p.a.

Massima: La società è responsabile in forza dell’art.9, comma 3, secondo cui le società sono presunte responsabili degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee .La presunzione di  responsabilità  si  ha  per  superata  se  dalle  prove  fornite  dalla  società, dall’istruttoria svolta dall’Ufficio indagini o dal dibattimento risulti, anche in via di fondato e serio dubbio, che la società medesima non ha partecipato all’illecito e lo ha ignorato. Nella specie, se da un lato non emergono elementi sufficienti per ipotizzare un diretto coinvolgimento nell’illecito di tesserati della società, in difetto di prova circa esistenza, modalità e tenore dei contatti tra suoi esponenti e i designatori, dall’altro non appare dubbio che l’illecito come  sopra  accertato  ha  attitudine  a  favorire  la società  e  che  dagli  atti  del procedimento non emerge alcun elemento che consenta di escludere la partecipazione all’illecito o la sua conoscenza da parte della società. Nel sistema dell’art.9 comma 3 non ha quindi rilievo, ai fini di escludere la responsabilità, l’affermazione della difesa della società secondo cui manca la prova assoluta che la società abbia partecipato all’illecito o ne sia venuta a conoscenza. Per la responsabilità presunta in illecito sportivo la società va sanzionata (in considerazione della esclusione della aggravante) con una penalizzazione di  nove  punti,  che, non  avendo  alcuna  efficacia  afflittiva  rispetto  alla  stagione sportiva 2005/2006, va applicata nella stagione sportiva 2006/2007 (ex art.2 comma 3; art.6 comma 4; art.9 comma 3; art. 13 lett. f del C.G.S.).

 

Decisione C.A.F.: Delibera della CAF n. 1/C – Riunione del 14 luglio 2006 – www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento della Procura Federale della F.I.G.C. A carico di: 1) L.M., all’epoca dei fatti Amministratore e Direttore Generale Juventus F.C. S.p.A.;2) A.G., Amministratore Delegato F. C. Juventus S.p.A.; 3) F. C. Juventus S.p.A.; 4) A.G. all’epoca dei fatti Vice Presidente ed Amministratore Delegato della A. C. Milan S.p.A., nonché Presidente della L.N.P.; 5) L.M., Dirigente Addetto Arbitro A.C. Milan S.p.A.; 6) A.C. Milan S.p.A.;7) A.D.V., Presidente della A.C.F. Fiorentina S.p.A.; 8) D.D.V, Presidente Onorario della A.C.F. Fiorentina S.p.A.; 9) S.M., Amministratore Delegato della A.C.F. Fiorentina S.p.A.; 10) A.C.F. Fiorentina S.p.A.; 11) C.L., Presidente del Consiglio di Gestione S.S. Lazio S.p.A.; 12) S.S. Lazio S.p.A.; 13) C.M.F., all’epoca dei fatti Dirigente Federale; 14) F.C. all’epoca dei fatti Presidente F.I.G.C.; 15) I.M., all’epoca dei fatti Vice Presidente F.I.G.C.; 16) T.L., Presidente A.I.A.; 17) P.B., Commissario CAN A e B; 18) P.P., Commissario CAN A e B; 19) G.M., Vice Commissario CAN A e B; 20) P.I., Osservatore CAN A e B; 21) P.B., Arbitro effettivo; 22) M.D.S., Arbitro CAN; 23) P.D., Arbitro effettivo; 24) F.B., Arbitro benemerito; 25) D.M., Arbitro CAN A e B; 26) G.P., Arbitro effettivo CAN A e B; 27) G.R. Arbitro CAN A e B; 28) P. R., Arbitro effettivo CAN A e B; 29) P.T., Arbitro CAN A e B; 30) C.P., Arbitro benemerito; per rispondere di quanto appresso.

Massima: In materia di illecito sportivo sussiste la responsabilità diretta della società, per il comportamento tenuto dai dirigenti con legale rappresentanza ed altri soggetti non tesserati per la predetta società, con la aggravante di cui al c. 6 dell'art. 6, C.G.S. per la pluralità delle condotte poste in essere e per l'effettivo conseguimento del vantaggio in classifica. La responsabilità è diretta perché un dirigente era pacificamente, all’epoca dei fatti il rappresentante legale della società e perché altro dirigente risulta dal foglio di censimento relativo al campionato 2004/2005, quale amministratore e direttore generale e risulta autorizzato ad assumere obbligazioni in nome e per conto della società ed a rappresentare quest’ultima secondo quanto previsto dall’art. 3 punto 4 del Regolamento della Lega Nazionale Professionisti.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 26 aprile 2005– www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello Federale (F.I.G.C.) pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 10/C del 23 settembre 2004 - www.figc.it

Parti: S.S. Vallatabagaladi S. Lorenzo contro F.I.G.C.

Massima: L’art. 9 comma 3 del Codice di Giustizia Sportiva ha introdotto, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, una particolare forma di responsabilità presunta delle società per gli “. . . illeciti sportivi a loro vantaggio che risultino commessi da persone ad esse estranee”. Si tratta di una disposizione che mira ad evitare che le società possano ricorrere all’opera di terzi per commettere illeciti sportivi dai quali traggono vantaggio, assicurandosi così il rispetto dei principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva. La previsione è stata interpretata in modo particolarmente rigoroso dalla giurisprudenza di questa Camera: infatti è stato affermato che, sebbene la responsabilità si fondi su una presunzione iuris tantum, che ammette quindi la prova contraria, resterebbe il fatto che la società è chiamata a difendersi in relazione ad un comportamento che non solo è posto in essere da un estraneo, ma potrebbe essere stato realizzato senza alcuna compartecipazione morale o materiale della società. La stessa casistica sportiva annovera ipotesi in cui la commissione dell’illecito, seppur con ricadute favorevoli per una società estranea, è stata realizzata unicamente per perseguire finalità di arricchimento personale dell’autore (si pensi al calcio scommesse) o per altre ragioni (grave inimicizia, ecc.), con la conseguente mancanza di ogni collegamento tra il soggetto agente e la società. In relazione a tali casi, per scongiurare il rischio di configurare una sorta di responsabilità per fatto altrui incolpevole – che costituisce una deroga non solo alla regola generale di imputazione della responsabilità civile di cui all’art. 2043 c.c. (che richiede il dolo o la colpa), bensì anche a quelle ipotesi che, in veste di eccezione, sono specificamente disciplinate nel titolo IX del codice civile – e quindi al fine di evitare applicazioni “inique” della norma, il legislatore sportivo ha previsto che “La presunzione di responsabilità si ha per superata se dalle prove fornite dalla società, dall’istruttoria svolta dall’Ufficio indagini o dal dibattimento risulti, anche in via di fondato e serio dubbio, che la società medesima non ha partecipato all’illecito e lo ha ignorato” (art. 9, comma 3, secondo periodo, C.G.S.). La presunzione di responsabilità può essere quindi superata non solo quando si accerti l’estraneità della società a qualunque forma di compartecipazione materiale o morale, bensì anche nel caso in cui la prova della partecipazione sia insufficiente o contraddittoria. Si vuole cioè dire che, laddove il Giudice sportivo abbia fondati e seri dubbi sulla partecipazione della società alla commissione dell’illecito, non potrà applicarsi la disciplina in tema di responsabilità presunta e quindi alla società stessa non potrà essere imputato alcunché. E’ evidente quindi che si è in presenza di una disciplina particolarmente garantista, alla cui ratio il Collegio Arbitrale deve necessariamente attenersi.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 31 marzo 2005– www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello Federale (F.I.G.C.) pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 7/C del 9 settembre 2004 - www.figc.it

Parti: F.C. Modena S.P.A. contro F.I.G.C.

Massima: L’art. 9 comma 1 del C.G.S. introduce, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, un’ipotesi di responsabilità oggettiva delle società per “gli illeciti sportivi” commessi dai propri tesserati. Si tratta di una previsione che, seppur criticata da più parti, trova una giustificazione nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità. Essa risponde all’esigenza di assicurare il regolare andamento delle competizioni sportive laddove l’alterazione del risultato della gara o del suo svolgimento risulti vantaggioso per una delle società coinvolte. La previsione risponde anche ad esigenze di semplificazione processuale e di carattere organizzativo: da un lato, consente di accertare, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva, situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di delineare le varie posizioni dei molteplici soggetti coinvolti, lunghe procedure e complessi e costosi accertamenti;dall’altro, mira a tutelare la regolarità dei campionati e delle competizioni. La responsabilità oggettiva della società presuppone, dunque, che sia stato commesso un illecito sportivo da un proprio tesserato o comunque da un soggetto riconducibile alla sua organizzazione. In tali casi, la società non può considerarsi estranea all’esplicarsi dell’azione e al riverberarsi dei suoi effetti. A differenza di quanto previsto dall’art. 9, co 3 NOIF della FIGC per i casi di responsabilità presunta per illeciti commessi da soggetti non tesserati, alla società non è consentito di provare che all’illecito la medesima non abbia partecipato e lo abbia addirittura ignorato.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 16/C Riunione del 8 Novembre 2004 n. 6,7,8,9,10 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Campania - Com. Uff. n. 33 del 25.10.2004

Impugnazione - istanza:Reclamo dell’U.S. Gricignano Calcio avverso la sanzione della penalizzazione di n. 4 punti in classifica dei quali punti 2 da scontare nella stagione sportiva 2003/2004 e punti 2 da scontare nella stagione sportiva 2004/2005in relazione alla gara E. Zupo/Gricignano Calcio del 17.3.2004, per violazione degli artt. 2 comma 4, 6 comma 3, 9 comma 3 C.G.S. per illecito sportivo, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della U.S. E. Zupo avverso la sanzione della penalizzazione di n. 4 punti in classifica da scontare nella stagione sportiva 2004/2005 in relazione alla gara E. Zupo/Gricignano Calcio del 17.3.2004, per violazione degli artt. 2 comma 4, 6 comma 3, 9 comma 3 C.G.S. per illecito sportivo, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Ricorso del sig. M.S. avverso la sanzione dell’inibizione da ogni attività per la durata di anni tre e mesi 6 in relazione alla gara E. Zupo/Gricignano Calcio del 17.3.2004, per violazione degli artt. 6 commi 1, 2 e 6 ed 1 comma 1 C.G.S. per illecito sportivo, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del sig. Z.S. avverso la sanzione dell’inibizione da ogni attività per la durata di anni tre e mesi 6 in relazione alla gara E. Zupo/Gricignano Calcio del 17.3.2004, per violazione degli artt. 6 commi 1, 2 e 6 ed 1 comma 1 C.G.S. per illecito sportivo, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del sig. A.A. avverso la sanzione dell’inibizione da ogni attività per la durata di anni tre e mesi 6 in relazione alla gara E. Zupo/Gricignano Calcio del 17.3.2004, per violazione degli artt. 6 commi 1, 2 e 6 ed 1 comma 1 C.G.S. per illecito sportivo, a seguito di deferimento del Procuratore Federale

Massima: La società, a norma dell’art. 9, comma 3, C.G.S. deve essere considerata presunta responsabile dell’illecito stesso, commesso a suo vantaggio da persone estranee alla società.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 10/C Riunione del 23 Settembre 2004 n. 12 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Calabria - Com. Uff. n. 18 del 9.9.2004

Impugnazione - istanza:Reclamo del Procuratore Federale avverso: il proscioglimento del calciatore F.I. per violazione dell’art. 6 comma 7 e del sig. P.A. per violazione degli artt. 1 comma 1, 2 e 6 per illecito sportivo e della società U.S. Scalea 1912, per violazione degli artt. 6 comma 2, 4 e 6 e 2 comma 3 e 4 nonché della società Vallata Bagaladi per violazione dell’art. 9 comma 3 relativamente alla gara U.S. Scalea 1912/Vallata Bagaladi del 18.4.2004 Massima: La società condannata per responsabilità oggettiva per illecito sportivo è sanzionata con la penalizzazione di punti (quattro) in classificada scontarsi nel campionato in corso.

Massima: La società condannata per responsabilità presunta per illecito sportivo è sanzionata con la penalizzazione di punti(due) in classificada scontarsi nel campionato in corso.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 10/C Riunione del 23 Settembre 2004 n.1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 17/C del 06.9.2004

Impugnazione - istanza:Reclamo del Procuratore Federale avverso rispettivamente:-gara Chieti-Benevento del 4.4.2004: • il proscioglimento del calciatore N.A. per violazione degli art. 6 comma 1 e 2 C.G.S. per illecito sportivo; • il proscioglimento della Sporting Benevento per violazione dell’art 6 comma 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva per le violazioni ascritte al proprio tesserato N.A.; • il proscioglimento del calciatore C.G., per violazione degli artt. 1 e 5 C.G.S. • il proscioglimento del Calcio Chieti per violazione dell’art. 2 comma 4 C.G.S. Per responsabilità oggettiva per le violazioni ascritte al proprio tesserato C.G.; - il proscioglimento delle società, in relazione alla responsabilità oggettiva connessa alla violazione degli artt. 1 comma 1 e 5 C.G.S.: • Spezia Calcio 1906, nei confronti del proprio tesserato A.G., • U.S. Grosseto, nei confronti del proprio tesserato A.S., • Calcio Chieti, nei confronti del proprio tesserato C.G., • U.S. Catanzaro, nei confronti dei propri tesserati F.F., G.L., P.I., • Sporting Benevento, nei confronti del proprio tesserato N.A.; - il proscioglimento della società U.S. Grosseto, in relazione alla responsabilità oggettiva connessa alla violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S., nei confronti del proprio tesserato A.S.; a seguito di proprio deferimento. Reclamo U.S. Catanzaroavverso la sanzione della penalizzazione di n. 5 punti, da scontarsi nella stagione sportiva 2004-2005, relativamente alla gara Chieti-Catanzaro del 16.5.2004 per violazione degli artt. 6 commi 3 e 4 e 2 commi 3 e 4 C.G.S., per responsabilità oggettiva, per illecito sportivo commesso dal propriocalciatore L.G.P. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. reclamo A.S. Acireale avverso la sanzione della penalizzazione di n. 5 punti da scontare nella classifica del campionato 2004/2005 inflitta all’U.S. Catanzaro in relazione alla gara Chieti/Catanzaro del 16.5.2004, per violazione degli artt. 2 commi 3 e 4 e 6 commi 3 e 4 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Reclamo calciatore A.S. avverso la sanzione della squalifica di tre anni e otto mesi per violazione degli artt. 1 comma 1, 5 e 6 commi 1 e 2 limitatamente alla gara Chieti-Catanzaro del 16.5.2004 e art. 6 comma 7 limitatamente alla gara Chieti/Benevento del 04.04.2004 a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Reclamo calciatore L.P. avverso la sanzione della squalifica di tre anni per violazione dell’art. 6 comma 1 e 2 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Reclamo calciatore C.G. avverso la sanzione della squalifica di tre anni e 6 mesi per violazione degli artt. 1 comma 1, 5 e 6 comma 1 e 2 - limitatamente alla gara Chieti/Catanzaro del 16.5.2004 - a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Reclamo calciatore A.G. avverso la sanzione della squalifica per mesi 5 per violazione degli artt. 1 comma 1 e 5 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo calciatore G.L. avverso la sanzione della squalifica di mesi cinque per violazione degli artt. 1 e 5 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo calciatore F.F. avverso la sanzione della squalifica di mesi cinque per violazione degli artt. 1 e 5 C.G.S.a seguito di deferimento del Procuratore Federale. reclamo calciatore P.I. avverso la sanzione della squalifica di mesi cinque per violazione degli artt. 1 e 5 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo calciatore N.A. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione dell’art. 1 comma 1 e 5 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale

Massima: Il fondamento della responsabilità oggettiva si sostanzia nella circostanza che il soggetto agente risponde dell’ azione o dell’ omissione addebitata sulla base del mero rapporto di causalità ed indipendentemente da ogni valutazione di dolo o colpa. Peraltro, tanto comporta, comunque, sempre la necessaria riferibilità della violazione contestata al soggetto agente sotto il profilo materiale, di talché, nel caso oggetto di giudizio, ogni condotta che esula dal rapporto organico che lega il singolo tesserato alla società e che si sostanzia nel compimento di un’ attività di carattere privato di per se stesso escluderebbe ogni riferibilità della condotta del tesserato alla società, con conseguente insussistenza di responsabilità a titolo oggettivo in capo a quest’ultima.

Massima: La norma in tema di responsabilità oggettiva, di cui all’art. 2, comma 4, C.G.S., pone un principio di carattere generale, pilastro fondamentale dell’attuale ordinamento sportivo calcistico, laddove stabilisce che le società sono oggettivamente responsabili agli effetti disciplinari dell’operato dei propri dirigenti, soci di associazione e tesserati. La richiamata recisa e univoca disposizione non consente di distinguere, aprioristicamente, tra atti riferibili o meno al rapporto organico che si instaura tra società e tesserati, sulla base della mera qualificazione soggettiva dell’attività illecita contestata.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 10/C Riunione del 23 Settembre 2004 n.1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 17/C del 06.9.2004

Impugnazione - istanza:Reclamo del Procuratore Federale avverso rispettivamente: - gara Chieti/Benevento del 4.4.2004: • il proscioglimento del calciatore N.A. per violazione degli art. 6 comma 1 e 2 C.G.S. per illecito sportivo; il proscioglimento della Sporting Benevento per violazione dell’art 6 comma 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva per le violazioni ascritte al proprio tesserato N.A.; il proscioglimento del calciatore C.G., per violazione degli artt. 1 e 5 C.G.S.  il proscioglimento del Calcio Chieti per violazione dell’art. 2 comma 4 C.G.S. Per responsabilità oggettiva per le violazioni ascritte al proprio tesserato C.G.; il proscioglimento delle società, in relazione alla responsabilità oggettiva connessa alla violazione degli artt. 1 comma 1 e 5 C.G.S.: Spezia Calcio 1906, nei confronti del proprio tesserato A.G., U.S. Grosseto, nei confronti del proprio tesserato A.S., Calcio Chieti, nei confronti del proprio tesserato C.G., U.S. Catanzaro, nei confronti dei propri tesserati F.F., G.L., P.I., Sporting Benevento, nei confronti del proprio tesserato N.A.; - il proscioglimento della società U.S. Grosseto, in relazione alla responsabilità oggettiva connessa alla violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S., nei confronti del proprio tesserato A.S.; a seguito di proprio deferimento. Reclamo U.S. Catanzaroavverso la sanzione della penalizzazione di n. 5 punti, da scontarsi nella stagione sportiva 2004-2005, relativamente alla gara Chieti/Catanzaro del 16.5.2004 per violazione degli artt. 6 commi 3 e 4 e 2 commi 3 e 4 C.G.S., per responsabilità oggettiva, per illecito sportivo commesso dal propriocalciatore L.G.P. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. reclamo A.S. Acireale avverso la sanzione della penalizzazione di n. 5 punti da scontare nella classifica del campionato 2004/2005 inflitta all’U.S. Catanzaro in relazione alla gara Chieti/Catanzaro del 16.5.2004, per violazione degli artt. 2 commi 3 e 4 e 6 commi 3 e 4 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Reclamo calciatore A.S. avverso la sanzione della squalifica di tre anni e otto mesi per violazione degli artt. 1 comma 1, 5 e 6 commi 1 e 2 limitatamente alla gara Chieti-Catanzaro del 16.5.2004 e art. 6 comma 7 limitatamente alla gara Chieti/Benevento del 04.04.2004 a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Reclamo calciatore L.P. avverso la sanzione della squalifica di tre anni per violazione dell’art. 6 comma 1 e 2 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Reclamo calciatore C.G. avverso la sanzione della squalifica di tre anni e 6 mesi per violazione degli artt. 1 comma 1, 5 e 6 comma 1 e 2 - limitatamente alla gara Chieti/Catanzaro del 16.5.2004 - a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Reclamo calciatore A.G. avverso la sanzione della squalifica per mesi 5 per violazione degli artt. 1 comma 1 e 5 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo calciatore G.L. avverso la sanzione della squalifica di mesi cinque per violazione degli artt. 1 e 5 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo calciatore F.F. avverso la sanzionedella squalifica di mesi cinque per violazione degli artt. 1 e 5 C.G.S.a seguito di deferimento del Procuratore Federale. reclamo calciatore P.I. avverso la sanzione della squalifica di mesi cinque per violazione degli artt. 1 e 5 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo calciatore N.A. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione dell’art. 1 comma 1 e 5 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale

Massima: Le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta ai sensi dei regolamenti federali. Sono presunte responsabili sino a prova contraria degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee; sono infine oggettivamente responsabili (è il caso che qui interessa) dell’operato dei propri dirigenti, soci e tesserati agli effetti disciplinari. Se nessun problema si è storicamente posto circa la responsabilità diretta e quella presunta, operando, nel primo caso, i normali principi in tema di rappresentanza e di organi rappresentativi, e trovando spazio, nel secondo caso, la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito, altrettanto non può dirsi della responsabilità oggettiva, relativamente alla quale si sono manifestate diverse prese di posizione volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune.

Massima: Sotto il profilo tecnico giuridico la specificità della previsione sanzionatoria di cui all’art. 5 C.G.S. può concorrere, infatti, con la violazione di cui all’art.1, quando (come nel caso in esame con lo scambio di informazioni sulle partite, anche, di campionati italiani) la condotta del tesserato non si esaurisce nell’effettuare la scommessa, ma si estrinseca anche in un’attività che, diretta ad acquisire ogni utile informazione su eventi agonistici, presenta connotati configgenti con i doveri di cui all’art. 1 C.G.S. In questo modo le due norme in esame non sono tra loro sovrapponibili, in quanto la loro violazione comporta la lesione dei due predetti diversi beni giuridici.

Massima: La mancanza dell’esatta individuazione delle gare oggetto delle scommesse, va considerata circostanza neutra, una volta pervenuti alla conclusione che si sono verificate scommesse su campionati italiani.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 9/C Riunione del 20 Settembre 2004 n. 9 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Basilicata - Com. Uff. n. 5 del 28.7.2004

Impugnazione - istanza:Appello dell’A.C. Horatiana Venosa avverso la sanzione dell’ammenda di € 2.500,00, per violazione dell’art. 2 comma 4 C.G.S., a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo

Massima: L’articolo 2 comma 4 del Codice di Giustizia Sportiva prevede la responsabilità oggettiva della società relativamente all’operato di chi la rappresenta ai sensi delle norme federali. Non esiste una norma che imponga l’obbligo di comunicare al Comitato di appartenenza l’esistenza di un contratto di sponsorizzazione e pertanto non vi è responsabilità nell’operato del presidente della società che abbia stipulato un contratto di sponsorizzazione con una ditta il cui titolare è il presidente di altra società di calcio che milita nello stesso campionato. Ne deriva che non può evidentemente ravvisarsi per lo stesso fatto una responsabilità oggettiva della società in quanto il Codice di Giustizia Sportiva non prevede nei casi di specie una autonoma e diretta responsabilità della società.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 7/C Riunione del 7–8-9 Settembre 2004 n. 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14,15,16,17,18,19,20,21 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004

Impugnazione - istanza:Reclamo F.C. Modena avverso la sanzione della penalizzazione di n. 5 punti, da scontarsi nella stagione sportiva 2004-2005, per violazione degli artt. 6 Commi 2 e 4 e 2 Commi 3 e 4 C.G.S., per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore M. A. per violazione dell’art. 6 Commi 1 e 2 C.G.S. per illecito sportivo, in relazione alla gara Modena/Sampdoria del 25.4.2004, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore M. A. avverso la sanzione della squalifica di anni 3 per violazione dell’art. 6 Commi 1 e 2 C.G.S., per illecito sportivo, in relazione alla gara Modena/Sampdoria del 25.4.2004, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della A.C. Siena avverso le sanzioni delle ammende rispettivamente inflitte per violazione dell’art. 2 Commi 3 e 4 C.G.S., per responsabilità oggettiva, di: € 7.000,00 in ordine alle sanzioni inflitte ai calciatori D’A.R. e R.G., per violazione degli artt. 5 e 1 Comma 1 C.G.S.; € 30.000,00 in ordine alle sanzioni inflitte ai sigg. P.G., O. S., R. N., per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S.; a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Sig. R.N. avverso la sanzione della inibizione di mesi 7 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore D’A.R. avverso la sanzione della squalifica di mesi 6 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore R.G. avverso la sanzione della squalifica di anni 1 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del sig. P.G. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del sig. O. S. avverso la sanzione della inibizione di mesi 6 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della U.C. Sampdoria avverso la sanzione dell’ammenda di € 15.000,00, per violazione dell’art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore B.S. per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S., a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore B.S. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S., a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Pescara Calcio avverso la sanzione dell’ammenda di € 5.000,00, per violazione dell’art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore C. M. per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore C. M. avverso la sanzione della squalifica di mesi 6 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calcio Como S.P.A. Avverso la sanzione dell’ammenda di € 3.000,00, per violazione dell’art. 2 comma 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore F.A. per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore F. A. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Procuratore Federale avverso: - i proscioglimenti dell’A.C. Chievo Verona, del sig. S.G., del Sig. D.N. L., dell’A.C. Siena, del Sig. R.N.; - avverso le rispettive sanzioni inflitte al calciatore B.S., squalifica per mesi 5, e all’U.C. Sampdoria, ammenda di € 15.000,00, a seguito di proprio deferimento. Reclamo dell’ U.S. Avellino avverso le decisioni adottate nei confronti del F.C. Modena, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della A.C. Perugia avverso le decisioni adottate nei confronti dell’ A.C. Siena, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della F.C. Empoli avverso le decisioni adottate nei confronti delle società A.C. Chievo Verona, A.C. Siena, F.C. Modena e U.C. Sampdoria, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore A.S. avverso la declaratoria d’incompetenza ex artt. 23 e 37 C.G.S. per le violazioni allo stesso ascritte, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della società F.C. Sporting Benevento avverso la declaratoria d’incompetenza ex artt. 23 e 37 C.G.S. per le violazioni alla stessa ascritta, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Procuratore Federale avverso le declaratorie: - di nullità della notifica del deferimento del Sig. L.M.; - di difetto di giurisdizione in ordine al deferimento dei Sigg. Z.E. e L.M. a seguito di proprio deferimento

Massima: L’ordinamento sportivo, del resto, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie. Nell’ordinamento calcistico, come è noto, le società possono essere chiamate a rispondere a titolo di responsabilità diretta, presunta ed oggettiva. Le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta ai sensi dei regolamenti federali; sono presunte responsabili sino a prova contraria degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee; sono infine oggettivamente responsabili (è il caso che qui interessa) dell’operato dei propri dirigenti, soci e tesserati agli effetti disciplinari. Se nessun problema si è storicamente posto circa la responsabilità diretta e quella presunta, operando, nel primo caso, i normali principi in tema di rappresentanza e di organi rappresentativi, e trovando spazio, nel secondo caso, la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito, non altrettanto può dirsi della responsabilità oggettiva, relativamente alla quale si sono manifestate diverse prese di posizione volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune. Al contrario, si è osservato dalla parte dei più, come del resto già accennato, che la responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Ma ciò non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell’operato dei propri tesserati. E questo soprattutto in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato (Com.Uff. n. 12/C del 4 novembre 2002). Non potendosi mettere in discussione la piena vigenza, nel sistema attuale, della responsabilità oggettiva della società, che consegue in modo automatico a quella personale del tesserato che ha posto in essere la condotta giuridica (Com. Uff. n. 9/C 5 ottobre 2001; il tutto senza poter attribuire rilievo, per definizione, alla sussistenza dell’elemento psicologico dell’illecito (Com. Uff. n 5/C 21 luglio 2003), le considerazioni da ultimo formulate non consentono di ridurre la sanzione inflitta alla società nel senso auspicato dalla medesima reclamante (che, in sede di conclusioni dibattimentali, al proscioglimento ha affiancato la richiesta di applicare, in via del tutto subordinata, la sanzione della penalizzazione di punti due per il campionato in corso), atteso che, pur confermando la mancanza dei presupposti per applicare la responsabilità diretta, la società non può considerarsi soggetto del tutto estraneo all’esplicarsi dell’azione e, in ogni caso, al riverberarsi dei suoi effetti, il tutto a fronte di un illecito sportivo che è risultato consumato e non meramente tentato, come invece asserisce la difesa della società (per le considerazioni già esposte circa la natura stessa della grave fattispecie di illecito di cui si discute).

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 15 maggio 2004 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera dalla Commissione d’Appello Federale FIGC pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 20/C del 25.11.2003 - www.figc.it

Parti: Pisa Calcio S.P.A. contro F.I.G.C.

Massima: L’art. 9 comma 3 del C.G.S. introduce, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, una particolare forma di responsabilità presunta delle società “degli illeciti sportivi a loro vantaggio che risultino commessi da persone ad essa estranee”. Si tratta di una disposizione che mira ad evitare che le società possano ricorrere all’opera di terzi per commettere illeciti sportivi dai quali traggono vantaggio, assicurandosi così il rispetto dei principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva. La previsione è di particolare rigore: sebbene la responsabilità si fondi su una presunzione di carattere iuris tantum, che ammette la prova contraria, resta il fatto che la società è chiamata a difendersi in relazione ad un comportamento che non solo è posto in essere da un estraneo, bensì potrebbe essere stato realizzato senza alcuna compartecipazione morale o materiale della società. Ed invero, la stessa casistica sportiva conosce casi in cui la commissione dell’illecito, seppur favorevole ad una società estranea, è stato realizzato unicamente per perseguire finalità di arricchimento personale dell’autore (si pensi al calcio scommesse) o per altre ragioni (grave inimicizia ecc.). In tali casi, non solo quindi difetta qualsiasi rapporto tra il soggetto agente e la società, bensì anche qualsiasi nesso di interdipendenza tra la condotta del primo e quella della persona giuridica. Con la conseguenza che viene a cadere proprio quel presupposto logico (vantaggio- società-responsabilità) sui cui si fonda la presunzione di responsabilità. Il rischio è, dunque, quello di introdurre una forma di responsabilità per fatto altrui incolpevole che costituisce una deroga non solo alla regola generale di imputazione della responsabilità civile di cui all’art. 2043 c.c. (che richiede il dolo o la colpa) bensì anche a quelle ipotesi che, in veste di eccezione, sono specificamente disciplinate nel titolo IX del c.c. (e che, pur fondandosi sul brocardo cuius commada eius incommoda, richiedono la sussistenza, quantomeno, di un nesso di occasionalità necessaria che leghi il soggetto agente a colui che viene solidalmente chiamato a rispondere del fatto illecito da questi commesso). E ciò sempre che si attribuisca alle sanzioni sportive natura di “pene private”; in quanto un’equiparazione con la disciplina relativa alle sanzioni di carattere penale porterebbe certamente ad una disapplicazione tout court dell’art. 9 comma 3 C.G.S. per contrasto con il principio della responsabilità personale colpevole. Di tale problematica ed obiezioni appare rendersi conto lo stesso legislatore sportivo, che, al fine di evitare applicazioni “inique” della norma, esige una prova contraria che non abbia i requisiti della certezza e che non necessariamente deve essere fornita dalla società “avvantaggiata”: la presunzione di responsabilità si ha per superata se dalle prove fornite dalla società, dall’istruttoria svolta dall’Ufficio indagini o dal dibattimento, risulti, anche in via di fondato e serio dubbio, che la società medesima non ha partecipato all’illecito e lo ha ignorato. La presunzione sarà vinta non solo quando si accerti positivamente l’estraneità della società a qualunque forma di compartecipazione materiale o morale, bensì anche nel caso in cui la prova della partecipazione sia insufficiente o contraddittoria. Ad analoga conclusione dovrà giungersi in mancanza della prova: allorché nessun elemento coinvolga, neppure a livello indiziario, la società nell’illecito sportivo commesso da altri, il giudice, valutando la portata negativa di quanto emerso nei confronti della società, dovrà necessariamente prospettarsi il fondato dubbio dell’estraneità della stessa alla commissione del fatto.

Massima: Affinché possa chiamarsi la società a rispondere presuntivamente, occorre che un illecito sportivo sia stato commesso da un estraneo. L’art. 6 del C.G.S. qualifica come illecito sportivo “il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”. La norma, pertanto, non richiede che si sia realizzato uno degli eventi vietati, essendo sufficiente la messa in pericolo della regolarità della competizione sportiva. Avvalora tale conclusione anche il dato testuale: “gli atti diretti” è formula comunemente utilizzata, nei diversi rami dell’ordinamento giuridico, per affermare la responsabilità anche di condotte che non abbiano portato alla consumazione dell’illecito (vedi ad es. art. 56 c.p. in tema di delitto tentato). Semmai un problema che potrebbe porsi nell’applicazione della fattispecie è quello che nella definizione di illecito sportivo difetta qualsiasi riferimento all’idoneità degli atti, con la conseguenza che sarebbe punibile anche la semplice iniziativa, non in grado di sfociare nella commissione del reato. Tuttavia, l’aver legato, nella previsione normativa, la direzione degli atti all’univocità del fine, sembra sottendere il necessario requisito dell’idoneità che deve contraddistinguere la condotta posta in essere dal soggetto agente. Nel caso in esame, avendo il calciatore prospettato concretamente al tesserato della società avversaria, la possibilità per alcuni calciatori di tale ultima società di ricevere un’ingente somma di denaro per favorire la vittoria della società, sussiste l’illecito sportivo, seppur a livello tentato (condotta da ritenersi idonea in quanto la proposta di illecito avviene in un contesto perfettamente compatibile: due giorni prima della gara; da parte di un soggetto che era stato in precedenza legato ad una delle società che dovevano disputare l’incontro; si rivolge a persona con cui vi era un rapporto di amicizia; ha ad oggetto la precisa indicazione di una somma di denaro). Una volta, accertato che un illecito è stato commesso da un estraneo, si tratta di verificare se tale comportamento avrebbe determinato un vantaggio alla società attrice.

Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 20/C Riunione del 24 Novembre 2003 n. 1/2/3 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 61/C del 17.10.2003 e n. 64/C del 21.10.2003

Impugnazione - istanza: - Reclamo del Pisa Calcio avverso la sanzione della penalizzazione di n. 1 punto in classifica nel campionato in corso per violazione dell’art. 9 comma 3 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Reclamo del calciatore C.C. avverso la sanzione di squalifica fino al 30.6.2004 per violazione dell’art. 6 commi 1 e 2 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo.Reclamo del Procuratore Federale avverso l’incongruità della sanzione della squalifica inflitta al calciatore C.C. fino al 30.6.2004 a seguito di proprio deferimento per violazione dell’art. 6 comma 1 e 2 C.G.S. per illecito sportivo

Massima: La società risponde di illecito sportivo a titolo di responsabilità presunta ai sensi del terzo comma dell’art. 9 C.G.S. per il solo fatto di essere destinataria finale del vantaggio derivante da atti idonei ad integrare un illecito sportivo, che risultino commessi da persone ad esse estranee. Invertendo l’onere della prova, la norma impone alla stessa società coinvolta di fornire prove o valorizzare circostanze di fatto emergenti dall’indagine, allo scopo di escludere la propria responsabilità, o almeno di renderla ragionevolmente dubbia.  Massima: La società, ritenuta responsabile per la violazione di cui all’art. 9 comma 3) del Codice di Giustizia Sportiva per responsabilità presunta per la condotta posta in essere dal calciatore estraneo alla compagine societaria di illecito sportivo è sanzionata con la penalizzazione di punti (uno) in classifica.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 12/C Riunione del 4 novembre 2002 n. 1/2/3/4 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 82 del 9.10.2002

Impugnazione - istanza: Appelli del calciatore L.S.D.O. e dell’A.C. Chievo Verona avverso le sanzioni rispettivamente della squalifica per mesi 7 nonché dell’ammenda di € 150.000,00 e dell’ammenda di € 75.000,00, inflitte a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Appello del Bologna F.C. 1909 avverso la sanzione dell’ammenda di € 75.000,00 inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Appello del Procuratore Federale avverso le sanzioni della squalifica per mesi 7 al calciatore L.S.D.O. e delle ammende di € 75.000,00 all’A.C. Chievo Verona e al F.C. Bologna 1909 inflitte a seguito di proprio deferimento.

Massima: Nell’ordinamento giuridico generale, per responsabilità oggettiva si intende quell’istituto giuridico che racchiude le ipotesi specifiche in cui un soggetto è chiamato a rispondere di un determinato evento anche in mancanza di dolo o colpa e, comunque, indipendentemente da essi: con tale formula, di carattere chiaramente descrittivo, ci si vuole riferire, dunque, alle ipotesi nelle quali l’imputazione non si fonda sulla colpevolezza del comportamento dannoso. In campo penale vengono generalmente citate le fattispecie di cui agli artt. 83 e 116 c.p. - c.d. aberratio delicti - e dei reati aggravati dall’evento, ed anche il delitto preterintenzionale od oltre l’intenzione, di cui all’art. 43 c.p.. È noto come nel diritto penale siffatta tipologia di responsabilità, che prescinde dal dolo o dalla colpa dell’agente, incontri forti critiche alla stregua della problematica compatibilità con l’art. 27 Cost., che sancisce il principio della personalità della responsabilità penale. In campo civilistico, invece, la responsabilità oggettiva si riconnette generalmente ad una posizione di assunzione del rischio collegata all’attività rientrante nei casi tassativamente previsti dalla legge (si vedano, tra gli altri, i casi di cui agli artt. 2049 ss. cod. civ. e la responsabilità del produttore ex DPR 224/88). In questi casi, dunque, l’applicazione della responsabilità oggettiva non è altro che la conseguenza dell’organizzazione della società moderna, in cui, specie nell’ambito delle attività imprenditoriali o delle c.d. attività rischiose, si preferisce utilizzare criteri di imputabilità della responsabilità che non richiedano analisi complesse, ma che rendano da subito conoscibile il soggetto tenuto al risarcimento. Nell’ambito dell’ordinamento sportivo la larga utilizzazione, in particolare nel calcio, dei moduli della responsabilità oggettiva è correlato in primo luogo, come è noto, a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo, in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell’attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati, di situazioni di fatto che altrimenti richiederebbero, anche al fine di definire le varie posizioni giuridicamente rilevanti in campo, lunghe procedure e complessi, oltre che costosi, accertamenti. L’ordinamento sportivo, del resto, pur carente di risorse e mezzi procedurali adeguati, anche di tipo cautelare, non può permettersi di lasciare determinati eventi impuniti o comunque privi di conseguenze sanzionatorie. Nell’ordinamento calcistico le società possono essere chiamate a rispondere a titolo di responsabilità diretta, presunta ed oggettiva. Le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta ai sensi dei regolamenti federali; sono presunte responsabili sino a prova contraria degli illeciti sportivi a loro vantaggio, che risultino commessi da persone ad esse estranee; sono infine oggettivamente responsabili (è il caso che qui interessa) dell’operato dei propri dirigenti, soci e tesserati agli effetti disciplinari. Se nessun problema si è mai posto circa la responsabilità diretta e quella presunta, operando, nel primo caso, i normali principi in tema di rappresentanza e di organi rappresentativi, e trovando spazio, nel secondo caso, la possibilità di una prova liberatoria da parte della società sportivamente avvantaggiata dall’illecito, non altrettanto può dirsi della responsabilità oggettiva, relativamente alla quale si sono manifestate diverse prese di posizione volte a contestarne non solo l’opportunità, ma la stessa compatibilità con i principi di civiltà giuridica e con gli stessi fondamenti dell’ordinamento comune. In contrario, si è osservato dalla parte dei più, come del resto già accennato, che la responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Ma ciò non può voler dire che l’Organo giudicante perde ogni potere di graduazione della pena, dovendo automaticamente trasporre nei confronti della società oggettivamente responsabile il giudizio di disvalore effettuato nei confronti del tesserato, ed eleggendo le società stesse a ruolo di meri garanti e responsabili indiretti dell'operato dei propri tesserati. E questo soprattutto in fattispecie, dove va escluso ogni seppur minimo coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, ed in cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio, è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato.

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 27/C Riunione del 21 Marzo 2002 n. 7/8 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Marche - Com. Uff. n. 33 del 14.2.2002

Impugnazione - istanza:Appello della Pol. Campiglione avverso la sanzione della penalizzazione di punti 3 da scontarsi nel campionato in corso, inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale.

Massima: La società risponde a titolo di responsabilità oggettiva, per comportamento antidisciplinare commesso dal proprio dirigente, comportamento consistito nel tentativo di alterare il risultato della gara (illecito sportivo) mediante la corresponsione al calciatore della squadra avversaria della somma di L. 10.000.000. Consegue la sanzione della penalizzazione di punti (tre) in classifica da scontarsi nel campionato in corso e l’inibizione (tre anni) a carico del dirigente.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 31/C Riunione del 10 maggio 2001 n. 1, 2 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Sicilia - Com. Uff. n. 33 dell’11.1.2001

Impugnazione - istanza:Appello del sig. A.D. e della Polisportiva Libertas Nicolosi avverso le sanzioni rispettivamente dell’inibizione per anni 3 e della penalizzazione di n. 6 punti in classifica, inflitte a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo in relazione alla gara Ramacca/Libertas Nicolosi del 2.4.2000. Appello del Procuratore Federale avverso l’incongruità della penalizzazione di n. 6 punti in classifica alla S.S. Libertas Nicolosi, inflitta a seguito di proprio deferimento per illecito sportivo in relazione alla gara Ramacca/Libertas Nicolosi del 2.4.2000

Massima: Per l’illecito sportivo commesso da proprio Presidente la società è sanzionata, a titolo di responsabilità diretta ex art. 6 comma 5 C.G.S., con la retrocessione all’ultimo posto in classifica ai sensi dell’art. 8 lett. g, C.G.S..

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 4/C Riunione del 9 agosto 2000 n. 1 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Liguria - Com. Uff. n. 4 - Riunione del 27.7.2000

Impugnazione - istanza:Ricorso del Procuratore Federale avverso il proscioglimento dell’U.S. Cairese, a seguito di proprio deferimento per illecito sportivo in relazione alla gara Carlin’s Boys/Cairese del 16.4.2000.

Massima: La società risponde a titolo di responsabilità presunta (art. 6 comma 5 C.G.S.), per l’illecito sportivo allorquando l’illecito è commesso da persona non tesserata per la stessa. Tale illecito, però, non si configura quando vi sono fondati e seri dubbi sul collegamento tra tale condotta illecita intrapresa e la società.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 3/CDN del 30 luglio 2007 n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: Deferimento del Procuratore Federale a carico dei calciatori: D.D.M., M.M., T.M.della violazione art. 5 C.G.S. anteriormente alla novella del 2005 (c.u. 122/a del 25.11.2005), V.S. sia della violazione art. 5 C.G.S. anteriormente alla novella del 2005 (c.u. 122/a del 25.11.2005) sia della violazione art. 5 C.G.S. e delle società Udinese Calcio S.p.A., Vicenza Calcio S.p.A. e Associazione Calcio Mantova S.r.l. della violazione art. 2 comma 4 C.G.S. (nota n. 2386/651/pf/sp/mc del 26.6.2007).

Massima: Le società sono oggettivamente responsabili agli effetti disciplinari dell’operato dei propri tesserati. Sotto questo profilo, l’istituto della responsabilità oggettiva, infatti, si configura come uno strumento essenziale e ineludibile per la regolarità delle competizioni e dei campionati. In particolare la disposizione di cui all’art. 4 del CGS non consente di distinguere tra atti riferibili o meno al rapporto organico che si instaura tra società e tesserati, sulla base della mera qualificazione dell’attività illecita contestata. Si aggiunga che non può sostenersi che l’attività posta in essere dal tesserato nel caso di specie non rientri nelle ipotesi tipizzate dall’ordinamento sportivo e che la mancata osservanza di norme federali espressive di divieto di scommettere esuli dal rapporto organico con la società di appartenenza, in presenza di comportamenti antidisciplinari posti in essere dai propri tesserati, comunque funzionali all’attività sportiva.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 2/C Riunione del 20 luglio 2000 n. 12, 13, 14 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Sicilia - Com. Uff. n. 62 del 29.6.2000

Impugnazione - istanza:Appello del S.C. Cephaledium avverso decisioni, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo, in relazione alla gara Akragas/Panormus del 13.2.2000. Appello dell’A.S. Panormus avverso la sanzione della penalizzazione di punti 8 nella classifica della stagione sportiva 2000/2001 inflittale, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo, in relazione alla gara Akragas/Panormus del 13.2.2000. Appello dell’A.S. Panormus avverso la sanzione della penalizzazione di punti 8 nella classifica della stagione sportiva 2000/2001 inflittale, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo, in relazione alla gara Akragas/Panormus del 13.2.2000

Massima: La società, risponde a titolo di responsabilità presunta, ex art. 6 C.G.S., per l’illecito sportivo (art. 2 comma 1 C.G.S.) commesso da un proprio dirigente rimasto non identificato.

 

Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n. 7/Cf del 19 giugno 2000 n. 2 – www.figc.it

Impugnazione - istanza: Deferimento del Procuratore federale a carico del sig. F.R., consigliere della L.P.S.C. e amministratore unico dell’A.C. Juve Stabia, per violazione dell’art. 1 comma 3 C.G.S., per aver espresso, nel corso di dichiarazioni rese ad organi di informazione, giudizi lesivi della reputazione dell’arbitro della gara Ascoli Calcio/Juve Stabia del 12.12.1999, e dell’A.C. Juve Stabia, ai sensi dell’art. 6 comma 1 C.G.S., per responsabilità diretta nella violazione ascritta al proprio amministratore unico. Deferimento del Procuratore Federale a carico del sig. F.R., consigliere della L.P.S.C. e amministratore unico dell’A.C. Juve Stabia, per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S., per comportamento minaccioso, espressioni irriguardose ed offensive nei confronti dell’arbitro della gara Juve Stabia/Catania del 2.4.2000, nonché dell’A.C. Juve Stabia, ai sensi dell’art. 6 comma 1 C.G.S., per responsabilità diretta nella violazione ascritta al proprio amministratore unico.

Massima: La società, ai sensi dell’art. 6 comma 1 C.G.S., risponde a titolo di responsabilità diretta per la violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S. ascritta al proprio amministratore unico.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 6/C Riunione del 2 settembre 1999 n. 7,8,9,10,11,12,13 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Dilettanti - Com. Uff. n. 183 del 24.8.1999

Impugnazione - istanza:Appelli dell'U.S. Rossanese Calcio, dell'A.S. Calcio Ciro Krimisa e del Procuratore Federale avverso decisioni, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo: dirigenti F.N., S.C. e M.G. inibizione per anni 3; calciatori V.D., V.F., C.M., S.M. e G.F. squalifica per anni 3; U.S. Rossanese Calcio esclusione dal campionato di competenza con assegnazione al campionato di categoria inferiore, in relazione alla gara calcio Ciro Krimisa/Rossanese Calcio del 25.4.1999. Appelli dei calciatori S.M., G.F., C.M. e V.D. avverso le sanzioni della squalifica per anni 3 loro inflitta, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo, in relazione alla gara Calcio Cirò Krimisa/Rossanese Calcio del 25.4.1999

Massima: L’illecito sportivo (art. 2 C.G.S.) comporta a carico della società la sanzione della esclusione dal Campionato di competenza con assegnazione a quello di categoria inferiore per responsabilità diretta,, ex art.6 commi 1 C.G.S.

Massima: In caso di accertata responsabilità diretta della società (restando in tale più grave ipotesi assorbita la responsabilità oggettiva) la sanzione da applicare per l’illecito sportivo ai sensi dell'art. 2 comma 2 C.G.S., in alternativa e secondo il prudente giudizio dell'organo giudicante, è quella di cui all'art. 8 comma 1 lettera g) o h) ovvero retrocessione all’ultimo posto in classifica o esclusione dal campionato.

Massima: La società risponde a titolo di responsabilità diretta, ex art.6 C.G.S., per l’illecito sportivo (art. 2 C.G.S.) commesso dal proprio presidente.  Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 2/C Riunione del 15 luglio 1999 n. 6 – www.figc.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Sicilia - Com. Uff. n. 57 del 30.6.1999Impugnazione - istanza:Appello dell’U.S. Nasitana avverso decisione in relazione alla gara Nuovo Falcone 90/Alcara del 13.3.1999, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo: penalizzazione di n. 2 punti nella classifica del campionato 1999/2000, inflitta alla società Nuovo Falcone 90.

Massima: La decisone della commissione disciplinare con la quale è stata comminata alla società, a titolo di responsabilità diretta per illecito sportivo, la penalizzazione di punti (due) nella classifica di competenza della stagione sportiva 1999/2000, può essere impugnata alla CAF da altra società portatrice di interesse in classifica.

Massima: Dalla responsabilità per illecito sportivo del Presidente della società consegue la responsabilità diretta della società, alla quale doveva essere applicata non già la punizione erroneamente prescelta dai primi giudici (penalizzazione in classifica), bensì a termini di regolamento (art. 2 comma 2 C.G.S.) la sanzione prevista alle lettere g) ed h) dall'art. 8 comma 1 ovvero retrocessione all'ultimo posto in classifica o esclusione dal campionato.  Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 13/C Riunione del 19 dicembre 1996 n. 1 – www.figc.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Veneto - Com. Uff. n. 20 del 24.10.1996Impugnazione - istanza: Appelli: A.C. Isoalta Feder e F.G.; U.S. Vallese Oppeano; A.S. Nuova Unione e calciatore F.M.; calciatore C.N. avverso decisioni, a seguito di deferimento del Procuratore Federale, per illecito sportivo, in relazione alla gara Vallese Oppeano/Parona del 7.5.1995, di cui al Com. Uff. n. 20 del 24.10.1996 del Comitato Regionale Veneto (A.C. Isoalta Feder e F.G.: inibizione F.G. fino al 18.10.1999 e penalizzazione n. 10 punti nella classifica del Campionato 1996/97; U.S. Vallese Oppeano: penalizzazione n. 5 punti nella classifica del Campionato 1996/97; A.S. Nuova Unione e calciatore F.M.: ammenda di L. 1.100.000 e squalifica calciatore F.M. fino al 18.10.1999; calciatore C.N.: squalifica fino al 18.10.1999

Massima: Il comportamento del Presidente di una società e dei calciatori di un’altra diretto ad alterare lo svolgimento ed il risultato di una gara, integra la violazione dell’art. 2 C.G.S. (illecito sportivo). In questo caso la società è responsabile ai sensi dell’art. 6 comma 1 Cod. Giust. Sport, a titolo di responsabilità diretta in ordine agli illeciti sportivi contestati al suo Presidente ed a titolo di responsabilità oggettiva in ordine agli illeciti sportivi contestati ai propri tesserati. Ne consegue la sanzione della penalizzazione nei confronti della società e quella della squalifica nei confronti dei tesserati.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 6/C Riunione del 2 settembre 1999 n. 5 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lazio - Com. Uff. n. 101 del 26.7.1999

Impugnazione - istanza:Appello del Procuratore Federale avverso le sanzioni dell’inibizione per anni 2 al sig. M.M. e la penalizzazione di n. 4 punti nella classifica del campionato 1999/2000 alla Policassino Coop loro inflitte a seguito di proprio deferimento per illecito sportivo.

Massima: La società risponde di illecito sportivo, a titolo di responsabilità oggettiva, per il comportamento del proprio vicepresidente che ha posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara (offrendo al calciatore della squadra avversaria una somma di danaro), anche quando la proposta non è stata accettata e l’illecito non si è concretizzato. Consegue la sanzione della penalizzazione di punti (quattro) in classifica.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 4/C Riunione del 29 luglio 1999 n. 4,5,6 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 262/C del 17.7.1999

Impugnazione - istanza:Appello del Procuratore Federale avverso il proscioglimento del calciatore V.F. - tesserato dell’A.S. San Donato – e l’incongruità della sanzione della penalizzazione di punti 4 nella classifica del campionato 1999/2000 inflitta all’A.S. San Donato a seguito di proprio deferimento per illecito sportivo.Appello dell’A.S. San Donato avverso la sanzione della penalizzazione di punti 4 nella classifica del campionato 1999/2000 inflittale a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Appello del calciatore G.D. avverso la sanzione della squalifica per anni 3 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo.

Massima: La società risponde a titolo di responsabilità diretta, ex art.6 comma 1 C.G.S. per l’illecito sportivo (art. 2 comma 1 C.G.S.) commesso dal proprio presidente.

Massima: L’illecito sportivo (art. 2 comma 1 C.G.S.) comporta a carico della società la penalizzazione di punti (quattro) in classifica per responsabilità oggettiva, ex art.6 commi 2 C.G.S., quando l’illecito è commesso da un proprio dirigente.  Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 5/C Riunione del 18 settembre 1997 - n. 7 – www.figc.itDecisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Veneto - Com. Uff. n. 62 del 3.7.1997Impugnazione - istanza: Appello del calciatore P.G. avverso la sanzione della squalifica fino al 30.6.2000 inflittagli, a seguito di deferimento del Procuratore Federale, per violazione di cui all’art. 2 comma 1 C.G.S.

Massima: Quando il dirigente ed un calciatore di una stessa societàviolano l'art. 2 commi 2 e 3 C.G.S. (illecito sportivo) per aver posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato di una gara, è prevista la squalifica a termine del calciatore, l’inibizione a termine del dirigente e la penalizzazione di punti (quattro) in classifica alla società da scontarsi nel campionato successivo, per la sua responsabilità oggettiva ai sensi dall'art. 6 comma 2 C.G.S.

 

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 3/C Riunione del 22 luglio 1999 n.5,6,7,8 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 259/C del 10.7.1999

Impugnazione - istanza:Appello del Procuratore Federale avverso la sanzione della squalifica per anni 2 all’allenatore S.G. inflittagli a seguito di proprio deferimento per illecito sportivo. Appello dell’U.S. Baracca Calcio avverso le sanzioni dell'inibizione per anni 5, con proposta di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango e categoria della F.I.G.C., al sig. S.L. e della penalizzazione di punti 7 ad essa reclamante da scontarsi nel campionato 1999/2000, inflitte a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Appello dell’allenatore S.G. avverso la sanzione della squalifica per anni 2 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Appello del calciatore L.S. avverso la sanzione della squalifica per anni 4 inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo. Appello del sig. S.L. avverso la sanzione dell’inibizione per anni 5, con proposta di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango e categoria della F.I.G.C., inflittagli a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo.

Massima: La società risponde a titolo di responsabilità presunta, ex art.6 comma 5 C.G.S. per l’illecito sportivo (art. 2 comma 1 C.G.S.) commesso da persone estranee alla società (dirigente tesserato per altra società che collabora con la società oggetto del deferimento). Massima: La società risponde a titolo di responsabilità oggettiva, ex art.6 comma 2 C.G.S. per l’illecito sportivo (art. 2 comma 1 C.G.S.) commesso dai propri tesserati (dirigenti, calciatori).

Massima: L’illecito sportivo (art. 2 comma 1 C.G.S.) accertato durante la gara di Play - out del Campionato di Serie C comporta a carico della società la penalizzazione di punti (sei) in classifica per responsabilità oggettiva e presunta, ex art.6 commi 2 e 5 C.G.S.

 

Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 32/C Riunione del 27 maggio 1999 n. 2 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la L.N.D. - Com. Uff. n. 123 del 17.4.1999

Impugnazione - istanza: Appello del Procuratore Federale avverso il proscioglimento dell’U.S. Siracusa, a seguito di proprio deferimento per illecito sportivo, ai sensi dell’art. 6, comma 5, C.G.S., in relazione alla gara Vittoria/Siracusa del 13.12.1998

Massima: In tema di responsabilità presunta per illecito sportivo, occorre tenere distinta la prova del fatto illecito (art. 2 comma 1 C.G.S.), che incombe all'organo dell'accusa, da quella della non colpevolezza o della ignoranza incolpevole, che è a carico della società (art. 6 comma 5 C.G.S.). Ne deriva che la prova del tentativo di illecito consiste nella dimostrazione dell'esistenza di atti non equivoci intrinsecamente diretti a realizzare l'evento previsto dalla norma sopra citata. Nel caso concreto la prova può dirsi raggiunta, ove si consideri che la proposta illecita, sia pure mediante l'intermediazione di un terzo soggetto, è stata portata a conoscenza della persona alla quale era diretta, così da costituire quel comportamento di pericolo, avente in sé l'idoneità ad assumere la fisionomia di un attentato al bene giuridico protetto, che realizza l'illecito sportivo. Accertata la ricorrenza degli estremi materiali dell'illecito, si deve esaminare se sussista o meno la responsabilità presunta della società. Nel sottolineare la mancanza di qualsivoglia elemento atto a configurare un suo collegamento con i non tesserati implicati nella vicenda, detta società ha fondato la sua difesa sulle stesse fonti di prova emerse dall'istruttoria svolta, così come previsto dalla normativa in tema di responsabilità presunta, invocando il riconoscimento del "fondato e serio dubbio” sancito dall'ultima parte dell'art. 6 comma 5 C.G.S. Tale correttivo, introdotto a suo tempo dal Legislatore federale in una con l'ampliamento del ventaglio delle fonti (prove fornite da!la società, dall'istruttoria, dal dibattimento), porta ad escludere l'affermazione automatica della responsabilità in applicazione del concetto del "cui prodest" e consente invece alla società incolpata di andare esente da sanzione ove la sua estraneità risulti dagli atti, sia pure in via dubitativa. Nella fattispecie le modalità dell'azione, quali emergono dalle risultanze istruttorie e dibattimentali, rispecchiano una obiettiva incertezza di risultanze processuali tale da legittimare la conclusione di insufficienza di prove sulla colpevolezza della società.

 

Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 14/C Riunione del 14 gennaio 1999 n. 11 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso al Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 195 del 3.12.1998

Impugnazione - istanza: Appello del F.C. Empoli avverso la sanzione della penalizzazione di n. 2 punti nella classifica del campionato 1998/99 inflittale, a seguito di deferimento del Procuratore Federale, per violazione degli artt. 2 nn. 1 e 3 e 6 n. 5 C.G.S., per illecito sportivo in relazione alla gara Sampdoria/Empoli del 25.10.1998 Massima: L'illecito sportivo si perfeziona al momento stesso i cui si tenta in qualsiasi modo di pervenire all'alterazione del risultato di una gara.

Massima: La società risponde a titolo di responsabilità presunta nell'illecito posto in essere, a suo vantaggio, da persona identificata, non tesserata e ad essa estranea, per avere la stessa compiuto, attraverso il tentativo di condizionamento dell'arbitro designato, atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara. Massima: La prova della responsabilità presunta della società, per fatti commessi da persona estranea ad essa che ha cercato di condizionare l’arbitro designato della gara, può essere ricavata dalla denuncia sporta dall’arbitro, nonché da altri elementi che inducono a ritenere sussistenti i rapporti tra la persona estranea ed i dirigenti della società, quali, ad esempio, il rinvenimento del numero del cellulare di questi sull’agenda del direttore generale della società. Consegue la penalizzazione di punti (2) in classifica.

 

Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 25/C - Riunione del 2 Aprile 1998 - n. 8 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C - Com. Uff. n. 132/C dell'11.3.1998

Impugnazione - istanza: Appello del Livorno Calcio avverso la sanzione della penalizzazione di n. 4 punti nella classifica 1997/98 inflittale, a seguito di deferimento del Procuratore Federale, per illecito sportivo in relazione alla gara Montevarchi/Livorno Calcio del 25.1.1998 Massima: La società, a titolo di responsabilità presunta, è responsabile dell'illecito sportivo di cui agli articoli 2, commi 1 e 3, e 6, comma 5, C.G.S. "posto in essere, a suo vantaggio, da persone ad essa estranee in parte rimaste sconosciute, per avere le stesse compiuto atti diretti ed alterare lo svolgimento ed il risultato della gara. Consegue la sanzione della penalizzazione di punti (quattro) in classifica da scontare nel campionato in corso.

Massima: La giurisprudenza sportiva ha ripetutamente affermato che condizione necessaria per l'operatività dell'esimente, nel caso di illecito sportivo presunto è la rigorosa acquisizione di elementi che abbiano una tale apparenza di veridicità da ingenerare una ragionevole perplessità (da intendersi non come fatto psicologico dell'organo giudicante, bensì come situazione che rispecchi una obiettiva incertezza di risultanze processuali) ovvero un “fondato e serio dubbio" nel coinvolgimento da parte della società nell’illecito sportivo (presunto). Né tale circostanza può essererinvenibile nel semplice diniego di avere commesso o voluto il fatto illecito. In altri termini, occorrono dati particolari che si pongano in posizione alternativa alla presunzione di responsabilità.

 

Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 39/C Riunione del 26 giugno 1997 n. 1 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Dilettanti – Com. Uff. n. 250 del 14 maggio 1997

Impugnazione - istanza: Appello del G.S. Folgore Castelvetrano avverso decisioni, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo, in ordine alla gara Folgore Castelvetrano/Nissa del 14.4.1996, di cui al comunicato ufficiale n. 250 del 14.5.1997 della Lega Nazionale Dilettanti (G.S. Folgore Castelvetrano: penalizzazione di n. 3 punti in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 1997/98; B.A.: inibizione per anni 3; calciatore N.A.: squalifica per anni 3).

Massima: Quando un calciatore ha reiteratamente contattato per telefono, su incarico del dirigente, e fratello del presidente, un calciatore di un’altra società, prospettandogli utilità economiche in cambio di una prestazione che favorisse la squadra avversaria, commette illecito sportivo, avendo avuto una condotta tesa ad alterare lo svolgimento e il risultato della gara in questione. Quindi è prevista una squalifica per il calciatore, l’inibizione per il dirigente e la penalizzazione in classifica (tre punti) per la società la quale risponde della violazione a titolo di responsabilità oggettiva per aver violato gli artt. 2 comma 1 e 6 comma 2 C.G.S.

Decisione CAF: Comunicato Ufficiale 14/C Riunione del 4 gennaio 1996 n. 1 – www.figc.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Sicilia Com. Uff. n. 6/Disc. del 3.11.1995

Impugnazione - istanza: Appello della S.S. Mediatrice V.T. Trinacria avverso la penalizzazione di n. 6 punti nella classifica del campionato di competenza 1995/96 inflittale, a seguito di deferimento del Procuratore Federale per illecito sportivo, per violazione degli artt. 2 comma 3 e 6 comma 5 C.G.S., in relazione alla gara Borgo Nuovo/Mediatrice V.T. Trinacria del 25.4.1995

Massima: Si ha responsabilità presunta per illecito sportivo, ai sensi dell'art. 6 comma 3 C.G.S., quando l'illecito è avvenuto a vantaggio di una società, ma ad opera di soggetti estranei ad essa. La società in tal caso può, per essere scagionata, offrire, anche nella forma del fondato e serio dubbio, la prova della propria non partecipazione all'illecito.

 

 

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